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Making Life numero 3_2024

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makinglife | giugno <strong>2024</strong> | <strong>numero</strong> tre<br />

OSSERVATORIO STUDI CLINICI<br />

PharmaFuture & Health


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nell’healthcare<br />

e ne governa il cambiamento


INDICE<br />

Pharma Novel<br />

Commenti<br />

Scenario studi clinici<br />

Augmented brain<br />

per i pazienti<br />

01 02 03<br />

6 Malattia X, vaccini e 10<br />

comunicazione<br />

Il futuro degli studi<br />

clinici<br />

24<br />

Diseguaglianze sociali<br />

e salute<br />

Sgretolamento di un<br />

diritto costituzionale<br />

12<br />

14<br />

Medicina & digitale<br />

DTx e validazione<br />

clinica<br />

In silico trial<br />

30<br />

34<br />

38<br />

Real world evidence<br />

42<br />

4


makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />

Il nuovo ruolo del paziente<br />

Legal<br />

Finance<br />

Pharmatelling<br />

L’evoluzione digitale<br />

dei trial clinici<br />

Sanità e paziente<br />

digitale<br />

Paziente assente<br />

46<br />

50<br />

52<br />

La riforma europea sui<br />

farmaci generici<br />

04 05 06 07<br />

60 Spyglass<br />

64<br />

Il sentiero della finanza<br />

agevolata<br />

66<br />

Anticipare il mercato<br />

Gestire gli stabilimenti<br />

per iniettabili<br />

AI generativa nello<br />

sviluppo di farmaci<br />

74<br />

78<br />

88<br />

Anche l’occhio...<br />

56<br />

5


PHARMA<br />

NOVEL<br />

Mario Addis<br />

Augmented brain per i pazienti<br />

Intelligenza artificiale, machine learning e telemedicina stanno<br />

potenziando enormemente le capacità dei professionisti della<br />

salute di individuare terapie e gestire trattamenti per i pazienti.<br />

Grazie a una sorta di “cervello aumentato”, come lo vede Mario<br />

Addis nella sua graphic novel.<br />

6


makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />

7


8


makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />

9


Malattia X,<br />

vaccini e<br />

comunicazione<br />

Cristiana Bernini<br />

Che cosa sia la “Malattia X”<br />

nessuno lo sa, ma fa paura.<br />

Non a tutti, in verità – e lo<br />

vedremo – ma l’allarme<br />

lanciato dagli esperti è<br />

alto. Il temine coniato nel<br />

2018 dall’Organizzazione<br />

mondiale della sanità fa<br />

riferimento a una patologia<br />

ancora sconosciuta ma<br />

in grado di scatenare<br />

una pandemia che, al<br />

confronto, quella dovuta<br />

al Covid-19 potrebbe<br />

risultare insignificante.<br />

Non conosciamo quale sarà<br />

il patogeno responsabile<br />

e nemmeno quando si<br />

diffonderà, non sappiamo<br />

quali saranno i sintomi e<br />

quale il tasso di letalità,<br />

ciò che è certo è che la<br />

malattia X si manifesterà<br />

e che è necessario farsi<br />

trovare preparati.<br />

D’altra parte, lo stesso<br />

direttore generale Tedros<br />

Adhanom Ghebreyesus,<br />

intervenendo lo scorso<br />

gennaio al World Economic<br />

Forum a Davos, ricordava<br />

come da tempo l’Oms ripete<br />

che il verificarsi di una<br />

pandemia «è una questione<br />

di quando e non di se […].<br />

Se lo diciamo non è per<br />

creare il panico ma per<br />

prepararsi […]. Il tempo<br />

di prepararsi alla nuova<br />

pandemia è adesso, non<br />

quando arriva».<br />

Ma – qualcuno potrebbe<br />

obiettare – non siamo<br />

reduci da una pandemia da<br />

Covid-19? Quali saranno<br />

mai le probabilità che<br />

nell’arco di pochi anni si<br />

manifesti un altro evento<br />

simile? Ecco, al di là del<br />

fatto che la statistica<br />

non funziona proprio<br />

così, globalizzazione,<br />

sovrappopolamento,<br />

deforestazione, allevamenti<br />

intensivi sono condizioni<br />

che favoriscono e<br />

accelerano le mutazioni dei<br />

virus e i salti di specie.<br />

In questi mesi si è alzato<br />

il livello di attenzione<br />

per il virus dell’influenza<br />

aviaria H5N1 (la storia<br />

dell’evoluzione di H5N1 è<br />

ben ripercorsa dall’articolo<br />

apparso il<br />

25 marzo su<br />

The Lancet<br />

Infectious<br />

Diseases).<br />

Il virus<br />

è conosciuto, perché<br />

è in circolazione da<br />

almeno vent’anni, ciò<br />

che preoccupa è la sua<br />

sempre maggior diffusione<br />

tra i mammiferi, come<br />

nelle mucche da latte<br />

negli Usa dove, con un<br />

doppio salto di specie,<br />

ha contagiato almeno<br />

un allevatore texano e<br />

dove, secondo il dottor<br />

Keith Poulsen, direttore<br />

del Wisconsin veterinary<br />

diagnostic laboratory, i casi<br />

potrebbero essere molti di<br />

più, vista la nota riluttanza<br />

degli allevatori a chiedere<br />

aiuto medico. E anche se,<br />

come afferma Gianni Rezza,<br />

“non abbiamo per ora<br />

un’evidenza di trasmissione<br />

dell’infezione da persona<br />

10


makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />

a persona e il virus non<br />

sembra aver fatto quelle<br />

mutazioni che lo adattano<br />

del tutto all’uomo”, è bene<br />

non calare la guardia, così<br />

come suggerito dal report<br />

pubblicato nell’aprile di<br />

quest’anno dall’European<br />

centre for disease<br />

prevention and control e<br />

dall’European food safety<br />

authority dove vengono<br />

delineate le misure One<br />

Health di<br />

contenimento<br />

di un’eventuale<br />

pandemia<br />

da influenza<br />

aviaria.<br />

E se dovesse servire un<br />

vaccino? Nessuna paura,<br />

assicurano gli epidemiologi:<br />

c’è una pipeline di Cvv<br />

(candidati virus vaccinali)<br />

e un sistema pronto<br />

ad attivarsi, dice Maria<br />

Van Kerkhove, che<br />

guida la “Preparazione<br />

e prevenzione contro<br />

epidemie e pandemie (Epp)”<br />

all’Organizzazione mondiale<br />

della sanità, e il processo<br />

di produzione del vaccino<br />

antinfluenzale sarebbe più<br />

veloce di quello per Covid:<br />

potremmo iniziare ad avere<br />

i vaccini disponibili entro<br />

4-6 mesi. Non sarebbe un<br />

problema, aggiunge Rezza:<br />

«Non siamo di fronte a<br />

un coronavirus, ma a un<br />

virus influenzale, sia pur<br />

aviario. E vaccini contro i<br />

virus influenzali ce ne sono<br />

ormai da decenni».<br />

Il problema più grande,<br />

in realtà, sarebbe un<br />

altro: già nel 2023,<br />

secondo un sondaggio<br />

realizzato da The European<br />

house- Ambrosetti in<br />

collaborazione con SWG,<br />

la percentuale dei cittadini<br />

che riteneva i vaccini uno<br />

strumento sanitario sicuro<br />

ed efficace per contrastare<br />

le malattie infettive<br />

si era ridotta, rispetto<br />

all’anno precedente, dal<br />

92% al 76%. Ora, un altro<br />

sondaggio di Termometro<br />

Politico dice che soltanto<br />

la metà dei vaccinati<br />

contro SARS-CoV-2 è<br />

convinto di aver fatto la<br />

scelta giusta e nessun<br />

“non vaccinato” (9,2%<br />

degli italiani) rimpiange<br />

di non essersi sottoposto<br />

alla vaccinazione. Il dato è<br />

preoccupante: solamente<br />

il 52,7% del campione<br />

farebbe ancora i vaccini<br />

che la comunità scientifica<br />

ritenesse necessari in caso<br />

di nuova pandemia e il<br />

10,4% si sottoporrebbe a<br />

vaccinazione solo se fosse<br />

obbligato da provvedimenti<br />

del governo o da strumenti<br />

come il Green pass.<br />

Qualcosa, insomma, deve<br />

essere andato storto,<br />

soprattutto a livello di<br />

comunicazione. E se è vero<br />

che non ha senso urlare “al<br />

lupo al lupo” è pur vero che<br />

la “paura fa novanta”, come<br />

dimostra<br />

uno studio<br />

italiano<br />

pubblicato<br />

su Vaccines<br />

in merito all’esitazione<br />

vaccinale: i partecipanti al<br />

sondaggio sono risultati<br />

più disposti a vaccinarsi<br />

quando sensibilizzati al<br />

rischio di ospedalizzazione.<br />

Atteggiamenti e<br />

percezioni nei confronti<br />

della vaccinazione<br />

possono quindi essere<br />

influenzati, in una certa<br />

misura, agendo sul modo<br />

in cui le informazioni<br />

vengono inquadrate.<br />

Indicazione scontata,<br />

ma ora dimostrata, a<br />

beneficio di chi è chiamato<br />

a elaborare campagne<br />

di comunicazione,<br />

particolarmente delicate<br />

soprattutto se riguardano la<br />

salute pubblica.<br />

E a proposito di<br />

comunicazione chiara e<br />

sostenuta da evidenze<br />

scientifiche, giunge mentre<br />

sto scrivendo la notizia<br />

che in Germania “vince<br />

l’Omeopatia”: il governo<br />

tedesco ha infatti deciso<br />

che la Cassa malattie<br />

statale continuerà a<br />

coprire i rimedi omeopatici.<br />

Lascio ai lettori ogni<br />

considerazione (ne<br />

possiamo parlare nel forum<br />

dedicato<br />

sulla nostra<br />

piattaforma<br />

<strong>Making</strong>Connect)<br />

specie in un<br />

momento in cui<br />

il nostro Ssn<br />

(e ne parliamo<br />

nelle pagine di questo<br />

<strong>numero</strong>) è allo sfascio.<br />

11


12<br />

Diseguaglianze<br />

sociali e salute:<br />

una teoria<br />

complottista<br />

(ma vera)<br />

Antonio Maturo<br />

Professore di Sociologia della Salute<br />

Università di Bologna, Campus della Romagna<br />

In Svezia l’aspettativa di vita alla nascita è di 83 anni, mentre<br />

in Ciad è di trent’anni di meno. Un bimbo che nasce a Treviso<br />

vivrà tre anni e mezzo in più rispetto al bimbo nato a Siracusa<br />

o a Napoli (dati Istat, 2022). In quasi tutti i Paesi del mondo al<br />

crescere del reddito diminuisce il tasso di fumatori. Sovrappeso<br />

e obesità in Italia sono in aumento, con la Campania in testa,<br />

mentre la provincia di Bolzano ne è meno colpita. Le statistiche<br />

potrebbero continuare ma la tendenza rimane stabile.<br />

Generalmente, le scienze sociali si caratterizzano per avere<br />

teorie piuttosto incerte, probabilistiche e legate a contesti<br />

specifici. Invece, il legame tra salute e fattori socio-economici<br />

è una certezza inattaccabile. Reddito e istruzione sono legate<br />

a specifici stili di vita che hanno conseguenze sulla salute.<br />

Giocoforza, si sarebbe tentati di dire che se le persone meno<br />

istruite fumano di più e sono a maggior rischio di obesità dei<br />

laureati, c’è un problema di informazione. Dunque, andrebbe<br />

potenziata la comunicazione sanitaria per certe categorie di<br />

persone. In gergo: “segmentare il target” (da leggere con accento<br />

milanese). Non è così. Tra fattori sociali e salute vi è una<br />

relazione complessa che, però, porta a un unico risultato: la<br />

sconfitta dei poveri, dei vulnerabili, dei “worse off”.<br />

Non è una questione di scarsa informazione: condizioni di vita,<br />

stress, deprivazione, incertezza “complottano” tra loro, si rafforzano<br />

a vicenda e asfaltano la strada per degli esiti nefasti<br />

in termini di morbidità e mortalità. Si tratta di una cospirazione<br />

che ha la caratteristica di essere sotto agli occhi di tutti,<br />

ma le cose che diamo per scontato non le notiamo. Come la<br />

lettera rubata di Edgar Allan Poe.<br />

C’è poi un altro aspetto: essere poveri è molto costoso. Negli<br />

Stati Uniti, tre rotoli di carta igienica comprati separatamente<br />

costano come una confezione da dieci, ma chi ha problemi<br />

economici ne compra uno alla volta. Chi vive in aree urbane<br />

povere, inoltre, non ha la possibilità pratica di comprare della<br />

frutta fresca, ma solo cibo-spazzatura. Si tratta di quello<br />

che efficacemente viene detto “desert food”. Ironicamente, ci<br />

si può consolare con il fatto che se anche la frutta ci fosse<br />

sarebbe troppo costosa per la maggior parte dei residenti. Ma<br />

non serve andare nello Stato ricco più diseguale del mondo,<br />

certe cose si possono notare anche in Italia. Per esempio, non<br />

tutti sanno che pagare una bolletta in tabaccheria costa 2,50<br />

euro in più. Per molte persone l’addebito in conto corrente<br />

è rischioso perché si rischia il rosso. Dunque, ci sono costi<br />

aggiuntivi ingenti proprio per motivi di povertà. Lasciamo poi<br />

perdere l’accesso ai mutui e ai relativi tassi di interesse, che<br />

crescono in funzione direttamente proporzionale al bisogno.<br />

Sul tema degli immobili c’è una battuta simpatica: “Il superbonus?<br />

Una patrimoniale al contrario: si tassano i contribuenti<br />

a favore dei proprietari di immobili”. Chi lo ha detto? Un comunista,<br />

un no-global, un sostenitore del proletariato unito?<br />

Non proprio: Mario Monti (Corriere della sera, 4 maggio <strong>2024</strong>).<br />

Insomma, i poveri hanno delle spese che i ricchi non si possono<br />

permettere.<br />

Nella sociologia vi sono almeno due importanti teorie riguardo


makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />

alle diseguaglianze di salute. Entrambe sono nettamente distanti<br />

dal “deficit model”, la teoria psicologica che assume che le<br />

diseguaglianze della salute siano il risultato della mancanza di<br />

informazione di cui soffrirebbero i più deboli.<br />

La prima teoria è quella legata alla “sindrome di status”. Si tratta<br />

di un approccio che si focalizza sugli effetti della deprivazione<br />

relativa e, quindi, sullo stress e il disagio che le persone vivono<br />

quando si percepiscono in posizioni sociali inferiori alle altre.<br />

Secondo questo approccio la posizione sociale che una persona<br />

occupa a livello lavorativo influisce sulla sua percezione di<br />

esercitare un controllo della propria vita. Con lo scendere nella<br />

«gerarchia sociale», crescono senso di impotenza e fatalismo,<br />

e quindi la convinzione di non essere in grado di padroneggiare<br />

gli eventi, abilità che in psicologia viene detta «mastery» o auto-efficacia.<br />

La psicologia ha dimostrato che le persone con un<br />

elevato senso di controllo sugli eventi, rispetto a coloro che si<br />

sentono in balia degli accidenti, hanno una piú elevata competenza<br />

sanitaria, sono maggiormente inclini a intraprendere stili<br />

di vita sani, hanno una percezione generalmente positiva del<br />

loro stato di salute, si ammalano meno e godono di un minor<br />

tasso di mortalità.<br />

La seconda teoria, molto accreditata in sociologia, è quella che<br />

si riferisce alle “cause delle cause”. Questo approccio pone in<br />

primo piano gli effetti di reddito e istruzione sugli altri “determinanti”<br />

di salute. Ad esempio, persone di un elevato livello di<br />

reddito e di istruzione hanno facilità a condurre stili di vita sani<br />

e frequentano persone simili, amplificando così un circolo virtuoso<br />

di buona salute. E nel caso di bisogno sanno destreggiarsi<br />

nella burocrazia sanitaria e riescono facilmente ad attivare connessioni<br />

sociali per raggiungere informazioni sui servizi di cui<br />

necessitano. Al contrario, persone di basso status socio-economico<br />

sono esposte a rischi elevati di salute, spesso non hanno<br />

abbastanza denaro per mangiare in modo salutare e alleviano<br />

situazioni lavorative monotone o stressanti con il tabacco. Anche<br />

in questo caso i contatti sociali sono di tipo “omofilo”: si<br />

frequentano persone simili che rafforzano certi comportamenti<br />

dannosi, dando vita a un circolo vizioso. Come sintetizza con efficacia<br />

John Mirowski della University of Texas: «I poveri debbono<br />

sopportare un triplo carico: hanno piú problemi da risolvere; le<br />

loro storie personali li lasciano spossati e impotenti; questo senso<br />

di impotenza li demoralizza e mina la loro capacità di agire<br />

concretamente per risolvere i problemi. Il risultato, per molti, è<br />

una moltiplicazione delle malattie e della disperazione».<br />

Non è facile per lo Stato ridurre le diseguaglianze di salute, chiaramente<br />

è molto difficile agire in modo istantaneo sui determinanti<br />

di salute. La politica sembra non fare abbastanza, ma a<br />

dire il vero, in questa situazione di crisi di idee, forse la salute<br />

potrebbe essere un incentivo forte per i partiti. Tutte le famiglie<br />

sanno cosa significa avere uno (o più) malati in casa. Se la politica<br />

si accorgesse (finalmente) che occuparsi di salute paga in<br />

termini elettorali, il contrasto sistematico alle diseguaglianze<br />

sanitarie potrebbe diventare una realtà.<br />

13


SSN <strong>2024</strong><br />

sgretolamento<br />

di un diritto<br />

costituzionale<br />

Il servizio sanitario italiano sta lentamente<br />

– ma inesorabilmente – perdendo la<br />

capacità di soddisfare il suo mandato<br />

originario scivolando progressivamente<br />

verso un sistema largamente in mano ai<br />

privati<br />

Valentina Guidi<br />

Nino Cartabellotta, presidente di GIMBE | Gruppo<br />

italiano per la medicina basata sulle evidenze<br />

Il Servizio sanitario nazionale<br />

ha cambiato volto. C’è chi<br />

difende la sanità pubblica e<br />

crede in un servizio uguale<br />

per tutti, ma c’è anche<br />

chi non crede più in un<br />

sistema in difficoltà ed è<br />

convinto che una sempre<br />

maggiore privatizzazione sia<br />

indispensabile o addirittura<br />

auspicabile. Ci sono però<br />

diritti che è bene restino<br />

imprescindibili e, al di là<br />

dell’opinione di ognuno, il<br />

futuro del nostro Sistema<br />

sanitario riguarda tutti.<br />

Abbiamo intervistato Nino<br />

Cartabellotta, presidente<br />

di GIMBE (Gruppo italiano<br />

per la medicina basata sulle<br />

evidenze), fondazione che<br />

da più di 25 anni si occupa<br />

da vicino di monitorare e<br />

collaborare con il Ssn.<br />

Perché è importante e<br />

necessario avere un Servizio<br />

sanitario nazionale pubblico?<br />

Il fine ultimo del nostro Ssn<br />

è quello di offrire ai cittadini<br />

le migliori opportunità<br />

per scegliere la vita che<br />

desiderano vivere. In altre<br />

parole, il Ssn è necessario<br />

per promuovere la dignità<br />

della popolazione e garantire<br />

a tutti la capacità di compiere<br />

le proprie scelte e la libertà<br />

di metterle in atto. E tali<br />

capacità dipendono, tra i vari<br />

fattori, anche dallo stato di<br />

salute. Mettere in discussione<br />

la sanità pubblica, pertanto,<br />

significa compromettere non<br />

solo la salute, ma soprattutto<br />

la dignità dei cittadini e la<br />

loro capacità di realizzare<br />

ambizioni e obiettivi. Infine<br />

14


makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />

è utile ricordare che lo stato<br />

di salute e il benessere della<br />

popolazione condiziona la<br />

crescita del Pil: perché chi<br />

è malato non produce, non<br />

consuma e, spesso, limita<br />

anche l’attività lavorativa dei<br />

propri familiari.<br />

Quali sono le problematiche<br />

più gravi che colpiscono<br />

attualmente il nostro servizio<br />

sanitario?<br />

Oggi la vita quotidiana delle<br />

persone, in particolare quelle<br />

meno abbienti, è sempre<br />

più condizionata dalla<br />

mancata esigibilità del diritto<br />

fondamentale alla tutela<br />

della salute: interminabili<br />

tempi di attesa per una<br />

prestazione sanitaria o una<br />

visita specialistica, necessità<br />

di pagare di tasca propria<br />

le spese per la salute, sino<br />

all’impoverimento delle<br />

famiglie e alla rinuncia<br />

alle cure, ma anche pronto<br />

soccorso affollatissimi,<br />

impossibilità di trovare un<br />

medico o un pediatra di<br />

famiglia vicino casa, enormi<br />

diseguaglianze regionali e<br />

locali che possono arrivare<br />

a causare una migrazione<br />

sanitaria. Nel contesto di un<br />

Ssn profondamente indebolito<br />

e già segnato da inaccettabili<br />

diseguaglianze regionali, si<br />

innesta anche l’imminente<br />

attuazione delle maggiori<br />

autonomie in sanità che<br />

finirà per ampliare la frattura<br />

strutturale tra Nord e Sud del<br />

Paese. Le Regioni meridionali,<br />

infatti, saranno sempre<br />

più dipendenti dalla sanità<br />

del Nord, compromettendo<br />

l’uguaglianza dei cittadini<br />

nell’esercizio del diritto<br />

costituzionale alla tutela<br />

della salute. Lo vediamo già<br />

oggi: solo tre Regioni sulle 14<br />

adempienti ai Livelli essenziali<br />

di assistenza sono del Sud<br />

“<br />

L’impoverimento<br />

del Ssn sta<br />

spianando<br />

definitivamente<br />

la strada a una<br />

sanità regolata<br />

dal libero<br />

mercato<br />

(Abruzzo, Puglia e Basilicata)<br />

e tutte a fondo classifica. E<br />

l’ingente flusso di denaro<br />

della mobilità sanitaria, che<br />

ammonta a 4,25 miliardi di<br />

euro, scorre prevalentemente<br />

dal Meridione verso le Regioni<br />

che hanno già sottoscritto i<br />

pre-accordi per le maggiori<br />

autonomie.<br />

Quali sono le ragioni che<br />

hanno portato alla situazione<br />

attuale?<br />

Tutti i governi degli ultimi<br />

15 anni, indipendentemente<br />

dall’orientamento politico,<br />

hanno utilizzato la spesa<br />

sanitaria come una sorta<br />

di bancomat, dirottando<br />

le risorse verso altre<br />

priorità mirate a soddisfare<br />

gli interessi del proprio<br />

elettorato. Nel 2013 la<br />

Fondazione GIMBE ha lanciato<br />

la campagna “Salviamo il<br />

nostro Servizio sanitario<br />

nazionale” proprio per<br />

sensibilizzare decisori politici,<br />

manager, professionisti<br />

sanitari e cittadini sulla<br />

necessità di rimettere la<br />

sanità pubblica al centro<br />

del dibattito pubblico e<br />

dell’agenda politica. Avevamo<br />

infatti già previsto che la<br />

perdita del Ssn non sarebbe<br />

stata annunciata dal fragore<br />

di una valanga, ma si<br />

sarebbe concretizzata come<br />

il silenzioso scivolamento<br />

di un ghiacciaio, attraverso<br />

anni, lustri, decenni. Un<br />

disfacimento che lentamente,<br />

ma inesorabilmente, avrebbe<br />

eroso il diritto costituzionale<br />

alla tutela della salute.<br />

E dopo dieci anni, dati e<br />

cronaca dimostrano che<br />

il collasso del Ssn ci sta<br />

portando dritti verso un<br />

disastro sanitario, economico<br />

e sociale, già ben evidente in<br />

diverse aree interne del Sud.<br />

L’impoverimento del Ssn sta<br />

spianando definitivamente<br />

la strada a una sanità<br />

regolata dal libero mercato,<br />

dove l’accesso a tecnologie<br />

diagnostiche e terapie<br />

innovative sarà limitato a chi<br />

potrà pagare di tasca propria<br />

o avrà stipulato costose<br />

assicurazioni sanitarie, che<br />

tuttavia non potranno mai<br />

garantire una copertura<br />

globale come quella offerta<br />

dalla sanità pubblica.<br />

“<br />

Il privato<br />

accreditato<br />

rappresenta una<br />

grande risorsa<br />

per il Ssn ma<br />

deve mantenere<br />

la funzione di<br />

integrazione al<br />

pubblico<br />

La sinergia pubblico/<br />

privato, molto efficace in<br />

altri contesti, può funzionare<br />

anche nella sanità?<br />

Bisogna dapprima avviare<br />

un ampio ripensamento<br />

del rapporto tra il settore<br />

pubblico e quello privato<br />

nella sanità. Il privato<br />

accreditato rappresenta<br />

una grande risorsa per il<br />

Ssn ma deve mantenere<br />

la funzione di integrazione<br />

al pubblico, sarebbe a<br />

dire che deve erogare le<br />

prestazioni che servono,<br />

dove servono e quando<br />

servono. Purtroppo l’utilizzo<br />

improprio dello strumento<br />

dell’accreditamento in<br />

alcune Regioni ha portato<br />

all’espansione incontrollata<br />

del privato accreditato, che, in<br />

un contesto di indebolimento<br />

del Ssn, si sta gradualmente<br />

sostituendo al pubblico.<br />

Questo problema diventa<br />

una minaccia quando le<br />

strutture private vengono<br />

acquisite dalle assicurazioni,<br />

creando un sistema parallelo<br />

interamente privato, sia<br />

nel finanziamento che<br />

nell’erogazione delle<br />

prestazioni sanitarie,<br />

un sistema in grado di<br />

sostituirsi interamente<br />

al pubblico, che segue le<br />

regole del libero mercato<br />

invece della tutela di un<br />

diritto costituzionale. Inoltre<br />

le cosiddette partnership<br />

pubblico-privato (PPP) hanno<br />

una specifica dimensione<br />

giuridica e un preciso campo<br />

di azione, entrambi mai<br />

regolamentati nel nostro<br />

Paese. Di conseguenza,<br />

spesso il termine indica<br />

qualsiasi ingresso di capitali<br />

privati nel Ssn da parte di<br />

aziende private che non sono<br />

certo enti di beneficienza:<br />

per questo occorre una<br />

legge quadro sulle PPP che<br />

definisca le regole del gioco.<br />

15


Più in generale, ritengo che<br />

qualsiasi forma di integrazione<br />

pubblico-privato possa<br />

contribuire al rilancio del Ssn<br />

a tre condizioni. Innanzitutto,<br />

il Ssn deve essere potenziato<br />

con risorse pubbliche; in<br />

secondo luogo le regole<br />

devono essere definite<br />

dalla parte pubblica e non<br />

dettate dall’indebolimento<br />

strutturale e dai bisogni<br />

dei cittadini; infine, l’offerta<br />

privata deve essere sempre<br />

complementare a quella<br />

pubblica, evitando approcci di<br />

offerta selettivi in relazione<br />

alla convenienza economica.<br />

Se manca una sola delle tre<br />

condizioni, non si configura<br />

affatto un rilancio del Ssn, ma<br />

una sua privatizzazione bella<br />

e buona.<br />

Come si colloca l’Italia a<br />

livello europeo per quanto<br />

riguarda la spesa sanitaria<br />

pubblica?<br />

Come già detto, tutti gli<br />

esecutivi degli ultimi tre lustri<br />

hanno considerato la spesa<br />

sanitaria come un costo<br />

anziché un investimento,<br />

ignorando che il benessere<br />

e la salute della popolazione<br />

sono fondamentali per la<br />

crescita economica: è così<br />

che l’Italia è finita per essere<br />

primo tra i Paesi poveri in<br />

Europa per spesa sanitaria<br />

pubblica pro-capite. Infatti nel<br />

2022 siamo davanti solo ai<br />

Paesi dell’Europa meridionale<br />

(Spagna, Portogallo, Grecia)<br />

e a quelli dell’Europa dell’Est,<br />

eccetto la Repubblica Ceca.<br />

Con un gap rispetto alla<br />

media dei Paesi europei che<br />

dal 2010 è progressivamente<br />

aumentato, arrivando nel<br />

2022 a 873 dollari (pari a<br />

801 euro) che, parametrato<br />

alla popolazione residente<br />

Istat al 1° gennaio 2023, per<br />

l’anno 2022 corrisponde<br />

a 47,3 miliardi di euro.<br />

Nell’intero periodo 2010-<br />

2022 il gap cumulativo arriva<br />

all’eccezionale cifra di 363<br />

miliardi di dollari, ovvero circa<br />

333 miliardi di euro.<br />

Quali sono le prospettive<br />

future e le proposte concrete<br />

per un rilancio del Servizio<br />

sanitario?<br />

La situazione è critica ma la<br />

Fondazione GIMBE, con il<br />

Piano di rilancio del Ssn<br />

ha da tempo<br />

indicato la<br />

terapia per<br />

curare il<br />

nostro Ssn:<br />

rilanciare<br />

progressivamente il<br />

finanziamento pubblico<br />

per allinearlo almeno alla<br />

media dei Paesi europei;<br />

potenziare le capacità di<br />

indirizzo e verifica dello<br />

Stato sulle Regioni; garantire<br />

l’aggiornamento continuo dei<br />

livelli essenziali di assistenza<br />

per rendere subito accessibili<br />

le innovazioni, oltre che la<br />

loro esigibilità su tutto il<br />

territorio nazionale; rilanciare<br />

le politiche sul personale<br />

sanitario; riprogrammare<br />

l’offerta dei servizi sociosanitari<br />

in relazione ai<br />

reali bisogni di salute della<br />

popolazione; regolamentare<br />

il rapporto pubblico-privato e<br />

la sanità integrativa; investire<br />

in prevenzione e promozione<br />

della salute; potenziare<br />

l’informazione istituzionale<br />

basata sulle evidenze<br />

scientifiche; aumentare<br />

le risorse per la ricerca<br />

indipendente; rimodulare<br />

ticket e detrazioni fiscali per le<br />

spese sanitarie.<br />

Lo stesso Pnrr, al di là delle<br />

recenti rimodulazioni al<br />

ribasso, rappresenta una<br />

grande opportunità per<br />

rilanciare il Ssn solo se<br />

inserito in un quadro di<br />

rafforzamento complessivo<br />

della sanità pubblica. Infatti, in<br />

assenza di risorse vincolate<br />

per il personale sanitario,<br />

di riforme di sistema (in<br />

particolare quella sui<br />

medici di famiglia) e di un<br />

affiancamento dello Stato<br />

alle Regioni più in difficoltà,<br />

rischiamo di indebitare le<br />

future generazioni solo per<br />

finanziare un costoso lifting<br />

del Ssn.<br />

Quale deve essere quindi, il<br />

ruolo di politica e società nel<br />

rilancio del Ssn?<br />

La politica deve prendere<br />

una decisione cruciale: se<br />

vuole che il Ssn rispetti il<br />

suo mandato originario deve<br />

investire in modo consistente<br />

e per molti anni. In alternativa,<br />

dovrà scegliere apertamente<br />

quali prestazioni garantire a<br />

tutti e quali lasciare al privato,<br />

al fine di evitare quei fenomeni<br />

subliminali di privatizzazione<br />

già in atto da anni. Anche i<br />

cittadini sono chiamati a fare<br />

la propria parte: da un lato<br />

devono battersi attivamente<br />

per costringere la politica a<br />

rimettere la sanità pubblica al<br />

centro dell’agenda, dall’altro<br />

devono saperne fare buon uso.<br />

Per questo l’alfabetizzazione<br />

sanitaria della popolazione<br />

è un elemento cruciale,<br />

colpevolmente trascurato<br />

dalle istituzioni del nostro<br />

Paese. Noi, come Fondazione<br />

GIMBE, abbiamo deciso di<br />

fare un ulteriore passo avanti:<br />

a undici anni dall’avvio della<br />

campagna #SalviamoSsn,<br />

abbiamo lanciato una<br />

rete civica nazionale con<br />

sezioni regionali. Riteniamo<br />

indispensabile diffondere a<br />

tutti i livelli il valore del Ssn<br />

come pilastro della nostra<br />

democrazia, strumento di<br />

equità e giustizia sociale,<br />

oltre che leva di sviluppo<br />

economico. L’obiettivo è<br />

coinvolgere sempre più<br />

persone nella tutela e nel<br />

rilancio del Ssn e promuovere<br />

un utilizzo informato di servizi<br />

e prestazioni sanitarie, al<br />

fine di arginare fenomeni<br />

consumistici. Perché, al di<br />

là delle difficoltà di accesso<br />

ai servizi, la maggior parte<br />

delle persone non ha<br />

ancora contezza del rischio<br />

imminente: quello di scivolare<br />

da un Ssn basato sulla tutela<br />

di un diritto costituzionale<br />

verso 21 sistemi sanitari<br />

regionali basati sulle regole<br />

del libero mercato.<br />

Cosa prevede la rete civica<br />

per salvare il Ssn lanciata da<br />

Fondazione GIMBE?<br />

La rete civica #SalviamoSsn,<br />

alla quale è possibile aderire<br />

raggiungendo il sito Internet,<br />

opererà<br />

tramite gruppi<br />

regionali per<br />

coordinare<br />

iniziative e<br />

attività della<br />

campagna #SalviamoSsn sul<br />

territorio. La rete sarà popolata<br />

di ambassador, impegnati nel<br />

promuovere attivamente la<br />

campagna a livello locale, e da<br />

cittadini che aderiranno alla<br />

causa. Anche le organizzazioni<br />

pubbliche e private potranno<br />

sostenere attivamente<br />

la campagna.<br />

L’ambizioso<br />

obiettivo della<br />

rete è quello<br />

di coinvolgere<br />

il Paese per<br />

difendere e rafforzare il Ssn<br />

attraverso azioni coordinate<br />

e partecipazione attiva: per<br />

essere consapevoli di ciò che<br />

stiamo perdendo e lavorare<br />

insieme per tutelare la salute<br />

come diritto di tutti.<br />

16


makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />

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23


Il futuro degli<br />

studi clinici<br />

Caterina Lucchini<br />

Simone Montonati<br />

24


makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />

Il mondo della ricerca clinica ha affrontato significative<br />

trasformazioni negli ultimi anni, che hanno modificato il<br />

tipo di studi clinici avviati e le aree terapeutiche finanziate.<br />

Globalmente, il 2023 ha visto una riduzione del<br />

15% nei nuovi studi rispetto all’anno precedente<br />

e del 22% rispetto al picco del 2021 (in gran<br />

parte dovuto all’attività straordinaria legata alla<br />

pandemia di Covid-19). Questa tendenza riflette una<br />

normalizzazione degli studi post-pandemia (quelli<br />

legati al Covid sono diminuiti del 69% rispetto<br />

al 2021) ma anche una riallocazione strategica<br />

delle risorse verso nuove priorità di ricerca. Lo<br />

rivela il report di Iqvia intitolato “Global Trends<br />

in R&D <strong>2024</strong>”, che evidenzia come negli ultimi<br />

anni vi sia stato un significativo trasferimento<br />

dei finanziamenti verso filoni di ricerca differenti,<br />

in particolare nel campo delle terapie avanzate,<br />

come quelle geniche e cellulari.<br />

Parallelamente, stiamo assistendo a una<br />

ridistribuzione geografica degli studi. I trial con<br />

sede in Cina, ad esempio, hanno evidenziato un<br />

aumento impressionante, raggiungendo nel 2023<br />

una quota del 28% sul totale globale degli studi<br />

iniziati nell’anno (un decennio fa questa percentuale<br />

era di appena il 3%). Peraltro, le aziende cinesi<br />

hanno mostrato un interesse crescente per studi<br />

internazionali, testimoniato dal fatto che un quarto<br />

di esse ha avviato studi clinici con partner di altri<br />

Paesi, mentre la partecipazione delle aziende europee e<br />

giapponesi è diminuita.<br />

In tema di aree terapeutiche, oncologia, immunologia,<br />

neurologia e malattie metaboliche/endocrinologiche<br />

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Eugenio Santoro,<br />

Istituto Mario Negri<br />

continuano a dominare il panorama, rappresentando il 79%<br />

degli studi clinici complessivi. In questo contesto, le terapie<br />

innovative, come le terapie cellulari e geniche, hanno visto<br />

un aumento significativo, costituendo il 25% degli<br />

studi in oncologia. Allo stesso tempo, gli studi<br />

sulle malattie rare mantengono una presenza<br />

forte e stabile grazie agli alti tassi di successo e al<br />

potenziale di innovazione.<br />

Uno dei settori a più rapida crescita è quello<br />

delle terapie per l’obesità, con un aumento del<br />

68% rispetto al 2022 e quasi il doppio rispetto a<br />

cinque anni fa. Una crescita che ha portato allo<br />

sviluppo 124 farmaci, di cui il 40% sono agonisti<br />

dei recettori del glucagone GIP/GLP.<br />

LA RICERCA CLINICA<br />

IN ITALIA<br />

Secondo il 20° Rapporto nazionale sulla<br />

sperimentazione clinica dei medicinali in Italia,<br />

pubblicato dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa),<br />

nel 2023 sono stati condotti complessivamente<br />

5.217 studi clinici nel nostro Paese: il 30% erano<br />

studi di fase I, il 25% di fase II, il 35% di fase III e<br />

il 10% di fase IV. A farla da padrona è stata l’area<br />

oncologica, per la quale sono stati sviluppati il 40% degli<br />

studi italiani, sebbene, secondo l’Associazione italiana di<br />

oncologia medica (Aiom), siano fortemente diminuite le<br />

sperimentazioni accademiche e non profit in questo ambito.<br />

Trial iniziati nel 2023<br />

Fase II<br />

36.09%<br />

Fase I<br />

22.99%<br />

Fase IV<br />

Fase III<br />

Fase I/II<br />

14.92%<br />

12.08%<br />

5.77%<br />

2023<br />

Fase 0<br />

4.77%<br />

Fase II/III<br />

2.89%<br />

Fase III/IIII<br />

--%<br />

Fonte: GlobalData Pharmaceutical Intelligence Center, 04/12/2023<br />

25


Percentuale di studi clinici per fase e anno<br />

100%<br />

90%<br />

80%<br />

70%<br />

60%<br />

50%<br />

40%<br />

30%<br />

20%<br />

10%<br />

0%<br />

2020<br />

2021 2022<br />

Fonte: Aifa, La Sperimentazione Clinica dei Medicinali in Italia, 2023<br />

IL CROLLO DELLA RICERCA<br />

INDIPENDENTE<br />

Fase 1<br />

Fase 2<br />

Fase 3<br />

Fase 4<br />

La riduzione degli studi no profit, confrontata con il<br />

decennio 2009-2019, risulta nell’ordine del 50% (da<br />

309 a 156 studi) e si è confermata anche nell’ultimo<br />

triennio, fino al dato più preoccupante del 2022, l’anno<br />

con il <strong>numero</strong> di studi no profit più basso dal 2000 a<br />

oggi (solo 98). Il declino degli studi clinici indipendenti,<br />

come evidenziato in un “Manifesto” della Fadoi del<br />

2023, rappresenta un problema serio nel panorama<br />

della ricerca clinica in Italia. L’attuale tendenza vede un<br />

predominio degli studi promossi dalle entità industriali<br />

a scapito di quelli no profit. Questo spostamento verso<br />

la ricerca condotta dalle aziende, sebbene legittimo,<br />

può comportare una visione distorta dei benefici dei<br />

prodotti farmaceutici. La ricerca clinica indipendente in<br />

Italia è vincolata da diversi fattori che ne ostacolano lo<br />

sviluppo e l’efficacia. Tra i principali nodi critici figurano<br />

la scarsità di risorse finanziarie e umane, insieme<br />

all’eccessiva burocrazia che rallenta i processi e mina<br />

l’efficienza. Tuttavia, il Manifesto propone una serie di<br />

soluzioni mirate per superare tali ostacoli e promuovere<br />

una ricerca clinica più efficiente e trasparente. Una delle<br />

proposte principali è la creazione di un’agenzia nazionale<br />

della ricerca, direttamente collegata alla presidenza<br />

del consiglio, con il compito di coordinare le attività di<br />

ricerca, promuovere reti di collaborazione e semplificare<br />

le procedure normative. Inoltre, si propone l’adozione<br />

di un testo unico della regolamentazione clinica per semplificare<br />

il quadro normativo attuale. Riguardo alle complesse normative<br />

sulla privacy, si auspica un intervento europeo per armonizzare<br />

IN ITALIA SIAMO<br />

INDIETRO CON IL<br />

COINVOLGIMENTO<br />

DEI PAZIENTI:<br />

SONO TANTI I<br />

PROTOCOLLI<br />

CHE NON HANNO<br />

PREVISTO LA LORO<br />

PARTECIPAZIONE<br />

NEMMENO CON UN<br />

COINVOLGIMENTO<br />

TARDIVO<br />

Paola Mosconi,<br />

Istituto Mario Negri<br />

le regole e favorire la conduzione di ricerche osservazionali.<br />

È anche fondamentale riformare i programmi universitari e i<br />

contratti collettivi della sanità per introdurre le figure professionali<br />

necessarie alla ricerca clinica. La formazione riveste un ruolo<br />

cruciale, con proposte per integrare i programmi di studio e offrire<br />

percorsi formativi post lauream dedicati alla ricerca clinica. Infine,<br />

si auspica una maggiore disponibilità di finanziamenti pubblici per<br />

sostenere la ricerca in modo continuativo e efficace.<br />

LE SFIDE<br />

Nonostante l’importanza della ricerca clinica in Italia, il settore,<br />

come visto, affronta diverse sfide. Tra queste, la burocrazia e la<br />

carenza di risorse e personale sono tra i principali ostacoli. Una<br />

comparazione dettagliata della ricerca clinica in Italia rispetto<br />

ad altri Paesi europei rivela alcune differenze significative.<br />

Sebbene l’Italia continui a essere un importante centro di ricerca,<br />

è importante sottolineare che altri Paesi europei hanno registrato<br />

un aumento costante degli investimenti nella ricerca clinica negli<br />

ultimi anni, mentre l’Italia ha mostrato una tendenza più stabile o<br />

addirittura in diminuzione. Ad esempio, l’analisi dei dati dell’Unione<br />

europea indica che alcuni Paesi, come Germania, Regno<br />

Unito e Francia, hanno incrementato consistentemente<br />

il <strong>numero</strong> di studi clinici condotti sul proprio territorio,<br />

con un focus particolare su aree di ricerca emergenti<br />

come la terapia genica e le malattie rare. È ben noto<br />

che l’Italia investe una percentuale relativamente bassa<br />

del suo Pil in ricerca e sviluppo, appena l’1,5%, rispetto<br />

alla media dell’UE del 2,1%. Di questa cifra, solo il 10% è<br />

destinato al settore della salute: il 10% degli investimenti<br />

è di natura no profit, mentre il restante 90% proviene da<br />

fonti private, ammontando a 750 milioni di euro all’anno.<br />

IL NODO BUROCRATICO<br />

A sollevare preoccupazioni sulla competitività dell’Italia<br />

nel settore della ricerca clinica è anche il peso di un<br />

processo regolatorio lungo e complicato, che tra le<br />

altre cose ritarda i tempi di avvio dei trial. Secondo<br />

il “Report indicatore stato del settore ricerca clinica<br />

2022” dell’Altems, la percezione generale del processo<br />

amministrativo e gestionale degli studi clinici in Italia<br />

è marcatamente pessimista, con significative criticità<br />

in vari ambiti. Incidono in particolare i costi degli studi<br />

clinici, considerati superiori e troppo variabili rispetto<br />

ad altri Paesi. Anche gli investimenti nel personale e<br />

l’efficienza burocratica non trovano un giudizio positivo, a causa<br />

della diffusa percezione di inadeguatezza nel rispondere in modo<br />

efficace alle esigenze del settore. Il problema della carenza di<br />

26


makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />

personale negli enti regolatori non è solo italiano. Un documento<br />

dell’Alliance for generative medicine sottolinea che anche la Food<br />

and drug administration (Fda) sta faticando a tenere il passo con<br />

il crescente carico di lavoro dovuto soprattutto all’aumento delle<br />

approvazioni di terapie cellulari e geniche. Per affrontare questo<br />

problema, l’Agenzia ha in programma di accrescere le sue capacità<br />

di revisione: attendendosi tra le 10 e le 20 richieste di autorizzazione<br />

per terapie cellulari e geniche all’anno entro il 2025 (fino al 2017 ne<br />

erano state approvate 27 in tutto) ha pianificato l’assunzione di 132<br />

nuovi membri del personale nel 2023 e ulteriori 96 per il periodo<br />

<strong>2024</strong>-2027.<br />

Questa situazione sta fornendo un ulteriore supporto<br />

a una introduzione più sistematica delle Real world<br />

evidence dato che anche le associazioni di pazienti<br />

insistono per uno snellimento delle procedure di<br />

approvazione da parte degli enti regolatori, che potrebbe<br />

essere bilanciato da una raccolta dati più consistente<br />

nella fase post marketing.<br />

CRESCONO I TRIAL DI FASE I<br />

Il panorama della ricerca oncologica in Italia è in rapida<br />

evoluzione, soprattutto per quanto riguarda i trial di<br />

fase I. Questi studi, una volta focalizzati principalmente<br />

sulla valutazione della sicurezza dei farmaci, stanno<br />

ora dimostrando un potenziale rivoluzionario, aprendo<br />

la strada a innovazioni sorprendenti con benefici<br />

tangibili già nella fase iniziale di studio. Secondo i dati<br />

forniti da Giuseppe Curigliano, membro del direttivo<br />

nazionale dell’Aiom, il <strong>numero</strong> di trial di fase I in Italia<br />

è in costante crescita. Nel 2022 sono stati condotti<br />

126 studi di fase I, rappresentando il 19% del totale<br />

e registrando un aumento dell’8% rispetto agli anni<br />

precedenti. In particolare, nel campo dell’oncologia,<br />

si prevede che gli studi di fase I supereranno i 100 nel<br />

2023, rappresentando il 40% di tutte le sperimentazioni. Tuttavia,<br />

nonostante questo trend positivo, si è registrato un calo nel<br />

<strong>numero</strong> di studi clinici indipendenti in Italia, con una contrazione<br />

del 7%. Questo trend evidenzia la necessità di risorse e personale<br />

aggiuntivo nel settore. La ricerca personalizzata sta diventando<br />

sempre più importante, consentendo di identificare i pazienti che<br />

potrebbero beneficiare maggiormente dalle nuove terapie.<br />

LA RICERCA SUGLI ADVERTED COST<br />

Il secondo “Report annuale del laboratorio sul management delle<br />

sperimentazioni cliniche” fornisce un’analisi esaustiva dei costi<br />

evitati nelle sperimentazioni cliniche condotte in Italia. I dati riportati<br />

indicano un significativo aumento nel <strong>numero</strong> di studi censiti,<br />

CHI EROGA SERVIZI<br />

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NECESSARIAMENTE<br />

INGEGNERI<br />

PROGETTISTI<br />

Laura Patrucco,<br />

Presidente ASSD<br />

passando da 612 a 923 nell’arco di un anno, con una predominanza<br />

di studi promossi da entità industriali. Nel periodo 2017-2020, su<br />

un totale di quasi 319 milioni di euro investiti direttamente, sono<br />

stati misurati oltre 623 milioni di investimenti indiretti, con un<br />

effetto leva di quasi 3 euro per ogni euro investito dalle aziende<br />

sponsor. Questi risultati sottolineano l’importanza economica della<br />

ricerca clinica per l’Italia e confermano il contributo essenziale delle<br />

aziende farmaceutiche. In particolare, l’analisi dei costi evitati nelle<br />

sperimentazioni oncologiche evidenzia un effetto leva ancora più<br />

elevato, raggiungendo 3,35 euro, con un significativo impatto sia sul<br />

sistema sanitario nazionale sia sui pazienti coinvolti. La<br />

ricerca clinica rappresenta quindi non solo un motore<br />

di sviluppo economico, ma anche un’opportunità per<br />

migliorare la qualità delle cure e la sopravvivenza dei<br />

pazienti affetti da patologie gravi.<br />

LA RIVOLUZIONE AI<br />

Come per quasi tutte le aree della nostra vita, tecnologie<br />

come l’intelligenza artificiale (AI), l’apprendimento<br />

automatico (machine learning) e l’analisi avanzata<br />

stanno trasformando radicalmente anche il campo della<br />

ricerca clinica. In questo ambito, le maggiori opportunità<br />

riguardano la capacità di identificare rapidamente i<br />

pazienti idonei agli studi clinici e prevedere gli esiti<br />

terapeutici.<br />

IDENTIFICAZIONE<br />

DEI PAZIENTI IDONEI<br />

La selezione dei pazienti per gli studi clinici è un<br />

passaggio critico che può significativamente influenzare<br />

l’efficacia e l’efficienza dello sviluppo dei farmaci. Tradizionalmente,<br />

si tratta di un processo lungo e complesso, limitato da approcci<br />

manuali che possono portare a ritardi e a una selezione non ottimale<br />

dei partecipanti. Come spiega un articolo su Nature, oggi possono<br />

essere necessari più di un miliardo di dollari di finanziamenti e<br />

un decennio di lavoro per portare un nuovo farmaco sul mercato.<br />

Metà del tempo e del denaro viene speso per gli studi clinici. E<br />

solo un farmaco su sette tra quelli che entrano nella fase I di<br />

sperimentazione viene infine approvato. Secondo i dati pubblicati sul<br />

MIT Technology Review Insights, circa il 90% degli studi clinici non<br />

arriva nemmeno a reclutare un <strong>numero</strong> sufficiente di partecipanti<br />

entro i tempi previsti, prolungando la durata degli studi per mesi o<br />

addirittura anni, o causandone il fallimento completo per mancanza<br />

di partecipanti adeguati. Nicholas Borys, chief medical officer della<br />

biotech Celsion, sostiene che meno del 10% dei pazienti oncologici<br />

viene arruolato in studi clinici: “Se riuscissimo ad arrivare al 20% o<br />

27


al 30%, probabilmente a quest’ora avremmo già sconfitto diversi<br />

tipi di cancro”.<br />

L’integrazione dell’AI permette di analizzare grandi volumi di<br />

dati clinici e biologici rapidamente, identificando i pazienti che<br />

non solo corrispondono ai criteri di inclusione dello studio ma<br />

che potrebbero anche avere maggiori probabilità di rispondere<br />

positivamente al trattamento. Un gruppo di Stanford ha sviluppato<br />

un sistema chiamato Trial Pathfinder che analizza una serie di<br />

studi clinici completati e valuta in che modo la regolazione<br />

dei criteri di partecipazione - come le soglie per la pressione<br />

sanguigna e la conta dei linfociti - influisce sugli hazard ratio,<br />

ovvero sui tassi di eventi negativi come malattie gravi o morte dei<br />

pazienti. Secondo i calcoli dei ricercatori, questo sistema applicato<br />

alle sperimentazioni di un farmaco per uno specifico tipo di cancro<br />

ai polmoni “avrebbe raddoppiato il <strong>numero</strong> di pazienti idonei senza<br />

aumentare l’hazard ratio”. Questo metodo ha anche il vantaggio di<br />

favorire la partecipazione agli studi delle persone più malate che<br />

traggono maggior vantaggio dall’uso dei farmaci”.<br />

PREDIZIONE<br />

DEGLI ESITI TERAPEUTICI<br />

L’AI e il machine learning sono particolarmente promettenti<br />

per la loro capacità di modellare e prevedere esiti complessi<br />

basati su pattern nascosti nei dati che possono sfuggire agli<br />

approcci analitici tradizionali. Ad esempio, algoritmi predittivi<br />

possono essere addestrati su dataset di risultati clinici passati<br />

per prevedere gli esiti dei trattamenti in nuovi pazienti. Questo<br />

migliora la progettazione degli studi clinici rendendoli più mirati<br />

e meno rischiosi, e aiuta le aziende farmaceutiche a decidere<br />

se proseguire o meno un determinato percorso di ricerca.<br />

L’algoritmo HINT (Hierarchical interaction network), ad esempio, è<br />

in grado di prevedere il successo di una sperimentazione in base<br />

alla molecola del farmaco, alla malattia bersaglio e ai criteri di<br />

ammissibilità dei pazienti, tenendo in maggior considerazione i<br />

risultati delle sperimentazioni più recenti. In base all’esito previsto,<br />

le aziende farmaceutiche potrebbero decidere di modificare il<br />

disegno di uno studio o di provare un farmaco diverso. In alcuni<br />

casi l’AI può aiutare a smaltire l’analisi preliminare degli studi già<br />

terminati. SEETrials è un algoritmo che usa il modello linguistico<br />

GPT-4 per estrarre informazioni sulla sicurezza e sull’efficacia dai<br />

riassunti delle sperimentazioni cliniche mostrando rapidamente ai<br />

ricercatori come altri colleghi hanno progettato le sperimentazioni<br />

prima di loro e quali sono stati i risultati. CliniDigest , invece, è<br />

uno strumento sviluppato da un genetista dell’Università di<br />

Stanford per riassumere simultaneamente decine di record da<br />

ClinicalTrials.gov.<br />

ADERENZA DEI PAZIENTI<br />

Come afferma Mattew Hutson, su Nature, “ gli ostacoli negli studi<br />

clinici non finiscono una volta che i pazienti si arruolano” perché<br />

un gran <strong>numero</strong> di essi abbandona la sperimentazione prima<br />

della conclusione. Un’analisi di 95 studi clinici riportata da Nature,<br />

ha mostrato che quasi il 40% dei pazienti smetteva di assumere<br />

il farmaco prescritto nel primo anno. Comunque anche in questo<br />

caso l’intelligenza artificiale può venire in aiuto individuando, i<br />

pazienti che hanno maggiori probabilità di abbandono. L’AI può<br />

anche servire come monitoraggio, per verificare che i pazienti<br />

assumano correttamente e costantemente i farmaci. I chatbot<br />

possono anche assistere i pazienti o gli operatori sanitari in modo<br />

piuttosto soddisfacente. In uno studio gli operatori sanitari hanno<br />

preferito le risposte di ChatGPT a quelle dei medici quasi l’80%<br />

delle volte.<br />

Tassi di arruolamento<br />

Pazienti per sito/mese (PPSPM).<br />

Periodo gen-nov.<br />

1.4<br />

1.2<br />

1<br />

0.8<br />

0.6<br />

0.4<br />

0.2<br />

0<br />

2018<br />

2019 2020 2021 2022<br />

Il <strong>numero</strong> medio di<br />

pazienti per sito/<br />

mese è diminuito del<br />

16 %<br />

tra la prima e la<br />

seconda metà del<br />

2022<br />

Fonte: WCG Knoledge Base<br />

28


makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />

La crescite delle terapie avanzate<br />

A livello globale, l’ultimo decennio ha registrato una crescita esponenziale nella ricerca e nello<br />

sviluppo delle terapie avanzate (Atmp). Secondo i dati Iqvia, anche nel 2023 si è registrato un<br />

incremento significativo dei trial clinici di questo settore con 631 studi clinici avviati (nel 2022 i<br />

bioterapici di nuova generazione in tutte le fasi di sviluppo erano 960, con una crescita del 20%<br />

rispetto a due anni prima). Di questi, il 64% sono stati sponsorizzati dall’industria e il 36% da enti<br />

non industriali, come istituzioni accademiche e organizzazioni non profit. Questa ripartizione<br />

mette in luce uno squilibrio analogo a quello registrato per i dati italiani, con una crescita dei trial<br />

sponsorizzati dall’industria pari al 276% rispetto al 2013 e al 34% negli ultimi cinque anni, mentre gli<br />

studi non industriali sono rimasti sostanzialmente allo stesso livello. La massima differenza si registra<br />

nell’ambito delle terapie geniche dove i trial industriali sono stati 88, quasi tre volte e mezzo quelli<br />

industriali.<br />

Le terapie CAR T-cell continuano a dominare il panorama delle terapie cellulari, anche se nel 2023<br />

la loro quota sul totale si è ridotta, passando dal 44% al 39%. Parallelamente, l’attenzione verso le<br />

terapie geniche è aumentata, con una quota di trial sponsorizzati dall’industria avviati nel 2023 pari al<br />

22%, contro solo il 12% da sponsor non industriali.<br />

Studi clinici iniziati su terapie geniche e cellulari<br />

sponsorizzati dall’industria<br />

450<br />

400<br />

350<br />

300<br />

250<br />

200<br />

150<br />

100<br />

50<br />

0<br />

2013<br />

2014<br />

2015<br />

2016<br />

2017<br />

2018<br />

2019<br />

2020<br />

2021<br />

2022<br />

2023<br />

Terapia genetica<br />

Altra terapia cellulare<br />

Terapia con cellule staminali<br />

Altra immunoterapia cellulare<br />

Car-T<br />

Fonte: IQVIA, Global Trends in R&D <strong>2024</strong><br />

29


MEDICINA<br />

& DIGITALE<br />

Isabella Bordogna<br />

Intelligenza artificiale, digital<br />

therapeutics, telemedicina: le<br />

tecnologie stanno rivoluzionando<br />

il campo della medicina in ogni<br />

fase, dallo sviluppo dei farmaci<br />

alla diagnosi, prognosi e aderenza<br />

terapeutica<br />

un tipo di AI più statica,<br />

dove era fondamentale la<br />

programmazione, qui stiamo<br />

parlando di una cosa diversa.<br />

Mi riferisco in particolare a<br />

un sottogruppo di AI che si<br />

chiama machine learning,<br />

perché impara da esempi<br />

e non ha bisogno di essere<br />

programmata, ed è questa<br />

la grande novità rispetto<br />

all’intelligenza artificiale del<br />

passato.<br />

Oggi abbiamo computer<br />

molto performanti e una<br />

incredibile quantità di dati,<br />

sia in forma testuale che<br />

di immagini, soprattutto in<br />

medicina. I software di AI<br />

si sono evoluti, dai semplici<br />

sistemi basati su input forniti<br />

dall’operatore, grazie al<br />

machine learning. Si tratta<br />

di tecniche che istruiscono<br />

i computer ad apprendere<br />

dai dati, i nuovi algoritmi<br />

sono capaci di imparare da<br />

esempi.<br />

Stanno emergendo quindi<br />

le potenzialità dell’AI<br />

soprattutto in ambito<br />

medico e la disponibilità<br />

di dati è molto cresciuta,<br />

così come le fonti da cui<br />

provengono. Si pensi alle<br />

cartelle cliniche, ai principali<br />

database come Medline<br />

o a quelli molecolari e<br />

genetici, ma anche ai digital<br />

biomarker, i braccialetti/<br />

orologi o altri dispositivi<br />

che si possono indossare<br />

e raccolgono un grande<br />

<strong>numero</strong> di informazioni. Gli<br />

L’intelligenza artificiale<br />

(AI) è una tecnologia che,<br />

tramite algoritmi precisi,<br />

consente alle macchine<br />

di apprendere dai dati, di<br />

adattarsi a nuove situazioni,<br />

ragionare ed eseguire<br />

compiti che normalmente<br />

richiederebbero l’intervento<br />

umano. L’AI è utilizzata per<br />

automatizzare processi,<br />

migliorare le prestazioni,<br />

fornire soluzioni intelligenti<br />

e supportare le decisioni<br />

umane.<br />

Oggi l’AI è impiegata in una<br />

vasta gamma di settori e<br />

applicazioni, tra cui la ricerca<br />

biomedica e l’assistenza<br />

sanitaria.<br />

Per capire quanto<br />

l’intelligenza artificiale sia<br />

diffusa oggi in medicina,<br />

abbiamo intervistato<br />

il Eugenio Santoro,<br />

responsabile dell’Unità di<br />

Ricerca in sanità digitale e<br />

terapie digitali dell’Istituto<br />

Mario Negri di Milano.<br />

Che ruolo può avere<br />

l’intelligenza artificiale in<br />

medicina?<br />

Di intelligenza artificiale<br />

si parla almeno dal<br />

secondo dopoguerra, poi<br />

a più riprese negli anni<br />

’90, ma ci si riferiva a<br />

Eugenio Santoro, responsabile dell’Unità di Ricerca in sanità<br />

digitale e terapie digitali dell’Istituto Mario Negri di Milano<br />

30


makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />

algoritmi di AI sono in grado<br />

di interpretare tutti questi<br />

dati in riferimento alla salute<br />

del paziente.<br />

L’intelligenza artificiale<br />

basata sul machine learning<br />

non è quella di ChatGPT:<br />

questi sistemi capiscono<br />

cos’è una TAC per esempio<br />

e cosa devono andare a<br />

cercare, sanno a quali<br />

aree prestare particolare<br />

attenzione e confrontando gli<br />

esempi utilizzati per istruirli<br />

riescono con un certo grado<br />

di affidabilità a identificare<br />

un tumore. ChatGPT non<br />

ragiona da un punto di vista<br />

semantico, ma sintattico.<br />

Mentre i sistemi di<br />

deep learning possono<br />

interpretare linee guida,<br />

storie cliniche dei pazienti<br />

e dati raccolti, ChatGPT<br />

utilizza modelli linguistici e<br />

aiuta l’utente a scrivere testi<br />

semplici e comprensibili.<br />

È un sistema capace di<br />

scrivere testi molto chiari<br />

ma non necessariamente<br />

affidabili: ChatGPT, infatti,<br />

attinge da tutto ciò che è su<br />

internet, comprese molte<br />

fake news.<br />

In quali ambiti della<br />

medicina può essere<br />

utilizzata l’intelligenza<br />

artificiale?<br />

Ci sono in letteratura<br />

diverse prove di efficacia<br />

e sicurezza in almeno tre<br />

aree. La prima è quella della<br />

diagnostica: questi sistemi<br />

sono in grado di formulare<br />

diagnosi basandosi su<br />

radiografie, TAC o altri<br />

esami, perché sono stati<br />

istruiti con la gran mole di<br />

dati a disposizione. ll campo<br />

diagnostico è quello che ha<br />

visto i maggiori progressi<br />

in termini di utilizzo dell’AI<br />

come supporto per i medici.<br />

In questo settore esistono<br />

diverse evidenze scientifiche<br />

“<br />

ll campo<br />

diagnostico è<br />

quello che ha<br />

visto i maggiori<br />

progressi in<br />

termini di<br />

utilizzo dell’AI<br />

come supporto<br />

per i medici<br />

dell’efficacia di questi<br />

sistemi, in particolare in<br />

oncologia, pneumologia<br />

e cardiologia. Dopo aver<br />

istruito una macchina<br />

nell’interpretare immagini<br />

di radiografie, ecografie,<br />

TAC, elettrocardiogrammi<br />

e analisi di campioni<br />

di tessuti biologici, è<br />

possibile identificare,<br />

con un buon grado di<br />

affidabilità, patologie<br />

tumorali, cardiovascolari e<br />

respiratorie.<br />

Il secondo ambito è quello<br />

della predizione/prognosi:<br />

i sistemi di AI sono in<br />

grado, sulla base di esami<br />

di laboratorio di routine<br />

o di esami diagnostici, di<br />

predire la probabilità che un<br />

determinato evento avvenga<br />

nel medio periodo.<br />

I sistemi prognostici erano<br />

basati finora sulla statistica<br />

abituale, le regressioni<br />

logistiche, modelli di<br />

analisi sofisticate in grado<br />

di identificare la prognosi<br />

di un paziente sulla base<br />

di certi elementi. Ora c’è<br />

una nuova modalità, che<br />

sfruttando il deep learning<br />

è in grado di aggiungere<br />

ulteriori informazioni<br />

rispetto a quelle prese in<br />

esame attraverso i modelli<br />

di regressione logistica.<br />

I nuovi sistemi riescono<br />

a predire un determinato<br />

evento a distanza di anni<br />

e questo è un dato molto<br />

interessante. Esistono<br />

molte esperienze in ambito<br />

cardiovascolare che, sulla<br />

base di elettrocardiogrammi,<br />

sono in grado per esempio di<br />

identificare la probabilità che<br />

un paziente vada incontro<br />

a uno scompenso cardiaco<br />

a distanza di qualche anno.<br />

L’AI consente anche di<br />

predire con accuratezza e<br />

ampio anticipo lo sviluppo<br />

di un tumore, quindi si<br />

sta rivelando utile per<br />

l’identificazione di patologie<br />

ancora prima che si<br />

manifestino.<br />

I medici sono supportati<br />

dai sistemi di AI anche dal<br />

punto di vista della scelta<br />

terapeutica e del trattamento<br />

farmacologico di un paziente.<br />

L’AI fornisce suggerimenti<br />

preziosi basandosi sulle<br />

linee guida più attuali, sui<br />

risultati dei principali lavori<br />

scientifici che si riferiscono<br />

alla specifica patologia,<br />

sulla storia di pazienti con<br />

patologie simili e del singolo<br />

paziente in esame. In questi<br />

tre ambiti: diagnostico,<br />

prognostico e decisionale<br />

i risultati in varie aree<br />

scientifiche sono molto<br />

promettenti.<br />

L’AI viene utilizzata anche<br />

nella ricerca clinica?<br />

Nell’ambito della ricerca<br />

clinica si fa uso dell’AI da<br />

diversi anni con risultati<br />

interessanti. In una delle<br />

<strong>numero</strong>se fasi della<br />

ricerca si identificano le<br />

molecole più promettenti<br />

che poi arrivano alla<br />

sperimentazione clinica: è<br />

un processo importante per<br />

individuare le molecole più<br />

promettenti, un percorso che<br />

richiede tempo e risorse.<br />

Con l’AI si riesce a ridurre<br />

il <strong>numero</strong> di molecole su<br />

cui focalizzare l’attenzione;<br />

alcuni nuovi antibiotici<br />

sono stati identificati in<br />

questo modo, per esempio.<br />

I sistemi di AI sono anche<br />

oggetto di ricerca, nel senso<br />

che vengono valutati con i<br />

modelli della ricerca clinica<br />

per misurarne sicurezza<br />

ed efficacia. Si fanno<br />

sperimentazioni sull’impiego<br />

di questi strumenti per<br />

decidere aspetti organizzativi<br />

o di gestione delle risorse e<br />

del personale all’interno di<br />

un ospedale, ambiti che non<br />

mettono a rischio la salute<br />

del paziente. Non c’è nulla<br />

di diverso tra uno strumento<br />

che fa una diagnosi basata<br />

su AI e un ecografo, perché<br />

forniscono lo stesso tipo<br />

di supporto al medico,<br />

basato su sistemi diversi. I<br />

sistemi di AI che gravitano<br />

nelle tre aree menzionate<br />

rientrano a pieno nella<br />

regolamentazione dei<br />

dispositivi medici, che a<br />

livello europeo è cambiata<br />

due anni fa ed è molto più<br />

severa rispetto a prima, Per<br />

i sistemi di AI si richiedono<br />

prove di sicurezza più<br />

importanti e solide rispetto<br />

al passato. Anche per i<br />

farmaci già esistenti sono<br />

state trovate, tramite sistemi<br />

di AI, associazioni così forti<br />

rispetto ad altre applicazioni<br />

che è cambiata l’indicazione<br />

di quel tipo di farmaco.<br />

Un altro esempio di utilizzo<br />

31


dell’AI nell’ambito della<br />

ricerca clinica riguarda il<br />

reclutamento dei pazienti.<br />

Quando si scrive il protocollo<br />

si arruolano i centri che<br />

vedono il maggior <strong>numero</strong><br />

di pazienti per la specifica<br />

patologia: reclutare i pazienti<br />

con sistemi di AI consente<br />

di individuare i candidati più<br />

adatti e questo riduce i tempi<br />

di arruolamento.<br />

I sistemi di AI vengono<br />

utilizzati anche per<br />

sviluppare le prime idee di<br />

una ricerca clinica. Le ipotesi<br />

che i ricercatori formulano<br />

sono il frutto di una sintesi<br />

della letteratura e l’AI viene<br />

utilizzata per identificare<br />

le aree in cui fare ricerca,<br />

perché riesce a scremare gli<br />

argomenti. Uno strumento<br />

di questo genere consente<br />

ai ricercatori di risparmiare<br />

tutto il lavoro di iniziale per<br />

capire in quale contesto<br />

concentrare nuovi studi.<br />

Qual è in prospettiva<br />

l’utilizzo dell’AI in<br />

medicina?<br />

La prospettiva è che<br />

i sistemi di AI siano<br />

inquadrati a livello<br />

normativo e soprattutto<br />

che siano interpretati e<br />

percepiti dai medici come<br />

qualunque altro strumento<br />

o dispositivo medico. Il<br />

professionista sanitario<br />

oggi utilizza un ecografo<br />

o un elettrocardiogramma<br />

per arrivare a una<br />

diagnosi, domani lo farà<br />

con un sistema basato<br />

sull’intelligenza artificiale.<br />

Alla fine sarà sempre il<br />

medico, ovviamente, il<br />

responsabile delle scelte<br />

cliniche, gli strumenti di AI<br />

gli daranno un aiuto in più.<br />

“<br />

La prospettiva<br />

è che i sistemi<br />

di AI siano<br />

inquadrati<br />

a livello<br />

normativo e<br />

soprattutto<br />

che siano<br />

interpretati e<br />

percepiti dai<br />

medici come<br />

qualunque<br />

altro strumento<br />

o dispositivo<br />

medico<br />

In prospettiva, una volta<br />

verificata la sicurezza e<br />

l’efficacia, questi sistemi<br />

entreranno in uso a pieno<br />

titolo come qualunque altro<br />

strumento, dalla TAC alla<br />

risonanza magnetica.<br />

Qual è l’utilizzo della<br />

telemedicina e delle terapie<br />

digitali?<br />

Farei un discorso più<br />

generale sull’uso della<br />

tecnologia in ambito<br />

sanitario, indipendentemente<br />

dalla tipologia di strumento.<br />

La telemedicina e il fascicolo<br />

sanitario elettronico<br />

sono le due componenti<br />

importanti su cui si basa la<br />

trasformazione digitale in<br />

ambito medico e su cui è<br />

stato investito tanto.<br />

Sono stati utilizzati i fondi<br />

del Pnrr in seguito alla<br />

pandemia di Covid, definendo<br />

una struttura apposita<br />

identificata in Agenas, che si<br />

è sempre occupata di sanità<br />

a livello regionale e che ha<br />

il compito di organizzare i<br />

servizi di telemedicina in<br />

Italia. Questo viene fatto<br />

attraverso una piattaforma<br />

nazionale, sostanzialmente<br />

un software che dà ai<br />

medici la possibilità di fare<br />

prestazioni di telemedicina<br />

nelle varie regioni.<br />

Poi c’è il fascicolo sanitario<br />

elettronico nella nuova<br />

concezione: si è capito infatti<br />

che così com’era non poteva<br />

funzionare, perché basato<br />

su dati amministrativi che<br />

poco hanno di clinico. È stato<br />

quindi ripensato, dando<br />

molta più enfasi al dato<br />

clinico, affinché si possa fare<br />

ricerca clinica ma anche<br />

monitorare le patologie.<br />

Questi strumenti possono<br />

monitorare cosa succede<br />

in tempo reale e sono in<br />

grado di identificare nuove<br />

epidemie o situazioni di<br />

“<br />

Telemedicina<br />

e fascicolo<br />

sanitario<br />

elettronico<br />

procedono<br />

speditamente,<br />

entro il 2026<br />

dovremmo<br />

avere sia l’una<br />

che l’altro<br />

emergenza che abbiamo<br />

mancato di rilevare durante<br />

il Covid. Telemedicina<br />

e fascicolo sanitario<br />

elettronico procedono<br />

speditamente, entro il 2026<br />

dovremmo avere sia l’una<br />

che l’altro.<br />

Parallelamente si<br />

sta cercando a livello<br />

istituzionale di spingere l’uso<br />

dei sistemi di sanità digitale<br />

più avanzata, come le tante<br />

app che rientrano tra le<br />

terapie digitali, strumenti in<br />

grado di monitorare e gestire<br />

da casa una patologia o<br />

di fornire un supporto<br />

all’aderenza al trattamento.<br />

Si è capito che c’è bisogno<br />

non solo di regolamentare<br />

il settore ma anche di<br />

prevedere in determinati<br />

ambiti un rimborso da<br />

parte del Servizio sanitario<br />

nazionale. Per certe app a<br />

supporto di varie patologie<br />

esistono prove di efficacia<br />

ed evidenze scientifiche<br />

in letteratura, sono state<br />

studiate con le stesse<br />

metodologie utilizzate per i<br />

farmaci. In Germania, che è<br />

il faro per la sanità digitale<br />

in Europa, queste app non<br />

solo si possono prescrivere,<br />

ma sono anche rimborsabili<br />

dalle assicurazioni.<br />

Cosa si intende esattamente<br />

per terapie digitali?<br />

Parliamo in generale di<br />

strumenti di medicina<br />

digitale, di cui le terapie<br />

digitali sono una<br />

sottocategoria. Questi<br />

strumenti aiutano a gestire<br />

una patologia da remoto:<br />

un esempio sono i sistemi<br />

di monitoraggio, cioè<br />

quelle applicazioni che<br />

consentono di raccogliere<br />

32


makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />

dati direttamente da casa<br />

e trasferirli al medico. Un<br />

altro esempio di medicina<br />

digitale sono i sistemi<br />

che permettono di gestire<br />

reazioni avverse a farmaci<br />

e consentono di segnalare<br />

eventuali problemi o ancora<br />

sistemi che permettono<br />

di essere più aderenti alle<br />

terapie farmacologiche.<br />

Sono dei reminder, alcuni<br />

anche basati sulla teoria<br />

dei giochi, che hanno come<br />

obiettivo quello di indurre<br />

il paziente a seguire in<br />

modo ottimale la terapia<br />

farmacologica.<br />

Poi ci sono le “pillole”<br />

intelligenti, che contengono<br />

il principio attivo, ma anche<br />

un sensore basato su<br />

materiali biocompatibili.<br />

Una volta ingerite,<br />

consentono di inviare<br />

dei segnali, sfruttando<br />

alcune potenzialità come<br />

quelle dei tuberi che,<br />

entrando a contatto con i<br />

succhi gastrici, riescono<br />

a generare un segnale<br />

debole e non rischioso per<br />

la salute. Questo segnale<br />

può essere captato da un<br />

sensore esterno e viene<br />

rimbalzato a una app<br />

che consente di capire<br />

se il paziente ha assunto<br />

la pillola correttamente.<br />

Queste pillole intelligenti<br />

in sostanza dispensano<br />

farmaci e monitorano la<br />

salute del corpo e da anni<br />

sono anche utilizzate a<br />

scopo diagnostico, per<br />

“fotografare” l’interno del<br />

nostro corpo.<br />

Altri esempi di terapie<br />

digitali sono quelle a<br />

carattere cognitivocomportamentale,<br />

come<br />

i videogiochi rivolti ai<br />

bambini che soffrono<br />

di ADHD, il disturbo da<br />

“<br />

Le terapie<br />

digitali sono<br />

prescrivibili e<br />

rimborsabili<br />

in Germania e<br />

negli Stati Uniti,<br />

però in Italia<br />

manca ancora<br />

un tessuto<br />

regolatorio che<br />

possa favorirne<br />

l’inserimento<br />

nel contesto<br />

assistenziale<br />

deficit di attenzione. Sono<br />

stati studiati dal punto<br />

di vista scientifico in<br />

studi randomizzati e si<br />

sono dimostrati efficaci<br />

per aumentare i livelli di<br />

attenzione.<br />

Quanto sono diffuse queste<br />

tecnologie in Italia oggi?<br />

Le terapie digitali sono<br />

prescrivibili e rimborsabili<br />

in Germania e negli<br />

Stati Uniti, però in Italia<br />

manca ancora un tessuto<br />

regolatorio che possa<br />

favorirne l’inserimento nel<br />

contesto assistenziale.<br />

Comunque l’aria è un po’<br />

cambiata e le istituzioni ora<br />

si stanno muovendo. L’anno<br />

scorso è stato istituito un<br />

intergruppo parlamentare<br />

che si occupa proprio di<br />

sanità digitale e terapie<br />

digitali. Anche io faccio<br />

parte del comitato tecnicoscientifico<br />

di questo gruppo,<br />

che ha l’obiettivo di scrivere<br />

una legge che consenta<br />

di prescrivere strumenti<br />

basati su caratteristiche<br />

scientifiche e rimborsarli<br />

tramite il Ssn. La sanità<br />

privata, per ora, è l’area<br />

in cui questo genere<br />

di strumenti vengono<br />

maggiormente utilizzati.<br />

Qual è l’utilizzo dei digital<br />

biomarker?<br />

I digital biomarker vengono<br />

utilizzati in due contesti<br />

diversi: la gestione delle<br />

patologie dei pazienti e<br />

l’ambito della ricerca clinica.<br />

A tutti gli effetti dal punto<br />

di vista normativo sono<br />

inquadrati come dispositivi<br />

medici e devono quindi<br />

rispettare il Regolamento<br />

(UE) 2017/745. Solo quelli<br />

approvati come dispositivi<br />

medici possono essere<br />

suggeriti dai medici per il<br />

monitoraggio da remoto<br />

“<br />

Uno dei rischi<br />

più importanti<br />

riguarda il fatto<br />

che i sistemi<br />

utilizzati non<br />

siano stati<br />

sufficientemente<br />

testati e<br />

supportati<br />

da prove<br />

scientifiche<br />

delle patologie.<br />

Il loro uso è però ancora<br />

limitato perché mancano<br />

regole certe sulla loro<br />

prescrivibilità. Il loro<br />

impiego è poi piuttosto<br />

frammentato a causa della<br />

regionalizzazione della<br />

sanità.<br />

Mentre è ancora piuttosto<br />

limitato l’uso di questi<br />

strumenti a domicilio<br />

del paziente, vengono<br />

comunque utilizzati nella<br />

ricerca. Il modello di ricerca<br />

clinica verso cui si sta<br />

andando, infatti, è quello<br />

della decentralizzazione,<br />

sperimentazioni cliniche<br />

che evitano il più possibile<br />

lo spostamento dei pazienti<br />

presso i centri reclutatori,<br />

favorendo la raccolta dei<br />

dati direttamente da casa.<br />

L’uso dell’intelligenza<br />

artificiale in medicina<br />

comporta dei rischi?<br />

Uno dei rischi più importanti<br />

riguarda il fatto che i<br />

sistemi utilizzati non siano<br />

stati sufficientemente<br />

testati e supportati da prove<br />

scientifiche. Andrebbero<br />

condotti studi clinici<br />

metodologicamente più<br />

solidi che coinvolgano molti<br />

centri e valutino gli effetti<br />

su un campione adeguato di<br />

popolazione.<br />

I sistemi di AI, poi,<br />

andrebbero istruiti<br />

correttamente, per evitare<br />

errori di valutazione.<br />

Bisogna ricordare<br />

comunque che l’AI non<br />

sostituirà la figura del<br />

medico: le decisioni finali<br />

rimangono allo specialista,<br />

per motivi etici, deontologici<br />

e di responsabilità.<br />

33


TERAPIE DIGITALI,<br />

LA SFIDA DELLA<br />

VALIDAZIONE CLINICA<br />

Dato che si tratta di dispositivi a finalità terapeutica,<br />

le indagini cliniche per le DTx dovrebbero seguire<br />

un modello di validazione simile a quello dei<br />

farmaci ed essere affiancate da un percorso<br />

formativo-informativo per professionisti e pazienti<br />

Gualberto Gussoni<br />

Presidente Fondazione RIDE2Med<br />

Le terapie digitali (“Digital Therapeutics”/<br />

DTx) sono tecnologie digitali per la<br />

salute che secondo ISO/TR 11147:2023<br />

e Digital therapeutics alliance possono<br />

essere definite come “… software<br />

sanitari che hanno l’obiettivo di trattare<br />

o alleviare una malattia, una condizione<br />

clinica o una lesione generando ed<br />

erogando un intervento medico che<br />

ha un impatto terapeutico positivo e<br />

dimostrabile sulla salute di un paziente”.<br />

Numerose DTx sono disponibili in<br />

diversi Paesi europei (in Germania in<br />

particolare) e negli Stati Uniti, per il<br />

trattamento di patologie croniche o ad<br />

andamento cronico prevalentemente<br />

in ambito neuropsichiatrico,<br />

cardiovascolare ed endocrinometabolico,<br />

e l’auspicio è che questa<br />

opzione terapeutica possa essere presto<br />

resa disponibile anche ai pazienti italiani.<br />

LE DTX NON SONO<br />

UNA ECCEZIONE<br />

Le DTx sono dispositivi medici e<br />

ricadono, quindi, sotto il Regolamento<br />

UE 2017/745, che non ha una sezione<br />

specifica per queste tecnologie ma<br />

stabilisce che per i dispositivi medici<br />

sia necessario dimostrare un beneficio<br />

clinico e cioè che, oltre che sicuri, essi<br />

siano anche clinicamente efficaci.<br />

Questa dimostrazione dovrebbe essere<br />

realizzata attraverso una indagine<br />

clinica, delle cui caratteristiche<br />

non vengono peraltro forniti nel<br />

Regolamento particolari dettagli.<br />

Un importante tema di confronto<br />

all’interno della comunità scientifica<br />

e fra gli stakeholder interessati allo<br />

sviluppo, alla certificazione, alla place<br />

in therapy e all’utilizzo delle DTx è<br />

dunque rappresentato dalle modalità<br />

con le quali realizzare la validazione<br />

preclinica e soprattutto clinica di questi<br />

prodotti. In termini generali, la posizione<br />

degli sviluppatori di DTx è quella di<br />

sottolineare le peculiarità di questi<br />

prodotti rispetto ad altri dispositivi<br />

medici e soprattutto ai farmaci, e<br />

proporre pertanto un approccio “fitfor-purpose”<br />

che tenga conto della<br />

opportunità di prevedere un percorso<br />

di validazione agile (in considerazione<br />

della tendenza a rapida obsolescenza<br />

di queste tecnologie), della natura<br />

iterativa dello sviluppo, del profilo di<br />

rischio tendenzialmente (più) basso<br />

ecc. Seppur riconoscendo che i metodi<br />

34


makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />

tradizionali di ricerca delle evidenze<br />

non sono sistematicamente e tout court<br />

applicabili alle DTx, e che le DTx in effetti<br />

presentano peculiarità da considerare<br />

in fase di disegno di studio, chi scrive<br />

ritiene necessario che venga però evitata<br />

la tendenza ad avallare il concetto di<br />

“eccezionalismo digitale” evocato alcuni<br />

anni fa da un editoriale pubblicato su<br />

The Lancet. Secondo questo concetto la<br />

medicina digitale può essere considerata<br />

come qualcosa di diverso, che non deve<br />

sottostare alle regole della medicina<br />

“analogica” come l’abbiamo fino a ora<br />

conosciuta, ma può permettersi percorsi<br />

significativamente facilitati. Nel caso<br />

delle DTx non dobbiamo dimenticare che<br />

stiamo parlando di dispositivi a finalità<br />

terapeutica, e appare quindi ragionevole<br />

che le indagini cliniche specifiche per<br />

questi prodotti, e realizzate a supporto<br />

della loro certificazione e autorizzazione<br />

(e magari di un rimborso da parte<br />

dei servizi sanitari), consentano di<br />

documentarne in maniera adeguata<br />

e uniforme il profilo di efficacia e<br />

sicurezza, in maniera simile a quella dei<br />

farmaci. Non si comprende infatti come<br />

un professionista sanitario chiamato a<br />

prescrivere o a suggerire a un paziente<br />

l’uso di una DTx, per esempio per la<br />

depressione, dovrebbe farlo sulla<br />

base di dati prodotti in studi a bassa<br />

<strong>numero</strong>sità campionaria, con disegni<br />

sperimentali poco rigorosi e magari<br />

su endpoint scarsamente rilevanti dal<br />

punto di vista clinico, a fronte di farmaci<br />

utilizzati per la stessa indicazione e<br />

validati attraverso percorsi sperimentali<br />

molto impegnativi. Nella consapevolezza<br />

che la pretesa di applicare procedure<br />

e processi di valutazione delle DTx<br />

troppo rigidi potrebbe compromettere<br />

lo sviluppo e la disponibilità sul mercato<br />

di questa tipologia di prodotti, d’altro<br />

canto non è con tutta probabilità<br />

corretto rinunciare a una adeguata<br />

valutazione sperimentale che permetta<br />

di differenziare (e valorizzare come<br />

meritano) i prodotti digitali efficaci<br />

dall’opportunismo commerciale. E ciò a<br />

garanzia dei professionisti sanitari, delle<br />

autorità sanitarie ma soprattutto dei<br />

cittadini/pazienti.<br />

L’IMPORTANZA<br />

DELL’ENGAGEMENT<br />

In termini pratici, un primo aspetto<br />

da condividere è rappresentato dalle<br />

finalità/obiettivi che dovrebbero essere<br />

oggetto dell’indagine clinica per le<br />

DTx. In tal senso, oltre al già citato e<br />

fondamentale beneficio clinico in termini<br />

di efficacia (inclusa se possibile la durata<br />

della risposta terapeutica), è importante<br />

che vengano acquisite informazioni<br />

sul profilo di sicurezza del dispositivo<br />

e, a integrazione di ciò, indicazioni su<br />

usabilità della tecnologia ed engagement<br />

dell’utilizzatore.<br />

Volendo tracciare una ipotesi di percorso<br />

di una DTx, potremmo fare riferimento<br />

a un modello che riproduce in termini<br />

generali e qualitativi il ben noto percorso<br />

di ricerca e sviluppo dei farmaci (vedi<br />

figura). Nello specifico della validazione<br />

clinica possiamo riconoscere una fase<br />

esplorativa (studi pilota) utile a una<br />

iniziale proof of concept, seguita da una<br />

fase allargata a finalità confermatoria e<br />

volta a produrre le evidenze di efficacia e<br />

sicurezza necessarie per l’approvazione<br />

nella specifica indicazione terapeutica<br />

(studi pivotal). In particolare per questa<br />

fase è altamente raccomandabile<br />

l’esecuzione di sperimentazioni cliniche<br />

metodologicamente rigorose (fino al<br />

gold standard degli studi randomizzati<br />

controllati) e in grado di documentare<br />

effetti “evidence-based” significativi da<br />

Proof of concept<br />

Marcatura CE<br />

PROGETTAZIONE<br />

SVILUPPO<br />

SOFTWARE<br />

SVILUPPO CLINICO<br />

PILOTA<br />

SVILUPPO CLINICO<br />

COMPLETO<br />

STUDI POST<br />

MKTG<br />

Minimo dettaglio necessario per la DTx<br />

per attivare la fase di valutazione clinica<br />

Usabilità<br />

“Valida associazione<br />

clinica”<br />

Dati per pianificare<br />

studi pivotal<br />

% Abstinent in study<br />

Weeks 9-12<br />

30<br />

20<br />

10<br />

p


un punto di vista statistico (quindi facendo<br />

riferimento a una casistica adeguata<br />

da un punto di vista numerico, oltre<br />

che qualitativamente rappresentativa<br />

della popolazione target per la DTx).<br />

Preme sottolineare che per una DTx,<br />

proprio per il claim terapeutico di queste<br />

tecnologie, il parametro di valutazione<br />

dell’efficacia deve riguardare l’outcome<br />

clinico e non solo indicatori di processo,<br />

che possono invece essere sufficienti<br />

per altri tipi di prodotti digitali come<br />

i cosiddetti care support. A titolo di<br />

esempio, se l’indicazione terapeutica<br />

fosse rappresentata dall’ipertensione<br />

arteriosa, una DTx dovrebbe dimostrare<br />

di essere in grado di ridurre in maniera<br />

statisticamente significativa la pressione,<br />

mentre per un care support potrà essere<br />

sufficiente documentare un miglioramento<br />

della autogestione del paziente (maggiore<br />

aderenza ai controlli pressori e alle terapie,<br />

adozione di stili di vita più corretti ecc.).<br />

Come accade per le terapie<br />

farmacologiche, e forse ancor più che<br />

per esse, per le DTx sono importanti gli<br />

studi post-marketing che permettono<br />

un aggiornamento del profilo beneficio/<br />

rischio in popolazioni più ampie,<br />

eterogenee e real-life, e l’acquisizione di<br />

dati potenzialmente utili a ottimizzazioni<br />

del software (da considerare con<br />

attenzione il tema delle eventuali<br />

modifiche e il loro possibile impatto sulla<br />

certificazione del prodotto).<br />

Per concludere, due ultime considerazioni<br />

di carattere generale. Le DTx sono<br />

prodotti che agiscono con meccanismi<br />

di informazione-interazione-motivazione<br />

del paziente, che ha pertanto un<br />

ruolo particolarmente attivo per il<br />

successo terapeutico: in quest’ottica,<br />

la pianificazione degli studi orientati<br />

alla produzione di evidenze per le DTx<br />

dovrebbe quindi attentamente considerare<br />

le dimensioni riguardanti la selezione e la<br />

motivazione dei pazienti e dei caregiver, e<br />

auspicabilmente il coinvolgimento di loro<br />

rappresentanti già dalla fase di definizione<br />

dei progetti di studio. In secondo luogo, lo<br />

sviluppo clinico delle DTx non può essere<br />

scisso dalla creazione di awareness<br />

fra i professionisti sanitari e i cittadini/<br />

pazienti, indispensabile per l’adozione<br />

di questi prodotti nella pratica clinica.<br />

Come ulteriore sfida per gli sviluppatori<br />

di DTx, e tenuto conto della necessità<br />

di diffondere l’utilizzo di questi prodotti<br />

il più possibile in maniera tempestiva<br />

dopo la loro commercializzazione,<br />

idealmente il percorso di sviluppo clinico<br />

e il programma formativo-informativo che<br />

ne favorisca l’adozione dovrebbero essere<br />

realizzati con ampia sovrapposizione<br />

temporale.<br />

IL RUOLO DEL FARMACISTA<br />

NELLE TERAPIE DIGITALI<br />

Maurizio Battistini<br />

European Industrial Pharmacists Group<br />

Scorrendo i contenuti dell’articolo viene spontaneo chiedersi se la strada della validazione clinica delle terapie digitali rappresenti<br />

lo strumento concreto per superare la diffidenza diffusa che l’applicazione dell’intelligenza artificiale, alla base di questi dispositivi,<br />

possa rappresentare un rischio se mal governata dall’uomo. Partendo da questa riflessione non si può che condividere il rigoroso<br />

approccio scientifico insito nel concetto di convalida, intesa come strumento per dimostrare in maniera documentata l’efficacia<br />

terapeutica, la affidabilità e ripetibilità dell’oggetto sottoposto a verifica.<br />

La conseguenza inevitabile di questo rigore è la necessità di investire in questa metodologia traendo vantaggio dalla consistenza<br />

scientifica che ne deriva e conseguentemente dalla dimostrazione del raggiungimento dei risultati attesi, da interpretarsi anche<br />

come vantaggio competitivo. In questo modo, e solo in questo, il rigore scientifico del metodo diviene strumento di differenziazione e<br />

selezione e diviene gradito nel momento in cui, come nel citato caso dei farmaci, alla terapia dovessero essere garantiti esclusività di<br />

mercato e rimborssabilità da parte del Sistema sanitario nazionale in virtù della dimostrata capacità di migliorare lo stato di salute<br />

del paziente e conseguentemente ridurre i costi correlati (in particolare l’ospedalizzazione ma magari anche quelli riconducibili al<br />

trattamento farmacologico cronico). In questa sintetica disamina si innesta poi la necessità di identificare gli interlocutori ideali per il<br />

paziente dalle fasi di inserimento dell’approccio terapeutico digitale a quelle di monitoraggio periodico e assistenza continua durante<br />

il percorso. Per la tipologia di prodotto e per la sua “affinità” con le terapie farmacologiche tradizionali, la figura professionale del<br />

farmacista e il concetto di farmacia dei servizi, associati al presidio territoriale, si innestano a pieno titolo quali referenti di elezione<br />

sia per la fase di diffusione dei citati dispositivi sia per il monitoraggio e assistenza ai pazienti, rappresentando anche un osservatorio<br />

privilegiato per la raccolta dei dati epidemiologici correlati all’utilizzo delle terapie digitali. A queste riflessioni fa eco il crescente<br />

utilizzo in altri Paesi di questi strumenti terapeutici per migliorare e tenere sotto controllo l’evoluzione di patologie croniche che<br />

possono risultare invalidanti se non associate a stili comportamentali e dietetici opportunamente monitorati unitamente all’aderenza<br />

alla terapia farmacologica. In questo contesto si rafforza pertanto il principio di fare ricorso alla validazione clinica per attestare<br />

ausili terapeutici digitali, il cui scopo ultimo è concettualmente associabile a quello del farmaco, al fine di assicurarne l’efficacia, la<br />

sicurezza e la qualità per il raggiungimento del benessere e della salute.<br />

36


makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />

37


LA POTENZA È<br />

NULLA SENZA<br />

CONTROLLO<br />

Le capacità di calcolo dei sistemi informatici sono aumentate<br />

enormemente, liberando opportunità importanti per i trial in silico.<br />

Ma per trarne il massimo vantaggio sarà necessario imparare a far<br />

dialogare sistemi molto diversi tra loro<br />

Giulio Divo<br />

38


makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />

Partiamo da un dato numerico:<br />

stando a quanto pubblica DiMasi<br />

nello studio “New estimates of<br />

R&D costs” pubblicato su Journal<br />

Healt Economy, la messa a punto<br />

di nuovi farmaci basandosi su<br />

modelli tradizionali (cioè quelli che<br />

comprendono test in vitro, su animali<br />

e le varie fasi di sperimentazione<br />

umana) è un processo lungo<br />

e di scarsa efficienza, con un<br />

rapporto tra spese di investimento<br />

e percentuale di successo che è<br />

fortemente penalizzante per tutti gli<br />

attori del sistema sanitario. I dati<br />

parlano chiaro: il processo di R&D<br />

può arrivare fino a 15 anni prima<br />

di vedere l’approvazione da parte<br />

degli enti regolatori. E il costo medio<br />

si assesta attorno ai 2,5 miliardi<br />

di dollari per singola molecola. Se<br />

prendiamo il campo oncologico come<br />

riferimento, solo il 13,8% dei composti<br />

efficaci in vitro supera la fase dei<br />

test sugli animali. E la percentuale<br />

conclusiva di molecole che finalmente<br />

vengono approvate – e quindi messe<br />

a disposizione dei clinici – scende<br />

ulteriormente raggiungendo 3,4%.<br />

Peraltro, una percentuale simile<br />

vale anche per tutti gli altri campi<br />

di ricerca definiti “ad alto bisogno<br />

terapeutico”.<br />

Questa situazione si inserisce in uno<br />

scenario complesso, determinato<br />

da diverse variabili. In primo luogo<br />

stiamo assistendo a un aumento<br />

numerico della popolazione mondiale,<br />

a cui corrisponde anche un aumento<br />

della vita media globale (entro il<br />

2050 il 25% degli abitanti della<br />

Terra sarà over 60). A ciò, però,<br />

corrispondono anche altri fenomeni,<br />

in stretta osservazione (almeno in<br />

Occidente) quali l’abbassamento<br />

dell’età media di insorgenza di alcune<br />

patologie, sia acute che croniche o<br />

destinate a cronicizzare attraverso<br />

i trattamenti. Tra queste parliamo<br />

di patologie metaboliche, tumorali<br />

e autoimmuni, che necessitano<br />

quindi di trattamenti costosi. Basti<br />

“<br />

Di per sé digitale non<br />

significa nulla. Si tratta di<br />

una babele di linguaggi<br />

differenti che dovranno<br />

necessariamente<br />

essere gestiti attraverso<br />

l’intelligenza artificiale<br />

pensare ai problemi autoimmuni:<br />

il ricorso a farmaci ad alto costo<br />

come gli anticorpi monoclonali è<br />

oggi il gold standard, anche perché<br />

spesso garantisce un ottimo controllo<br />

di malattia, con remissione dei<br />

sintomi e conservazione dei tessuti,<br />

consentendo così una qualità di<br />

vita straordinariamente migliore al<br />

paziente e un risparmio in termini di<br />

acuzie, ospedalizzazioni e terapie di<br />

supporto.<br />

DA MEDICINA<br />

DIFENSIVA A<br />

MEDICINA DI<br />

PRECISIONE<br />

Dopo molti anni in cui il ricorso<br />

indiscriminato alla diagnostica<br />

aveva determinato un’esplosione<br />

delle spese per la presa in carico<br />

dei pazienti, il modello difensivo sta<br />

ormai mostrando la corda.<br />

I PDTA con i loro algoritmi hanno<br />

rappresentato una svolta significativa<br />

perché permettono di ottimizzare i<br />

percorsi di diagnosi e cura, ma ancora<br />

molto può e deve essere fatto e la via<br />

non può che essere digitale.<br />

I processi di digitalizzazione possono<br />

rappresentare un’opportunità di<br />

fondamentale importanza, a patto di<br />

saperli governare nel modo corretto.<br />

Perché di per sé digitale non significa<br />

nulla. Come recitava un noto claim<br />

degli anni ’90, “la potenza è nulla<br />

senza controllo” e ciò vale anche<br />

per la potenza di calcolo. E allora<br />

ecco che per trarre il meglio dalla<br />

trasformazione digitale dobbiamo<br />

imparare a mettere a sistema dati<br />

estremamente eterogenei tra loro.<br />

Innanzi tutto va considerato il fatto<br />

che pubblico e privato devono<br />

dialogare, assicurare standard di<br />

sicurezza e anonimizzazione del<br />

dato. È altresì necessario accedere<br />

ai database più diversi, che possono<br />

andare dal sequenziamento genomico<br />

ai fascicoli sanitari ai data dei device<br />

indossabili, senza dimenticare i<br />

dati bibliografici opportunamente<br />

digitalizzati. Si tratta di una babele di<br />

linguaggi differenti che dovranno per<br />

forza di cose essere gestiti attraverso<br />

l’intelligenza artificiale, anche per<br />

eliminare quel “rumore di fondo”<br />

che impedisce di comprendere quali<br />

siano i dati realmente utili ai fini del<br />

progresso medico scientifico. Quanto<br />

appena riassunto rappresenta una<br />

condizione necessaria per poter<br />

pensare a una sperimentazione<br />

in silico che dia i risultati sperati.<br />

Intendiamoci, non si tratta di una<br />

novità: Merck già nel 1981 utilizzava<br />

modelli computazionali per il drug<br />

design o comunque ne intravedeva<br />

le potenzialità. Ciò che mancava<br />

era la potenza di calcolo, che è<br />

cresciuta in maniera esponenziale.<br />

Possiamo quindi affermare che,<br />

adesso, anche in medicina è avvenuto<br />

ciò che è successo in altri ambiti<br />

industriali: l’avvento dell’informatica<br />

ha contribuito a trasformare<br />

profondamente i processi produttivi.<br />

Le trasformazioni in essere stanno<br />

rivoluzionando anche la linearità<br />

dell’azione così come la conoscevamo.<br />

Fino all’inizio degli anni duemila<br />

avevamo ancora in mente un modello<br />

fisiopatologico unifattoriale e non<br />

multifattoriale.<br />

39


E si riteneva che, anche attraverso il<br />

Progetto Genoma, si sarebbe giunti<br />

in maniera precisa e deterministica<br />

a individuare le cause (genetiche, si<br />

riteneva) per ogni singola malattia<br />

non trasmissibile. Le cose non<br />

sono andate come sperato ma<br />

egualmente non possiamo certo<br />

dire che sia stato uno sforzo vano:<br />

oggi, infatti, sappiamo che una<br />

patologia risulta essere la probabile<br />

combinazione tra genetica, ambiente,<br />

alterazioni neurovegetative, stato<br />

di infiammazione subclinica.<br />

Tale consapevolezza sta peraltro<br />

cambiando completamente<br />

l’approccio al drug design, perché<br />

mano a mano cambia il riferimento:<br />

non si cerca più di intervenire sul<br />

sintomo ma si prova a raggiungere<br />

una sostanziale normalizzazione<br />

cellulare, pensando alla diminuzione<br />

del sintomo come a una fisiologica<br />

conseguenza. Questa consapevolezza,<br />

conseguenza diretta del progresso<br />

delle conoscenze, ha portato e porta<br />

all’individuazione di target biologici,<br />

lavorando (di fatto) a farmaci che<br />

sono potenzialmente in grado di agire<br />

su più patologie, laddove il target può<br />

essere comune. Peraltro, l’incrocio<br />

dei dati di cui abbiamo parlato in<br />

precedenza potrà aprire la porta a<br />

terapie basate sul profilo genetico,<br />

sapendo in anticipo quali potranno<br />

essere i farmaci più efficaci non solo<br />

in relazione alla malattia, ma anche<br />

in relazione al “funzionamento della<br />

macchina umana del paziente”.<br />

SOLO COSÌ PUÒ<br />

FUNZIONARE<br />

Solo creando un ecosistema di<br />

questo genere possiamo pensare<br />

che la sperimentazione in silico<br />

abbia successo e possa diventare<br />

il paradigma di riferimento,<br />

consentendoci di raggiungere i<br />

risultati macroscopici che tutti<br />

vorremmo poter avere già sottomano e<br />

che hanno decretato tanto entusiasmo<br />

in alcuni ambienti. Ci riferiamo<br />

essenzialmente alla questione<br />

animalista sull’opportunità o meno<br />

di continuare a effettuare test in vivo.<br />

L’UE ha implementato fin dal 2010 una<br />

direttiva basata sulle 3R (replacement,<br />

reduction, refinement) che mira alla<br />

progressiva sostituzione dei test<br />

in vivo a patto che le alternative<br />

garantiscano quantomeno gli stessi<br />

risultati, auspicando comunque la<br />

massima riduzione nell’utilizzo di<br />

cavie. Fda, grazie al Modernization<br />

act - Fdama 2.0 del settembre<br />

“<br />

Se nel 2018 il mercato<br />

globale della<br />

biosimulazione era di<br />

1,65 miliardi di dollari, la<br />

previsione per il 2025 è<br />

che possa toccare quasi 5<br />

miliardi<br />

2022, a sua volta spinge verso<br />

l’adozione di metodi alternativi alla<br />

sperimentazione animale (e i test in<br />

silico sono ovviamente tra questi) per<br />

venire incontro alle istanze animaliste,<br />

semplificare la regolamentazione dei<br />

farmaci e portarli più rapidamente sul<br />

mercato, senza lesinare in sicurezza.<br />

IL CASO DI<br />

INSILICOTRIALS<br />

All’interno dell’ecosistema che<br />

abbiamo descritto, un esempio<br />

paradigmatico di come può muoversi<br />

il mercato è quello di InSilicoTrials,<br />

realtà triestina (ma internazionale in<br />

quanto a personale coinvolto), che ha<br />

avuto la lungimiranza di mettere a<br />

punto una piattaforma “pay per use”<br />

a disposizione - potenzialmente -<br />

delle 52mila aziende medicali e 3.200<br />

farmaceutiche esistenti al mondo.<br />

Il tutto guardando a un mercato<br />

che è in continua espansione. Se<br />

nel 2018 il mercato globale della<br />

biosimulazione era di 1,65 miliardi<br />

di dollari, la previsione per il 2025 è<br />

che possa toccare quasi 5 miliardi.<br />

La crescita del mercato è stata quasi<br />

del 16% annuo e la previsione (non<br />

necessariamente ottimistica: è quello<br />

che è accaduto quando l’informatica<br />

è entrata con decisione nei processi<br />

industriali) è comunque di continua<br />

crescita. A corroborare questa<br />

convinzione, ecco le esperienze<br />

in altri campi industriali ad alto<br />

valore aggiunto o alta tecnologia<br />

(aerospaziale, automotive). In questi<br />

casi la simulazione in silico è la<br />

norma sia per il design, sia per le<br />

scelte ingegneristiche, sia per le<br />

simulazioni in termini di sicurezza.<br />

Stranamente, complice lo scenario<br />

di cui abbiamo dato prima ampia<br />

descrizione, il settore healthcare &<br />

life sciences è ancora indietro per<br />

ciò che attiene alle logiche della<br />

digitalizzazione. Tuttavia dobbiamo<br />

prendere atto del fatto che è<br />

sostanzialmente impossibile che<br />

questa trasformazione non arrivi,<br />

andando a ridisegnare in maniera<br />

sostanziale il rapporto che ognuno<br />

di noi avrò con le medicine, in un<br />

futuro non troppo lontano. C’è solo<br />

da augurarsi che questa rivoluzione<br />

sia di per sé sufficiente a far fronte<br />

a un bisogno di salute che è sempre<br />

più esteso in termini numerici e che<br />

è parte integrante di quel complesso<br />

processo di democratizzazione di<br />

accesso alle cure che, se è spesso<br />

difficile in un’unica realtà geografica,<br />

figuriamoci cosa comporta su scala<br />

mondiale.<br />

40


RWE<br />

nuovo paradigma<br />

per la ricerca<br />

medica?<br />

LA REAL WORD EVIDENCE PUÒ<br />

RAPPRESENTARE UN IMPORTANTE PUNTO<br />

DI SVOLTA PER LA SALUTE PUBBLICA MA<br />

DEVE ESSERE INTEGRATA IN UN SISTEMA DI<br />

RACCOLTA UNIFICATO A LIVELLO NAZIONALE<br />

Giulio Divo<br />

In questi ultimi anni si è aperta una<br />

dialettica importante in relazione alla<br />

cosiddetta “real world evidence”, o<br />

Rwe. Se nel passato, anche recente,<br />

si enfatizzavano molto i risultati<br />

ottenuti nell’ultimo step degli studi<br />

registrativi, ecco che oggi l’attenzione<br />

si sta spostando sempre di più verso<br />

i dati che provengono dalla fase post<br />

marketing, grazie alla possibilità di<br />

raccogliere in maniera precisa come<br />

mai prima d’ora le informazioni<br />

relative all’efficacia e alla tollerabilità<br />

dei farmaci, una volta immessi sul<br />

mercato e utilizzati su tutti i pazienti non<br />

eleggibili nelle coorti delle varie fasi di<br />

sperimentazione.<br />

Ai nostri occhi (di oggi), sembra persino<br />

scontato che le cose debbano per forza<br />

andare in questo modo: negli studi<br />

registrativi le variabili che possono<br />

42


makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />

influire sui dati di efficacia e sicurezza<br />

devono essere ridotte al minimo,<br />

se si vogliono avere dati quanto più<br />

possibile neutri ed effettivamente<br />

paragonabili con quelli delle coorti<br />

degli altri bracci di sperimentazione,<br />

selezionati nel medesimo modo come<br />

gruppo di controllo.<br />

UN MONDO CHE<br />

DIVENTA SEMPRE<br />

PIÙ VELOCE<br />

Questo tipo di impostazione poteva<br />

essere adatto al recente passato, ma<br />

allo stato attuale sta mostrando la corda<br />

per una serie complessa di motivi. In<br />

primo luogo, come l’emergenza Covid<br />

ha insegnato molto bene, stiamo<br />

assistendo a una progressiva (ma<br />

cercata e anche auspicata) riduzione dei<br />

tempi per la messa in commercio dei<br />

nuovi farmaci. Le discipline traslazionali,<br />

il drug design, la sperimentazione in<br />

silico stanno rapidamente velocizzando<br />

i processi produttivi, consentendo<br />

di economizzare tempi e risorse per<br />

la messa a punto di nuovi principi<br />

attivi. Ciò determina una maggiore<br />

pressione verso gli enti regolatori, con<br />

tutte le difficoltà del caso: il report<br />

dell’Alliance for regenerative medicine<br />

ha evidenziato a fine 2023 un problema<br />

di mancanza di forza lavoro (all’interno<br />

degli enti regolatori) nel settore delle<br />

terapie geniche e cellulari, causato dal<br />

divario crescente di competenze tra i<br />

dipendenti delle aziende farmaceutiche<br />

(o dei centri di ricerca) che lavorano<br />

nel settore e i dipendenti degli enti<br />

regolatori. Si tratta di un problema che<br />

ha queste dimensioni: nel 2023 il 58%<br />

dei trial clinici era dedicato ai farmaci<br />

a bersaglio molecolare, quindi adatti<br />

per trattare esigenze terapeutiche<br />

differenti. Nel giro di soli cinque anni<br />

siamo passati da 1.000 a 1.600 clinical<br />

trial. Non è un caso che Ema e Fda,<br />

oggi, siano vissuti come un “collo di<br />

bottiglia” in relazione alla possibilità di<br />

immettere nuovi farmaci sul mercato. A<br />

questo scenario quantitativo dobbiamo<br />

aggiungere quello qualitativo<br />

rappresentato dalle pressioni delle<br />

associazioni pazienti, che chiedono<br />

lo snellimento di alcune procedure<br />

di approvazione da parte degli enti<br />

regolatori (nello specifico italiano,<br />

l’Aifa), specialmente se si tratta di<br />

duplicare dati già ottenuti per conto di<br />

Ema presso i medesimi centri deputati<br />

alla sperimentazione a livello europeo.<br />

LA PUNTA<br />

DELL’ICEBERG<br />

Come evidenziato, ci troviamo di<br />

fronte a una situazione complessa che<br />

possiede alcune criticità specifiche.<br />

Gli studi registrativi rimangono<br />

sostanzialmente disegnati in modo<br />

da effettuare valutazioni sulle singole<br />

patologie, anche se il bersaglio<br />

terapeutico potrebbe essere comune<br />

a una intera famiglia di malattie (da<br />

questo punto di vista, un esempio<br />

chiarissimo sono le cosiddette<br />

malattie eosinofilo correlate che,<br />

infatti, possono essere trattate con il<br />

medesimo principio attivo a dosaggi<br />

differenti a seconda della gravità del<br />

disturbo). Sempre seguendo la stessa<br />

logica, questi stessi studi registrativi<br />

hanno limiti intrinseci perché sono<br />

stati da sempre pensati come utili<br />

a dimostrare sicurezza ed efficacia<br />

senza che vi siano variabili in grado di<br />

alterare in qualsivoglia modo il risultato,<br />

laddove l’alterazione del risultato<br />

può essere causata da interazioni con<br />

farmaci, malattie pregresse, disturbi<br />

comuni nella popolazione generale<br />

(dislipidemie, anemie ) ecc. Insomma,<br />

il rischio è quello di arruolare pazienti<br />

che, paradossalmente, al di là della<br />

patologia da trattare, sono sani. I dati<br />

OsMED, invece, raccontano una realtà<br />

ben diversa: il 30% degli italiani over<br />

65 prende più di 10 farmaci al giorno.<br />

Il 50% ne assume tra cinque e nove.<br />

Almeno due milioni di italiani sono<br />

esposti a interazioni farmacologiche<br />

potenzialmente gravi e un altro milione<br />

assume terapie non appropriate.<br />

Ecco che, in uno scenario del genere,<br />

dobbiamo far “calare” nuove terapie,<br />

che si devono inserire in una situazione<br />

di difficile gestione dei pazienti<br />

politrattati e non sempre controllati in<br />

maniera adeguata.<br />

LA SOLUZIONE<br />

È NEI BIG DATA?<br />

La situazione qui descritta ci mette<br />

dunque nella situazione di dover<br />

superare l’impasse in maniera che<br />

sia assolutamente rispettosa delle<br />

esigenze di salute e sicurezza, ma anche<br />

del legittimo desiderio di accedere<br />

a terapie che, lo vediamo oggi,<br />

stanno sensibilmente rivoluzionando<br />

il trattamento di tante patologie che<br />

fino a pochi anni fa erano destinate<br />

persino a prognosi infauste e in tempi<br />

non lunghi. Ma come possiamo<br />

“<br />

LE ASSOCIAZIONI DI PAZIENTI CHIEDONO<br />

LO SNELLIMENTO DI ALCUNE PROCEDURE DI<br />

APPROVAZIONE DA PARTE DEGLI ENTI REGOLATORI<br />

superare il collo di bottiglia? Da questo<br />

punto di vista ci può venire in aiuto la<br />

digitalizzazione sanitaria, unitamente<br />

a una auspicabile e trasparente<br />

collaborazione tra pubblico e privato.<br />

La progressiva informatizzazione dei<br />

dati sanitari consentirà infatti di avere<br />

una mole enorme di dati da cui può<br />

essere possibile attingere tutte le<br />

informazioni utili per i controlli post<br />

marketing. I programmi di supporto<br />

digitale per i pazienti, i fascicoli sanitari<br />

elettronici, i device indossabili possono<br />

potenzialmente diventare strumenti<br />

adatti al monitoraggio dell’efficacia<br />

e della sicurezza delle nuove terapie,<br />

con una precisione inedita nella<br />

storia della medicina. Le analisi dei<br />

dati sono oggi più semplici grazie<br />

all’implementazione di sistemi di AI,<br />

machine learning e analisi predittiva.<br />

Il tutto senza trascurare il problema<br />

dell’anonimizzazione dei dati, che<br />

rimane centrale per garantire la privacy<br />

dei pazienti verso coloro che dovranno<br />

43


44<br />

“<br />

LA PROGRESSIVA INFORMATIZZAZIONE DELLA SANITÀ<br />

CONSENTIRÀ DI AVERE UNA MOLE ENORME DI DATI DA<br />

CUI SARÀ POSSIBILE ATTINGERE TUTTE LE INFORMAZIONI<br />

UTILI PER I CONTROLLI POST MARKETING<br />

maneggiare il dato sanitario nel<br />

rispetto dei diritti del singolo.<br />

Uno degli aspetti che maggiormente<br />

può e deve farci riflettere sulla Rwe<br />

come futuro della ricerca scientifica è<br />

quello inerente agli investimenti che si<br />

stanno facendo per elaborare sistemi<br />

in grado di fornire soluzioni affidabili. Il<br />

tasso di crescita annuo di questi sistemi<br />

è stimato attorno al 12,3%. Oggi siamo<br />

in un mercato globale di 16 miliardi<br />

di dollari, che potrebbero – stando<br />

agli analisti – diventare 36 miliardi nel<br />

2030. Praticamente dopodomani. Le<br />

startup, in questo settore, si stanno<br />

moltiplicando e il mercato si va<br />

segmentando in quattro grandi gruppi:<br />

“Fornitori e aggregatori”, “AI Analytics<br />

provider”, “Platform provider” e<br />

“Contract research organization”.<br />

RICADUTE POSITIVE<br />

PER I PAZIENTI<br />

I motivi per cui una Rwe ben gestita<br />

può diventare una risorsa decisiva<br />

per il benessere dei pazienti vanno<br />

cercati proprio nelle pieghe degli<br />

scenari che abbiamo appena descritto<br />

e, soprattutto, nell’importanza della<br />

gestione dei big data sanitari. In un<br />

mondo analogico, il monitoraggio della<br />

fase post marketing richiedeva tempi<br />

lunghi perché dovevano tenere conto<br />

delle segnalazioni degli eventi avversi<br />

presso gli appositi registri. Attraverso<br />

una corretta gestione dei dati, oggi<br />

può diventare più facile identificare i<br />

sottogruppi maggiormente a rischio,<br />

così come quelli che potenzialmente<br />

possono ricevere maggiore beneficio.<br />

L’evidenza degli effetti collaterali può<br />

emergere con maggiore velocità,<br />

migliorando l’azione di supervisione,<br />

controllo e perfezionando anche i<br />

possibili interventi medici a gestione<br />

dell’effetto avverso. Allo stesso modo<br />

possono evidenziarsi nuove indicazioni<br />

terapeutiche, perché è l’esperienza<br />

clinica a definire se e come – per<br />

meccanismi che andranno poi studiati<br />

– una molecola possa intervenire<br />

positivamente anche su patologie<br />

per cui non era stata messa a punto<br />

(in definitiva le indicazioni off label).<br />

Tutto questo, però, ha bisogno di<br />

essere pensato in un’ottica strategica,<br />

organica e di governance unificata.<br />

RIPENSARE<br />

IL MODELLO<br />

DEI BIG DATA<br />

Se indirizziamo lo sguardo verso la<br />

nostra realtà nazionale, non possiamo<br />

fare a meno di porci ancora una<br />

volta il problema della governance<br />

del dato informatico. Sono stati<br />

fatti dei passi in avanti rispetto alla<br />

situazione pre-pandemica, perché<br />

oggi siamo comunque indirizzati<br />

verso una maggiore interoperabilità<br />

dei sistemi e nella direzione di una<br />

centralizzazione del dato sanitario.<br />

Passi nella giusta direzione sono<br />

stati fatti attraverso il progetto di<br />

Health big data, 55 milioni di euro<br />

messi a disposizione dal MEF per<br />

interconnettere i 51 Irccs del territorio<br />

nazionale nei settori cadiologia,<br />

cancro, neuroscienze e riabilitazione,<br />

rete pediatrica (con il coordinamento<br />

del ministero della Salute e in<br />

collaborazione con il Politecnico di<br />

Milano, la Fondazione Politecnico di<br />

Milano e l’Istituto nazionale di fisica<br />

nucleare). Si tratta di un passo in avanti<br />

molto importante perché nessuna<br />

Rwe può prescindere da ciò che ci<br />

sta a monte, ovvero l’acquisizione del<br />

dato, la sua protezione, la sua corretta<br />

interpretazione per estrapolare ciò che<br />

è realmente interessante da ciò che è<br />

soltanto “rumore di fondo”, destinato<br />

a confondere e, quindi, a rallentare il<br />

processo.<br />

AUSPICIO FINALE<br />

La Rwe può rappresentare un<br />

importante punto di svolta per ciò<br />

che riguarda le esigenze di protezione<br />

della salute pubblica. È probabilmente<br />

destinata a diventare la chiave per la<br />

definizione dei criteri di appropriatezza<br />

terapeutica non solo in ambiente<br />

ospedaliero ma, data la volontà di<br />

trasferire le cronicità sul territorio,<br />

anche per la medicina di base. Ciò<br />

che bisogna evitare, per mantenere<br />

la centralità di istituzioni terze e di<br />

controllo, è che i dati Rwe vengano<br />

raccolti in maniera parziale all’interno<br />

di singoli attività di ricerca, come<br />

sempre più spesso accade, magari<br />

attraverso l’utilizzo compassionevole<br />

all’interno dei singoli progetti. Non<br />

si discute certo il valore di questi dati<br />

raccolti, ma se confiniamo al Rwe a<br />

questo genere di progetti, finiamo con<br />

lo sminuirne le potenzialità. La Rwe,<br />

invece, dovrebbe essere intesa come<br />

combinazione sinergica tra differenti<br />

applicazioni di tecnologie che possono<br />

così dimostrare una utilità individuale<br />

e, insieme, universale, in grado di<br />

aiutare i processi decisionali ad ampio<br />

respiro e definire i criteri per una<br />

medicina più efficace, personalizzata<br />

e, nel contempo, più rispettosa<br />

dell’imprescindibile criterio della sua<br />

sostenibilità.


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L’evoluzione digitale<br />

degli studi clinici<br />

Caterina Lucchini<br />

46


makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />

A supporto della<br />

trasformazione<br />

della ricerca<br />

clinica arrivano<br />

metodologie più<br />

efficienti, approcci<br />

personalizzati<br />

e una maggiore<br />

integrazione di<br />

strumenti avanzati<br />

come l’intelligenza<br />

artificiale<br />

Negli ultimi anni, il panorama degli studi<br />

clinici ha subito una trasformazione<br />

senza precedenti, alimentato<br />

dall’avvento delle tecnologie innovative<br />

e dalla crescente complessità delle sfide<br />

mediche. Uno dei principali motori di<br />

questa trasformazione è l’applicazione<br />

dell’intelligenza artificiale (AI) negli studi<br />

clinici. L’AI offre una vasta gamma di<br />

opportunità per ottimizzare il processo<br />

di ricerca, dall’identificazione dei<br />

potenziali partecipanti allo studio alla<br />

selezione dei trattamenti più efficaci<br />

per i pazienti. Utilizzando algoritmi<br />

avanzati e analisi predittive, i ricercatori<br />

possono analizzare enormi quantità di<br />

dati clinici per identificare tendenze,<br />

predire risultati e personalizzare le<br />

terapie in base alle caratteristiche<br />

individuali dei pazienti. Tutto ciò porta<br />

alla progettazione e all’esecuzione<br />

di trial più efficienti e adattabili. La<br />

metodologia degli studi clinici adattativi<br />

sta guadagnando sempre più popolarità,<br />

consentendo agli studiosi di modificare<br />

il design dello studio in tempo reale<br />

in base ai risultati intermedi e alle<br />

nuove informazioni emergenti. Questo<br />

approccio dinamico offre la flessibilità<br />

necessaria per ottimizzare l’allocazione<br />

delle risorse, ridurre i tempi di sviluppo<br />

e massimizzare il potenziale di successo<br />

degli studi.<br />

CONDIVISIONE<br />

DEI DATI<br />

L’evoluzione degli studi clinici<br />

non riguarda solo le metodologie<br />

e le tecnologie, ma anche la<br />

collaborazione e la condivisione<br />

dei dati. In un mondo sempre più<br />

interconnesso, la condivisione dei<br />

dati clinici tra istituzioni, aziende e<br />

ricercatori è diventata essenziale per<br />

accelerare la scoperta e lo sviluppo<br />

di nuove terapie. Piattaforme e<br />

iniziative collaborative stanno<br />

emergendo per facilitare lo scambio<br />

di dati e la collaborazione tra diversi<br />

attori del settore, promuovendo una<br />

cultura di apertura e trasparenza<br />

che favorisce l’innovazione e il<br />

progresso scientifico. L’importanza<br />

del controllo di qualità dei dati<br />

ottenibili dalla ricerca clinica<br />

tramite l’AI è fondamentale nel<br />

contesto attuale. È essenziale<br />

garantire non solo la quantità, ma<br />

soprattutto la qualità dei dati raccolti,<br />

assicurandosi che siano affidabili<br />

e utilizzabili a fini scientifici. Con il<br />

crescente utilizzo di molteplici fonti<br />

di dati, comprese quelle tradizionali<br />

e quelle provenienti da dispositivi<br />

indossabili e app per smartphone,<br />

diventa cruciale verificare la<br />

credibilità delle fonti stesse. Dati<br />

finti o raccolti in modo impreciso<br />

possono ovviamente compromettere<br />

la validità e l’affidabilità dei risultati<br />

della ricerca clinica, con potenziali<br />

conseguenze deleterie sulla salute<br />

dei pazienti e sull’avanzamento<br />

scientifico. L’AI offre un grande<br />

supporto nella gestione e nell’analisi<br />

dei dati, consentendo di ridurre<br />

i tempi e migliorare l’efficienza<br />

complessiva della ricerca clinica.<br />

Tuttavia, è fondamentale mantenere<br />

un rigoroso controllo di qualità<br />

su come i dati vengono raccolti,<br />

elaborati e interpretati. Anche con<br />

l’ausilio dell’intelligenza artificiale,<br />

gli errori possono verificarsi e<br />

devono essere identificati e corretti<br />

tempestivamente per garantire<br />

l’affidabilità e la validità dei risultati<br />

ottenuti.<br />

PAZIENTI SINTETICI<br />

L’uso di dati digitali per creare coorti<br />

virtuali di pazienti rappresenta un<br />

innovativo approccio alla ricerca<br />

clinica, mirato a superare le limitazioni<br />

dei tradizionali studi clinici. Questa<br />

metodologia, sviluppata da un gruppo di<br />

ricercatori Gimema guidati da Alfonso<br />

L’uso di<br />

dati digitali<br />

permette la<br />

generazione di<br />

coorti virtuali<br />

di pazienti,<br />

replicando con<br />

precisione le<br />

caratteristiche<br />

dei set di dati<br />

clinici reali<br />

Piciocchi, consiste nella generazione di<br />

gruppi artificiali di pazienti che replicano<br />

con precisione le caratteristiche dei<br />

set di dati clinici reali, garantendo<br />

al contempo la riservatezza dei dati<br />

sensibili. L’integrazione dell’intelligenza<br />

artificiale e dei dati sintetici in<br />

questo contesto rappresenta un<br />

significativo avanzamento, consentendo<br />

l’elaborazione e l’analisi di grandi<br />

quantità di dati in modo rapido ed<br />

efficiente. Questo approccio innovativo<br />

potrebbe rivoluzionare la ricerca clinica,<br />

accelerando lo sviluppo di trattamenti<br />

innovativi e migliorando le prospettive<br />

di cura per i pazienti. La coorte virtuale<br />

basata sullo studio Gimema AML1310,<br />

presentata nel 2023 durante il congresso<br />

nazionale della Società italiana di<br />

ematologia, ha dimostrato la fattibilità<br />

e il potenziale di questo approccio,<br />

generando risultati simili a quelli dei<br />

dati reali e offrendo un valido supporto<br />

per la pianificazione di futuri trial clinici.<br />

Sebbene gli studi clinici randomizzati<br />

rimangano il gold standard per la<br />

valutazione dell’efficacia di trattamenti<br />

47


48<br />

e terapie, l’uso di coorti virtuali e dati<br />

sintetici rappresenta una promettente<br />

integrazione, che potrebbe migliorare<br />

l’efficienza e l’accessibilità della ricerca<br />

clinica, accelerando l’innovazione<br />

terapeutica e migliorando i risultati per i<br />

pazienti.<br />

MASSIMIZZARE<br />

IL RECLUTAMENTO<br />

In media, le aziende biofarmaceutiche<br />

spendono quasi 900.000 dollari per il<br />

reclutamento e l’aderenza dei pazienti<br />

durante lo sviluppo di un nuovo<br />

farmaco, un investimento cruciale per<br />

garantire il successo degli studi clinici<br />

e la commercializzazione dei farmaci.<br />

Tuttavia, nonostante tali sforzi finanziari,<br />

circa la metà degli studi clinici non riesce<br />

a raggiungere il <strong>numero</strong> di partecipanti<br />

desiderato entro i tempi previsti, con<br />

conseguenti ritardi significativi nel<br />

processo di commercializzazione. Nel<br />

2018, su Contemporary clinical trials,<br />

Grant Huang, del US Department<br />

of veterans affairs, e i suoi colleghi<br />

hanno scritto: «Vi è un riconoscimento<br />

universale che il reclutamento dei<br />

pazienti sia un determinante chiave<br />

del successo degli studi clinici. [...] Fino<br />

all’86% degli studi clinici non raggiunge<br />

i target di reclutamento entro i periodi di<br />

tempo specificati». Inoltre, quasi il 20%<br />

degli studi viene chiuso a causa di un<br />

reclutamento insufficiente. Negli anni ‘90<br />

è iniziato il reclutamento online attraverso<br />

vari siti web, come CenterWatch. Con<br />

l’avvento di piattaforme come Facebook,<br />

Twitter e LinkedIn, i ricercatori hanno<br />

ora a disposizione strumenti potenti<br />

per raggiungere una vasta gamma di<br />

potenziali partecipanti agli studi clinici<br />

in modo rapido ed efficiente. Questo<br />

approccio offre <strong>numero</strong>si vantaggi, inclusa<br />

una maggiore accessibilità, un’ampia<br />

portata e la possibilità di raggiungere<br />

specifiche popolazioni di interesse in<br />

modo mirato. Utilizzando annunci mirati<br />

e campagne pubblicitarie sui social<br />

media, i ricercatori possono sensibilizzare<br />

l’opinione pubblica su specifiche<br />

condizioni di salute, promuovere la<br />

partecipazione agli studi clinici e fornire<br />

Nonostante gli<br />

investimenti per<br />

il reclutamento<br />

dei pazienti, fino<br />

all’86% degli<br />

studi clinici non<br />

raggiunge il<br />

target nei tempi<br />

previsti<br />

informazioni dettagliate sui criteri di<br />

idoneità e sui benefici dello studio.<br />

Tuttavia, è fondamentale affrontare le<br />

sfide e le considerazioni etiche associate<br />

a questa pratica, garantendo che il<br />

reclutamento tramite i social media sia<br />

condotto in modo etico, trasparente e<br />

rispettoso dei diritti e della riservatezza<br />

dei partecipanti.<br />

Le sfide nel reclutamento e nell’adesione<br />

dei pazienti agli studi clinici sono sempre<br />

più affrontate attraverso l’integrazione di<br />

approcci decentralizzati, come dimostrato<br />

dai recenti progressi nel settore. Gli<br />

studi clinici decentralizzati (Dct) stanno<br />

emergendo come una soluzione efficace<br />

per migliorare l’esperienza del paziente,<br />

ottimizzare i costi e accelerare i tempi<br />

di sviluppo dei farmaci. Nei Dct i dati<br />

vengono raccolti attraverso sensori<br />

o dispositivi di monitoraggio remoto<br />

portati dai pazienti, senza la necessità<br />

L’adozione diffusa<br />

di tecnologie<br />

come l’AI e<br />

l’uso innovativo<br />

dei social<br />

network per il<br />

reclutamento<br />

porteranno a una<br />

ricerca clinica<br />

più efficiente e<br />

inclusiva<br />

di visitare fisicamente un centro clinico.<br />

Questo approccio decentralizzato mira a<br />

migliorare l’efficienza e la convenienza<br />

degli studi clinici, consentendo ai<br />

partecipanti di essere coinvolti nel<br />

processo di ricerca dal comfort delle<br />

proprie case. I dati raccolti attraverso<br />

dispositivi indossabili, sensori domestici<br />

e app per smartphone forniscono<br />

informazioni in tempo reale sulla salute<br />

dei pazienti, consentendo ai ricercatori di<br />

monitorare efficacemente la progressione<br />

della malattia e valutare l’efficacia<br />

dei trattamenti. Questo approccio<br />

innovativo ha il potenziale per migliorare<br />

il reclutamento e il coinvolgimento dei<br />

pazienti negli studi clinici, riducendo i<br />

ritardi e migliorando la qualità dei dati<br />

raccolti. Tuttavia, ci sono anche sfide da<br />

affrontare, come garantire la sicurezza e<br />

la privacy dei dati dei pazienti e assicurare<br />

la conformità normativa. Nonostante ciò, i<br />

Dct stanno guadagnando popolarità come<br />

una soluzione promettente per rendere la<br />

ricerca clinica più efficiente ed efficace.<br />

Guardando al futuro, ci si può aspettare<br />

che gli studi clinici continueranno a<br />

evolversi in risposta alle sfide emergenti e<br />

alle opportunità tecnologiche. L’adozione<br />

diffusa di tecnologie come l’AI e l’uso<br />

innovativo dei social network per il<br />

reclutamento porteranno a una ricerca<br />

clinica più efficiente, inclusiva e orientata<br />

al paziente, con l’obiettivo di migliorare<br />

i risultati sanitari e la qualità della vita<br />

dei pazienti. Inoltre, l’implementazione<br />

di nuove tecnologie come la medicina<br />

digitale e i dispositivi medici connessi,<br />

insieme all’adozione di approcci innovativi<br />

nella gestione dei dati e alla promozione<br />

di una maggiore partecipazione dei<br />

pazienti nella ricerca clinica, contribuirà a<br />

ridefinire il modo in cui vengono condotti<br />

e interpretati gli studi clinici, portando a<br />

risultati più significativi e trasformazionali<br />

nella scoperta e nello sviluppo di nuove<br />

terapie.<br />

Riferimenti:<br />

Studio GIMEMA sui pazienti sintetici: https://www.<br />

gimema.it/intelligenza-artificiale-uno-studio-<br />

gimema-indaga-limpiego-di-pazienti-sintetici-nei-<br />

trial-clinici/<br />

May M. Twenty-five ways clinical trials have changed<br />

in the last 25 years. Nat Med. 2019;25(1):2-5.


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sia informato – e formato –<br />

anche sull’utilizzo delle nuove<br />

soluzioni<br />

Quante volte ci è capitato di pensare al politically correct<br />

piuttosto che all’healthy o medically correct?<br />

Partendo dal presupposto che le parole abbiano un<br />

peso e un valore, in ambito salute concetti chiave<br />

restano quelli di paziente, fragilità e tecnologia.<br />

L’equazione è come riabilitare il sistema salute nella sua<br />

accezione più inclusiva e avanzata, codificata come la<br />

fragilità che incontra l’innovazione. La sfida si delinea<br />

nella risoluzione di questa equazione, definendo e<br />

intercettando il giusto equilibrio tra sanità e digitale per<br />

una partecipazione allargata.<br />

Laura Patrucco<br />

Presidente ASSD – Associazione<br />

Scientifica Sanità Digitale<br />

50


makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />

Un tema, peraltro, molto caro ad Assd – Associazione<br />

scientifica sanità digitale – sviluppato e discusso nei nostri<br />

libri bianchi piuttosto che con uno sguardo al femminile nella<br />

Commissione donne Assd.<br />

L’ALFABETIZZAZIONE DIGITALE<br />

STRUMENTO DI CURA<br />

La lungimiranza degli innovatori sta nel coinvolgere il<br />

paziente in ogni sua declinazione e prospettiva, proprio per<br />

ingaggiare lo stesso bisogno, perché mai come quando si<br />

parla di fragilità è importante dare una collocazione, un<br />

contesto adeguato, per poter far emergere necessità e<br />

bisogni, con il giusto intento propositivo. Non si può parlare di<br />

fragilità e tecnologia senza il binomio etica e umanizzazione.<br />

Imprescindibile l’alfabetizzazione digitale come parte di una<br />

cura, la formazione come strumento per trasferire intelligenza<br />

artificiale umanizzata.<br />

Premessa doverosa è che parlando di paziente diviene<br />

ormai essenziale evocare il tema della sua consapevolezza<br />

valoriale, formativa e operativa, basti pensare ai pazienti<br />

sempre più stakeholder di sistema come nella ricerca clinica<br />

o nelle politiche sanitarie, impegnati per realizzare una salute<br />

dialogata oggi anche con il digitale, ormai strumento che,<br />

se correttamente noto, può accorciare distanze. Il patto si<br />

sancisce, ma solo se garantiamo una sanità soprattutto equa,<br />

nella sua accezione globale, tecnologie incluse.<br />

Il tema del dialogo tra tecnologia e salute ha bisogno di un<br />

piedistallo, non per darsi valore, ma per generare valore,<br />

trasferendo quella vision che deve creare nuovi mindset.<br />

Il Terzo settore come Assd, così come ogni realtà associativa<br />

scientifica o di pazienti, è sempre più orientato a stimolare<br />

la trasformazione del mondo salute in termini di rivoluzione<br />

culturale, declinando il concetto di approccio alla cura come<br />

una salute partecipata, con un sistema che fornisca non solo<br />

servizi, ma sevizi per la persona. Un perimetro d’azione nel<br />

quale l’advocacy, in primis culturale, può realizzare molto,<br />

dando fiato a sforzi inter e multidisciplinari congiunti; il<br />

modello dell’advocacy culturale può testimoniare quanto conti<br />

codificare la fragilità come un punto di inizio e non di arrivo,<br />

quanto conti essere un paziente persona incluso nei percorsi di<br />

cura, anche con il supporto della tecnologia.<br />

PAZIENTE 4.0<br />

Rievocando le mie stesse parole all’interno del Libro Bianco<br />

ASSD “Fragilità e tecnologie dell’informazione e della<br />

comunicazione ICT. Il paziente, la fragilità e la tecnologia. Come<br />

riabilitare il sistema salute”, diviene strategicamente salutare<br />

guardare al futuro di domani nell’idea di ricostruire e di<br />

sperimentare nuova consapevolezza del futuro di oggi.<br />

Il Paziente 4.0 è informato e ingaggiato (engaged, qualcuno<br />

direbbe), con la sua digital experience per creare un dialogo<br />

digitale etico, alla ricerca di un rinascimento sanitario in<br />

cui la tecnologia avvicini scienza e vita, livelli le conoscenze<br />

tecniche, favorisca l’equo accesso ai servizi, pazienti e<br />

caregiver che siano. Diventa dunque indispensabile parlare di<br />

equità e fruibilità, dalla tutela del diritto alla salute come tale,<br />

garantendo l’alfabetizzazione sanitaria digitale come parte<br />

del percorso di cura stesso. Diversamente, il principale effetto<br />

collaterale è il digital divide (quel divario digitale tra chi riesce<br />

ad accedere ai servizi via internet e chi no), che diviene fonte di<br />

ridotto accesso alla sanità digitale, trasformandosi alla fine in<br />

disservizi.<br />

Chi eroga servizi ha la grande responsabilità di garantire<br />

un equo accesso a tutti, unitamente a un’alfabetizzazione<br />

digitale empatica, pensata per i pazienti non necessariamente<br />

ingegneri progettisti, empatica perché pensata per il<br />

destinatario, evitando che vi sia una rincorsa al servizio<br />

(ricordiamoci che devono essere i dati a spostarsi, non i<br />

pazienti).<br />

La cura del digital divide è il paziente/caregiver in-formato e<br />

consapevole, con il suo esperienziale arricchito di formazione<br />

per tramite di coinvolgimento proattivo nei percorsi sempre<br />

più strutturati, che le realtà associative promuovono, in piena<br />

compliance all’engagement in salute.<br />

La patient advocacy indubbiamente affianca un sistema salute<br />

territoriale compliant al bisogno del paziente, focalizzando<br />

il bisogno stesso, la modalità di accesso al servizio e non<br />

solo il livello di tecnologia offerto. Perché la tecnologia deve<br />

avvicinare la cura al paziente, quindi le competenze meglio<br />

crearle dal bisogno primario: informare per formare, formare<br />

(e formarsi) per curare. Insomma, potremmo dire che un<br />

paziente adeguatamente in-formato e responsabilizzato non è<br />

solo portavoce del bisogno, ma anche di una sorta di problem<br />

solving.<br />

DIGITALE SOCIOLOGICO<br />

In ultimo, ma non meno importante, il concetto della salute<br />

sociale pensando anche in termini di digitale sociologico,<br />

per meglio comprendere, per renderci più confidenti con<br />

i restanti interlocutori, facendo buon uso della tecnologia<br />

di cui si dispone, piuttosto che utilizzarla per il solo fatto<br />

che sia disponibile, direbbe il sociologo M. Tosini. La vera<br />

sfida è trasformare l’analfabetismo digitale in accesso equo<br />

e tempestivo. Un digitale 4.0 innovativo vuole essere coprogettato,<br />

prendersi cura significa accesso ai servizi anche<br />

digitali.<br />

Per un digitalmente corretto. l’approccio culturale al sistema<br />

salute non potrà esimersi dal generare consapevolezza digitale,<br />

ingrediente vitale per immaginare un’accoglienza sanitaria in<br />

grado di centralizzare la salute con i suoi interlocutori e che<br />

sappia avvalersi delle nuove tecnologie abbracciando anche il<br />

nuovo paradigma dell’accoglienza digitale.<br />

51


PAZIENTE ASSENTE<br />

In Italia, il coinvolgimento dei pazienti nella<br />

ricerca clinica è ancora limitato quando non<br />

meramente simbolico. Resta ancora molta strada<br />

per raggiungere il livello di altri Paesi, come Stati<br />

Uniti e Regno Unito<br />

Isabella Bordogna<br />

Paola Mosconi, responsabile del “Laboratorio di ricerca per<br />

il coinvolgimento dei cittadini in sanità” dell’Istituto Mario<br />

Negri IRCCS di Milano<br />

Il concetto di centralità del<br />

paziente e la necessità di<br />

coinvolgerlo maggiormente<br />

nella ricerca clinica è noto<br />

da anni. È diritto di ogni<br />

individuo affetto da qualche<br />

patologia essere informato<br />

sulle possibili terapie e avere<br />

la libertà di scegliere come<br />

curarsi. Il paziente deve però<br />

anche poter partecipare<br />

alle varie fasi della ricerca,<br />

non solo prendendo parte in<br />

maniera volontaria agli studi<br />

clinici: la ricerca idealmente<br />

dovrebbe essere condotta<br />

insieme agli ammalati o ai loro<br />

rappresentanti.<br />

L’esperienza della malattia<br />

vissuta in prima persona,<br />

52


makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />

e collettivamente nelle<br />

associazioni, dà al paziente<br />

il diritto di esprimere a pieno<br />

titolo il proprio parere e dare<br />

un contributo importante:<br />

dalle priorità della ricerca,<br />

agli obiettivi primari e gli esiti<br />

degli studi, alla valutazione<br />

dell’efficacia dei trattamenti,<br />

degli effetti collaterali,<br />

dell’aderenza alla terapia,<br />

alle valutazioni della realtà<br />

assistenziale del territorio e<br />

degli aspetti economici.<br />

Per capire quanto l’idea<br />

di centralità del paziente<br />

sia effettivamente diffusa<br />

e applicata nel panorama<br />

italiano, sia a livello di studi<br />

registrativi e che di studi di<br />

“real life”, abbiamo intervistato<br />

Paola Mosconi, responsabile<br />

del “Laboratorio di ricerca per<br />

il coinvolgimento dei cittadini<br />

in sanità” dell’Istituto Mario<br />

Negri IRCCS di Milano.<br />

Il Laboratorio dalla sua nascita<br />

è impegnato in varie attività<br />

per il coinvolgimento della<br />

popolazione su temi di salute,<br />

farmaci e dispositivi nonché<br />

utilizzo del servizio sanitario;<br />

si occupa inoltre di sviluppare<br />

modelli di informazione e<br />

di formazione sulla ricerca<br />

clinica.<br />

«Siamo stati tra i primi in Italia<br />

a promuovere e implementare<br />

il coinvolgimento attivo<br />

di cittadini, pazienti e loro<br />

rappresentanze – afferma<br />

Paola Mosconi – partendo<br />

da studi sulla valutazione<br />

della qualità della vita fino<br />

alla diffusione dei concetti di<br />

empowerment di comunità,<br />

alfabetizzazione sanitaria<br />

e patient involvement. Tra i<br />

target delle nostre attività<br />

ci sono le associazioni di<br />

volontariato, ma anche<br />

ricercatori e società<br />

scientifiche. Il Laboratorio<br />

ha esperienza nell’utilizzo di<br />

metodologie di coinvolgimento<br />

quali giurie dei cittadini,<br />

conferenze di consenso,<br />

indagini su conoscenze,<br />

attitudini e comportamenti<br />

di cittadini e pazienti nonché<br />

di studi clinici e registri<br />

di patologia. Tra i nostri<br />

strumenti di attività c’è la<br />

partecipazione a revisioni<br />

sistematiche, ma anche l’uso<br />

di metodi qualitativi come<br />

focus group e interviste, la<br />

costruzione e validazione di<br />

questionari di indagine e la<br />

pianificazione e gestione di<br />

progetti multicentrici. Per<br />

portare avanti al meglio queste<br />

attività si parte dall’idea di<br />

fornire percorsi di formazione<br />

e informazione indipendente<br />

per cittadini e pazienti che li<br />

aiutino a confrontarsi in modo<br />

efficace con il mondo medico e<br />

scientifico».<br />

Quanto è presente a livello<br />

di ricerca clinica in Italia il<br />

concetto di centralità del<br />

paziente?<br />

Registriamo un po’ di<br />

confusione sul concetto di<br />

coinvolgimento dei pazienti:<br />

alcuni lo interpretano in modo<br />

riduttivo e generale, come<br />

la lettura di una nota del<br />

consenso informato o l’aiuto<br />

per coinvolgere più pazienti<br />

negli studi. In letteratura<br />

è stato creato anche il<br />

termine tokenism, che deriva<br />

dall’inglese token, il gettone<br />

di presenza, per intendere<br />

quando il paziente è presente<br />

in un progetto di ricerca clinica<br />

in maniera del tutto simbolica<br />

e non come co-autore vero<br />

della ricerca stessa. In<br />

molte situazioni si inserisce<br />

nel protocollo un paziente<br />

perché “bisogna farlo”, senza<br />

fornirgli un ruolo specifico o<br />

una formazione sufficiente.<br />

Spesso c’è poca chiarezza sui<br />

compiti che deve assolvere<br />

un rappresentante della<br />

cittadinanza all’interno di un<br />

protocollo di ricerca. Esistono<br />

invece delle linee guida su<br />

come coinvolgere il paziente<br />

o le rappresentanze: occorre<br />

dichiarare in maniera molto<br />

chiara a cosa serve, cosa ci<br />

si aspetta, come si intende<br />

coinvolgerlo, inoltre bisogna<br />

fare un’analisi del risultato del<br />

coinvolgimento.<br />

Nei Paesi anglosassoni ci<br />

sono molti buoni esempi,<br />

mentre in Italia siamo più<br />

“<br />

È STATO CREATO ANCHE IL TERMINE<br />

TOKENISM, CHE DERIVA DALL’INGLESE<br />

TOKEN (GETTONE DI PRESENZA),<br />

PER INDICARE IL RUOLO DEL TUTTO<br />

SIMBOLICO DI UN PAZIENTE IN UN<br />

PROGETTO DI RICERCA CLINICA<br />

indietro: sono tanti i protocolli<br />

che non hanno previsto la<br />

partecipazione dei pazienti e<br />

non viene fatto nemmeno un<br />

coinvolgimento tardivo. Nel<br />

nostro Paese spesso si parla di<br />

coinvolgimento dei pazienti in<br />

maniera poco pragmatica: c’è<br />

molta teoria ma i casi concreti<br />

sono relativamente pochi.<br />

Un esempio interessante<br />

viene dagli Stati Uniti, con un<br />

progetto che si chiama Pcori<br />

(Patient-centered outcomes<br />

research institute). Si tratta<br />

di una organizzazione di<br />

ricerca che sostiene progetti<br />

che abbiano una forte<br />

partnership con pazienti o loro<br />

rappresentanti, una struttura<br />

indipendente e senza scopo di<br />

lucro che cerca di sviluppare<br />

e poi fornire ai pazienti<br />

informazioni utili sulla loro<br />

salute e sulle scelte sanitarie.<br />

Pcori supporta la ricerca<br />

comparativa sull’efficacia<br />

clinica, che mette a confronto<br />

due o più trattamenti medici,<br />

servizi o pratiche sanitarie per<br />

aiutare, con l’analisi degli studi,<br />

i pazienti a prendere decisioni<br />

più informate.<br />

Anche in Inghilterra esistono<br />

<strong>numero</strong>se esperienze di<br />

coinvolgimento attivo dei<br />

pazienti, mentre in Italia a<br />

livello di Aifa e di ministero<br />

della Salute non abbiamo<br />

ancora sviluppato una<br />

organizzazione vera e propria<br />

e anche a livello regionale per<br />

ora c’è poco. Qualche Regione<br />

si distingue, come ad esempio<br />

il Veneto, che ha inserito i<br />

pazienti nelle valutazioni dei<br />

nuovi farmaci. Qualcosa si<br />

muove, ma in modo ancora<br />

poco strutturato.<br />

Qual è l’atteggiamento delle<br />

associazioni dei pazienti in<br />

questo contesto?<br />

In Italia molte associazioni<br />

di pazienti in realtà non<br />

desiderano veramente<br />

essere al centro, piuttosto<br />

vogliono essere una parte<br />

vera e propria del processo,<br />

alla pari cioè degli altri<br />

protagonisti della ricerca<br />

clinica. Le associazioni dei<br />

pazienti, per quello che è<br />

la nostra esperienza, sono<br />

complessivamente abbastanza<br />

attive, conoscono la realtà<br />

della ricerca clinica però<br />

sono ancora poco coinvolte<br />

direttamente nei progetti<br />

di ricerca. A volte lavorano<br />

con i clinici e con le società<br />

medico scientifiche per fare<br />

informazione o per attività di<br />

lobby e di advocacy, ma ancora<br />

raramente sono coinvolte<br />

nello sviluppo dei protocolli di<br />

ricerca.<br />

53


54<br />

Fatte salve le grandi<br />

associazioni di pazienti, le<br />

piccole sono decisamente<br />

meno consapevoli dei loro<br />

diritti nell’ambito della ricerca<br />

clinica. In Italia i pazienti o i<br />

loro rappresentanti vengono<br />

coinvolti a volte nella parte<br />

di disseminazione delle<br />

informazioni o nella scrittura<br />

del consenso informato, ma<br />

non operativamente in tutte le<br />

fasi del progetto.<br />

Che genere di attività svolge<br />

oggi il vostro Laboratorio?<br />

In questi ultimi anni abbiamo<br />

fatto meno formazione alle<br />

associazioni dei pazienti; tra<br />

l’altro va constatato che molte<br />

iniziative di formazione per le<br />

associazioni di pazienti hanno<br />

ora il sostegno delle aziende<br />

farmaceutiche. Abbiamo<br />

invece iniziato di recente a fare<br />

formazione su quello che viene<br />

chiamato il Ppi (Public patient<br />

involvement), un termine che<br />

definisce il coinvolgimento<br />

delle persone “non addette ai<br />

lavori” nel dibattito sui temi<br />

della salute e della ricerca.<br />

Questo concetto è stato<br />

esteso all’intero processo di<br />

ricerca, dall’identificazione<br />

delle priorità alla conduzione<br />

e analisi dello studio, fino alla<br />

divulgazione dei risultati.<br />

Diversi studi sul Ppi<br />

dimostrano che questo può<br />

indirizzare la ricerca in modo<br />

efficace, riducendo quella non<br />

rilevante o ripetitiva. Esistono<br />

però ancora molte resistenze<br />

e difficoltà ad accettare questa<br />

idea, nonostante sempre più<br />

spesso i finanziatori, anche<br />

istituzionali a livello europeo,<br />

valutino i progetti di ricerca<br />

anche sulla base della capacità<br />

di coinvolgere i pazienti e<br />

molte riviste scientifiche per<br />

pubblicare chiedano dettagli<br />

sulle modalità in cui pazienti e<br />

pubblico sono stati coinvolti. Il<br />

Ppi è un tema particolarmente<br />

sentito dalla comunità medicoscientifica<br />

internazionale:<br />

l’obiettivo è di condurre studi<br />

insieme agli ammalati e<br />

non solo su di loro. Si vuole<br />

mettere il paziente al tavolo<br />

con i ricercatori e gli operatori<br />

sanitari. Su questa tematica,<br />

all’interno di un progetto<br />

europeo, abbiamo fatto due<br />

esperienze – una all’Istituto<br />

nazionale dei tumori e una con<br />

webinar a un gruppo di sette<br />

centri di eccellenza europei –<br />

di formazione sul Patient and<br />

public involvement. Il corso<br />

fatto all’Istituto<br />

nazionale<br />

dei tumori<br />

a nostra<br />

conoscenza è<br />

uno dei primi<br />

corsi fatti su<br />

questo tema.<br />

La formazione è stata la diretta<br />

conseguenza di un’indagine<br />

condotta a livello europeo per<br />

capire quanto e come i centri<br />

intervistati conoscessero<br />

il termine Ppi, quanto<br />

coinvolgessero direttamente<br />

i pazienti nelle loro ricerche.<br />

Sono emersi dati interessanti:<br />

il termine è conosciuto e viene<br />

ritenuto ormai un aspetto<br />

imprescindibile, anche se le<br />

esperienze variano da centro a<br />

centro, influenzando le diverse<br />

risposte.<br />

Nel panorama italiano, così<br />

come in quello internazionale,<br />

vengono identificate<br />

molte barriere: di risorse<br />

economiche per la formazione<br />

delle persone coinvolte, di<br />

tempo e di metodo per capire<br />

quali pazienti o associazioni<br />

coinvolgere e come. C’è anche<br />

chi non vede il vantaggio<br />

di coinvolgere i pazienti,<br />

perché ritiene che questo non<br />

aggiunga molto al progetto.<br />

Molti clinici e ricercatori,<br />

inoltre, ritengono che i<br />

pazienti coinvolti, poiché non<br />

possiedono una conoscenza o<br />

formazione medico-scientifica<br />

adeguata, non possano<br />

garantire una partecipazione<br />

“<br />

PER OTTENERE UNA DIFFUSIONE<br />

OTTIMALE DEL PPI È NECESSARIO UN<br />

CAMBIAMENTO DI CULTURA DELLA<br />

RICERCA CHE NECESSITA DI TEMPO,<br />

SCELTE E INVESTIMENTI<br />

efficace. Al momento non<br />

esistono in Italia vere e<br />

proprie linee guida a livello<br />

nazionale su questo, prodotte<br />

dal Ministero o da Aifa.<br />

Comunque, per ottenere una<br />

diffusione ottimale del Ppi è<br />

necessario un cambiamento<br />

di cultura della ricerca che<br />

necessita tempo, scelte e<br />

investimenti.<br />

Al di là del coinvolgimento<br />

delle aziende farmaceutiche<br />

nella formazione dei pazienti<br />

e dei clinici, che spazio c’è<br />

in Italia per una formazione<br />

indipendente?<br />

La formazione dovrebbe<br />

essere sempre indipendente,<br />

mentre moltissima<br />

formazione rivolta alle<br />

associazioni dei pazienti<br />

e non solo è sostenuta da<br />

aziende farmaceutiche.<br />

Bisogna comunque dire che il<br />

privato ha intuito che questo<br />

era un tema importante e<br />

rilevante e l’ha cavalcato.<br />

Altrettanto non hanno fatto le<br />

istituzioni in Italia: le Regioni,<br />

l’Aifa, il Ministero non hanno<br />

sviluppato gruppi di lavoro<br />

su questi temi o promosso<br />

formazione indipendente, c’è<br />

stato solo qualche esempio<br />

isolato. È mancata un po’ la<br />

visione, oltre che il sostegno<br />

economico ed è un peccato.<br />

I cittadini/pazienti quindi<br />

non sono sufficientemente<br />

informati?<br />

Quello che manca a<br />

livello centrale è un sito<br />

o un repository dove<br />

vengano raccolte tutte le<br />

iniziative e le esperienze<br />

di coinvolgimento attivo,<br />

manca un coordinamento<br />

delle attività. Avendo le<br />

risorse sarebbe interessante<br />

creare un database di<br />

libera consultazione con le<br />

esperienze di coinvolgimento<br />

nelle varie regioni.<br />

Per quanto riguarda gli studi<br />

di real life, perché chi li<br />

conduce negli ospedali non<br />

porta avanti questo discorso?<br />

Perché è complicato e le<br />

risorse sono poche. Bisogna<br />

trovare persone con una<br />

certa competenza sia tra gli<br />

operatori sia tra cittadini e loro<br />

rappresentanze. Occorre fare<br />

delle scelte, avere persone<br />

formate, saper lavorare in<br />

gruppo e avere tempo. Il<br />

paziente potrà dare il suo<br />

punto di vista su un protocollo,<br />

che potrà collidere con quello<br />

di un addetto ai lavori, perché<br />

presumibilmente ha istanze,<br />

pensieri ed esperienze diverse<br />

dal clinico e dal ricercatore.<br />

Occorre un confronto, che<br />

già di per sé costituisce una<br />

barriera.


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Anche l’occhio<br />

vuole la<br />

sua parte<br />

LA COMUNICAZIONE VISIVA È UNO STRUMENTO<br />

SEMPRE PIÙ UTILIZZATO NEL SETTORE<br />

MEDICO-SCIENTIFICO PER AUMENTARE LE<br />

PERFORMANCE DEL MESSAGGIO A TUTTI I LIVELLI<br />

Nell’evoluzione storica della<br />

comunicazione medico-scientifica sono<br />

stati diversi i passaggi fondamentali<br />

che ne hanno scandito un progresso<br />

costante: il cambiamento di paradigma<br />

da prodotto centrico a paziente<br />

centrico, l’implementazione di nuove<br />

tecnologie digitali e social network,<br />

l’utilizzo sempre maggiore di evidenze<br />

scientifiche rigorose e attendibili,<br />

l’integrazione di processi globali<br />

Simone Abbatini | Senior Art Director specializzato<br />

in comunicazione visiva nel settore pharma/health<br />

standardizzati, solo per citarne alcuni.<br />

A questo flusso costante di innovazione,<br />

negli ultimi anni si è aggiunto sempre<br />

di più l’utilizzo della comunicazione<br />

visiva che si è fatta largo in un settore<br />

nel quale per lungo tempo era stata<br />

tenuta a margine, probabilmente per<br />

una erronea pretesa di maggiore<br />

“scientificità” che prediligeva un utilizzo<br />

massiccio di testi e dati senza l’ausilio<br />

di troppi elementi visuali a supporto.<br />

L’IMPORTANZA DELLA<br />

COMUNICAZIONE<br />

VISIVA<br />

Questa tendenza è stata<br />

definitivamente scardinata con<br />

l’arrivo della pandemia, che<br />

ha obbligato il mondo intero<br />

a interazioni da remoto e alla<br />

gestione di flussi comunicativi<br />

interamente a distanza, che hanno<br />

reso necessarie una semplificazione<br />

delle rappresentazioni, una<br />

essenzializzazione dei concetti<br />

e una maggiore immediatezza<br />

dell’informazione. Tutti processi per<br />

i quali l’ausilio della comunicazione<br />

visiva è stato fondamentale.<br />

I dati sul potere dell’immagine nella<br />

comunicazione parlano chiaro:<br />

56


makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />

il cervello umano può identificare le<br />

immagini in appena 13 millisecondi<br />

circa il 93% di tutta la<br />

comunicazione umana è visuale<br />

le persone ricordano fino all’80% di<br />

ciò che vedono e fanno, rispetto al<br />

20% di ciò che leggono e al 10% di ciò<br />

che ascoltano<br />

le persone hanno dimostrato di<br />

apprendere fino al 40% in più quando<br />

le informazioni sono supportate da<br />

elementi visivi.<br />

Un potenziale davvero importante<br />

che viene sfruttato sempre di più<br />

nel settore healthcare/pharma per<br />

migliorare il trasferimento delle<br />

informazioni sia per il B2B che nel<br />

rapporto medico/paziente. Ma non<br />

solo. Gli strumenti a disposizione<br />

oggi sono infatti molteplici, la<br />

fanno da padrone infografiche<br />

e rappresentazioni dati sempre<br />

più articolate (grafici a barre o a<br />

torta, mappe termiche, diagrammi<br />

a dispersione) che permettono<br />

di stressare il dato di interesse<br />

mantenendo una visione d’insieme<br />

del fenomeno di studio. Ma anche<br />

ricostruzioni 3D statiche o dinamiche<br />

che consentono la rappresentazione<br />

di analisi complesse funzionali alla<br />

formazione come alla ricerca. Il potere<br />

di questi strumenti sta nel trasmettere<br />

concetti in modo rapido ed efficace,<br />

semplificando il confronto con temi<br />

multiformi tradotti in linguaggio chiaro<br />

e intuitivo.<br />

TRA MEDICO<br />

E PAZIENTE<br />

Dal punto di vista del clinico la<br />

diffusione massiccia dell’impiego della<br />

comunicazione visiva ha permesso<br />

un’ottimizzazione estrema del tempo<br />

dedicato alla formazione teorica con<br />

la massimizzazione della capacità<br />

di apprendimento delle nozioni, ma<br />

anche un incremento sostanziale<br />

nell’acquisizione di competenze<br />

pratiche. Se pensiamo a simulazioni<br />

video o modelli interattivi visivi, oggi<br />

NON PARLIAMO<br />

SOLTANTO DI UN<br />

INCREMENTO DELLA<br />

TECNOLOGIA MA DI<br />

UN VERO E PROPRIO<br />

RIPENSAMENTO DEL<br />

LINGUAGGIO E DEL MODO<br />

DI COMUNICARE<br />

è possibile ridurre drasticamente i<br />

tempi per la comprensione di utilizzo<br />

di sistemi medici complessi, procedure<br />

chirurgiche, aggiornamenti tecnologici.<br />

Anche la comunicazione<br />

interprofessionale riceve una spinta<br />

importante con l’ausilio dell’immagine<br />

che favorisce la condivisione<br />

di informazioni all’interno del<br />

team (sanitario e non). Immagini<br />

diagnostiche di sempre maggiore<br />

qualità, presentazioni multimediali di<br />

risultati di ricerca, rappresentazione<br />

di dati di studio immediatamente<br />

comprensibili, fino alla compilazione<br />

di cartelle cliniche che includono<br />

infografiche e diagrammi, consentono<br />

un trasferimento dell’informazione<br />

scientifica più conciso e lineare,<br />

creando flussi comunicativi più<br />

standardizzati che favoriscono<br />

collaborazioni ormai a livello globale.<br />

Non meno importante è la facilitazione<br />

del rapporto con il paziente che vede<br />

nell’utilizzo della comunicazione<br />

visuale un’arma vincente. Sempre<br />

più spesso il medico supporta questa<br />

relazione con l’utilizzo di materiali<br />

cartacei o digitali che possano<br />

chiarire al meglio una dimensione<br />

clinica complessa, dalla patologia<br />

al trattamento, aiutando a superare<br />

anche un gap di competenze che<br />

spesso si rileva un ostacolo gravoso<br />

nel percorso necessario ad affrontare<br />

una malattia; tutto questo struttura<br />

ancor di più le basi per un rapporto<br />

di fiducia solido, indispensabile per il<br />

raggiungimento dell’obiettivo.<br />

Gli applicativi che vedono impiegata la<br />

componente visuale pervadono oggi<br />

tutte le fasi di questo rapporto: già<br />

dalla prevenzione, l’utilizzo di immagini<br />

accattivanti catalizza l’attenzione<br />

delle persone appartenenti a un target<br />

specifico, la rappresentazione chiara di<br />

costi e benefici, procedure e percorsi,<br />

massimizza il ritorno di investimento<br />

di molte operazioni di comunicazione.<br />

Azioni multicanale coinvolgono gli<br />

utenti a 360 gradi, dall’impiego di<br />

materiali più tradizionali come poster<br />

o brochure informative sempre meglio<br />

strutturate, ai canali digitali come<br />

social o app intuitivi e dinamici, fino<br />

alla gamification, fenomeno in rapida<br />

ascesa negli ultimi anni con potenziale<br />

enorme in termini di engagement del<br />

paziente. Non parliamo soltanto di<br />

un incremento della tecnologia nel<br />

settore, che sicuramente offre approcci<br />

fino a poco tempo fa impensabili, ma<br />

di un vero e proprio ripensamento del<br />

linguaggio e del modo di comunicare,<br />

che coinvolge anche prodotti<br />

“tradizionali” come l’RCP di prodotto<br />

per esempio, che viene strutturato<br />

in maniera sempre più visiva per<br />

trasferire correttamente tutte le<br />

informazioni necessarie a un corretto<br />

utilizzo di un farmaco in maniera<br />

consapevole e misurata.<br />

Questi input alla comunicazione a<br />

livello visivo che permeano il settore in<br />

maniera trasversale stanno portando<br />

già oggi risultati significativi in termini<br />

di monitoraggio, aderenza terapeutica,<br />

consapevolezza, coinvolgimento<br />

proattivo del percorso clinico in tutte le<br />

sue fasi e per i diversi attori coinvolti.<br />

Un fenomeno che è destinato ad<br />

autoalimentarsi alla luce di un sempre<br />

maggiore potenziale tecnologico, che<br />

va però gestito con competenza al fine<br />

di mantenere una relazione equa e<br />

trasparente all’interno della comunità<br />

scientifica.<br />

IL ROVESCIO<br />

DELLA MEDAGLIA<br />

Nel settore medico-scientifico, esiste<br />

una sfida importante nel trovare il<br />

57


58<br />

giusto equilibrio tra rispettare i rigorosi<br />

standard di “compliance” e massimizzare<br />

l’efficacia comunicativa. Ad esempio, nel<br />

creare materiali visivi per la promozione<br />

di farmaci, è essenziale rispettare le<br />

normative sulla pubblicità farmaceutica<br />

pur mantenendo la chiarezza e l’impatto<br />

del messaggio. In questo contesto è<br />

fondamentale adottare approcci creativi<br />

e innovativi per sviluppare materiali visivi<br />

che siano al tempo stesso conformi alle<br />

normative e in grado di coinvolgere un<br />

determinato target.<br />

Facendo un piccolo passo indietro,<br />

recuperiamo la definizione di<br />

comunicazione sanitaria: “lo studio e<br />

l’utilizzo di strategie di comunicazione<br />

per fare informazione e influenzare<br />

le decisioni individuali che possono<br />

migliorare la salute”. All’interno di questo<br />

insieme troviamo tutte le attività che<br />

aziende ed enti che operano in questo<br />

settore mettono in atto per comunicare<br />

con il pubblico e veicolare informazioni<br />

utili per le persone. Il marketing sanitario<br />

non fa eccezione naturalmente, utilizza<br />

metodologie e tecniche tra le più<br />

disparate per portare un obiettivo ma non<br />

deve mai tradire la mission originaria<br />

dell’assistenza sanitaria e del mondo<br />

farmaceutico racchiusa nella definizione<br />

riportata in precedenza. Non va frainteso,<br />

infatti, l’obiettivo dell’healthcare<br />

marketing che non è vendere, bensì<br />

informare, promuovere servizi e<br />

strumenti, suscitare consapevolezza su<br />

determinate patologie e sul benessere<br />

sanitario, consolidare la reputazione di<br />

un’azienda o di un’organizzazione.<br />

Tornando alla comunicazione visiva,<br />

riconsiderata alla luce di quanto appena<br />

detto, è facile comprendere come<br />

ci si debba muovere su un terreno<br />

scivoloso mantenendo grande senso<br />

di responsabilità. Quelli che per gli<br />

addetti ai lavori sembrano spesso dei<br />

paletti fastidiosi, che ostacolano una<br />

comunicazione più diretta e focalizzata,<br />

garantiscono in realtà una costruzione<br />

di messaggi informativi completi ed<br />

esaustivi nel comunicare su argomenti<br />

sempre delicati e complessi.<br />

Esiste sostanzialmente un tema di<br />

“rappresentazione etica” dei dati e<br />

ESISTE UN TEMA<br />

DI “RAPPRESENTAZIONE<br />

ETICA” DEI DATI E<br />

DELLE INFORMAZIONI<br />

CHE DIVENTA DI<br />

MAGGIORE ATTUALITÀ<br />

PROPRIO ALLA LUCE<br />

DEI NUOVI MODELLI DI<br />

COMUNICAZIONE IN ATTO<br />

delle informazioni che diventa sempre<br />

di maggiore attualità proprio alla luce<br />

dei nuovi modelli di comunicazione in<br />

atto. Con l’espansione dell’uso della<br />

visualizzazione dei dati, infatti, le<br />

considerazioni etiche che la circondano<br />

diventano sempre più cruciali. Presentarli<br />

in modo fuorviante o parziale può<br />

avere conseguenze di vasta portata. La<br />

visualizzazione implica rappresentare<br />

in modo trasparente, evitare tecniche<br />

manipolative e garantire che le<br />

raffigurazioni riflettano accuratamente<br />

le informazioni sottostanti. In qualità di<br />

amministratori dei dati, i professionisti<br />

devono dare priorità all’onestà e<br />

all’integrità nella loro narrazione visiva,<br />

trovando di volta in volta il giusto<br />

compromesso con la necessaria efficacia.<br />

PROSPETTIVE<br />

FUTURE E<br />

APPLICAZIONI<br />

INNOVATIVE<br />

Guardando al futuro, si prevede che<br />

l’uso di materiali visivi nel settore<br />

healthcare/pharma continuerà a<br />

crescere. Esempi di questo trend<br />

includono l’uso di infografiche<br />

interattive per educare i pazienti sui<br />

loro disturbi e l’utilizzo di simulazioni<br />

visive per illustrare il funzionamento<br />

di nuovi dispositivi medici. Inoltre,<br />

l’intelligenza artificiale sta emergendo<br />

come strumento potente per generare<br />

automaticamente visualizzazioni<br />

dei dati, consentendo agli esperti di<br />

concentrarsi sulla interpretazione<br />

e l’analisi dei risultati. Ad esempio,<br />

algoritmi di machine learning possono<br />

analizzare grandi quantità di dati<br />

clinici per identificare pattern e<br />

tendenze, generando visualizzazioni<br />

chiare e informative che facilitano la<br />

comprensione e l’interpretazione dei<br />

risultati. Inoltre, la realtà aumentata<br />

e la realtà virtuale offrono nuove<br />

possibilità per la visualizzazione e<br />

l’interazione con i dati scientifici,<br />

consentendo ai ricercatori di esplorare<br />

e manipolare modelli tridimensionali<br />

di strutture biologiche complesse con<br />

un grado di dettaglio senza precedenti<br />

in modalità immersiva e interattiva.<br />

Queste tecnologie hanno il potenziale<br />

per trasformare radicalmente il modo<br />

in cui i professionisti della salute e i<br />

ricercatori visualizzano e comprendono<br />

i dati, aprendo nuove vie per<br />

l’innovazione e la scoperta scientifica.<br />

In conclusione, la comunicazione visiva<br />

svolge un ruolo chiave nel settore<br />

medico-scientifico, facilitando la<br />

trasmissione di informazioni complesse<br />

in modo accessibile ed efficace. È<br />

fondamentale che gli esperti del<br />

settore continuino a sfruttare appieno<br />

il potenziale delle nuove tecnologie e<br />

metodologie per creare materiali visivi<br />

innovativi e impattanti, contribuendo<br />

così a migliorare la comunicazione<br />

e la comprensione delle tematiche<br />

legate alla salute e alla medicina. La<br />

comunicazione visiva rappresenta una<br />

potente risorsa per educare, informare<br />

e ispirare, svolgendo un ruolo cruciale<br />

nel promuovere la salute e il benessere<br />

della società nel suo complesso, e mai<br />

come oggi tutto questo è sotto i nostri<br />

occhi.<br />

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Legal view<br />

L’impatto della proposta<br />

di riforma farmaceutica<br />

europea sui farmaci generici<br />

Josephine Romano, Giuseppe Speziale, Andrea Pane | Deloitte Legal<br />

la sorveglianza dei medicinali per<br />

uso umano, definisce le norme che<br />

disciplinano l’Agenzia europea per i<br />

medicinali, modifica i regolamenti (CE)<br />

n. 1394/2007 e (UE) n. 536/2014 e<br />

abroga i regolamenti (CE) n. 726/2004,<br />

(CE) n. 141/2000 e (CE) n. 1901/2006.<br />

La Commissione<br />

Europea ha<br />

presentato una<br />

proposta di revisione<br />

della legislazione<br />

farmaceutica con<br />

l’obiettivo dichiarato di<br />

migliorare l’accesso ai<br />

farmaci, garantire la<br />

sicurezza dei pazienti e<br />

stimolare l’innovazione<br />

La proposta di riforma<br />

farmaceutica dell’UE<br />

Il 26 aprile 2023 la Commissione<br />

Europea ha presentato una proposta<br />

di revisione della legislazione<br />

farmaceutica nell’Unione Europea<br />

volta a rivedere e sostituire l’attuale<br />

legislazione generale del settore<br />

farmaceutico. La proposta di revisione<br />

della legislazione farmaceutica<br />

si inquadra nella più ampia<br />

“Strategia farmaceutica dell’Europa”<br />

delineata dalla Commissione nella<br />

Comunicazione (COM(2020)761) e<br />

prevede, in particolare:<br />

una proposta di Direttiva del<br />

Parlamento Europeo e del Consiglio<br />

recante un codice dell’Unione relativo<br />

ai medicinali per uso umano e che<br />

abroga le direttive 2001/83/CE e<br />

2009/35/CE;<br />

una proposta di Regolamento<br />

del Parlamento Europeo e del<br />

Consiglio che stabilisce le procedure<br />

dell’Unione per l’autorizzazione e<br />

Gli obiettivi generali della riforma<br />

indicati dalla Commissione sono:<br />

(i) garantire un livello elevato di<br />

sanità pubblica assicurando la<br />

qualità, la sicurezza e l’efficacia dei<br />

medicinali per i pazienti dell’UE; e<br />

(ii) armonizzare il mercato interno<br />

della sorveglianza e del controllo<br />

dei medicinali nonché i diritti e i<br />

doveri delle autorità competenti<br />

degli Stati membri. Accanto agli<br />

obiettivi generali appena elencati, la<br />

riforma prevede, altresì, degli obiettivi<br />

specifici, tra cui quello di garantire<br />

un accesso tempestivo ed equo a<br />

medicinali sicuri, efficaci e a prezzi<br />

accessibili, di favorire l’innovazione<br />

e la competitività per la ricerca,<br />

sviluppo e produzione di medicinali<br />

e di migliorare la sostenibilità<br />

dei medicinali dal punto di vista<br />

ambientale.<br />

Considerati gli intenti della revisione<br />

e gli argomenti trattati, la proposta ha<br />

già suscitato tra i soggetti coinvolti un<br />

ampio dibattito destinato a proseguire.<br />

60


makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />

A distanza di un anno dalla proposta<br />

di riforma, intendiamo in questa<br />

sede volgere l’attenzione all’impatto<br />

che la riforma potrebbe avere sui<br />

farmaci generici e, in particolare,<br />

alle disposizioni relative (i) alla<br />

semplificazione delle procedure di<br />

autorizzazione dei medicinali generici<br />

e biosimilari, (ii) alla revisione dei<br />

tempi di tutela della “esclusiva<br />

regolatoria” e (iii) al sistema di<br />

incentivi previsto a supporto<br />

dell’innovazione.<br />

La Commissione ritiene, infatti, che,<br />

considerate nel loro complesso,<br />

le misure che verranno introdotte<br />

agevoleranno un più rapido ingresso<br />

sul mercato di medicinali generici<br />

e biosimilari, aumentando così la<br />

concorrenza e contribuendo agli<br />

obiettivi di promuovere l’accessibilità<br />

economica dei medicinali e l’accesso<br />

dei pazienti.<br />

I farmaci generici<br />

Come è noto, un farmaco generico (o<br />

equivalente), è un farmaco che ha la<br />

stessa composizione – nonché una<br />

bioequivalenza, dimostrata da studi<br />

appropriati di biodisponibilità – del<br />

suo “farmaco di riferimento”, già da<br />

tempo presente e conosciuto sul<br />

mercato, e il cui brevetto sia scaduto.<br />

Un farmaco generico è pertanto una<br />

copia di un medicinale autorizzato<br />

(“di marca”) per il quale sia scaduta<br />

sia la protezione brevettuale, sia<br />

quella derivante dal certificato<br />

complementare di protezione, e si<br />

sia altresì concluso il periodo di<br />

protezione normativa dei dati .<br />

I termini “farmaco” e “medicinale”<br />

sono utilizzati come sinonimi.<br />

Il termine medicinale è quello<br />

impiegato nella normativa, italiana e<br />

comunitaria, che disciplina il settore.<br />

L’Organizzazione Mondiale della<br />

Sanità (OMS) ha definito “generico”<br />

un “medicinale intercambiabile<br />

con il prodotto innovatore (e quindi<br />

bioequivalente a questo) che viene<br />

messo in commercio dopo che siano<br />

scaduti il brevetto e il certificato<br />

complementare di protezione del<br />

farmaco originale”.<br />

Per quanto riguarda l’ordinamento<br />

italiano, la prima definizione<br />

normativa di medicinale generico<br />

è contenuta nella Legge 8 agosto<br />

1996, n. 425 (di conversione del D.L.<br />

n.323/1996). Con riferimento al<br />

framework normativo europeo, la<br />

definizione è invece contenuta nel<br />

decreto legislativo 24 aprile 2006,<br />

n. 219 (di attuazione della direttiva<br />

2001/83/CE relativa ad un codice<br />

comunitario concernente i medicinali<br />

per uso umano): “un medicinale che<br />

ha la stessa composizione qualitativa<br />

e quantitativa di sostanze attive e<br />

la stessa forma farmaceutica del<br />

medicinale di riferimento nonché<br />

una bioequivalenza con il medicinale<br />

di riferimento dimostrata da studi<br />

appropriati di biodisponibilità”.<br />

L’attuale quadro normativo prevede<br />

già un regime di favore per i<br />

medicinali generici, che consiste in<br />

un iter semplificato per l’ottenimento<br />

dell’autorizzazione all’immissione in<br />

commercio. Il medicinale generico<br />

non può comunque essere immesso<br />

sul mercato prima che siano scaduti i<br />

periodi di “data exclusivity” e “market<br />

protection” e, quindi, prima che siano<br />

trascorsi dieci anni dall’autorizzazione<br />

iniziale del prodotto di riferimento.<br />

La ragione di tale disciplina<br />

di favore risiede nel fatto che<br />

il medicinale generico è un<br />

medicinale sostanzialmente uguale<br />

al medicinale originatore ed è<br />

quindi intercambiabile con esso. La<br />

produzione di medicinali generici è<br />

logicamente meno onerosa rispetto a<br />

quella del corrispondente medicinale<br />

di riferimento, che è il risultato di<br />

una importante attività di ricerca e<br />

sperimentazione. Di conseguenza,<br />

i medicinali generici hanno un<br />

prezzo più basso dei corrispondenti<br />

medicinali di riferimento.<br />

Le misure della<br />

riforma che impattano<br />

sui farmaci generici<br />

Come accennato, l’ampia riforma<br />

prospettata dalla Commissione si<br />

pone tra i propri obiettivi quello<br />

di promuovere la concorrenza<br />

attraverso un più veloce ingresso<br />

sul mercato di medicinali generici<br />

e biosimilari. Tuttavia, la sfida da<br />

affrontare è rappresentata dalla<br />

necessità di bilanciare le contrapposte<br />

posizioni tra i produttori di farmaci<br />

originatori – che hanno il legittimo<br />

interesse a estendere il più possibile<br />

la tutela brevettuale dei loro<br />

prodotti al fine di proteggere gli<br />

importanti investimenti dedicati a<br />

ricerca, sviluppo e sperimentazione<br />

di medicinali innovativi, e quindi<br />

anche l’interesse a ritardare il più<br />

possibile l’ingresso di concorrenti – e<br />

i produttori di farmaci generici, che<br />

intendono invece accedere al mercato<br />

farmaceutico in seguito alla scadenza<br />

brevettuale del farmaco originator,<br />

alla cui causa si aggiunge anche la<br />

possibilità di una maggiore possibilità<br />

di approvvigionamento di farmaci<br />

destinati alla cura dei pazienti.<br />

Nel dettaglio, con riferimento alle<br />

specifiche misure della riforma<br />

che interessano i farmaci generici,<br />

la prima novità da segnalare<br />

riguarda la semplificazione delle<br />

procedure di autorizzazione dei<br />

medicinali generici e biosimilari.<br />

In particolare, ai sensi dell’articolo<br />

9 della proposta di Direttiva, che<br />

disciplina appunto le “domande<br />

relative a medicinali generici”, al<br />

fine di ottenere l’autorizzazione<br />

all’immissione in commercio per un<br />

medicinale generico il richiedente<br />

non deve più fornire i risultati delle<br />

prove non cliniche e degli studi, ma<br />

soltanto a dimostrare l’equivalenza<br />

61


62<br />

del medicinale generico rispetto al<br />

medicinale di riferimento. Inoltre, per<br />

i medicinali generici e biosimilari non<br />

saranno più richiesti, di regola, i piani<br />

di gestione del rischio, considerando<br />

che il medicinale di riferimento<br />

dispone già di un tale piano (articolo<br />

21).<br />

Sempre al medesimo fine di<br />

agevolare l’ingresso dei medicinali<br />

generici nel mercato, la proposta<br />

contiene ulteriori misure per la<br />

revisione dei tempi di tutela della<br />

c.d. “esclusiva regolatoria”, che però,<br />

come è facile immaginare, sono<br />

destinate ad alimentare la già citata<br />

contrapposizione tra gli interessi<br />

dei produttori di generici e quelli dei<br />

produttori di farmaci innovativi di<br />

riferimento.<br />

Attualmente, i titolari di AIC hanno<br />

diritto a un periodo di dieci anni –<br />

estendibili a undici – di “esclusiva<br />

regolatoria”, vale a dire un periodo<br />

di otto anni di “data exclusivity”,<br />

durante il quale è riconosciuta al<br />

medicinale originator un’esclusiva<br />

sui dati contenuti nel dossier, a cui<br />

si aggiunge un ulteriore periodo<br />

di due anni (estendibili a tre) di<br />

“market protection”, durante il quale il<br />

medicinale generico non può ancora<br />

essere immesso sul mercato.<br />

La proposta adottata dalla<br />

Commissione prevede una riduzione<br />

del suddetto periodo di data<br />

exclusivity dagli attuali otto a sei<br />

anni, prorogabili tuttavia fino ad<br />

un massimo di dodici anni, qualora<br />

vengano soddisfatte determinate<br />

condizioni. Al riguardo, le criticità<br />

rilevate dal Ministero della salute e<br />

da AIFA con riferimento agli incentivi<br />

previsti dagli articoli da 81 a 84 della<br />

proposta di Direttiva riguardano il<br />

rischio di un ritardo della disponibilità<br />

di medicinali generici e biosimilari,<br />

con conseguenti effetti sfavorevoli<br />

sull’accesso dei pazienti alle cure e<br />

sulla sostenibilità economica per i<br />

servizi sanitari e per i cittadini dell’UE,<br />

nonché una maggiore complessità<br />

del sistema dovuta alla variabilità<br />

e imprevedibilità delle scadenze,<br />

che rischierebbero di tradursi in<br />

possibili contenziosi tra sviluppatori<br />

e produttori di farmaci innovativi,<br />

produttori di generici e autorità<br />

competenti.<br />

Il quadro delle misure della<br />

proposta di Direttiva che impattano<br />

maggiormente sui medicinali<br />

generici è completato dall’articolo<br />

85, che prevede un ampliamento<br />

dell’applicazione della c.d.<br />

“esenzione Bolar”, ai sensi della<br />

quale possono essere effettuati<br />

studi per la successiva approvazione<br />

normativa di medicinali generici e<br />

biosimilari durante la protezione del<br />

brevetto o del certificato protettivo<br />

complementare del medicinale<br />

di riferimento. Lo scopo, anche in<br />

questo caso, è favorire l’ingresso<br />

sul mercato dei medicinali generici<br />

e biosimilari il primo giorno in cui<br />

cessa la protezione brevettuale o del<br />

certificato protettivo complementare.<br />

Necessità di un<br />

equilibrio tra<br />

accessibilità,<br />

competitività,<br />

investimenti e<br />

innovazione<br />

In conclusione, la revisione si propone<br />

di rafforzare la competitività di un<br />

settore fortemente strategico e<br />

strettamente connesso alla ricerca<br />

innovativa, scientifica e tecnologica e<br />

alla produzione industriale. Tuttavia,<br />

alcune misure destano alcune<br />

preoccupazioni in tema di attrattività<br />

degli investimenti nel settore, nonché<br />

dal punto di vista della competitività<br />

delle aziende europee rispetto a<br />

quelle non europee. In particolare,<br />

la revisione dei tempi della<br />

protezione normativa rischia, infatti,<br />

di scoraggiare gli investimenti e di<br />

penalizzare la ricerca e l’innovazione,<br />

pur avendo come obiettivo<br />

quello di favorire una precoce<br />

commercializzazione dei farmaci<br />

generici e biosimilari e, quindi, nelle<br />

intenzioni della Commissione, di<br />

garantire l’accesso ai medicinali da<br />

parte di una popolazione più ampia<br />

di pazienti e di creare un mercato<br />

interno competitivo.<br />

È auspicabile, dunque, l’introduzione<br />

di misure che tengano adeguato<br />

conto dei diversi interessi in gioco e<br />

assicurino un giusto bilanciamento<br />

tra le contrapposte esigenze di tutti<br />

i soggetti coinvolti, al fine di tutelare<br />

gli investimenti industriali, la crescita<br />

integrata del settore farmaceutico,<br />

l’equilibrio generale del sistema<br />

salute e l’interesse dei cittadini<br />

europei.<br />

A tal proposito segnaliamo che<br />

lo scorso 10 Aprile il Parlamento<br />

Europeo ha approvato in sede<br />

plenaria i due report della Riforma<br />

Farmaceutica approvati in Comitato<br />

ENVI il 19 Marzo <strong>2024</strong>, mentre<br />

proseguono i lavori sui testi in seno<br />

al Consiglio. Le discussioni tra i<br />

co-legislatori continueranno nella<br />

prossima legislatura dopo le elezioni<br />

europee del 6-9 giugno.<br />

Si rende pertanto necessario, anche<br />

attraverso un’attività di regulatory<br />

intelligence, monitorare l’evoluzione<br />

della riforma e il suo iter legislativo<br />

al fine di comprendere, attraverso<br />

vere e proprie analisi di scenario,<br />

le proposte di modifiche normative<br />

da sottoporre concretamente alle<br />

Istituzioni europee. In questo ambito,<br />

risulta fondamentale l’apporto di<br />

legali che abbiano un expertise di<br />

regulatory intelligence nel settore<br />

poiché in grado di interloquire<br />

autorevolmente con le Istituzioni<br />

coinvolte e rappresentare le istanze<br />

degli operatori del settore.


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Occhio ai prezzi delle forniture mediche e sanitarie<br />

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Uno sguardo ai<br />

mercati internazionali.<br />

Investimenti e<br />

opportunità di sviluppo<br />

nel settore farmaceutico<br />

Per il sistema sanitario svizzero le cliniche private sono un pilastro importante<br />

ma l’attuale pressione tariffaria sta mettendo a dura prova il loro modello di<br />

affari. Il direttore delle cliniche Hirslanden di Ginevra, Gilles Rufenacht, ha preso<br />

una netta posizione a riguardo, invitando le autorità e in particolare la Finma,<br />

autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari, a mettere sotto la lente di<br />

ingrandimento i margini e i prezzi delle aziende che forniscono farmaci, dispositivi<br />

medici, materiali di consumo e servizi di manutenzione delle apparecchiature.<br />

Secondo Rufenacht, infatti, le aziende applicherebbero nel Paese prezzi fino a<br />

quattro volte più alti che all’estero, in particolare in Paesi come Germania o Paesi<br />

Bassi, e i margini raggiungerebbero in alcuni casi il 50% o addirittura l’80%.<br />

Il problema è emerso a seguito della decisione di un noto gruppo assicurativo<br />

svizzero nel campo della salute di non rimborsare più le degenze in comparti<br />

privati o semi-privati, che erano invece finora supportate dalle assicurazioni<br />

complementari. Il rischio è quindi un calo delle assicurazioni stipulate e una<br />

sempre maggiore fragilità del sistema sanitario delle cliniche svizzere, che si<br />

trovano costrette ad abbassare i costi delle degenze ospedaliere in un contesto già<br />

complesso di carenza di personale infermieristico e aumento dell’inflazione.<br />

Valentina Guidi<br />

IRAN<br />

Fitto intreccio di relazioni<br />

commerciali<br />

Numerose compagnie iraniane hanno stretto<br />

rapporti commerciali con gli Emirati Arabi Uniti e<br />

stanno lavorando proficuamente con il Paese, che<br />

si dimostra sempre più aperto a investire a sua<br />

volta in Iran. È quanto emerso dall’incontro della<br />

Iran-UAE joint economic commission che si è tenuto<br />

ad Abu Dhabi il 1 maggio. Le relazioni commerciali<br />

tra i due Paesi, inoltre, promettono di aumentare in<br />

tutti i settori: l’Iran è infatti già il secondo partner<br />

commerciale degli Emirati Arabi Uniti per importanza,<br />

preceduto solo dalla Cina, e gli scambi tra i due Paesi<br />

sono aumentati del 17% nel 2023.<br />

Inoltre, il direttore della Iranian food and drug<br />

administration (Ifda) ha dichiarato che più di 20 Paesi<br />

africani hanno partecipato attivamente all’ultimo<br />

Iran-Africa International Summit, che si è tenuto dal<br />

26 al 29 aprile. Le basi sono quindi molto promettenti<br />

per la creazione di rapporti commerciali legati<br />

all’esportazione verso l’Africa di farmaci, dispositivi<br />

medici, tecnologie e conoscenze nel campo della<br />

salute.<br />

ARABIA SAUDITA<br />

Il nuovo e ambizioso medical resort<br />

Si chiamerà Heart of Uhud e sorgerà a Medina, non lontano dalla<br />

Moschea del Profeta, la seconda tra le moschee più sacre per<br />

la religione islamica. Il nuovo centro dedicato alla salute e al<br />

benessere progettato dall’Arabia Saudita rientra nel solco degli<br />

obiettivi di Saudi Vision 2030 e punta a offrire un servizio di alto<br />

livello nell’ambito della salute e del benessere a ospiti nazionali<br />

e internazionali proprio entro l’anno 2030. Per un’esperienza<br />

completa, il progetto comprende, oltre a un centro di riabilitazione<br />

e a strutture mediche, anche hotel, ristoranti e bar progettati per<br />

garantire il benessere della persona.<br />

Il centro occuperà una superficie di 240.000 metri quadrati e per<br />

la sua costruzione sono già stati stanziati due miliardi di riyal<br />

(quasi mezzo miliardi di euro). La posizione geografica dell’enorme<br />

struttura è pensata per sottolineare la connessione tra benessere<br />

spirituale e fisico ma allo stesso tempo le competenze mediche<br />

e scientifiche che verranno impiegate saranno di alto livello<br />

e specializzate. Una volta completata la costruzione, grazie a<br />

investimenti nazionali e internazionali, il centro dovrebbe ospitare<br />

circa 30 milioni di persone all’anno.<br />

64


makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />

VIETNAM<br />

Finanziamenti per le imprese italiane<br />

Il Sace (gruppo assicurativo-finanziario italiano direttamente<br />

controllato dal ministero dell’Economia e delle Finanze) ha lanciato<br />

un pacchetto di aiuti alle imprese italiane in Vietnam pari a 1,3<br />

miliardi di dollari. Il Vietnam è una delle economie a più rapida<br />

crescita del sud-est asiatico ed è diventato molto attraente per gli<br />

investimenti italiani. Al momento la priorità verrebbe data ai settori<br />

energia, agricoltura e manifatturiero, ma Sace potrebbe ampliare<br />

l’accesso al fondo a settori chiave per il Vietnam, tra cui quello<br />

dell’healthcare.<br />

Il Sace vuole porsi come trait-d’union tra chi è in cerca di capitali<br />

e le entità finanziarie locali, puntando a coinvolgere in questa<br />

iniziativa 10 banche vietnamite. L’ambasciatore italiano in Vietnam,<br />

Marco Della Seta, ha espresso ottimismo circa i progetti di sviluppo<br />

bilaterale tra i due Paesi che possono rilanciare anche nuove future<br />

collaborazioni: nel 2023 le esportazioni italiane in Vietnam hanno<br />

raggiunto il valore di 1,7 miliardi di euro, mentre quelle vietnamite<br />

in Italia i 4,4 miliardi di euro.<br />

HONG KONG<br />

Centro di convergenza degli<br />

investimenti life science<br />

Sono 45 le compagnie attive nel settore life science<br />

che Hong Kong ha accolto o visto espandersi sul<br />

proprio territorio dal 2023, di cui il 60% si occupano<br />

di farmaci e terapie avanzate. Il Paese ha investito<br />

l’equivalente di 832 milioni di dollari nel progetto di<br />

diventare un polo d’attrazione per il settore, con un<br />

ritorno nei prossimi anni stimato in 3.200 nuovi posti<br />

di lavoro secondo i dati di Oases (Office for attracting<br />

strategic enterprises) e InvestHK. Ciò che sta<br />

rendendo Hong Kong un centro di convergenza per il<br />

life science è un insieme di fattori tra cui sicuramente<br />

figurano gli investimenti governativi, finalizzati a<br />

incentivare le diverse fasi di crescita di un’azienda a<br />

partire dalla ricerca di base e dagli studi clinici fino<br />

alla produzione e alle vendite, ma anche la presenza<br />

di competenze di alto profilo e un ambiente favorevole<br />

alla ricerca e alla raccolta fondi.<br />

A tal proposito, nel 2018 la Borsa di Hong Kong ha<br />

istituito nuove regole secondo cui le aziende biotech<br />

senza entrate avrebbero potuto raccogliere capitali<br />

nel Paese, che nel 2021 è diventato la seconda sede al<br />

mondo per il fundraising in ambito biotech. Il governo<br />

ha inoltre lanciato una serie di iniziative economiche<br />

a supporto delle compagnie life science per<br />

compensare gli alti costi dello sviluppo dei farmaci e<br />

sta progettando di istituire una propria autorità per<br />

l’approvazione dei farmaci per velocizzare questo<br />

fondamentale processo che oggi si basa sul lavoro<br />

di agenzie estere. Il processo di snellimento è già<br />

in corso: se fino allo scorso novembre perché un<br />

farmaco fosse approvato a Hong Kong era infatti<br />

necessario il parere positivo di almeno due di queste<br />

autorità, attualmente ne basta soltanto uno.<br />

INDIA<br />

Base promettente per gli studi clinici<br />

Negli ultimi 10 anni l’India è diventata una base per gli studi clinici sempre più attraente. Dal 2017 al 2023, infatti, gli studi<br />

di fase 2 nel Paese sono aumentati del 15%, mentre quelli di fase 3 del 18%. Il merito di questo incremento è da ricercarsi<br />

nel rinnovamento del Drugs and cosmetics act datato 1940, attuato con l’aiuto del capo delle Global clinical operations di<br />

Novartis, Badhri Srinivasan. Le 10 modifiche apportate all’atto a partire dal 2013 hanno reso gli studi clinici più semplici,<br />

veloci e accessibili.<br />

È stato proprio questo il focus dell’intervento di Srinivasan alla diciottesima edizione dell’annuale BioPharma&Healthcare<br />

Summit, organizzato dalla camera di commercio USA-India e tenutosi a Boston lo scorso 25 aprile. L’evento ha visto<br />

un’intera sezione dedicata alle opportunità che ruotano intorno agli studi clinici in India, con interventi di Chistopher Corsico<br />

(Global head of development, GSK), Peyton Howell (Chief operating&growth officier, Parexel), Sarah Sheikh (Head of global<br />

development, Takeda) e Uli Broedl (SVP, Head of global clinical development, Boehringer Ingelheim), oltre che del già citato<br />

Srinivasan. Le altre sessioni dell’evento hanno riguardato invece le malattie rare e neurologiche, il panorama dell’industria<br />

biotech e degli investimenti nel settore, le partnership industria-accademia, le strategie e i trend della ricerca e sviluppo,<br />

l’oncologia, il digitale e la data science nell’healthcare.<br />

65


F I N A N C E<br />

Il sentiero<br />

stretto<br />

della finanza<br />

agevolata<br />

160<br />

mld €<br />

dal Pnrr per lo<br />

sviluppo di filiere<br />

per la transizione<br />

verde e digitale<br />

420<br />

mln €<br />

fondo <strong>2024</strong>-27<br />

per il sostegno<br />

all’acquisto di<br />

strumentazioni<br />

60<br />

mln €<br />

fino al 2025 per<br />

investimenti in<br />

tecnologie 4.0<br />

160<br />

mln €<br />

aggiuntivi per<br />

l’imprenditoria<br />

femminile<br />

- Affrontare il cambiamento<br />

sfruttando tutte le opportunità<br />

offerte dagli incentivi pubblici<br />

(e non solo): una sfida epocale<br />

per le Pmi italiane<br />

Giovanni Medioli<br />

66


Sostenibilità, digitalizzazione. In due parole<br />

la sfida che si trovano ad affrontare le<br />

imprese e che determina la loro capacità<br />

di prosperare (continuare a produrre profitti<br />

oggi e domani) ma anche di sopravvivere<br />

al cambiamento economico in atto.<br />

Tanto che l’Unione europea, nella sua<br />

azione politica per il quinquennio 2019-<br />

<strong>2024</strong>, le ha poste come due delle sue quattro<br />

priorità principali, subito dopo “Proteggere<br />

i cittadini e le libertà” e prima di<br />

“Promuovere gli interessi e i valori europei<br />

sulla scena mondiale”. Qualsiasi sia<br />

la Commissione che uscirà dalle prossime<br />

elezioni, questi due punti rimarranno alla<br />

base dell’azione del governo continentale.<br />

Sintetizzando al massimo, non c’è futuro<br />

né prosperità per le imprese se non c’è<br />

innovazione. Ma questa innovazione chi<br />

la finanzia? E dove trovare le competenze<br />

per attuarla?<br />

Primo: le leggi e le opportunità<br />

Negli ultimi dieci anni, la politica nazionale,<br />

su istanza di quella europea, ha<br />

provato a rispondere all’esigenza di innovazione<br />

delle imprese con incentivi di<br />

finanza agevolata, spesso un buon viatico<br />

per avviare programmi di trasformazione<br />

altrimenti inattuabili. Ma accedere a<br />

finanziamenti e incentivi è tutt’altro che<br />

semplice e, spesso, anche le migliori intenzioni<br />

sono state frustrate da una legislazione<br />

complessa, a volte confusa, ma<br />

soprattutto instabile. Molti programmi<br />

e incentivi sono temporanei o sono stati<br />

introdotti, modificati, revocati o trasformati<br />

di anno in anno, diventando veri e<br />

propri rebus burocratici. L’impressione,<br />

a volte giustificata, è che del destino industriale<br />

del Paese la politica si sia occupata<br />

a fasi alterne: qualche volta se ne<br />

ricorda, a volte se ne dimentica. Complice<br />

anche la scarsa capacità delle nostre Pmi<br />

di “fare sistema”, di agire con azioni di<br />

lobby efficaci su governo e parlamento.<br />

Secondo: trovare le competenze<br />

Le Pmi italiane, come hanno dimostrato<br />

negli anni, hanno un’eccellente imprenditorialità<br />

e una straordinaria capacità<br />

di stare sul mercato. Ma ci sono, al loro<br />

interno, le competenze per affrontare le<br />

complicazioni della macchina burocratica<br />

unite alle complessità del cambiamento?<br />

La risposta è, semplicemente, no.<br />

Le (poche) grandi imprese nazionali han-<br />

no personale esperto per affrontare le<br />

sfide del change management poste da<br />

sostenibilità e digitalizzazione e, là dove<br />

mancano gli esperti, hanno le risorse per<br />

ingaggiare le competenze delle grandi società<br />

di consulenza. Questo non significa<br />

che per le grandi aziende il cambiamento<br />

sia tutto rose e fiori. Anche per loro la confusione<br />

normativa è un problema difficile<br />

da approcciare, ma possono affrontarlo<br />

elaborando e modificando più rapidamente<br />

piani vasti e complessi. Per le Pmi<br />

il problema è molto più profondo. In casa<br />

le competenze necessarie non ci sono e<br />

trovarle sul mercato (posto che si possano<br />

sostenere i costi di personale aggiuntivo<br />

esperto) è quasi impossibile. I consulenti<br />

delle Pmi, quelli delle piccole società di<br />

consulenza dedicate, anche se molto in<br />

gamba e preparati, di solito offrono soluzioni<br />

parziali a problemi vasti e complessi<br />

che richiederebbero piani “olistici” (a 360<br />

gradi) di cambiamento. Da anni si parla di<br />

“mettersi in rete”, della necessità di elaborare<br />

progetti di innovazione a livello di<br />

distretti, di filiera, di comparti produttivi.<br />

Molto è stato tentato ma i risultati non<br />

sempre sono stati all’altezza delle aspettative.<br />

Dunque, trovare un consulente (o<br />

una rete di consulenti) effettivamente<br />

capace non solo di elaborare, ma anche di<br />

“mettere a terra” progetti incentivabili<br />

diventa un fattore competitivo essenziale.<br />

Dove vanno gli incentivi<br />

Detto questo va anche ribadito che gli incentivi<br />

ci sono e che anche (e soprattutto)<br />

le Pmi possono usufruirne. Non parliamo<br />

solo delle risorse del Pnrr, sempre annunciate<br />

ma i cui effetti (che dovrebbero concludersi<br />

entro il 2026) sembrano tardare<br />

a manifestarsi. Ad ogni modo sul sito del<br />

Mimit c’è una pagina specifica che permette<br />

di accedere a tutti gli incentivi per<br />

le imprese legati al Pnrr attualmente in<br />

atto (sono otto - vedi QR code 1). Ci sono<br />

anche incentivi precedenti, paralleli e che<br />

si integrano con il Pnrr: un elenco parziale<br />

e temporaneo è disponibile sulla pagina<br />

di orientamento agli incentivi, sempre<br />

sul sito del Mimit (QR code 2). È essenziale<br />

comprendere che un’azienda, per<br />

massimizzare le opportunità offerte dalla<br />

finanza pubblica, è bene che non punti a<br />

ottenere un solo incentivo, ma a sfruttare<br />

tutti quelli disponibili che possono<br />

essere aggregati su un singolo progetto:<br />

Incentivi PNNR<br />

per le imprese<br />

Agevolazioni<br />

pre-esistenti<br />

per le imprese<br />

È bene che<br />

non si punti a<br />

ottenere un solo<br />

incentivo, ma a<br />

sfruttare tutti<br />

quelli disponibili<br />

che possono<br />

essere aggregati<br />

su un singolo<br />

progetto<br />

67


per esempio non solo a ottenere il 20% di<br />

credito d’imposta sui beni strumentali ma<br />

anche il 15% su ricerca e sviluppo, l’incentivo<br />

dato dal Patent Box e quello per la<br />

Formazione 4.0 di cui parliamo più avanti.<br />

Solo con un progetto completo diventa<br />

possibile accedere a crediti d’imposta<br />

consistenti e vantaggiosi. Non solo: dimostrare<br />

di avere in atto un progetto incentivato<br />

sostenibile aiuta anche nell’ottenere<br />

credito da altre fonti (bancarie,<br />

investitori professionali). Dunque, avere<br />

un consulente in grado di progettare e<br />

gestire un piano complessivo che preveda<br />

la fruizione dei massimi incentivi pubblici<br />

disponibili diventa ancora di più un fattore<br />

critico.<br />

Riportare qui un elenco completo di tutti<br />

gli incentivi non è possibile per due buoni<br />

motivi: primo, la molteplicità delle fonti.<br />

Ci sono incentivi europei, nazionali, regionali,<br />

bandi locali e di categoria che variano<br />

di anno in anno e in corso d’anno.<br />

Secondo: anche se molti incentivi si ripetono<br />

per forma e struttura, il loro importo<br />

e la loro forma variano. Per esempio, gli<br />

incentivi del Mimit legati alla Transizione<br />

4.0 (già Industria 4.0), anche se riguardano<br />

sempre gli stessi temi nelle stesse forme<br />

(credito d’imposta), hanno cambiato<br />

requisiti e percentuale di incentivazione<br />

grosso modo a ogni legge finanziaria dal<br />

2016 in poi. Elenchiamo alcuni di quelli<br />

principali.<br />

Transizione 4.0.<br />

Comprende tre ambiti.<br />

1. Credito d’imposta per investimenti in<br />

beni strumentali, serve a sostenere e incentivare<br />

le imprese che investono in beni<br />

strumentali nuovi. Sia i beni materiali<br />

(macchinari, hardware) che immateriali<br />

(software), funzionali alla trasformazione<br />

tecnologica e digitale dei processi produttivi.<br />

Dunque, non la semplice sostituzione<br />

di macchine già esistenti destinati<br />

a strutture produttive (di beni o servizi)<br />

ubicate nel territorio dello Stato.<br />

2. Credito d’imposta per ricerca e sviluppo<br />

(R&S), innovazione tecnologica, design<br />

e ideazione estetica. Anche qui, negli<br />

anni, le quote del credito d’imposta riconosciuto<br />

si sono ridotte. Ma se le attività<br />

incentivate danno origine a privative<br />

industriali (software protetto con dirit-<br />

Dimostrare di<br />

avere in atto<br />

un progetto<br />

incentivato<br />

sostenibile aiuta<br />

anche a ottenere<br />

credito da altre<br />

fonti<br />

Gli incentivi<br />

ci sono, le<br />

Pmi possono<br />

usufruirne,<br />

il fai-da-te<br />

probabilmente<br />

non è<br />

consigliabile<br />

to d’autore, brevetti industriali, modelli<br />

registrati, opere di design registrate)<br />

agli incentivi diretti possono aggiungersi<br />

quelli relativi al Patent Box che consente<br />

una tassazione agevolata sui proventi.<br />

3. Credito d’imposta formazione 4.0,<br />

per creare o consolidare le competenze<br />

del personale nelle tecnologie abilitanti<br />

necessarie a realizzare il paradigma 4.0.<br />

In sostanza: una volta implementato un<br />

progetto di innovazione in azienda, finanzia<br />

l’addestramento dei dipendenti<br />

per utilizzarlo in maniera corretta.<br />

Transizione 5.0<br />

Il piano è operativo dal 2 marzo <strong>2024</strong> e<br />

incentiva le imprese che investono in<br />

impianti di efficientamento energetico<br />

(compresi i software per la riduzione dei<br />

consumi), di autoproduzione e di stoccaggio<br />

energetici (per esempio impianti fotovoltaici,<br />

eolici, di produzione e captazione<br />

di biogas ecc). Possono beneficiarne tutte<br />

le imprese che nell’ambito di un progetto<br />

di innovazione conseguono una riduzione<br />

dei consumi energetici secondo i parametri<br />

fissati. Il provvedimento integra<br />

gli incentivi per i progetti di innovazione<br />

della Transizione 4.0 e può comportare<br />

un beneficio fiscale molto consistente<br />

(fino al 45% degli investimenti effettuati<br />

da una Pmi entro i 2,5 milioni di euro) da<br />

scontare entro il 2025. Tuttavia, l’iter per<br />

accedere al beneficio è molto complesso e<br />

prevede ben nove passaggi: certificazione<br />

ex ante al Gse; trasmissione a Mimit e<br />

Ade da parte del Gse dei progetti presentati;<br />

avvio, realizzazione e messa in funzione<br />

del progetto da parte dell’impresa<br />

(certificati); certificazione 4.0 per l’impresa;<br />

comunicazioni periodiche al Gse<br />

sull’avanzamento lavori e sull’investimento;<br />

certificazione ex post dell’impianto<br />

realizzato o rinnovato; trasmissione da<br />

Gse ad Ade dell’elenco delle imprese ammesse<br />

al beneficio e l’ammontare dei crediti;<br />

compensazione del credito con F24;<br />

certificazione dei costi sostenuti a cura del<br />

revisore dei conti.<br />

Come dicevamo, gli incentivi ci sono, le<br />

Pmi possono usufruirne, il fai-da-te probabilmente<br />

non è consigliabile.<br />

Riferimenti<br />

https://www.mimit.gov.it<br />

68


info@makinglife.it


Via Vincenzo Monti 173<br />

20099 Sesto San Giovanni (MI)<br />

ITALY<br />

Tel. +39(2)24.89.583/(2)26.22.43.13<br />

Fax +39 (2) 26.21.065<br />

e-mail: info@defil.it<br />

www.defil.it


makinglife | giugno <strong>2024</strong> | <strong>numero</strong> tre<br />

PRODUCTION<br />

Pharma Telling & Industry


Anticipare le esigenze<br />

del mercato<br />

Monica Torriani<br />

Presidiare la catena del valore è una sfida, soprattutto<br />

se si opera in mercati regolati nei quali è imprescindibile<br />

la tutela dei cittadini da qualsiasi rischio per la salute: il<br />

dialogo virtuoso con fornitori e clienti rappresenta uno<br />

strumento importante per vincerla<br />

Benché considerino<br />

tutti come riferimento<br />

la salute e il benessere<br />

delle persone, i settori<br />

farmaceutico, cosmetico<br />

e nutraceutico sono<br />

caratterizzati da profonde<br />

differenze dal punto di vista<br />

del mercato, del framework<br />

regolatorio e dei requisiti<br />

produttivi.<br />

Per capire meglio quali<br />

sono punti di forza e<br />

criticità per le aziende<br />

impegnate su tutti e tre<br />

questi fronti abbiamo<br />

intervistato Giorgio<br />

Ferraris, Ceo del Gruppo<br />

Fine Foods, che ci ha<br />

parlato anche dei recenti<br />

risultati di bilancio e dei<br />

progetti della Corporate per<br />

il futuro.<br />

Fine Foods opera nei<br />

settori farmaceutico,<br />

nutraceutico e cosmetico:<br />

qual è il filo conduttore<br />

delle vostre attività?<br />

Fine Foods è una<br />

Contract development &<br />

manufacturing organization<br />

indipendente che sviluppa<br />

e produce in conto terzi<br />

prodotti per l’industria<br />

nutraceutica, farmaceutica<br />

e cosmetica. Siamo la<br />

prima Cdmo quotata in<br />

borsa su Euronext STAR<br />

Milan e dal 2021 siamo<br />

anche una Società Benefit,<br />

a conferma del nostro<br />

modello di business etico<br />

e trasparente. Ciò che<br />

innanzitutto ci rende unici<br />

è proprio il fatto di essere<br />

Giorgio Ferraris, Ceo del Gruppo Fine Foods<br />

74


makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />

presenti nei tre settori e<br />

di garantire alti standard<br />

qualitativi in ciascuno di<br />

essi ed essere un partner<br />

affidabile per i nostri<br />

clienti. Un primo aspetto<br />

di coesione fra le nostre<br />

attività è rappresentato<br />

dall’organizzazione,<br />

che si articola intorno a<br />

quattro pilastri: business<br />

development, innovazione e<br />

R&D, scale up e produzione,<br />

assicurazione e controllo<br />

qualità. Da questo punto<br />

di vista, le dirò, investiamo<br />

molte delle nostre energie<br />

nella cura del rapporto<br />

con i clienti. Per loro<br />

ci occupiamo da vicino<br />

delle attività di studio e<br />

formulazione di nuovi<br />

prodotti nutraceutici e<br />

cosmetici e, in particolare,<br />

di tutte le tematiche<br />

connesse al technology<br />

transfer e allo scale up<br />

dei sistemi produttivi, un<br />

aspetto fondamentale ai fini<br />

dell’efficientamento delle<br />

fasi del manufacturing<br />

e, in ultima analisi, del<br />

contenimento dei costi del<br />

prodotto finale.<br />

In un settore, ci tengo a<br />

sottolinearlo, regolato<br />

da una normativa molto<br />

stringente e caratterizzato<br />

da standard di qualità<br />

elevati.<br />

I risultati di bilancio da voi<br />

recentemente presentati<br />

parlano di una crescita<br />

dei ricavi pari al 22%, a<br />

livelli quasi doppi rispetto<br />

a quelli consueti: cosa c’è<br />

alla base di questi numeri?<br />

In questi quarant’anni<br />

trascorsi dalla fondazione<br />

del Gruppo, avvenuta nel<br />

1984, siamo cresciuti<br />

molto. Oggi possiamo dire<br />

di essere un partner solido<br />

e affidabile capace non solo<br />

di soddisfare le aspettative<br />

dei clienti più esigenti ma<br />

di anticiparle, evolvendo<br />

insieme, come parte di una<br />

stessa azienda.<br />

In un mercato in crescita a<br />

volumi, continua il nostro<br />

percorso di sviluppo e<br />

di accrescimento delle<br />

nostre quote di mercato,<br />

diretto dall’ambizione di<br />

essere riconosciuti come<br />

un partner strategico<br />

per il successo dei nostri<br />

clienti, e potendo contare<br />

su tre principi chiave che<br />

ritroviamo nelle nostre<br />

tre aree di business. Il<br />

primo è l’affidabilità, la<br />

capacità che abbiamo<br />

dimostrato sul campo di<br />

adattarci alle continue<br />

modifiche di un mercato in<br />

evoluzione e alle esigenze<br />

del cliente. Sotto questo<br />

profilo, torno a quanto le<br />

dicevo poco fa: la cura<br />

del rapporto con i clienti<br />

permette di comprenderne<br />

le effettive necessità e<br />

agire in maniera proattiva,<br />

animati dagli stessi<br />

scopi. Poi direi la ricerca<br />

dell’eccellenza, non fine a<br />

se stessa, ma come driver<br />

per il raggiungimento del<br />

successo.<br />

La qualità è un concetto<br />

olistico che riteniamo<br />

debba essere applicata<br />

a ogni funzione e fase<br />

aziendale. Le faccio un<br />

esempio: nell’ambito<br />

della Direzione Human<br />

Resources abbiamo<br />

costruito una struttura<br />

che supporta i nostri<br />

partner nella ricerca di<br />

talenti e competenze,<br />

perché possano esprimere<br />

pienamente il loro<br />

potenziale sul mercato.<br />

In ultimo, ma non certo<br />

meno importante, abbiamo<br />

abbracciato i temi legati<br />

alla sostenibilità 15 anni fa,<br />

con spirito di responsabilità<br />

“<br />

NELL’AMBITO HUMAN RESOURCES<br />

ABBIAMO COSTRUITO UNA STRUTTURA<br />

CHE SUPPORTA I NOSTRI PARTNER NELLA<br />

RICERCA DI TALENTI E COMPETENZE,<br />

PERCHÉ POSSANO ESPRIMERE<br />

PIENAMENTE IL LORO POTENZIALE SUL<br />

MERCATO<br />

ed etica, consapevoli (come<br />

azienda ma prima ancora<br />

come persone) di avere un<br />

ruolo sociale di impatto.<br />

Tutto ciò è riflesso nel<br />

Bilancio di Sostenibilità,<br />

nelle <strong>numero</strong>se<br />

certificazioni ottenute e<br />

nell’attività del nostro<br />

Comitato ESG, che guida il<br />

Gruppo nel compiere scelte<br />

etiche e sostenibili.<br />

Da questo punto di<br />

vista, nel 2021 abbiamo<br />

modificato lo statuto<br />

societario per diventare<br />

una Benefit Corporation,<br />

impegnandoci quindi<br />

formalmente ad avere<br />

un impatto positivo sulla<br />

società e sull’ambiente.<br />

Come ritiene si possano<br />

conciliare le richieste<br />

degli azionisti in termini di<br />

sviluppo con la necessità<br />

di aderire a rigidi<br />

adempimenti?<br />

Innanzitutto, come le<br />

anticipavo, Fine Foods non<br />

solo è quotata su Euronext<br />

Milan ma, dall’aprile<br />

2021, ha modificato il suo<br />

statuto trasformandosi in<br />

Società Benefit. Questa<br />

iniziativa è relativamente<br />

recente ma ha radici<br />

lontane, consolidate nel<br />

tempo e radicate nel<br />

funzionamento operativo<br />

dell’organizzazione stessa<br />

del Gruppo. La decisione di<br />

divenire una Società Benefit<br />

rappresenta l’impegno<br />

formale di perseguire<br />

finalità di beneficio comune<br />

e di operare in modo<br />

responsabile, sostenibile e<br />

trasparente, nei confronti<br />

di persone, comunità,<br />

territori e ambiente, beni e<br />

attività culturali e sociali,<br />

enti e associazioni e di altri<br />

portatori di interesse.<br />

I dati sulla distribuzione<br />

del valore economico<br />

forniscono un’indicazione<br />

di base su come il Gruppo<br />

abbia creato ricchezza<br />

per i propri stakeholder, in<br />

particolare lungo la catena<br />

di fornitura (costi operativi),<br />

per i propri dipendenti<br />

(costi del personale), per<br />

gli azionisti (pagamenti ai<br />

fornitori di capitale) e per la<br />

collettività.<br />

In anni di congiunture<br />

particolarmente<br />

sfavorevoli, qual è<br />

75


76<br />

l’aspetto che più ha<br />

impattato su di voi?<br />

Ci tengo a premettere<br />

che Fine Foods intende<br />

promuovere e condividere<br />

i propri valori lungo tutta<br />

la catena di fornitura e<br />

lavorare per una filiera<br />

qualificata anche sotto<br />

il profilo ambientale e<br />

sociale con un focus sul<br />

rispetto dei diritti umani<br />

per continuare a essere<br />

un partner strategico per<br />

i propri clienti, in grado di<br />

presidiare tutta la catena<br />

del valore, dal trend<br />

scouting, alla ricerca e<br />

alla selezione dei fornitori,<br />

fino alla produzione e<br />

commercializzazione<br />

dei prodotti. Detto ciò,<br />

sicuramente negli anni<br />

della pandemia abbiamo<br />

dovuto fronteggiare alcune<br />

problematiche relative<br />

all’approvvigionamento<br />

delle materie prime e<br />

al costo dell’energia,<br />

ma entrambe oggi sono<br />

superate.<br />

Nel corso degli anni<br />

abbiamo definito un<br />

processo strutturato per la<br />

gestione dei nostri fornitori,<br />

secondo un modello che<br />

mira a promuovere lo<br />

sviluppo di relazioni stabili<br />

con i partner, nonché ad<br />

assicurare l’innovazione<br />

continua, il miglioramento<br />

della qualità e degli<br />

aspetti di sostenibilità<br />

lungo tutta la filiera.<br />

Inoltre, abbiamo adottato<br />

procedure per la selezione<br />

e la qualifica dei nuovi<br />

fornitori e il monitoraggio<br />

di quelli esistenti. Il<br />

Gruppo si è dotato di un<br />

Codice di Condotta dei<br />

fornitori, sottoscritto da<br />

tutti i fornitori in fase di<br />

sottoscrizione del contratto<br />

commerciale, con cui si<br />

valida l’impegno reciproco<br />

a perseguire lo sviluppo<br />

di una catena di fornitura<br />

sostenibile, basandosi<br />

sui principi di standard<br />

internazionali quali, ISO<br />

14001 e ISO 45001 per<br />

la qualifica dei fornitori<br />

garantendo il rispetto<br />

dei diritti umani e dei<br />

lavoratori, la lotta alle<br />

discriminazioni e l’impegno<br />

per un ambiente di lavoro<br />

sicuro e sano. Siamo<br />

consapevoli che, soprattutto<br />

per quanto riguarda<br />

l’approvvigionamento di<br />

materie prime, i nostri<br />

interlocutori diretti fanno<br />

capo a una catena di<br />

fornitura molto estesa e<br />

stiamo lavorando con loro<br />

per poter avere garanzie<br />

di conformità al nostro<br />

Codice Etico lungo tutta<br />

la catena di fornitura. Nel<br />

2023, a seguito del parziale<br />

aggiornamento del processo<br />

per la qualifica dei nuovi<br />

fornitori e dei relativi<br />

strumenti a supporto,<br />

è stata aggiornata la<br />

formazione per tutti i buyer<br />

del gruppo.<br />

Quali sono i vostri prossimi<br />

obiettivi?<br />

Gli scenari più aggiornati<br />

dei maggiori previsori<br />

riportano uno quadro<br />

globale per il <strong>2024</strong> nel<br />

complesso positivo, sebbene<br />

le stime di crescita siano<br />

ancora divergenti. In<br />

questo contesto, e con un<br />

mercato di riferimento che<br />

è in generale in crescita a<br />

volumi, il Gruppo intende<br />

incrementare quote di<br />

mercato e continuerà,<br />

pertanto, a sviluppare<br />

il business lungo le<br />

tre direttrici principali<br />

(Nutraceutica, Farmaceutica<br />

e Cosmetica) attraverso il<br />

potenziamento dell’attività<br />

nelle singole Business<br />

Unit. Con riferimento alla<br />

“<br />

IL GRUPPO SI È DOTATO DI UN CODICE DI<br />

CONDOTTA DEI FORNITORI, SOTTOSCRITTO<br />

DA TUTTI I FORNITORI IN FASE DI<br />

SOTTOSCRIZIONE DEL CONTRATTO<br />

COMMERCIALE, CON CUI SI VALIDA<br />

L’IMPEGNO RECIPROCO A PERSEGUIRE LO<br />

SVILUPPO DI UNA CATENA DI FORNITURA<br />

SOSTENIBILE<br />

BU Nutra, l’incremento<br />

del fatturato registrato<br />

nell’esercizio 2023<br />

conferma l’efficacia<br />

delle azioni commerciali<br />

intraprese (nell’ambito<br />

del quale, alla qualità e<br />

innovazione dei prodotti<br />

si affianca lo sviluppo<br />

di servizi a supporto<br />

dei clienti) e permette<br />

di prevedere un outlook<br />

ampiamente positivo<br />

anche per il <strong>2024</strong>. Inoltre, il<br />

Gruppo sta predisponendo<br />

l’ampliamento della<br />

capacità produttiva con<br />

l’espansione dell’attuale<br />

stabilimento che porterà<br />

esiti favorevoli sulla top line<br />

nel quinquennio <strong>2024</strong>-2028.<br />

La BU Pharma nel <strong>2024</strong><br />

continuerà a esprimere la<br />

propria capacità di crescita.<br />

A tal fine, i lavori per la<br />

realizzazione del nuovo sito<br />

produttivo, iniziati a fine<br />

2023, si concluderanno nel<br />

2025 e lo stesso inizierà a<br />

generare ricavi a partire dal<br />

2026, a fronte di importanti<br />

accordi pluriennali, già<br />

sottoscritti con significativi<br />

clienti internazionali.<br />

Con riferimento alla BU<br />

Cosmetica, a seguito delle<br />

attività di organizzazione,<br />

integrazione e<br />

ottimizzazione dei processi<br />

e degli investimenti<br />

sostenuti per l’adeguamento<br />

dello stabilimento<br />

produttivo di Trenzano nel<br />

corso del 2023, riteniamo<br />

che, grazie a una maggiore<br />

efficienza e a un’aumentata<br />

capacità di far fronte alle<br />

richieste della clientela, già<br />

nel <strong>2024</strong> potremo registrare<br />

un’inversione di tendenza<br />

e, quindi, mostrare una<br />

crescita a livello di top line e<br />

di marginalità, contribuendo<br />

positivamente ai risultati<br />

di Gruppo. Il management<br />

è ragionevolmente certo<br />

di proseguire, a livello<br />

di Gruppo, con gli storici<br />

trend di crescita dei ricavi e<br />

con il miglioramento della<br />

marginalità.<br />

Come abbiamo dichiarato<br />

in occasione della<br />

presentazione dei risultati<br />

di bilancio, intendiamo<br />

proseguire nel programma<br />

di sostenibilità anche per<br />

gli esercizi futuri e proporci<br />

come riferimento per i<br />

clienti nella valutazione di<br />

prodotti che rispondano<br />

sempre più alle aspettative<br />

emergenti del mercato,<br />

relative anche ai temi di<br />

sostenibilità.


S4<br />

S<br />

In your product’s supply chain,<br />

we stand ready<br />

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partner in the<br />

pharmaceutical,<br />

industry, we are here<br />

to guide you through<br />

every challenge,<br />

ensuring that your<br />

spaces are not only<br />

functional but also<br />

cutting-edge.<br />

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maintenance.<br />

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Una proposta per la gestione ottimale<br />

degli stabilimenti per prodotti iniettabili<br />

IN UN SITO DI PRODUZIONE PER PRODOTTI INIETTABILI CON RIEMPIMENTO ASETTICO<br />

È IMPORTANTE ADOTTARE UNA APPROCCIO COMPLETO, IN TERMINI DI STRUTTURA<br />

ORGANIZZATIVA, DI COMPETENZE, DI PROCESSO GESTIONALE E DI CULTURA INDIVIDUALE E<br />

AZIENDALE CHE NE PERMETTA LA GESTIONE OTTIMALE<br />

Mauro Giusti, Past President, PDA Italy Chapter & Senior Director,<br />

Parenteral Technical Knowledge, Eli Lilly and Company<br />

La produzione di prodotti iniettabili, soprattutto di quelli dove<br />

non è possibile la sterilizzazione terminale, è complessa<br />

perché richiede una forte integrazione di diverse discipline.<br />

Queste possono includere chimica, biologia, farmacia,<br />

ingegneria, sistemi informatici, catena di fornitura, salute,<br />

sicurezza e ambiente, sistemi di qualità e altro ancora.<br />

Pertanto è richiesta una combinazione di elementi “hard” (ad<br />

esempio, strutture, attrezzature, processi, metodi, procedure<br />

conformi ecc.) e di elementi “soft” (ad esempio, struttura,<br />

competenze, gestione, cultura), tipicamente focalizzati<br />

direttamente sulle persone. Ci soffermeremo su questi quattro<br />

aspetti “soft”.<br />

STRUTTURA ORGANIZZATIVA<br />

Il primo elemento da considerare è la struttura organizzativa.<br />

In generale, un sito di produzione è costituito dalle seguenti<br />

unità:<br />

Uno o più reparti centrali chiamati “Produzione” o “Operazioni”.<br />

Questi includono le persone, compresi supervisori e responsabili<br />

di reparto, generalmente in turno, che pesano, formulano,<br />

riempiono asetticamente, ispezionano i prodotti iniettabili e poi li<br />

confezionano o li assemblano come prodotti combinati.<br />

Un reparto qualità, che comprende la supervisione del<br />

processo, delle approvazioni in entrata/in corso/finale e del<br />

rilascio, nonché i laboratori di analisi di Controllo Qualità<br />

Reparti di funzioni tecniche specifiche, quali:<br />

Ingegneria (utenze, macchinari di processo, progetti,<br />

gestione sito)<br />

Servizi tecnici (set-up di processo, nuovi prodotti,<br />

validazione, sterility assurance, scienza dei materiali)<br />

Information technology (automazione, manufacturing<br />

execution system, rete segregata, sistemi di produzione)<br />

Salute, sicurezza e ambiente (igiene industriale, sicurezza,<br />

ambiente)<br />

Catena di fornitura (pianificazione, servizio clienti,<br />

78


makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />

magazzinaggio, spedizioni)<br />

Finanza e controllo di gestione (contabilità analitica,<br />

scostamenti ecc.)<br />

Di solito ci sono tre modi per organizzare un sito di produzione: il<br />

modulare, il verticale e l’orizzontale.<br />

1- Modulare: questo modello suddivide il sito in diverse unità<br />

operative o moduli, ciascuno con funzioni specifiche e autonome.<br />

Questo permette una gestione più focalizzata e specializzata,<br />

ma può limitare l’interazione tra i diversi moduli e perdita di<br />

competenze tecniche funzionali specifiche.<br />

2- Verticale: in questo modello, la struttura è organizzata in modo<br />

gerarchico, con livelli di autorità e responsabilità ben definiti.<br />

Questo facilita il controllo e la supervisione, ma può ridurre la<br />

flessibilità e la capacità di risposta rapida alle variazioni del<br />

mercato o alle esigenze di produzione, soprattutto quando viene<br />

richiesta una forte integrazione.<br />

3- Orizzontale: questa struttura è caratterizzata da<br />

un’organizzazione meno gerarchica e più cross-funzionale,<br />

promuovendo una maggiore integrazione tra i diversi reparti e<br />

funzioni. Questo modello è volto a migliorare la collaborazione e<br />

l’efficienza operativa attraverso il lavoro di squadra.<br />

Tutte le strutture organizzative hanno aspetti positivi e<br />

negativi, e il successo dipende anche da come vengono gestite.<br />

Tuttavia, la nostra preferenza è verso la struttura orizzontale e<br />

interfunzionale. Il motivo principale è la capacità di promuovere,<br />

più di ogni altro, quell’integrazione necessaria nei siti produttivi<br />

di oggi. Questa struttura richiede un efficace lavoro di squadra, a<br />

partire dai direttori funzionali e diffondendosi da loro verso tutta<br />

l’organizzazione.<br />

La filosofia operativa generale si basa più sui team e sulla<br />

leadership, rispetto a una pura gerarchia. Per valorizzare al meglio<br />

questo modello organizzativo, la leadership rappresenta un fattore<br />

cruciale che influenza la cultura e l’efficacia organizzativa. I gestori<br />

dovrebbero adottare un approccio che favorisca l’inclusione<br />

piuttosto che il controllo diretto. Ciò significa che dovrebbero<br />

mirare a modellare, educare e facilitare piuttosto che imporre<br />

tramite l’autorità. Secondo questa visione, gli elementi essenziali<br />

della leadership efficace sono la dimostrazione di comportamenti<br />

e tecniche che altri possono imitare e apprendere (modello<br />

educativo e facilitatore), una chiara presentazione della visione<br />

e delle aspettative dell’organizzazione e l’incoraggiamento di un<br />

impegno attivo e completo di tutte le funzioni di supporto.<br />

Nel nostro esempio, i siti di produzione includono cinque livelli di<br />

organizzazione:<br />

• Responsabile del sito<br />

• Flow team leader/direttori funzionali<br />

• Flow team manager<br />

• Collaboratori del team di processo/supervisori delle operazioni<br />

• Operatori/tecnici<br />

I Flow team, gestiti dal Direttore di produzione/operazioni della<br />

specifica area hanno la responsabilità di guidare il flusso di<br />

produzione complessivo, assicurando che ogni fase del processo<br />

sia ottimizzata per massimizzare, in questo ordine di priorià, la<br />

sicurezza del personale, la qualita del prodotto finito e l’efficienza<br />

del processo.<br />

Sotto i Flow team si collocano i Process team, assegnati a ogni<br />

unità operativa fondamentale del flusso di produzione, come la<br />

formulazione, il riempimento e l’ispezione. Questi team hanno<br />

il compito di concentrarsi su aspetti specifici della produzione,<br />

riportando direttamente ai loro Flow team e assicurando che ogni<br />

dettaglio operativo sia conforme agli standard richiesti.<br />

A supporto di entrambi i livelli ci sono i Site technical team, che<br />

fungono da collegamento tra le operazioni sul campo e le risorse<br />

globali o le funzioni centrali. Questi team tecnici forniscono il<br />

supporto necessario per risolvere problemi tecnici, implementare<br />

nuove tecnologie e mantenere l’infrastruttura operativa<br />

all’avanguardia.<br />

Organization e techincal support | An example company wide<br />

ORGANIZATIONAL STRUCTURE<br />

TECHNICAL SUPPORT STRUCTURE<br />

Mfg Site Networks / Mfg Policy Committee<br />

SITE LEAD TEAM Global Support Teams CENTRAL FUNCTIONS<br />

GLOBAL<br />

TEAMS<br />

(3° LOOP)<br />

SITE FLOW TEAMS<br />

SITE TECHNICAL TEAM (secondary loop)<br />

2° LOOP<br />

PROCESS TEAMS – Primary loop<br />

FLOOR – Zero loop (Shift operators, technicians, supervisors)<br />

Most important loop, here we<br />

make the medicines<br />

1° LOOP<br />

79


COMPETENZE<br />

Poi ci sono le competenze. Alcune di queste competenze<br />

sono quelle “trasferibili” come la risoluzione dei problemi, le<br />

capacità di scrittura/presentazione, la statistica, la scienza<br />

dei dati, la gestione dei progetti, Lean, Six Sigma, ecc. Se<br />

il sito produttivo fa parte di una grande azienda con più<br />

siti simili, una regola fondamentale è quella di garantire<br />

l’armonizzazione delle abilità e delle competenze per i siti, su<br />

discipline specifiche. Il processo di sviluppo delle competenze<br />

comprende queste cinque fasi:<br />

Managerial/Technical<br />

Managerial Path<br />

Technical breadth, within the<br />

function and within the site,<br />

Multitasking<br />

Staff – HR perspective<br />

Technical Path<br />

Technical depth and excellence<br />

in specific area, with some<br />

breadth in neighboring areas<br />

1- Armonizzazione delle competenze: tutti i siti che<br />

confezionano prodotti o assemblano prodotti combinati<br />

dovrebbero conoscere i principi chiave di tali processi, e<br />

questo vale anche per i siti che producono prodotti asettici.<br />

Ciò significa lo stesso set di materiali ed esperienze di<br />

formazione.<br />

2- Definizione del livello di profondità per ogni competenza:<br />

un buon esempio è il sistema universitario statunitense, dove<br />

definiamo il livello 100 (panoramica) rispetto al livello 200<br />

(buona competenza) rispetto al livello 300 (padronanza).<br />

3- Assegnazione del livello corretto: ogni lavoro dovrebbe<br />

aver assegnato la competenza richiesta, ma al livello<br />

appropriato. Ad esempio, le persone che lavorano<br />

all’ispezione visiva/elettronica potrebbero non richiedere un<br />

livello dettagliato di conoscenza della garanzia di sterilità, ad<br />

eccezione del sistema di chiusura del contenitore.<br />

4- Utilizzo dell’approccio di insegnamento appropriato. Noi<br />

consigliamo:<br />

Performance discussion,<br />

decision on holiday/worktime,<br />

1 on 1, people issues<br />

Organisation of work/tasks and<br />

support<br />

People developer and<br />

motivator, people evaluator<br />

(performance and potential)<br />

Different level of people<br />

reporting requires flexibility in<br />

communication and motivation<br />

Focused primarily on own area<br />

than externally<br />

Schema 1<br />

Focus on given, critical tasks,<br />

with ability to troubleshoot them<br />

Good teamworker<br />

Ability to coordinate crossfunctional<br />

teams on tasks within<br />

its area<br />

Ability to influence upward on<br />

technical decisions<br />

Ability to communicate at all<br />

levels<br />

Capable of working at Network<br />

level<br />

a. Per il livello 100, principalmente corsi di Computer<br />

based training (CBT).<br />

b. Per il livello 200, oltre ai CBT, assegnazione di un<br />

mentore tecnico e utilizzo di documenti interni, riferimenti<br />

di settore, normative ecc.<br />

c. Per il livello 300, oltre al livello 200, inclusione di cambi<br />

di ruolo lavorativo, partecipazione a progetti/problemi,<br />

esperienze pratiche, incarichi internazionali, ecc.<br />

5- In caso di rotazione/cambiamento di lavoro, eseguire una<br />

valutazione per identificare le lacune per fornire un’istruzione<br />

mirata al nuovo lavoro<br />

L’attenzione alle competenze deve essere associata<br />

alla valutazione delle prestazioni e del potenziale delle<br />

persone. Partendo dal presupposto che la prestazione<br />

non sia un problema (cosa che non è sempre il caso), e<br />

quindi concentrandoci sul potenziale, troviamo che ci sono<br />

tipicamente due tipi di potenziale, uno manageriale e uno<br />

tecnico. Il potenziale manageriale può essere suddiviso<br />

in un percorso manageriale puro rispetto a un percorso<br />

manageriale tecnico. Tali criteri possono includere quanto<br />

riportato nello schema 1 che può essere applicato ai ruoli<br />

come previsto nello schema 2.<br />

Managerial<br />

Roles<br />

Most suited for:<br />

Operations<br />

leaders<br />

Logistic leaders<br />

Labs leaders<br />

Quality leaders<br />

Staff – HR perspective<br />

Technical<br />

Managerial<br />

Roles<br />

Most suited for:<br />

Engineering<br />

Leaders<br />

Techn. Services<br />

Leaders<br />

IT/Automation<br />

Leaders<br />

HSE Leaders<br />

Technical<br />

Roles<br />

Just used<br />

for technical<br />

functions<br />

Engin./Mainten.<br />

Techn. Services<br />

IT/Automation<br />

Quality (QA rep)<br />

HSE<br />

80<br />

Schema 2


makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />

Un business complesso richiede la giusta organizzazione<br />

con persone motivate e competenti che lavorino al meglio,<br />

per questo è importante capire dove ognuno di noi può<br />

performare al massimo delle proprie potenzialità.<br />

GOVERNANCE<br />

Per le operazioni di produzione di prodotti iniettabili, dove<br />

la conformità alle norme di buona fabbricazione (GMP) è<br />

oltremodo critica, una governance chiara e ben strutturata<br />

è fondamentale per il successo dell’organizzazione. Per<br />

raggiungere gli obiettivi, la governance dovrebbe coprire vari<br />

aspetti cruciali: primo, la “circolazione delle informazioni”<br />

ovvero come i dati e le informazioni sono accessibili,<br />

trasmessi e conservati per assicurare che chi ne ha bisogno<br />

possa recuperarli facilmente. Secondo, “consultazione<br />

e informazione”, individuando coloro che devono essere<br />

coinvolti attivamente nelle decisioni e coloro che devono<br />

essere semplicemente informati, contribuendo in questo<br />

modo a definire chiaramente ruoli e responsabilità. Infine,<br />

le “decisioni” e le relative “regole di escalation” stabiliscono<br />

chi ha l’autorità decisionale e come le scelte si allineano agli<br />

obiettivi strategici, mentre la “comunicazione delle decisioni”<br />

assicura che le decisioni siano chiaramente trasmesse<br />

all’interno dell’organizzazione per mantenere tutti allineati e<br />

informati sulle direttive aziendali.<br />

I motivi per avere una governance di grande rigore sono ben<br />

spiegati nello schema 3.<br />

Systems (Governance)<br />

Parenteral operations, especially of not<br />

terminally sterilised prodicts, have some<br />

peculiarities<br />

1. Requires immediate reaction in case of issues<br />

2. Processes often runs 24 hours a day, 6 or 7 days a week<br />

3. Very difficult opportunity of rework in case of issues, high<br />

chances of factory losses or downtime<br />

4. Stricter inspection oversight due to risk mngt application,<br />

global implications of inspection observations<br />

5. Stringent requirements in terms of Aseptic process<br />

simulations and Enviromental monitoring<br />

6. Stringent requirements for class A (filter integrity testing,<br />

people gowning and operation qualification, etc..)<br />

7. Strong dependance on material suppliers (excipients, primary<br />

components, disposables, devices, etc..)<br />

8. Strong dependance on service providers (uniform washing/<br />

steril., cleaning, validation, maintenance, etc..)<br />

LA CULTURA AZIENDALE<br />

L’adozione di un atteggiamento proattivo verso la<br />

sicurezza e la qualità non è solo una questione di<br />

conformità normativa, ma una scelta etica fondamentale<br />

che riflette l’impegno dell’azienda nei confronti della<br />

salute e del benessere dei pazienti. Questo elemento<br />

cruciale si fonda principalmente su tre pilastri. Il primo,<br />

la “centralità dei pazienti”, sottolinea l’importanza vitale<br />

di produrre farmaci sicuri e di alta qualità, ricordando<br />

che il fine ultimo del processo produttivo sono i pazienti<br />

che utilizzeranno questi prodotti. Il secondo, la “priorità<br />

alla sicurezza”, pone la sicurezza al vertice delle<br />

preoccupazioni aziendali, richiedendo che ogni membro<br />

dell’organizzazione adotti comportamenti che garantiscano<br />

la sicurezza personale e collettiva. Il terzo, l’inseguimento<br />

costante della qualità”, promuove un impegno continuo<br />

verso l’eccellenza, enfatizzando il fatto che la qualità<br />

non è un traguardo statico, ma un obiettivo dinamico e in<br />

continua evoluzione.<br />

Per promuovere una cultura di sicurezza e qualità<br />

all’interno dei siti di produzione, si puo seguire un<br />

percorso comune noto come l’approccio Dupont, che si<br />

articola in tre fasi basate sulla Bradley Curve. La prima<br />

fase è l’approccio “Dipendente”, poi “Indipendente” ed<br />

infine “Interdipendente”. Questo percorso richiede tempo e<br />

un forte impegno da parte della leadership, che deve dare<br />

l’esempio ed estenderlo a tutti i livelli dell’organizzazione.<br />

CONCLUSIONE<br />

In sintesi, crediamo che la struttura organizzativa,<br />

le competenze, la governance e la cultura aziendale<br />

siano quattro pilastri per qualsiasi organizzazione<br />

manifatturiera di successo, e questo è ancora più<br />

importante nella produzione dei prodotti iniettabili, a causa<br />

della complessità e delle sfide presenti in questo campo.<br />

Sebbene non esista una formula magica per avere<br />

successo, alcuni suggerimenti specifici possono aiutare<br />

a indirizzare l’organizzazione di un sito di produzione<br />

nella giusta direzione. Tuttavia, in ultima analisi, sono<br />

l’interpretazione e l’attuazione di tali suggerimenti da<br />

parte delle persone, determinate a loro volta dalla loro<br />

motivazione, dal loro impegno e dalla loro devozione<br />

al lavoro di squadra e all’integrazione, a decretare il<br />

successo dell’azienda.<br />

Shutdown<br />

and changes<br />

planning<br />

Issues escalation<br />

and decision making<br />

process<br />

Shift technical support,<br />

information exchange<br />

between shifts<br />

Global agreement<br />

on regulatory and<br />

inspection responses<br />

Timely monitoring and<br />

sharing of EM, Technical<br />

and Quality KPIs<br />

Strong linkages and<br />

transparency with<br />

suppliers<br />

Schema 3<br />

81


per<br />

SOLUZIONI INTEGRATE PER<br />

CAMERE BIANCHE<br />

Design, Produzione e Installazione<br />

Cleanroom Italia è un’azienda specializzata nella fornitura<br />

e posa di camere bianche. L’offerta copre tutte le fasi<br />

necessarie alla realizzazione di ambienti a contaminazione<br />

controllata, dalla progettazione alla produzione, fino<br />

all’installazione. L’azienda si avvale di squadre di montaggio<br />

specializzate per garantire l’efficacia e l’efficienza nel<br />

completamento dei progetti.<br />

Alla base di ogni progetto viene<br />

realizzato un accurato studio<br />

iniziale del lay-out per comprendere<br />

a fondo le esigenze del cliente.<br />

Cleanroom Italia formula quindi la<br />

soluzione più adatta, rispettando<br />

le rigorose linee guida GMP, FDA,<br />

ISO, WHO, SEMI, FED Std e tutte le<br />

normative vigenti, assicurando così<br />

che le camere bianche siano idonee<br />

a diverse applicazioni industriali e di<br />

ricerca.<br />

Cleanroom Italia presta particolare<br />

attenzione alla selezione delle<br />

materie prime utilizzate nella<br />

realizzazione interna di tutti gli<br />

elementi necessari per la costruzione<br />

di camere bianche, quali pareti,<br />

porte, controsoffitti calpestabili<br />

82


makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />

e modulari, pass box dinamici o<br />

statici, e arredi a panche per aree di<br />

vestizione. L’intera fase produttiva<br />

avviene all’interno dell’azienda,<br />

garantendo una qualità superiore<br />

e una personalizzazione completa<br />

dei componenti, che vengono poi<br />

assemblati direttamente in cantiere.<br />

Questa capacità di fornire soluzioni<br />

altamente customizzate, sia in<br />

termini di specifiche tecniche<br />

che di finiture, assieme a una<br />

rigorosa gestione del budget e delle<br />

tempistiche di consegna, rende<br />

Cleanroom Italia uno dei partner più<br />

affidabili nel settore della produzione<br />

di ambienti a contaminazione<br />

controllata di massima qualità.<br />

Nel corso degli anni Cleanroom Italia<br />

ha consolidato la sua presenza a<br />

livello nazionale e internazionale<br />

grazie a importanti commesse<br />

per società operanti nei settori<br />

farmaceutico, biomedicale, chimico<br />

e cosmetico. Tra i principali clienti<br />

vi sono molti nomi di spicco tra cui<br />

il gruppo Novartis, Teva, Corden<br />

Pharma, Cambrex e Hikma, che<br />

hanno scelto Cleanroom Italia per<br />

costruire, ampliare o rinnovare i<br />

propri reparti produttivi in ambienti<br />

sterili.<br />

Cleanroom Italia Srl<br />

Via Marco Biagi, 10 - 23871 Lomagna (LC)<br />

www.cleanroomitalia.com<br />

IERI....<br />

2018<br />

2019<br />

2020<br />

2021<br />

2022<br />

2023<br />

È stata costituita Cleanroom Italia dai suoi 4 fondatori, tutti provenienti dal<br />

settore delle clean rooms da oltre 30 anni<br />

Cleanroom Italia diventa operativa portando il 60% della produzione all’interno<br />

del proprio stabilimento di Lomagna e il 40% presso un’azienda terza.<br />

In piena pandemia, Cleanroom Italia investe in nuove macchine di processo per portare<br />

il 100% del ciclo produttivo all’interno del proprio stabilimento di Lomagna.<br />

Cleanroom Italia si è concentrata sull’ottimizzazione dei processi produttivi,<br />

con l’assistenza del suo team specializzato, portando a termine con successo<br />

<strong>numero</strong>si progetti.<br />

Gli uffici si allargano e la produzione registra un costante aumento della propria<br />

capacità produttiva, con un conseguente incremento del fatturato a € 5 MLN.<br />

Cleanroom Italia celebra i suoi 5 anni di attività e superando ogni<br />

aspettativa, raggiunge un fatturato di € 8 MLN.<br />

OGGI....<br />

83


per<br />

Faravelli in prima linea<br />

a CPhI Milano<br />

84<br />

La partecipazione del Gruppo Faravelli<br />

alla prestigiosa Convention on<br />

Pharmaceutical Ingredients (CPhI) a<br />

Milano rappresenta un momento di<br />

rilevanza fondamentale nel contesto<br />

dell’industria farmaceutica. Questo<br />

evento, in calendario dall’8 al 10<br />

ottobre, costituisce un’opportunità<br />

unica per Faravelli di mettere in<br />

mostra il suo vasto e diversificato<br />

portafoglio di prodotti, compresi<br />

principi attivi ed eccipienti, mentre<br />

stabilisce e consolida relazioni<br />

strategiche con professionisti e<br />

aziende del settore.<br />

Faravelli è storicamente specializzato<br />

nella distribuzione di eccipienti per<br />

l’industria farmaceutica, con una<br />

gamma di ingredienti per forme<br />

solide, semi-solide e liquide. A questi,<br />

più recentemente si è affiancata la<br />

disponibilità di APIs.<br />

La sua reputazione nel settore<br />

farmaceutico si basa sull’offerta<br />

di prodotti di alta qualità e sulla<br />

capacità di soddisfare le esigenze<br />

delle formulazioni più complesse.<br />

Con un approccio impegnato verso<br />

l’innovazione e la sostenibilità, Faravelli<br />

si propone come partner affidabile per<br />

le aziende farmaceutiche.<br />

L’eredità di successo di Faravelli nel<br />

settore, che si estende per diversi<br />

decenni, è stata costruita non solo<br />

sulla base della qualità impeccabile<br />

delle sue materie prime, ma anche<br />

sull’offerta di servizi completi e<br />

soluzioni personalizzate. La missione<br />

del Gruppo è quella di accompagnare<br />

i propri partner con competenza<br />

globale e sensibilità locale verso scelte<br />

innovative, promuovendo soluzioni<br />

affidabili e sostenibili.<br />

Questo approccio ha permesso<br />

all’azienda di emergere come un<br />

punto di riferimento nel mercato,<br />

distinguendosi per la sua capacità<br />

di adattarsi alle mutevoli esigenze<br />

dell’industria farmaceutica.<br />

Le collaborazioni di rilievo<br />

internazionale, come quella con Meggle<br />

leader mondiale nella produzione di<br />

lattosio, con cui Faravelli ha festeggiato<br />

nel 2023 il cinquantesimo anniversario<br />

di una partnership esclusiva, e i recenti<br />

accordi di distribuzione siglati con<br />

partner come Nisso Soda, a partire da<br />

aprile <strong>2024</strong>, testimoniano l’impegno


makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />

continuo del Gruppo verso l’eccellenza<br />

e l’innovazione.<br />

Faravelli Pharma Division offre una<br />

vasta gamma di eccipienti farmaceutici,<br />

tra cui principi attivi, diluenti, leganti,<br />

disgreganti, lubrificanti, glidanti, amidi e<br />

derivati, polialcoli, zuccheri, dolcificanti,<br />

viscosizzanti, conservanti, correttori<br />

di pH, plasticizzanti, opacizzanti,<br />

agenti filmanti e coloranti. Questi<br />

eccipienti sono selezionati con cura per<br />

garantire l’efficacia e la sicurezza delle<br />

formulazioni farmaceutiche. Con la sua<br />

competenza e la sua gamma completa<br />

di prodotti, Faravelli Pharma Division<br />

supporta l’industria farmaceutica<br />

nell’ottenere formulazioni di alta qualità<br />

e prestazioni ottimali.<br />

Il dialogo costante con i clienti ha<br />

permesso a Faravelli di identificare una<br />

crescente domanda di ampliamento<br />

dell’offerta di prodotti, in particolare<br />

per quanto riguarda una gamma più<br />

ricca di principi attivi (APIs). Questo<br />

rispecchia la tendenza del settore<br />

degli API, che sta attraversando una<br />

fase di rapida crescita e cambiamento,<br />

caratterizzata da un’attenzione sempre<br />

maggiore alla qualità, alla conformità<br />

normativa, all’innovazione tecnologica e<br />

alla personalizzazione dei trattamenti.<br />

Secondo le proiezioni di mercato,<br />

il settore degli API è destinato a<br />

raggiungere un valore di 306,90 miliardi<br />

di dollari entro il 2029, con una crescita<br />

prevista del 7,22% nel periodo <strong>2024</strong>-<br />

2029. Questo scenario offre significative<br />

opportunità per il Gruppo Faravelli, che<br />

si pone come un partner affidabile e<br />

competente per soddisfare le crescenti<br />

esigenze del settore*.<br />

L’acquisizione nel 2021 di Deltapharma<br />

S.L., specializzata nella distribuzione<br />

di APIs e autorizzata all’importazione<br />

da Paesi extra-UE, ha ulteriormente<br />

rafforzato la presenza di Faravelli,<br />

consentendo importanti sinergie e un<br />

potenziamento delle attività, soprattutto<br />

in Spagna. Anche l’organico di<br />

Deltapharma è cresciuto nel frattempo<br />

per rispondere con maggiore prontezza<br />

alle nuove esigenze.<br />

Oggi il catalogo di APIs, estremamente<br />

dettagliato e diversificato, offre una<br />

vasta gamma di principi attivi e<br />

intermediari di sintesi per soddisfare<br />

le esigenze dei clienti. La proposta<br />

comprende principi attivi generici,<br />

Sali, pipeline e intermediari di sintesi:<br />

l’azienda si impegna a fornire una<br />

vasta selezione di materie prime, sia<br />

generiche che protette da brevetti,<br />

per supportare le esigenze di<br />

produzione nel settore farmaceutico;<br />

l’aggiornamento costante del catalogo<br />

indica un impegno verso l’innovazione<br />

e l’adattamento alle esigenze del<br />

mercato.<br />

Per rispondere efficacemente alle<br />

richieste del mercato, Faravelli ha<br />

inoltre intensificato l’attività di ricerca<br />

di nuovi fornitori anche nel settore<br />

dei principi attivi e ha investito nella<br />

formazione di personale specializzato,<br />

creando una rete commerciale<br />

competitiva e capillare attraverso le sue<br />

sedi estere.<br />

L’attività di distribuzione è completata<br />

da una gamma di servizi (regolatorio,<br />

logistica) che hanno consentito<br />

all’azienda di confermarsi come<br />

autentico partner strategico che mette<br />

in primo piano la soddisfazione dei<br />

clienti.<br />

Nonostante la tradizionale riservatezza<br />

del settore farmaceutico, il progetto<br />

di Faravelli ha suscitato un notevole<br />

interesse, testimoniando la capacità<br />

dell’azienda di innovare e anticipare le<br />

esigenze del mercato.<br />

Il Gruppo Faravelli insieme a<br />

Deltapharma continua nel suo impegno<br />

a voler offrire soluzioni innovative e di<br />

alta qualità per supportare l’industria<br />

farmaceutica nel raggiungimento dei<br />

suoi obiettivi.<br />

Invita pertanto i professionisti del<br />

settore a visitare lo stand 6D52 a CPhI<br />

Milano, per scoprire le ultime novità e le<br />

opportunità di collaborazione disponibili.<br />

Fonte: https://www.mordorintelligence.com/<br />

industry-reports/global-active-pharmaceuticalingredients-api-market<br />

Giusto Faravelli S.p.A.<br />

via Medardo Rosso 8, 20159 Milano (MI)<br />

Tel. +39 02 697171<br />

pharma@faravelli.it<br />

85


per<br />

DEPOLVERAZIONE E FILTRAZIONE<br />

PROCESSI FONDAMENTALI NELLA FARMACEUTICA<br />

Nei processi produttivi, la filtrazione e la depolverazione dell’aria sono essenziali per<br />

proteggere la salute degli operatori, preservare l’ambiente di lavoro e garantire la<br />

qualità dei prodotti<br />

Alberto Bobadilla<br />

Filtrazione e depolverazione dell’aria<br />

sono cruciali per tutelare la salute<br />

degli operatori e per mantenere un<br />

ambiente di lavoro sicuro. Questi<br />

processi aiutano anche a proteggere<br />

l’ambiente esterno, prevenendo la<br />

diffusione di particelle nocive. Grazie<br />

a soluzioni come i contenitori sigillati<br />

e i sistemi di filtrazione autopulenti,<br />

le industrie possono gestire<br />

efficacemente le sostanze pericolose<br />

Ce ne ha parlato Alfredo Pellegrino,<br />

responsabile vendite di Defil, azienda<br />

attiva dal 1985 nel settore della<br />

filtrazione e depolverazione per<br />

impianti civili ed industriali.<br />

QUAL È L’IMPORTANZA<br />

DELLA FILTRAZIONE<br />

E DELLA<br />

DEPOLVERAZIONE<br />

DELL’ARIA NELL’AMBITO<br />

DELL’INDUSTRIA<br />

FARMACEUTICA?<br />

Sono processi di importanza<br />

fondamentale per tre motivi: il rispetto<br />

dell’ambiente di lavoro, dell’ambiente<br />

esterno e della produzione.<br />

Capita spesso che l’inalazione dei<br />

prodotti trattati nelle industrie<br />

farmaceutiche sia pericolosa, ed è<br />

quindi essenziale che gli operatori<br />

non mettano a rischio la propria<br />

salute respirando particelle dannose.<br />

Ma esistono molte soluzioni efficaci<br />

per evitare questi pericoli. Esistono<br />

Alfredo Pellegrino, responsabile vendite di Defil<br />

per esempio contenitori a perfetta<br />

tenuta molto utilizzati nel settore<br />

farmaceutico, che permettono<br />

l’estrazione del filtro esausto in<br />

sistemi bag-in bag-out. Mi spiego<br />

meglio: quando il filtro è intasato e il<br />

manometro/pressostato segnala la<br />

necessità di cambiarlo, l’operazione<br />

viene effettuata in completa sicurezza<br />

perché il filtro è tutto sotto sacco<br />

e sia l’operatore che l’ambiente di<br />

lavoro non verranno a contatto con le<br />

particelle captate dal filtro stesso.<br />

I sacchi barriera utilizzati sono molto<br />

resistenti. Si tenga presente che<br />

questi contenitori erano stati messi<br />

a punto per l’industria nucleare,<br />

per poter sopportare pressioni<br />

estremamente elevate, fino a circa 8<br />

kilopascal, garantendo così un’alta<br />

resistenza anche a elevate pressioni.<br />

Grazie alla perfetta filtrazione e<br />

pulizia del sistema produttivo si<br />

riescono ad abbattere gli scarti di<br />

produzione e a garantire prodotti<br />

sicuri.<br />

86


makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />

NEI SISTEMI PER<br />

LE INDUSTRIE<br />

FARMACEUTICHE,<br />

OLTRE ALLA<br />

FILTRAZIONE<br />

È PRESENTE<br />

SEMPRE ANCHE LA<br />

DEPOLVERAZIONE?<br />

Quasi sempre: la depolverazione<br />

viene applicata quando la quantità di<br />

polveri e i volumi d’aria da trattare<br />

sono molto elevati.<br />

I filtri classici, usati nel processo di<br />

filtrazione vera e propria, sono tutti<br />

statici il che vuol dire che quando<br />

sono esausti (sporchi) devono essere<br />

sostituiti. Con grandi quantità di<br />

polveri si intaserebbero nel giro<br />

di pochissimo tempo. Invece la<br />

depolverazione è fatta con sistemi<br />

di filtrazione autopulenti: questi<br />

sistemi sono comunemente chiamati<br />

depolveratori autopulenti, tramite<br />

pulizia in continuo a scuotimento<br />

(filtro multitasche) o in lavaggio con<br />

aria compressa (filtro a maniche o a<br />

cartuccia).<br />

QUALI SONO<br />

I PRINCIPALI<br />

CONTAMINANTI<br />

CHE DEVONO<br />

ESSERE RIMOSSI<br />

O CONTROLLATI<br />

IN UN AMBIENTE<br />

FARMACEUTICO?<br />

Con le varie tipologie di filtro si<br />

possono fermare particelle di tutti<br />

i tipi, dal polline che potrebbe<br />

entrare all’interno dei macchinari,<br />

a inquinanti chimici come la<br />

formaldeide, fino ai principi attivi<br />

utilizzati per la produzione dei<br />

farmaci che però potrebbero essere<br />

tossici se inalati.<br />

QUALI SONO I<br />

DISPOSITIVI E LE<br />

TECNOLOGIE PIÙ<br />

COMUNI UTILIZZATI<br />

PER LA FILTRAZIONE<br />

DELL’ARIA NELLE<br />

STRUTTURE<br />

FARMACEUTICHE?<br />

La prima è una fase di prefiltrazione,<br />

effettuata con un filtro<br />

grossolano tipo cella filtrante, che<br />

può essere di vari tipi: in lamiera<br />

zincata, con telaio in cartone, setto<br />

in fibra sintetica, setto in maglia<br />

metallica ecc.<br />

Si passa poi a un filtro intermedio,<br />

per esempio una tasca morbida<br />

(che può essere fatta in microfibra<br />

sintetica, in fibra sintetica o in<br />

microfibra di vetro) o da una tasca<br />

rigida (sono tutte in microfibra di<br />

vetro).<br />

Infine c’è quello che viene chiamato<br />

filtro assoluto, che offre un’efficienza<br />

di filtrazione estremamente elevata;<br />

questo tipo di filtro è progettato per<br />

rimuovere particelle molto piccole,<br />

comprese quelle di dimensioni<br />

microscopiche come batteri, virus,<br />

pollini, funghi e altre impurità.<br />

Molte farmaceutiche ne hanno<br />

addirittura due, uno in macchina e<br />

l’altro direttamente sul cielo della<br />

camera bianca in modo da avere<br />

aria completamente sterile e pulita,<br />

laddove l’operatore effettua la<br />

lavorazione, che può avvenire anche<br />

sotto cappa a flusso laminare.<br />

QUALI SONO<br />

LE PRINCIPALI<br />

NORMATIVE E GLI<br />

STANDARD DI QUALITÀ<br />

CHE REGOLANO<br />

FILTRAZIONE E<br />

TRATTAMENTO<br />

DELL’ARIA?<br />

Le normative di riferimento per i<br />

filtri sono due. Per la filtrazione<br />

grossolana e fine (pre-filtri e filtri<br />

intermedi) c’è la UNI EN ISO 16890,<br />

normativa che classifica il filtro in<br />

base ai PM1, i PM2.5 e i PM10 in<br />

base alla loro capacità di trattenere<br />

particelle di diverse dimensioni.<br />

Per le applicazioni farmaceutiche,<br />

sono generalmente utilizzati<br />

anche i filtri Hepa (High efficiency<br />

particulate air) o Ulpa (Ultra low<br />

penetration air), che garantiscono<br />

una penetrazione massima dello<br />

0,03% per le particelle di 0,3 micron.<br />

I sistemi di filtrazione devono essere<br />

in grado di trattenere una quantità<br />

significativa di contaminanti senza<br />

intasarsi o perdere efficienza. La<br />

norma UNI EN ISO 16890 definisce<br />

i metodi per la costruzione dei filtri<br />

e la loro classificazione a seconda<br />

dell’efficienza raggiunta durante il<br />

test di prova.<br />

Per i filtri assoluti ci sono invece<br />

le UNI EN 1822 che definiscono i<br />

requisiti per la costruzione, il test<br />

di prova e l’efficienza raggiunta<br />

dal filtro, il quale sarà corredato<br />

del relativo certificato di collaudo<br />

individuale, effettuato tramite<br />

scansione a fotometro laser.<br />

Defil Srl<br />

Via Vincenzo Monti 173<br />

20099 Sesto San Giovanni (MI)<br />

info@defil.it<br />

Defil.it<br />

87


EIPG<br />

European Industrial<br />

Pharmacists Group<br />

AI GENERATIVA NELLO SVILUPPO DEI FARMACI<br />

88<br />

Anche nel drug development<br />

l’AI generativa si sta ritagliando<br />

un ruolo di rilievo, grazie alla<br />

promessa di ridurre tempi e<br />

costi per lo sviluppo di nuove<br />

molecole e il reimpiego di<br />

quelle esistenti<br />

L’implementazione dell’AI generativa nei settori farmaceutico<br />

e medtech potrebbe valere tra i 60 e i 110 miliardi di dollari<br />

all’anno. Lo rivela un report di McKinsey intitolato “L’AI<br />

generativa nell’industria farmaceutica: Moving from hype to<br />

reality” che ha analizzato 63 casi di utilizzo dell’AI generativa nel<br />

settore delle scienze della vita, calcolando il potenziale impatto<br />

economico di ognuno. Secondo i ricercatori, i vantaggi più elevati<br />

si riscontrano per il settore commerciale (18-30 miliardi di<br />

dollari), la ricerca (15-28 miliardi di dollari) e lo sviluppo clinico<br />

(13-25 miliardi di dollari). A seguire vi sono imprese (8-16<br />

miliardi di dollari), operations (4-7 miliardi di dollari) e medical<br />

affairs (3-5 miliardi di dollari).<br />

Cosa fa l’AI-Gen<br />

L’AI generativa (AI-Gen) si riferisce a un particolare tipo<br />

di intelligenza artificiale in grado di generare nuovi dati<br />

coerenti con le informazioni già in suo possesso. L’esempio<br />

probabilmente più conosciuto è quello di ChatGPT, un’AI in grado<br />

di creare testi straordinariamente simili a quelli scritti da un<br />

essere umano. Ne esistono anche altre versioni che creano<br />

immagini, musica, grafici e molto altro. Nel campo del drug<br />

development, gli algoritmi possono essere addestrati sulle<br />

caratteristiche chimico-fisiche e sulle forme 3D delle molecole,<br />

rendendoli in grado di generare molecole completamente nuove<br />

o prevedere il comportamento di quelle conosciute in specifici<br />

contesti.<br />

Ad esempio è possibile ideare strutture molecolari che non sono<br />

state ancora sintetizzate, accelerando il processo di scoperta<br />

di nuovi farmaci, un approccio che permette di esplorare un<br />

ampio spazio chimico molto più rapidamente rispetto ai metodi<br />

tradizionali, identificando potenziali molecole con proprietà<br />

terapeutiche superiori o nuove modalità d’azione. Inoltre,<br />

l’AI può prevedere come le molecole si comporteranno in un<br />

contesto biologico, come il loro legame con specifici recettori,<br />

diventando uno strumento cruciale per valutare l’efficacia e<br />

la sicurezza di un farmaco. Un algoritmo può anche simulare<br />

interazioni molecolari e prevedere l’affinità di legame, la<br />

selezione e l’efficacia di una molecola, riducendo la necessità<br />

di sperimentazione iniziale su modelli animali o umani e<br />

minimizzando i costi e i tempi di sviluppo.<br />

Secondo un’analisi del Boston Consulting Group, l’AI generativa<br />

potrebbe anche includere i dati non strutturati utilizzati<br />

dall’industria farmaceutica. Un obiettivo ambizioso, dato che<br />

l’accesso e la gestione di queste informazioni devono soddisfare<br />

molti requisiti normativi, particolarmente complessi quando si<br />

tratta della possibilità di utilizzare i dati generati per supportare<br />

l’approvazione normativa.<br />

Criticità<br />

In effetti, l’implementazione dell’AI generativa potrebbe rivelarsi<br />

un esercizio non così semplice per le aziende farmaceutiche,


makinglife | giugno <strong>2024</strong><br />

in quanto deve inserirsi all’interno di un’organizzazione già<br />

complessa e con i rigidi requisiti normativi tipici del ciclo di vita<br />

dei farmaci. Dall’analisi di McKinsey emerge l’importanza di<br />

uscire dal clima di hype che circonda l’AI generativa e capire<br />

esattamente cosa si può o non si può fare. La questione, infatti,<br />

è molto complessa e richiede competenze di vario genere<br />

(data scientist, ricercatori, medical affairs, funzioni legali,<br />

analisi di rischio e di business) che lavorino congiuntamente<br />

per impostare la soluzione più adatta a ciascuna azienda. La<br />

disponibilità di un’infrastruttura di dati adeguata è solo il primo<br />

passo: i sistemi di AI generativa non sono tutti uguali e il modello<br />

selezionato deve essere adattato alla complessità del caso<br />

specifico, concentrandosi sulle applicazioni chiave per evitare<br />

interruzioni dell’attività.<br />

La governance dell’AI generativa deve anche riflettere i principi<br />

chiave stabiliti dall’UE per tutti i sistemi di intelligenza artificiale,<br />

ovvero “essere sicuri, trasparenti, tracciabili, non discriminatori<br />

e rispettosi dell’ambiente, nonché “supervisionati da persone,<br />

piuttosto che da altri sistemi automatici, per prevenire esiti<br />

dannosi”.<br />

Casi concreti<br />

caratteristiche necessarie per svolgere l’attività farmacologica<br />

desiderata.<br />

Sull’onda delle possibilità offerte da questa tecnologia, sono<br />

nate molte startup dedicate alla creazione di piattaforme di<br />

intelligenza artificiale generativa (spesso end-to-end) per la<br />

scoperta di farmaci. Tra le principali citiamo la piattaforma<br />

Pharma.AI di Insilico Medicine, che viene utilizzata per costruire<br />

una pipeline completamente auto-generata comprendendente<br />

31 programmi e 29 obiettivi. Il prodotto più avanzato in sviluppo<br />

mira alla malattia rara della fibrosi polmonare idiopatica ed è<br />

attualmente in Fase 2 negli Stati Uniti e in Cina. La piattaforma<br />

multimodale data-driven di Insilico, inClinico AI, si è dimostrata<br />

utile per calcolare la probabilità di successo dei singoli studi<br />

clinici, prevedere i risultati di Fase 2 a Fase 3 e riconoscere i<br />

punti deboli nel design dello studio.<br />

Basata nel Regno Unito, Exscientia, fondata nel 2012, è<br />

una società specializzata in medicina di precisione guidata<br />

dall’intelligenza artificiale. Tra i suoi principali successi figura la<br />

creazione della prima piattaforma oncologica che ha guidato con<br />

successo la selezione dei trattamenti e migliorato gli esiti per i<br />

pazienti. Il prodotto più avanzato nella sua pipeline è GTAEXS617,<br />

un oncologico mirato a CDK7 nei tumori solidi avanzati.<br />

Le prime applicazioni di intelligenza artificiale basate su<br />

algoritmi di deep learning sono state utilizzate, ad esempio,<br />

per prevedere la sequenza e la struttura di molecole biologiche<br />

complesse. Un caso emblematico è quello del database di<br />

strutture proteiche AlphaFold, che contiene oltre 200 milioni di<br />

previsioni di strutture proteiche disponibili gratuitamente per<br />

la comunità scientifica. Altri algoritmi di questo tipo includono<br />

ESMFold (Evolutionary scale modeling) e MoLeR di Microsoft,<br />

specificamente indirizzati alla progettazione di farmaci.<br />

Una generazione più recente di intelligenza artificiale generativa<br />

comprende i MoLFormers UI di IBM, una famiglia di modelli di<br />

base addestrati su sostanze chimiche che possono dedurre<br />

la struttura delle molecole da rappresentazioni semplici.<br />

L’algoritmo di screening MoLFormer-XL, ad esempio, è stato<br />

addestrato su oltre 1,1 miliardi di molecole non etichettate<br />

provenienti dai dataset di PubChem e ZINC, ciascuna<br />

rappresentata secondo il sistema di notazione SMILES<br />

(Simplified molecular input line entry system). Come riportato da<br />

IBM, MoLFormer-XL è in grado di prevedere molteplici proprietà<br />

fisiche, biofisiche e fisiologiche (ad esempio, la capacità di<br />

attraversare la barriera emato-encefalica), e persino proprietà<br />

quantistiche.<br />

L’approccio chiamato Mutual information machine (MIM) learning<br />

è quello utilizzato da NVIDIA per sviluppare i suoi algoritmi<br />

MolMIM, un autoencoder probabilistico per la scoperta di farmaci<br />

basati su small molcules. Il servizio cloud NVIDIA BioNeMo<br />

utilizza questi modelli per implementare una piattaforma di<br />

intelligenza artificiale generativa che, secondo quanto afferma<br />

l’azienda, dovrebbe generare molecole con tutte le proprietà e le<br />

89


NUMERO 3 - GIUGNO <strong>2024</strong><br />

Casa editrice<br />

<strong>Making</strong><strong>Life</strong> Srl<br />

Via Giovanni Pascoli 60<br />

20133 Milano MI<br />

Tel. 02 36525293<br />

Partner scientifici<br />

Registrazione n.168 del 30/11/2020 presso il Tribunale di Milano<br />

Direttore responsabile Cristiana Bernini<br />

Coordinamento redazionale Simone Montonati | simone.montonati@makinglife.it<br />

Comitato scientifico<br />

Maurizio Battistini<br />

Valeria Brambilla<br />

Giacomo Matteo Bruno<br />

Carla Caramella<br />

Hellas Cena<br />

Bice Conti<br />

Gabriele Costantino<br />

Stefano Govoni<br />

Piero Iamartino<br />

Teresa Minero<br />

Maria Luisa Nolli<br />

Giuseppe Recchia<br />

Art Director Simone Abbatini<br />

Illustrazioni di Mario Addis<br />

Hanno collaborato<br />

Simone Abbatini<br />

Maurizio Battistini<br />

Alberto Bobadilla<br />

Isabella Bordogna<br />

Giulio Divo<br />

Mauro Giusti<br />

Valentina Guidi<br />

Gualberto Gussoni<br />

Caterina Lucchini<br />

Antonio Maturo<br />

Giovanni Medioli<br />

Simone Montonati<br />

Andrea Pane<br />

Laura Patrucco<br />

Josephine Romano<br />

Giuseppe Speziale<br />

Monica Torriani<br />

Le aziende che ci sostengono<br />

Bruno Wolhfarth Srl, MC<br />

Co.Ra.Srl, MC<br />

Defil Srl, pag. 72, MC<br />

De Lama SpA, MC<br />

DOC Srl, pag. 63, MC<br />

Dos&donts Srl, pag.92, MC<br />

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Giusto Faravelli SpA, MC<br />

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PTM Consulting Srl, pag.18<br />

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MC<br />

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