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impossibilia-8-octubre-2014

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posiedono, quindi, una propria germinazione culturale e relazionale nonostante la distanza che sipresuppone esistere tra il codice poetico e i più giovani.Le cerimonie dela parola luiscono nel gioco infantile e nei momenti di streta vicinanza con gliadulti di riferimento –basti pensare ai riti di addormentamento– e ofrono già materia viva di contato conquela dimensione autentica del’espresività e dela comunicazione che più ci sta a cuore.Ala densità storica, antropologica, culturale, afetiva che appartiene a quei canti di cula che GarcíaLorca (2005), metaforicamente, considerava come un pane malinconico, corisponde una eguale densità disenso nele poesie che poetese e poeti hanno composto pensando ad ascoltatori e letori bambini.Il pane malinconico, eicace metafora del nutrimento basico e dela fatica di vivere e di crescere iigli, rimanda al’atmosfera languida, persino struggente con cui si chiudevano giornate di sforzo e lavoroper donne del popolo che susuravano antiche nenie ritmate per tanti igli. La storia dela ninna nannatestimonia dela storia dele donne, del ruolo materno e del’ambivalenza che si insinua nela relazione tramadri e neonati e dice, anche, come i canti di cula rivelasero verità profonde sui destini riservati aineonati, sorti in da subito diferenti a seconda che fosero bambine o bambini, poveri o richi. Versi e, anzi,trame in versi.A questi primi canti funzionali a riequilibrare il rapporto afetivo (Boruso, 2006) tra madri e igliper quel’andamento del ninnare che rimanda ala vicinanza e ala lontananza come al riuto e alaconsolazione in una sequenza ripetitiva e familiare, si acostano ilastroche declamate dai bambini nei lorogiochi. Non si deve dimenticare che al’interno dei testi dele iabe si incontrano speso brevi versi in rima,cantilene e giochi di parole di stile molto simile ala canzone popolare e al gioco ritmico cantato eavvoltolato nela ilastrocca. E, sovente, al centro di queste cantilene si cela un contenuto tremendo, untema spinoso travestito da girotondo. La morte, ad esempio, o la guera, o la minacia del’abbandono sonosoltanto alcuni dei iloni tematici che animano le ilastroche, le ninne nanne, le nenie. E le poetese ed ipoeti che hanno scrito e che scrivono poesia per l’infanzia non temono di proseguire lungo questa via. Lapulizia, la cura e il rigore eletivo che la parola poetica pretende aprono la strada ala posibilità di cantaretematiche visute come problematiche, tormentate, penose, se non addiritura proibite. La lingua delapoesia si propone quale ospite accogliente e liberante per parlare del’inesplicabile. Proprio perché la poesialavora sula unicità dela scelta dela parola “perfeta” e sula tesitura di versi non negoziabili dopo che ilpoeta li ha cuciti insieme in un armonico ordito, proprio a causa di questo suo dire alto ed incantato, esapuò meter bocca su ogni nostra più nascosta e delicata emozione. E poi, di nuovo, la sua colocazionemarginale la salva almeno in parte dale intrusive intromisioni del’addomesticamento che vorebbe per ibambini prevalentemente parole e forme espresive facili, semplici, persino banali, note, già viste, insommaconformi e convergenti, e non certo diformi e divergenti come la poesia è per sua stesa natura.Bernardi, Milena. “Leteratura per l’infanzia tra Utopia e Controlo. Poetica, autenticità, temi dicili vs sistemi di addomesticamento”.Imposibilia Nº8, Págs. 122-137 (Octubre <strong>2014</strong>) Artículo recibido el 30/07/<strong>2014</strong> – Aceptado el 03/09/<strong>2014</strong> – Publicado el 30/10/<strong>2014</strong>.135

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