Toponimia e cartografía - Consello da Cultura Galega

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01.05.2013 Views

Elena Papa/Alda Rossebastiano Fig. 5. La Ciarma, nel bosco dell’Alevè (Pontechianale) Un’eccezione significativa è costituita dalla Ciarma 32 , nell’alta Valle Varaita, al confine fra Italia e Francia, compresa in un’area a copertura boscosa. La rappresentazione cartografica ne evidenzia l’atipicità a fronte delle numerose attestazioni vicine, tutte esterne ai limiti della superficie di bosco. L’apparente contrasto trova le sue ragioni nelle particolarità del territorio: la Ciarma si trova infatti nel bosco dell’Alevè, un bosco di pini cembri, molto antico, già noto ai Latini. La copertura arborea si estende a una quota compresa tra i 1700 e i 2500 m, in una zona che si sviluppa su versanti scoscesi e rocciosi, di fatto inaccessibili. Proprio la difficoltà di raggiungere l’area e di organizzare il trasporto dei materiali a valle ha garantito la conservazione del bosco, rimasto intatto nel tempo, nonostante la sua potenziale ricchezza. 32 Nel comune di Pontechianale, in area occitana. 204

TOP-GIS: APPLICAZIONI GIS ALLO STUDIO DELLA TOPONOMASTICA PIEMONTESE In questo senso, seppure boscosa, la Ciarma di Pontechianale condivide con gli altri referenti toponimici il valore di ‘terreno improduttivo’, ossia di ‘area non sfruttabile’. L’inaccessibilità e l’improduttività dei terreni che traggono nome da *calma segnano inoltre una sorta di limite anche per le comunità antropiche. La scarsità di rapporti diretti non ha favorito l’estensione di questo tipo di toponimi ad insediamenti significativi, e di conseguenza ne ha limitato il radicamento nell’antroponomastica. Per questo motivo, a differenza di quanto osservato per il tipo balma, attualmente non restano tracce di forme cognominali legate al tipo calma, confermando l’importanza della variabile ergologica nell’affermazione e nella fortuna delle forme onomastiche. 3. FARA E sAlA NELLA tOPONOMAStiCA DEL PiEMONtE L’uso del GIS si mostra prezioso anche per illustrare e confermare la storia linguistica del territorio, delineata attraverso gli insediamenti dei popoli che lo occuparono con le armi. Utilizzo come esempio le tracce attribuibili ai Longobardi. Partiamo con la voce longobarda latinizzata fara. Come noto 33 , la voce è da collegarsi a *fara- ‘viaggiatore’, donde anche il verbo faran ‘viaggiare (con un veicolo)’ ed è attestata già in fonti latine (dall’a. 569), poi nell’editto di Rotari (a. 643) con significati che, partendo da “spedizione militare”, passano a segnalare il complesso insieme di uomini, carri, masserizie e famiglie unite da un legame di sangue che componevano l’esercito longobardo nel suo movimento migratorio, per giungere ad indicare il territorio su cui la tribù si insedia con scopi militari prima (“acquartieramento dell’esercito”, Mastrelli, 2007, 203), poi, quando i guerrieri si sono trasformati in agricoltori, il nucleo fondiario appartenente alla stirpe e infine il villaggio nato intorno ad esso. Tracce di questi insediamenti (già militari e poi civili) sono giunte fino a noi, segnalate talora da toponimi che al loro interno conservano fara. 33 Per una sintesi cfr. fara nella scheda di Carla Marcato in DT. Per ulteriori indicazioni bibliografiche cfr. Rossebastiano, 2006, 13, nota 2. Cfr. anche REW 3187 205

TOP-GIS: APPLICAZIONI GIS ALLO STUDIO DELLA TOPONOMASTICA PIEMONTESE<br />

In questo senso, seppure boscosa, la Ciarma di Pontechianale condivide con<br />

gli altri referenti toponimici il valore di ‘terreno improduttivo’, ossia di ‘area non<br />

sfruttabile’.<br />

L’inaccessibilità e l’improduttività dei terreni che traggono nome <strong>da</strong> *calma<br />

segnano inoltre una sorta di limite anche per le comunità antropiche. La scarsità<br />

di rapporti diretti non ha favorito l’estensione di questo tipo di toponimi ad<br />

insediamenti significativi, e di conseguenza ne ha limitato il radicamento nell’antroponomastica.<br />

Per questo motivo, a differenza di quanto osservato per il tipo balma, attualmente<br />

non restano tracce di forme cognominali legate al tipo calma, confermando<br />

l’importanza della variabile ergologica nell’affermazione e nella fortuna delle<br />

forme onomastiche.<br />

3. FARA E sAlA NELLA tOPONOMAStiCA DEL PiEMONtE<br />

L’uso del GIS si mostra prezioso anche per illustrare e confermare la storia linguistica<br />

del territorio, delineata attraverso gli insediamenti dei popoli che lo occuparono<br />

con le armi. Utilizzo come esempio le tracce attribuibili ai Longobardi.<br />

Partiamo con la voce longobar<strong>da</strong> latinizzata fara.<br />

Come noto 33 , la voce è <strong>da</strong> collegarsi a *fara- ‘viaggiatore’, donde anche il<br />

verbo faran ‘viaggiare (con un veicolo)’ ed è attestata già in fonti latine (<strong>da</strong>ll’a.<br />

569), poi nell’editto di Rotari (a. 643) con significati che, partendo <strong>da</strong> “spedizione<br />

militare”, passano a segnalare il complesso insieme di uomini, carri,<br />

masserizie e famiglie unite <strong>da</strong> un legame di sangue che componevano l’esercito<br />

longobardo nel suo movimento migratorio, per giungere ad indicare il territorio<br />

su cui la tribù si insedia con scopi militari prima (“acquartieramento<br />

dell’esercito”, Mastrelli, 2007, 203), poi, quando i guerrieri si sono trasformati<br />

in agricoltori, il nucleo fondiario appartenente alla stirpe e infine il villaggio<br />

nato intorno ad esso.<br />

Tracce di questi insediamenti (già militari e poi civili) sono giunte fino a noi,<br />

segnalate talora <strong>da</strong> toponimi che al loro interno conservano fara.<br />

33 Per una sintesi cfr. fara nella sche<strong>da</strong> di Carla Marcato in DT. Per ulteriori indicazioni bibliografiche cfr.<br />

Rossebastiano, 2006, 13, nota 2. Cfr. anche REW 3187<br />

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