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Una sonata? Molto più di una sonata: un dramma
psicologico, la reppresentazione di una tragedia.
Raramente una musica ha trovato un’espressione
così diretta e per così dire così poco sofisticata.
il primo movimento sembra essere composto
da blocchi e costituito, in maggior parte, da motivi
di una o due misure, frequentemente separati da
pause, sospiri che si amplificano fino a diventare
grida di dolore: l’anima è spoglia, messa a nudo.
Solo Musorgskij, diverse generazioni dopo, è stato
capace di esprimere qualcosa di simile. Grazie
alle indicazioni di Edwin Fischer conosciamo la
parentela tra questa sonata e il Lied Der Zwerg [il
Nano] (D 771, composto alla stessa epoca, mentre
Schubert era a casa sua, malato e a letto). Di
primo acchito, questo Lied sembra possedere una
struttura del tutto diversa, tuttavia considerandolo
(e ascoltandolo) più da vicino, ci accorgiamo
che poggia, come questo primo movimento della
sonata, su un motivo ritmico ossessivo e continuamente
ripetuto, composto nella tonalità “tetra”
di la minore: «E piange, piange come se il
dolore dovesse renderlo presto cieco…» Ma dopo,
in questo movimento della sonata – a differenza
del Lied – accade un miracolo: senza transizione,
dalla più profonda depressione nasce un “motivo
solido come una quercia” nella tonalità di mi
maggiore, fortissimo, per il quale non trovo altre
parole se non «non confundar in æternum!» oppure
quelle di Martin Luther King «we shall overcome…».
E questo ci porta subito al canto di consolazione
del secondo tema, scritto – cosa del tutto insolita
per dei movimenti di sonata in la minore – nella
tonalità “chiara” di mi maggiore invece di quella di
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do maggiore come uno se la aspetterebbe. Si torna
al tragico, ma il motivo «non confundar» la “spunta”
alla fine e il primo movimento finisce ricco di
promesse, nella tonalità di la maggiore.
Esistono opere di Schubert (la Sonata in mi
minore, D 566) o di Mozart (il Quartetto con pianoforte
in sol minore, K 478) nelle quali la tensione
ricade dopo un primo movimento serio per dar seguito
a una musica idilliaca e allegra. Non è il caso
di questa Sonata in la minore: il canto primaverile
del secondo movimento, una melodia intima in
fa maggiore, è interrotto in continuazione da un
motivo ppp lugubre come l’alito gelato della morte.
Così si giunge rapidamente a strane armonie, innanzi
tutto a quest’accordo di nona caratteristico
di Brahms, che torna in modo ossessivo, un’armonia
che in seguito Schubert non ha mai più usato.
Dopo un inno pieno di slancio, segue la “melodia
primaverile” nel registro grave dello strumento
– come se fosse intonata da un coro di uomini –
melodia sulla quale aleggia “la voce d’un violino”
che suggerisce il canto idealizzato di un uccello.
Dopo questo breve idillio, l’ambiente psicologico
si oscura: trilli da usignolo si sovrappongono al
lugubre accordo di nona, poi, per l’ultima volta, si
sente il tema melodico come se venisse da lontano.
La rassegnazione…
il terzo movimento ci immerge di nuovo nella
tetra atmosfera dell’inizio della sonata: un motivo
di terzine malinconiche sul modello imitativo
(canone) – un’idea che Smetana ha ripreso quasi
“alla lettera” nel suo poema sinfonico Mltava [La
Moldava] – forma una delicata introduzione a
questo movimento. Sembrano fiocchi di neve che