Bulletin de liaison et d'information - Institut kurde de Paris

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Sono 300 mila imilitari e i poliziotti
di Ankara nel Kurdistan, una regione dove
la disoccupazione raggiunge il 70 per cento .1
ze soprattuno a livello locale: in tutta la regione sudorientale,
abitata prevalentemente da curdi, ha trionfato
l'Hadep. «Con il piccolo patticolare che solo all'immediata
vigilia delle elezioni il nostro partito ha rice~to il nulla
osta della Corte costitllzionale turca, impedendoci cosl di
svolgere una normale campagna elettorale», precisa Mefahir
Altindag, yicepresidente del partito a Diyarbakir. «Non
abbiamo potuto'neanche esporre una nostra bandiera», continua
Altindag; «nonostànte questo problema, gli arresti e
le continue intimidazioni, l'Hadep è riuscito a ottenere
risultati importanti ».
NIENTE SEGGI NEl PARLAMENTO DI ANKARA. Il 62 per cento dei
voti a Diyarbakir gli sono valsi il governo deI capoluogo,
insieme ad altre sette città e una quarantina di villaggi.
Nell'insieme deI Paese, ha raggiunto pero solo il 4,7 per
cento dei suffragi: non avendo superato la barriera del 10
per cento, non ha potuto eleggere dei rappresentanti al parlamento
di Ankara. «10 stato turco ha fatto di tutto per
impedirlo», protesta. Poi, a dicembre, si è registrato il
grande evento: nel summit di Helsinki, l'Unione Europea
ha deciso di concedere alla Turchia 10 status di candidato,
ponando cosl a compimento un processo iniziato nelloritano
1963, ma arenatosi quasi definitivamente nella riunione
Ue di Lussemburgo deI dicembre 1997. Nel frattempo, la
questione curda ha trovato sempre meno spazio nei media ..
Diyarbakir rimane una città estremamente complicata,.
con una situazione sociale disastrosa: arriva ormai al
milione di abitanti, molti dei quali profughi dai circa 4
mila villaggi bruciati dai militari in questi 14 anni di guerra
e a cui l'accesso è ancora precluso. Secondo cifre ufficiilli
la disoccupazione tocca vette del 70 per cento, anche se poi
tutti cercano di arrimgiarsi in qUalche modo.' Sotto un tiepi
do sole invernale, non manca mai la solita folla di persone
nei mercati improvvisati, mentre le fay bahfesi, locali sale da
tè, sono gremite d.i uomini con i folti baffi «d'ordinanza» a
qualsiasi ora del giorno. Le donne portano perlopiù il tipico
foulard musulmano sul capo. Tra profumi di spezie e aromi
di carne alla griglia dei kebab,nel dedalo di stradine della
città vecchia in cui è estremamente facile perdersi, numerÇ>se
famiglie vivono In condizioni patticolarmente difficili,
mentre frotte di bambini scorrazzano cercando di arrabattarsi.
Molti popoU hannopanecipato alla storia di queste
. terre; ma ora anch~ il TIgri, la cui "panata d'acqua è sempre
più éidotta, scorre tristemente e non sembra più avere 10
smalto di .un tempo, quando era stato la culla delle civiltà
inesopotamiche. Appeha fuori la possente muraglia iniziata
dai romani, ecco ulteriori catapecchie. Anche qui, l'unica
cosa che non manca sono le antenne paraboliche. È possibile
cosl captare iprogrammi della Med-Tv, la televisione che
trasrilette nei dialetti curdi dal Belgio sul satellite Eutelsat
.per aggirare le proibizioni dei governi turco e irakeno.
.«ln questa regione abbiamo un tasso di due militari
per ogni curdo», si lamenta Ahmet, un tassista della città. Le
proporzioni non sono esattamente queste, ma tra esercito,
polizia e guardia speciale, i militari armati nella regione sono
ben oltre 300 mila. Fin dall'aeropono, con la loro presenza in
ogni angolo distrada trasmettono una costante sensazione di
stato d'assedio. ln definitiva, cib che la popolazione cerca
dopo anni di guerra non dichiarata sono pace e possibilità di
sviluppo. Oltre che un riconoscimento della propria iden~ità.
UN ANNO DI TREGUA. «È vero. Nel 1999 non ci sono stati villaggi
distcutti da pane dell'esercito 0 claï paramilitari curchi»,
racconta Yavuz Binbay che, dopo aver passato sei anni e
mezzo nelle carceri turche, nel 1997 è rientrato dall'esilio in
Svizzera per fondare un'associazione per l'assistenza umanitaria
ei diritti umani. «Tuttavia, ogni giorno che passa la speranza
si afflievolisce. Molte persone sono state ammazzate, 0
solo fermate, interrogate, imprigionate senza motivo.
Soprattutto manca qualsiasi tipo di volontà da parte deI
.governo di presentare un progetto reale per il popolo curdo e
di riconoscerne l'identità». Qualche giorno prima, Selim
Kuneralp, direttore generale per le relazioni con rUe deI
ministero degli Esteri turco, si rifiutava di usare la parola
«minoranza» per i curdi. «I curdi sono considerati cittadini
come tutti gli altri in questo Paese. La regione sudorientale
da tempo attraversa un difficile periodo, con conseguenze
imponanci sull'economia della zona. Noi non parliamo di
maggioranze 0 minoranze, comunque affrontare la questione
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