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Zibaldone. Estudios Italianos, vol. V, issue 1 (enero 2017) - ISSN: 2255-3576 Fabrizio Bajec (poesías) pp. 252-262 258] Patrimonio Ha offerto i suoi denti a San Miguel su un cono gelato in fondo a un autobus che stava fermo e pieno di turisti. Sfuggendo a gincana come un topo col cappello da caccia, tutto solo cercava sotto il sole un dentista con passo lesto all’incrocio delle vie che portavano alle bettole infernali, regno dell’ombra e del sonno perpetuo. Immagino a fatica uno specialista nel cavo di quest’imbuto folkloristico dove proseguirò da vecchio e da morto senza firmare assicurazioni né gemere. Mio suocero vola per salvarsi la bocca, la mia masticò la prima galletta che mi farcì di cactus, tenendola in una mano sporca, e non osai dire nulla, per amore quasi filiale della mia nuova famiglia. ~ La traversata Il cavallo non avanza. Gli hanno detto di muoversi per troppo tempo, ma la sabbia è eccessiva tutto intorno e l'uomo non convince abbastanza. L'animale soffia. Non c'è mai stata ragione per questo tragitto, e il cavallo continuava come il cuore funziona e il sole nasce ogni giorno. L'uomo pronuncia il discorso offrendogli un dattero e tiene in mano il suo grande orecchio aperto: « Io so quello che provi. Lunga è la strada e siamo soli. A me serve un testimone, cavallo, un testimone di questo viaggio che è il nostro ». L'animale trae un ultimo sforzo per la grazia d’una risposta: « Non sono un testimone, sei su di me, e non facciamo che passare da giorni alla vita, alla morte, ma è tutto giusto ». Così dicendo ripiegò le forti zampe e crollò come un castello in riva al mare. L'uomo discese lentamente a terra e il silenzio fu totale. ~
Zibaldone. Estudios Italianos, vol. V, issue 1 (enero 2017) - ISSN: 2255-3576 Fabrizio Bajec (poesías) pp. 252-262 259] (inediti) La casa di Coyoacán 2 Non sapendo levare il pugno nel suo giardino davanti alla lapide coi due attrezzi incisi nell’eterna speranza che il lavoro vincerà e non la schiavitù dopo un secolo di astrazioni ero in posa per la foto con il sole in faccia e i nomi degli studenti scritti sulla stele continuavano a sfilare sul mio piccolo ego come la scrivania le carte e la macchina da scrivere il letto per la siesta si muovevano così il veloce fendente raggiungeva il cervelletto del vegliardo seduto col sorriso diabolico Io fui comunista per il tempo di una visita è vero per me la sconfitta è più onorevole della svolta liberale o la fine dei soviet Dopo il lavoro Non ho un appuntamento faccio finta a una stazione della metro che non ha niente di singolare eccetto il miracolo di tutti quegli esseri soddisfatti di tornare all’ovile dove troveranno l’unità tanto sperata Trascino i miei piccoli occhi pieni di angoscia sui tacchi e le caviglie e il mio vecchio cellulare ha una lista di nomi che non mi fanno più effetto La giornata si conclude su questa piazza amo una ragazza infelice e lontana che si ostina a girare in bici per domare il terrore dei suoi sogni E tutto va in pezzi come la costruzione difficile di un presente che davvero non aspetta nessuno 2 La casa in cui Leon Trotsky visse i suoi ultimi anni, a città del Messico.
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Zibaldone. Estudios Italianos, vol. V, issue 1 (enero 2017) - ISSN: 2255-3576<br />
Fabrizio Bajec (poesías) pp. 252-262<br />
258]<br />
Patrimonio<br />
Ha offerto i suoi denti a San Miguel<br />
su un cono gelato in fondo a un autobus<br />
che stava fermo e pieno di turisti.<br />
Sfuggendo a gincana come un topo<br />
col cappello da caccia, tutto solo<br />
cercava sotto il sole un dentista<br />
con passo lesto all’incrocio delle vie<br />
che portavano alle bettole infernali,<br />
regno dell’ombra e del sonno perpetuo.<br />
Immagino a fatica uno specialista<br />
nel cavo di quest’imbuto folkloristico<br />
dove proseguirò da vecchio e da morto<br />
senza firmare assicurazioni né gemere.<br />
Mio suocero vola per salvarsi la bocca,<br />
la mia masticò la prima galletta che mi<br />
farcì di cactus, tenendola in una mano<br />
sporca, e non osai dire nulla, per amore<br />
quasi filiale della mia nuova famiglia.<br />
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La traversata<br />
Il cavallo non avanza. Gli hanno detto di muoversi<br />
per troppo tempo, ma la sabbia è eccessiva<br />
tutto intorno e l'uomo non convince abbastanza.<br />
L'animale soffia. Non c'è mai stata ragione<br />
per questo tragitto, e il cavallo continuava come<br />
il cuore funziona e il sole nasce ogni giorno.<br />
L'uomo pronuncia il discorso offrendogli un dattero<br />
e tiene in mano il suo grande orecchio aperto:<br />
« Io so quello che provi. Lunga è la strada<br />
e siamo soli. A me serve un testimone, cavallo,<br />
un testimone di questo viaggio che è il nostro ».<br />
L'animale trae un ultimo sforzo per la grazia<br />
d’una risposta: « Non sono un testimone, sei su di me,<br />
e non facciamo che passare da giorni<br />
alla vita, alla morte, ma è tutto giusto ».<br />
Così dicendo ripiegò le forti zampe<br />
e crollò come un castello in riva al mare.<br />
L'uomo discese lentamente a terra<br />
e il silenzio fu totale.<br />
~