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makinglife | giugno <strong>2024</strong> | <strong>numero</strong> tre<br />
OSSERVATORIO STUDI CLINICI<br />
PharmaFuture & Health
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nell’healthcare<br />
e ne governa il cambiamento
INDICE<br />
Pharma Novel<br />
Commenti<br />
Scenario studi clinici<br />
Augmented brain<br />
per i pazienti<br />
01 02 03<br />
6 Malattia X, vaccini e 10<br />
comunicazione<br />
Il futuro degli studi<br />
clinici<br />
24<br />
Diseguaglianze sociali<br />
e salute<br />
Sgretolamento di un<br />
diritto costituzionale<br />
12<br />
14<br />
Medicina & digitale<br />
DTx e validazione<br />
clinica<br />
In silico trial<br />
30<br />
34<br />
38<br />
Real world evidence<br />
42<br />
4
makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />
Il nuovo ruolo del paziente<br />
Legal<br />
Finance<br />
Pharmatelling<br />
L’evoluzione digitale<br />
dei trial clinici<br />
Sanità e paziente<br />
digitale<br />
Paziente assente<br />
46<br />
50<br />
52<br />
La riforma europea sui<br />
farmaci generici<br />
04 05 06 07<br />
60 Spyglass<br />
64<br />
Il sentiero della finanza<br />
agevolata<br />
66<br />
Anticipare il mercato<br />
Gestire gli stabilimenti<br />
per iniettabili<br />
AI generativa nello<br />
sviluppo di farmaci<br />
74<br />
78<br />
88<br />
Anche l’occhio...<br />
56<br />
5
PHARMA<br />
NOVEL<br />
Mario Addis<br />
Augmented brain per i pazienti<br />
Intelligenza artificiale, machine learning e telemedicina stanno<br />
potenziando enormemente le capacità dei professionisti della<br />
salute di individuare terapie e gestire trattamenti per i pazienti.<br />
Grazie a una sorta di “cervello aumentato”, come lo vede Mario<br />
Addis nella sua graphic novel.<br />
6
makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />
7
8
makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />
9
Malattia X,<br />
vaccini e<br />
comunicazione<br />
Cristiana Bernini<br />
Che cosa sia la “Malattia X”<br />
nessuno lo sa, ma fa paura.<br />
Non a tutti, in verità – e lo<br />
vedremo – ma l’allarme<br />
lanciato dagli esperti è<br />
alto. Il temine coniato nel<br />
2018 dall’Organizzazione<br />
mondiale della sanità fa<br />
riferimento a una patologia<br />
ancora sconosciuta ma<br />
in grado di scatenare<br />
una pandemia che, al<br />
confronto, quella dovuta<br />
al Covid-19 potrebbe<br />
risultare insignificante.<br />
Non conosciamo quale sarà<br />
il patogeno responsabile<br />
e nemmeno quando si<br />
diffonderà, non sappiamo<br />
quali saranno i sintomi e<br />
quale il tasso di letalità,<br />
ciò che è certo è che la<br />
malattia X si manifesterà<br />
e che è necessario farsi<br />
trovare preparati.<br />
D’altra parte, lo stesso<br />
direttore generale Tedros<br />
Adhanom Ghebreyesus,<br />
intervenendo lo scorso<br />
gennaio al World Economic<br />
Forum a Davos, ricordava<br />
come da tempo l’Oms ripete<br />
che il verificarsi di una<br />
pandemia «è una questione<br />
di quando e non di se […].<br />
Se lo diciamo non è per<br />
creare il panico ma per<br />
prepararsi […]. Il tempo<br />
di prepararsi alla nuova<br />
pandemia è adesso, non<br />
quando arriva».<br />
Ma – qualcuno potrebbe<br />
obiettare – non siamo<br />
reduci da una pandemia da<br />
Covid-19? Quali saranno<br />
mai le probabilità che<br />
nell’arco di pochi anni si<br />
manifesti un altro evento<br />
simile? Ecco, al di là del<br />
fatto che la statistica<br />
non funziona proprio<br />
così, globalizzazione,<br />
sovrappopolamento,<br />
deforestazione, allevamenti<br />
intensivi sono condizioni<br />
che favoriscono e<br />
accelerano le mutazioni dei<br />
virus e i salti di specie.<br />
In questi mesi si è alzato<br />
il livello di attenzione<br />
per il virus dell’influenza<br />
aviaria H5N1 (la storia<br />
dell’evoluzione di H5N1 è<br />
ben ripercorsa dall’articolo<br />
apparso il<br />
25 marzo su<br />
The Lancet<br />
Infectious<br />
Diseases).<br />
Il virus<br />
è conosciuto, perché<br />
è in circolazione da<br />
almeno vent’anni, ciò<br />
che preoccupa è la sua<br />
sempre maggior diffusione<br />
tra i mammiferi, come<br />
nelle mucche da latte<br />
negli Usa dove, con un<br />
doppio salto di specie,<br />
ha contagiato almeno<br />
un allevatore texano e<br />
dove, secondo il dottor<br />
Keith Poulsen, direttore<br />
del Wisconsin veterinary<br />
diagnostic laboratory, i casi<br />
potrebbero essere molti di<br />
più, vista la nota riluttanza<br />
degli allevatori a chiedere<br />
aiuto medico. E anche se,<br />
come afferma Gianni Rezza,<br />
“non abbiamo per ora<br />
un’evidenza di trasmissione<br />
dell’infezione da persona<br />
10
makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />
a persona e il virus non<br />
sembra aver fatto quelle<br />
mutazioni che lo adattano<br />
del tutto all’uomo”, è bene<br />
non calare la guardia, così<br />
come suggerito dal report<br />
pubblicato nell’aprile di<br />
quest’anno dall’European<br />
centre for disease<br />
prevention and control e<br />
dall’European food safety<br />
authority dove vengono<br />
delineate le misure One<br />
Health di<br />
contenimento<br />
di un’eventuale<br />
pandemia<br />
da influenza<br />
aviaria.<br />
E se dovesse servire un<br />
vaccino? Nessuna paura,<br />
assicurano gli epidemiologi:<br />
c’è una pipeline di Cvv<br />
(candidati virus vaccinali)<br />
e un sistema pronto<br />
ad attivarsi, dice Maria<br />
Van Kerkhove, che<br />
guida la “Preparazione<br />
e prevenzione contro<br />
epidemie e pandemie (Epp)”<br />
all’Organizzazione mondiale<br />
della sanità, e il processo<br />
di produzione del vaccino<br />
antinfluenzale sarebbe più<br />
veloce di quello per Covid:<br />
potremmo iniziare ad avere<br />
i vaccini disponibili entro<br />
4-6 mesi. Non sarebbe un<br />
problema, aggiunge Rezza:<br />
«Non siamo di fronte a<br />
un coronavirus, ma a un<br />
virus influenzale, sia pur<br />
aviario. E vaccini contro i<br />
virus influenzali ce ne sono<br />
ormai da decenni».<br />
Il problema più grande,<br />
in realtà, sarebbe un<br />
altro: già nel 2023,<br />
secondo un sondaggio<br />
realizzato da The European<br />
house- Ambrosetti in<br />
collaborazione con SWG,<br />
la percentuale dei cittadini<br />
che riteneva i vaccini uno<br />
strumento sanitario sicuro<br />
ed efficace per contrastare<br />
le malattie infettive<br />
si era ridotta, rispetto<br />
all’anno precedente, dal<br />
92% al 76%. Ora, un altro<br />
sondaggio di Termometro<br />
Politico dice che soltanto<br />
la metà dei vaccinati<br />
contro SARS-CoV-2 è<br />
convinto di aver fatto la<br />
scelta giusta e nessun<br />
“non vaccinato” (9,2%<br />
degli italiani) rimpiange<br />
di non essersi sottoposto<br />
alla vaccinazione. Il dato è<br />
preoccupante: solamente<br />
il 52,7% del campione<br />
farebbe ancora i vaccini<br />
che la comunità scientifica<br />
ritenesse necessari in caso<br />
di nuova pandemia e il<br />
10,4% si sottoporrebbe a<br />
vaccinazione solo se fosse<br />
obbligato da provvedimenti<br />
del governo o da strumenti<br />
come il Green pass.<br />
Qualcosa, insomma, deve<br />
essere andato storto,<br />
soprattutto a livello di<br />
comunicazione. E se è vero<br />
che non ha senso urlare “al<br />
lupo al lupo” è pur vero che<br />
la “paura fa novanta”, come<br />
dimostra<br />
uno studio<br />
italiano<br />
pubblicato<br />
su Vaccines<br />
in merito all’esitazione<br />
vaccinale: i partecipanti al<br />
sondaggio sono risultati<br />
più disposti a vaccinarsi<br />
quando sensibilizzati al<br />
rischio di ospedalizzazione.<br />
Atteggiamenti e<br />
percezioni nei confronti<br />
della vaccinazione<br />
possono quindi essere<br />
influenzati, in una certa<br />
misura, agendo sul modo<br />
in cui le informazioni<br />
vengono inquadrate.<br />
Indicazione scontata,<br />
ma ora dimostrata, a<br />
beneficio di chi è chiamato<br />
a elaborare campagne<br />
di comunicazione,<br />
particolarmente delicate<br />
soprattutto se riguardano la<br />
salute pubblica.<br />
E a proposito di<br />
comunicazione chiara e<br />
sostenuta da evidenze<br />
scientifiche, giunge mentre<br />
sto scrivendo la notizia<br />
che in Germania “vince<br />
l’Omeopatia”: il governo<br />
tedesco ha infatti deciso<br />
che la Cassa malattie<br />
statale continuerà a<br />
coprire i rimedi omeopatici.<br />
Lascio ai lettori ogni<br />
considerazione (ne<br />
possiamo parlare nel forum<br />
dedicato<br />
sulla nostra<br />
piattaforma<br />
<strong>Making</strong>Connect)<br />
specie in un<br />
momento in cui<br />
il nostro Ssn<br />
(e ne parliamo<br />
nelle pagine di questo<br />
<strong>numero</strong>) è allo sfascio.<br />
11
12<br />
Diseguaglianze<br />
sociali e salute:<br />
una teoria<br />
complottista<br />
(ma vera)<br />
Antonio Maturo<br />
Professore di Sociologia della Salute<br />
Università di Bologna, Campus della Romagna<br />
In Svezia l’aspettativa di vita alla nascita è di 83 anni, mentre<br />
in Ciad è di trent’anni di meno. Un bimbo che nasce a Treviso<br />
vivrà tre anni e mezzo in più rispetto al bimbo nato a Siracusa<br />
o a Napoli (dati Istat, 2022). In quasi tutti i Paesi del mondo al<br />
crescere del reddito diminuisce il tasso di fumatori. Sovrappeso<br />
e obesità in Italia sono in aumento, con la Campania in testa,<br />
mentre la provincia di Bolzano ne è meno colpita. Le statistiche<br />
potrebbero continuare ma la tendenza rimane stabile.<br />
Generalmente, le scienze sociali si caratterizzano per avere<br />
teorie piuttosto incerte, probabilistiche e legate a contesti<br />
specifici. Invece, il legame tra salute e fattori socio-economici<br />
è una certezza inattaccabile. Reddito e istruzione sono legate<br />
a specifici stili di vita che hanno conseguenze sulla salute.<br />
Giocoforza, si sarebbe tentati di dire che se le persone meno<br />
istruite fumano di più e sono a maggior rischio di obesità dei<br />
laureati, c’è un problema di informazione. Dunque, andrebbe<br />
potenziata la comunicazione sanitaria per certe categorie di<br />
persone. In gergo: “segmentare il target” (da leggere con accento<br />
milanese). Non è così. Tra fattori sociali e salute vi è una<br />
relazione complessa che, però, porta a un unico risultato: la<br />
sconfitta dei poveri, dei vulnerabili, dei “worse off”.<br />
Non è una questione di scarsa informazione: condizioni di vita,<br />
stress, deprivazione, incertezza “complottano” tra loro, si rafforzano<br />
a vicenda e asfaltano la strada per degli esiti nefasti<br />
in termini di morbidità e mortalità. Si tratta di una cospirazione<br />
che ha la caratteristica di essere sotto agli occhi di tutti,<br />
ma le cose che diamo per scontato non le notiamo. Come la<br />
lettera rubata di Edgar Allan Poe.<br />
C’è poi un altro aspetto: essere poveri è molto costoso. Negli<br />
Stati Uniti, tre rotoli di carta igienica comprati separatamente<br />
costano come una confezione da dieci, ma chi ha problemi<br />
economici ne compra uno alla volta. Chi vive in aree urbane<br />
povere, inoltre, non ha la possibilità pratica di comprare della<br />
frutta fresca, ma solo cibo-spazzatura. Si tratta di quello<br />
che efficacemente viene detto “desert food”. Ironicamente, ci<br />
si può consolare con il fatto che se anche la frutta ci fosse<br />
sarebbe troppo costosa per la maggior parte dei residenti. Ma<br />
non serve andare nello Stato ricco più diseguale del mondo,<br />
certe cose si possono notare anche in Italia. Per esempio, non<br />
tutti sanno che pagare una bolletta in tabaccheria costa 2,50<br />
euro in più. Per molte persone l’addebito in conto corrente<br />
è rischioso perché si rischia il rosso. Dunque, ci sono costi<br />
aggiuntivi ingenti proprio per motivi di povertà. Lasciamo poi<br />
perdere l’accesso ai mutui e ai relativi tassi di interesse, che<br />
crescono in funzione direttamente proporzionale al bisogno.<br />
Sul tema degli immobili c’è una battuta simpatica: “Il superbonus?<br />
Una patrimoniale al contrario: si tassano i contribuenti<br />
a favore dei proprietari di immobili”. Chi lo ha detto? Un comunista,<br />
un no-global, un sostenitore del proletariato unito?<br />
Non proprio: Mario Monti (Corriere della sera, 4 maggio <strong>2024</strong>).<br />
Insomma, i poveri hanno delle spese che i ricchi non si possono<br />
permettere.<br />
Nella sociologia vi sono almeno due importanti teorie riguardo
makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />
alle diseguaglianze di salute. Entrambe sono nettamente distanti<br />
dal “deficit model”, la teoria psicologica che assume che le<br />
diseguaglianze della salute siano il risultato della mancanza di<br />
informazione di cui soffrirebbero i più deboli.<br />
La prima teoria è quella legata alla “sindrome di status”. Si tratta<br />
di un approccio che si focalizza sugli effetti della deprivazione<br />
relativa e, quindi, sullo stress e il disagio che le persone vivono<br />
quando si percepiscono in posizioni sociali inferiori alle altre.<br />
Secondo questo approccio la posizione sociale che una persona<br />
occupa a livello lavorativo influisce sulla sua percezione di<br />
esercitare un controllo della propria vita. Con lo scendere nella<br />
«gerarchia sociale», crescono senso di impotenza e fatalismo,<br />
e quindi la convinzione di non essere in grado di padroneggiare<br />
gli eventi, abilità che in psicologia viene detta «mastery» o auto-efficacia.<br />
La psicologia ha dimostrato che le persone con un<br />
elevato senso di controllo sugli eventi, rispetto a coloro che si<br />
sentono in balia degli accidenti, hanno una piú elevata competenza<br />
sanitaria, sono maggiormente inclini a intraprendere stili<br />
di vita sani, hanno una percezione generalmente positiva del<br />
loro stato di salute, si ammalano meno e godono di un minor<br />
tasso di mortalità.<br />
La seconda teoria, molto accreditata in sociologia, è quella che<br />
si riferisce alle “cause delle cause”. Questo approccio pone in<br />
primo piano gli effetti di reddito e istruzione sugli altri “determinanti”<br />
di salute. Ad esempio, persone di un elevato livello di<br />
reddito e di istruzione hanno facilità a condurre stili di vita sani<br />
e frequentano persone simili, amplificando così un circolo virtuoso<br />
di buona salute. E nel caso di bisogno sanno destreggiarsi<br />
nella burocrazia sanitaria e riescono facilmente ad attivare connessioni<br />
sociali per raggiungere informazioni sui servizi di cui<br />
necessitano. Al contrario, persone di basso status socio-economico<br />
sono esposte a rischi elevati di salute, spesso non hanno<br />
abbastanza denaro per mangiare in modo salutare e alleviano<br />
situazioni lavorative monotone o stressanti con il tabacco. Anche<br />
in questo caso i contatti sociali sono di tipo “omofilo”: si<br />
frequentano persone simili che rafforzano certi comportamenti<br />
dannosi, dando vita a un circolo vizioso. Come sintetizza con efficacia<br />
John Mirowski della University of Texas: «I poveri debbono<br />
sopportare un triplo carico: hanno piú problemi da risolvere; le<br />
loro storie personali li lasciano spossati e impotenti; questo senso<br />
di impotenza li demoralizza e mina la loro capacità di agire<br />
concretamente per risolvere i problemi. Il risultato, per molti, è<br />
una moltiplicazione delle malattie e della disperazione».<br />
Non è facile per lo Stato ridurre le diseguaglianze di salute, chiaramente<br />
è molto difficile agire in modo istantaneo sui determinanti<br />
di salute. La politica sembra non fare abbastanza, ma a<br />
dire il vero, in questa situazione di crisi di idee, forse la salute<br />
potrebbe essere un incentivo forte per i partiti. Tutte le famiglie<br />
sanno cosa significa avere uno (o più) malati in casa. Se la politica<br />
si accorgesse (finalmente) che occuparsi di salute paga in<br />
termini elettorali, il contrasto sistematico alle diseguaglianze<br />
sanitarie potrebbe diventare una realtà.<br />
13
SSN <strong>2024</strong><br />
sgretolamento<br />
di un diritto<br />
costituzionale<br />
Il servizio sanitario italiano sta lentamente<br />
– ma inesorabilmente – perdendo la<br />
capacità di soddisfare il suo mandato<br />
originario scivolando progressivamente<br />
verso un sistema largamente in mano ai<br />
privati<br />
Valentina Guidi<br />
Nino Cartabellotta, presidente di GIMBE | Gruppo<br />
italiano per la medicina basata sulle evidenze<br />
Il Servizio sanitario nazionale<br />
ha cambiato volto. C’è chi<br />
difende la sanità pubblica e<br />
crede in un servizio uguale<br />
per tutti, ma c’è anche<br />
chi non crede più in un<br />
sistema in difficoltà ed è<br />
convinto che una sempre<br />
maggiore privatizzazione sia<br />
indispensabile o addirittura<br />
auspicabile. Ci sono però<br />
diritti che è bene restino<br />
imprescindibili e, al di là<br />
dell’opinione di ognuno, il<br />
futuro del nostro Sistema<br />
sanitario riguarda tutti.<br />
Abbiamo intervistato Nino<br />
Cartabellotta, presidente<br />
di GIMBE (Gruppo italiano<br />
per la medicina basata sulle<br />
evidenze), fondazione che<br />
da più di 25 anni si occupa<br />
da vicino di monitorare e<br />
collaborare con il Ssn.<br />
Perché è importante e<br />
necessario avere un Servizio<br />
sanitario nazionale pubblico?<br />
Il fine ultimo del nostro Ssn<br />
è quello di offrire ai cittadini<br />
le migliori opportunità<br />
per scegliere la vita che<br />
desiderano vivere. In altre<br />
parole, il Ssn è necessario<br />
per promuovere la dignità<br />
della popolazione e garantire<br />
a tutti la capacità di compiere<br />
le proprie scelte e la libertà<br />
di metterle in atto. E tali<br />
capacità dipendono, tra i vari<br />
fattori, anche dallo stato di<br />
salute. Mettere in discussione<br />
la sanità pubblica, pertanto,<br />
significa compromettere non<br />
solo la salute, ma soprattutto<br />
la dignità dei cittadini e la<br />
loro capacità di realizzare<br />
ambizioni e obiettivi. Infine<br />
14
makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />
è utile ricordare che lo stato<br />
di salute e il benessere della<br />
popolazione condiziona la<br />
crescita del Pil: perché chi<br />
è malato non produce, non<br />
consuma e, spesso, limita<br />
anche l’attività lavorativa dei<br />
propri familiari.<br />
Quali sono le problematiche<br />
più gravi che colpiscono<br />
attualmente il nostro servizio<br />
sanitario?<br />
Oggi la vita quotidiana delle<br />
persone, in particolare quelle<br />
meno abbienti, è sempre<br />
più condizionata dalla<br />
mancata esigibilità del diritto<br />
fondamentale alla tutela<br />
della salute: interminabili<br />
tempi di attesa per una<br />
prestazione sanitaria o una<br />
visita specialistica, necessità<br />
di pagare di tasca propria<br />
le spese per la salute, sino<br />
all’impoverimento delle<br />
famiglie e alla rinuncia<br />
alle cure, ma anche pronto<br />
soccorso affollatissimi,<br />
impossibilità di trovare un<br />
medico o un pediatra di<br />
famiglia vicino casa, enormi<br />
diseguaglianze regionali e<br />
locali che possono arrivare<br />
a causare una migrazione<br />
sanitaria. Nel contesto di un<br />
Ssn profondamente indebolito<br />
e già segnato da inaccettabili<br />
diseguaglianze regionali, si<br />
innesta anche l’imminente<br />
attuazione delle maggiori<br />
autonomie in sanità che<br />
finirà per ampliare la frattura<br />
strutturale tra Nord e Sud del<br />
Paese. Le Regioni meridionali,<br />
infatti, saranno sempre<br />
più dipendenti dalla sanità<br />
del Nord, compromettendo<br />
l’uguaglianza dei cittadini<br />
nell’esercizio del diritto<br />
costituzionale alla tutela<br />
della salute. Lo vediamo già<br />
oggi: solo tre Regioni sulle 14<br />
adempienti ai Livelli essenziali<br />
di assistenza sono del Sud<br />
“<br />
L’impoverimento<br />
del Ssn sta<br />
spianando<br />
definitivamente<br />
la strada a una<br />
sanità regolata<br />
dal libero<br />
mercato<br />
(Abruzzo, Puglia e Basilicata)<br />
e tutte a fondo classifica. E<br />
l’ingente flusso di denaro<br />
della mobilità sanitaria, che<br />
ammonta a 4,25 miliardi di<br />
euro, scorre prevalentemente<br />
dal Meridione verso le Regioni<br />
che hanno già sottoscritto i<br />
pre-accordi per le maggiori<br />
autonomie.<br />
Quali sono le ragioni che<br />
hanno portato alla situazione<br />
attuale?<br />
Tutti i governi degli ultimi<br />
15 anni, indipendentemente<br />
dall’orientamento politico,<br />
hanno utilizzato la spesa<br />
sanitaria come una sorta<br />
di bancomat, dirottando<br />
le risorse verso altre<br />
priorità mirate a soddisfare<br />
gli interessi del proprio<br />
elettorato. Nel 2013 la<br />
Fondazione GIMBE ha lanciato<br />
la campagna “Salviamo il<br />
nostro Servizio sanitario<br />
nazionale” proprio per<br />
sensibilizzare decisori politici,<br />
manager, professionisti<br />
sanitari e cittadini sulla<br />
necessità di rimettere la<br />
sanità pubblica al centro<br />
del dibattito pubblico e<br />
dell’agenda politica. Avevamo<br />
infatti già previsto che la<br />
perdita del Ssn non sarebbe<br />
stata annunciata dal fragore<br />
di una valanga, ma si<br />
sarebbe concretizzata come<br />
il silenzioso scivolamento<br />
di un ghiacciaio, attraverso<br />
anni, lustri, decenni. Un<br />
disfacimento che lentamente,<br />
ma inesorabilmente, avrebbe<br />
eroso il diritto costituzionale<br />
alla tutela della salute.<br />
E dopo dieci anni, dati e<br />
cronaca dimostrano che<br />
il collasso del Ssn ci sta<br />
portando dritti verso un<br />
disastro sanitario, economico<br />
e sociale, già ben evidente in<br />
diverse aree interne del Sud.<br />
L’impoverimento del Ssn sta<br />
spianando definitivamente<br />
la strada a una sanità<br />
regolata dal libero mercato,<br />
dove l’accesso a tecnologie<br />
diagnostiche e terapie<br />
innovative sarà limitato a chi<br />
potrà pagare di tasca propria<br />
o avrà stipulato costose<br />
assicurazioni sanitarie, che<br />
tuttavia non potranno mai<br />
garantire una copertura<br />
globale come quella offerta<br />
dalla sanità pubblica.<br />
“<br />
Il privato<br />
accreditato<br />
rappresenta una<br />
grande risorsa<br />
per il Ssn ma<br />
deve mantenere<br />
la funzione di<br />
integrazione al<br />
pubblico<br />
La sinergia pubblico/<br />
privato, molto efficace in<br />
altri contesti, può funzionare<br />
anche nella sanità?<br />
Bisogna dapprima avviare<br />
un ampio ripensamento<br />
del rapporto tra il settore<br />
pubblico e quello privato<br />
nella sanità. Il privato<br />
accreditato rappresenta<br />
una grande risorsa per il<br />
Ssn ma deve mantenere<br />
la funzione di integrazione<br />
al pubblico, sarebbe a<br />
dire che deve erogare le<br />
prestazioni che servono,<br />
dove servono e quando<br />
servono. Purtroppo l’utilizzo<br />
improprio dello strumento<br />
dell’accreditamento in<br />
alcune Regioni ha portato<br />
all’espansione incontrollata<br />
del privato accreditato, che, in<br />
un contesto di indebolimento<br />
del Ssn, si sta gradualmente<br />
sostituendo al pubblico.<br />
Questo problema diventa<br />
una minaccia quando le<br />
strutture private vengono<br />
acquisite dalle assicurazioni,<br />
creando un sistema parallelo<br />
interamente privato, sia<br />
nel finanziamento che<br />
nell’erogazione delle<br />
prestazioni sanitarie,<br />
un sistema in grado di<br />
sostituirsi interamente<br />
al pubblico, che segue le<br />
regole del libero mercato<br />
invece della tutela di un<br />
diritto costituzionale. Inoltre<br />
le cosiddette partnership<br />
pubblico-privato (PPP) hanno<br />
una specifica dimensione<br />
giuridica e un preciso campo<br />
di azione, entrambi mai<br />
regolamentati nel nostro<br />
Paese. Di conseguenza,<br />
spesso il termine indica<br />
qualsiasi ingresso di capitali<br />
privati nel Ssn da parte di<br />
aziende private che non sono<br />
certo enti di beneficienza:<br />
per questo occorre una<br />
legge quadro sulle PPP che<br />
definisca le regole del gioco.<br />
15
Più in generale, ritengo che<br />
qualsiasi forma di integrazione<br />
pubblico-privato possa<br />
contribuire al rilancio del Ssn<br />
a tre condizioni. Innanzitutto,<br />
il Ssn deve essere potenziato<br />
con risorse pubbliche; in<br />
secondo luogo le regole<br />
devono essere definite<br />
dalla parte pubblica e non<br />
dettate dall’indebolimento<br />
strutturale e dai bisogni<br />
dei cittadini; infine, l’offerta<br />
privata deve essere sempre<br />
complementare a quella<br />
pubblica, evitando approcci di<br />
offerta selettivi in relazione<br />
alla convenienza economica.<br />
Se manca una sola delle tre<br />
condizioni, non si configura<br />
affatto un rilancio del Ssn, ma<br />
una sua privatizzazione bella<br />
e buona.<br />
Come si colloca l’Italia a<br />
livello europeo per quanto<br />
riguarda la spesa sanitaria<br />
pubblica?<br />
Come già detto, tutti gli<br />
esecutivi degli ultimi tre lustri<br />
hanno considerato la spesa<br />
sanitaria come un costo<br />
anziché un investimento,<br />
ignorando che il benessere<br />
e la salute della popolazione<br />
sono fondamentali per la<br />
crescita economica: è così<br />
che l’Italia è finita per essere<br />
primo tra i Paesi poveri in<br />
Europa per spesa sanitaria<br />
pubblica pro-capite. Infatti nel<br />
2022 siamo davanti solo ai<br />
Paesi dell’Europa meridionale<br />
(Spagna, Portogallo, Grecia)<br />
e a quelli dell’Europa dell’Est,<br />
eccetto la Repubblica Ceca.<br />
Con un gap rispetto alla<br />
media dei Paesi europei che<br />
dal 2010 è progressivamente<br />
aumentato, arrivando nel<br />
2022 a 873 dollari (pari a<br />
801 euro) che, parametrato<br />
alla popolazione residente<br />
Istat al 1° gennaio 2023, per<br />
l’anno 2022 corrisponde<br />
a 47,3 miliardi di euro.<br />
Nell’intero periodo 2010-<br />
2022 il gap cumulativo arriva<br />
all’eccezionale cifra di 363<br />
miliardi di dollari, ovvero circa<br />
333 miliardi di euro.<br />
Quali sono le prospettive<br />
future e le proposte concrete<br />
per un rilancio del Servizio<br />
sanitario?<br />
La situazione è critica ma la<br />
Fondazione GIMBE, con il<br />
Piano di rilancio del Ssn<br />
ha da tempo<br />
indicato la<br />
terapia per<br />
curare il<br />
nostro Ssn:<br />
rilanciare<br />
progressivamente il<br />
finanziamento pubblico<br />
per allinearlo almeno alla<br />
media dei Paesi europei;<br />
potenziare le capacità di<br />
indirizzo e verifica dello<br />
Stato sulle Regioni; garantire<br />
l’aggiornamento continuo dei<br />
livelli essenziali di assistenza<br />
per rendere subito accessibili<br />
le innovazioni, oltre che la<br />
loro esigibilità su tutto il<br />
territorio nazionale; rilanciare<br />
le politiche sul personale<br />
sanitario; riprogrammare<br />
l’offerta dei servizi sociosanitari<br />
in relazione ai<br />
reali bisogni di salute della<br />
popolazione; regolamentare<br />
il rapporto pubblico-privato e<br />
la sanità integrativa; investire<br />
in prevenzione e promozione<br />
della salute; potenziare<br />
l’informazione istituzionale<br />
basata sulle evidenze<br />
scientifiche; aumentare<br />
le risorse per la ricerca<br />
indipendente; rimodulare<br />
ticket e detrazioni fiscali per le<br />
spese sanitarie.<br />
Lo stesso Pnrr, al di là delle<br />
recenti rimodulazioni al<br />
ribasso, rappresenta una<br />
grande opportunità per<br />
rilanciare il Ssn solo se<br />
inserito in un quadro di<br />
rafforzamento complessivo<br />
della sanità pubblica. Infatti, in<br />
assenza di risorse vincolate<br />
per il personale sanitario,<br />
di riforme di sistema (in<br />
particolare quella sui<br />
medici di famiglia) e di un<br />
affiancamento dello Stato<br />
alle Regioni più in difficoltà,<br />
rischiamo di indebitare le<br />
future generazioni solo per<br />
finanziare un costoso lifting<br />
del Ssn.<br />
Quale deve essere quindi, il<br />
ruolo di politica e società nel<br />
rilancio del Ssn?<br />
La politica deve prendere<br />
una decisione cruciale: se<br />
vuole che il Ssn rispetti il<br />
suo mandato originario deve<br />
investire in modo consistente<br />
e per molti anni. In alternativa,<br />
dovrà scegliere apertamente<br />
quali prestazioni garantire a<br />
tutti e quali lasciare al privato,<br />
al fine di evitare quei fenomeni<br />
subliminali di privatizzazione<br />
già in atto da anni. Anche i<br />
cittadini sono chiamati a fare<br />
la propria parte: da un lato<br />
devono battersi attivamente<br />
per costringere la politica a<br />
rimettere la sanità pubblica al<br />
centro dell’agenda, dall’altro<br />
devono saperne fare buon uso.<br />
Per questo l’alfabetizzazione<br />
sanitaria della popolazione<br />
è un elemento cruciale,<br />
colpevolmente trascurato<br />
dalle istituzioni del nostro<br />
Paese. Noi, come Fondazione<br />
GIMBE, abbiamo deciso di<br />
fare un ulteriore passo avanti:<br />
a undici anni dall’avvio della<br />
campagna #SalviamoSsn,<br />
abbiamo lanciato una<br />
rete civica nazionale con<br />
sezioni regionali. Riteniamo<br />
indispensabile diffondere a<br />
tutti i livelli il valore del Ssn<br />
come pilastro della nostra<br />
democrazia, strumento di<br />
equità e giustizia sociale,<br />
oltre che leva di sviluppo<br />
economico. L’obiettivo è<br />
coinvolgere sempre più<br />
persone nella tutela e nel<br />
rilancio del Ssn e promuovere<br />
un utilizzo informato di servizi<br />
e prestazioni sanitarie, al<br />
fine di arginare fenomeni<br />
consumistici. Perché, al di<br />
là delle difficoltà di accesso<br />
ai servizi, la maggior parte<br />
delle persone non ha<br />
ancora contezza del rischio<br />
imminente: quello di scivolare<br />
da un Ssn basato sulla tutela<br />
di un diritto costituzionale<br />
verso 21 sistemi sanitari<br />
regionali basati sulle regole<br />
del libero mercato.<br />
Cosa prevede la rete civica<br />
per salvare il Ssn lanciata da<br />
Fondazione GIMBE?<br />
La rete civica #SalviamoSsn,<br />
alla quale è possibile aderire<br />
raggiungendo il sito Internet,<br />
opererà<br />
tramite gruppi<br />
regionali per<br />
coordinare<br />
iniziative e<br />
attività della<br />
campagna #SalviamoSsn sul<br />
territorio. La rete sarà popolata<br />
di ambassador, impegnati nel<br />
promuovere attivamente la<br />
campagna a livello locale, e da<br />
cittadini che aderiranno alla<br />
causa. Anche le organizzazioni<br />
pubbliche e private potranno<br />
sostenere attivamente<br />
la campagna.<br />
L’ambizioso<br />
obiettivo della<br />
rete è quello<br />
di coinvolgere<br />
il Paese per<br />
difendere e rafforzare il Ssn<br />
attraverso azioni coordinate<br />
e partecipazione attiva: per<br />
essere consapevoli di ciò che<br />
stiamo perdendo e lavorare<br />
insieme per tutelare la salute<br />
come diritto di tutti.<br />
16
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studi clinici<br />
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24
makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />
Il mondo della ricerca clinica ha affrontato significative<br />
trasformazioni negli ultimi anni, che hanno modificato il<br />
tipo di studi clinici avviati e le aree terapeutiche finanziate.<br />
Globalmente, il 2023 ha visto una riduzione del<br />
15% nei nuovi studi rispetto all’anno precedente<br />
e del 22% rispetto al picco del 2021 (in gran<br />
parte dovuto all’attività straordinaria legata alla<br />
pandemia di Covid-19). Questa tendenza riflette una<br />
normalizzazione degli studi post-pandemia (quelli<br />
legati al Covid sono diminuiti del 69% rispetto<br />
al 2021) ma anche una riallocazione strategica<br />
delle risorse verso nuove priorità di ricerca. Lo<br />
rivela il report di Iqvia intitolato “Global Trends<br />
in R&D <strong>2024</strong>”, che evidenzia come negli ultimi<br />
anni vi sia stato un significativo trasferimento<br />
dei finanziamenti verso filoni di ricerca differenti,<br />
in particolare nel campo delle terapie avanzate,<br />
come quelle geniche e cellulari.<br />
Parallelamente, stiamo assistendo a una<br />
ridistribuzione geografica degli studi. I trial con<br />
sede in Cina, ad esempio, hanno evidenziato un<br />
aumento impressionante, raggiungendo nel 2023<br />
una quota del 28% sul totale globale degli studi<br />
iniziati nell’anno (un decennio fa questa percentuale<br />
era di appena il 3%). Peraltro, le aziende cinesi<br />
hanno mostrato un interesse crescente per studi<br />
internazionali, testimoniato dal fatto che un quarto<br />
di esse ha avviato studi clinici con partner di altri<br />
Paesi, mentre la partecipazione delle aziende europee e<br />
giapponesi è diminuita.<br />
In tema di aree terapeutiche, oncologia, immunologia,<br />
neurologia e malattie metaboliche/endocrinologiche<br />
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DECENTRALIZZATA<br />
Eugenio Santoro,<br />
Istituto Mario Negri<br />
continuano a dominare il panorama, rappresentando il 79%<br />
degli studi clinici complessivi. In questo contesto, le terapie<br />
innovative, come le terapie cellulari e geniche, hanno visto<br />
un aumento significativo, costituendo il 25% degli<br />
studi in oncologia. Allo stesso tempo, gli studi<br />
sulle malattie rare mantengono una presenza<br />
forte e stabile grazie agli alti tassi di successo e al<br />
potenziale di innovazione.<br />
Uno dei settori a più rapida crescita è quello<br />
delle terapie per l’obesità, con un aumento del<br />
68% rispetto al 2022 e quasi il doppio rispetto a<br />
cinque anni fa. Una crescita che ha portato allo<br />
sviluppo 124 farmaci, di cui il 40% sono agonisti<br />
dei recettori del glucagone GIP/GLP.<br />
LA RICERCA CLINICA<br />
IN ITALIA<br />
Secondo il 20° Rapporto nazionale sulla<br />
sperimentazione clinica dei medicinali in Italia,<br />
pubblicato dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa),<br />
nel 2023 sono stati condotti complessivamente<br />
5.217 studi clinici nel nostro Paese: il 30% erano<br />
studi di fase I, il 25% di fase II, il 35% di fase III e<br />
il 10% di fase IV. A farla da padrona è stata l’area<br />
oncologica, per la quale sono stati sviluppati il 40% degli<br />
studi italiani, sebbene, secondo l’Associazione italiana di<br />
oncologia medica (Aiom), siano fortemente diminuite le<br />
sperimentazioni accademiche e non profit in questo ambito.<br />
Trial iniziati nel 2023<br />
Fase II<br />
36.09%<br />
Fase I<br />
22.99%<br />
Fase IV<br />
Fase III<br />
Fase I/II<br />
14.92%<br />
12.08%<br />
5.77%<br />
2023<br />
Fase 0<br />
4.77%<br />
Fase II/III<br />
2.89%<br />
Fase III/IIII<br />
--%<br />
Fonte: GlobalData Pharmaceutical Intelligence Center, 04/12/2023<br />
25
Percentuale di studi clinici per fase e anno<br />
100%<br />
90%<br />
80%<br />
70%<br />
60%<br />
50%<br />
40%<br />
30%<br />
20%<br />
10%<br />
0%<br />
2020<br />
2021 2022<br />
Fonte: Aifa, La Sperimentazione Clinica dei Medicinali in Italia, 2023<br />
IL CROLLO DELLA RICERCA<br />
INDIPENDENTE<br />
Fase 1<br />
Fase 2<br />
Fase 3<br />
Fase 4<br />
La riduzione degli studi no profit, confrontata con il<br />
decennio 2009-2019, risulta nell’ordine del 50% (da<br />
309 a 156 studi) e si è confermata anche nell’ultimo<br />
triennio, fino al dato più preoccupante del 2022, l’anno<br />
con il <strong>numero</strong> di studi no profit più basso dal 2000 a<br />
oggi (solo 98). Il declino degli studi clinici indipendenti,<br />
come evidenziato in un “Manifesto” della Fadoi del<br />
2023, rappresenta un problema serio nel panorama<br />
della ricerca clinica in Italia. L’attuale tendenza vede un<br />
predominio degli studi promossi dalle entità industriali<br />
a scapito di quelli no profit. Questo spostamento verso<br />
la ricerca condotta dalle aziende, sebbene legittimo,<br />
può comportare una visione distorta dei benefici dei<br />
prodotti farmaceutici. La ricerca clinica indipendente in<br />
Italia è vincolata da diversi fattori che ne ostacolano lo<br />
sviluppo e l’efficacia. Tra i principali nodi critici figurano<br />
la scarsità di risorse finanziarie e umane, insieme<br />
all’eccessiva burocrazia che rallenta i processi e mina<br />
l’efficienza. Tuttavia, il Manifesto propone una serie di<br />
soluzioni mirate per superare tali ostacoli e promuovere<br />
una ricerca clinica più efficiente e trasparente. Una delle<br />
proposte principali è la creazione di un’agenzia nazionale<br />
della ricerca, direttamente collegata alla presidenza<br />
del consiglio, con il compito di coordinare le attività di<br />
ricerca, promuovere reti di collaborazione e semplificare<br />
le procedure normative. Inoltre, si propone l’adozione<br />
di un testo unico della regolamentazione clinica per semplificare<br />
il quadro normativo attuale. Riguardo alle complesse normative<br />
sulla privacy, si auspica un intervento europeo per armonizzare<br />
IN ITALIA SIAMO<br />
INDIETRO CON IL<br />
COINVOLGIMENTO<br />
DEI PAZIENTI:<br />
SONO TANTI I<br />
PROTOCOLLI<br />
CHE NON HANNO<br />
PREVISTO LA LORO<br />
PARTECIPAZIONE<br />
NEMMENO CON UN<br />
COINVOLGIMENTO<br />
TARDIVO<br />
Paola Mosconi,<br />
Istituto Mario Negri<br />
le regole e favorire la conduzione di ricerche osservazionali.<br />
È anche fondamentale riformare i programmi universitari e i<br />
contratti collettivi della sanità per introdurre le figure professionali<br />
necessarie alla ricerca clinica. La formazione riveste un ruolo<br />
cruciale, con proposte per integrare i programmi di studio e offrire<br />
percorsi formativi post lauream dedicati alla ricerca clinica. Infine,<br />
si auspica una maggiore disponibilità di finanziamenti pubblici per<br />
sostenere la ricerca in modo continuativo e efficace.<br />
LE SFIDE<br />
Nonostante l’importanza della ricerca clinica in Italia, il settore,<br />
come visto, affronta diverse sfide. Tra queste, la burocrazia e la<br />
carenza di risorse e personale sono tra i principali ostacoli. Una<br />
comparazione dettagliata della ricerca clinica in Italia rispetto<br />
ad altri Paesi europei rivela alcune differenze significative.<br />
Sebbene l’Italia continui a essere un importante centro di ricerca,<br />
è importante sottolineare che altri Paesi europei hanno registrato<br />
un aumento costante degli investimenti nella ricerca clinica negli<br />
ultimi anni, mentre l’Italia ha mostrato una tendenza più stabile o<br />
addirittura in diminuzione. Ad esempio, l’analisi dei dati dell’Unione<br />
europea indica che alcuni Paesi, come Germania, Regno<br />
Unito e Francia, hanno incrementato consistentemente<br />
il <strong>numero</strong> di studi clinici condotti sul proprio territorio,<br />
con un focus particolare su aree di ricerca emergenti<br />
come la terapia genica e le malattie rare. È ben noto<br />
che l’Italia investe una percentuale relativamente bassa<br />
del suo Pil in ricerca e sviluppo, appena l’1,5%, rispetto<br />
alla media dell’UE del 2,1%. Di questa cifra, solo il 10% è<br />
destinato al settore della salute: il 10% degli investimenti<br />
è di natura no profit, mentre il restante 90% proviene da<br />
fonti private, ammontando a 750 milioni di euro all’anno.<br />
IL NODO BUROCRATICO<br />
A sollevare preoccupazioni sulla competitività dell’Italia<br />
nel settore della ricerca clinica è anche il peso di un<br />
processo regolatorio lungo e complicato, che tra le<br />
altre cose ritarda i tempi di avvio dei trial. Secondo<br />
il “Report indicatore stato del settore ricerca clinica<br />
2022” dell’Altems, la percezione generale del processo<br />
amministrativo e gestionale degli studi clinici in Italia<br />
è marcatamente pessimista, con significative criticità<br />
in vari ambiti. Incidono in particolare i costi degli studi<br />
clinici, considerati superiori e troppo variabili rispetto<br />
ad altri Paesi. Anche gli investimenti nel personale e<br />
l’efficienza burocratica non trovano un giudizio positivo, a causa<br />
della diffusa percezione di inadeguatezza nel rispondere in modo<br />
efficace alle esigenze del settore. Il problema della carenza di<br />
26
makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />
personale negli enti regolatori non è solo italiano. Un documento<br />
dell’Alliance for generative medicine sottolinea che anche la Food<br />
and drug administration (Fda) sta faticando a tenere il passo con<br />
il crescente carico di lavoro dovuto soprattutto all’aumento delle<br />
approvazioni di terapie cellulari e geniche. Per affrontare questo<br />
problema, l’Agenzia ha in programma di accrescere le sue capacità<br />
di revisione: attendendosi tra le 10 e le 20 richieste di autorizzazione<br />
per terapie cellulari e geniche all’anno entro il 2025 (fino al 2017 ne<br />
erano state approvate 27 in tutto) ha pianificato l’assunzione di 132<br />
nuovi membri del personale nel 2023 e ulteriori 96 per il periodo<br />
<strong>2024</strong>-2027.<br />
Questa situazione sta fornendo un ulteriore supporto<br />
a una introduzione più sistematica delle Real world<br />
evidence dato che anche le associazioni di pazienti<br />
insistono per uno snellimento delle procedure di<br />
approvazione da parte degli enti regolatori, che potrebbe<br />
essere bilanciato da una raccolta dati più consistente<br />
nella fase post marketing.<br />
CRESCONO I TRIAL DI FASE I<br />
Il panorama della ricerca oncologica in Italia è in rapida<br />
evoluzione, soprattutto per quanto riguarda i trial di<br />
fase I. Questi studi, una volta focalizzati principalmente<br />
sulla valutazione della sicurezza dei farmaci, stanno<br />
ora dimostrando un potenziale rivoluzionario, aprendo<br />
la strada a innovazioni sorprendenti con benefici<br />
tangibili già nella fase iniziale di studio. Secondo i dati<br />
forniti da Giuseppe Curigliano, membro del direttivo<br />
nazionale dell’Aiom, il <strong>numero</strong> di trial di fase I in Italia<br />
è in costante crescita. Nel 2022 sono stati condotti<br />
126 studi di fase I, rappresentando il 19% del totale<br />
e registrando un aumento dell’8% rispetto agli anni<br />
precedenti. In particolare, nel campo dell’oncologia,<br />
si prevede che gli studi di fase I supereranno i 100 nel<br />
2023, rappresentando il 40% di tutte le sperimentazioni. Tuttavia,<br />
nonostante questo trend positivo, si è registrato un calo nel<br />
<strong>numero</strong> di studi clinici indipendenti in Italia, con una contrazione<br />
del 7%. Questo trend evidenzia la necessità di risorse e personale<br />
aggiuntivo nel settore. La ricerca personalizzata sta diventando<br />
sempre più importante, consentendo di identificare i pazienti che<br />
potrebbero beneficiare maggiormente dalle nuove terapie.<br />
LA RICERCA SUGLI ADVERTED COST<br />
Il secondo “Report annuale del laboratorio sul management delle<br />
sperimentazioni cliniche” fornisce un’analisi esaustiva dei costi<br />
evitati nelle sperimentazioni cliniche condotte in Italia. I dati riportati<br />
indicano un significativo aumento nel <strong>numero</strong> di studi censiti,<br />
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PROGETTISTI<br />
Laura Patrucco,<br />
Presidente ASSD<br />
passando da 612 a 923 nell’arco di un anno, con una predominanza<br />
di studi promossi da entità industriali. Nel periodo 2017-2020, su<br />
un totale di quasi 319 milioni di euro investiti direttamente, sono<br />
stati misurati oltre 623 milioni di investimenti indiretti, con un<br />
effetto leva di quasi 3 euro per ogni euro investito dalle aziende<br />
sponsor. Questi risultati sottolineano l’importanza economica della<br />
ricerca clinica per l’Italia e confermano il contributo essenziale delle<br />
aziende farmaceutiche. In particolare, l’analisi dei costi evitati nelle<br />
sperimentazioni oncologiche evidenzia un effetto leva ancora più<br />
elevato, raggiungendo 3,35 euro, con un significativo impatto sia sul<br />
sistema sanitario nazionale sia sui pazienti coinvolti. La<br />
ricerca clinica rappresenta quindi non solo un motore<br />
di sviluppo economico, ma anche un’opportunità per<br />
migliorare la qualità delle cure e la sopravvivenza dei<br />
pazienti affetti da patologie gravi.<br />
LA RIVOLUZIONE AI<br />
Come per quasi tutte le aree della nostra vita, tecnologie<br />
come l’intelligenza artificiale (AI), l’apprendimento<br />
automatico (machine learning) e l’analisi avanzata<br />
stanno trasformando radicalmente anche il campo della<br />
ricerca clinica. In questo ambito, le maggiori opportunità<br />
riguardano la capacità di identificare rapidamente i<br />
pazienti idonei agli studi clinici e prevedere gli esiti<br />
terapeutici.<br />
IDENTIFICAZIONE<br />
DEI PAZIENTI IDONEI<br />
La selezione dei pazienti per gli studi clinici è un<br />
passaggio critico che può significativamente influenzare<br />
l’efficacia e l’efficienza dello sviluppo dei farmaci. Tradizionalmente,<br />
si tratta di un processo lungo e complesso, limitato da approcci<br />
manuali che possono portare a ritardi e a una selezione non ottimale<br />
dei partecipanti. Come spiega un articolo su Nature, oggi possono<br />
essere necessari più di un miliardo di dollari di finanziamenti e<br />
un decennio di lavoro per portare un nuovo farmaco sul mercato.<br />
Metà del tempo e del denaro viene speso per gli studi clinici. E<br />
solo un farmaco su sette tra quelli che entrano nella fase I di<br />
sperimentazione viene infine approvato. Secondo i dati pubblicati sul<br />
MIT Technology Review Insights, circa il 90% degli studi clinici non<br />
arriva nemmeno a reclutare un <strong>numero</strong> sufficiente di partecipanti<br />
entro i tempi previsti, prolungando la durata degli studi per mesi o<br />
addirittura anni, o causandone il fallimento completo per mancanza<br />
di partecipanti adeguati. Nicholas Borys, chief medical officer della<br />
biotech Celsion, sostiene che meno del 10% dei pazienti oncologici<br />
viene arruolato in studi clinici: “Se riuscissimo ad arrivare al 20% o<br />
27
al 30%, probabilmente a quest’ora avremmo già sconfitto diversi<br />
tipi di cancro”.<br />
L’integrazione dell’AI permette di analizzare grandi volumi di<br />
dati clinici e biologici rapidamente, identificando i pazienti che<br />
non solo corrispondono ai criteri di inclusione dello studio ma<br />
che potrebbero anche avere maggiori probabilità di rispondere<br />
positivamente al trattamento. Un gruppo di Stanford ha sviluppato<br />
un sistema chiamato Trial Pathfinder che analizza una serie di<br />
studi clinici completati e valuta in che modo la regolazione<br />
dei criteri di partecipazione - come le soglie per la pressione<br />
sanguigna e la conta dei linfociti - influisce sugli hazard ratio,<br />
ovvero sui tassi di eventi negativi come malattie gravi o morte dei<br />
pazienti. Secondo i calcoli dei ricercatori, questo sistema applicato<br />
alle sperimentazioni di un farmaco per uno specifico tipo di cancro<br />
ai polmoni “avrebbe raddoppiato il <strong>numero</strong> di pazienti idonei senza<br />
aumentare l’hazard ratio”. Questo metodo ha anche il vantaggio di<br />
favorire la partecipazione agli studi delle persone più malate che<br />
traggono maggior vantaggio dall’uso dei farmaci”.<br />
PREDIZIONE<br />
DEGLI ESITI TERAPEUTICI<br />
L’AI e il machine learning sono particolarmente promettenti<br />
per la loro capacità di modellare e prevedere esiti complessi<br />
basati su pattern nascosti nei dati che possono sfuggire agli<br />
approcci analitici tradizionali. Ad esempio, algoritmi predittivi<br />
possono essere addestrati su dataset di risultati clinici passati<br />
per prevedere gli esiti dei trattamenti in nuovi pazienti. Questo<br />
migliora la progettazione degli studi clinici rendendoli più mirati<br />
e meno rischiosi, e aiuta le aziende farmaceutiche a decidere<br />
se proseguire o meno un determinato percorso di ricerca.<br />
L’algoritmo HINT (Hierarchical interaction network), ad esempio, è<br />
in grado di prevedere il successo di una sperimentazione in base<br />
alla molecola del farmaco, alla malattia bersaglio e ai criteri di<br />
ammissibilità dei pazienti, tenendo in maggior considerazione i<br />
risultati delle sperimentazioni più recenti. In base all’esito previsto,<br />
le aziende farmaceutiche potrebbero decidere di modificare il<br />
disegno di uno studio o di provare un farmaco diverso. In alcuni<br />
casi l’AI può aiutare a smaltire l’analisi preliminare degli studi già<br />
terminati. SEETrials è un algoritmo che usa il modello linguistico<br />
GPT-4 per estrarre informazioni sulla sicurezza e sull’efficacia dai<br />
riassunti delle sperimentazioni cliniche mostrando rapidamente ai<br />
ricercatori come altri colleghi hanno progettato le sperimentazioni<br />
prima di loro e quali sono stati i risultati. CliniDigest , invece, è<br />
uno strumento sviluppato da un genetista dell’Università di<br />
Stanford per riassumere simultaneamente decine di record da<br />
ClinicalTrials.gov.<br />
ADERENZA DEI PAZIENTI<br />
Come afferma Mattew Hutson, su Nature, “ gli ostacoli negli studi<br />
clinici non finiscono una volta che i pazienti si arruolano” perché<br />
un gran <strong>numero</strong> di essi abbandona la sperimentazione prima<br />
della conclusione. Un’analisi di 95 studi clinici riportata da Nature,<br />
ha mostrato che quasi il 40% dei pazienti smetteva di assumere<br />
il farmaco prescritto nel primo anno. Comunque anche in questo<br />
caso l’intelligenza artificiale può venire in aiuto individuando, i<br />
pazienti che hanno maggiori probabilità di abbandono. L’AI può<br />
anche servire come monitoraggio, per verificare che i pazienti<br />
assumano correttamente e costantemente i farmaci. I chatbot<br />
possono anche assistere i pazienti o gli operatori sanitari in modo<br />
piuttosto soddisfacente. In uno studio gli operatori sanitari hanno<br />
preferito le risposte di ChatGPT a quelle dei medici quasi l’80%<br />
delle volte.<br />
Tassi di arruolamento<br />
Pazienti per sito/mese (PPSPM).<br />
Periodo gen-nov.<br />
1.4<br />
1.2<br />
1<br />
0.8<br />
0.6<br />
0.4<br />
0.2<br />
0<br />
2018<br />
2019 2020 2021 2022<br />
Il <strong>numero</strong> medio di<br />
pazienti per sito/<br />
mese è diminuito del<br />
16 %<br />
tra la prima e la<br />
seconda metà del<br />
2022<br />
Fonte: WCG Knoledge Base<br />
28
makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />
La crescite delle terapie avanzate<br />
A livello globale, l’ultimo decennio ha registrato una crescita esponenziale nella ricerca e nello<br />
sviluppo delle terapie avanzate (Atmp). Secondo i dati Iqvia, anche nel 2023 si è registrato un<br />
incremento significativo dei trial clinici di questo settore con 631 studi clinici avviati (nel 2022 i<br />
bioterapici di nuova generazione in tutte le fasi di sviluppo erano 960, con una crescita del 20%<br />
rispetto a due anni prima). Di questi, il 64% sono stati sponsorizzati dall’industria e il 36% da enti<br />
non industriali, come istituzioni accademiche e organizzazioni non profit. Questa ripartizione<br />
mette in luce uno squilibrio analogo a quello registrato per i dati italiani, con una crescita dei trial<br />
sponsorizzati dall’industria pari al 276% rispetto al 2013 e al 34% negli ultimi cinque anni, mentre gli<br />
studi non industriali sono rimasti sostanzialmente allo stesso livello. La massima differenza si registra<br />
nell’ambito delle terapie geniche dove i trial industriali sono stati 88, quasi tre volte e mezzo quelli<br />
industriali.<br />
Le terapie CAR T-cell continuano a dominare il panorama delle terapie cellulari, anche se nel 2023<br />
la loro quota sul totale si è ridotta, passando dal 44% al 39%. Parallelamente, l’attenzione verso le<br />
terapie geniche è aumentata, con una quota di trial sponsorizzati dall’industria avviati nel 2023 pari al<br />
22%, contro solo il 12% da sponsor non industriali.<br />
Studi clinici iniziati su terapie geniche e cellulari<br />
sponsorizzati dall’industria<br />
450<br />
400<br />
350<br />
300<br />
250<br />
200<br />
150<br />
100<br />
50<br />
0<br />
2013<br />
2014<br />
2015<br />
2016<br />
2017<br />
2018<br />
2019<br />
2020<br />
2021<br />
2022<br />
2023<br />
Terapia genetica<br />
Altra terapia cellulare<br />
Terapia con cellule staminali<br />
Altra immunoterapia cellulare<br />
Car-T<br />
Fonte: IQVIA, Global Trends in R&D <strong>2024</strong><br />
29
MEDICINA<br />
& DIGITALE<br />
Isabella Bordogna<br />
Intelligenza artificiale, digital<br />
therapeutics, telemedicina: le<br />
tecnologie stanno rivoluzionando<br />
il campo della medicina in ogni<br />
fase, dallo sviluppo dei farmaci<br />
alla diagnosi, prognosi e aderenza<br />
terapeutica<br />
un tipo di AI più statica,<br />
dove era fondamentale la<br />
programmazione, qui stiamo<br />
parlando di una cosa diversa.<br />
Mi riferisco in particolare a<br />
un sottogruppo di AI che si<br />
chiama machine learning,<br />
perché impara da esempi<br />
e non ha bisogno di essere<br />
programmata, ed è questa<br />
la grande novità rispetto<br />
all’intelligenza artificiale del<br />
passato.<br />
Oggi abbiamo computer<br />
molto performanti e una<br />
incredibile quantità di dati,<br />
sia in forma testuale che<br />
di immagini, soprattutto in<br />
medicina. I software di AI<br />
si sono evoluti, dai semplici<br />
sistemi basati su input forniti<br />
dall’operatore, grazie al<br />
machine learning. Si tratta<br />
di tecniche che istruiscono<br />
i computer ad apprendere<br />
dai dati, i nuovi algoritmi<br />
sono capaci di imparare da<br />
esempi.<br />
Stanno emergendo quindi<br />
le potenzialità dell’AI<br />
soprattutto in ambito<br />
medico e la disponibilità<br />
di dati è molto cresciuta,<br />
così come le fonti da cui<br />
provengono. Si pensi alle<br />
cartelle cliniche, ai principali<br />
database come Medline<br />
o a quelli molecolari e<br />
genetici, ma anche ai digital<br />
biomarker, i braccialetti/<br />
orologi o altri dispositivi<br />
che si possono indossare<br />
e raccolgono un grande<br />
<strong>numero</strong> di informazioni. Gli<br />
L’intelligenza artificiale<br />
(AI) è una tecnologia che,<br />
tramite algoritmi precisi,<br />
consente alle macchine<br />
di apprendere dai dati, di<br />
adattarsi a nuove situazioni,<br />
ragionare ed eseguire<br />
compiti che normalmente<br />
richiederebbero l’intervento<br />
umano. L’AI è utilizzata per<br />
automatizzare processi,<br />
migliorare le prestazioni,<br />
fornire soluzioni intelligenti<br />
e supportare le decisioni<br />
umane.<br />
Oggi l’AI è impiegata in una<br />
vasta gamma di settori e<br />
applicazioni, tra cui la ricerca<br />
biomedica e l’assistenza<br />
sanitaria.<br />
Per capire quanto<br />
l’intelligenza artificiale sia<br />
diffusa oggi in medicina,<br />
abbiamo intervistato<br />
il Eugenio Santoro,<br />
responsabile dell’Unità di<br />
Ricerca in sanità digitale e<br />
terapie digitali dell’Istituto<br />
Mario Negri di Milano.<br />
Che ruolo può avere<br />
l’intelligenza artificiale in<br />
medicina?<br />
Di intelligenza artificiale<br />
si parla almeno dal<br />
secondo dopoguerra, poi<br />
a più riprese negli anni<br />
’90, ma ci si riferiva a<br />
Eugenio Santoro, responsabile dell’Unità di Ricerca in sanità<br />
digitale e terapie digitali dell’Istituto Mario Negri di Milano<br />
30
makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />
algoritmi di AI sono in grado<br />
di interpretare tutti questi<br />
dati in riferimento alla salute<br />
del paziente.<br />
L’intelligenza artificiale<br />
basata sul machine learning<br />
non è quella di ChatGPT:<br />
questi sistemi capiscono<br />
cos’è una TAC per esempio<br />
e cosa devono andare a<br />
cercare, sanno a quali<br />
aree prestare particolare<br />
attenzione e confrontando gli<br />
esempi utilizzati per istruirli<br />
riescono con un certo grado<br />
di affidabilità a identificare<br />
un tumore. ChatGPT non<br />
ragiona da un punto di vista<br />
semantico, ma sintattico.<br />
Mentre i sistemi di<br />
deep learning possono<br />
interpretare linee guida,<br />
storie cliniche dei pazienti<br />
e dati raccolti, ChatGPT<br />
utilizza modelli linguistici e<br />
aiuta l’utente a scrivere testi<br />
semplici e comprensibili.<br />
È un sistema capace di<br />
scrivere testi molto chiari<br />
ma non necessariamente<br />
affidabili: ChatGPT, infatti,<br />
attinge da tutto ciò che è su<br />
internet, comprese molte<br />
fake news.<br />
In quali ambiti della<br />
medicina può essere<br />
utilizzata l’intelligenza<br />
artificiale?<br />
Ci sono in letteratura<br />
diverse prove di efficacia<br />
e sicurezza in almeno tre<br />
aree. La prima è quella della<br />
diagnostica: questi sistemi<br />
sono in grado di formulare<br />
diagnosi basandosi su<br />
radiografie, TAC o altri<br />
esami, perché sono stati<br />
istruiti con la gran mole di<br />
dati a disposizione. ll campo<br />
diagnostico è quello che ha<br />
visto i maggiori progressi<br />
in termini di utilizzo dell’AI<br />
come supporto per i medici.<br />
In questo settore esistono<br />
diverse evidenze scientifiche<br />
“<br />
ll campo<br />
diagnostico è<br />
quello che ha<br />
visto i maggiori<br />
progressi in<br />
termini di<br />
utilizzo dell’AI<br />
come supporto<br />
per i medici<br />
dell’efficacia di questi<br />
sistemi, in particolare in<br />
oncologia, pneumologia<br />
e cardiologia. Dopo aver<br />
istruito una macchina<br />
nell’interpretare immagini<br />
di radiografie, ecografie,<br />
TAC, elettrocardiogrammi<br />
e analisi di campioni<br />
di tessuti biologici, è<br />
possibile identificare,<br />
con un buon grado di<br />
affidabilità, patologie<br />
tumorali, cardiovascolari e<br />
respiratorie.<br />
Il secondo ambito è quello<br />
della predizione/prognosi:<br />
i sistemi di AI sono in<br />
grado, sulla base di esami<br />
di laboratorio di routine<br />
o di esami diagnostici, di<br />
predire la probabilità che un<br />
determinato evento avvenga<br />
nel medio periodo.<br />
I sistemi prognostici erano<br />
basati finora sulla statistica<br />
abituale, le regressioni<br />
logistiche, modelli di<br />
analisi sofisticate in grado<br />
di identificare la prognosi<br />
di un paziente sulla base<br />
di certi elementi. Ora c’è<br />
una nuova modalità, che<br />
sfruttando il deep learning<br />
è in grado di aggiungere<br />
ulteriori informazioni<br />
rispetto a quelle prese in<br />
esame attraverso i modelli<br />
di regressione logistica.<br />
I nuovi sistemi riescono<br />
a predire un determinato<br />
evento a distanza di anni<br />
e questo è un dato molto<br />
interessante. Esistono<br />
molte esperienze in ambito<br />
cardiovascolare che, sulla<br />
base di elettrocardiogrammi,<br />
sono in grado per esempio di<br />
identificare la probabilità che<br />
un paziente vada incontro<br />
a uno scompenso cardiaco<br />
a distanza di qualche anno.<br />
L’AI consente anche di<br />
predire con accuratezza e<br />
ampio anticipo lo sviluppo<br />
di un tumore, quindi si<br />
sta rivelando utile per<br />
l’identificazione di patologie<br />
ancora prima che si<br />
manifestino.<br />
I medici sono supportati<br />
dai sistemi di AI anche dal<br />
punto di vista della scelta<br />
terapeutica e del trattamento<br />
farmacologico di un paziente.<br />
L’AI fornisce suggerimenti<br />
preziosi basandosi sulle<br />
linee guida più attuali, sui<br />
risultati dei principali lavori<br />
scientifici che si riferiscono<br />
alla specifica patologia,<br />
sulla storia di pazienti con<br />
patologie simili e del singolo<br />
paziente in esame. In questi<br />
tre ambiti: diagnostico,<br />
prognostico e decisionale<br />
i risultati in varie aree<br />
scientifiche sono molto<br />
promettenti.<br />
L’AI viene utilizzata anche<br />
nella ricerca clinica?<br />
Nell’ambito della ricerca<br />
clinica si fa uso dell’AI da<br />
diversi anni con risultati<br />
interessanti. In una delle<br />
<strong>numero</strong>se fasi della<br />
ricerca si identificano le<br />
molecole più promettenti<br />
che poi arrivano alla<br />
sperimentazione clinica: è<br />
un processo importante per<br />
individuare le molecole più<br />
promettenti, un percorso che<br />
richiede tempo e risorse.<br />
Con l’AI si riesce a ridurre<br />
il <strong>numero</strong> di molecole su<br />
cui focalizzare l’attenzione;<br />
alcuni nuovi antibiotici<br />
sono stati identificati in<br />
questo modo, per esempio.<br />
I sistemi di AI sono anche<br />
oggetto di ricerca, nel senso<br />
che vengono valutati con i<br />
modelli della ricerca clinica<br />
per misurarne sicurezza<br />
ed efficacia. Si fanno<br />
sperimentazioni sull’impiego<br />
di questi strumenti per<br />
decidere aspetti organizzativi<br />
o di gestione delle risorse e<br />
del personale all’interno di<br />
un ospedale, ambiti che non<br />
mettono a rischio la salute<br />
del paziente. Non c’è nulla<br />
di diverso tra uno strumento<br />
che fa una diagnosi basata<br />
su AI e un ecografo, perché<br />
forniscono lo stesso tipo<br />
di supporto al medico,<br />
basato su sistemi diversi. I<br />
sistemi di AI che gravitano<br />
nelle tre aree menzionate<br />
rientrano a pieno nella<br />
regolamentazione dei<br />
dispositivi medici, che a<br />
livello europeo è cambiata<br />
due anni fa ed è molto più<br />
severa rispetto a prima, Per<br />
i sistemi di AI si richiedono<br />
prove di sicurezza più<br />
importanti e solide rispetto<br />
al passato. Anche per i<br />
farmaci già esistenti sono<br />
state trovate, tramite sistemi<br />
di AI, associazioni così forti<br />
rispetto ad altre applicazioni<br />
che è cambiata l’indicazione<br />
di quel tipo di farmaco.<br />
Un altro esempio di utilizzo<br />
31
dell’AI nell’ambito della<br />
ricerca clinica riguarda il<br />
reclutamento dei pazienti.<br />
Quando si scrive il protocollo<br />
si arruolano i centri che<br />
vedono il maggior <strong>numero</strong><br />
di pazienti per la specifica<br />
patologia: reclutare i pazienti<br />
con sistemi di AI consente<br />
di individuare i candidati più<br />
adatti e questo riduce i tempi<br />
di arruolamento.<br />
I sistemi di AI vengono<br />
utilizzati anche per<br />
sviluppare le prime idee di<br />
una ricerca clinica. Le ipotesi<br />
che i ricercatori formulano<br />
sono il frutto di una sintesi<br />
della letteratura e l’AI viene<br />
utilizzata per identificare<br />
le aree in cui fare ricerca,<br />
perché riesce a scremare gli<br />
argomenti. Uno strumento<br />
di questo genere consente<br />
ai ricercatori di risparmiare<br />
tutto il lavoro di iniziale per<br />
capire in quale contesto<br />
concentrare nuovi studi.<br />
Qual è in prospettiva<br />
l’utilizzo dell’AI in<br />
medicina?<br />
La prospettiva è che<br />
i sistemi di AI siano<br />
inquadrati a livello<br />
normativo e soprattutto<br />
che siano interpretati e<br />
percepiti dai medici come<br />
qualunque altro strumento<br />
o dispositivo medico. Il<br />
professionista sanitario<br />
oggi utilizza un ecografo<br />
o un elettrocardiogramma<br />
per arrivare a una<br />
diagnosi, domani lo farà<br />
con un sistema basato<br />
sull’intelligenza artificiale.<br />
Alla fine sarà sempre il<br />
medico, ovviamente, il<br />
responsabile delle scelte<br />
cliniche, gli strumenti di AI<br />
gli daranno un aiuto in più.<br />
“<br />
La prospettiva<br />
è che i sistemi<br />
di AI siano<br />
inquadrati<br />
a livello<br />
normativo e<br />
soprattutto<br />
che siano<br />
interpretati e<br />
percepiti dai<br />
medici come<br />
qualunque<br />
altro strumento<br />
o dispositivo<br />
medico<br />
In prospettiva, una volta<br />
verificata la sicurezza e<br />
l’efficacia, questi sistemi<br />
entreranno in uso a pieno<br />
titolo come qualunque altro<br />
strumento, dalla TAC alla<br />
risonanza magnetica.<br />
Qual è l’utilizzo della<br />
telemedicina e delle terapie<br />
digitali?<br />
Farei un discorso più<br />
generale sull’uso della<br />
tecnologia in ambito<br />
sanitario, indipendentemente<br />
dalla tipologia di strumento.<br />
La telemedicina e il fascicolo<br />
sanitario elettronico<br />
sono le due componenti<br />
importanti su cui si basa la<br />
trasformazione digitale in<br />
ambito medico e su cui è<br />
stato investito tanto.<br />
Sono stati utilizzati i fondi<br />
del Pnrr in seguito alla<br />
pandemia di Covid, definendo<br />
una struttura apposita<br />
identificata in Agenas, che si<br />
è sempre occupata di sanità<br />
a livello regionale e che ha<br />
il compito di organizzare i<br />
servizi di telemedicina in<br />
Italia. Questo viene fatto<br />
attraverso una piattaforma<br />
nazionale, sostanzialmente<br />
un software che dà ai<br />
medici la possibilità di fare<br />
prestazioni di telemedicina<br />
nelle varie regioni.<br />
Poi c’è il fascicolo sanitario<br />
elettronico nella nuova<br />
concezione: si è capito infatti<br />
che così com’era non poteva<br />
funzionare, perché basato<br />
su dati amministrativi che<br />
poco hanno di clinico. È stato<br />
quindi ripensato, dando<br />
molta più enfasi al dato<br />
clinico, affinché si possa fare<br />
ricerca clinica ma anche<br />
monitorare le patologie.<br />
Questi strumenti possono<br />
monitorare cosa succede<br />
in tempo reale e sono in<br />
grado di identificare nuove<br />
epidemie o situazioni di<br />
“<br />
Telemedicina<br />
e fascicolo<br />
sanitario<br />
elettronico<br />
procedono<br />
speditamente,<br />
entro il 2026<br />
dovremmo<br />
avere sia l’una<br />
che l’altro<br />
emergenza che abbiamo<br />
mancato di rilevare durante<br />
il Covid. Telemedicina<br />
e fascicolo sanitario<br />
elettronico procedono<br />
speditamente, entro il 2026<br />
dovremmo avere sia l’una<br />
che l’altro.<br />
Parallelamente si<br />
sta cercando a livello<br />
istituzionale di spingere l’uso<br />
dei sistemi di sanità digitale<br />
più avanzata, come le tante<br />
app che rientrano tra le<br />
terapie digitali, strumenti in<br />
grado di monitorare e gestire<br />
da casa una patologia o<br />
di fornire un supporto<br />
all’aderenza al trattamento.<br />
Si è capito che c’è bisogno<br />
non solo di regolamentare<br />
il settore ma anche di<br />
prevedere in determinati<br />
ambiti un rimborso da<br />
parte del Servizio sanitario<br />
nazionale. Per certe app a<br />
supporto di varie patologie<br />
esistono prove di efficacia<br />
ed evidenze scientifiche<br />
in letteratura, sono state<br />
studiate con le stesse<br />
metodologie utilizzate per i<br />
farmaci. In Germania, che è<br />
il faro per la sanità digitale<br />
in Europa, queste app non<br />
solo si possono prescrivere,<br />
ma sono anche rimborsabili<br />
dalle assicurazioni.<br />
Cosa si intende esattamente<br />
per terapie digitali?<br />
Parliamo in generale di<br />
strumenti di medicina<br />
digitale, di cui le terapie<br />
digitali sono una<br />
sottocategoria. Questi<br />
strumenti aiutano a gestire<br />
una patologia da remoto:<br />
un esempio sono i sistemi<br />
di monitoraggio, cioè<br />
quelle applicazioni che<br />
consentono di raccogliere<br />
32
makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />
dati direttamente da casa<br />
e trasferirli al medico. Un<br />
altro esempio di medicina<br />
digitale sono i sistemi<br />
che permettono di gestire<br />
reazioni avverse a farmaci<br />
e consentono di segnalare<br />
eventuali problemi o ancora<br />
sistemi che permettono<br />
di essere più aderenti alle<br />
terapie farmacologiche.<br />
Sono dei reminder, alcuni<br />
anche basati sulla teoria<br />
dei giochi, che hanno come<br />
obiettivo quello di indurre<br />
il paziente a seguire in<br />
modo ottimale la terapia<br />
farmacologica.<br />
Poi ci sono le “pillole”<br />
intelligenti, che contengono<br />
il principio attivo, ma anche<br />
un sensore basato su<br />
materiali biocompatibili.<br />
Una volta ingerite,<br />
consentono di inviare<br />
dei segnali, sfruttando<br />
alcune potenzialità come<br />
quelle dei tuberi che,<br />
entrando a contatto con i<br />
succhi gastrici, riescono<br />
a generare un segnale<br />
debole e non rischioso per<br />
la salute. Questo segnale<br />
può essere captato da un<br />
sensore esterno e viene<br />
rimbalzato a una app<br />
che consente di capire<br />
se il paziente ha assunto<br />
la pillola correttamente.<br />
Queste pillole intelligenti<br />
in sostanza dispensano<br />
farmaci e monitorano la<br />
salute del corpo e da anni<br />
sono anche utilizzate a<br />
scopo diagnostico, per<br />
“fotografare” l’interno del<br />
nostro corpo.<br />
Altri esempi di terapie<br />
digitali sono quelle a<br />
carattere cognitivocomportamentale,<br />
come<br />
i videogiochi rivolti ai<br />
bambini che soffrono<br />
di ADHD, il disturbo da<br />
“<br />
Le terapie<br />
digitali sono<br />
prescrivibili e<br />
rimborsabili<br />
in Germania e<br />
negli Stati Uniti,<br />
però in Italia<br />
manca ancora<br />
un tessuto<br />
regolatorio che<br />
possa favorirne<br />
l’inserimento<br />
nel contesto<br />
assistenziale<br />
deficit di attenzione. Sono<br />
stati studiati dal punto<br />
di vista scientifico in<br />
studi randomizzati e si<br />
sono dimostrati efficaci<br />
per aumentare i livelli di<br />
attenzione.<br />
Quanto sono diffuse queste<br />
tecnologie in Italia oggi?<br />
Le terapie digitali sono<br />
prescrivibili e rimborsabili<br />
in Germania e negli<br />
Stati Uniti, però in Italia<br />
manca ancora un tessuto<br />
regolatorio che possa<br />
favorirne l’inserimento nel<br />
contesto assistenziale.<br />
Comunque l’aria è un po’<br />
cambiata e le istituzioni ora<br />
si stanno muovendo. L’anno<br />
scorso è stato istituito un<br />
intergruppo parlamentare<br />
che si occupa proprio di<br />
sanità digitale e terapie<br />
digitali. Anche io faccio<br />
parte del comitato tecnicoscientifico<br />
di questo gruppo,<br />
che ha l’obiettivo di scrivere<br />
una legge che consenta<br />
di prescrivere strumenti<br />
basati su caratteristiche<br />
scientifiche e rimborsarli<br />
tramite il Ssn. La sanità<br />
privata, per ora, è l’area<br />
in cui questo genere<br />
di strumenti vengono<br />
maggiormente utilizzati.<br />
Qual è l’utilizzo dei digital<br />
biomarker?<br />
I digital biomarker vengono<br />
utilizzati in due contesti<br />
diversi: la gestione delle<br />
patologie dei pazienti e<br />
l’ambito della ricerca clinica.<br />
A tutti gli effetti dal punto<br />
di vista normativo sono<br />
inquadrati come dispositivi<br />
medici e devono quindi<br />
rispettare il Regolamento<br />
(UE) 2017/745. Solo quelli<br />
approvati come dispositivi<br />
medici possono essere<br />
suggeriti dai medici per il<br />
monitoraggio da remoto<br />
“<br />
Uno dei rischi<br />
più importanti<br />
riguarda il fatto<br />
che i sistemi<br />
utilizzati non<br />
siano stati<br />
sufficientemente<br />
testati e<br />
supportati<br />
da prove<br />
scientifiche<br />
delle patologie.<br />
Il loro uso è però ancora<br />
limitato perché mancano<br />
regole certe sulla loro<br />
prescrivibilità. Il loro<br />
impiego è poi piuttosto<br />
frammentato a causa della<br />
regionalizzazione della<br />
sanità.<br />
Mentre è ancora piuttosto<br />
limitato l’uso di questi<br />
strumenti a domicilio<br />
del paziente, vengono<br />
comunque utilizzati nella<br />
ricerca. Il modello di ricerca<br />
clinica verso cui si sta<br />
andando, infatti, è quello<br />
della decentralizzazione,<br />
sperimentazioni cliniche<br />
che evitano il più possibile<br />
lo spostamento dei pazienti<br />
presso i centri reclutatori,<br />
favorendo la raccolta dei<br />
dati direttamente da casa.<br />
L’uso dell’intelligenza<br />
artificiale in medicina<br />
comporta dei rischi?<br />
Uno dei rischi più importanti<br />
riguarda il fatto che i<br />
sistemi utilizzati non siano<br />
stati sufficientemente<br />
testati e supportati da prove<br />
scientifiche. Andrebbero<br />
condotti studi clinici<br />
metodologicamente più<br />
solidi che coinvolgano molti<br />
centri e valutino gli effetti<br />
su un campione adeguato di<br />
popolazione.<br />
I sistemi di AI, poi,<br />
andrebbero istruiti<br />
correttamente, per evitare<br />
errori di valutazione.<br />
Bisogna ricordare<br />
comunque che l’AI non<br />
sostituirà la figura del<br />
medico: le decisioni finali<br />
rimangono allo specialista,<br />
per motivi etici, deontologici<br />
e di responsabilità.<br />
33
TERAPIE DIGITALI,<br />
LA SFIDA DELLA<br />
VALIDAZIONE CLINICA<br />
Dato che si tratta di dispositivi a finalità terapeutica,<br />
le indagini cliniche per le DTx dovrebbero seguire<br />
un modello di validazione simile a quello dei<br />
farmaci ed essere affiancate da un percorso<br />
formativo-informativo per professionisti e pazienti<br />
Gualberto Gussoni<br />
Presidente Fondazione RIDE2Med<br />
Le terapie digitali (“Digital Therapeutics”/<br />
DTx) sono tecnologie digitali per la<br />
salute che secondo ISO/TR 11147:2023<br />
e Digital therapeutics alliance possono<br />
essere definite come “… software<br />
sanitari che hanno l’obiettivo di trattare<br />
o alleviare una malattia, una condizione<br />
clinica o una lesione generando ed<br />
erogando un intervento medico che<br />
ha un impatto terapeutico positivo e<br />
dimostrabile sulla salute di un paziente”.<br />
Numerose DTx sono disponibili in<br />
diversi Paesi europei (in Germania in<br />
particolare) e negli Stati Uniti, per il<br />
trattamento di patologie croniche o ad<br />
andamento cronico prevalentemente<br />
in ambito neuropsichiatrico,<br />
cardiovascolare ed endocrinometabolico,<br />
e l’auspicio è che questa<br />
opzione terapeutica possa essere presto<br />
resa disponibile anche ai pazienti italiani.<br />
LE DTX NON SONO<br />
UNA ECCEZIONE<br />
Le DTx sono dispositivi medici e<br />
ricadono, quindi, sotto il Regolamento<br />
UE 2017/745, che non ha una sezione<br />
specifica per queste tecnologie ma<br />
stabilisce che per i dispositivi medici<br />
sia necessario dimostrare un beneficio<br />
clinico e cioè che, oltre che sicuri, essi<br />
siano anche clinicamente efficaci.<br />
Questa dimostrazione dovrebbe essere<br />
realizzata attraverso una indagine<br />
clinica, delle cui caratteristiche<br />
non vengono peraltro forniti nel<br />
Regolamento particolari dettagli.<br />
Un importante tema di confronto<br />
all’interno della comunità scientifica<br />
e fra gli stakeholder interessati allo<br />
sviluppo, alla certificazione, alla place<br />
in therapy e all’utilizzo delle DTx è<br />
dunque rappresentato dalle modalità<br />
con le quali realizzare la validazione<br />
preclinica e soprattutto clinica di questi<br />
prodotti. In termini generali, la posizione<br />
degli sviluppatori di DTx è quella di<br />
sottolineare le peculiarità di questi<br />
prodotti rispetto ad altri dispositivi<br />
medici e soprattutto ai farmaci, e<br />
proporre pertanto un approccio “fitfor-purpose”<br />
che tenga conto della<br />
opportunità di prevedere un percorso<br />
di validazione agile (in considerazione<br />
della tendenza a rapida obsolescenza<br />
di queste tecnologie), della natura<br />
iterativa dello sviluppo, del profilo di<br />
rischio tendenzialmente (più) basso<br />
ecc. Seppur riconoscendo che i metodi<br />
34
makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />
tradizionali di ricerca delle evidenze<br />
non sono sistematicamente e tout court<br />
applicabili alle DTx, e che le DTx in effetti<br />
presentano peculiarità da considerare<br />
in fase di disegno di studio, chi scrive<br />
ritiene necessario che venga però evitata<br />
la tendenza ad avallare il concetto di<br />
“eccezionalismo digitale” evocato alcuni<br />
anni fa da un editoriale pubblicato su<br />
The Lancet. Secondo questo concetto la<br />
medicina digitale può essere considerata<br />
come qualcosa di diverso, che non deve<br />
sottostare alle regole della medicina<br />
“analogica” come l’abbiamo fino a ora<br />
conosciuta, ma può permettersi percorsi<br />
significativamente facilitati. Nel caso<br />
delle DTx non dobbiamo dimenticare che<br />
stiamo parlando di dispositivi a finalità<br />
terapeutica, e appare quindi ragionevole<br />
che le indagini cliniche specifiche per<br />
questi prodotti, e realizzate a supporto<br />
della loro certificazione e autorizzazione<br />
(e magari di un rimborso da parte<br />
dei servizi sanitari), consentano di<br />
documentarne in maniera adeguata<br />
e uniforme il profilo di efficacia e<br />
sicurezza, in maniera simile a quella dei<br />
farmaci. Non si comprende infatti come<br />
un professionista sanitario chiamato a<br />
prescrivere o a suggerire a un paziente<br />
l’uso di una DTx, per esempio per la<br />
depressione, dovrebbe farlo sulla<br />
base di dati prodotti in studi a bassa<br />
<strong>numero</strong>sità campionaria, con disegni<br />
sperimentali poco rigorosi e magari<br />
su endpoint scarsamente rilevanti dal<br />
punto di vista clinico, a fronte di farmaci<br />
utilizzati per la stessa indicazione e<br />
validati attraverso percorsi sperimentali<br />
molto impegnativi. Nella consapevolezza<br />
che la pretesa di applicare procedure<br />
e processi di valutazione delle DTx<br />
troppo rigidi potrebbe compromettere<br />
lo sviluppo e la disponibilità sul mercato<br />
di questa tipologia di prodotti, d’altro<br />
canto non è con tutta probabilità<br />
corretto rinunciare a una adeguata<br />
valutazione sperimentale che permetta<br />
di differenziare (e valorizzare come<br />
meritano) i prodotti digitali efficaci<br />
dall’opportunismo commerciale. E ciò a<br />
garanzia dei professionisti sanitari, delle<br />
autorità sanitarie ma soprattutto dei<br />
cittadini/pazienti.<br />
L’IMPORTANZA<br />
DELL’ENGAGEMENT<br />
In termini pratici, un primo aspetto<br />
da condividere è rappresentato dalle<br />
finalità/obiettivi che dovrebbero essere<br />
oggetto dell’indagine clinica per le<br />
DTx. In tal senso, oltre al già citato e<br />
fondamentale beneficio clinico in termini<br />
di efficacia (inclusa se possibile la durata<br />
della risposta terapeutica), è importante<br />
che vengano acquisite informazioni<br />
sul profilo di sicurezza del dispositivo<br />
e, a integrazione di ciò, indicazioni su<br />
usabilità della tecnologia ed engagement<br />
dell’utilizzatore.<br />
Volendo tracciare una ipotesi di percorso<br />
di una DTx, potremmo fare riferimento<br />
a un modello che riproduce in termini<br />
generali e qualitativi il ben noto percorso<br />
di ricerca e sviluppo dei farmaci (vedi<br />
figura). Nello specifico della validazione<br />
clinica possiamo riconoscere una fase<br />
esplorativa (studi pilota) utile a una<br />
iniziale proof of concept, seguita da una<br />
fase allargata a finalità confermatoria e<br />
volta a produrre le evidenze di efficacia e<br />
sicurezza necessarie per l’approvazione<br />
nella specifica indicazione terapeutica<br />
(studi pivotal). In particolare per questa<br />
fase è altamente raccomandabile<br />
l’esecuzione di sperimentazioni cliniche<br />
metodologicamente rigorose (fino al<br />
gold standard degli studi randomizzati<br />
controllati) e in grado di documentare<br />
effetti “evidence-based” significativi da<br />
Proof of concept<br />
Marcatura CE<br />
PROGETTAZIONE<br />
SVILUPPO<br />
SOFTWARE<br />
SVILUPPO CLINICO<br />
PILOTA<br />
SVILUPPO CLINICO<br />
COMPLETO<br />
STUDI POST<br />
MKTG<br />
Minimo dettaglio necessario per la DTx<br />
per attivare la fase di valutazione clinica<br />
Usabilità<br />
“Valida associazione<br />
clinica”<br />
Dati per pianificare<br />
studi pivotal<br />
% Abstinent in study<br />
Weeks 9-12<br />
30<br />
20<br />
10<br />
p
un punto di vista statistico (quindi facendo<br />
riferimento a una casistica adeguata<br />
da un punto di vista numerico, oltre<br />
che qualitativamente rappresentativa<br />
della popolazione target per la DTx).<br />
Preme sottolineare che per una DTx,<br />
proprio per il claim terapeutico di queste<br />
tecnologie, il parametro di valutazione<br />
dell’efficacia deve riguardare l’outcome<br />
clinico e non solo indicatori di processo,<br />
che possono invece essere sufficienti<br />
per altri tipi di prodotti digitali come<br />
i cosiddetti care support. A titolo di<br />
esempio, se l’indicazione terapeutica<br />
fosse rappresentata dall’ipertensione<br />
arteriosa, una DTx dovrebbe dimostrare<br />
di essere in grado di ridurre in maniera<br />
statisticamente significativa la pressione,<br />
mentre per un care support potrà essere<br />
sufficiente documentare un miglioramento<br />
della autogestione del paziente (maggiore<br />
aderenza ai controlli pressori e alle terapie,<br />
adozione di stili di vita più corretti ecc.).<br />
Come accade per le terapie<br />
farmacologiche, e forse ancor più che<br />
per esse, per le DTx sono importanti gli<br />
studi post-marketing che permettono<br />
un aggiornamento del profilo beneficio/<br />
rischio in popolazioni più ampie,<br />
eterogenee e real-life, e l’acquisizione di<br />
dati potenzialmente utili a ottimizzazioni<br />
del software (da considerare con<br />
attenzione il tema delle eventuali<br />
modifiche e il loro possibile impatto sulla<br />
certificazione del prodotto).<br />
Per concludere, due ultime considerazioni<br />
di carattere generale. Le DTx sono<br />
prodotti che agiscono con meccanismi<br />
di informazione-interazione-motivazione<br />
del paziente, che ha pertanto un<br />
ruolo particolarmente attivo per il<br />
successo terapeutico: in quest’ottica,<br />
la pianificazione degli studi orientati<br />
alla produzione di evidenze per le DTx<br />
dovrebbe quindi attentamente considerare<br />
le dimensioni riguardanti la selezione e la<br />
motivazione dei pazienti e dei caregiver, e<br />
auspicabilmente il coinvolgimento di loro<br />
rappresentanti già dalla fase di definizione<br />
dei progetti di studio. In secondo luogo, lo<br />
sviluppo clinico delle DTx non può essere<br />
scisso dalla creazione di awareness<br />
fra i professionisti sanitari e i cittadini/<br />
pazienti, indispensabile per l’adozione<br />
di questi prodotti nella pratica clinica.<br />
Come ulteriore sfida per gli sviluppatori<br />
di DTx, e tenuto conto della necessità<br />
di diffondere l’utilizzo di questi prodotti<br />
il più possibile in maniera tempestiva<br />
dopo la loro commercializzazione,<br />
idealmente il percorso di sviluppo clinico<br />
e il programma formativo-informativo che<br />
ne favorisca l’adozione dovrebbero essere<br />
realizzati con ampia sovrapposizione<br />
temporale.<br />
IL RUOLO DEL FARMACISTA<br />
NELLE TERAPIE DIGITALI<br />
Maurizio Battistini<br />
European Industrial Pharmacists Group<br />
Scorrendo i contenuti dell’articolo viene spontaneo chiedersi se la strada della validazione clinica delle terapie digitali rappresenti<br />
lo strumento concreto per superare la diffidenza diffusa che l’applicazione dell’intelligenza artificiale, alla base di questi dispositivi,<br />
possa rappresentare un rischio se mal governata dall’uomo. Partendo da questa riflessione non si può che condividere il rigoroso<br />
approccio scientifico insito nel concetto di convalida, intesa come strumento per dimostrare in maniera documentata l’efficacia<br />
terapeutica, la affidabilità e ripetibilità dell’oggetto sottoposto a verifica.<br />
La conseguenza inevitabile di questo rigore è la necessità di investire in questa metodologia traendo vantaggio dalla consistenza<br />
scientifica che ne deriva e conseguentemente dalla dimostrazione del raggiungimento dei risultati attesi, da interpretarsi anche<br />
come vantaggio competitivo. In questo modo, e solo in questo, il rigore scientifico del metodo diviene strumento di differenziazione e<br />
selezione e diviene gradito nel momento in cui, come nel citato caso dei farmaci, alla terapia dovessero essere garantiti esclusività di<br />
mercato e rimborssabilità da parte del Sistema sanitario nazionale in virtù della dimostrata capacità di migliorare lo stato di salute<br />
del paziente e conseguentemente ridurre i costi correlati (in particolare l’ospedalizzazione ma magari anche quelli riconducibili al<br />
trattamento farmacologico cronico). In questa sintetica disamina si innesta poi la necessità di identificare gli interlocutori ideali per il<br />
paziente dalle fasi di inserimento dell’approccio terapeutico digitale a quelle di monitoraggio periodico e assistenza continua durante<br />
il percorso. Per la tipologia di prodotto e per la sua “affinità” con le terapie farmacologiche tradizionali, la figura professionale del<br />
farmacista e il concetto di farmacia dei servizi, associati al presidio territoriale, si innestano a pieno titolo quali referenti di elezione<br />
sia per la fase di diffusione dei citati dispositivi sia per il monitoraggio e assistenza ai pazienti, rappresentando anche un osservatorio<br />
privilegiato per la raccolta dei dati epidemiologici correlati all’utilizzo delle terapie digitali. A queste riflessioni fa eco il crescente<br />
utilizzo in altri Paesi di questi strumenti terapeutici per migliorare e tenere sotto controllo l’evoluzione di patologie croniche che<br />
possono risultare invalidanti se non associate a stili comportamentali e dietetici opportunamente monitorati unitamente all’aderenza<br />
alla terapia farmacologica. In questo contesto si rafforza pertanto il principio di fare ricorso alla validazione clinica per attestare<br />
ausili terapeutici digitali, il cui scopo ultimo è concettualmente associabile a quello del farmaco, al fine di assicurarne l’efficacia, la<br />
sicurezza e la qualità per il raggiungimento del benessere e della salute.<br />
36
makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />
37
LA POTENZA È<br />
NULLA SENZA<br />
CONTROLLO<br />
Le capacità di calcolo dei sistemi informatici sono aumentate<br />
enormemente, liberando opportunità importanti per i trial in silico.<br />
Ma per trarne il massimo vantaggio sarà necessario imparare a far<br />
dialogare sistemi molto diversi tra loro<br />
Giulio Divo<br />
38
makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />
Partiamo da un dato numerico:<br />
stando a quanto pubblica DiMasi<br />
nello studio “New estimates of<br />
R&D costs” pubblicato su Journal<br />
Healt Economy, la messa a punto<br />
di nuovi farmaci basandosi su<br />
modelli tradizionali (cioè quelli che<br />
comprendono test in vitro, su animali<br />
e le varie fasi di sperimentazione<br />
umana) è un processo lungo<br />
e di scarsa efficienza, con un<br />
rapporto tra spese di investimento<br />
e percentuale di successo che è<br />
fortemente penalizzante per tutti gli<br />
attori del sistema sanitario. I dati<br />
parlano chiaro: il processo di R&D<br />
può arrivare fino a 15 anni prima<br />
di vedere l’approvazione da parte<br />
degli enti regolatori. E il costo medio<br />
si assesta attorno ai 2,5 miliardi<br />
di dollari per singola molecola. Se<br />
prendiamo il campo oncologico come<br />
riferimento, solo il 13,8% dei composti<br />
efficaci in vitro supera la fase dei<br />
test sugli animali. E la percentuale<br />
conclusiva di molecole che finalmente<br />
vengono approvate – e quindi messe<br />
a disposizione dei clinici – scende<br />
ulteriormente raggiungendo 3,4%.<br />
Peraltro, una percentuale simile<br />
vale anche per tutti gli altri campi<br />
di ricerca definiti “ad alto bisogno<br />
terapeutico”.<br />
Questa situazione si inserisce in uno<br />
scenario complesso, determinato<br />
da diverse variabili. In primo luogo<br />
stiamo assistendo a un aumento<br />
numerico della popolazione mondiale,<br />
a cui corrisponde anche un aumento<br />
della vita media globale (entro il<br />
2050 il 25% degli abitanti della<br />
Terra sarà over 60). A ciò, però,<br />
corrispondono anche altri fenomeni,<br />
in stretta osservazione (almeno in<br />
Occidente) quali l’abbassamento<br />
dell’età media di insorgenza di alcune<br />
patologie, sia acute che croniche o<br />
destinate a cronicizzare attraverso<br />
i trattamenti. Tra queste parliamo<br />
di patologie metaboliche, tumorali<br />
e autoimmuni, che necessitano<br />
quindi di trattamenti costosi. Basti<br />
“<br />
Di per sé digitale non<br />
significa nulla. Si tratta di<br />
una babele di linguaggi<br />
differenti che dovranno<br />
necessariamente<br />
essere gestiti attraverso<br />
l’intelligenza artificiale<br />
pensare ai problemi autoimmuni:<br />
il ricorso a farmaci ad alto costo<br />
come gli anticorpi monoclonali è<br />
oggi il gold standard, anche perché<br />
spesso garantisce un ottimo controllo<br />
di malattia, con remissione dei<br />
sintomi e conservazione dei tessuti,<br />
consentendo così una qualità di<br />
vita straordinariamente migliore al<br />
paziente e un risparmio in termini di<br />
acuzie, ospedalizzazioni e terapie di<br />
supporto.<br />
DA MEDICINA<br />
DIFENSIVA A<br />
MEDICINA DI<br />
PRECISIONE<br />
Dopo molti anni in cui il ricorso<br />
indiscriminato alla diagnostica<br />
aveva determinato un’esplosione<br />
delle spese per la presa in carico<br />
dei pazienti, il modello difensivo sta<br />
ormai mostrando la corda.<br />
I PDTA con i loro algoritmi hanno<br />
rappresentato una svolta significativa<br />
perché permettono di ottimizzare i<br />
percorsi di diagnosi e cura, ma ancora<br />
molto può e deve essere fatto e la via<br />
non può che essere digitale.<br />
I processi di digitalizzazione possono<br />
rappresentare un’opportunità di<br />
fondamentale importanza, a patto di<br />
saperli governare nel modo corretto.<br />
Perché di per sé digitale non significa<br />
nulla. Come recitava un noto claim<br />
degli anni ’90, “la potenza è nulla<br />
senza controllo” e ciò vale anche<br />
per la potenza di calcolo. E allora<br />
ecco che per trarre il meglio dalla<br />
trasformazione digitale dobbiamo<br />
imparare a mettere a sistema dati<br />
estremamente eterogenei tra loro.<br />
Innanzi tutto va considerato il fatto<br />
che pubblico e privato devono<br />
dialogare, assicurare standard di<br />
sicurezza e anonimizzazione del<br />
dato. È altresì necessario accedere<br />
ai database più diversi, che possono<br />
andare dal sequenziamento genomico<br />
ai fascicoli sanitari ai data dei device<br />
indossabili, senza dimenticare i<br />
dati bibliografici opportunamente<br />
digitalizzati. Si tratta di una babele di<br />
linguaggi differenti che dovranno per<br />
forza di cose essere gestiti attraverso<br />
l’intelligenza artificiale, anche per<br />
eliminare quel “rumore di fondo”<br />
che impedisce di comprendere quali<br />
siano i dati realmente utili ai fini del<br />
progresso medico scientifico. Quanto<br />
appena riassunto rappresenta una<br />
condizione necessaria per poter<br />
pensare a una sperimentazione<br />
in silico che dia i risultati sperati.<br />
Intendiamoci, non si tratta di una<br />
novità: Merck già nel 1981 utilizzava<br />
modelli computazionali per il drug<br />
design o comunque ne intravedeva<br />
le potenzialità. Ciò che mancava<br />
era la potenza di calcolo, che è<br />
cresciuta in maniera esponenziale.<br />
Possiamo quindi affermare che,<br />
adesso, anche in medicina è avvenuto<br />
ciò che è successo in altri ambiti<br />
industriali: l’avvento dell’informatica<br />
ha contribuito a trasformare<br />
profondamente i processi produttivi.<br />
Le trasformazioni in essere stanno<br />
rivoluzionando anche la linearità<br />
dell’azione così come la conoscevamo.<br />
Fino all’inizio degli anni duemila<br />
avevamo ancora in mente un modello<br />
fisiopatologico unifattoriale e non<br />
multifattoriale.<br />
39
E si riteneva che, anche attraverso il<br />
Progetto Genoma, si sarebbe giunti<br />
in maniera precisa e deterministica<br />
a individuare le cause (genetiche, si<br />
riteneva) per ogni singola malattia<br />
non trasmissibile. Le cose non<br />
sono andate come sperato ma<br />
egualmente non possiamo certo<br />
dire che sia stato uno sforzo vano:<br />
oggi, infatti, sappiamo che una<br />
patologia risulta essere la probabile<br />
combinazione tra genetica, ambiente,<br />
alterazioni neurovegetative, stato<br />
di infiammazione subclinica.<br />
Tale consapevolezza sta peraltro<br />
cambiando completamente<br />
l’approccio al drug design, perché<br />
mano a mano cambia il riferimento:<br />
non si cerca più di intervenire sul<br />
sintomo ma si prova a raggiungere<br />
una sostanziale normalizzazione<br />
cellulare, pensando alla diminuzione<br />
del sintomo come a una fisiologica<br />
conseguenza. Questa consapevolezza,<br />
conseguenza diretta del progresso<br />
delle conoscenze, ha portato e porta<br />
all’individuazione di target biologici,<br />
lavorando (di fatto) a farmaci che<br />
sono potenzialmente in grado di agire<br />
su più patologie, laddove il target può<br />
essere comune. Peraltro, l’incrocio<br />
dei dati di cui abbiamo parlato in<br />
precedenza potrà aprire la porta a<br />
terapie basate sul profilo genetico,<br />
sapendo in anticipo quali potranno<br />
essere i farmaci più efficaci non solo<br />
in relazione alla malattia, ma anche<br />
in relazione al “funzionamento della<br />
macchina umana del paziente”.<br />
SOLO COSÌ PUÒ<br />
FUNZIONARE<br />
Solo creando un ecosistema di<br />
questo genere possiamo pensare<br />
che la sperimentazione in silico<br />
abbia successo e possa diventare<br />
il paradigma di riferimento,<br />
consentendoci di raggiungere i<br />
risultati macroscopici che tutti<br />
vorremmo poter avere già sottomano e<br />
che hanno decretato tanto entusiasmo<br />
in alcuni ambienti. Ci riferiamo<br />
essenzialmente alla questione<br />
animalista sull’opportunità o meno<br />
di continuare a effettuare test in vivo.<br />
L’UE ha implementato fin dal 2010 una<br />
direttiva basata sulle 3R (replacement,<br />
reduction, refinement) che mira alla<br />
progressiva sostituzione dei test<br />
in vivo a patto che le alternative<br />
garantiscano quantomeno gli stessi<br />
risultati, auspicando comunque la<br />
massima riduzione nell’utilizzo di<br />
cavie. Fda, grazie al Modernization<br />
act - Fdama 2.0 del settembre<br />
“<br />
Se nel 2018 il mercato<br />
globale della<br />
biosimulazione era di<br />
1,65 miliardi di dollari, la<br />
previsione per il 2025 è<br />
che possa toccare quasi 5<br />
miliardi<br />
2022, a sua volta spinge verso<br />
l’adozione di metodi alternativi alla<br />
sperimentazione animale (e i test in<br />
silico sono ovviamente tra questi) per<br />
venire incontro alle istanze animaliste,<br />
semplificare la regolamentazione dei<br />
farmaci e portarli più rapidamente sul<br />
mercato, senza lesinare in sicurezza.<br />
IL CASO DI<br />
INSILICOTRIALS<br />
All’interno dell’ecosistema che<br />
abbiamo descritto, un esempio<br />
paradigmatico di come può muoversi<br />
il mercato è quello di InSilicoTrials,<br />
realtà triestina (ma internazionale in<br />
quanto a personale coinvolto), che ha<br />
avuto la lungimiranza di mettere a<br />
punto una piattaforma “pay per use”<br />
a disposizione - potenzialmente -<br />
delle 52mila aziende medicali e 3.200<br />
farmaceutiche esistenti al mondo.<br />
Il tutto guardando a un mercato<br />
che è in continua espansione. Se<br />
nel 2018 il mercato globale della<br />
biosimulazione era di 1,65 miliardi<br />
di dollari, la previsione per il 2025 è<br />
che possa toccare quasi 5 miliardi.<br />
La crescita del mercato è stata quasi<br />
del 16% annuo e la previsione (non<br />
necessariamente ottimistica: è quello<br />
che è accaduto quando l’informatica<br />
è entrata con decisione nei processi<br />
industriali) è comunque di continua<br />
crescita. A corroborare questa<br />
convinzione, ecco le esperienze<br />
in altri campi industriali ad alto<br />
valore aggiunto o alta tecnologia<br />
(aerospaziale, automotive). In questi<br />
casi la simulazione in silico è la<br />
norma sia per il design, sia per le<br />
scelte ingegneristiche, sia per le<br />
simulazioni in termini di sicurezza.<br />
Stranamente, complice lo scenario<br />
di cui abbiamo dato prima ampia<br />
descrizione, il settore healthcare &<br />
life sciences è ancora indietro per<br />
ciò che attiene alle logiche della<br />
digitalizzazione. Tuttavia dobbiamo<br />
prendere atto del fatto che è<br />
sostanzialmente impossibile che<br />
questa trasformazione non arrivi,<br />
andando a ridisegnare in maniera<br />
sostanziale il rapporto che ognuno<br />
di noi avrò con le medicine, in un<br />
futuro non troppo lontano. C’è solo<br />
da augurarsi che questa rivoluzione<br />
sia di per sé sufficiente a far fronte<br />
a un bisogno di salute che è sempre<br />
più esteso in termini numerici e che<br />
è parte integrante di quel complesso<br />
processo di democratizzazione di<br />
accesso alle cure che, se è spesso<br />
difficile in un’unica realtà geografica,<br />
figuriamoci cosa comporta su scala<br />
mondiale.<br />
40
RWE<br />
nuovo paradigma<br />
per la ricerca<br />
medica?<br />
LA REAL WORD EVIDENCE PUÒ<br />
RAPPRESENTARE UN IMPORTANTE PUNTO<br />
DI SVOLTA PER LA SALUTE PUBBLICA MA<br />
DEVE ESSERE INTEGRATA IN UN SISTEMA DI<br />
RACCOLTA UNIFICATO A LIVELLO NAZIONALE<br />
Giulio Divo<br />
In questi ultimi anni si è aperta una<br />
dialettica importante in relazione alla<br />
cosiddetta “real world evidence”, o<br />
Rwe. Se nel passato, anche recente,<br />
si enfatizzavano molto i risultati<br />
ottenuti nell’ultimo step degli studi<br />
registrativi, ecco che oggi l’attenzione<br />
si sta spostando sempre di più verso<br />
i dati che provengono dalla fase post<br />
marketing, grazie alla possibilità di<br />
raccogliere in maniera precisa come<br />
mai prima d’ora le informazioni<br />
relative all’efficacia e alla tollerabilità<br />
dei farmaci, una volta immessi sul<br />
mercato e utilizzati su tutti i pazienti non<br />
eleggibili nelle coorti delle varie fasi di<br />
sperimentazione.<br />
Ai nostri occhi (di oggi), sembra persino<br />
scontato che le cose debbano per forza<br />
andare in questo modo: negli studi<br />
registrativi le variabili che possono<br />
42
makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />
influire sui dati di efficacia e sicurezza<br />
devono essere ridotte al minimo,<br />
se si vogliono avere dati quanto più<br />
possibile neutri ed effettivamente<br />
paragonabili con quelli delle coorti<br />
degli altri bracci di sperimentazione,<br />
selezionati nel medesimo modo come<br />
gruppo di controllo.<br />
UN MONDO CHE<br />
DIVENTA SEMPRE<br />
PIÙ VELOCE<br />
Questo tipo di impostazione poteva<br />
essere adatto al recente passato, ma<br />
allo stato attuale sta mostrando la corda<br />
per una serie complessa di motivi. In<br />
primo luogo, come l’emergenza Covid<br />
ha insegnato molto bene, stiamo<br />
assistendo a una progressiva (ma<br />
cercata e anche auspicata) riduzione dei<br />
tempi per la messa in commercio dei<br />
nuovi farmaci. Le discipline traslazionali,<br />
il drug design, la sperimentazione in<br />
silico stanno rapidamente velocizzando<br />
i processi produttivi, consentendo<br />
di economizzare tempi e risorse per<br />
la messa a punto di nuovi principi<br />
attivi. Ciò determina una maggiore<br />
pressione verso gli enti regolatori, con<br />
tutte le difficoltà del caso: il report<br />
dell’Alliance for regenerative medicine<br />
ha evidenziato a fine 2023 un problema<br />
di mancanza di forza lavoro (all’interno<br />
degli enti regolatori) nel settore delle<br />
terapie geniche e cellulari, causato dal<br />
divario crescente di competenze tra i<br />
dipendenti delle aziende farmaceutiche<br />
(o dei centri di ricerca) che lavorano<br />
nel settore e i dipendenti degli enti<br />
regolatori. Si tratta di un problema che<br />
ha queste dimensioni: nel 2023 il 58%<br />
dei trial clinici era dedicato ai farmaci<br />
a bersaglio molecolare, quindi adatti<br />
per trattare esigenze terapeutiche<br />
differenti. Nel giro di soli cinque anni<br />
siamo passati da 1.000 a 1.600 clinical<br />
trial. Non è un caso che Ema e Fda,<br />
oggi, siano vissuti come un “collo di<br />
bottiglia” in relazione alla possibilità di<br />
immettere nuovi farmaci sul mercato. A<br />
questo scenario quantitativo dobbiamo<br />
aggiungere quello qualitativo<br />
rappresentato dalle pressioni delle<br />
associazioni pazienti, che chiedono<br />
lo snellimento di alcune procedure<br />
di approvazione da parte degli enti<br />
regolatori (nello specifico italiano,<br />
l’Aifa), specialmente se si tratta di<br />
duplicare dati già ottenuti per conto di<br />
Ema presso i medesimi centri deputati<br />
alla sperimentazione a livello europeo.<br />
LA PUNTA<br />
DELL’ICEBERG<br />
Come evidenziato, ci troviamo di<br />
fronte a una situazione complessa che<br />
possiede alcune criticità specifiche.<br />
Gli studi registrativi rimangono<br />
sostanzialmente disegnati in modo<br />
da effettuare valutazioni sulle singole<br />
patologie, anche se il bersaglio<br />
terapeutico potrebbe essere comune<br />
a una intera famiglia di malattie (da<br />
questo punto di vista, un esempio<br />
chiarissimo sono le cosiddette<br />
malattie eosinofilo correlate che,<br />
infatti, possono essere trattate con il<br />
medesimo principio attivo a dosaggi<br />
differenti a seconda della gravità del<br />
disturbo). Sempre seguendo la stessa<br />
logica, questi stessi studi registrativi<br />
hanno limiti intrinseci perché sono<br />
stati da sempre pensati come utili<br />
a dimostrare sicurezza ed efficacia<br />
senza che vi siano variabili in grado di<br />
alterare in qualsivoglia modo il risultato,<br />
laddove l’alterazione del risultato<br />
può essere causata da interazioni con<br />
farmaci, malattie pregresse, disturbi<br />
comuni nella popolazione generale<br />
(dislipidemie, anemie ) ecc. Insomma,<br />
il rischio è quello di arruolare pazienti<br />
che, paradossalmente, al di là della<br />
patologia da trattare, sono sani. I dati<br />
OsMED, invece, raccontano una realtà<br />
ben diversa: il 30% degli italiani over<br />
65 prende più di 10 farmaci al giorno.<br />
Il 50% ne assume tra cinque e nove.<br />
Almeno due milioni di italiani sono<br />
esposti a interazioni farmacologiche<br />
potenzialmente gravi e un altro milione<br />
assume terapie non appropriate.<br />
Ecco che, in uno scenario del genere,<br />
dobbiamo far “calare” nuove terapie,<br />
che si devono inserire in una situazione<br />
di difficile gestione dei pazienti<br />
politrattati e non sempre controllati in<br />
maniera adeguata.<br />
LA SOLUZIONE<br />
È NEI BIG DATA?<br />
La situazione qui descritta ci mette<br />
dunque nella situazione di dover<br />
superare l’impasse in maniera che<br />
sia assolutamente rispettosa delle<br />
esigenze di salute e sicurezza, ma anche<br />
del legittimo desiderio di accedere<br />
a terapie che, lo vediamo oggi,<br />
stanno sensibilmente rivoluzionando<br />
il trattamento di tante patologie che<br />
fino a pochi anni fa erano destinate<br />
persino a prognosi infauste e in tempi<br />
non lunghi. Ma come possiamo<br />
“<br />
LE ASSOCIAZIONI DI PAZIENTI CHIEDONO<br />
LO SNELLIMENTO DI ALCUNE PROCEDURE DI<br />
APPROVAZIONE DA PARTE DEGLI ENTI REGOLATORI<br />
superare il collo di bottiglia? Da questo<br />
punto di vista ci può venire in aiuto la<br />
digitalizzazione sanitaria, unitamente<br />
a una auspicabile e trasparente<br />
collaborazione tra pubblico e privato.<br />
La progressiva informatizzazione dei<br />
dati sanitari consentirà infatti di avere<br />
una mole enorme di dati da cui può<br />
essere possibile attingere tutte le<br />
informazioni utili per i controlli post<br />
marketing. I programmi di supporto<br />
digitale per i pazienti, i fascicoli sanitari<br />
elettronici, i device indossabili possono<br />
potenzialmente diventare strumenti<br />
adatti al monitoraggio dell’efficacia<br />
e della sicurezza delle nuove terapie,<br />
con una precisione inedita nella<br />
storia della medicina. Le analisi dei<br />
dati sono oggi più semplici grazie<br />
all’implementazione di sistemi di AI,<br />
machine learning e analisi predittiva.<br />
Il tutto senza trascurare il problema<br />
dell’anonimizzazione dei dati, che<br />
rimane centrale per garantire la privacy<br />
dei pazienti verso coloro che dovranno<br />
43
44<br />
“<br />
LA PROGRESSIVA INFORMATIZZAZIONE DELLA SANITÀ<br />
CONSENTIRÀ DI AVERE UNA MOLE ENORME DI DATI DA<br />
CUI SARÀ POSSIBILE ATTINGERE TUTTE LE INFORMAZIONI<br />
UTILI PER I CONTROLLI POST MARKETING<br />
maneggiare il dato sanitario nel<br />
rispetto dei diritti del singolo.<br />
Uno degli aspetti che maggiormente<br />
può e deve farci riflettere sulla Rwe<br />
come futuro della ricerca scientifica è<br />
quello inerente agli investimenti che si<br />
stanno facendo per elaborare sistemi<br />
in grado di fornire soluzioni affidabili. Il<br />
tasso di crescita annuo di questi sistemi<br />
è stimato attorno al 12,3%. Oggi siamo<br />
in un mercato globale di 16 miliardi<br />
di dollari, che potrebbero – stando<br />
agli analisti – diventare 36 miliardi nel<br />
2030. Praticamente dopodomani. Le<br />
startup, in questo settore, si stanno<br />
moltiplicando e il mercato si va<br />
segmentando in quattro grandi gruppi:<br />
“Fornitori e aggregatori”, “AI Analytics<br />
provider”, “Platform provider” e<br />
“Contract research organization”.<br />
RICADUTE POSITIVE<br />
PER I PAZIENTI<br />
I motivi per cui una Rwe ben gestita<br />
può diventare una risorsa decisiva<br />
per il benessere dei pazienti vanno<br />
cercati proprio nelle pieghe degli<br />
scenari che abbiamo appena descritto<br />
e, soprattutto, nell’importanza della<br />
gestione dei big data sanitari. In un<br />
mondo analogico, il monitoraggio della<br />
fase post marketing richiedeva tempi<br />
lunghi perché dovevano tenere conto<br />
delle segnalazioni degli eventi avversi<br />
presso gli appositi registri. Attraverso<br />
una corretta gestione dei dati, oggi<br />
può diventare più facile identificare i<br />
sottogruppi maggiormente a rischio,<br />
così come quelli che potenzialmente<br />
possono ricevere maggiore beneficio.<br />
L’evidenza degli effetti collaterali può<br />
emergere con maggiore velocità,<br />
migliorando l’azione di supervisione,<br />
controllo e perfezionando anche i<br />
possibili interventi medici a gestione<br />
dell’effetto avverso. Allo stesso modo<br />
possono evidenziarsi nuove indicazioni<br />
terapeutiche, perché è l’esperienza<br />
clinica a definire se e come – per<br />
meccanismi che andranno poi studiati<br />
– una molecola possa intervenire<br />
positivamente anche su patologie<br />
per cui non era stata messa a punto<br />
(in definitiva le indicazioni off label).<br />
Tutto questo, però, ha bisogno di<br />
essere pensato in un’ottica strategica,<br />
organica e di governance unificata.<br />
RIPENSARE<br />
IL MODELLO<br />
DEI BIG DATA<br />
Se indirizziamo lo sguardo verso la<br />
nostra realtà nazionale, non possiamo<br />
fare a meno di porci ancora una<br />
volta il problema della governance<br />
del dato informatico. Sono stati<br />
fatti dei passi in avanti rispetto alla<br />
situazione pre-pandemica, perché<br />
oggi siamo comunque indirizzati<br />
verso una maggiore interoperabilità<br />
dei sistemi e nella direzione di una<br />
centralizzazione del dato sanitario.<br />
Passi nella giusta direzione sono<br />
stati fatti attraverso il progetto di<br />
Health big data, 55 milioni di euro<br />
messi a disposizione dal MEF per<br />
interconnettere i 51 Irccs del territorio<br />
nazionale nei settori cadiologia,<br />
cancro, neuroscienze e riabilitazione,<br />
rete pediatrica (con il coordinamento<br />
del ministero della Salute e in<br />
collaborazione con il Politecnico di<br />
Milano, la Fondazione Politecnico di<br />
Milano e l’Istituto nazionale di fisica<br />
nucleare). Si tratta di un passo in avanti<br />
molto importante perché nessuna<br />
Rwe può prescindere da ciò che ci<br />
sta a monte, ovvero l’acquisizione del<br />
dato, la sua protezione, la sua corretta<br />
interpretazione per estrapolare ciò che<br />
è realmente interessante da ciò che è<br />
soltanto “rumore di fondo”, destinato<br />
a confondere e, quindi, a rallentare il<br />
processo.<br />
AUSPICIO FINALE<br />
La Rwe può rappresentare un<br />
importante punto di svolta per ciò<br />
che riguarda le esigenze di protezione<br />
della salute pubblica. È probabilmente<br />
destinata a diventare la chiave per la<br />
definizione dei criteri di appropriatezza<br />
terapeutica non solo in ambiente<br />
ospedaliero ma, data la volontà di<br />
trasferire le cronicità sul territorio,<br />
anche per la medicina di base. Ciò<br />
che bisogna evitare, per mantenere<br />
la centralità di istituzioni terze e di<br />
controllo, è che i dati Rwe vengano<br />
raccolti in maniera parziale all’interno<br />
di singoli attività di ricerca, come<br />
sempre più spesso accade, magari<br />
attraverso l’utilizzo compassionevole<br />
all’interno dei singoli progetti. Non<br />
si discute certo il valore di questi dati<br />
raccolti, ma se confiniamo al Rwe a<br />
questo genere di progetti, finiamo con<br />
lo sminuirne le potenzialità. La Rwe,<br />
invece, dovrebbe essere intesa come<br />
combinazione sinergica tra differenti<br />
applicazioni di tecnologie che possono<br />
così dimostrare una utilità individuale<br />
e, insieme, universale, in grado di<br />
aiutare i processi decisionali ad ampio<br />
respiro e definire i criteri per una<br />
medicina più efficace, personalizzata<br />
e, nel contempo, più rispettosa<br />
dell’imprescindibile criterio della sua<br />
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L’evoluzione digitale<br />
degli studi clinici<br />
Caterina Lucchini<br />
46
makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />
A supporto della<br />
trasformazione<br />
della ricerca<br />
clinica arrivano<br />
metodologie più<br />
efficienti, approcci<br />
personalizzati<br />
e una maggiore<br />
integrazione di<br />
strumenti avanzati<br />
come l’intelligenza<br />
artificiale<br />
Negli ultimi anni, il panorama degli studi<br />
clinici ha subito una trasformazione<br />
senza precedenti, alimentato<br />
dall’avvento delle tecnologie innovative<br />
e dalla crescente complessità delle sfide<br />
mediche. Uno dei principali motori di<br />
questa trasformazione è l’applicazione<br />
dell’intelligenza artificiale (AI) negli studi<br />
clinici. L’AI offre una vasta gamma di<br />
opportunità per ottimizzare il processo<br />
di ricerca, dall’identificazione dei<br />
potenziali partecipanti allo studio alla<br />
selezione dei trattamenti più efficaci<br />
per i pazienti. Utilizzando algoritmi<br />
avanzati e analisi predittive, i ricercatori<br />
possono analizzare enormi quantità di<br />
dati clinici per identificare tendenze,<br />
predire risultati e personalizzare le<br />
terapie in base alle caratteristiche<br />
individuali dei pazienti. Tutto ciò porta<br />
alla progettazione e all’esecuzione<br />
di trial più efficienti e adattabili. La<br />
metodologia degli studi clinici adattativi<br />
sta guadagnando sempre più popolarità,<br />
consentendo agli studiosi di modificare<br />
il design dello studio in tempo reale<br />
in base ai risultati intermedi e alle<br />
nuove informazioni emergenti. Questo<br />
approccio dinamico offre la flessibilità<br />
necessaria per ottimizzare l’allocazione<br />
delle risorse, ridurre i tempi di sviluppo<br />
e massimizzare il potenziale di successo<br />
degli studi.<br />
CONDIVISIONE<br />
DEI DATI<br />
L’evoluzione degli studi clinici<br />
non riguarda solo le metodologie<br />
e le tecnologie, ma anche la<br />
collaborazione e la condivisione<br />
dei dati. In un mondo sempre più<br />
interconnesso, la condivisione dei<br />
dati clinici tra istituzioni, aziende e<br />
ricercatori è diventata essenziale per<br />
accelerare la scoperta e lo sviluppo<br />
di nuove terapie. Piattaforme e<br />
iniziative collaborative stanno<br />
emergendo per facilitare lo scambio<br />
di dati e la collaborazione tra diversi<br />
attori del settore, promuovendo una<br />
cultura di apertura e trasparenza<br />
che favorisce l’innovazione e il<br />
progresso scientifico. L’importanza<br />
del controllo di qualità dei dati<br />
ottenibili dalla ricerca clinica<br />
tramite l’AI è fondamentale nel<br />
contesto attuale. È essenziale<br />
garantire non solo la quantità, ma<br />
soprattutto la qualità dei dati raccolti,<br />
assicurandosi che siano affidabili<br />
e utilizzabili a fini scientifici. Con il<br />
crescente utilizzo di molteplici fonti<br />
di dati, comprese quelle tradizionali<br />
e quelle provenienti da dispositivi<br />
indossabili e app per smartphone,<br />
diventa cruciale verificare la<br />
credibilità delle fonti stesse. Dati<br />
finti o raccolti in modo impreciso<br />
possono ovviamente compromettere<br />
la validità e l’affidabilità dei risultati<br />
della ricerca clinica, con potenziali<br />
conseguenze deleterie sulla salute<br />
dei pazienti e sull’avanzamento<br />
scientifico. L’AI offre un grande<br />
supporto nella gestione e nell’analisi<br />
dei dati, consentendo di ridurre<br />
i tempi e migliorare l’efficienza<br />
complessiva della ricerca clinica.<br />
Tuttavia, è fondamentale mantenere<br />
un rigoroso controllo di qualità<br />
su come i dati vengono raccolti,<br />
elaborati e interpretati. Anche con<br />
l’ausilio dell’intelligenza artificiale,<br />
gli errori possono verificarsi e<br />
devono essere identificati e corretti<br />
tempestivamente per garantire<br />
l’affidabilità e la validità dei risultati<br />
ottenuti.<br />
PAZIENTI SINTETICI<br />
L’uso di dati digitali per creare coorti<br />
virtuali di pazienti rappresenta un<br />
innovativo approccio alla ricerca<br />
clinica, mirato a superare le limitazioni<br />
dei tradizionali studi clinici. Questa<br />
metodologia, sviluppata da un gruppo di<br />
ricercatori Gimema guidati da Alfonso<br />
L’uso di<br />
dati digitali<br />
permette la<br />
generazione di<br />
coorti virtuali<br />
di pazienti,<br />
replicando con<br />
precisione le<br />
caratteristiche<br />
dei set di dati<br />
clinici reali<br />
Piciocchi, consiste nella generazione di<br />
gruppi artificiali di pazienti che replicano<br />
con precisione le caratteristiche dei<br />
set di dati clinici reali, garantendo<br />
al contempo la riservatezza dei dati<br />
sensibili. L’integrazione dell’intelligenza<br />
artificiale e dei dati sintetici in<br />
questo contesto rappresenta un<br />
significativo avanzamento, consentendo<br />
l’elaborazione e l’analisi di grandi<br />
quantità di dati in modo rapido ed<br />
efficiente. Questo approccio innovativo<br />
potrebbe rivoluzionare la ricerca clinica,<br />
accelerando lo sviluppo di trattamenti<br />
innovativi e migliorando le prospettive<br />
di cura per i pazienti. La coorte virtuale<br />
basata sullo studio Gimema AML1310,<br />
presentata nel 2023 durante il congresso<br />
nazionale della Società italiana di<br />
ematologia, ha dimostrato la fattibilità<br />
e il potenziale di questo approccio,<br />
generando risultati simili a quelli dei<br />
dati reali e offrendo un valido supporto<br />
per la pianificazione di futuri trial clinici.<br />
Sebbene gli studi clinici randomizzati<br />
rimangano il gold standard per la<br />
valutazione dell’efficacia di trattamenti<br />
47
48<br />
e terapie, l’uso di coorti virtuali e dati<br />
sintetici rappresenta una promettente<br />
integrazione, che potrebbe migliorare<br />
l’efficienza e l’accessibilità della ricerca<br />
clinica, accelerando l’innovazione<br />
terapeutica e migliorando i risultati per i<br />
pazienti.<br />
MASSIMIZZARE<br />
IL RECLUTAMENTO<br />
In media, le aziende biofarmaceutiche<br />
spendono quasi 900.000 dollari per il<br />
reclutamento e l’aderenza dei pazienti<br />
durante lo sviluppo di un nuovo<br />
farmaco, un investimento cruciale per<br />
garantire il successo degli studi clinici<br />
e la commercializzazione dei farmaci.<br />
Tuttavia, nonostante tali sforzi finanziari,<br />
circa la metà degli studi clinici non riesce<br />
a raggiungere il <strong>numero</strong> di partecipanti<br />
desiderato entro i tempi previsti, con<br />
conseguenti ritardi significativi nel<br />
processo di commercializzazione. Nel<br />
2018, su Contemporary clinical trials,<br />
Grant Huang, del US Department<br />
of veterans affairs, e i suoi colleghi<br />
hanno scritto: «Vi è un riconoscimento<br />
universale che il reclutamento dei<br />
pazienti sia un determinante chiave<br />
del successo degli studi clinici. [...] Fino<br />
all’86% degli studi clinici non raggiunge<br />
i target di reclutamento entro i periodi di<br />
tempo specificati». Inoltre, quasi il 20%<br />
degli studi viene chiuso a causa di un<br />
reclutamento insufficiente. Negli anni ‘90<br />
è iniziato il reclutamento online attraverso<br />
vari siti web, come CenterWatch. Con<br />
l’avvento di piattaforme come Facebook,<br />
Twitter e LinkedIn, i ricercatori hanno<br />
ora a disposizione strumenti potenti<br />
per raggiungere una vasta gamma di<br />
potenziali partecipanti agli studi clinici<br />
in modo rapido ed efficiente. Questo<br />
approccio offre <strong>numero</strong>si vantaggi, inclusa<br />
una maggiore accessibilità, un’ampia<br />
portata e la possibilità di raggiungere<br />
specifiche popolazioni di interesse in<br />
modo mirato. Utilizzando annunci mirati<br />
e campagne pubblicitarie sui social<br />
media, i ricercatori possono sensibilizzare<br />
l’opinione pubblica su specifiche<br />
condizioni di salute, promuovere la<br />
partecipazione agli studi clinici e fornire<br />
Nonostante gli<br />
investimenti per<br />
il reclutamento<br />
dei pazienti, fino<br />
all’86% degli<br />
studi clinici non<br />
raggiunge il<br />
target nei tempi<br />
previsti<br />
informazioni dettagliate sui criteri di<br />
idoneità e sui benefici dello studio.<br />
Tuttavia, è fondamentale affrontare le<br />
sfide e le considerazioni etiche associate<br />
a questa pratica, garantendo che il<br />
reclutamento tramite i social media sia<br />
condotto in modo etico, trasparente e<br />
rispettoso dei diritti e della riservatezza<br />
dei partecipanti.<br />
Le sfide nel reclutamento e nell’adesione<br />
dei pazienti agli studi clinici sono sempre<br />
più affrontate attraverso l’integrazione di<br />
approcci decentralizzati, come dimostrato<br />
dai recenti progressi nel settore. Gli<br />
studi clinici decentralizzati (Dct) stanno<br />
emergendo come una soluzione efficace<br />
per migliorare l’esperienza del paziente,<br />
ottimizzare i costi e accelerare i tempi<br />
di sviluppo dei farmaci. Nei Dct i dati<br />
vengono raccolti attraverso sensori<br />
o dispositivi di monitoraggio remoto<br />
portati dai pazienti, senza la necessità<br />
L’adozione diffusa<br />
di tecnologie<br />
come l’AI e<br />
l’uso innovativo<br />
dei social<br />
network per il<br />
reclutamento<br />
porteranno a una<br />
ricerca clinica<br />
più efficiente e<br />
inclusiva<br />
di visitare fisicamente un centro clinico.<br />
Questo approccio decentralizzato mira a<br />
migliorare l’efficienza e la convenienza<br />
degli studi clinici, consentendo ai<br />
partecipanti di essere coinvolti nel<br />
processo di ricerca dal comfort delle<br />
proprie case. I dati raccolti attraverso<br />
dispositivi indossabili, sensori domestici<br />
e app per smartphone forniscono<br />
informazioni in tempo reale sulla salute<br />
dei pazienti, consentendo ai ricercatori di<br />
monitorare efficacemente la progressione<br />
della malattia e valutare l’efficacia<br />
dei trattamenti. Questo approccio<br />
innovativo ha il potenziale per migliorare<br />
il reclutamento e il coinvolgimento dei<br />
pazienti negli studi clinici, riducendo i<br />
ritardi e migliorando la qualità dei dati<br />
raccolti. Tuttavia, ci sono anche sfide da<br />
affrontare, come garantire la sicurezza e<br />
la privacy dei dati dei pazienti e assicurare<br />
la conformità normativa. Nonostante ciò, i<br />
Dct stanno guadagnando popolarità come<br />
una soluzione promettente per rendere la<br />
ricerca clinica più efficiente ed efficace.<br />
Guardando al futuro, ci si può aspettare<br />
che gli studi clinici continueranno a<br />
evolversi in risposta alle sfide emergenti e<br />
alle opportunità tecnologiche. L’adozione<br />
diffusa di tecnologie come l’AI e l’uso<br />
innovativo dei social network per il<br />
reclutamento porteranno a una ricerca<br />
clinica più efficiente, inclusiva e orientata<br />
al paziente, con l’obiettivo di migliorare<br />
i risultati sanitari e la qualità della vita<br />
dei pazienti. Inoltre, l’implementazione<br />
di nuove tecnologie come la medicina<br />
digitale e i dispositivi medici connessi,<br />
insieme all’adozione di approcci innovativi<br />
nella gestione dei dati e alla promozione<br />
di una maggiore partecipazione dei<br />
pazienti nella ricerca clinica, contribuirà a<br />
ridefinire il modo in cui vengono condotti<br />
e interpretati gli studi clinici, portando a<br />
risultati più significativi e trasformazionali<br />
nella scoperta e nello sviluppo di nuove<br />
terapie.<br />
Riferimenti:<br />
Studio GIMEMA sui pazienti sintetici: https://www.<br />
gimema.it/intelligenza-artificiale-uno-studio-<br />
gimema-indaga-limpiego-di-pazienti-sintetici-nei-<br />
trial-clinici/<br />
May M. Twenty-five ways clinical trials have changed<br />
in the last 25 years. Nat Med. 2019;25(1):2-5.
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soluzioni<br />
Quante volte ci è capitato di pensare al politically correct<br />
piuttosto che all’healthy o medically correct?<br />
Partendo dal presupposto che le parole abbiano un<br />
peso e un valore, in ambito salute concetti chiave<br />
restano quelli di paziente, fragilità e tecnologia.<br />
L’equazione è come riabilitare il sistema salute nella sua<br />
accezione più inclusiva e avanzata, codificata come la<br />
fragilità che incontra l’innovazione. La sfida si delinea<br />
nella risoluzione di questa equazione, definendo e<br />
intercettando il giusto equilibrio tra sanità e digitale per<br />
una partecipazione allargata.<br />
Laura Patrucco<br />
Presidente ASSD – Associazione<br />
Scientifica Sanità Digitale<br />
50
makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />
Un tema, peraltro, molto caro ad Assd – Associazione<br />
scientifica sanità digitale – sviluppato e discusso nei nostri<br />
libri bianchi piuttosto che con uno sguardo al femminile nella<br />
Commissione donne Assd.<br />
L’ALFABETIZZAZIONE DIGITALE<br />
STRUMENTO DI CURA<br />
La lungimiranza degli innovatori sta nel coinvolgere il<br />
paziente in ogni sua declinazione e prospettiva, proprio per<br />
ingaggiare lo stesso bisogno, perché mai come quando si<br />
parla di fragilità è importante dare una collocazione, un<br />
contesto adeguato, per poter far emergere necessità e<br />
bisogni, con il giusto intento propositivo. Non si può parlare di<br />
fragilità e tecnologia senza il binomio etica e umanizzazione.<br />
Imprescindibile l’alfabetizzazione digitale come parte di una<br />
cura, la formazione come strumento per trasferire intelligenza<br />
artificiale umanizzata.<br />
Premessa doverosa è che parlando di paziente diviene<br />
ormai essenziale evocare il tema della sua consapevolezza<br />
valoriale, formativa e operativa, basti pensare ai pazienti<br />
sempre più stakeholder di sistema come nella ricerca clinica<br />
o nelle politiche sanitarie, impegnati per realizzare una salute<br />
dialogata oggi anche con il digitale, ormai strumento che,<br />
se correttamente noto, può accorciare distanze. Il patto si<br />
sancisce, ma solo se garantiamo una sanità soprattutto equa,<br />
nella sua accezione globale, tecnologie incluse.<br />
Il tema del dialogo tra tecnologia e salute ha bisogno di un<br />
piedistallo, non per darsi valore, ma per generare valore,<br />
trasferendo quella vision che deve creare nuovi mindset.<br />
Il Terzo settore come Assd, così come ogni realtà associativa<br />
scientifica o di pazienti, è sempre più orientato a stimolare<br />
la trasformazione del mondo salute in termini di rivoluzione<br />
culturale, declinando il concetto di approccio alla cura come<br />
una salute partecipata, con un sistema che fornisca non solo<br />
servizi, ma sevizi per la persona. Un perimetro d’azione nel<br />
quale l’advocacy, in primis culturale, può realizzare molto,<br />
dando fiato a sforzi inter e multidisciplinari congiunti; il<br />
modello dell’advocacy culturale può testimoniare quanto conti<br />
codificare la fragilità come un punto di inizio e non di arrivo,<br />
quanto conti essere un paziente persona incluso nei percorsi di<br />
cura, anche con il supporto della tecnologia.<br />
PAZIENTE 4.0<br />
Rievocando le mie stesse parole all’interno del Libro Bianco<br />
ASSD “Fragilità e tecnologie dell’informazione e della<br />
comunicazione ICT. Il paziente, la fragilità e la tecnologia. Come<br />
riabilitare il sistema salute”, diviene strategicamente salutare<br />
guardare al futuro di domani nell’idea di ricostruire e di<br />
sperimentare nuova consapevolezza del futuro di oggi.<br />
Il Paziente 4.0 è informato e ingaggiato (engaged, qualcuno<br />
direbbe), con la sua digital experience per creare un dialogo<br />
digitale etico, alla ricerca di un rinascimento sanitario in<br />
cui la tecnologia avvicini scienza e vita, livelli le conoscenze<br />
tecniche, favorisca l’equo accesso ai servizi, pazienti e<br />
caregiver che siano. Diventa dunque indispensabile parlare di<br />
equità e fruibilità, dalla tutela del diritto alla salute come tale,<br />
garantendo l’alfabetizzazione sanitaria digitale come parte<br />
del percorso di cura stesso. Diversamente, il principale effetto<br />
collaterale è il digital divide (quel divario digitale tra chi riesce<br />
ad accedere ai servizi via internet e chi no), che diviene fonte di<br />
ridotto accesso alla sanità digitale, trasformandosi alla fine in<br />
disservizi.<br />
Chi eroga servizi ha la grande responsabilità di garantire<br />
un equo accesso a tutti, unitamente a un’alfabetizzazione<br />
digitale empatica, pensata per i pazienti non necessariamente<br />
ingegneri progettisti, empatica perché pensata per il<br />
destinatario, evitando che vi sia una rincorsa al servizio<br />
(ricordiamoci che devono essere i dati a spostarsi, non i<br />
pazienti).<br />
La cura del digital divide è il paziente/caregiver in-formato e<br />
consapevole, con il suo esperienziale arricchito di formazione<br />
per tramite di coinvolgimento proattivo nei percorsi sempre<br />
più strutturati, che le realtà associative promuovono, in piena<br />
compliance all’engagement in salute.<br />
La patient advocacy indubbiamente affianca un sistema salute<br />
territoriale compliant al bisogno del paziente, focalizzando<br />
il bisogno stesso, la modalità di accesso al servizio e non<br />
solo il livello di tecnologia offerto. Perché la tecnologia deve<br />
avvicinare la cura al paziente, quindi le competenze meglio<br />
crearle dal bisogno primario: informare per formare, formare<br />
(e formarsi) per curare. Insomma, potremmo dire che un<br />
paziente adeguatamente in-formato e responsabilizzato non è<br />
solo portavoce del bisogno, ma anche di una sorta di problem<br />
solving.<br />
DIGITALE SOCIOLOGICO<br />
In ultimo, ma non meno importante, il concetto della salute<br />
sociale pensando anche in termini di digitale sociologico,<br />
per meglio comprendere, per renderci più confidenti con<br />
i restanti interlocutori, facendo buon uso della tecnologia<br />
di cui si dispone, piuttosto che utilizzarla per il solo fatto<br />
che sia disponibile, direbbe il sociologo M. Tosini. La vera<br />
sfida è trasformare l’analfabetismo digitale in accesso equo<br />
e tempestivo. Un digitale 4.0 innovativo vuole essere coprogettato,<br />
prendersi cura significa accesso ai servizi anche<br />
digitali.<br />
Per un digitalmente corretto. l’approccio culturale al sistema<br />
salute non potrà esimersi dal generare consapevolezza digitale,<br />
ingrediente vitale per immaginare un’accoglienza sanitaria in<br />
grado di centralizzare la salute con i suoi interlocutori e che<br />
sappia avvalersi delle nuove tecnologie abbracciando anche il<br />
nuovo paradigma dell’accoglienza digitale.<br />
51
PAZIENTE ASSENTE<br />
In Italia, il coinvolgimento dei pazienti nella<br />
ricerca clinica è ancora limitato quando non<br />
meramente simbolico. Resta ancora molta strada<br />
per raggiungere il livello di altri Paesi, come Stati<br />
Uniti e Regno Unito<br />
Isabella Bordogna<br />
Paola Mosconi, responsabile del “Laboratorio di ricerca per<br />
il coinvolgimento dei cittadini in sanità” dell’Istituto Mario<br />
Negri IRCCS di Milano<br />
Il concetto di centralità del<br />
paziente e la necessità di<br />
coinvolgerlo maggiormente<br />
nella ricerca clinica è noto<br />
da anni. È diritto di ogni<br />
individuo affetto da qualche<br />
patologia essere informato<br />
sulle possibili terapie e avere<br />
la libertà di scegliere come<br />
curarsi. Il paziente deve però<br />
anche poter partecipare<br />
alle varie fasi della ricerca,<br />
non solo prendendo parte in<br />
maniera volontaria agli studi<br />
clinici: la ricerca idealmente<br />
dovrebbe essere condotta<br />
insieme agli ammalati o ai loro<br />
rappresentanti.<br />
L’esperienza della malattia<br />
vissuta in prima persona,<br />
52
makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />
e collettivamente nelle<br />
associazioni, dà al paziente<br />
il diritto di esprimere a pieno<br />
titolo il proprio parere e dare<br />
un contributo importante:<br />
dalle priorità della ricerca,<br />
agli obiettivi primari e gli esiti<br />
degli studi, alla valutazione<br />
dell’efficacia dei trattamenti,<br />
degli effetti collaterali,<br />
dell’aderenza alla terapia,<br />
alle valutazioni della realtà<br />
assistenziale del territorio e<br />
degli aspetti economici.<br />
Per capire quanto l’idea<br />
di centralità del paziente<br />
sia effettivamente diffusa<br />
e applicata nel panorama<br />
italiano, sia a livello di studi<br />
registrativi e che di studi di<br />
“real life”, abbiamo intervistato<br />
Paola Mosconi, responsabile<br />
del “Laboratorio di ricerca per<br />
il coinvolgimento dei cittadini<br />
in sanità” dell’Istituto Mario<br />
Negri IRCCS di Milano.<br />
Il Laboratorio dalla sua nascita<br />
è impegnato in varie attività<br />
per il coinvolgimento della<br />
popolazione su temi di salute,<br />
farmaci e dispositivi nonché<br />
utilizzo del servizio sanitario;<br />
si occupa inoltre di sviluppare<br />
modelli di informazione e<br />
di formazione sulla ricerca<br />
clinica.<br />
«Siamo stati tra i primi in Italia<br />
a promuovere e implementare<br />
il coinvolgimento attivo<br />
di cittadini, pazienti e loro<br />
rappresentanze – afferma<br />
Paola Mosconi – partendo<br />
da studi sulla valutazione<br />
della qualità della vita fino<br />
alla diffusione dei concetti di<br />
empowerment di comunità,<br />
alfabetizzazione sanitaria<br />
e patient involvement. Tra i<br />
target delle nostre attività<br />
ci sono le associazioni di<br />
volontariato, ma anche<br />
ricercatori e società<br />
scientifiche. Il Laboratorio<br />
ha esperienza nell’utilizzo di<br />
metodologie di coinvolgimento<br />
quali giurie dei cittadini,<br />
conferenze di consenso,<br />
indagini su conoscenze,<br />
attitudini e comportamenti<br />
di cittadini e pazienti nonché<br />
di studi clinici e registri<br />
di patologia. Tra i nostri<br />
strumenti di attività c’è la<br />
partecipazione a revisioni<br />
sistematiche, ma anche l’uso<br />
di metodi qualitativi come<br />
focus group e interviste, la<br />
costruzione e validazione di<br />
questionari di indagine e la<br />
pianificazione e gestione di<br />
progetti multicentrici. Per<br />
portare avanti al meglio queste<br />
attività si parte dall’idea di<br />
fornire percorsi di formazione<br />
e informazione indipendente<br />
per cittadini e pazienti che li<br />
aiutino a confrontarsi in modo<br />
efficace con il mondo medico e<br />
scientifico».<br />
Quanto è presente a livello<br />
di ricerca clinica in Italia il<br />
concetto di centralità del<br />
paziente?<br />
Registriamo un po’ di<br />
confusione sul concetto di<br />
coinvolgimento dei pazienti:<br />
alcuni lo interpretano in modo<br />
riduttivo e generale, come<br />
la lettura di una nota del<br />
consenso informato o l’aiuto<br />
per coinvolgere più pazienti<br />
negli studi. In letteratura<br />
è stato creato anche il<br />
termine tokenism, che deriva<br />
dall’inglese token, il gettone<br />
di presenza, per intendere<br />
quando il paziente è presente<br />
in un progetto di ricerca clinica<br />
in maniera del tutto simbolica<br />
e non come co-autore vero<br />
della ricerca stessa. In<br />
molte situazioni si inserisce<br />
nel protocollo un paziente<br />
perché “bisogna farlo”, senza<br />
fornirgli un ruolo specifico o<br />
una formazione sufficiente.<br />
Spesso c’è poca chiarezza sui<br />
compiti che deve assolvere<br />
un rappresentante della<br />
cittadinanza all’interno di un<br />
protocollo di ricerca. Esistono<br />
invece delle linee guida su<br />
come coinvolgere il paziente<br />
o le rappresentanze: occorre<br />
dichiarare in maniera molto<br />
chiara a cosa serve, cosa ci<br />
si aspetta, come si intende<br />
coinvolgerlo, inoltre bisogna<br />
fare un’analisi del risultato del<br />
coinvolgimento.<br />
Nei Paesi anglosassoni ci<br />
sono molti buoni esempi,<br />
mentre in Italia siamo più<br />
“<br />
È STATO CREATO ANCHE IL TERMINE<br />
TOKENISM, CHE DERIVA DALL’INGLESE<br />
TOKEN (GETTONE DI PRESENZA),<br />
PER INDICARE IL RUOLO DEL TUTTO<br />
SIMBOLICO DI UN PAZIENTE IN UN<br />
PROGETTO DI RICERCA CLINICA<br />
indietro: sono tanti i protocolli<br />
che non hanno previsto la<br />
partecipazione dei pazienti e<br />
non viene fatto nemmeno un<br />
coinvolgimento tardivo. Nel<br />
nostro Paese spesso si parla di<br />
coinvolgimento dei pazienti in<br />
maniera poco pragmatica: c’è<br />
molta teoria ma i casi concreti<br />
sono relativamente pochi.<br />
Un esempio interessante<br />
viene dagli Stati Uniti, con un<br />
progetto che si chiama Pcori<br />
(Patient-centered outcomes<br />
research institute). Si tratta<br />
di una organizzazione di<br />
ricerca che sostiene progetti<br />
che abbiano una forte<br />
partnership con pazienti o loro<br />
rappresentanti, una struttura<br />
indipendente e senza scopo di<br />
lucro che cerca di sviluppare<br />
e poi fornire ai pazienti<br />
informazioni utili sulla loro<br />
salute e sulle scelte sanitarie.<br />
Pcori supporta la ricerca<br />
comparativa sull’efficacia<br />
clinica, che mette a confronto<br />
due o più trattamenti medici,<br />
servizi o pratiche sanitarie per<br />
aiutare, con l’analisi degli studi,<br />
i pazienti a prendere decisioni<br />
più informate.<br />
Anche in Inghilterra esistono<br />
<strong>numero</strong>se esperienze di<br />
coinvolgimento attivo dei<br />
pazienti, mentre in Italia a<br />
livello di Aifa e di ministero<br />
della Salute non abbiamo<br />
ancora sviluppato una<br />
organizzazione vera e propria<br />
e anche a livello regionale per<br />
ora c’è poco. Qualche Regione<br />
si distingue, come ad esempio<br />
il Veneto, che ha inserito i<br />
pazienti nelle valutazioni dei<br />
nuovi farmaci. Qualcosa si<br />
muove, ma in modo ancora<br />
poco strutturato.<br />
Qual è l’atteggiamento delle<br />
associazioni dei pazienti in<br />
questo contesto?<br />
In Italia molte associazioni<br />
di pazienti in realtà non<br />
desiderano veramente<br />
essere al centro, piuttosto<br />
vogliono essere una parte<br />
vera e propria del processo,<br />
alla pari cioè degli altri<br />
protagonisti della ricerca<br />
clinica. Le associazioni dei<br />
pazienti, per quello che è<br />
la nostra esperienza, sono<br />
complessivamente abbastanza<br />
attive, conoscono la realtà<br />
della ricerca clinica però<br />
sono ancora poco coinvolte<br />
direttamente nei progetti<br />
di ricerca. A volte lavorano<br />
con i clinici e con le società<br />
medico scientifiche per fare<br />
informazione o per attività di<br />
lobby e di advocacy, ma ancora<br />
raramente sono coinvolte<br />
nello sviluppo dei protocolli di<br />
ricerca.<br />
53
54<br />
Fatte salve le grandi<br />
associazioni di pazienti, le<br />
piccole sono decisamente<br />
meno consapevoli dei loro<br />
diritti nell’ambito della ricerca<br />
clinica. In Italia i pazienti o i<br />
loro rappresentanti vengono<br />
coinvolti a volte nella parte<br />
di disseminazione delle<br />
informazioni o nella scrittura<br />
del consenso informato, ma<br />
non operativamente in tutte le<br />
fasi del progetto.<br />
Che genere di attività svolge<br />
oggi il vostro Laboratorio?<br />
In questi ultimi anni abbiamo<br />
fatto meno formazione alle<br />
associazioni dei pazienti; tra<br />
l’altro va constatato che molte<br />
iniziative di formazione per le<br />
associazioni di pazienti hanno<br />
ora il sostegno delle aziende<br />
farmaceutiche. Abbiamo<br />
invece iniziato di recente a fare<br />
formazione su quello che viene<br />
chiamato il Ppi (Public patient<br />
involvement), un termine che<br />
definisce il coinvolgimento<br />
delle persone “non addette ai<br />
lavori” nel dibattito sui temi<br />
della salute e della ricerca.<br />
Questo concetto è stato<br />
esteso all’intero processo di<br />
ricerca, dall’identificazione<br />
delle priorità alla conduzione<br />
e analisi dello studio, fino alla<br />
divulgazione dei risultati.<br />
Diversi studi sul Ppi<br />
dimostrano che questo può<br />
indirizzare la ricerca in modo<br />
efficace, riducendo quella non<br />
rilevante o ripetitiva. Esistono<br />
però ancora molte resistenze<br />
e difficoltà ad accettare questa<br />
idea, nonostante sempre più<br />
spesso i finanziatori, anche<br />
istituzionali a livello europeo,<br />
valutino i progetti di ricerca<br />
anche sulla base della capacità<br />
di coinvolgere i pazienti e<br />
molte riviste scientifiche per<br />
pubblicare chiedano dettagli<br />
sulle modalità in cui pazienti e<br />
pubblico sono stati coinvolti. Il<br />
Ppi è un tema particolarmente<br />
sentito dalla comunità medicoscientifica<br />
internazionale:<br />
l’obiettivo è di condurre studi<br />
insieme agli ammalati e<br />
non solo su di loro. Si vuole<br />
mettere il paziente al tavolo<br />
con i ricercatori e gli operatori<br />
sanitari. Su questa tematica,<br />
all’interno di un progetto<br />
europeo, abbiamo fatto due<br />
esperienze – una all’Istituto<br />
nazionale dei tumori e una con<br />
webinar a un gruppo di sette<br />
centri di eccellenza europei –<br />
di formazione sul Patient and<br />
public involvement. Il corso<br />
fatto all’Istituto<br />
nazionale<br />
dei tumori<br />
a nostra<br />
conoscenza è<br />
uno dei primi<br />
corsi fatti su<br />
questo tema.<br />
La formazione è stata la diretta<br />
conseguenza di un’indagine<br />
condotta a livello europeo per<br />
capire quanto e come i centri<br />
intervistati conoscessero<br />
il termine Ppi, quanto<br />
coinvolgessero direttamente<br />
i pazienti nelle loro ricerche.<br />
Sono emersi dati interessanti:<br />
il termine è conosciuto e viene<br />
ritenuto ormai un aspetto<br />
imprescindibile, anche se le<br />
esperienze variano da centro a<br />
centro, influenzando le diverse<br />
risposte.<br />
Nel panorama italiano, così<br />
come in quello internazionale,<br />
vengono identificate<br />
molte barriere: di risorse<br />
economiche per la formazione<br />
delle persone coinvolte, di<br />
tempo e di metodo per capire<br />
quali pazienti o associazioni<br />
coinvolgere e come. C’è anche<br />
chi non vede il vantaggio<br />
di coinvolgere i pazienti,<br />
perché ritiene che questo non<br />
aggiunga molto al progetto.<br />
Molti clinici e ricercatori,<br />
inoltre, ritengono che i<br />
pazienti coinvolti, poiché non<br />
possiedono una conoscenza o<br />
formazione medico-scientifica<br />
adeguata, non possano<br />
garantire una partecipazione<br />
“<br />
PER OTTENERE UNA DIFFUSIONE<br />
OTTIMALE DEL PPI È NECESSARIO UN<br />
CAMBIAMENTO DI CULTURA DELLA<br />
RICERCA CHE NECESSITA DI TEMPO,<br />
SCELTE E INVESTIMENTI<br />
efficace. Al momento non<br />
esistono in Italia vere e<br />
proprie linee guida a livello<br />
nazionale su questo, prodotte<br />
dal Ministero o da Aifa.<br />
Comunque, per ottenere una<br />
diffusione ottimale del Ppi è<br />
necessario un cambiamento<br />
di cultura della ricerca che<br />
necessita tempo, scelte e<br />
investimenti.<br />
Al di là del coinvolgimento<br />
delle aziende farmaceutiche<br />
nella formazione dei pazienti<br />
e dei clinici, che spazio c’è<br />
in Italia per una formazione<br />
indipendente?<br />
La formazione dovrebbe<br />
essere sempre indipendente,<br />
mentre moltissima<br />
formazione rivolta alle<br />
associazioni dei pazienti<br />
e non solo è sostenuta da<br />
aziende farmaceutiche.<br />
Bisogna comunque dire che il<br />
privato ha intuito che questo<br />
era un tema importante e<br />
rilevante e l’ha cavalcato.<br />
Altrettanto non hanno fatto le<br />
istituzioni in Italia: le Regioni,<br />
l’Aifa, il Ministero non hanno<br />
sviluppato gruppi di lavoro<br />
su questi temi o promosso<br />
formazione indipendente, c’è<br />
stato solo qualche esempio<br />
isolato. È mancata un po’ la<br />
visione, oltre che il sostegno<br />
economico ed è un peccato.<br />
I cittadini/pazienti quindi<br />
non sono sufficientemente<br />
informati?<br />
Quello che manca a<br />
livello centrale è un sito<br />
o un repository dove<br />
vengano raccolte tutte le<br />
iniziative e le esperienze<br />
di coinvolgimento attivo,<br />
manca un coordinamento<br />
delle attività. Avendo le<br />
risorse sarebbe interessante<br />
creare un database di<br />
libera consultazione con le<br />
esperienze di coinvolgimento<br />
nelle varie regioni.<br />
Per quanto riguarda gli studi<br />
di real life, perché chi li<br />
conduce negli ospedali non<br />
porta avanti questo discorso?<br />
Perché è complicato e le<br />
risorse sono poche. Bisogna<br />
trovare persone con una<br />
certa competenza sia tra gli<br />
operatori sia tra cittadini e loro<br />
rappresentanze. Occorre fare<br />
delle scelte, avere persone<br />
formate, saper lavorare in<br />
gruppo e avere tempo. Il<br />
paziente potrà dare il suo<br />
punto di vista su un protocollo,<br />
che potrà collidere con quello<br />
di un addetto ai lavori, perché<br />
presumibilmente ha istanze,<br />
pensieri ed esperienze diverse<br />
dal clinico e dal ricercatore.<br />
Occorre un confronto, che<br />
già di per sé costituisce una<br />
barriera.
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08 -10 October <strong>2024</strong><br />
STAND 20F32<br />
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Anche l’occhio<br />
vuole la<br />
sua parte<br />
LA COMUNICAZIONE VISIVA È UNO STRUMENTO<br />
SEMPRE PIÙ UTILIZZATO NEL SETTORE<br />
MEDICO-SCIENTIFICO PER AUMENTARE LE<br />
PERFORMANCE DEL MESSAGGIO A TUTTI I LIVELLI<br />
Nell’evoluzione storica della<br />
comunicazione medico-scientifica sono<br />
stati diversi i passaggi fondamentali<br />
che ne hanno scandito un progresso<br />
costante: il cambiamento di paradigma<br />
da prodotto centrico a paziente<br />
centrico, l’implementazione di nuove<br />
tecnologie digitali e social network,<br />
l’utilizzo sempre maggiore di evidenze<br />
scientifiche rigorose e attendibili,<br />
l’integrazione di processi globali<br />
Simone Abbatini | Senior Art Director specializzato<br />
in comunicazione visiva nel settore pharma/health<br />
standardizzati, solo per citarne alcuni.<br />
A questo flusso costante di innovazione,<br />
negli ultimi anni si è aggiunto sempre<br />
di più l’utilizzo della comunicazione<br />
visiva che si è fatta largo in un settore<br />
nel quale per lungo tempo era stata<br />
tenuta a margine, probabilmente per<br />
una erronea pretesa di maggiore<br />
“scientificità” che prediligeva un utilizzo<br />
massiccio di testi e dati senza l’ausilio<br />
di troppi elementi visuali a supporto.<br />
L’IMPORTANZA DELLA<br />
COMUNICAZIONE<br />
VISIVA<br />
Questa tendenza è stata<br />
definitivamente scardinata con<br />
l’arrivo della pandemia, che<br />
ha obbligato il mondo intero<br />
a interazioni da remoto e alla<br />
gestione di flussi comunicativi<br />
interamente a distanza, che hanno<br />
reso necessarie una semplificazione<br />
delle rappresentazioni, una<br />
essenzializzazione dei concetti<br />
e una maggiore immediatezza<br />
dell’informazione. Tutti processi per<br />
i quali l’ausilio della comunicazione<br />
visiva è stato fondamentale.<br />
I dati sul potere dell’immagine nella<br />
comunicazione parlano chiaro:<br />
56
makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />
il cervello umano può identificare le<br />
immagini in appena 13 millisecondi<br />
circa il 93% di tutta la<br />
comunicazione umana è visuale<br />
le persone ricordano fino all’80% di<br />
ciò che vedono e fanno, rispetto al<br />
20% di ciò che leggono e al 10% di ciò<br />
che ascoltano<br />
le persone hanno dimostrato di<br />
apprendere fino al 40% in più quando<br />
le informazioni sono supportate da<br />
elementi visivi.<br />
Un potenziale davvero importante<br />
che viene sfruttato sempre di più<br />
nel settore healthcare/pharma per<br />
migliorare il trasferimento delle<br />
informazioni sia per il B2B che nel<br />
rapporto medico/paziente. Ma non<br />
solo. Gli strumenti a disposizione<br />
oggi sono infatti molteplici, la<br />
fanno da padrone infografiche<br />
e rappresentazioni dati sempre<br />
più articolate (grafici a barre o a<br />
torta, mappe termiche, diagrammi<br />
a dispersione) che permettono<br />
di stressare il dato di interesse<br />
mantenendo una visione d’insieme<br />
del fenomeno di studio. Ma anche<br />
ricostruzioni 3D statiche o dinamiche<br />
che consentono la rappresentazione<br />
di analisi complesse funzionali alla<br />
formazione come alla ricerca. Il potere<br />
di questi strumenti sta nel trasmettere<br />
concetti in modo rapido ed efficace,<br />
semplificando il confronto con temi<br />
multiformi tradotti in linguaggio chiaro<br />
e intuitivo.<br />
TRA MEDICO<br />
E PAZIENTE<br />
Dal punto di vista del clinico la<br />
diffusione massiccia dell’impiego della<br />
comunicazione visiva ha permesso<br />
un’ottimizzazione estrema del tempo<br />
dedicato alla formazione teorica con<br />
la massimizzazione della capacità<br />
di apprendimento delle nozioni, ma<br />
anche un incremento sostanziale<br />
nell’acquisizione di competenze<br />
pratiche. Se pensiamo a simulazioni<br />
video o modelli interattivi visivi, oggi<br />
NON PARLIAMO<br />
SOLTANTO DI UN<br />
INCREMENTO DELLA<br />
TECNOLOGIA MA DI<br />
UN VERO E PROPRIO<br />
RIPENSAMENTO DEL<br />
LINGUAGGIO E DEL MODO<br />
DI COMUNICARE<br />
è possibile ridurre drasticamente i<br />
tempi per la comprensione di utilizzo<br />
di sistemi medici complessi, procedure<br />
chirurgiche, aggiornamenti tecnologici.<br />
Anche la comunicazione<br />
interprofessionale riceve una spinta<br />
importante con l’ausilio dell’immagine<br />
che favorisce la condivisione<br />
di informazioni all’interno del<br />
team (sanitario e non). Immagini<br />
diagnostiche di sempre maggiore<br />
qualità, presentazioni multimediali di<br />
risultati di ricerca, rappresentazione<br />
di dati di studio immediatamente<br />
comprensibili, fino alla compilazione<br />
di cartelle cliniche che includono<br />
infografiche e diagrammi, consentono<br />
un trasferimento dell’informazione<br />
scientifica più conciso e lineare,<br />
creando flussi comunicativi più<br />
standardizzati che favoriscono<br />
collaborazioni ormai a livello globale.<br />
Non meno importante è la facilitazione<br />
del rapporto con il paziente che vede<br />
nell’utilizzo della comunicazione<br />
visuale un’arma vincente. Sempre<br />
più spesso il medico supporta questa<br />
relazione con l’utilizzo di materiali<br />
cartacei o digitali che possano<br />
chiarire al meglio una dimensione<br />
clinica complessa, dalla patologia<br />
al trattamento, aiutando a superare<br />
anche un gap di competenze che<br />
spesso si rileva un ostacolo gravoso<br />
nel percorso necessario ad affrontare<br />
una malattia; tutto questo struttura<br />
ancor di più le basi per un rapporto<br />
di fiducia solido, indispensabile per il<br />
raggiungimento dell’obiettivo.<br />
Gli applicativi che vedono impiegata la<br />
componente visuale pervadono oggi<br />
tutte le fasi di questo rapporto: già<br />
dalla prevenzione, l’utilizzo di immagini<br />
accattivanti catalizza l’attenzione<br />
delle persone appartenenti a un target<br />
specifico, la rappresentazione chiara di<br />
costi e benefici, procedure e percorsi,<br />
massimizza il ritorno di investimento<br />
di molte operazioni di comunicazione.<br />
Azioni multicanale coinvolgono gli<br />
utenti a 360 gradi, dall’impiego di<br />
materiali più tradizionali come poster<br />
o brochure informative sempre meglio<br />
strutturate, ai canali digitali come<br />
social o app intuitivi e dinamici, fino<br />
alla gamification, fenomeno in rapida<br />
ascesa negli ultimi anni con potenziale<br />
enorme in termini di engagement del<br />
paziente. Non parliamo soltanto di<br />
un incremento della tecnologia nel<br />
settore, che sicuramente offre approcci<br />
fino a poco tempo fa impensabili, ma<br />
di un vero e proprio ripensamento del<br />
linguaggio e del modo di comunicare,<br />
che coinvolge anche prodotti<br />
“tradizionali” come l’RCP di prodotto<br />
per esempio, che viene strutturato<br />
in maniera sempre più visiva per<br />
trasferire correttamente tutte le<br />
informazioni necessarie a un corretto<br />
utilizzo di un farmaco in maniera<br />
consapevole e misurata.<br />
Questi input alla comunicazione a<br />
livello visivo che permeano il settore in<br />
maniera trasversale stanno portando<br />
già oggi risultati significativi in termini<br />
di monitoraggio, aderenza terapeutica,<br />
consapevolezza, coinvolgimento<br />
proattivo del percorso clinico in tutte le<br />
sue fasi e per i diversi attori coinvolti.<br />
Un fenomeno che è destinato ad<br />
autoalimentarsi alla luce di un sempre<br />
maggiore potenziale tecnologico, che<br />
va però gestito con competenza al fine<br />
di mantenere una relazione equa e<br />
trasparente all’interno della comunità<br />
scientifica.<br />
IL ROVESCIO<br />
DELLA MEDAGLIA<br />
Nel settore medico-scientifico, esiste<br />
una sfida importante nel trovare il<br />
57
58<br />
giusto equilibrio tra rispettare i rigorosi<br />
standard di “compliance” e massimizzare<br />
l’efficacia comunicativa. Ad esempio, nel<br />
creare materiali visivi per la promozione<br />
di farmaci, è essenziale rispettare le<br />
normative sulla pubblicità farmaceutica<br />
pur mantenendo la chiarezza e l’impatto<br />
del messaggio. In questo contesto è<br />
fondamentale adottare approcci creativi<br />
e innovativi per sviluppare materiali visivi<br />
che siano al tempo stesso conformi alle<br />
normative e in grado di coinvolgere un<br />
determinato target.<br />
Facendo un piccolo passo indietro,<br />
recuperiamo la definizione di<br />
comunicazione sanitaria: “lo studio e<br />
l’utilizzo di strategie di comunicazione<br />
per fare informazione e influenzare<br />
le decisioni individuali che possono<br />
migliorare la salute”. All’interno di questo<br />
insieme troviamo tutte le attività che<br />
aziende ed enti che operano in questo<br />
settore mettono in atto per comunicare<br />
con il pubblico e veicolare informazioni<br />
utili per le persone. Il marketing sanitario<br />
non fa eccezione naturalmente, utilizza<br />
metodologie e tecniche tra le più<br />
disparate per portare un obiettivo ma non<br />
deve mai tradire la mission originaria<br />
dell’assistenza sanitaria e del mondo<br />
farmaceutico racchiusa nella definizione<br />
riportata in precedenza. Non va frainteso,<br />
infatti, l’obiettivo dell’healthcare<br />
marketing che non è vendere, bensì<br />
informare, promuovere servizi e<br />
strumenti, suscitare consapevolezza su<br />
determinate patologie e sul benessere<br />
sanitario, consolidare la reputazione di<br />
un’azienda o di un’organizzazione.<br />
Tornando alla comunicazione visiva,<br />
riconsiderata alla luce di quanto appena<br />
detto, è facile comprendere come<br />
ci si debba muovere su un terreno<br />
scivoloso mantenendo grande senso<br />
di responsabilità. Quelli che per gli<br />
addetti ai lavori sembrano spesso dei<br />
paletti fastidiosi, che ostacolano una<br />
comunicazione più diretta e focalizzata,<br />
garantiscono in realtà una costruzione<br />
di messaggi informativi completi ed<br />
esaustivi nel comunicare su argomenti<br />
sempre delicati e complessi.<br />
Esiste sostanzialmente un tema di<br />
“rappresentazione etica” dei dati e<br />
ESISTE UN TEMA<br />
DI “RAPPRESENTAZIONE<br />
ETICA” DEI DATI E<br />
DELLE INFORMAZIONI<br />
CHE DIVENTA DI<br />
MAGGIORE ATTUALITÀ<br />
PROPRIO ALLA LUCE<br />
DEI NUOVI MODELLI DI<br />
COMUNICAZIONE IN ATTO<br />
delle informazioni che diventa sempre<br />
di maggiore attualità proprio alla luce<br />
dei nuovi modelli di comunicazione in<br />
atto. Con l’espansione dell’uso della<br />
visualizzazione dei dati, infatti, le<br />
considerazioni etiche che la circondano<br />
diventano sempre più cruciali. Presentarli<br />
in modo fuorviante o parziale può<br />
avere conseguenze di vasta portata. La<br />
visualizzazione implica rappresentare<br />
in modo trasparente, evitare tecniche<br />
manipolative e garantire che le<br />
raffigurazioni riflettano accuratamente<br />
le informazioni sottostanti. In qualità di<br />
amministratori dei dati, i professionisti<br />
devono dare priorità all’onestà e<br />
all’integrità nella loro narrazione visiva,<br />
trovando di volta in volta il giusto<br />
compromesso con la necessaria efficacia.<br />
PROSPETTIVE<br />
FUTURE E<br />
APPLICAZIONI<br />
INNOVATIVE<br />
Guardando al futuro, si prevede che<br />
l’uso di materiali visivi nel settore<br />
healthcare/pharma continuerà a<br />
crescere. Esempi di questo trend<br />
includono l’uso di infografiche<br />
interattive per educare i pazienti sui<br />
loro disturbi e l’utilizzo di simulazioni<br />
visive per illustrare il funzionamento<br />
di nuovi dispositivi medici. Inoltre,<br />
l’intelligenza artificiale sta emergendo<br />
come strumento potente per generare<br />
automaticamente visualizzazioni<br />
dei dati, consentendo agli esperti di<br />
concentrarsi sulla interpretazione<br />
e l’analisi dei risultati. Ad esempio,<br />
algoritmi di machine learning possono<br />
analizzare grandi quantità di dati<br />
clinici per identificare pattern e<br />
tendenze, generando visualizzazioni<br />
chiare e informative che facilitano la<br />
comprensione e l’interpretazione dei<br />
risultati. Inoltre, la realtà aumentata<br />
e la realtà virtuale offrono nuove<br />
possibilità per la visualizzazione e<br />
l’interazione con i dati scientifici,<br />
consentendo ai ricercatori di esplorare<br />
e manipolare modelli tridimensionali<br />
di strutture biologiche complesse con<br />
un grado di dettaglio senza precedenti<br />
in modalità immersiva e interattiva.<br />
Queste tecnologie hanno il potenziale<br />
per trasformare radicalmente il modo<br />
in cui i professionisti della salute e i<br />
ricercatori visualizzano e comprendono<br />
i dati, aprendo nuove vie per<br />
l’innovazione e la scoperta scientifica.<br />
In conclusione, la comunicazione visiva<br />
svolge un ruolo chiave nel settore<br />
medico-scientifico, facilitando la<br />
trasmissione di informazioni complesse<br />
in modo accessibile ed efficace. È<br />
fondamentale che gli esperti del<br />
settore continuino a sfruttare appieno<br />
il potenziale delle nuove tecnologie e<br />
metodologie per creare materiali visivi<br />
innovativi e impattanti, contribuendo<br />
così a migliorare la comunicazione<br />
e la comprensione delle tematiche<br />
legate alla salute e alla medicina. La<br />
comunicazione visiva rappresenta una<br />
potente risorsa per educare, informare<br />
e ispirare, svolgendo un ruolo cruciale<br />
nel promuovere la salute e il benessere<br />
della società nel suo complesso, e mai<br />
come oggi tutto questo è sotto i nostri<br />
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Legal view<br />
L’impatto della proposta<br />
di riforma farmaceutica<br />
europea sui farmaci generici<br />
Josephine Romano, Giuseppe Speziale, Andrea Pane | Deloitte Legal<br />
la sorveglianza dei medicinali per<br />
uso umano, definisce le norme che<br />
disciplinano l’Agenzia europea per i<br />
medicinali, modifica i regolamenti (CE)<br />
n. 1394/2007 e (UE) n. 536/2014 e<br />
abroga i regolamenti (CE) n. 726/2004,<br />
(CE) n. 141/2000 e (CE) n. 1901/2006.<br />
La Commissione<br />
Europea ha<br />
presentato una<br />
proposta di revisione<br />
della legislazione<br />
farmaceutica con<br />
l’obiettivo dichiarato di<br />
migliorare l’accesso ai<br />
farmaci, garantire la<br />
sicurezza dei pazienti e<br />
stimolare l’innovazione<br />
La proposta di riforma<br />
farmaceutica dell’UE<br />
Il 26 aprile 2023 la Commissione<br />
Europea ha presentato una proposta<br />
di revisione della legislazione<br />
farmaceutica nell’Unione Europea<br />
volta a rivedere e sostituire l’attuale<br />
legislazione generale del settore<br />
farmaceutico. La proposta di revisione<br />
della legislazione farmaceutica<br />
si inquadra nella più ampia<br />
“Strategia farmaceutica dell’Europa”<br />
delineata dalla Commissione nella<br />
Comunicazione (COM(2020)761) e<br />
prevede, in particolare:<br />
una proposta di Direttiva del<br />
Parlamento Europeo e del Consiglio<br />
recante un codice dell’Unione relativo<br />
ai medicinali per uso umano e che<br />
abroga le direttive 2001/83/CE e<br />
2009/35/CE;<br />
una proposta di Regolamento<br />
del Parlamento Europeo e del<br />
Consiglio che stabilisce le procedure<br />
dell’Unione per l’autorizzazione e<br />
Gli obiettivi generali della riforma<br />
indicati dalla Commissione sono:<br />
(i) garantire un livello elevato di<br />
sanità pubblica assicurando la<br />
qualità, la sicurezza e l’efficacia dei<br />
medicinali per i pazienti dell’UE; e<br />
(ii) armonizzare il mercato interno<br />
della sorveglianza e del controllo<br />
dei medicinali nonché i diritti e i<br />
doveri delle autorità competenti<br />
degli Stati membri. Accanto agli<br />
obiettivi generali appena elencati, la<br />
riforma prevede, altresì, degli obiettivi<br />
specifici, tra cui quello di garantire<br />
un accesso tempestivo ed equo a<br />
medicinali sicuri, efficaci e a prezzi<br />
accessibili, di favorire l’innovazione<br />
e la competitività per la ricerca,<br />
sviluppo e produzione di medicinali<br />
e di migliorare la sostenibilità<br />
dei medicinali dal punto di vista<br />
ambientale.<br />
Considerati gli intenti della revisione<br />
e gli argomenti trattati, la proposta ha<br />
già suscitato tra i soggetti coinvolti un<br />
ampio dibattito destinato a proseguire.<br />
60
makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />
A distanza di un anno dalla proposta<br />
di riforma, intendiamo in questa<br />
sede volgere l’attenzione all’impatto<br />
che la riforma potrebbe avere sui<br />
farmaci generici e, in particolare,<br />
alle disposizioni relative (i) alla<br />
semplificazione delle procedure di<br />
autorizzazione dei medicinali generici<br />
e biosimilari, (ii) alla revisione dei<br />
tempi di tutela della “esclusiva<br />
regolatoria” e (iii) al sistema di<br />
incentivi previsto a supporto<br />
dell’innovazione.<br />
La Commissione ritiene, infatti, che,<br />
considerate nel loro complesso,<br />
le misure che verranno introdotte<br />
agevoleranno un più rapido ingresso<br />
sul mercato di medicinali generici<br />
e biosimilari, aumentando così la<br />
concorrenza e contribuendo agli<br />
obiettivi di promuovere l’accessibilità<br />
economica dei medicinali e l’accesso<br />
dei pazienti.<br />
I farmaci generici<br />
Come è noto, un farmaco generico (o<br />
equivalente), è un farmaco che ha la<br />
stessa composizione – nonché una<br />
bioequivalenza, dimostrata da studi<br />
appropriati di biodisponibilità – del<br />
suo “farmaco di riferimento”, già da<br />
tempo presente e conosciuto sul<br />
mercato, e il cui brevetto sia scaduto.<br />
Un farmaco generico è pertanto una<br />
copia di un medicinale autorizzato<br />
(“di marca”) per il quale sia scaduta<br />
sia la protezione brevettuale, sia<br />
quella derivante dal certificato<br />
complementare di protezione, e si<br />
sia altresì concluso il periodo di<br />
protezione normativa dei dati .<br />
I termini “farmaco” e “medicinale”<br />
sono utilizzati come sinonimi.<br />
Il termine medicinale è quello<br />
impiegato nella normativa, italiana e<br />
comunitaria, che disciplina il settore.<br />
L’Organizzazione Mondiale della<br />
Sanità (OMS) ha definito “generico”<br />
un “medicinale intercambiabile<br />
con il prodotto innovatore (e quindi<br />
bioequivalente a questo) che viene<br />
messo in commercio dopo che siano<br />
scaduti il brevetto e il certificato<br />
complementare di protezione del<br />
farmaco originale”.<br />
Per quanto riguarda l’ordinamento<br />
italiano, la prima definizione<br />
normativa di medicinale generico<br />
è contenuta nella Legge 8 agosto<br />
1996, n. 425 (di conversione del D.L.<br />
n.323/1996). Con riferimento al<br />
framework normativo europeo, la<br />
definizione è invece contenuta nel<br />
decreto legislativo 24 aprile 2006,<br />
n. 219 (di attuazione della direttiva<br />
2001/83/CE relativa ad un codice<br />
comunitario concernente i medicinali<br />
per uso umano): “un medicinale che<br />
ha la stessa composizione qualitativa<br />
e quantitativa di sostanze attive e<br />
la stessa forma farmaceutica del<br />
medicinale di riferimento nonché<br />
una bioequivalenza con il medicinale<br />
di riferimento dimostrata da studi<br />
appropriati di biodisponibilità”.<br />
L’attuale quadro normativo prevede<br />
già un regime di favore per i<br />
medicinali generici, che consiste in<br />
un iter semplificato per l’ottenimento<br />
dell’autorizzazione all’immissione in<br />
commercio. Il medicinale generico<br />
non può comunque essere immesso<br />
sul mercato prima che siano scaduti i<br />
periodi di “data exclusivity” e “market<br />
protection” e, quindi, prima che siano<br />
trascorsi dieci anni dall’autorizzazione<br />
iniziale del prodotto di riferimento.<br />
La ragione di tale disciplina<br />
di favore risiede nel fatto che<br />
il medicinale generico è un<br />
medicinale sostanzialmente uguale<br />
al medicinale originatore ed è<br />
quindi intercambiabile con esso. La<br />
produzione di medicinali generici è<br />
logicamente meno onerosa rispetto a<br />
quella del corrispondente medicinale<br />
di riferimento, che è il risultato di<br />
una importante attività di ricerca e<br />
sperimentazione. Di conseguenza,<br />
i medicinali generici hanno un<br />
prezzo più basso dei corrispondenti<br />
medicinali di riferimento.<br />
Le misure della<br />
riforma che impattano<br />
sui farmaci generici<br />
Come accennato, l’ampia riforma<br />
prospettata dalla Commissione si<br />
pone tra i propri obiettivi quello<br />
di promuovere la concorrenza<br />
attraverso un più veloce ingresso<br />
sul mercato di medicinali generici<br />
e biosimilari. Tuttavia, la sfida da<br />
affrontare è rappresentata dalla<br />
necessità di bilanciare le contrapposte<br />
posizioni tra i produttori di farmaci<br />
originatori – che hanno il legittimo<br />
interesse a estendere il più possibile<br />
la tutela brevettuale dei loro<br />
prodotti al fine di proteggere gli<br />
importanti investimenti dedicati a<br />
ricerca, sviluppo e sperimentazione<br />
di medicinali innovativi, e quindi<br />
anche l’interesse a ritardare il più<br />
possibile l’ingresso di concorrenti – e<br />
i produttori di farmaci generici, che<br />
intendono invece accedere al mercato<br />
farmaceutico in seguito alla scadenza<br />
brevettuale del farmaco originator,<br />
alla cui causa si aggiunge anche la<br />
possibilità di una maggiore possibilità<br />
di approvvigionamento di farmaci<br />
destinati alla cura dei pazienti.<br />
Nel dettaglio, con riferimento alle<br />
specifiche misure della riforma<br />
che interessano i farmaci generici,<br />
la prima novità da segnalare<br />
riguarda la semplificazione delle<br />
procedure di autorizzazione dei<br />
medicinali generici e biosimilari.<br />
In particolare, ai sensi dell’articolo<br />
9 della proposta di Direttiva, che<br />
disciplina appunto le “domande<br />
relative a medicinali generici”, al<br />
fine di ottenere l’autorizzazione<br />
all’immissione in commercio per un<br />
medicinale generico il richiedente<br />
non deve più fornire i risultati delle<br />
prove non cliniche e degli studi, ma<br />
soltanto a dimostrare l’equivalenza<br />
61
62<br />
del medicinale generico rispetto al<br />
medicinale di riferimento. Inoltre, per<br />
i medicinali generici e biosimilari non<br />
saranno più richiesti, di regola, i piani<br />
di gestione del rischio, considerando<br />
che il medicinale di riferimento<br />
dispone già di un tale piano (articolo<br />
21).<br />
Sempre al medesimo fine di<br />
agevolare l’ingresso dei medicinali<br />
generici nel mercato, la proposta<br />
contiene ulteriori misure per la<br />
revisione dei tempi di tutela della<br />
c.d. “esclusiva regolatoria”, che però,<br />
come è facile immaginare, sono<br />
destinate ad alimentare la già citata<br />
contrapposizione tra gli interessi<br />
dei produttori di generici e quelli dei<br />
produttori di farmaci innovativi di<br />
riferimento.<br />
Attualmente, i titolari di AIC hanno<br />
diritto a un periodo di dieci anni –<br />
estendibili a undici – di “esclusiva<br />
regolatoria”, vale a dire un periodo<br />
di otto anni di “data exclusivity”,<br />
durante il quale è riconosciuta al<br />
medicinale originator un’esclusiva<br />
sui dati contenuti nel dossier, a cui<br />
si aggiunge un ulteriore periodo<br />
di due anni (estendibili a tre) di<br />
“market protection”, durante il quale il<br />
medicinale generico non può ancora<br />
essere immesso sul mercato.<br />
La proposta adottata dalla<br />
Commissione prevede una riduzione<br />
del suddetto periodo di data<br />
exclusivity dagli attuali otto a sei<br />
anni, prorogabili tuttavia fino ad<br />
un massimo di dodici anni, qualora<br />
vengano soddisfatte determinate<br />
condizioni. Al riguardo, le criticità<br />
rilevate dal Ministero della salute e<br />
da AIFA con riferimento agli incentivi<br />
previsti dagli articoli da 81 a 84 della<br />
proposta di Direttiva riguardano il<br />
rischio di un ritardo della disponibilità<br />
di medicinali generici e biosimilari,<br />
con conseguenti effetti sfavorevoli<br />
sull’accesso dei pazienti alle cure e<br />
sulla sostenibilità economica per i<br />
servizi sanitari e per i cittadini dell’UE,<br />
nonché una maggiore complessità<br />
del sistema dovuta alla variabilità<br />
e imprevedibilità delle scadenze,<br />
che rischierebbero di tradursi in<br />
possibili contenziosi tra sviluppatori<br />
e produttori di farmaci innovativi,<br />
produttori di generici e autorità<br />
competenti.<br />
Il quadro delle misure della<br />
proposta di Direttiva che impattano<br />
maggiormente sui medicinali<br />
generici è completato dall’articolo<br />
85, che prevede un ampliamento<br />
dell’applicazione della c.d.<br />
“esenzione Bolar”, ai sensi della<br />
quale possono essere effettuati<br />
studi per la successiva approvazione<br />
normativa di medicinali generici e<br />
biosimilari durante la protezione del<br />
brevetto o del certificato protettivo<br />
complementare del medicinale<br />
di riferimento. Lo scopo, anche in<br />
questo caso, è favorire l’ingresso<br />
sul mercato dei medicinali generici<br />
e biosimilari il primo giorno in cui<br />
cessa la protezione brevettuale o del<br />
certificato protettivo complementare.<br />
Necessità di un<br />
equilibrio tra<br />
accessibilità,<br />
competitività,<br />
investimenti e<br />
innovazione<br />
In conclusione, la revisione si propone<br />
di rafforzare la competitività di un<br />
settore fortemente strategico e<br />
strettamente connesso alla ricerca<br />
innovativa, scientifica e tecnologica e<br />
alla produzione industriale. Tuttavia,<br />
alcune misure destano alcune<br />
preoccupazioni in tema di attrattività<br />
degli investimenti nel settore, nonché<br />
dal punto di vista della competitività<br />
delle aziende europee rispetto a<br />
quelle non europee. In particolare,<br />
la revisione dei tempi della<br />
protezione normativa rischia, infatti,<br />
di scoraggiare gli investimenti e di<br />
penalizzare la ricerca e l’innovazione,<br />
pur avendo come obiettivo<br />
quello di favorire una precoce<br />
commercializzazione dei farmaci<br />
generici e biosimilari e, quindi, nelle<br />
intenzioni della Commissione, di<br />
garantire l’accesso ai medicinali da<br />
parte di una popolazione più ampia<br />
di pazienti e di creare un mercato<br />
interno competitivo.<br />
È auspicabile, dunque, l’introduzione<br />
di misure che tengano adeguato<br />
conto dei diversi interessi in gioco e<br />
assicurino un giusto bilanciamento<br />
tra le contrapposte esigenze di tutti<br />
i soggetti coinvolti, al fine di tutelare<br />
gli investimenti industriali, la crescita<br />
integrata del settore farmaceutico,<br />
l’equilibrio generale del sistema<br />
salute e l’interesse dei cittadini<br />
europei.<br />
A tal proposito segnaliamo che<br />
lo scorso 10 Aprile il Parlamento<br />
Europeo ha approvato in sede<br />
plenaria i due report della Riforma<br />
Farmaceutica approvati in Comitato<br />
ENVI il 19 Marzo <strong>2024</strong>, mentre<br />
proseguono i lavori sui testi in seno<br />
al Consiglio. Le discussioni tra i<br />
co-legislatori continueranno nella<br />
prossima legislatura dopo le elezioni<br />
europee del 6-9 giugno.<br />
Si rende pertanto necessario, anche<br />
attraverso un’attività di regulatory<br />
intelligence, monitorare l’evoluzione<br />
della riforma e il suo iter legislativo<br />
al fine di comprendere, attraverso<br />
vere e proprie analisi di scenario,<br />
le proposte di modifiche normative<br />
da sottoporre concretamente alle<br />
Istituzioni europee. In questo ambito,<br />
risulta fondamentale l’apporto di<br />
legali che abbiano un expertise di<br />
regulatory intelligence nel settore<br />
poiché in grado di interloquire<br />
autorevolmente con le Istituzioni<br />
coinvolte e rappresentare le istanze<br />
degli operatori del settore.
SVIZZERA<br />
Occhio ai prezzi delle forniture mediche e sanitarie<br />
F I N A N C E<br />
SPYGLASS<br />
Uno sguardo ai<br />
mercati internazionali.<br />
Investimenti e<br />
opportunità di sviluppo<br />
nel settore farmaceutico<br />
Per il sistema sanitario svizzero le cliniche private sono un pilastro importante<br />
ma l’attuale pressione tariffaria sta mettendo a dura prova il loro modello di<br />
affari. Il direttore delle cliniche Hirslanden di Ginevra, Gilles Rufenacht, ha preso<br />
una netta posizione a riguardo, invitando le autorità e in particolare la Finma,<br />
autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari, a mettere sotto la lente di<br />
ingrandimento i margini e i prezzi delle aziende che forniscono farmaci, dispositivi<br />
medici, materiali di consumo e servizi di manutenzione delle apparecchiature.<br />
Secondo Rufenacht, infatti, le aziende applicherebbero nel Paese prezzi fino a<br />
quattro volte più alti che all’estero, in particolare in Paesi come Germania o Paesi<br />
Bassi, e i margini raggiungerebbero in alcuni casi il 50% o addirittura l’80%.<br />
Il problema è emerso a seguito della decisione di un noto gruppo assicurativo<br />
svizzero nel campo della salute di non rimborsare più le degenze in comparti<br />
privati o semi-privati, che erano invece finora supportate dalle assicurazioni<br />
complementari. Il rischio è quindi un calo delle assicurazioni stipulate e una<br />
sempre maggiore fragilità del sistema sanitario delle cliniche svizzere, che si<br />
trovano costrette ad abbassare i costi delle degenze ospedaliere in un contesto già<br />
complesso di carenza di personale infermieristico e aumento dell’inflazione.<br />
Valentina Guidi<br />
IRAN<br />
Fitto intreccio di relazioni<br />
commerciali<br />
Numerose compagnie iraniane hanno stretto<br />
rapporti commerciali con gli Emirati Arabi Uniti e<br />
stanno lavorando proficuamente con il Paese, che<br />
si dimostra sempre più aperto a investire a sua<br />
volta in Iran. È quanto emerso dall’incontro della<br />
Iran-UAE joint economic commission che si è tenuto<br />
ad Abu Dhabi il 1 maggio. Le relazioni commerciali<br />
tra i due Paesi, inoltre, promettono di aumentare in<br />
tutti i settori: l’Iran è infatti già il secondo partner<br />
commerciale degli Emirati Arabi Uniti per importanza,<br />
preceduto solo dalla Cina, e gli scambi tra i due Paesi<br />
sono aumentati del 17% nel 2023.<br />
Inoltre, il direttore della Iranian food and drug<br />
administration (Ifda) ha dichiarato che più di 20 Paesi<br />
africani hanno partecipato attivamente all’ultimo<br />
Iran-Africa International Summit, che si è tenuto dal<br />
26 al 29 aprile. Le basi sono quindi molto promettenti<br />
per la creazione di rapporti commerciali legati<br />
all’esportazione verso l’Africa di farmaci, dispositivi<br />
medici, tecnologie e conoscenze nel campo della<br />
salute.<br />
ARABIA SAUDITA<br />
Il nuovo e ambizioso medical resort<br />
Si chiamerà Heart of Uhud e sorgerà a Medina, non lontano dalla<br />
Moschea del Profeta, la seconda tra le moschee più sacre per<br />
la religione islamica. Il nuovo centro dedicato alla salute e al<br />
benessere progettato dall’Arabia Saudita rientra nel solco degli<br />
obiettivi di Saudi Vision 2030 e punta a offrire un servizio di alto<br />
livello nell’ambito della salute e del benessere a ospiti nazionali<br />
e internazionali proprio entro l’anno 2030. Per un’esperienza<br />
completa, il progetto comprende, oltre a un centro di riabilitazione<br />
e a strutture mediche, anche hotel, ristoranti e bar progettati per<br />
garantire il benessere della persona.<br />
Il centro occuperà una superficie di 240.000 metri quadrati e per<br />
la sua costruzione sono già stati stanziati due miliardi di riyal<br />
(quasi mezzo miliardi di euro). La posizione geografica dell’enorme<br />
struttura è pensata per sottolineare la connessione tra benessere<br />
spirituale e fisico ma allo stesso tempo le competenze mediche<br />
e scientifiche che verranno impiegate saranno di alto livello<br />
e specializzate. Una volta completata la costruzione, grazie a<br />
investimenti nazionali e internazionali, il centro dovrebbe ospitare<br />
circa 30 milioni di persone all’anno.<br />
64
makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />
VIETNAM<br />
Finanziamenti per le imprese italiane<br />
Il Sace (gruppo assicurativo-finanziario italiano direttamente<br />
controllato dal ministero dell’Economia e delle Finanze) ha lanciato<br />
un pacchetto di aiuti alle imprese italiane in Vietnam pari a 1,3<br />
miliardi di dollari. Il Vietnam è una delle economie a più rapida<br />
crescita del sud-est asiatico ed è diventato molto attraente per gli<br />
investimenti italiani. Al momento la priorità verrebbe data ai settori<br />
energia, agricoltura e manifatturiero, ma Sace potrebbe ampliare<br />
l’accesso al fondo a settori chiave per il Vietnam, tra cui quello<br />
dell’healthcare.<br />
Il Sace vuole porsi come trait-d’union tra chi è in cerca di capitali<br />
e le entità finanziarie locali, puntando a coinvolgere in questa<br />
iniziativa 10 banche vietnamite. L’ambasciatore italiano in Vietnam,<br />
Marco Della Seta, ha espresso ottimismo circa i progetti di sviluppo<br />
bilaterale tra i due Paesi che possono rilanciare anche nuove future<br />
collaborazioni: nel 2023 le esportazioni italiane in Vietnam hanno<br />
raggiunto il valore di 1,7 miliardi di euro, mentre quelle vietnamite<br />
in Italia i 4,4 miliardi di euro.<br />
HONG KONG<br />
Centro di convergenza degli<br />
investimenti life science<br />
Sono 45 le compagnie attive nel settore life science<br />
che Hong Kong ha accolto o visto espandersi sul<br />
proprio territorio dal 2023, di cui il 60% si occupano<br />
di farmaci e terapie avanzate. Il Paese ha investito<br />
l’equivalente di 832 milioni di dollari nel progetto di<br />
diventare un polo d’attrazione per il settore, con un<br />
ritorno nei prossimi anni stimato in 3.200 nuovi posti<br />
di lavoro secondo i dati di Oases (Office for attracting<br />
strategic enterprises) e InvestHK. Ciò che sta<br />
rendendo Hong Kong un centro di convergenza per il<br />
life science è un insieme di fattori tra cui sicuramente<br />
figurano gli investimenti governativi, finalizzati a<br />
incentivare le diverse fasi di crescita di un’azienda a<br />
partire dalla ricerca di base e dagli studi clinici fino<br />
alla produzione e alle vendite, ma anche la presenza<br />
di competenze di alto profilo e un ambiente favorevole<br />
alla ricerca e alla raccolta fondi.<br />
A tal proposito, nel 2018 la Borsa di Hong Kong ha<br />
istituito nuove regole secondo cui le aziende biotech<br />
senza entrate avrebbero potuto raccogliere capitali<br />
nel Paese, che nel 2021 è diventato la seconda sede al<br />
mondo per il fundraising in ambito biotech. Il governo<br />
ha inoltre lanciato una serie di iniziative economiche<br />
a supporto delle compagnie life science per<br />
compensare gli alti costi dello sviluppo dei farmaci e<br />
sta progettando di istituire una propria autorità per<br />
l’approvazione dei farmaci per velocizzare questo<br />
fondamentale processo che oggi si basa sul lavoro<br />
di agenzie estere. Il processo di snellimento è già<br />
in corso: se fino allo scorso novembre perché un<br />
farmaco fosse approvato a Hong Kong era infatti<br />
necessario il parere positivo di almeno due di queste<br />
autorità, attualmente ne basta soltanto uno.<br />
INDIA<br />
Base promettente per gli studi clinici<br />
Negli ultimi 10 anni l’India è diventata una base per gli studi clinici sempre più attraente. Dal 2017 al 2023, infatti, gli studi<br />
di fase 2 nel Paese sono aumentati del 15%, mentre quelli di fase 3 del 18%. Il merito di questo incremento è da ricercarsi<br />
nel rinnovamento del Drugs and cosmetics act datato 1940, attuato con l’aiuto del capo delle Global clinical operations di<br />
Novartis, Badhri Srinivasan. Le 10 modifiche apportate all’atto a partire dal 2013 hanno reso gli studi clinici più semplici,<br />
veloci e accessibili.<br />
È stato proprio questo il focus dell’intervento di Srinivasan alla diciottesima edizione dell’annuale BioPharma&Healthcare<br />
Summit, organizzato dalla camera di commercio USA-India e tenutosi a Boston lo scorso 25 aprile. L’evento ha visto<br />
un’intera sezione dedicata alle opportunità che ruotano intorno agli studi clinici in India, con interventi di Chistopher Corsico<br />
(Global head of development, GSK), Peyton Howell (Chief operating&growth officier, Parexel), Sarah Sheikh (Head of global<br />
development, Takeda) e Uli Broedl (SVP, Head of global clinical development, Boehringer Ingelheim), oltre che del già citato<br />
Srinivasan. Le altre sessioni dell’evento hanno riguardato invece le malattie rare e neurologiche, il panorama dell’industria<br />
biotech e degli investimenti nel settore, le partnership industria-accademia, le strategie e i trend della ricerca e sviluppo,<br />
l’oncologia, il digitale e la data science nell’healthcare.<br />
65
F I N A N C E<br />
Il sentiero<br />
stretto<br />
della finanza<br />
agevolata<br />
160<br />
mld €<br />
dal Pnrr per lo<br />
sviluppo di filiere<br />
per la transizione<br />
verde e digitale<br />
420<br />
mln €<br />
fondo <strong>2024</strong>-27<br />
per il sostegno<br />
all’acquisto di<br />
strumentazioni<br />
60<br />
mln €<br />
fino al 2025 per<br />
investimenti in<br />
tecnologie 4.0<br />
160<br />
mln €<br />
aggiuntivi per<br />
l’imprenditoria<br />
femminile<br />
- Affrontare il cambiamento<br />
sfruttando tutte le opportunità<br />
offerte dagli incentivi pubblici<br />
(e non solo): una sfida epocale<br />
per le Pmi italiane<br />
Giovanni Medioli<br />
66
Sostenibilità, digitalizzazione. In due parole<br />
la sfida che si trovano ad affrontare le<br />
imprese e che determina la loro capacità<br />
di prosperare (continuare a produrre profitti<br />
oggi e domani) ma anche di sopravvivere<br />
al cambiamento economico in atto.<br />
Tanto che l’Unione europea, nella sua<br />
azione politica per il quinquennio 2019-<br />
<strong>2024</strong>, le ha poste come due delle sue quattro<br />
priorità principali, subito dopo “Proteggere<br />
i cittadini e le libertà” e prima di<br />
“Promuovere gli interessi e i valori europei<br />
sulla scena mondiale”. Qualsiasi sia<br />
la Commissione che uscirà dalle prossime<br />
elezioni, questi due punti rimarranno alla<br />
base dell’azione del governo continentale.<br />
Sintetizzando al massimo, non c’è futuro<br />
né prosperità per le imprese se non c’è<br />
innovazione. Ma questa innovazione chi<br />
la finanzia? E dove trovare le competenze<br />
per attuarla?<br />
Primo: le leggi e le opportunità<br />
Negli ultimi dieci anni, la politica nazionale,<br />
su istanza di quella europea, ha<br />
provato a rispondere all’esigenza di innovazione<br />
delle imprese con incentivi di<br />
finanza agevolata, spesso un buon viatico<br />
per avviare programmi di trasformazione<br />
altrimenti inattuabili. Ma accedere a<br />
finanziamenti e incentivi è tutt’altro che<br />
semplice e, spesso, anche le migliori intenzioni<br />
sono state frustrate da una legislazione<br />
complessa, a volte confusa, ma<br />
soprattutto instabile. Molti programmi<br />
e incentivi sono temporanei o sono stati<br />
introdotti, modificati, revocati o trasformati<br />
di anno in anno, diventando veri e<br />
propri rebus burocratici. L’impressione,<br />
a volte giustificata, è che del destino industriale<br />
del Paese la politica si sia occupata<br />
a fasi alterne: qualche volta se ne<br />
ricorda, a volte se ne dimentica. Complice<br />
anche la scarsa capacità delle nostre Pmi<br />
di “fare sistema”, di agire con azioni di<br />
lobby efficaci su governo e parlamento.<br />
Secondo: trovare le competenze<br />
Le Pmi italiane, come hanno dimostrato<br />
negli anni, hanno un’eccellente imprenditorialità<br />
e una straordinaria capacità<br />
di stare sul mercato. Ma ci sono, al loro<br />
interno, le competenze per affrontare le<br />
complicazioni della macchina burocratica<br />
unite alle complessità del cambiamento?<br />
La risposta è, semplicemente, no.<br />
Le (poche) grandi imprese nazionali han-<br />
no personale esperto per affrontare le<br />
sfide del change management poste da<br />
sostenibilità e digitalizzazione e, là dove<br />
mancano gli esperti, hanno le risorse per<br />
ingaggiare le competenze delle grandi società<br />
di consulenza. Questo non significa<br />
che per le grandi aziende il cambiamento<br />
sia tutto rose e fiori. Anche per loro la confusione<br />
normativa è un problema difficile<br />
da approcciare, ma possono affrontarlo<br />
elaborando e modificando più rapidamente<br />
piani vasti e complessi. Per le Pmi<br />
il problema è molto più profondo. In casa<br />
le competenze necessarie non ci sono e<br />
trovarle sul mercato (posto che si possano<br />
sostenere i costi di personale aggiuntivo<br />
esperto) è quasi impossibile. I consulenti<br />
delle Pmi, quelli delle piccole società di<br />
consulenza dedicate, anche se molto in<br />
gamba e preparati, di solito offrono soluzioni<br />
parziali a problemi vasti e complessi<br />
che richiederebbero piani “olistici” (a 360<br />
gradi) di cambiamento. Da anni si parla di<br />
“mettersi in rete”, della necessità di elaborare<br />
progetti di innovazione a livello di<br />
distretti, di filiera, di comparti produttivi.<br />
Molto è stato tentato ma i risultati non<br />
sempre sono stati all’altezza delle aspettative.<br />
Dunque, trovare un consulente (o<br />
una rete di consulenti) effettivamente<br />
capace non solo di elaborare, ma anche di<br />
“mettere a terra” progetti incentivabili<br />
diventa un fattore competitivo essenziale.<br />
Dove vanno gli incentivi<br />
Detto questo va anche ribadito che gli incentivi<br />
ci sono e che anche (e soprattutto)<br />
le Pmi possono usufruirne. Non parliamo<br />
solo delle risorse del Pnrr, sempre annunciate<br />
ma i cui effetti (che dovrebbero concludersi<br />
entro il 2026) sembrano tardare<br />
a manifestarsi. Ad ogni modo sul sito del<br />
Mimit c’è una pagina specifica che permette<br />
di accedere a tutti gli incentivi per<br />
le imprese legati al Pnrr attualmente in<br />
atto (sono otto - vedi QR code 1). Ci sono<br />
anche incentivi precedenti, paralleli e che<br />
si integrano con il Pnrr: un elenco parziale<br />
e temporaneo è disponibile sulla pagina<br />
di orientamento agli incentivi, sempre<br />
sul sito del Mimit (QR code 2). È essenziale<br />
comprendere che un’azienda, per<br />
massimizzare le opportunità offerte dalla<br />
finanza pubblica, è bene che non punti a<br />
ottenere un solo incentivo, ma a sfruttare<br />
tutti quelli disponibili che possono<br />
essere aggregati su un singolo progetto:<br />
Incentivi PNNR<br />
per le imprese<br />
Agevolazioni<br />
pre-esistenti<br />
per le imprese<br />
È bene che<br />
non si punti a<br />
ottenere un solo<br />
incentivo, ma a<br />
sfruttare tutti<br />
quelli disponibili<br />
che possono<br />
essere aggregati<br />
su un singolo<br />
progetto<br />
67
per esempio non solo a ottenere il 20% di<br />
credito d’imposta sui beni strumentali ma<br />
anche il 15% su ricerca e sviluppo, l’incentivo<br />
dato dal Patent Box e quello per la<br />
Formazione 4.0 di cui parliamo più avanti.<br />
Solo con un progetto completo diventa<br />
possibile accedere a crediti d’imposta<br />
consistenti e vantaggiosi. Non solo: dimostrare<br />
di avere in atto un progetto incentivato<br />
sostenibile aiuta anche nell’ottenere<br />
credito da altre fonti (bancarie,<br />
investitori professionali). Dunque, avere<br />
un consulente in grado di progettare e<br />
gestire un piano complessivo che preveda<br />
la fruizione dei massimi incentivi pubblici<br />
disponibili diventa ancora di più un fattore<br />
critico.<br />
Riportare qui un elenco completo di tutti<br />
gli incentivi non è possibile per due buoni<br />
motivi: primo, la molteplicità delle fonti.<br />
Ci sono incentivi europei, nazionali, regionali,<br />
bandi locali e di categoria che variano<br />
di anno in anno e in corso d’anno.<br />
Secondo: anche se molti incentivi si ripetono<br />
per forma e struttura, il loro importo<br />
e la loro forma variano. Per esempio, gli<br />
incentivi del Mimit legati alla Transizione<br />
4.0 (già Industria 4.0), anche se riguardano<br />
sempre gli stessi temi nelle stesse forme<br />
(credito d’imposta), hanno cambiato<br />
requisiti e percentuale di incentivazione<br />
grosso modo a ogni legge finanziaria dal<br />
2016 in poi. Elenchiamo alcuni di quelli<br />
principali.<br />
Transizione 4.0.<br />
Comprende tre ambiti.<br />
1. Credito d’imposta per investimenti in<br />
beni strumentali, serve a sostenere e incentivare<br />
le imprese che investono in beni<br />
strumentali nuovi. Sia i beni materiali<br />
(macchinari, hardware) che immateriali<br />
(software), funzionali alla trasformazione<br />
tecnologica e digitale dei processi produttivi.<br />
Dunque, non la semplice sostituzione<br />
di macchine già esistenti destinati<br />
a strutture produttive (di beni o servizi)<br />
ubicate nel territorio dello Stato.<br />
2. Credito d’imposta per ricerca e sviluppo<br />
(R&S), innovazione tecnologica, design<br />
e ideazione estetica. Anche qui, negli<br />
anni, le quote del credito d’imposta riconosciuto<br />
si sono ridotte. Ma se le attività<br />
incentivate danno origine a privative<br />
industriali (software protetto con dirit-<br />
Dimostrare di<br />
avere in atto<br />
un progetto<br />
incentivato<br />
sostenibile aiuta<br />
anche a ottenere<br />
credito da altre<br />
fonti<br />
Gli incentivi<br />
ci sono, le<br />
Pmi possono<br />
usufruirne,<br />
il fai-da-te<br />
probabilmente<br />
non è<br />
consigliabile<br />
to d’autore, brevetti industriali, modelli<br />
registrati, opere di design registrate)<br />
agli incentivi diretti possono aggiungersi<br />
quelli relativi al Patent Box che consente<br />
una tassazione agevolata sui proventi.<br />
3. Credito d’imposta formazione 4.0,<br />
per creare o consolidare le competenze<br />
del personale nelle tecnologie abilitanti<br />
necessarie a realizzare il paradigma 4.0.<br />
In sostanza: una volta implementato un<br />
progetto di innovazione in azienda, finanzia<br />
l’addestramento dei dipendenti<br />
per utilizzarlo in maniera corretta.<br />
Transizione 5.0<br />
Il piano è operativo dal 2 marzo <strong>2024</strong> e<br />
incentiva le imprese che investono in<br />
impianti di efficientamento energetico<br />
(compresi i software per la riduzione dei<br />
consumi), di autoproduzione e di stoccaggio<br />
energetici (per esempio impianti fotovoltaici,<br />
eolici, di produzione e captazione<br />
di biogas ecc). Possono beneficiarne tutte<br />
le imprese che nell’ambito di un progetto<br />
di innovazione conseguono una riduzione<br />
dei consumi energetici secondo i parametri<br />
fissati. Il provvedimento integra<br />
gli incentivi per i progetti di innovazione<br />
della Transizione 4.0 e può comportare<br />
un beneficio fiscale molto consistente<br />
(fino al 45% degli investimenti effettuati<br />
da una Pmi entro i 2,5 milioni di euro) da<br />
scontare entro il 2025. Tuttavia, l’iter per<br />
accedere al beneficio è molto complesso e<br />
prevede ben nove passaggi: certificazione<br />
ex ante al Gse; trasmissione a Mimit e<br />
Ade da parte del Gse dei progetti presentati;<br />
avvio, realizzazione e messa in funzione<br />
del progetto da parte dell’impresa<br />
(certificati); certificazione 4.0 per l’impresa;<br />
comunicazioni periodiche al Gse<br />
sull’avanzamento lavori e sull’investimento;<br />
certificazione ex post dell’impianto<br />
realizzato o rinnovato; trasmissione da<br />
Gse ad Ade dell’elenco delle imprese ammesse<br />
al beneficio e l’ammontare dei crediti;<br />
compensazione del credito con F24;<br />
certificazione dei costi sostenuti a cura del<br />
revisore dei conti.<br />
Come dicevamo, gli incentivi ci sono, le<br />
Pmi possono usufruirne, il fai-da-te probabilmente<br />
non è consigliabile.<br />
Riferimenti<br />
https://www.mimit.gov.it<br />
68
info@makinglife.it
Via Vincenzo Monti 173<br />
20099 Sesto San Giovanni (MI)<br />
ITALY<br />
Tel. +39(2)24.89.583/(2)26.22.43.13<br />
Fax +39 (2) 26.21.065<br />
e-mail: info@defil.it<br />
www.defil.it
makinglife | giugno <strong>2024</strong> | <strong>numero</strong> tre<br />
PRODUCTION<br />
Pharma Telling & Industry
Anticipare le esigenze<br />
del mercato<br />
Monica Torriani<br />
Presidiare la catena del valore è una sfida, soprattutto<br />
se si opera in mercati regolati nei quali è imprescindibile<br />
la tutela dei cittadini da qualsiasi rischio per la salute: il<br />
dialogo virtuoso con fornitori e clienti rappresenta uno<br />
strumento importante per vincerla<br />
Benché considerino<br />
tutti come riferimento<br />
la salute e il benessere<br />
delle persone, i settori<br />
farmaceutico, cosmetico<br />
e nutraceutico sono<br />
caratterizzati da profonde<br />
differenze dal punto di vista<br />
del mercato, del framework<br />
regolatorio e dei requisiti<br />
produttivi.<br />
Per capire meglio quali<br />
sono punti di forza e<br />
criticità per le aziende<br />
impegnate su tutti e tre<br />
questi fronti abbiamo<br />
intervistato Giorgio<br />
Ferraris, Ceo del Gruppo<br />
Fine Foods, che ci ha<br />
parlato anche dei recenti<br />
risultati di bilancio e dei<br />
progetti della Corporate per<br />
il futuro.<br />
Fine Foods opera nei<br />
settori farmaceutico,<br />
nutraceutico e cosmetico:<br />
qual è il filo conduttore<br />
delle vostre attività?<br />
Fine Foods è una<br />
Contract development &<br />
manufacturing organization<br />
indipendente che sviluppa<br />
e produce in conto terzi<br />
prodotti per l’industria<br />
nutraceutica, farmaceutica<br />
e cosmetica. Siamo la<br />
prima Cdmo quotata in<br />
borsa su Euronext STAR<br />
Milan e dal 2021 siamo<br />
anche una Società Benefit,<br />
a conferma del nostro<br />
modello di business etico<br />
e trasparente. Ciò che<br />
innanzitutto ci rende unici<br />
è proprio il fatto di essere<br />
Giorgio Ferraris, Ceo del Gruppo Fine Foods<br />
74
makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />
presenti nei tre settori e<br />
di garantire alti standard<br />
qualitativi in ciascuno di<br />
essi ed essere un partner<br />
affidabile per i nostri<br />
clienti. Un primo aspetto<br />
di coesione fra le nostre<br />
attività è rappresentato<br />
dall’organizzazione,<br />
che si articola intorno a<br />
quattro pilastri: business<br />
development, innovazione e<br />
R&D, scale up e produzione,<br />
assicurazione e controllo<br />
qualità. Da questo punto<br />
di vista, le dirò, investiamo<br />
molte delle nostre energie<br />
nella cura del rapporto<br />
con i clienti. Per loro<br />
ci occupiamo da vicino<br />
delle attività di studio e<br />
formulazione di nuovi<br />
prodotti nutraceutici e<br />
cosmetici e, in particolare,<br />
di tutte le tematiche<br />
connesse al technology<br />
transfer e allo scale up<br />
dei sistemi produttivi, un<br />
aspetto fondamentale ai fini<br />
dell’efficientamento delle<br />
fasi del manufacturing<br />
e, in ultima analisi, del<br />
contenimento dei costi del<br />
prodotto finale.<br />
In un settore, ci tengo a<br />
sottolinearlo, regolato<br />
da una normativa molto<br />
stringente e caratterizzato<br />
da standard di qualità<br />
elevati.<br />
I risultati di bilancio da voi<br />
recentemente presentati<br />
parlano di una crescita<br />
dei ricavi pari al 22%, a<br />
livelli quasi doppi rispetto<br />
a quelli consueti: cosa c’è<br />
alla base di questi numeri?<br />
In questi quarant’anni<br />
trascorsi dalla fondazione<br />
del Gruppo, avvenuta nel<br />
1984, siamo cresciuti<br />
molto. Oggi possiamo dire<br />
di essere un partner solido<br />
e affidabile capace non solo<br />
di soddisfare le aspettative<br />
dei clienti più esigenti ma<br />
di anticiparle, evolvendo<br />
insieme, come parte di una<br />
stessa azienda.<br />
In un mercato in crescita a<br />
volumi, continua il nostro<br />
percorso di sviluppo e<br />
di accrescimento delle<br />
nostre quote di mercato,<br />
diretto dall’ambizione di<br />
essere riconosciuti come<br />
un partner strategico<br />
per il successo dei nostri<br />
clienti, e potendo contare<br />
su tre principi chiave che<br />
ritroviamo nelle nostre<br />
tre aree di business. Il<br />
primo è l’affidabilità, la<br />
capacità che abbiamo<br />
dimostrato sul campo di<br />
adattarci alle continue<br />
modifiche di un mercato in<br />
evoluzione e alle esigenze<br />
del cliente. Sotto questo<br />
profilo, torno a quanto le<br />
dicevo poco fa: la cura<br />
del rapporto con i clienti<br />
permette di comprenderne<br />
le effettive necessità e<br />
agire in maniera proattiva,<br />
animati dagli stessi<br />
scopi. Poi direi la ricerca<br />
dell’eccellenza, non fine a<br />
se stessa, ma come driver<br />
per il raggiungimento del<br />
successo.<br />
La qualità è un concetto<br />
olistico che riteniamo<br />
debba essere applicata<br />
a ogni funzione e fase<br />
aziendale. Le faccio un<br />
esempio: nell’ambito<br />
della Direzione Human<br />
Resources abbiamo<br />
costruito una struttura<br />
che supporta i nostri<br />
partner nella ricerca di<br />
talenti e competenze,<br />
perché possano esprimere<br />
pienamente il loro<br />
potenziale sul mercato.<br />
In ultimo, ma non certo<br />
meno importante, abbiamo<br />
abbracciato i temi legati<br />
alla sostenibilità 15 anni fa,<br />
con spirito di responsabilità<br />
“<br />
NELL’AMBITO HUMAN RESOURCES<br />
ABBIAMO COSTRUITO UNA STRUTTURA<br />
CHE SUPPORTA I NOSTRI PARTNER NELLA<br />
RICERCA DI TALENTI E COMPETENZE,<br />
PERCHÉ POSSANO ESPRIMERE<br />
PIENAMENTE IL LORO POTENZIALE SUL<br />
MERCATO<br />
ed etica, consapevoli (come<br />
azienda ma prima ancora<br />
come persone) di avere un<br />
ruolo sociale di impatto.<br />
Tutto ciò è riflesso nel<br />
Bilancio di Sostenibilità,<br />
nelle <strong>numero</strong>se<br />
certificazioni ottenute e<br />
nell’attività del nostro<br />
Comitato ESG, che guida il<br />
Gruppo nel compiere scelte<br />
etiche e sostenibili.<br />
Da questo punto di<br />
vista, nel 2021 abbiamo<br />
modificato lo statuto<br />
societario per diventare<br />
una Benefit Corporation,<br />
impegnandoci quindi<br />
formalmente ad avere<br />
un impatto positivo sulla<br />
società e sull’ambiente.<br />
Come ritiene si possano<br />
conciliare le richieste<br />
degli azionisti in termini di<br />
sviluppo con la necessità<br />
di aderire a rigidi<br />
adempimenti?<br />
Innanzitutto, come le<br />
anticipavo, Fine Foods non<br />
solo è quotata su Euronext<br />
Milan ma, dall’aprile<br />
2021, ha modificato il suo<br />
statuto trasformandosi in<br />
Società Benefit. Questa<br />
iniziativa è relativamente<br />
recente ma ha radici<br />
lontane, consolidate nel<br />
tempo e radicate nel<br />
funzionamento operativo<br />
dell’organizzazione stessa<br />
del Gruppo. La decisione di<br />
divenire una Società Benefit<br />
rappresenta l’impegno<br />
formale di perseguire<br />
finalità di beneficio comune<br />
e di operare in modo<br />
responsabile, sostenibile e<br />
trasparente, nei confronti<br />
di persone, comunità,<br />
territori e ambiente, beni e<br />
attività culturali e sociali,<br />
enti e associazioni e di altri<br />
portatori di interesse.<br />
I dati sulla distribuzione<br />
del valore economico<br />
forniscono un’indicazione<br />
di base su come il Gruppo<br />
abbia creato ricchezza<br />
per i propri stakeholder, in<br />
particolare lungo la catena<br />
di fornitura (costi operativi),<br />
per i propri dipendenti<br />
(costi del personale), per<br />
gli azionisti (pagamenti ai<br />
fornitori di capitale) e per la<br />
collettività.<br />
In anni di congiunture<br />
particolarmente<br />
sfavorevoli, qual è<br />
75
76<br />
l’aspetto che più ha<br />
impattato su di voi?<br />
Ci tengo a premettere<br />
che Fine Foods intende<br />
promuovere e condividere<br />
i propri valori lungo tutta<br />
la catena di fornitura e<br />
lavorare per una filiera<br />
qualificata anche sotto<br />
il profilo ambientale e<br />
sociale con un focus sul<br />
rispetto dei diritti umani<br />
per continuare a essere<br />
un partner strategico per<br />
i propri clienti, in grado di<br />
presidiare tutta la catena<br />
del valore, dal trend<br />
scouting, alla ricerca e<br />
alla selezione dei fornitori,<br />
fino alla produzione e<br />
commercializzazione<br />
dei prodotti. Detto ciò,<br />
sicuramente negli anni<br />
della pandemia abbiamo<br />
dovuto fronteggiare alcune<br />
problematiche relative<br />
all’approvvigionamento<br />
delle materie prime e<br />
al costo dell’energia,<br />
ma entrambe oggi sono<br />
superate.<br />
Nel corso degli anni<br />
abbiamo definito un<br />
processo strutturato per la<br />
gestione dei nostri fornitori,<br />
secondo un modello che<br />
mira a promuovere lo<br />
sviluppo di relazioni stabili<br />
con i partner, nonché ad<br />
assicurare l’innovazione<br />
continua, il miglioramento<br />
della qualità e degli<br />
aspetti di sostenibilità<br />
lungo tutta la filiera.<br />
Inoltre, abbiamo adottato<br />
procedure per la selezione<br />
e la qualifica dei nuovi<br />
fornitori e il monitoraggio<br />
di quelli esistenti. Il<br />
Gruppo si è dotato di un<br />
Codice di Condotta dei<br />
fornitori, sottoscritto da<br />
tutti i fornitori in fase di<br />
sottoscrizione del contratto<br />
commerciale, con cui si<br />
valida l’impegno reciproco<br />
a perseguire lo sviluppo<br />
di una catena di fornitura<br />
sostenibile, basandosi<br />
sui principi di standard<br />
internazionali quali, ISO<br />
14001 e ISO 45001 per<br />
la qualifica dei fornitori<br />
garantendo il rispetto<br />
dei diritti umani e dei<br />
lavoratori, la lotta alle<br />
discriminazioni e l’impegno<br />
per un ambiente di lavoro<br />
sicuro e sano. Siamo<br />
consapevoli che, soprattutto<br />
per quanto riguarda<br />
l’approvvigionamento di<br />
materie prime, i nostri<br />
interlocutori diretti fanno<br />
capo a una catena di<br />
fornitura molto estesa e<br />
stiamo lavorando con loro<br />
per poter avere garanzie<br />
di conformità al nostro<br />
Codice Etico lungo tutta<br />
la catena di fornitura. Nel<br />
2023, a seguito del parziale<br />
aggiornamento del processo<br />
per la qualifica dei nuovi<br />
fornitori e dei relativi<br />
strumenti a supporto,<br />
è stata aggiornata la<br />
formazione per tutti i buyer<br />
del gruppo.<br />
Quali sono i vostri prossimi<br />
obiettivi?<br />
Gli scenari più aggiornati<br />
dei maggiori previsori<br />
riportano uno quadro<br />
globale per il <strong>2024</strong> nel<br />
complesso positivo, sebbene<br />
le stime di crescita siano<br />
ancora divergenti. In<br />
questo contesto, e con un<br />
mercato di riferimento che<br />
è in generale in crescita a<br />
volumi, il Gruppo intende<br />
incrementare quote di<br />
mercato e continuerà,<br />
pertanto, a sviluppare<br />
il business lungo le<br />
tre direttrici principali<br />
(Nutraceutica, Farmaceutica<br />
e Cosmetica) attraverso il<br />
potenziamento dell’attività<br />
nelle singole Business<br />
Unit. Con riferimento alla<br />
“<br />
IL GRUPPO SI È DOTATO DI UN CODICE DI<br />
CONDOTTA DEI FORNITORI, SOTTOSCRITTO<br />
DA TUTTI I FORNITORI IN FASE DI<br />
SOTTOSCRIZIONE DEL CONTRATTO<br />
COMMERCIALE, CON CUI SI VALIDA<br />
L’IMPEGNO RECIPROCO A PERSEGUIRE LO<br />
SVILUPPO DI UNA CATENA DI FORNITURA<br />
SOSTENIBILE<br />
BU Nutra, l’incremento<br />
del fatturato registrato<br />
nell’esercizio 2023<br />
conferma l’efficacia<br />
delle azioni commerciali<br />
intraprese (nell’ambito<br />
del quale, alla qualità e<br />
innovazione dei prodotti<br />
si affianca lo sviluppo<br />
di servizi a supporto<br />
dei clienti) e permette<br />
di prevedere un outlook<br />
ampiamente positivo<br />
anche per il <strong>2024</strong>. Inoltre, il<br />
Gruppo sta predisponendo<br />
l’ampliamento della<br />
capacità produttiva con<br />
l’espansione dell’attuale<br />
stabilimento che porterà<br />
esiti favorevoli sulla top line<br />
nel quinquennio <strong>2024</strong>-2028.<br />
La BU Pharma nel <strong>2024</strong><br />
continuerà a esprimere la<br />
propria capacità di crescita.<br />
A tal fine, i lavori per la<br />
realizzazione del nuovo sito<br />
produttivo, iniziati a fine<br />
2023, si concluderanno nel<br />
2025 e lo stesso inizierà a<br />
generare ricavi a partire dal<br />
2026, a fronte di importanti<br />
accordi pluriennali, già<br />
sottoscritti con significativi<br />
clienti internazionali.<br />
Con riferimento alla BU<br />
Cosmetica, a seguito delle<br />
attività di organizzazione,<br />
integrazione e<br />
ottimizzazione dei processi<br />
e degli investimenti<br />
sostenuti per l’adeguamento<br />
dello stabilimento<br />
produttivo di Trenzano nel<br />
corso del 2023, riteniamo<br />
che, grazie a una maggiore<br />
efficienza e a un’aumentata<br />
capacità di far fronte alle<br />
richieste della clientela, già<br />
nel <strong>2024</strong> potremo registrare<br />
un’inversione di tendenza<br />
e, quindi, mostrare una<br />
crescita a livello di top line e<br />
di marginalità, contribuendo<br />
positivamente ai risultati<br />
di Gruppo. Il management<br />
è ragionevolmente certo<br />
di proseguire, a livello<br />
di Gruppo, con gli storici<br />
trend di crescita dei ricavi e<br />
con il miglioramento della<br />
marginalità.<br />
Come abbiamo dichiarato<br />
in occasione della<br />
presentazione dei risultati<br />
di bilancio, intendiamo<br />
proseguire nel programma<br />
di sostenibilità anche per<br />
gli esercizi futuri e proporci<br />
come riferimento per i<br />
clienti nella valutazione di<br />
prodotti che rispondano<br />
sempre più alle aspettative<br />
emergenti del mercato,<br />
relative anche ai temi di<br />
sostenibilità.
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Una proposta per la gestione ottimale<br />
degli stabilimenti per prodotti iniettabili<br />
IN UN SITO DI PRODUZIONE PER PRODOTTI INIETTABILI CON RIEMPIMENTO ASETTICO<br />
È IMPORTANTE ADOTTARE UNA APPROCCIO COMPLETO, IN TERMINI DI STRUTTURA<br />
ORGANIZZATIVA, DI COMPETENZE, DI PROCESSO GESTIONALE E DI CULTURA INDIVIDUALE E<br />
AZIENDALE CHE NE PERMETTA LA GESTIONE OTTIMALE<br />
Mauro Giusti, Past President, PDA Italy Chapter & Senior Director,<br />
Parenteral Technical Knowledge, Eli Lilly and Company<br />
La produzione di prodotti iniettabili, soprattutto di quelli dove<br />
non è possibile la sterilizzazione terminale, è complessa<br />
perché richiede una forte integrazione di diverse discipline.<br />
Queste possono includere chimica, biologia, farmacia,<br />
ingegneria, sistemi informatici, catena di fornitura, salute,<br />
sicurezza e ambiente, sistemi di qualità e altro ancora.<br />
Pertanto è richiesta una combinazione di elementi “hard” (ad<br />
esempio, strutture, attrezzature, processi, metodi, procedure<br />
conformi ecc.) e di elementi “soft” (ad esempio, struttura,<br />
competenze, gestione, cultura), tipicamente focalizzati<br />
direttamente sulle persone. Ci soffermeremo su questi quattro<br />
aspetti “soft”.<br />
STRUTTURA ORGANIZZATIVA<br />
Il primo elemento da considerare è la struttura organizzativa.<br />
In generale, un sito di produzione è costituito dalle seguenti<br />
unità:<br />
Uno o più reparti centrali chiamati “Produzione” o “Operazioni”.<br />
Questi includono le persone, compresi supervisori e responsabili<br />
di reparto, generalmente in turno, che pesano, formulano,<br />
riempiono asetticamente, ispezionano i prodotti iniettabili e poi li<br />
confezionano o li assemblano come prodotti combinati.<br />
Un reparto qualità, che comprende la supervisione del<br />
processo, delle approvazioni in entrata/in corso/finale e del<br />
rilascio, nonché i laboratori di analisi di Controllo Qualità<br />
Reparti di funzioni tecniche specifiche, quali:<br />
Ingegneria (utenze, macchinari di processo, progetti,<br />
gestione sito)<br />
Servizi tecnici (set-up di processo, nuovi prodotti,<br />
validazione, sterility assurance, scienza dei materiali)<br />
Information technology (automazione, manufacturing<br />
execution system, rete segregata, sistemi di produzione)<br />
Salute, sicurezza e ambiente (igiene industriale, sicurezza,<br />
ambiente)<br />
Catena di fornitura (pianificazione, servizio clienti,<br />
78
makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />
magazzinaggio, spedizioni)<br />
Finanza e controllo di gestione (contabilità analitica,<br />
scostamenti ecc.)<br />
Di solito ci sono tre modi per organizzare un sito di produzione: il<br />
modulare, il verticale e l’orizzontale.<br />
1- Modulare: questo modello suddivide il sito in diverse unità<br />
operative o moduli, ciascuno con funzioni specifiche e autonome.<br />
Questo permette una gestione più focalizzata e specializzata,<br />
ma può limitare l’interazione tra i diversi moduli e perdita di<br />
competenze tecniche funzionali specifiche.<br />
2- Verticale: in questo modello, la struttura è organizzata in modo<br />
gerarchico, con livelli di autorità e responsabilità ben definiti.<br />
Questo facilita il controllo e la supervisione, ma può ridurre la<br />
flessibilità e la capacità di risposta rapida alle variazioni del<br />
mercato o alle esigenze di produzione, soprattutto quando viene<br />
richiesta una forte integrazione.<br />
3- Orizzontale: questa struttura è caratterizzata da<br />
un’organizzazione meno gerarchica e più cross-funzionale,<br />
promuovendo una maggiore integrazione tra i diversi reparti e<br />
funzioni. Questo modello è volto a migliorare la collaborazione e<br />
l’efficienza operativa attraverso il lavoro di squadra.<br />
Tutte le strutture organizzative hanno aspetti positivi e<br />
negativi, e il successo dipende anche da come vengono gestite.<br />
Tuttavia, la nostra preferenza è verso la struttura orizzontale e<br />
interfunzionale. Il motivo principale è la capacità di promuovere,<br />
più di ogni altro, quell’integrazione necessaria nei siti produttivi<br />
di oggi. Questa struttura richiede un efficace lavoro di squadra, a<br />
partire dai direttori funzionali e diffondendosi da loro verso tutta<br />
l’organizzazione.<br />
La filosofia operativa generale si basa più sui team e sulla<br />
leadership, rispetto a una pura gerarchia. Per valorizzare al meglio<br />
questo modello organizzativo, la leadership rappresenta un fattore<br />
cruciale che influenza la cultura e l’efficacia organizzativa. I gestori<br />
dovrebbero adottare un approccio che favorisca l’inclusione<br />
piuttosto che il controllo diretto. Ciò significa che dovrebbero<br />
mirare a modellare, educare e facilitare piuttosto che imporre<br />
tramite l’autorità. Secondo questa visione, gli elementi essenziali<br />
della leadership efficace sono la dimostrazione di comportamenti<br />
e tecniche che altri possono imitare e apprendere (modello<br />
educativo e facilitatore), una chiara presentazione della visione<br />
e delle aspettative dell’organizzazione e l’incoraggiamento di un<br />
impegno attivo e completo di tutte le funzioni di supporto.<br />
Nel nostro esempio, i siti di produzione includono cinque livelli di<br />
organizzazione:<br />
• Responsabile del sito<br />
• Flow team leader/direttori funzionali<br />
• Flow team manager<br />
• Collaboratori del team di processo/supervisori delle operazioni<br />
• Operatori/tecnici<br />
I Flow team, gestiti dal Direttore di produzione/operazioni della<br />
specifica area hanno la responsabilità di guidare il flusso di<br />
produzione complessivo, assicurando che ogni fase del processo<br />
sia ottimizzata per massimizzare, in questo ordine di priorià, la<br />
sicurezza del personale, la qualita del prodotto finito e l’efficienza<br />
del processo.<br />
Sotto i Flow team si collocano i Process team, assegnati a ogni<br />
unità operativa fondamentale del flusso di produzione, come la<br />
formulazione, il riempimento e l’ispezione. Questi team hanno<br />
il compito di concentrarsi su aspetti specifici della produzione,<br />
riportando direttamente ai loro Flow team e assicurando che ogni<br />
dettaglio operativo sia conforme agli standard richiesti.<br />
A supporto di entrambi i livelli ci sono i Site technical team, che<br />
fungono da collegamento tra le operazioni sul campo e le risorse<br />
globali o le funzioni centrali. Questi team tecnici forniscono il<br />
supporto necessario per risolvere problemi tecnici, implementare<br />
nuove tecnologie e mantenere l’infrastruttura operativa<br />
all’avanguardia.<br />
Organization e techincal support | An example company wide<br />
ORGANIZATIONAL STRUCTURE<br />
TECHNICAL SUPPORT STRUCTURE<br />
Mfg Site Networks / Mfg Policy Committee<br />
SITE LEAD TEAM Global Support Teams CENTRAL FUNCTIONS<br />
GLOBAL<br />
TEAMS<br />
(3° LOOP)<br />
SITE FLOW TEAMS<br />
SITE TECHNICAL TEAM (secondary loop)<br />
2° LOOP<br />
PROCESS TEAMS – Primary loop<br />
FLOOR – Zero loop (Shift operators, technicians, supervisors)<br />
Most important loop, here we<br />
make the medicines<br />
1° LOOP<br />
79
COMPETENZE<br />
Poi ci sono le competenze. Alcune di queste competenze<br />
sono quelle “trasferibili” come la risoluzione dei problemi, le<br />
capacità di scrittura/presentazione, la statistica, la scienza<br />
dei dati, la gestione dei progetti, Lean, Six Sigma, ecc. Se<br />
il sito produttivo fa parte di una grande azienda con più<br />
siti simili, una regola fondamentale è quella di garantire<br />
l’armonizzazione delle abilità e delle competenze per i siti, su<br />
discipline specifiche. Il processo di sviluppo delle competenze<br />
comprende queste cinque fasi:<br />
Managerial/Technical<br />
Managerial Path<br />
Technical breadth, within the<br />
function and within the site,<br />
Multitasking<br />
Staff – HR perspective<br />
Technical Path<br />
Technical depth and excellence<br />
in specific area, with some<br />
breadth in neighboring areas<br />
1- Armonizzazione delle competenze: tutti i siti che<br />
confezionano prodotti o assemblano prodotti combinati<br />
dovrebbero conoscere i principi chiave di tali processi, e<br />
questo vale anche per i siti che producono prodotti asettici.<br />
Ciò significa lo stesso set di materiali ed esperienze di<br />
formazione.<br />
2- Definizione del livello di profondità per ogni competenza:<br />
un buon esempio è il sistema universitario statunitense, dove<br />
definiamo il livello 100 (panoramica) rispetto al livello 200<br />
(buona competenza) rispetto al livello 300 (padronanza).<br />
3- Assegnazione del livello corretto: ogni lavoro dovrebbe<br />
aver assegnato la competenza richiesta, ma al livello<br />
appropriato. Ad esempio, le persone che lavorano<br />
all’ispezione visiva/elettronica potrebbero non richiedere un<br />
livello dettagliato di conoscenza della garanzia di sterilità, ad<br />
eccezione del sistema di chiusura del contenitore.<br />
4- Utilizzo dell’approccio di insegnamento appropriato. Noi<br />
consigliamo:<br />
Performance discussion,<br />
decision on holiday/worktime,<br />
1 on 1, people issues<br />
Organisation of work/tasks and<br />
support<br />
People developer and<br />
motivator, people evaluator<br />
(performance and potential)<br />
Different level of people<br />
reporting requires flexibility in<br />
communication and motivation<br />
Focused primarily on own area<br />
than externally<br />
Schema 1<br />
Focus on given, critical tasks,<br />
with ability to troubleshoot them<br />
Good teamworker<br />
Ability to coordinate crossfunctional<br />
teams on tasks within<br />
its area<br />
Ability to influence upward on<br />
technical decisions<br />
Ability to communicate at all<br />
levels<br />
Capable of working at Network<br />
level<br />
a. Per il livello 100, principalmente corsi di Computer<br />
based training (CBT).<br />
b. Per il livello 200, oltre ai CBT, assegnazione di un<br />
mentore tecnico e utilizzo di documenti interni, riferimenti<br />
di settore, normative ecc.<br />
c. Per il livello 300, oltre al livello 200, inclusione di cambi<br />
di ruolo lavorativo, partecipazione a progetti/problemi,<br />
esperienze pratiche, incarichi internazionali, ecc.<br />
5- In caso di rotazione/cambiamento di lavoro, eseguire una<br />
valutazione per identificare le lacune per fornire un’istruzione<br />
mirata al nuovo lavoro<br />
L’attenzione alle competenze deve essere associata<br />
alla valutazione delle prestazioni e del potenziale delle<br />
persone. Partendo dal presupposto che la prestazione<br />
non sia un problema (cosa che non è sempre il caso), e<br />
quindi concentrandoci sul potenziale, troviamo che ci sono<br />
tipicamente due tipi di potenziale, uno manageriale e uno<br />
tecnico. Il potenziale manageriale può essere suddiviso<br />
in un percorso manageriale puro rispetto a un percorso<br />
manageriale tecnico. Tali criteri possono includere quanto<br />
riportato nello schema 1 che può essere applicato ai ruoli<br />
come previsto nello schema 2.<br />
Managerial<br />
Roles<br />
Most suited for:<br />
Operations<br />
leaders<br />
Logistic leaders<br />
Labs leaders<br />
Quality leaders<br />
Staff – HR perspective<br />
Technical<br />
Managerial<br />
Roles<br />
Most suited for:<br />
Engineering<br />
Leaders<br />
Techn. Services<br />
Leaders<br />
IT/Automation<br />
Leaders<br />
HSE Leaders<br />
Technical<br />
Roles<br />
Just used<br />
for technical<br />
functions<br />
Engin./Mainten.<br />
Techn. Services<br />
IT/Automation<br />
Quality (QA rep)<br />
HSE<br />
80<br />
Schema 2
makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />
Un business complesso richiede la giusta organizzazione<br />
con persone motivate e competenti che lavorino al meglio,<br />
per questo è importante capire dove ognuno di noi può<br />
performare al massimo delle proprie potenzialità.<br />
GOVERNANCE<br />
Per le operazioni di produzione di prodotti iniettabili, dove<br />
la conformità alle norme di buona fabbricazione (GMP) è<br />
oltremodo critica, una governance chiara e ben strutturata<br />
è fondamentale per il successo dell’organizzazione. Per<br />
raggiungere gli obiettivi, la governance dovrebbe coprire vari<br />
aspetti cruciali: primo, la “circolazione delle informazioni”<br />
ovvero come i dati e le informazioni sono accessibili,<br />
trasmessi e conservati per assicurare che chi ne ha bisogno<br />
possa recuperarli facilmente. Secondo, “consultazione<br />
e informazione”, individuando coloro che devono essere<br />
coinvolti attivamente nelle decisioni e coloro che devono<br />
essere semplicemente informati, contribuendo in questo<br />
modo a definire chiaramente ruoli e responsabilità. Infine,<br />
le “decisioni” e le relative “regole di escalation” stabiliscono<br />
chi ha l’autorità decisionale e come le scelte si allineano agli<br />
obiettivi strategici, mentre la “comunicazione delle decisioni”<br />
assicura che le decisioni siano chiaramente trasmesse<br />
all’interno dell’organizzazione per mantenere tutti allineati e<br />
informati sulle direttive aziendali.<br />
I motivi per avere una governance di grande rigore sono ben<br />
spiegati nello schema 3.<br />
Systems (Governance)<br />
Parenteral operations, especially of not<br />
terminally sterilised prodicts, have some<br />
peculiarities<br />
1. Requires immediate reaction in case of issues<br />
2. Processes often runs 24 hours a day, 6 or 7 days a week<br />
3. Very difficult opportunity of rework in case of issues, high<br />
chances of factory losses or downtime<br />
4. Stricter inspection oversight due to risk mngt application,<br />
global implications of inspection observations<br />
5. Stringent requirements in terms of Aseptic process<br />
simulations and Enviromental monitoring<br />
6. Stringent requirements for class A (filter integrity testing,<br />
people gowning and operation qualification, etc..)<br />
7. Strong dependance on material suppliers (excipients, primary<br />
components, disposables, devices, etc..)<br />
8. Strong dependance on service providers (uniform washing/<br />
steril., cleaning, validation, maintenance, etc..)<br />
LA CULTURA AZIENDALE<br />
L’adozione di un atteggiamento proattivo verso la<br />
sicurezza e la qualità non è solo una questione di<br />
conformità normativa, ma una scelta etica fondamentale<br />
che riflette l’impegno dell’azienda nei confronti della<br />
salute e del benessere dei pazienti. Questo elemento<br />
cruciale si fonda principalmente su tre pilastri. Il primo,<br />
la “centralità dei pazienti”, sottolinea l’importanza vitale<br />
di produrre farmaci sicuri e di alta qualità, ricordando<br />
che il fine ultimo del processo produttivo sono i pazienti<br />
che utilizzeranno questi prodotti. Il secondo, la “priorità<br />
alla sicurezza”, pone la sicurezza al vertice delle<br />
preoccupazioni aziendali, richiedendo che ogni membro<br />
dell’organizzazione adotti comportamenti che garantiscano<br />
la sicurezza personale e collettiva. Il terzo, l’inseguimento<br />
costante della qualità”, promuove un impegno continuo<br />
verso l’eccellenza, enfatizzando il fatto che la qualità<br />
non è un traguardo statico, ma un obiettivo dinamico e in<br />
continua evoluzione.<br />
Per promuovere una cultura di sicurezza e qualità<br />
all’interno dei siti di produzione, si puo seguire un<br />
percorso comune noto come l’approccio Dupont, che si<br />
articola in tre fasi basate sulla Bradley Curve. La prima<br />
fase è l’approccio “Dipendente”, poi “Indipendente” ed<br />
infine “Interdipendente”. Questo percorso richiede tempo e<br />
un forte impegno da parte della leadership, che deve dare<br />
l’esempio ed estenderlo a tutti i livelli dell’organizzazione.<br />
CONCLUSIONE<br />
In sintesi, crediamo che la struttura organizzativa,<br />
le competenze, la governance e la cultura aziendale<br />
siano quattro pilastri per qualsiasi organizzazione<br />
manifatturiera di successo, e questo è ancora più<br />
importante nella produzione dei prodotti iniettabili, a causa<br />
della complessità e delle sfide presenti in questo campo.<br />
Sebbene non esista una formula magica per avere<br />
successo, alcuni suggerimenti specifici possono aiutare<br />
a indirizzare l’organizzazione di un sito di produzione<br />
nella giusta direzione. Tuttavia, in ultima analisi, sono<br />
l’interpretazione e l’attuazione di tali suggerimenti da<br />
parte delle persone, determinate a loro volta dalla loro<br />
motivazione, dal loro impegno e dalla loro devozione<br />
al lavoro di squadra e all’integrazione, a decretare il<br />
successo dell’azienda.<br />
Shutdown<br />
and changes<br />
planning<br />
Issues escalation<br />
and decision making<br />
process<br />
Shift technical support,<br />
information exchange<br />
between shifts<br />
Global agreement<br />
on regulatory and<br />
inspection responses<br />
Timely monitoring and<br />
sharing of EM, Technical<br />
and Quality KPIs<br />
Strong linkages and<br />
transparency with<br />
suppliers<br />
Schema 3<br />
81
per<br />
SOLUZIONI INTEGRATE PER<br />
CAMERE BIANCHE<br />
Design, Produzione e Installazione<br />
Cleanroom Italia è un’azienda specializzata nella fornitura<br />
e posa di camere bianche. L’offerta copre tutte le fasi<br />
necessarie alla realizzazione di ambienti a contaminazione<br />
controllata, dalla progettazione alla produzione, fino<br />
all’installazione. L’azienda si avvale di squadre di montaggio<br />
specializzate per garantire l’efficacia e l’efficienza nel<br />
completamento dei progetti.<br />
Alla base di ogni progetto viene<br />
realizzato un accurato studio<br />
iniziale del lay-out per comprendere<br />
a fondo le esigenze del cliente.<br />
Cleanroom Italia formula quindi la<br />
soluzione più adatta, rispettando<br />
le rigorose linee guida GMP, FDA,<br />
ISO, WHO, SEMI, FED Std e tutte le<br />
normative vigenti, assicurando così<br />
che le camere bianche siano idonee<br />
a diverse applicazioni industriali e di<br />
ricerca.<br />
Cleanroom Italia presta particolare<br />
attenzione alla selezione delle<br />
materie prime utilizzate nella<br />
realizzazione interna di tutti gli<br />
elementi necessari per la costruzione<br />
di camere bianche, quali pareti,<br />
porte, controsoffitti calpestabili<br />
82
makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />
e modulari, pass box dinamici o<br />
statici, e arredi a panche per aree di<br />
vestizione. L’intera fase produttiva<br />
avviene all’interno dell’azienda,<br />
garantendo una qualità superiore<br />
e una personalizzazione completa<br />
dei componenti, che vengono poi<br />
assemblati direttamente in cantiere.<br />
Questa capacità di fornire soluzioni<br />
altamente customizzate, sia in<br />
termini di specifiche tecniche<br />
che di finiture, assieme a una<br />
rigorosa gestione del budget e delle<br />
tempistiche di consegna, rende<br />
Cleanroom Italia uno dei partner più<br />
affidabili nel settore della produzione<br />
di ambienti a contaminazione<br />
controllata di massima qualità.<br />
Nel corso degli anni Cleanroom Italia<br />
ha consolidato la sua presenza a<br />
livello nazionale e internazionale<br />
grazie a importanti commesse<br />
per società operanti nei settori<br />
farmaceutico, biomedicale, chimico<br />
e cosmetico. Tra i principali clienti<br />
vi sono molti nomi di spicco tra cui<br />
il gruppo Novartis, Teva, Corden<br />
Pharma, Cambrex e Hikma, che<br />
hanno scelto Cleanroom Italia per<br />
costruire, ampliare o rinnovare i<br />
propri reparti produttivi in ambienti<br />
sterili.<br />
Cleanroom Italia Srl<br />
Via Marco Biagi, 10 - 23871 Lomagna (LC)<br />
www.cleanroomitalia.com<br />
IERI....<br />
2018<br />
2019<br />
2020<br />
2021<br />
2022<br />
2023<br />
È stata costituita Cleanroom Italia dai suoi 4 fondatori, tutti provenienti dal<br />
settore delle clean rooms da oltre 30 anni<br />
Cleanroom Italia diventa operativa portando il 60% della produzione all’interno<br />
del proprio stabilimento di Lomagna e il 40% presso un’azienda terza.<br />
In piena pandemia, Cleanroom Italia investe in nuove macchine di processo per portare<br />
il 100% del ciclo produttivo all’interno del proprio stabilimento di Lomagna.<br />
Cleanroom Italia si è concentrata sull’ottimizzazione dei processi produttivi,<br />
con l’assistenza del suo team specializzato, portando a termine con successo<br />
<strong>numero</strong>si progetti.<br />
Gli uffici si allargano e la produzione registra un costante aumento della propria<br />
capacità produttiva, con un conseguente incremento del fatturato a € 5 MLN.<br />
Cleanroom Italia celebra i suoi 5 anni di attività e superando ogni<br />
aspettativa, raggiunge un fatturato di € 8 MLN.<br />
OGGI....<br />
83
per<br />
Faravelli in prima linea<br />
a CPhI Milano<br />
84<br />
La partecipazione del Gruppo Faravelli<br />
alla prestigiosa Convention on<br />
Pharmaceutical Ingredients (CPhI) a<br />
Milano rappresenta un momento di<br />
rilevanza fondamentale nel contesto<br />
dell’industria farmaceutica. Questo<br />
evento, in calendario dall’8 al 10<br />
ottobre, costituisce un’opportunità<br />
unica per Faravelli di mettere in<br />
mostra il suo vasto e diversificato<br />
portafoglio di prodotti, compresi<br />
principi attivi ed eccipienti, mentre<br />
stabilisce e consolida relazioni<br />
strategiche con professionisti e<br />
aziende del settore.<br />
Faravelli è storicamente specializzato<br />
nella distribuzione di eccipienti per<br />
l’industria farmaceutica, con una<br />
gamma di ingredienti per forme<br />
solide, semi-solide e liquide. A questi,<br />
più recentemente si è affiancata la<br />
disponibilità di APIs.<br />
La sua reputazione nel settore<br />
farmaceutico si basa sull’offerta<br />
di prodotti di alta qualità e sulla<br />
capacità di soddisfare le esigenze<br />
delle formulazioni più complesse.<br />
Con un approccio impegnato verso<br />
l’innovazione e la sostenibilità, Faravelli<br />
si propone come partner affidabile per<br />
le aziende farmaceutiche.<br />
L’eredità di successo di Faravelli nel<br />
settore, che si estende per diversi<br />
decenni, è stata costruita non solo<br />
sulla base della qualità impeccabile<br />
delle sue materie prime, ma anche<br />
sull’offerta di servizi completi e<br />
soluzioni personalizzate. La missione<br />
del Gruppo è quella di accompagnare<br />
i propri partner con competenza<br />
globale e sensibilità locale verso scelte<br />
innovative, promuovendo soluzioni<br />
affidabili e sostenibili.<br />
Questo approccio ha permesso<br />
all’azienda di emergere come un<br />
punto di riferimento nel mercato,<br />
distinguendosi per la sua capacità<br />
di adattarsi alle mutevoli esigenze<br />
dell’industria farmaceutica.<br />
Le collaborazioni di rilievo<br />
internazionale, come quella con Meggle<br />
leader mondiale nella produzione di<br />
lattosio, con cui Faravelli ha festeggiato<br />
nel 2023 il cinquantesimo anniversario<br />
di una partnership esclusiva, e i recenti<br />
accordi di distribuzione siglati con<br />
partner come Nisso Soda, a partire da<br />
aprile <strong>2024</strong>, testimoniano l’impegno
makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />
continuo del Gruppo verso l’eccellenza<br />
e l’innovazione.<br />
Faravelli Pharma Division offre una<br />
vasta gamma di eccipienti farmaceutici,<br />
tra cui principi attivi, diluenti, leganti,<br />
disgreganti, lubrificanti, glidanti, amidi e<br />
derivati, polialcoli, zuccheri, dolcificanti,<br />
viscosizzanti, conservanti, correttori<br />
di pH, plasticizzanti, opacizzanti,<br />
agenti filmanti e coloranti. Questi<br />
eccipienti sono selezionati con cura per<br />
garantire l’efficacia e la sicurezza delle<br />
formulazioni farmaceutiche. Con la sua<br />
competenza e la sua gamma completa<br />
di prodotti, Faravelli Pharma Division<br />
supporta l’industria farmaceutica<br />
nell’ottenere formulazioni di alta qualità<br />
e prestazioni ottimali.<br />
Il dialogo costante con i clienti ha<br />
permesso a Faravelli di identificare una<br />
crescente domanda di ampliamento<br />
dell’offerta di prodotti, in particolare<br />
per quanto riguarda una gamma più<br />
ricca di principi attivi (APIs). Questo<br />
rispecchia la tendenza del settore<br />
degli API, che sta attraversando una<br />
fase di rapida crescita e cambiamento,<br />
caratterizzata da un’attenzione sempre<br />
maggiore alla qualità, alla conformità<br />
normativa, all’innovazione tecnologica e<br />
alla personalizzazione dei trattamenti.<br />
Secondo le proiezioni di mercato,<br />
il settore degli API è destinato a<br />
raggiungere un valore di 306,90 miliardi<br />
di dollari entro il 2029, con una crescita<br />
prevista del 7,22% nel periodo <strong>2024</strong>-<br />
2029. Questo scenario offre significative<br />
opportunità per il Gruppo Faravelli, che<br />
si pone come un partner affidabile e<br />
competente per soddisfare le crescenti<br />
esigenze del settore*.<br />
L’acquisizione nel 2021 di Deltapharma<br />
S.L., specializzata nella distribuzione<br />
di APIs e autorizzata all’importazione<br />
da Paesi extra-UE, ha ulteriormente<br />
rafforzato la presenza di Faravelli,<br />
consentendo importanti sinergie e un<br />
potenziamento delle attività, soprattutto<br />
in Spagna. Anche l’organico di<br />
Deltapharma è cresciuto nel frattempo<br />
per rispondere con maggiore prontezza<br />
alle nuove esigenze.<br />
Oggi il catalogo di APIs, estremamente<br />
dettagliato e diversificato, offre una<br />
vasta gamma di principi attivi e<br />
intermediari di sintesi per soddisfare<br />
le esigenze dei clienti. La proposta<br />
comprende principi attivi generici,<br />
Sali, pipeline e intermediari di sintesi:<br />
l’azienda si impegna a fornire una<br />
vasta selezione di materie prime, sia<br />
generiche che protette da brevetti,<br />
per supportare le esigenze di<br />
produzione nel settore farmaceutico;<br />
l’aggiornamento costante del catalogo<br />
indica un impegno verso l’innovazione<br />
e l’adattamento alle esigenze del<br />
mercato.<br />
Per rispondere efficacemente alle<br />
richieste del mercato, Faravelli ha<br />
inoltre intensificato l’attività di ricerca<br />
di nuovi fornitori anche nel settore<br />
dei principi attivi e ha investito nella<br />
formazione di personale specializzato,<br />
creando una rete commerciale<br />
competitiva e capillare attraverso le sue<br />
sedi estere.<br />
L’attività di distribuzione è completata<br />
da una gamma di servizi (regolatorio,<br />
logistica) che hanno consentito<br />
all’azienda di confermarsi come<br />
autentico partner strategico che mette<br />
in primo piano la soddisfazione dei<br />
clienti.<br />
Nonostante la tradizionale riservatezza<br />
del settore farmaceutico, il progetto<br />
di Faravelli ha suscitato un notevole<br />
interesse, testimoniando la capacità<br />
dell’azienda di innovare e anticipare le<br />
esigenze del mercato.<br />
Il Gruppo Faravelli insieme a<br />
Deltapharma continua nel suo impegno<br />
a voler offrire soluzioni innovative e di<br />
alta qualità per supportare l’industria<br />
farmaceutica nel raggiungimento dei<br />
suoi obiettivi.<br />
Invita pertanto i professionisti del<br />
settore a visitare lo stand 6D52 a CPhI<br />
Milano, per scoprire le ultime novità e le<br />
opportunità di collaborazione disponibili.<br />
Fonte: https://www.mordorintelligence.com/<br />
industry-reports/global-active-pharmaceuticalingredients-api-market<br />
Giusto Faravelli S.p.A.<br />
via Medardo Rosso 8, 20159 Milano (MI)<br />
Tel. +39 02 697171<br />
pharma@faravelli.it<br />
85
per<br />
DEPOLVERAZIONE E FILTRAZIONE<br />
PROCESSI FONDAMENTALI NELLA FARMACEUTICA<br />
Nei processi produttivi, la filtrazione e la depolverazione dell’aria sono essenziali per<br />
proteggere la salute degli operatori, preservare l’ambiente di lavoro e garantire la<br />
qualità dei prodotti<br />
Alberto Bobadilla<br />
Filtrazione e depolverazione dell’aria<br />
sono cruciali per tutelare la salute<br />
degli operatori e per mantenere un<br />
ambiente di lavoro sicuro. Questi<br />
processi aiutano anche a proteggere<br />
l’ambiente esterno, prevenendo la<br />
diffusione di particelle nocive. Grazie<br />
a soluzioni come i contenitori sigillati<br />
e i sistemi di filtrazione autopulenti,<br />
le industrie possono gestire<br />
efficacemente le sostanze pericolose<br />
Ce ne ha parlato Alfredo Pellegrino,<br />
responsabile vendite di Defil, azienda<br />
attiva dal 1985 nel settore della<br />
filtrazione e depolverazione per<br />
impianti civili ed industriali.<br />
QUAL È L’IMPORTANZA<br />
DELLA FILTRAZIONE<br />
E DELLA<br />
DEPOLVERAZIONE<br />
DELL’ARIA NELL’AMBITO<br />
DELL’INDUSTRIA<br />
FARMACEUTICA?<br />
Sono processi di importanza<br />
fondamentale per tre motivi: il rispetto<br />
dell’ambiente di lavoro, dell’ambiente<br />
esterno e della produzione.<br />
Capita spesso che l’inalazione dei<br />
prodotti trattati nelle industrie<br />
farmaceutiche sia pericolosa, ed è<br />
quindi essenziale che gli operatori<br />
non mettano a rischio la propria<br />
salute respirando particelle dannose.<br />
Ma esistono molte soluzioni efficaci<br />
per evitare questi pericoli. Esistono<br />
Alfredo Pellegrino, responsabile vendite di Defil<br />
per esempio contenitori a perfetta<br />
tenuta molto utilizzati nel settore<br />
farmaceutico, che permettono<br />
l’estrazione del filtro esausto in<br />
sistemi bag-in bag-out. Mi spiego<br />
meglio: quando il filtro è intasato e il<br />
manometro/pressostato segnala la<br />
necessità di cambiarlo, l’operazione<br />
viene effettuata in completa sicurezza<br />
perché il filtro è tutto sotto sacco<br />
e sia l’operatore che l’ambiente di<br />
lavoro non verranno a contatto con le<br />
particelle captate dal filtro stesso.<br />
I sacchi barriera utilizzati sono molto<br />
resistenti. Si tenga presente che<br />
questi contenitori erano stati messi<br />
a punto per l’industria nucleare,<br />
per poter sopportare pressioni<br />
estremamente elevate, fino a circa 8<br />
kilopascal, garantendo così un’alta<br />
resistenza anche a elevate pressioni.<br />
Grazie alla perfetta filtrazione e<br />
pulizia del sistema produttivo si<br />
riescono ad abbattere gli scarti di<br />
produzione e a garantire prodotti<br />
sicuri.<br />
86
makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />
NEI SISTEMI PER<br />
LE INDUSTRIE<br />
FARMACEUTICHE,<br />
OLTRE ALLA<br />
FILTRAZIONE<br />
È PRESENTE<br />
SEMPRE ANCHE LA<br />
DEPOLVERAZIONE?<br />
Quasi sempre: la depolverazione<br />
viene applicata quando la quantità di<br />
polveri e i volumi d’aria da trattare<br />
sono molto elevati.<br />
I filtri classici, usati nel processo di<br />
filtrazione vera e propria, sono tutti<br />
statici il che vuol dire che quando<br />
sono esausti (sporchi) devono essere<br />
sostituiti. Con grandi quantità di<br />
polveri si intaserebbero nel giro<br />
di pochissimo tempo. Invece la<br />
depolverazione è fatta con sistemi<br />
di filtrazione autopulenti: questi<br />
sistemi sono comunemente chiamati<br />
depolveratori autopulenti, tramite<br />
pulizia in continuo a scuotimento<br />
(filtro multitasche) o in lavaggio con<br />
aria compressa (filtro a maniche o a<br />
cartuccia).<br />
QUALI SONO<br />
I PRINCIPALI<br />
CONTAMINANTI<br />
CHE DEVONO<br />
ESSERE RIMOSSI<br />
O CONTROLLATI<br />
IN UN AMBIENTE<br />
FARMACEUTICO?<br />
Con le varie tipologie di filtro si<br />
possono fermare particelle di tutti<br />
i tipi, dal polline che potrebbe<br />
entrare all’interno dei macchinari,<br />
a inquinanti chimici come la<br />
formaldeide, fino ai principi attivi<br />
utilizzati per la produzione dei<br />
farmaci che però potrebbero essere<br />
tossici se inalati.<br />
QUALI SONO I<br />
DISPOSITIVI E LE<br />
TECNOLOGIE PIÙ<br />
COMUNI UTILIZZATI<br />
PER LA FILTRAZIONE<br />
DELL’ARIA NELLE<br />
STRUTTURE<br />
FARMACEUTICHE?<br />
La prima è una fase di prefiltrazione,<br />
effettuata con un filtro<br />
grossolano tipo cella filtrante, che<br />
può essere di vari tipi: in lamiera<br />
zincata, con telaio in cartone, setto<br />
in fibra sintetica, setto in maglia<br />
metallica ecc.<br />
Si passa poi a un filtro intermedio,<br />
per esempio una tasca morbida<br />
(che può essere fatta in microfibra<br />
sintetica, in fibra sintetica o in<br />
microfibra di vetro) o da una tasca<br />
rigida (sono tutte in microfibra di<br />
vetro).<br />
Infine c’è quello che viene chiamato<br />
filtro assoluto, che offre un’efficienza<br />
di filtrazione estremamente elevata;<br />
questo tipo di filtro è progettato per<br />
rimuovere particelle molto piccole,<br />
comprese quelle di dimensioni<br />
microscopiche come batteri, virus,<br />
pollini, funghi e altre impurità.<br />
Molte farmaceutiche ne hanno<br />
addirittura due, uno in macchina e<br />
l’altro direttamente sul cielo della<br />
camera bianca in modo da avere<br />
aria completamente sterile e pulita,<br />
laddove l’operatore effettua la<br />
lavorazione, che può avvenire anche<br />
sotto cappa a flusso laminare.<br />
QUALI SONO<br />
LE PRINCIPALI<br />
NORMATIVE E GLI<br />
STANDARD DI QUALITÀ<br />
CHE REGOLANO<br />
FILTRAZIONE E<br />
TRATTAMENTO<br />
DELL’ARIA?<br />
Le normative di riferimento per i<br />
filtri sono due. Per la filtrazione<br />
grossolana e fine (pre-filtri e filtri<br />
intermedi) c’è la UNI EN ISO 16890,<br />
normativa che classifica il filtro in<br />
base ai PM1, i PM2.5 e i PM10 in<br />
base alla loro capacità di trattenere<br />
particelle di diverse dimensioni.<br />
Per le applicazioni farmaceutiche,<br />
sono generalmente utilizzati<br />
anche i filtri Hepa (High efficiency<br />
particulate air) o Ulpa (Ultra low<br />
penetration air), che garantiscono<br />
una penetrazione massima dello<br />
0,03% per le particelle di 0,3 micron.<br />
I sistemi di filtrazione devono essere<br />
in grado di trattenere una quantità<br />
significativa di contaminanti senza<br />
intasarsi o perdere efficienza. La<br />
norma UNI EN ISO 16890 definisce<br />
i metodi per la costruzione dei filtri<br />
e la loro classificazione a seconda<br />
dell’efficienza raggiunta durante il<br />
test di prova.<br />
Per i filtri assoluti ci sono invece<br />
le UNI EN 1822 che definiscono i<br />
requisiti per la costruzione, il test<br />
di prova e l’efficienza raggiunta<br />
dal filtro, il quale sarà corredato<br />
del relativo certificato di collaudo<br />
individuale, effettuato tramite<br />
scansione a fotometro laser.<br />
Defil Srl<br />
Via Vincenzo Monti 173<br />
20099 Sesto San Giovanni (MI)<br />
info@defil.it<br />
Defil.it<br />
87
EIPG<br />
European Industrial<br />
Pharmacists Group<br />
AI GENERATIVA NELLO SVILUPPO DEI FARMACI<br />
88<br />
Anche nel drug development<br />
l’AI generativa si sta ritagliando<br />
un ruolo di rilievo, grazie alla<br />
promessa di ridurre tempi e<br />
costi per lo sviluppo di nuove<br />
molecole e il reimpiego di<br />
quelle esistenti<br />
L’implementazione dell’AI generativa nei settori farmaceutico<br />
e medtech potrebbe valere tra i 60 e i 110 miliardi di dollari<br />
all’anno. Lo rivela un report di McKinsey intitolato “L’AI<br />
generativa nell’industria farmaceutica: Moving from hype to<br />
reality” che ha analizzato 63 casi di utilizzo dell’AI generativa nel<br />
settore delle scienze della vita, calcolando il potenziale impatto<br />
economico di ognuno. Secondo i ricercatori, i vantaggi più elevati<br />
si riscontrano per il settore commerciale (18-30 miliardi di<br />
dollari), la ricerca (15-28 miliardi di dollari) e lo sviluppo clinico<br />
(13-25 miliardi di dollari). A seguire vi sono imprese (8-16<br />
miliardi di dollari), operations (4-7 miliardi di dollari) e medical<br />
affairs (3-5 miliardi di dollari).<br />
Cosa fa l’AI-Gen<br />
L’AI generativa (AI-Gen) si riferisce a un particolare tipo<br />
di intelligenza artificiale in grado di generare nuovi dati<br />
coerenti con le informazioni già in suo possesso. L’esempio<br />
probabilmente più conosciuto è quello di ChatGPT, un’AI in grado<br />
di creare testi straordinariamente simili a quelli scritti da un<br />
essere umano. Ne esistono anche altre versioni che creano<br />
immagini, musica, grafici e molto altro. Nel campo del drug<br />
development, gli algoritmi possono essere addestrati sulle<br />
caratteristiche chimico-fisiche e sulle forme 3D delle molecole,<br />
rendendoli in grado di generare molecole completamente nuove<br />
o prevedere il comportamento di quelle conosciute in specifici<br />
contesti.<br />
Ad esempio è possibile ideare strutture molecolari che non sono<br />
state ancora sintetizzate, accelerando il processo di scoperta<br />
di nuovi farmaci, un approccio che permette di esplorare un<br />
ampio spazio chimico molto più rapidamente rispetto ai metodi<br />
tradizionali, identificando potenziali molecole con proprietà<br />
terapeutiche superiori o nuove modalità d’azione. Inoltre,<br />
l’AI può prevedere come le molecole si comporteranno in un<br />
contesto biologico, come il loro legame con specifici recettori,<br />
diventando uno strumento cruciale per valutare l’efficacia e<br />
la sicurezza di un farmaco. Un algoritmo può anche simulare<br />
interazioni molecolari e prevedere l’affinità di legame, la<br />
selezione e l’efficacia di una molecola, riducendo la necessità<br />
di sperimentazione iniziale su modelli animali o umani e<br />
minimizzando i costi e i tempi di sviluppo.<br />
Secondo un’analisi del Boston Consulting Group, l’AI generativa<br />
potrebbe anche includere i dati non strutturati utilizzati<br />
dall’industria farmaceutica. Un obiettivo ambizioso, dato che<br />
l’accesso e la gestione di queste informazioni devono soddisfare<br />
molti requisiti normativi, particolarmente complessi quando si<br />
tratta della possibilità di utilizzare i dati generati per supportare<br />
l’approvazione normativa.<br />
Criticità<br />
In effetti, l’implementazione dell’AI generativa potrebbe rivelarsi<br />
un esercizio non così semplice per le aziende farmaceutiche,
makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />
in quanto deve inserirsi all’interno di un’organizzazione già<br />
complessa e con i rigidi requisiti normativi tipici del ciclo di vita<br />
dei farmaci. Dall’analisi di McKinsey emerge l’importanza di<br />
uscire dal clima di hype che circonda l’AI generativa e capire<br />
esattamente cosa si può o non si può fare. La questione, infatti,<br />
è molto complessa e richiede competenze di vario genere<br />
(data scientist, ricercatori, medical affairs, funzioni legali,<br />
analisi di rischio e di business) che lavorino congiuntamente<br />
per impostare la soluzione più adatta a ciascuna azienda. La<br />
disponibilità di un’infrastruttura di dati adeguata è solo il primo<br />
passo: i sistemi di AI generativa non sono tutti uguali e il modello<br />
selezionato deve essere adattato alla complessità del caso<br />
specifico, concentrandosi sulle applicazioni chiave per evitare<br />
interruzioni dell’attività.<br />
La governance dell’AI generativa deve anche riflettere i principi<br />
chiave stabiliti dall’UE per tutti i sistemi di intelligenza artificiale,<br />
ovvero “essere sicuri, trasparenti, tracciabili, non discriminatori<br />
e rispettosi dell’ambiente, nonché “supervisionati da persone,<br />
piuttosto che da altri sistemi automatici, per prevenire esiti<br />
dannosi”.<br />
Casi concreti<br />
caratteristiche necessarie per svolgere l’attività farmacologica<br />
desiderata.<br />
Sull’onda delle possibilità offerte da questa tecnologia, sono<br />
nate molte startup dedicate alla creazione di piattaforme di<br />
intelligenza artificiale generativa (spesso end-to-end) per la<br />
scoperta di farmaci. Tra le principali citiamo la piattaforma<br />
Pharma.AI di Insilico Medicine, che viene utilizzata per costruire<br />
una pipeline completamente auto-generata comprendendente<br />
31 programmi e 29 obiettivi. Il prodotto più avanzato in sviluppo<br />
mira alla malattia rara della fibrosi polmonare idiopatica ed è<br />
attualmente in Fase 2 negli Stati Uniti e in Cina. La piattaforma<br />
multimodale data-driven di Insilico, inClinico AI, si è dimostrata<br />
utile per calcolare la probabilità di successo dei singoli studi<br />
clinici, prevedere i risultati di Fase 2 a Fase 3 e riconoscere i<br />
punti deboli nel design dello studio.<br />
Basata nel Regno Unito, Exscientia, fondata nel 2012, è<br />
una società specializzata in medicina di precisione guidata<br />
dall’intelligenza artificiale. Tra i suoi principali successi figura la<br />
creazione della prima piattaforma oncologica che ha guidato con<br />
successo la selezione dei trattamenti e migliorato gli esiti per i<br />
pazienti. Il prodotto più avanzato nella sua pipeline è GTAEXS617,<br />
un oncologico mirato a CDK7 nei tumori solidi avanzati.<br />
Le prime applicazioni di intelligenza artificiale basate su<br />
algoritmi di deep learning sono state utilizzate, ad esempio,<br />
per prevedere la sequenza e la struttura di molecole biologiche<br />
complesse. Un caso emblematico è quello del database di<br />
strutture proteiche AlphaFold, che contiene oltre 200 milioni di<br />
previsioni di strutture proteiche disponibili gratuitamente per<br />
la comunità scientifica. Altri algoritmi di questo tipo includono<br />
ESMFold (Evolutionary scale modeling) e MoLeR di Microsoft,<br />
specificamente indirizzati alla progettazione di farmaci.<br />
Una generazione più recente di intelligenza artificiale generativa<br />
comprende i MoLFormers UI di IBM, una famiglia di modelli di<br />
base addestrati su sostanze chimiche che possono dedurre<br />
la struttura delle molecole da rappresentazioni semplici.<br />
L’algoritmo di screening MoLFormer-XL, ad esempio, è stato<br />
addestrato su oltre 1,1 miliardi di molecole non etichettate<br />
provenienti dai dataset di PubChem e ZINC, ciascuna<br />
rappresentata secondo il sistema di notazione SMILES<br />
(Simplified molecular input line entry system). Come riportato da<br />
IBM, MoLFormer-XL è in grado di prevedere molteplici proprietà<br />
fisiche, biofisiche e fisiologiche (ad esempio, la capacità di<br />
attraversare la barriera emato-encefalica), e persino proprietà<br />
quantistiche.<br />
L’approccio chiamato Mutual information machine (MIM) learning<br />
è quello utilizzato da NVIDIA per sviluppare i suoi algoritmi<br />
MolMIM, un autoencoder probabilistico per la scoperta di farmaci<br />
basati su small molcules. Il servizio cloud NVIDIA BioNeMo<br />
utilizza questi modelli per implementare una piattaforma di<br />
intelligenza artificiale generativa che, secondo quanto afferma<br />
l’azienda, dovrebbe generare molecole con tutte le proprietà e le<br />
89
NUMERO 3 - GIUGNO <strong>2024</strong><br />
Casa editrice<br />
<strong>Making</strong><strong>Life</strong> Srl<br />
Via Giovanni Pascoli 60<br />
20133 Milano MI<br />
Tel. 02 36525293<br />
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