02.01.2023 Views

Pistoia Riletta

Pistoia Riletta is a book developed out of a collaboration between the Fondazione Jorio Vivarelli and The Recovery Plan with the support of the Regione Toscana. It features the work of artists affiliated with the third edition of YGBI Research Residency: Ofelia Omoyele Balogun, Ismael Lo and Jermay Michael Gabriel. The ook additionally features texts by Giacomo Bazzani, Andrea Ottanelli and Justin Randolph Thompson.

Pistoia Riletta is a book developed out of a collaboration between the Fondazione Jorio Vivarelli and The Recovery Plan with the support of the Regione Toscana. It features the work of artists affiliated with the third edition of YGBI Research Residency: Ofelia Omoyele Balogun, Ismael Lo and Jermay Michael Gabriel. The ook additionally features texts by Giacomo Bazzani, Andrea Ottanelli and Justin Randolph Thompson.

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.


Pistoia

Riletta

Rereading

Pistoia

Arte e Sostenibilità 3



Collana della

Series by

Fondazione Jorio Vivarelli

Arte e Sostenibilità 3

Presidente del Consiglio di Amministrazione

President of the Board of Directors

Ugo Poli

Presidente dell’Assemblea dei Soci

President of the Shareholders’s Assembly

Giulio Masotti

Progetto a cura di / Project curated by

BHMF and Giacomo Bazzani

Pubblicazione a cura di

Publication edited by

BHMF

Progetto grafico e illustrazione di

Graphic design and illustration by

Ismael Lo

Fotografie /Photographs

BHMF

Jemma Robin Thompson

Ofelia Omoyele Balogun & Ismael Lo

Jermay Michael Gabriel

Alice Lamperti

Testi di /Texts by

Fondazione Jorio Vivarelli

BHMF

Giacomo Bazzani

Ofelia Omoyele Balogun & Ismael Lo

Andrea Ottanelli

Pistoia

Riletta

Questo libro è stato prodotto dalla

Fondazione Jorio Vivarelli in collaborazione

con The Recovery Plan in occasione del

progetto Pistoia Riletta.

Il progetto è stato sostenuto dalla Regione

Toscana nell’;ambito del bando

Toscanaincontemporanea 2022.

This book has been produced by

Fondazione Jorio Vivarelli in collaboration

with The Recovery Plan on the occasion of

the project Pistoia Riletta.

The project was supported by Regione

Toscana in the context of the bando

Toscanaincontemporanea 2022.

Si ringrazia / Special thanks to

Rachele Tuci

Biblioteca Forteguerriana

Afer

SRISA

Numeroventi

Sam Barreto Cardoso Bertoldi

Fondazione Jorio Vivarelli, Pistoia e gli autori per i rispettivi contributi

Jorio Vivarelli Foundation, Pistoia and the authors for their contributions

©Copyright2022

ISBN978-88-31219-15-0

Toscanaincontemporanea2022



Indice

Presentazione

Presentation 6

Giulio Masotti, Ugo Poli

Pistoia Riletta 1/

Ofelia Balogun & Ismael Lo

Rereading Pistoia 1/

Ofelia Balogun & Ismael Lo 10

BHMF

Lupa Caligo 24

Ofelia Balogun, Ismael Lo

Tracce coloniali: tra amnesia

enuovenarrazionisociali

Colonial traces: between amnesia

and new social narratives 42

Giacomo Bazzani

Pistoia Riletta 2/

Jermay Michael Gabriel

Rereading Pistoia 2/

Jermay Michael Gabriel 50

BHMF

Sit Down: Ferdinando Martini e la

venerazione implacabile a Pistoia

Sit Down: Ferdinando Martini and

Implacable Veneration in Pistoia 55

Justin Randolph Thompson

Pistoia - Paesaggi postcoloniali

Pistoia - Postcolonial Landscapes 66

Andrea Ottanelli


Presentazione

Giulio Masotti

Ugo Poli

Fondazione Jorio Vivarelli

6


La Fondazione Jorio Vivarelli, accanto allo scopo principale di tutela e

valorizzazione dell’opera e del patrimonio artistico-culturale del Maestro, ha

avviato fin dal 2014 un settore di attività dedicato all’arte contemporanea.

Questo al fine di incentivare nuove opportunità di crescita culturale e

professionale fra le nuove generazioni relativamente alle arti visive

contemporanee. In questo ambito, la Fondazione si è avvalsa anche delle

opportunità concesse dal Progetto regionale denominato

"Toscanaincontemporanea” mediante la partecipazione al relativo Bando

pubblico emesso con cadenza annuale.

Nell’elaborare i progetti di arte contemporanea abbiamo potuto contare su una

importante risorsa della nostra Fondazione qual è la Foresteria della sede di

Villa Stonorov ove possono essere accolti gli artisti. È una struttura di grande

fascino paesaggistico, ubicata sulle prime colline toscane, dove i suoni sono

quasi esclusivamente quelli naturali, atta a favorire lo studio, la creazione e

l’ispirazione artistica.

Nella progettazione dei piani annuali, la Fondazione si è proposta, quando

possibile, di seguire due direttive. Anzitutto si è cercato di stimolare sinergie e di

coinvolgere personalità tali che i progetti potessero essere realizzati sul

territorio pistoiese. In secondo luogo, abbiamo avuto cura di inserire il progetto

in iniziative di rete con quei centri, istituzioni culturali e altre associazioni

toscane dedicate all’arte contemporanea mediante workshop, laboratori,

attività espositive e seminariali.

Nel periodo tra settembre e ottobre 2022 gli artisti Ofelia Omoyele Balogun,

Jermay Michael Gabriel e Ismael Lo hanno soggiornato presso la residenza

d’artista di Villa Stonorov, sede della Fondazione Jorio Vivarelli per il progetto

inizialmente intitolato “Paesaggi Postcoloniali” vincitore del bando

“Toscanaincontemporanea” 2022. Durante la residenza, gli artisti hanno

lavorato sull’eredità storica e culturale della città di Pistoia, con particolare

attenzione alle tracce del periodo coloniale contenute negli archivi della città. Lo

storico Andrea Ottanelli ha collaborato alla ricerca e all’interpretazione di questi

elementi presenti in città. Gli artisti Ofelia Omoyele Balogun e Ismael Lo in

occasione della residenza hanno avviato una nuova collaborazione che unisce

linguaggi digitali visivi e sonori ai movimenti del corpo. L’artista Justin Randolph

Thompson ha svolto una triplice funzione, quella di mentore nei riguardi degli

artisti, di coordinatore artistico delle varie attività e quella di artista realizzando

un nuovo capitolo del film che ha realizzato, in parte nel 2021, con il supporto

dell’Italian Council. Questo progetto rappresenta la prima collaborazione fra la

Fondazione Jorio Vivarelli e The Recovery Plan, il centro di ricerca a Firenze, e la

partecipazione dei tre giovani artisti è un estensione della piattaforma di ricerca

YGBI Research Residency che ha portato insieme questi artisti già a febbraio.

7


La Fondazione Jorio Vivarelli esprime la propria gratitudine al consulente

artistico professor Giacomo Bazzani per aver curato la partecipazione al

Bando della Regione Toscana "Toscanaincontemporanea” fino

all’accoglimento della domanda e infine coordinato i rapporti fra Fondazione e

The Recovery Plan.

Un grazie particolare alla segretaria dottoressa Rachele Tuci per la

competenza e disponibilità con le quali ha seguito la residenza degli artisti e

facilitato il loro soggiorno e la loro opera.

Presentation

For the Jorio Vivarelli Foundation,

alongside the main purpose of

protecting and enhancing the

Master's work and artistic-cultural

heritage, has initiated a sector of

activity dedicated to contemporary

art in 2014. This is in order to

encourage opportunities for cultural

and professional growth among

recent generations in relation to

contemporary visual arts. In this

context, the Foundation has also

availed itself of the opportunities

granted by the regional project called

"Toscanaincontemporanea" by

participating in the relative public call

issued annually.

In developing contemporary art

projects, we have been able to count

on an important resource from our

Foundation which is the Guest House

of the Villa Stonorov headquarters

where artists can be welcomed. It is a

structure with a phenomenal

landscape, located in the Tuscan hills,

where the sounds are almost

exclusively natural, designed to

encourage study, creation and artistic

inspiration.

In designing its annual plans, the

Foundation has proposed, whenever

possible, to follow two directives. First

of all, an attempt was made to

stimulate synergies and to involve

important personalities in relation to

projects carried out in the Pistoia

area. Secondly, we take care to

include projects and network

initiatives with Tuscan centers,

cultural institutions and other

associations dedicated to

contemporary art through

workshops, laboratories, exhibitions

and seminars.

In the period between September and

October 2022, the artists Ofelia

Omoyele Balogun, Jermay Michael

Gabriel and Ismael Lo stayed at the

artist residence of Villa Stonorov,

home of the Jorio Vivarelli Foundation

8


for the project, initially titled 'Paesaggi

Postcoloniali", which was the winner

of the "Toscanaincontemporanea”

open call of 2022. During the

residency, the artists drew upon on

the historical and cultural heritage of

the city of Pistoia, with particular

attention to the traces of the colonial

period contained in the archives of the

city. The historian Andrea Ottanelli

collaborated on the research and

interpretation of these elements

present in the city. The artists Ofelia

Omoyele Balogun and Ismael Lo on

the occasion of the residency have

started a new collaboration that

combines visual and sound digital

languages with body movements.

Artist Justin Randolph Thompson

played a triple function, that of

mentor towards the artists, caring for

the artistic coordination of the various

activities and that of an artist by

making a new chapter of the film

initiated, partly in 2021, with the

support of the Italian Council. This

project represents the first

collaboration between the Jorio

Vivarelli Foundation and The

Recovery Plan, the research center in

Florence, and the participation of the

three young artists is an extension of

the YGBI Research Residency, a

research platform that brought these

artists together in February of 2022.

The Fondazione Jorio Vivarelli

expresses its gratitude to the

artistic consultant Professor Giacomo

Bazzani for taking care of

the participation in the open call

of the Regione Toscana,

"Toscanaincontemporanea" up to the

declaration of the awarding of the

application and additionally for his

coordinating between the Foundation

and The Recovery Plan Special

thanks to the secretary Dr. Rachele

Tuci for the competence and

availability with which she followed

the artists' residence and facilitated

their stay and their work.

9


Pistoia Riletta

1/Ofelia Balogun

& Ismael Lo

BHMF


Sulla rilettura

Rileggere qualcosa implica non solo che sia stato scritto, ma anche che sia

stato letto prima. Le assenze dell'archivio storico, i limiti delle prospettive a

punto unico accuratamente costruite e il rafforzamento delle narrazioni di

grandiosità rendono questa prospettiva particolarmente sfumata e complessa

in relazione a qualsiasi città e ai suoi indicatori culturali storici e contemporanei.

La consapevolezza dell'incapacità dell'archivio di trattenere, curare, includere e

visualizzare i margini che esso crea colloca il concetto di rilettura all'interno

della traiettoria di una riflessione scritta senza dubbio incompleta sui territori

geosociali. La registrazione della storia è l'instaurazione di margini che

consapevolmente ma inevitabilmente comprendono più della pagina che del

testo. Il testo, il tenore e il carattere sono spesso intrinsecamente maturi di

esclusioni, imprecisioni informate e nozioni potenzialmente fuorvianti fondate

sul posizionamento dello/la scrittore/rice e qualsiasi tentativo di rilettura deve

implorare che portiamo uno scetticismo critico riguardo all'accuratezza e alle

motivazioni sottostanti di narrazioni basate sul territorio. Diventano prefazioni,

disclaimer che chiedono al lettore di impegnarsi in un giudizio astenuto per

vedere ciò che è stato scritto come nient'altro che un'analisi obiettiva fondata

sul rigurgito ciclico delle stesse fonti materiali accumulate a sostegno della

narrativa dominante frequentemente con l'obiettivo di fare proprio questo,

dominare. Gli strumenti, le metodologie e le pratiche che hanno informato le

categorizzazioni, le classificazioni e le divisioni degli storici non sono progettati

per essere inclusivi né per impegnarsi in un posizionamento critico, da un punto

di vista sociale, basandosi invece su una distanza netta dal materiale, ma il

ruolo è tipicamente compreso come legato a una serie di obblighi morali ed etici

nei confronti del dire la verità. Incastonata in ciò che è naturalmente pieno di

speculazioni e ricostruzioni è l'impossibilità dell'integrità in relazione alle

narrazioni storiche. L'ignoranza esisterà sempre come un immenso mare

intorno alla minuscola isola della conoscenza.

11


Èpiuttostosorprendentementenellariletturachepossiamoaffrontareimodiin

cui la pratica della lettura e della scrittura in relazione al passato informa ed

essenzialmente ingabbia i nostri valori culturali e con essi la nostra capacità di

sognare. Basta riflettere sul fatto che una delle personalità più celebri di Pistoia

(figura ancora celebrata pubblicamente attraverso i nomi delle scuole e le

mostre d'archivio), rappresenta una visione inestimabile ma orribile del primo

territorio coloniale italiano sul continente africano. Scrivendosi gran parte delle

prime narrazione coloniali di quel “territorio” chiamato Eritrea, è difficile

sopravvalutare gli ostacoli della storia che sono stati ancorati nella narrazione

dello stesso territorio pistoiese, quale sacra culla di questa figura e delle sue

intermittenti invenzioni del modernismo dall'Unità d'Italia alla venerazione

postbellica delle pratiche artistiche contemporanee. Dove riponiamo allora le

nostre aspettative nelle meditazioni degli artisti su queste storie, sull'assenza

di prospettive, sulla capacità dei nostri valori di escludere certe immaginazioni?

Questo progetto abbraccia il territorio di Pistoia e dintorni attraverso l'archivio

scultoreo di Jorio Vivarelli, le collezioni della Biblioteca Forteguerriana e la Villa

Renatico Martini che ospita il Mac,n di Monsummano Terme. Questa residenza

èstataun'opportunitàperlosviluppodinuoveopereispiratealsito,alla

geografia e all'archivio della Fondazione Jorio Vivarelli. Gli artisti invitati sono

stati coloro che hanno partecipato alla terza edizione di YGBI Research

Residency coordinato da The Recovery Plan a cura di BHMF.

12


Coniato negli anni '60 dall'autrice di ARaisinintheSun,LorraineHansberry,

durante un discorso ai sei adolescenti vincitori di un concorso nazionale di

scrittura creativa, " young, gifted and black " divenne in seguito un inno di

orgoglio Nero che risuona ancora attraverso le generazioni nelle mani della

pianista, cantautrice attivista e cantante Nina Simone.

La necessità di spazi sicuri di solidarietà, collettività e dialogo è in continua

crescita in un contesto in cui l'emarginazione e lo stigma sociale segnano gli

artisti emergenti degli italiani afrodiscendenti in tutto il mondo. Per il contesto

italiano e la realtà socio-culturale dei Neri italiani, il bisogno di scambio è

profondo. YGBI (Young Gifted Black Italians) Research Residency and Training

Program è un'esperienza di studio collettiva nata inizialmente da una

collaborazione tra BHMF e l'università Ontario College of Art and Design

(OCAD Toronto) che si sé svolta negli studi di OCAD a Firenze e nelle aule e

auditorium di The Student Hotel (Firenze) in coincidenza con il Black History

Month Florence nel 2020.

Invitando artisti afro-discendenti sotto i 35 anni legati all'Italia in vari modi a

impegnarsi in una residenza di ricerca di 10 giorni sulla diaspora, la costruzione

dell'identità e la collettività, la residenza si sviluppa attraverso il supporto

continuo e il tutoraggio degli artisti che attraversano il suo programma

collegandoli a un rete più ampia e facilitando mostre e proposte istituzionali.

Mostre e progetti personali museali, ricercatori affiliati per gli artisti, cataloghi,

opportunità di borse di studio e opportunità espositive sono tutte escrescenze

di questa piattaforma e sono state rese possibili negli anni con la

collaborazione di Murate Art District, Numeroventi, Fondazione Sandretto Re

Rebaudengo, Centrale Fies, SAVVY CONTEMPORARY, Ontario College of Art

and Design, Istituto Italiano di Cultura a Parigi, Museo MAGA e attraverso

questo progetto con la Fondazione Jorio Vivarelli tra gli altri.

13


14

Nonostante la crisi sociale e sanitaria, dal 2020 BHMF e The Recovery Plan

hanno sviluppato tre edizioni di questa piattaforma con 12 artisti e 4 mentori

associati al lavoro. Febbraio 2022 ha segnato il terzo volume di YGBI, riunendo

tre artisti che lavorano in diverse discipline, Ofelia Balogun, Jermay Michael

Gabriel e Ismael Lo, sotto la guida e il tutoraggio del poetə transdisciplinare e

teoricə della critica Dr. SA Smythe.


Residenza

presso

la Fondazione

Jorio Vivarelli

La residenza YGBI del 2022, realizzata a febbraio nell'ambito della 7a

edizione del Black History Month Florence in collaborazione con

Numeroventi, attraverso il tutoraggio di SA Smythe si è basata sullo

sviluppo di strategie autosufficienti per affrontare i bisogni collettivi degli

artisti in una società in cui l'emarginazione e la mancanza di coltivazione di

giovani talenti producono costantemente cicli di esaurimento. In

collaborazione con la Fondazione Jorio Vivarelli con il sostegno della

Regione Toscana questo progetto, costituito da un ulteriore periodo di

residenza arricchito da un'analisi storica in dialogo con Andrea Ottanelli, e

da una pubblicazione, può essere considerato un'estensione, o un prossimo

capitolo di lavoro con questi giovani artisti veramente potenti, ancorati a

metodologie per la trasmissione della ricerca artistica come catalizzatore

per l'espansione della pratica artistica in studio. Attingendo alla capacità

del digitale di evocare approcci al sé e forme collettive di narrazione, il

mantenimento delle forme di movimento afro-diasporiche come gesto di

guarigione, scambi collaborativi e l'archivio come percorso di restituzione e

resistenza che contrasta l'epistemicida, Pistoia Riletta indica quei momenti

di gestazione e di riposo tanto necessari alla cura di sé quanto alla cura

collettiva. I testi, le immagini, i livelli, i suoni, le conversazioni e i gesti

contribuiscono alla fruizione di complessi enunciati di produzione di

conoscenza che turbano le nozioni di letture fisse della storia. Questa

residenza è stata sviluppata in due fasi, la prima che ha ospitato la ricerca

di Jermay Michael Gabriel in due periodi separati e la seconda che ha

ospitato una residenza collaborativa con Ismael Lo e Ofelia Balogun.

15


16


Ofelia Balogun & Ismael Lo

La residenza svolta da Ofelia Balogun e Ismael Lo è stata avanzata

impegnandosi collettivamente in un dialogo, uno scambio e un'articolazione

che si basavano sulla pratica ampliata rappresentata da ciascuno di loro. Il

lavoro di Balogun come coreografo e facilitatore culturale abbraccia il

linguaggio della danza, del movimento, del corpo per evocare ritmi, forme e

un'occupazione dello spazio fisico che nascono da una riflessione sulle

tradizioni diasporiche africane della danza, con un focus particolare su quelle

forme che provengono dalle tradizioni Yoruba. La tradizione, all'interno

dell'opera di Balogun, si basa su una profonda comprensione del fatto che la

tradizione non riguarda semplicemente un'adesione cieca e passiva a ciò che

ci precede, ma è ottenibile solo attraverso una meditazione sul posizionamento

di noi stessi e del nostro tempo al fine di avanzare in modo significativo

relazioni con il passato che richiedono le nostre stesse interiezioni, narrazioni e

spostamenti in relazione a tutto ciò che è stato. Il corpo nel suo lavoro è un

recipiente di gestualità che parla attraverso il silenzio, attraverso il suo pulsare,

attraverso il respiro e in sintonia con suoni che lo spingono a rispondere. Ismael

Lo è un artista il cui lavoro in un terreno realmente digitale è difficile da

classificare o inquadrare. La capacità della manipolazione tecnica di codici e

algoritmi di produrre suoni e immagini è attraversata dall'interesse per questi

elementi che sono al servizio di altre forme di arte e ad altri artisti. Autore di

collage digitale che realizza nel’ambito sonoro e visivo è in grado di sviluppare

ambienti completamente immersivi. Creatore di suoni visivi, Lo è in sintonia con

ciò che Tina Campt teorizza come la frequenza delle immagini 1 . Una

consapevolezza delle ripetizioni temporali delle immagini e della loro capacità

di evocare tono e ritmo emerge nel suo ampio arco di lavoro dalle matrici

animate ai droni acustici.

Per la residenza presso la Fondazione Jorio Vivarelli gli artisti hanno lavorato

insieme cercando di sviluppare un formato di collaborazione che fosse sensibile

all'ambiente di lavoro, utilizzando lo spazio e l'archivio come materiale di

partenza che potesse influenzare l'immaginario, il simbolismo, le modulazioni

sonore e lo stesso spirito incarnato dagli artisti attraverso il linguaggio della

performance. I visitatori agli open studio ospitati alla Fondazione il 15 ottobre

si sono trovati immersi in un trittico di stendardi appesi all'interno dello spazio

che portano colore e movimento alla stanza fatta di legno e terracotta. Il

movimento degli stendardi mentre li attraversavi e la teatralità della loro

illuminazione preparavano il terreno per quello che sembrerebbe un rituale. Il

1

ABlackGazeArtistsChangingHowWeSeeByTinaM.Campt,MITPress,

2022

17


basso e i successi del ritmo digitale hanno ulteriormente ampliato lo spazio nei

corpi e nelle menti degli spettatori ed è stato generativo di un'immensa

anticipazione dell'apparizione di Balogun che è emerso da dietro il pubblico. Si

muoveva nello spazio, il viso velato di stoffa portando in ogni suo gesto la

vitalità delle pose catturate nelle stampe stratificate realizzate da Lo. C'era un

respiro affannoso che permeava la stanza, quella del pubblico che si

aggrappava alla tensione che si addensava man mano che la performance

procedeva e quella del respiro troncato della danzatrice che, con fatica ma con

disinvoltura, tratteneva e rilasciava l'aria come se fosse ciò che spingeva il suo

corpo attraverso lo spazio. Gesti che portavano un palinsesto di emergenze e

scoperte psicosociali si ripiegavano l'uno nell'altro come la danzatrice tra gli

stendardi penzolanti che si muovevano intorno a lei come coreografati per

farlo. Emerse un climax quando il suono sembrò svanire e il corpo contorto di

Balogun si chinò e si sollevò come se si rifiutasse di ingerire, di digerire, di

accettare tutto ciò che era stato assorbito.

Le stampe a stendardo realizzate da Ismael Lo sono il risultato di

manipolazioni e illustrazioni digitali che giustappongono i gesti corporei della

sua collaboratrice in conversazione con una serie di sculture di Jorio Vivarelli

presenti alla Fondazione. Le superfici di bronzo e marmo influenzano una

superfice simile ad un acquerello come una patina sulle stampe stesse.

Troncando fisicamente lo spazio, le opere sono contemporaneamente una

scenografia teatrale e la riconfigurazione delle possibilità spaziali. La violenza

della guerra, l'intimità delle immaginazioni astratte del corpo, i piegamenti e i

flussi dei corpi che si sorreggono sono tutti elementi che emergono dalla

sommersione dei due artisti negli spazi un tempo occupati da Jorio Vivarelli e

da una profonda interazione con la sua produzione scultorea, il suo spazio di

studio e i titoli e testi che hanno accompagnato queste opere. La performance

collaborativa che ne risulta emerge arricchita dall'ambiente di questa

importante istituzione pistoiese e lo spazio della Fondazione emerge arricchito

da intuizioni e una prospettiva che risveglia l'opera e l'archivio dell'artista che

un tempo chiamava questo spazio casa e che lo ha sostenuto come un luogo

di continua crescita, scambio e contemplazione creativa.

18


Rereading Pistoia 1/

Ofelia Balogun & Ismael Lo

Ignorance will always exist

as an immense sea

around the miniscule island

of knowledge

On Re-reading

BHMF

To re-read something implies not only

that it has been written, but also that

it has been read before. The absences

of the historical archive, the

limitations of painstakingly

constructed single point perspectives

and the bolstering of narratives of

grandeur make this prospect

particularly nuanced and complex in

relation to any city and its historical

and contemporary cultural markers.

An awareness of the incapacity of the

archive to hold, to care for, to include

and to visualize the margins that it

creates positions the notion of rereading

within the trajectory of an

undoubtedly incomplete written

reflection on geo-social territories.

The recording of history is the

establishment of margins that

consciously yet unavoidably

encompass more of the page than the

text. The text, the tenor and the font

are quite often inherently ripe with

exclusions, informed imprecisions and

potentially misleading notions

grounded in the positionality of the

writer and any attempt at rereading

must implore that we carry a critical

skepticism in regards to the accuracy

and underlying motives of place

based narrations. They become

prefaces, disclaimers that ask the

reader to engage in restrained

judgment so as not to see what has

been written as anything other than

objective analysis grounded in the

cyclical regurgitation of the same

source materials accumulated in

support of the dominant narrative

frequently with the objective of doing

just that, dominating. The tools,

methodologies and practices that

have informed historians’

categorizations, classifications and

divisions are not designed to be

inclusive nor to engage in critical

positioning, from a social standpoint,

relying instead upon a clear cut

distance from the material yet the role

is typically understood as tethered to

asetofmoralandethicalobligations

towards truth telling. Embedded in

what is naturally filled with

speculation and reconstruction is the

impossibility of wholeness in relation

to historical narratives. Ignorance

will always exist as an immense

sea around the miniscule island of

knowledge.

Quite remarkably it is in rereading

that we can address the ways in

which the practice of reading and

writing in relation to the past inform

19


and essentially cage our cultural

values and with them our capacity to

dream. It is enough to reflect upon the

fact that one of Pistoia’s most

celebrated personalities ( a figure

who is still celebrated publicly

through school names and archive

based exhibitions), represents

priceless yet horrific insight to Italy’s

first colonial territory on the African

continent. Penning himself much of

the narration of that “territory” called

Eritrea, it is difficult to overstate the

obstacles of history that have been

anchored in the narration of the

territory of Pistoia itself, as the

hallowed home to this figure and its

intermittent fabrications of

modernism from the unification of

Italy to the postwar veneration of

contemporary artistic practices.

Where then do we place our

expectations in the meditations of

artists on these histories, on the

absence of perspectives, on the

capacity of our values to exclude

certain imaginings?

This project embraces the territory of

Pistoia and its surroundings through

the sculptural archive of Jorio Vivarelli,

the collections of the Biblioteca

Forteguerriana and the Mac,n in

Monsummano Terme. This residency

was an opportunity for the

development of new work inspired by

the site, geography and archive of the

Fondazione Jorio Vivarelli. The artist

that were invited were those who

took part in the third edition of YGBI

Research Residency.

YGBI

“You are young, gifted and black

We must begin to tell our young

There's a world waiting for you

Yours is the quest that's just begun”

Nina Simone, extract from

Young, Gifted and Black, 1969

Coined in the 60s by ARaisininthe

Sun’s author Lorraine Hansberry

while giving a speech to the six

teenage winners of a national

creative writing contest, “young,

gifted and black” became later an

anthem of black pride that still echoes

across the generations in the hands

of pianist, activist songwriter and

singer Nina Simone.

The need for safe spaces of solidarity,

collectivity and dialogue is ever

growing in a context where

marginalization and social stigma

mark emerging artists of the African

Diaspora worldwide. For the Italian

context and the socio-cultural reality

of Italians of African descent, the

need for exchange is profound. YGBI

(Young Gifted Black Italians)

Research Residency and Training

Program is a collective studio

experience initially born from a

collaboration between BHMF and

Ontario College of Art and Design

(OCAD Toronto) which took place in

the studios of OCAD in Florence and

the classrooms and auditoriums of

The Student Hotel (Florence)

coinciding with Black History Month

Florence in 2020.

20


Inviting Afro-Descendent artists

under 35 years old connected to Italy

to engage in a 10-day research

residency about diaspora, identity

construction and collectivity, the

residency unfolds through the

ongoing support and mentorship of

the artists that pass through its

program connecting them to a

broader network and facilitating

institutional exhibitions and

proposals. Museum solo projects,

affiliated researchers for the artists,

catalogues, fellowship opportunities

and exhibition opportunities are all

outgrowths of this platform and have

been made possible over the years

with the collaboration of Murate Art

District, Numeroventi, Fondazione

Sandretto Re Rebaudengo, Centrale

Fies, SAVVY CONTEMPORARY,

Ontario College of Art and Design,

Italian Cultural Institute in Paris,

Museo MAGA and through this

project with the Fondazione Jorio

Vivarelli amongst others.

In spite of the social and health crisis,

since 2020 BHMF and The Recovery

Plan have developed three editions of

this platform with 12 artists and 4

mentors connected to the work.

February 2022 marked the third

volume of YGBI, bringing together

three artists working across

disciplines, Ofelia Balogun, Jermay

Michael Gabriel and Ismael Lo, under

the guidance and mentorship of

transdisciplinary poet and critical

theorist Dr. SA Smythe.

Residency at the

Fondazione Jorio

Vivarelli

The 2022 residency, which was

advanced in February as a part of

the 7th edition of Black History

Month Florence in collaboration

with Numeroventi, through the

mentorship of SA Smythe was

grounded in the development of

self sufficient strategies for

addressing the collective needs of

artists in a society where

marginalization and a lack of

cultivation of talented youth

consistently produces ciphers of

exhaustion. In collaboration with

the Fondazione Jorio Vivarelli with

the support of Regione Toscana

this project, consisting of an

additional residency period

enriched by historical analysis in

dialogue with Andrea Ottanelli,

and a publication, can be

considered an extension, or next

chapter of work with these young

and truly powerful artists,

anchored in methodologies for the

transmission of artistic research as

a catalyst for the expansion of

studio based artistic practice.

Drawing upon the capacity of the

digital to conjure approaches to

self and collective forms of

narration, the retention of Afrodiasporic

forms of movement as a

gesture towards healing,

collaborative exchanges and the

archive as a pathway to restitution

21


and resistance that counters

epistemicide, Pistoia Riletta points

to those moments of gestation and

repose that are so necessary for

self-care as collective care. The

texts, images, layers, sounds,

conversations and gestures

contribute to the fruition of

complex utterances of knowledge

production that trouble notions of

fixed readings of history. This

residency was developed in two

phases, the first which hosted the

research of Jermay Michael Gabriel

over two separate periods and the

second which hosted a

collaborative residency with

Ismael Lo and Ofelia Balogun.

Ofelia Balogun &

Ismael Lo

The residency carried out by Ofelia

Balogun and Ismael Lo was

advanced collectively engaging in a

dialogue, exchange and articulation

that relied upon the expanded

practice represented by each of them.

Balogun’s work as a choreographer

and cultural facilitator embraces the

language of dance, of movement, of

the body in order to conjure rhythms,

forms and an occupation of physical

space that are born from a reflection

on African diasporic traditions of

dance, with a particular focus on

those forms that come from Yoruba

traditions. Tradition, within the work

of Balogun, is grounded in a profound

understanding that tradition is not

simply about a blind and passive

adherence to what comes before us

but is obtainable only through a

meditation on the positioning of

ourselves and our time in order to

advance meaningful relationships to

the past that requires our own

interjections, narrations and shifts in

relation to all that was. The body in

her work is a vessel of gestuality that

speaks through silence, through its

pulsating, through breath and with

sounds that push it to respond. Ismael

Lo is an artist whose work in a truly

digital terrain is difficult to categorize

or box in. The capacity of the technical

manipulation of codes and algorithms

to produce sound and image is

traversed by an interest in these

elements being of service to other

forms of art and to other artists.

Digital collage is carried out in the

sonic and visual realm capable of

developing entirely immersive

environments. Making visual sound

Lo is attuned to what Tina Campt

theorizes as the frequency of images 2 .

An awareness of the temporal

repetitions of images and their

capacity to evoke tone and rhythm

emerges in his broad span of work

from animated matrixes to acoustic

cyphers.

For the residency at the Fondazione

Jorio Vivarelli the artists worked

together striving to develop a format

for collaboration that was responsive

to the working environment, using the

2

ABlackGazeArtistsChangingHowWeSeeByTinaM.Campt,MITPress,2022

22


space and archive as source material

that could influence imagery,

symbolism, sonic modulations and

the very spirit embodied by the artists

in performance. Visitors to the open

studios hosted at the fondazione

October 15th found themselves

immersed in a tryptich of banners

hung within the space bringing color

and movement to the wood and

terracotta room. The movement of the

banners as you walked through them

and the theatricality of their lighting

set the stage for what would feel like

ritual. The bass and hits of the digital

beat further expanded the space into

the bodies and minds of the viewers

and was generative of an immense

anticipation of the appearance of

Balogun who emerged from the

behind the audience. She moved

through the space, face veiled with

fabric carrying in her every gesture

the vitality of the poses captured in

the layered prints realized by Lo.

There was a breathlessness that

permeated the room, that of the

audience who held on to the tension

which thickened as the performance

moved forth and that of the truncated

breath of the performer who, with

fatigue yet ease, held and released air

as if it was that which propelled her

body through the space. Gestures

that carried a palimpsest of

emergences and psycho-social

discoveries folded into each other like

the dancer amongst the dangling

banners which moved around her as

if choreographed to do so. A climax

emerged as the sound seemed to

dissipate and the contorted body of

Balogun hunched over and heaved as

if it refused to ingest, to digest, to

accept all that had been taken in.

The banner like prints realized by

Ismael Lo are the result of digital

manipulations and illustrations that

juxtapose his collaborator’s bodily

gestures in conversation with a series

of sculptures by Jorio Vivarelli present

at the foundation. The surfaces of

bronze and marble influence a

watercolor like patina on the prints

themselves. Physically truncating the

space, the works are simultaneously

a theatrical backdrop and the

reconfiguration of spatial possibilities.

The violence of war, the intimacy of

abstract imaginings of the body, the

bends and flows of bodies supporting

each other are all elements that

emerge from the submerging of the

two artists within the spaces once

occupied by the Jorio Vivarelli and a

profound engagement with his

sculptural production, his studio

space and the titles and texts that

accompanied these works. The

resulting collaborative performance

emerges enriched by the environment

of this important Institution of Pistoia

and the space of the Fondazione

emerges enriched by insight and a

prospective that awakens the work

and archive of the artist who once

called this space home and who

advocated for it to be a site of

continued growth, exchange and

creative contemplation.

23


Lupa Caligo

Ofelia Omoyele Balogun

Ismael Lo

24


Il nome Lupa Caligo nasce dalla riflessione sull’intermezzo tra la

chiamata e la risposta: alla ricerca di nomi per quello stato di

sospensione, è nata un’associazione con il vapore sulla superficie marina,

una fase transitoria mutabile e al contempo perenne.

La Lupa è il nome dato alla nebbia che nasce dal mare, in particolare

quella che ricopre lo stretto di Messina. Similmente, Caligo significa più in

generale nebbia.

Lupa Caligo si nutre di conversazioni tra persone, spazi e opere e si

manifesta per mano di Ismael e Ofelia.

25


Movimento, musica e elementi visuali sono stati creati con un

procedimento ciclico di scambio e collaborazione.

culture <> ispirano <> conversazioni <> contengono <> temi <> suggeriscono <> immagini <>

ppresentano <> movimenti <> seguono <> ritmi <> contengono <> melodie <> ricordano <>

ersone <> cambiano <> spazi <> ospitano <> persone <> creano <> sculture <> ispirano <>

onversazioni <> contengono <> immagini <> rappresentano <> sculture <> raccontano <>

ovimenti <> seguono <> ritmi <> contengono <> melodie <> ricordano <> persone <>

ambiano <> spazi <> ospitano <> sculture <> ispirano <> conversazioni <> contengono <> tem

> suggeriscono <> immagini <> rappresentano <> movimenti <> seguono <> ritmi <>

ontengono <> melodie <> ricordano <> persone <> cambiano <> spazi <> ospitano <> sculture

> nti <> seguono <> ritmi <> contengono <> melodie <> ricordano <> persone <> cambiano <>

pazi <> ospitano <> sculture <> ispirano <> conversazioni <> contengono <> immagini <>

ppresentano <> movimenti <> seguono <> ritmi <> contengono <> melodie <> ricordano <>

ersone <> cambiano <> spazi <> ospitano <> sculture <> ispirano <> conversazioni <>

ontengono <> temi <> suggeriscono <> immagini <> rappresentano <> ritmi <> contengono <>

ovimenti <> ispirano <> temi <> suggeriscono <> immagini <> rappresentano <> moviment

> seguono <> temi <> suggeriscono <>ritmi <> contengono <> melodie <> ricordano <>

ersone <> cambiano <> spazi <> ospitano <> sculture <> ispirano <> conversazioni <>

ontengono <> temi <> suggeriscono <> immagini <> rappresentano <> movimenti <> seguono

> ritmi <> contengono <> melodie <> ricordano <> persone <> cambiano <> spazi <> ospitano

> sculture <> ispirano <> conversazioni <> contengono <> temi <> suggeriscono <> immagin

> rappresentano <> movimenti <> seguono <> ritmi <> contengono <> melodie <> ricordano <>

ersone <> cambiano <> spazi <> ospitano <> sculture <> ricordano <> persone <> ispirano <>

onversazioni <> contengono <> temi <> suggeriscono <> immagini <> rappresentano <>

ovimenti <> seguono <> ritmi <> contengono <> melodie <> ricordano <> persone <>

ambiano <> spazi <> ospitano <> sculture <> ispirano <> conversazioni <> contengono <> tem

> suggeriscono <> immagini <> rappresentano <> movimenti <> <> ispirano <> conversazion

> contengono <> temi <> suggeriscono <> immagini <> rappresentano <> movimenti <>

eguono <> ritmi <> contengono <> melodie <> ricordano <> persone <> cambiano <> spazi <>

spitano <> persone <> cambiano <> spazi <> ospitano <> sculture <> ispirano <>

onversazioni <> contengono <> temi <> suggeriscono <> immagini <> rappresentano <>

ovimenti <> seguono <> ritmi <> contengono <> melodie <> ricordano <> persone <>

ambiano <> spazi <> ospitano <> sculture <> ispirano <> conversazioni <> contengono <> tem

> suggeriscono <> immagini <> rappresentano <> movimenti <> seguono <> ritmi <>

ontengono <> melodie <> ricordano <> persone <> cambiano <> spazi <> ospitano <> sculture

> ispirano <> conversazioni <> contengono <> temi <> suggeriscono <> immagini <>

ppresentano <> movimenti <> seguono <> ritmi <> contengono <> melodie <> ricordano <>

ersone <> cambiano <> spazi <> ospitano <> persone <> ricordano <> sculture <> ispirano <>

26

Ismael Lô


i <>

<>

<>

<>

<>

emi

i <>

ture

o <>

i <>

<>

i <>

o <>

enti

<>

i <>

ono

tano

gini

o <>

o <>

<>

<>

emi

ioni

i <>

i <>

<>

<>

<>

emi

i <>

ture

<>

<>

o <>

Call and Response

Ridurre una metodologia alla sola tecnica porta ad una visione incompleta del

lavoro artistico, che necessita invece momenti di introspezione, interrogazione,

riflessione ed allo stesso tempo spontaneità, leggerezza e connessione al

proprio intuito.

In una lettera scritta dai musicisti Herbie Hancock e Wayne Shorter 1 ,suddivisa

in undici punti ed indirizzata agli artisti del mondo della nuova generazione, le

due icone parlano dell’IGNOTO.

“L’ignoto richiede un’improvvisazione passo dopo passo o un processo creativo

imparagonabile per potenziale e realizzazione. Nella vita non c’è un copione già

scritto, perché la vera prova è la vita stessa.”

“Ogni relazione, ostacolo ed interazione e’ una prova per la prossima avventura

nella vita. In quanto ogni elemento e’ connesso. Ogni fattore costruisce. Nulla

viene sprecato.”

“Questa tipologia di pensiero richiede coraggio, per non essere dirottati dalla

retorica comune, o dalle false credenze ed illusioni su come la vita dovrebbe

essere vissuta”.

“Attraverso l’esplorazione di nuovi suoni, ritmi, ed armonie o collaborazioni

inaspettate, processi ed esperienze. Al di là della ripetizione nelle sue forme e

conseguenze negative per sforzarsi per creare nuove azioni musicalmente,

artisticamente e con il percorso della tua vita.”

La fiducia nel processo creativo e nel conseguente incontro con l’ignoto, e’ un

elemento fondamentale che ritroviamo esplorando l’attimo sospeso tra la

Chiamata e la Risposta.

27


Musica

Il fenomeno della Chiamata e della Risposta e lo spazio senza nome che lo

inframmezza appare come una continua conversazione che attraversa la

musica, la danza e la vita stessa.

Nell’approccio musicale e nella parole di Ismael:

“Si applicano diversi approcci come fossimo diverse personalita’, per distaccarci

dal creato per entrare nella creazione. L’impersonificazione di un altro ruolo nella

musica crea il giusto distacco per l’ascolto partecipativo”

“Per mantenere la capacità di procedere nella creazione e allo stesso tempo

coprire aree disparate della produzione in modo coerente, devo rimanere in

ascolto attivo mentre muto forma, ruolo, punto di vista. La mia interazione con

l’insieme di chiamate e risposte cambia, e al contempo io rimango in uno stato

vigile e sospeso fino alla fine. Come suonando musica dal vivo un musicista può

passare dal silenzio, all’assolo, a ruoli di sostegno, prendendo una miriade di

decisioni istantanee che influiscono sull’insieme e allo stesso tempo esserne

influenzate.”

“Si tratta di una continua decostruzione e costruzione per trovare l’essenza e

ritrovare un nuovo contesto al suono” 2

Danza

Nella danza il concetto di Chiamata e Risposta si ritrova in quasi tutte le forme

di conversazione corporale: nel gioco della Capoeira, in un duetto

contemporaneo e nella sua relazione con le percussioni ad esempio. Ma

facendo un passo ulteriore, la ritroviamo in ognuno di noi e nella nostra

modalità di rispondere agli stimoli (Chiamata) e la nostra capacità di

Rispondere in maniera consapevole ed efficace.

In una società eurocentrica, un corpo che non rispetta i suoi canoni estetici e

modelli non è libero di esprimere se stesso senza sentire la continua pressione

di rispettare i suoi codici. Nella danza questa pressione si manifesta nella

convinzione che tutte le forme di danza devono rispettare i codici estetici del

balletto classico e soffocare l'eredità corporale, anatomica e culturale di

ognuno di noi.

Il danzatore e la danzatrice, ma come chiunque altro puo’ liberarsi da cio’

attraverso la decostruzione di cio’ che sono le proprie convinzioni limitanti ogni

volta che riceve un input (Chiamata) che stimola la reazione istintiva invece che

una Risposta consapevole.

Questo lavoro di decostruzione porta alla riscoperta della propria creativita’ e

gli aspetti unici della propria individualita’.

28


ll Velo

In un contesto che adotta codici e modelli implicitamente obbligatori

(mancanza di rappresentazione, codici estetici e psicologici monocultura,

direzioni ed opzioni di vita limitanti e denigranti ect), l’individuo viene

costantemente tempestato da input, episodi ed esperienze che si traducono in

micro e macro aggressioni che sfociano in in traumi personali e collettivi.

Nella formula giudizio ricevuto-introiettato-proiettato, il fenomeno Chiamataspazio

consapevole -Risposta si trasforma in un'opportunità di rottura di quei

codici tipici di una narrativa inconsapevole.

Quando l’atto discriminatorio viene interiorizzato, l’individuo e’ chiamato a

svelare i propri filtri per poter osservare la realtà, per imparare a rispondere

libero dalle proprie ferite e convinzioni limitanti.

“Entrò nella stanza velata con una visione parziale dell'ambiente circostante e

della realtà. La musica di Ismael e le sue risposte ad essa l'aiutarono a liberarsi

da quei veli”

Tra il fenomeno della Chiamata e la Risposta si trova questo spazio in cui

questo lavoro puo’ essere applicato. Parliamo di uno spazio mediano, che

richiede introspezione e presenza, di cui la risposta e’ il risultato . Questo spazio

ruota attorno alla decisione ed alla consapevolezza della sua importanza. Esso

puo’ essere definito come quella transizione che sospende la reazione istintiva

ed esplora il potenziale inespresso prima del divenire.

“Tuttavia, questo divario è fondamentale per determinare la qualità della

risposta e conseguenza del dialogo tra due individui. Questa riflessione diventa

particolarmente potente se letto nel contesto della Diaspora nera e del concetto

pratico di "guarigione" di Ofelia Balogun. Ad esempio, se una persona ha subito

un trauma personale o collettivo -come la microviolenza razzista- e non è

consapevole di ciò, può avere una reazione automatica ad uno stimolo che

innesca questo specifico trauma compromettendo così un vero dialogo” 3

Tra il concetto di Chiamata e Risposta esiste quindi una sospensione senza

nome che determina il corso degli eventi, nella musica e nel movimento la

capacita’ di ascoltare in contemporanea all’agire, e’ fondamentale per la

riuscita della conversazione tra il corpo e la melodia e l’equilibrio dell’insieme

degli elementi.

29


Nel crocevia della storia

Nelle tradizioni esistenti ed antiche, troviamo il fenomeno espresso come

personificazione oppure oggetto animico. Come per esempio quella legata alla

tradizione Yoruba, dove troviamo la personificazione del bivio, il maestro della

potenzialita’ 4 .Ciòchenecessita,acolorochepercorronoilcammino,e’ildiritto

eildoverealladecisioneconsapevoleel'artedipraticarelacomunicazione

efficace. O in altre parole, la capacità di riconoscere la scelta giusta davanti alle

varie direzioni da prendere: le porte, le uscite, le chiamate, dentro il tempo,

contro tempo, la narrativa, la maschera e tutto quello che vive nello spazio

intermedio.

Un altro tentativo di definire cio’ che accade in quello spazio puo’ essere trovato

nella tradizione linguistica Pali 5 .

La parola Upekkha, viene tradotta con due definizioni: “guardare sopra”

l’osservare senza essere catturati da cio’ che vediamo e la conseguente abilita’

di percepire il quadro piu’ grande. E come “ stare al centro di tutto questo” o

“essere nel mezzo” riferendosi all’equilibrio ed all’atteggiamento mentale del

rimanere centrati nel mezzo di qualsiasi cosa stia succedendo.

Ma….

Vissuto personale e la Storia

...cosa viene esplorato in quello spazio mediano?

Quali esperienze, episodi e percezione dei fatti si connettono alla storia

familiare, alle relazioni e alle dinamiche sociali della società contemporanea?

“La teoria psicologica classica, con omissione assoluta, tende a dividere la

psiche umana dal rapporto con la terra in cui gli esseri vivono, dalla conoscenza

delle eziologie culturali del malessere e dell’inquietudine, e anche a separarla

dalla politica e dalle politiche che formano le esistenze interiori ed esteriori degli

esseri umani, come se il mondo esterno non fosse altrettanto surreale,

altrettanto carico di simboli, altrettanto influente e costrittivo per la vita-umana

del tumulto interiore.

La terra, la cultura e la politica di cui si vive contribuiscono altrettanto al

paesaggio psichico dell’individuo e vanno a considerare quanto il suo ambiente

privato” 6

Considerare ciò che succede adesso nella nostra vita e intorno a noi e’

fondamentale per il riconoscimento di altre realtà parallele al nostro tempo

insieme al potere decisionale a quali elementi dare attenzione. L’estetica, la

percezione della storia e l’importanza del vissuto collettivo ed individuale non

30


31


appartiene ad una sola categoria umana. Esso puô essere anche letto come

valore base nella cultura della danza e nel suo rapporto con la definizione di

danza contemporanea ed eurocentrismo.

“Cio’ che mi hanno detto che sono”

e"Cosacredodiessere”

La funzione sociale della danza e l'educazione alla consapevolezza, in un

contesto occidentale, significherebbe un primo riconoscimento che non esiste

separazione, tra il nostro vissuto e ciò che è la Storia e i cambiamenti sociopolitici

attorno a noi.

La danza attraverso la sua funzione teatrale, narrativa, comunitaria, simbolica

earchetipicae’unostrumentoattivomadimenticatoperlatrasformazione

individuale e collettiva. Come ad esempio, la sua utilità nel ricostruire la propria

capacita’ di discriminare, la decostruzione delle proprie esperienze e il vissuto

olascopertadellapropriaidentita’intersezionaleel’intenzionale

Nella danza esiste l’importanza di avere ben chiaro l’intenzione dietro il proprio

movimento, la gestualita’ in se’ può produrre suoni e messaggi o il ricordo di

una storia o un'immagine, l’ entrare ed uscire dalla storia, le provocazioni e le

metafore. Il corpo, nella pratica, fa emergere e “vedere chiaramente” ciò che

non vuole essere sentito/visto/percepito.

L’Intersezionalita’ dello spazio

tra la Chiamata e la Risposta

L’intersezionalita’ delle proprie esperienze porta ad una intersezionalita’ di

domande e risposte che creano nuovi ponti di significato. L’esperienza di una

identita’ cosidetta intersezionale pone le condizioni per la creazione di nuovi

ponti, nuove connessioni e nuove soluzioni. Insieme a cio’ il permesso di

sperimentare il concetto identitario in maniera multipla ed unica.

Vedere il valore di quelle connessioni che creano l’unicita’ di una persona viene

chiamata intuizione. Quando non si conosce e si decide di non scegliere questi

elementi unici che creano ciò che siamo, si rifiuta anche la nostra parte piu’

intuitiva. L’intuizione mi diventa aliena perche’ non affine alla razionalita’

predicata dalla mentalita’ dominante con il risultato di soffocare cio’ che ci

rende vivi ed ossigena il nostro fuoco interiore.

"Ciò che non riesco a vedere non posso conoscerlo, cio’ che non conosco lo temo,

cio’ che temo lo odio: cio’ che odio voglio distruggere. Sicche’ la mente

razionalizzata preferisce l’abisso al ponte; il taglio netto che separa i regni” 7 .

32


Rispondere

Rispondere consapevolmente agli eventi sociali, che mettono al centro una

specifica categoria umana, e scegliere in quale direzione indirizzare le proprie

energie significa riconoscere la differenza tra giudizio ricevuto, introiettato e

proiettato.

Cosa succede quando perdiamo la nostra individualità’ e

conseguentemente diventiamo un etichetta che la società’ ci impone? 8

Cosa succede quando perdiamo l'abilità’ di metterci ‘nei panni dell’altro

elanostramentecominciaaragionareinterminidicategoria

sviluppando una percezione distorta?

Come le etichette che la società ci impone influenzano le nostre scelte, le

nostre vite e come vediamo e percepiamo la realtà?

Cosa significa Guarire?

Cosa e chi sono oltre l’antagonismo?

Ofelia Omoyele Balogun

1

“Lettera alla nuova generazione di giovani artisti”, Pianista Herbie Hancock eSassofonistaWayne

Shorter, ICAP-International Committee of Artist for Peace (icapeace.org)

2

Conversazione con Ismael Lo per la creazione del progetto “Lupa Caligo”, Fondazione Jorio Vivarelli,

2022

3

Risposta all’ Open Studio “Lupa Caligo”, Livia Dubon, curatrice e ricercatrice indipendente, Fondazione

Vivarelli, 2022

4

”Eshu Eshu, Elegba, Legba | Yoruba Orisha”, da “Flash of the Spirit, African and AfroAmerican Art and

Philosophy”, Robert F Thompson,1983

5

”Bioethics and Buddhism”, Dr. Ch. Venkata Sivasai

6

“Donne che Corrono coi Lupi”, Clarissa Pinkola Estes PhD, scrittrice, poetessa, psicoanalista e specialista

in disturbi post-traumatici,2011

7

James Hillman, psicoanalista e filosofo (1926 – 2011), definisce gli archetipi come “[...] i modelli

più profondi del funzionamento psichico, come le radici dell’anima che governano le prospettive

attraverso cui vediamo noi stessi e il mondo. Essi sono le immagini assiomatiche a cui ritornano

continuamente la vita psichica e le teorie che formuliamo su di essa.”

33


The title comes from the reflection

on the interlude between the call

and the response: in search of words

that describe that state of

suspension, an association was

born with the steam from the sea

surface, a mutable, and at the same

time perennial transitory phase.

La Lupa is the name given to the

steam that arises from the sea, in

particular that which engulfs the

Strait of Messina. Similarly, Caligo

more generally means fog.

Lupa Caligo feeds on conversations

between people, spaces and works

of art and manifests itself through

the work of Ismael and Ofelia.

Movement, music and visual

elements were created with a

cyclical process of exchange and

collaboration.

people <> change <> spaces <> host

<> sculptures <> inspire <>

conversations <> contain <> themes

<> suggest <> images <> represent

<> movements <> follow <> rhythms

<> contain <> melodies <>remind

<>...

Ismael Lô

Call and Response

Reducing a methodology to simply

technique alone leads to an

incomplete vision of artistic

production, which instead requires

moments of introspection,

questioning, reflection and at the

same time spontaneity, lightness and

connection to one's intuition.

In a letter written by musicians Herbie

Hancock and Wayne Shorter 1 ,divided

into eleven points and addressed to

the artists of the new generation, the

two icons speak of the UNKNOWN.

"The unknown necessitates a momentto-moment

improvisation or creative

process that is unparalleled in potential

and fulfillment. There is no dress

rehearsal for life because life, itself, is

the real rehearsal. "

"Every relationship, obstacle,

interaction, etc. is a rehearsal for the

next adventure in life. Everything is

connected. Everything builds. Nothing

is ever wasted. "

"The world needs new pathways. Don’t

allow yourself to be hijacked by

common rhetoric, or false beliefs and

illusions about how life should be lived.”

"Whether through the exploration of

new sounds, rhythms, and harmonies

or unexpected collaborations,

processes and experiences, we

encourage you to dispel repetition in all

of its negative forms and

consequences. Strive to create new

actions both musically and with the

pathway of your life. "

34


Trust in the creative process and in

the consequent encounter with the

unknown is a fundamental element

that we can rediscover by exploring

the moment suspended between the

Call and the Response.

Which call and response are we

talking about?

Music

The phenomenon of Call and

Response and the nameless space

that intersperses it appears as a

continuous conversation that runs

through music, dance and life itself.

In the musical approach, in Ismael's

words:

"Different approaches are applied as if

from different personalities, to

distance ourselves from what is

created in order to begin creation. The

impersonation of different roles in

music creates the right form of

detachment for participatory listening"

“To maintain the ability to proceed

with creation and at the same time

cover disparate areas of production in

acoherentway,Ihavetoremainin

active listening while I change form,

role, point of view. My interaction with

the set of calls and responses

changes, and at the same time I

remain in a state of alert, suspended

until the end. The same way a

musician playing live can go from

silence, to solo, to supporting roles,

making a myriad of instant decisions

that affect the whole and at the same

time are influenced by it. "

"It is a continuous deconstruction and

construction to find the essence and to

rediscover a new context for sound" 2

Dance

In dance, the concept of Call and

Response is found in almost all forms

of corporal conversation: in the game

of Capoeira, in a contemporary duet

and in its relationship with percussion

for example. But taking a further step,

we find it in each of us and in our way

of responding to stimuli (Call) and our

ability to respond in a conscious and

effective manner.

In a Eurocentric society, a body that

does not respect its aesthetic canons

and models is not free to express itself

without feeling the constant pressure

to adhere to its codes.

In dance this pressure manifests itself

in the belief that all forms of dance

must respect the aesthetic codes of

classical ballet, suffocating the bodily,

anatomical and cultural heritage of

every one of us.

The dancer, like anyone else can free

themself from this by deconstructing

the limitations of beliefs every time an

input is received (Call) stimulating an

instinctive reaction instead of a

conscious response.

This work of deconstruction leads to

the rediscovery of one's creativity and

the unique aspects of one's

individuality.

35


The Veil

In a context that adopts implicitly

obligatory codes and models (lack of

representation, monoculture

aesthetics and psychological codes,

limiting and deminishing direction and

life options, etc.), the individual is

constantly pestered by inputs,

episodes and experiences that

translate into micro and macro

aggressions that result in personal

and collective traumas. In the

received-introjected-projected

judgment formula, the phenomenon

called conscious-space-response is

transformed into an opportunity to

break those typical codes of an

unconscious narrative. When the

discriminatory act is internalized, the

individual is called to reveal their filters

in order to observe reality, to learn to

respond free from their own wounds

and limiting beliefs.

“She entered the room veiled, with a

partial view of the surrounding

environment and reality. Ismael's

music and her responses to it helped

her to free herself of those veils "

Between the phenomenon of the Call

and the Response resides a space in

which this work can be applied. We

are talking about a median space,

which requires introspection and

presence, of which the response is the

result. This space revolves around the

decision and awareness of its

importance. It can be defined as that

transition that suspends the

instinctive reaction and explores the

unexpressed potential before

becoming.

“However, this gap is critical in

determining the quality of the response

as well as a consequence of the

dialogue between two individuals. This

reflection becomes particularly

powerful when read in the context of

the Black Diaspora and Ofelia

Balogun's practice based concept of

"healing". For example, if a person has

suffered a personal or collective

trauma - such as racist microagressions

- and is not aware of this,

he or she may have an automatic

reaction to a stimulus that triggers this

specific trauma thus compromising a

real dialogue " 3

Therefore, between the concept of

Call and Response there is an

unnamed suspension that determines

the course of events, in music and

movement the ability to listen

simultaneously while acting is

fundamental for the success of the

conversation between the body and

the melody and the balance of all of

the elements.

36


At the crossroads of

history

In existing and ancient traditions, we

find this phenomenon expressed as

personification or spiritual object. For

example, in the one linked to the

Yoruba tradition, we find the

personification of the crossroads, the

master of potential 4 .Whatthosewho

walk the path need is the right and

duty to make informed decisions and

the art of practicing effective

communication. Or in other words, the

ability to recognize the right choice

when confronted with various

directions: the doors, the exits, the

calls, inside time, against time, the

narrative, the mask and everything

that lives in the intermediate space.

Another attempt to define what

happens in that space can be found in

the Pali linguistic tradition 5 .

The word Upekkha is translated with

two definitions: "looking beyond",

observing without being captured by

what we see and the consequent

ability to perceive the bigger picture.

And additionally "being in the center

of all this" or "being in the middle",

referring to the balance and mental

attitude of staying centered in the

middle of whatever is happening.

But…

What is explored in that

middle space?

Personal experience

and history

What experiences, episodes and

perception of facts are connected to

family history, relationships and social

dynamics of contemporary society?

“Classical psychological theory, with

absolute omission, tends to separate the

human psyche from its relationship with

the earth in which beings live, from the

knowledge of the cultural etiologies of

malaise and restlessness, and also to

separate it from politics and the policies

that form the inner and outer existences

of human beings, as if the outer world

were not as surreal, as charged with

symbols, as influential and constricting

for human-life as inner turmoil.

The land, culture and politics of which

one lives contribute equally to the

psychic landscape of the individual and

can be considered a private

environment" 6

Considering what is happening now

in our lives and around us is

fundamental for the recognition of

other realities parallel to our time

together with the decision-making

power in regards to which elements

we choose to pay attention to.

Aesthetics, the perception of history

and the importance of collective and

individual experience do not belong to

asinglehumancategory.Itcanbe

read as a basic value in the culture of

dance and its relationship with the

definition of contemporary dance and

Eurocentrism.

37


"What they told me I

am" and "What I think

Iam"

The social function of dance and the

education towards awareness, in a

Western context, would mean a first

recognition that there is no

separation between our experience

and that which is history and the

socio-political changes around us.

Through its theatrical, narrative,

community, symbolic and archetypal

function, dance is an active but

forgotten tool for individual and

collective transformation. For

example, its usefulness in

reconstructing one's ability to

discriminate, the deconstruction of

one's experiences and the experience

or discovery of one's intersectional

identity and intentionality.

In dance there is the importance of

having clarity in relation to the

intention behind one's movement, the

gestures themselves can produce

sounds and messages or the memory

of a story or an image, entering and

leaving the story, with provocations

and metaphors. The body, in practice,

brings out and "clearly sees" that

which does not want to be heard /

seen / perceived.

The intersectionality

of the space between

the Call and the

Response

The intersectionality of one's

experiences leads to an

intersectionality of questions and of

answers that create new bridges of

meaning. The experience of a socalled

intersectional identity sets the

conditions for the creation of new

bridges, new connections and new

solutions and along with this,

permission to experience the concept

of identity in a multiple and unique

way.

Seeing the value of those connections

that create a person's uniqueness is

called intuition. When we do not know

and decide not to choose these unique

elements that create who we are, even

our most intuitive part is rejected.

Intuition becomes alien because it is

not akin to the rationality preached by

the dominant mentality with the result

of suffocating that which makes us

alive and provides oxegen to our inner

fire.

"What I cannot see I cannot know,

what I do not know I fear, what I fear I

hate: what I hate I want to destroy. So

the rationalized mind prefers the abyss

to the bridge; the clear cut that

separates the kingdoms " I

I

James Hillman, psychoanalyst and philosopher (1926 - 2011), defines archetypes as "[...] the deepest

models of psychic functioning, like the roots of the soul that govern the perspectives through which we

see ourselves and the world. They are the axiomatic, self-evident images to which psychic life and our

theories about it ever return.”

38


Answering

Consciously responding to social

events, which focus on a specific

human category, and choosing in

which direction to orient one's

energies means recognizing the

difference between received,

introjected and projected judgment.

What happens when we lose our

individuality and consequently

become a label that society

imposes on us? 7

What happens when we lose the

ability 'to put ourselves' in other's

shoes' and our mind begins to

think in terms of categories,

developing a distorted perception?

How do the labels that society

imposes on us influence our

choices, our lives and how we see

and perceive reality?

What does it mean to heal?

What and who are beyond

antagonism?

Ofelia Omoyele Balogun

1

“Letter to the new generation of young artists”, Pianist Herbie Hancock eSaxophonistWayne Shorter,

ICAP-International Committee of Artist for Peace (icapeace.org)

2

Conversation with Ismael Lo For the creation of the project “ Lupa Caligo”, Jorio Vivarelli Foundation, 2022

3

In response to the “Lupa Caligo” Open Studio, Livia Dubon, curator and independent researcher, Jorio

Vivarelli, Foundation 2022

4

”Eshu Eshu, Elegba, Legba | Yoruba Orisha”, da“Flash of the Spirit, African and AfroAmerican Art and

Philosophy”, Robert F Thompson,1983

5

”Bioethics and Buddhism”, Dr. Ch. Venkata Sivasai

6

“Women Who Run With the Wolves”, Clarissa Pinkola Estes PhD, writer, poet, psychoanalyst and posttraumatic

disorders specialisti,2011

7

I-M-MIGRANT, Choreography and research project, OBalogun,Irie!DanceTheatre2020

39


Tracce

coloniali:

tra amnesia

e nuove

narrazioni

sociali

Giacomo Bazzani


Essere postcoloniali

Le teorie di postcolonialità si sono sviluppate nel corso degli anni ‘80 e ‘90 del

Novecento trovando ampia diffusione in studiosi provenienti da contesti socioculturali

e disciplinari differenti tra di loro. Gli studi postcoloniali hanno segnato

una lettura critica di un’epoca nel modo in cui l’Occidente pensa se stesso in

relazione agli ‘altri’. Da una parte la postcolonialità segna il mutare di un

“sogno” legato alla centralità e alla supremazia della cultura occidentale che

avrebbe dovuto segnare il progressivo ‘sviluppo’ anche di altri Paesi e contesti.

L’essere ed il sentirsi ‘moderni’, infatti, non è stata soltanto una condizione

temporale che segna uno scarto rispetto al passato, ma anche un orizzonte

utopico verso cui tendere che aveva come riferimento la modernità occidentale.

Questa modernità è caratterizzata dall’affermarsi delle rivoluzioni scientifiche,

industriali e politiche nel corso dei secoli in alcuni paesi occidentali, che hanno

portato prosperità e libertà ma che non sono state anche esenti da

contraddizioni e differenze al proprio interno. Per lungo tempo l’Occidente ha

ritenuto che questa traiettoria di modernizzazione della società non fosse

soltanto un prodotto storico specifico, ma avesse anche un valore normativo,

ritenendolo cioè un punto di riferimento rispetto a ciò che è giusto fare e la

direzione verso cui tendere, da utilizzare come metro di paragone anche per

altri contesti al di fuori di quelli in cui questa modernità era nata e si era

sviluppata. Da questo punto di vista, le colonizzazioni non sono state soltanto

un modo per conquistare popoli e depredare risorse, ma sono state spesso

legittimate anche da narrazioni che vedevano l’Occidente modernizzatore

impegnato nel far progredire – in modo più o meno forzato – società ‘arretrate’.

Gli anni in cui si svilupperà il dibattito sulla postcolonialità vivono la disillusione

sugli effetti della decolonizzazione che ha lasciato ferite e contraddizioni nei

paesi colonizzati senza spesso portare pace e prosperità. Accanto a questa

riflessione amara si è però registrato anche un rinnovato impegno civile per un

cambiamento delle società che superi la visione dicotomica tra paesi avanzati

earretrati,cosìcomequellatraculturemoderneeantiquate(Ashcroftetal.

1995; Williams and Chrisman 1994).

Traiettorie di sviluppo divergenti

Il nuovo sguardo sui lasciti del periodo coloniale ha sviluppato punti di vista

molto interessanti e innovativi che hanno gettato nuova luce sulla relazione tra

dominanti e dominati. Da una parte si è notato come i dominati non siano in

realtà soggetti passivi, ma di come nel corso dei tentativi di sottomissione nei

confronti dei dominatori, abbiano spesso rivelate capacità di azione, resistenza

eanchetraduzionedeicarattericulturaliesocialiimpostidaicolonizzatori.

41


Questi studi mostrano come la modernità occidentale imposta abbia trovato

forme ibride e innovative di sviluppo nei paesi colonizzati. Questi nuovi modi di

essere non si sono ovviamente eclissati con la decolonizzazione ma continuano

aesistereedalimentanonuovimodidivitaediimmaginareilcambiamento

sociale (Scott 1995; Spivak 1988). Da questo punto di vista, è importante

riconoscere come la modernità occidentale non possa essere considerata un

caso ‘eccezionale’ dovuto a condizioni storiche specifiche, ma neppure un

pattern ‘universale’ che si applica allo stesso modo in differenti contesti e

situazioni (Kelly 2015). Infatti, se guardiamo alla storia anche recente di

numerosi paesi asiatici, ci rendiamo conto come la colonizzazione culturale e

talvolta militare abbia prodotto forme di capitalismo simili e per molti aspetti

competitive con quelle occidentali, ma che spesso mantengono caratteristiche

proprie non facilmente riconducibili al modello occidentale. Il caso del

capitalismo di Stato cinese è emblematico di questa tendenza. In questo senso,

Chakrabarty (2000) nota come il superamento della visione coloniale non

possa essere quella che persegue la costituzione di nuovi centri di potere

alternativi che sostituiscano l’egemonia occidentale. Nella sua visione, questa

sarebbe soltanto una prosecuzione della visione storica unilineare

dell’Occidente di matrice hegeliana che semplicemente sostituisce un centro di

potere con un altro. È importante osservare come, invece, la storia globale è

sempre stata popolata di numerosi centri geografici e narrazioni specifiche che

richiedono di essere riconosciute senza necessariamente sostituirsi o

pretendere di dominarne altre.

L’eredità coloniale nelle città

occidentali

Nell’ambito della sociologia urbana stanno emergendo ricerche che analizzano

l’evoluzione delle città occidentali dal punto di vista dell’eredità coloniale (Ha e

Picker 2022). Spesso le città occidentali, in particolar modo le capitali, sono

state luoghi di celebrazione dei ‘successi’ imperiali o coloniali. La

toponomastica mostra spesso i segni di questo passato ed anche molti

monumenti celebrativi ricordano le imprese belliche di quel periodo. Da una

parte si nota come questi segni di un passato, che agli occhi contemporanei

appare sempre più come carico di ombre, non siano spesso oggetto di dibattito

pubblico ma facciano parte di una più generale amnesia rispetto al periodo

coloniale. Dall’altra, quando questi segni di un passato considerato ormai poco

glorioso emergono all’attenzione pubblica, questo genera dibattiti anche aspri

sull’atteggiamento da tenere nei confronti di questa eredità presente nei

paesaggi urbani. Lasciare i monumenti che celebrano queste vicende del

42


passato al loro posto senza una distanza critica è una forma di legittimazione

di quelle azioni inaccettabile da parte delle popolazioni che l’hanno subita, ma

anche da parte degli attuali eredi dei colonizzatori. Nello stesso tempo, anche

‘semplicemente’ rimuovere queste tracce del passato può apparire come

un’attività di revisionismo storico che cerca di cancellare i segni di questo

passato che non rappresenta niente di cui andare fieri. Il modo in cui questi

segni nei paesaggi urbani dovrebbero essere ‘gestiti’ nel tempo presente è

quindi oggetto di dibattito che difficilmente può risolversi in una soluzione

applicabile allo stesso modo in tutti i casi specifici. Quello che appare però

importante osservare è che questi segni di un passato poco glorioso non

possono essere semplicemente mantenuti e più o meno ignorati al pari di tante

altre tracce di epoche passate. Il dibattito pubblico, ma anche gli studiosi di

scienze sociali ed umanistiche, dovrebbero farsi carico di riflettere sul

significato e sulla portata contemporanea di questi segni del passato.

All’amnesia e all’indifferenza andrebbe sostituita l’attenzione vigile e il dibattito

informato per comprendere questi segni del paesaggio urbano. Queste opere e

segni che spesso sono di proprietà collettiva possono essere oggetto di

riflessione e approfondimento nelle scuole di ogni ordine e grado della città

diventando un’occasione proficua di avvicinamento alla complessità e

all’importanza del lavoro storiografico, facendone percepire anche la ricaduta

nell’ambito della vita quotidiana. Da questo lavoro di riflessione pubblica

potrebbero scaturire nuove letture del paesaggio urbano come quella proposta

da Daphne Budasz e Markus Wurzer con Post Colonial Italy 1 ,oancheproposte

per interventi su questi monumenti che offrano un punto di vista non

celebrativo su quei fatti senza rimuoverli dalla storia.

Le attività svolte durante la residenza d’artista presso la Fondazione Jorio

Vivarelli nel 2022 hanno visto gli artisti lavorare su vari temi riguardanti

l’eredità storica ed alcuni in particolare sulla rilettura dei segni del passato

coloniale presenti nel tessuto urbano e negli archivi della città di Pistoia. Questo

lavoro di ricerca degli artisti ha prodotto nuove opere che interpretano i segni

del passato con gli occhi delle ricerche artistiche contemporanee. Il loro lavoro

è stato affiancato da quello dello storico Andrea Ottanelli avviando così

un’occasione di riflessione pubblica sull’eredità culturale di questo passato

coloniale ben presente anche nella città di Pistoia. L’auspicio è che questa

ricerca e riflessione possa continuare offrendo spunti per comprendere meglio

il passato e i segni di questo che sono presenti in città, elaborando anche

proposte per una sua interpretazione attuale.

43


Colonial traces: between

amnesia and new social

narratives

Being Postcolonial

Theories of postcoloniality were

developed during the 80s and 90s of

the twentieth century, finding

widespread diffusion amongst

scholars from different socio-cultural

and disciplinary contexts.

Postcolonial studies have marked a

critical analysis of the way the West

thinks of itself in relation to "others”.

On the one hand, postcoloniality

marks the mutation of a “dream”

linked to the centrality and

supremacy of Western culture that

should have marked the progressive

"development" of other countries and

contexts as well. Being and feeling

"modern”, in fact, was not only a

temporal condition that marks a

departure from the past, but also a

utopian horizon towards which to

strive that had Western modernity as

a reference. This modernity is

characterized by the emergence of

scientific, industrial and political

revolutions over the centuries in some

Western countries, which have

brought prosperity and freedom but

which have also not been free from

internal contradictions and

differences. For a long time, the West

believed that this trajectory of

modernization of society was not only

aspecifichistoricalproduct,butalso

had a normative value, considering it

apointofreferencewithrespectto

what is right to do and the direction in

which to move, to be used as a

yardstick also for other contexts

outside those in which this modernity

was born and developed. From this

point of view, colonizations have not

only been a way to conquer peoples

and plunder resources, but have often

also been legitimized by narratives

that see the modernizing West

committed to advancing - in a more or

less forced way - “backward

societies”. The years in which the

debate on postcoloniality developed

were accompanied by disillusionment

in relation to the effects of

decolonization that had left wounds

and contradictions in the colonized

countries often without bringing

peace and prosperity. Alongside this

bitter reflection, however, there has

also been a renewed civil

commitment for a change in societies

that overcomes the dichotomous

vision between advanced and

backward countries, as well as that

between modern and antiquated

cultures (Ashcroft et al. 1995;

Williams and Chrisman 1994) .

44


Divergent

development

trajectories

A new look at the legacies of the

colonial period has developed very

interesting and innovative points of

view that have shed new light on the

relationship between the dominant

and the dominated. On the one hand it

has been noted that the dominated are

not actually passive subjects, but in the

course of attempts at submission

advanced by the dominators, they have

revealed a capacity for action,

resistance and even translation of the

cultural and social characteristics

imposed by the colonizers. These

studies show how imposed Western

modernity found hybrid and innovative

forms of development in colonized

countries. These new ways of being

have obviously not disappeared with

decolonization but continue to exist

and nurture new ways of life and of

imagining social change (Scott 1995;

Spivak 1988). From this point of view, it

is important to recognize how Western

modernity cannot be considered an

"exceptional" case due to specific

historical conditions, not even a

"universal" pattern that applies equally

in different contexts and situations

(Kelly 2015). In fact, if we look at the

recent history of numerous Asian

countries, we realize how cultural

and sometimes military colonization

has produced forms of capitalism

that are similar and in many

respects competitive with Western

ones, but which often maintain their

own characteristics that are not

easily traceable to the Western

model. In the case of the Chinese

state, capitalism is emblematic of

this trend. In this sense, Chakrabarty

(2000) notes that the overcoming of

the colonial vision cannot be a

pursuit of the establishment of new

alternative power centers that

replace Western hegemony. In his

view, this would be only a

continuation of the unilinear

historical vision of the West of

Hegelian origin which simply

replaces one center of power with

another. It is important to observe

how, instead, global history has

always been populated by

numerous geographical centers and

specific narratives that need to be

recognized without necessarily

replacing or pretending to dominate

others.

45


The colonial legacy

in western cities

In the context of urban sociology,

research is emerging that analyzes

the evolution of Western cities from

the point of view of colonial heritage

(Ha and Picker 2022). Western cities,

especially capitals, have often been

places of celebration of imperial or

colonial "successes”. The toponymy

often shows the signs of this past

with many celebratory monuments

recalling war exploits of that period.

On the one hand, we note how these

signs of a past, which to

contemporary eyes increasingly

appear to be full of shadows, are not

often the subject of public debate but

are part of a more general amnesia in

relation to the colonial period. On the

other hand, when these signs of a

past, now considered not very

glorious, emerge to public attention,

this generates bitter debates on the

attitude to be taken towards this

legacy present in urban landscapes.

Leaving the monuments that

celebrate these events of the past in

their place without a critical distance

is a form of legitimation of those

actions that are unacceptable by the

populations who have suffered them,

but also by the current heirs of the

colonizers. At the same time, even

"simply" removing these traces of the

past that can be perceived as an

activity of historical revisionism that

seeks to erase the signs of this past of

which carry nothing in which to

position pride.

The way in which these signs in urban

landscapes should be "managed" in

the present time is therefore the

subject of debate that can hardly be

resolved through a solution

applicable in the same way in all

specific cases. What appears

important to note, however, is that

these signs of a less than glorious

past cannot be simply maintained

and more or less ignored like many

other traces of past eras. The public

debate, but also the scholars of the

social sciences and the humanities,

should take it upon themselves to

reflect on the contemporary

significance and significance of these

signs of the past. Watchful attention

and informed debate should be

substituted for amnesia and

indifference to understand these

signs of the urban landscape. These

works of art and signage, which are

often collectively owned, can be the

object of reflection and study in

schools of all types and levels of the

city, becoming a profitable

opportunity to approach the

complexity and importance of

historiographical work, making a

perceivable impact in many arenas of

everyday life. From this work of public

reflection, new interpretations of the

urban landscape could arise such as

the one proposed by Daphne Budasz

and Markus Wurzer with Post

Colonial Italy 2 ,alongwithproposals

for interventions in relation to these

monuments that offer a noncelebratory

point of view of the facts

without removing them from history.

46


The activities carried out during the

artist residency at the Jorio Vivarelli

Foundation in 2022 saw the artists

work on various themes concerning

the historical heritage and some, in

particular, on the reinterpretation of

the signs of the colonial past present

in the urban fabric and in the archives

of the city of Pistoia. This research by

the artists has produced new works

that interpret the signs of the past

with the eyes of contemporary artistic

research.

Their work was accompanied by that

of the historian Andrea Ottanelli, thus

launching an opportunity for public

reflection on the cultural heritage of

this colonial past that is also quite

present in the city of Pistoia. The hope

is that this research and reflection will

continue, offering ideas to better

understand the past and its signifiers

that are present in the city,

additionally developing proposals for

its current interpretation.

Bibliografia

Bibliography

Ashcroft, W., Griffiths, G., and Tiffin, H. (Eds.), (1995). The Post-colonial Studies

Reader. Routledge, London.

Chakrabarty, D., (2000). Provincializing Europe: Postcolonial Thought and Historical

Difference. Princeton University Press, Princeton, NJ.

Ha, N. K., and Picker, G. (Eds.). (2022). European cities: Modernity, race and colonialism.

Manchester University Press.

Kelly, D. J. (2015). Postcoloniality. In International Encyclopedia of the Social &

Behavioral Sciences, 2nd edition, Volume 18, Elsevier, p. 658-662.

Scott, J.C., (1985). Weapons of the Weak: Everyday Forms of Peasant Resistance. Yale

University Press, New Haven, CT.

Spivak, G.C., (1988). Can the subaltern speak? In: Nelson, C., Grossberg, L. (Eds.),

Marxism and the Interpretation of Culture. Macmillan Education, Basingstoke, UK, pp.

271–313.

Williams, P., Chrisman, L. (Eds.), (1994). Colonial Discourse and Postcolonial Theory: A

Reader. Columbia University Press, New York.

47


Pistoia Riletta

2/Jermay Michael Gabriel

BHMF


Jermay Michael Gabriel

Il lavoro di Jermay Michael Gabriel si basa su tentativi incerti e spesso violenti di

resistere alla permanenza ma allo stesso tempo all'inafferrabilità dell'archivio

coloniale italiano attraverso la sua sovversione che impiega simboli di potere

come gesto di riconoscimento della resistenza. Bruciando immagini, la cui

propaganda spesso offusca il confine tra una documentazione e una storia

costruita, le immagini parzialmente bruciate che rimangono esistono come prova

di essere state manomesse ma non distrutte –––– il pungiglione delle immagini

stesse che hanno la capacità di scavalcare e superare la fiamma. La

permeazione delle costruzioni coloniali in relazione all'Eritrea e all'Etiopia è

evidenziata in modo più banale e suffuso dai numerosi nomi di strade,

monumenti e detti colloquiali italiani, ma questi aspetti sono sostenuti in una città

come Pistoia con altre sotto-narrazioni più fugaci. Come molte città d'Italia il

contributo alla costruzione e alla diffusione della colonialità in Eritrea ed Etiopia,

ma anche in Libia e Somalia, è scritto nei prodotti che vengono venduti, dalle

dimensioni socio-politiche del caffè come marchio italiano, come sottolineato

dalla ricerca di Jessica Sartiani, allo sviluppo di prodotti detergenti e sbiancanti

portatori di nomi coloniali e campagne pubblicitarie razziste come la Tripolina

Igienica. Ancora più in profondità, al di sotto della superficie incastonata

nell'archivio sottoesposto sono elementi come il campanile di una chiesa ad

Asmara fuso in una fonderia a Pistoia e lo spettro dei vagoni della ferrovia

coloniale italiana in Eritrea allineati temporalmente con quelli in produzione a

Pistoia. Al di là di questi elementi si colloca una figura cruciale che più di ogni

altro aspetto lega il territorio pistoiese alla prima storia coloniale prefascista in

Eritrea, quella di Ferdinando Martini, il primo governatore civile dell'occupazione

coloniale del paese.

L'analisi della prima colonia d'Italia, nata poco dopo la sua unificazione,

custodisce i semi e il linguaggio che ne caratterizzeranno le aspirazioni coloniali

future. Data la frequente fusione del regime fascista alla storia coloniale italiana,

questo periodo è particolarmente rilevante per una rilettura in quanto è questa

occupazione coloniale che posiziona l'Italia alla Conferenza di Berlino. Il lavoro

sviluppato da Jermay Michael Gabriel attinge a simboli di potere e status per

riflettere su una ricalibrazione dei valori. La proiezione della visual culture basata

sull'archivio sugli oggetti, che a loro volta rappresentano un archivio fisico,

vengono spostati nel loro significato attraverso la giustapposizione e la

distorsione che emergono dall'immagine proiettata e dalla sovrapposizione di

passato e presente. Le foglie di palma raccolte dalla celebrazione

dell'indipendenza dell'Eritrea dall'Etiopia esistono come chiamate stagnanti a

convergere e riunirsi, un simbolo di vittoria riconfigurato e un indicatore del

delicato equilibrio tra narrazione storica e forme di cancellazione. Uno

49


50

scacciamosche regale è distorto e mascherato dall'immagine sovraposto della

copertina di un libro regalato a Martini per celebrare l'impatto della sua eredità

sullo sviluppo in corso della colonia dell’eritrea. Il simbolo del potere intriso anche

della funzione di scacciare gli incomodi produce un collage visivo maturo dei

disturbi e del fastidio dell'archivio incontrastato e delle sue tentativi di

conservazioni.


Rereading Pistoia 2/

Jermay Michael Gabriel

Jermay Michael Gabriel’s work is

grounded in tentative and often

violent efforts to resist the

permanence yet elusiveness of the

Italian colonial archive through its

subversion, employing symbols of

power in recognition of resistance.

Burning images whose propaganda

often blurs the boundary between a

documentation and a construction of

history, the partially scorched images

that remain exist as evidence of being

tampered with but not destroyed ––––

the sting of the images themselves

holding the capacity to override and

outdo the flame. The permeating of

colonial constructions in relation to

Eritrea and Ethiopia is evidenced

most prominently by the numerous

street names, monuments and

sayings in Italian colloquial terms, but

these aspects are underpinned, in a

city like Pistoia, with other more

fleeting sub-narrations. Like many

cities of Italy the contribution to the

construction of and diffusion of

coloniality in Eritrea and Ethiopia, but

also in Libya and Somalia, is written in

the products that are sold from the

socio-political dimensions of coffee as

an Italian trademark, as underlined by

the research of Jessica Sartiani, to the

development of cleaning and

bleaching products carrying colonial

names and racist publicity campaigns

like the Tripolina Igienica. Even deeper

below the surface, embedded in the

underexposed archive are elements

like a church bell in Asmara fused in a

foundry in Pistoia and the specter of

train cars for the Italian colonial

railway in Eritrea aligning temporally

with those being produced in Pistoia.

Above and beyond these elements

sits a crucial figure that more than

any other aspect ties the territory of

Pistoia to early, pre-Fascist colonial

history in Eritrea, that of Ferdinando

Martini, the first civil governor of the

colonial occupation of the country.

An analysis of Italy’s first colony,

born shortly after its unification, holds

the seeds and language that would

go on to characterize its colonial

aspirations. Given the frequent

conflation of the fascist regime and

Italy’s colonial history this period is

particularly relevant for a rereading

as it is this colonial occupation that

positions Italy at the Berlin

Conference. The work developed

by Jermay Michael Gabriel draws

upon symbols of power and

status to reflect upon

a recalibration of values. Projection

of archive based visual culture onto

objects, which themselves represent

a physical archive, they are shifted in

their significance through

juxtaposition and distortion that

emerges from the projected image

and the overlapping of past and

present. Palm leaves collected from

the celebration of Eritrean

51


independence from Ethiopia exist as

stagnant calls to converge and

assemble, a reconfigured symbol of

victory and an indicator of the

delicate balance between historical

narration and forms of erasure. A

regal flyswatter distorted and

masked by the image of the cover of

a book gifted to Martini as a

celebration of the impact of his

legacy on the ongoing development

of the colony of Eritrea. The symbol

of power also imbued with the

function of swatting away nuisances

produces a visual collage ripe with

the disturbances and annoyance of

the uncontested archive and its

attempts at preservation.

52


Sit Down:

Ferdinando

Martini e la

venerazione

implacabile

aPistoia

Justin Randolph Thompson


54


Sedia 1_Ritiro/Riposo

Nel 1928, cinque anni dopo essere stato nominato da Mussolini Senatore del

Regno D’Italia, tre anni dopo aver firmato il Manifesto degli Intellettuali Fascisti,

due decenni dopo essersi dimesso dal ruolo di governatore dell'Eritrea e

settimane, o forse giorni, prima della sua morte all'età di 87 anni, l'archivio

dell’Istituto Luce mostra Ferdinando Martini, in occasione del suo

pensionamento, mentre scende i gradini di Villa Renatico Martini

(Monsummano Terme, PT), accolto da un gruppo di intellettuali e seduto su una

delle tante sedie che avevano segnato il passaggio del tempo e che lo avevano

sostenuto fisicamente.

Non c'è molto che sia degno di nota nella sedia di vimini su cui siede nel suo

giardino, in posa per le foto, circondato dagli scambi elogiativi della sua cerchia

ristretta. In qualche modo, nel gesto di questa figura seduta circondata da

individui in piedi, una reverenza gerarchica è accompagnata da un gesto

conclusivo di riposo alla fine di una serie di ruoli svolti.

Il sedersi può essere visto come un gesto verso il suo pensionamento e il ritirarsi

dalla carica di Presidente dell'Accademia Mondadori, un'organizzazione che

spesso determinava chi sarebbe stato celebrato in stampa come autore italiano,

cementandolo nella memoria storica. Questa festa di pensionamento, per coloro

che sono stati disturbati dalla sua vasta attività, potrebbe ironicamente - e per

contrasto - essere accolta con una celebrazione; la celebrazione della fine di una

figura la cui presenza e la cui implacabile venerazione sono esistite sulla

superficie di un indicatore doloroso del ponte tra le prime aspirazioni coloniali e

quelle portate poi avanti dal Regime Fascista, rafforzate dalla sottoscrizione di

intellettuali come Martini.

Si siede per riposare, per terminare quello che viene raccontato come un servizio

scrupoloso; anche la sedia che lo sostiene chiede che il suo lavoro sia terminato.

Mentre riposa, la polvere si posa sull'impatto che questa figura ha avuto sulla

creazione dell'italianità in contrapposizione e con il sostegno delle stesse

aspirazioni coloniali che speravano di posizionare l'Italia in linea con gli altri

imperi coloniali, ridimensionando l'estensione dell'Impero Romano e ci viene

chiesto di guardare a ciò che è stato lasciato alle spalle.

Nelle parole del giardiniere attuale della villa, tutti quei decenni di conflitti armati

ediviolenzachehannosegnatoilterritoriodaalloranasconodatuttociòcheè

stato fatto e disfatto in 65 anni di occupazione.

55


Sedia 2_Savonarola

La sedia Savonarola è una sedia pieghevole in legno che ha origine nella

Toscana del XV secolo basata su un predecessore romano e identificata come

quella che fu trovata all'interno della cella di Girolamo Savonarola in San Marco

aFirenze.LasediaSavonarolacheoccupavalascrivaniadellabibliotecadi

Martini, oggi in una serie di fotografie di grandi dimensioni a Villa Renatico

Martini - che ospita il MAC/ museo d'arte contemporanea e moderna - è una di

quelle che possono essere associate al suo studio. Il museo, in un'ottica di

nuovo inquadramento del proprio spazio, ha deciso di riunire una serie di

materiali provenienti dall'archivio di Martini, tra cui propaganda coloniale e

materiale celebrativo pubblicato in occasione dei 100 anni dalla sua nascita.

L’incongruenza tra i documenti, assemblati acriticamente in una serie di

vetrine, e l'arte della collezione che attinge al XX secolo evidenzia una difficoltà

locale nel denunciare anche alcune delle più evidenti reliquie del razzismo e del

fascismo.

Nella pubblicazione del 2022 Monsummano Terme: Memorie in Cartolina, il

capitolo dedicato a Martini, ancorato a una serie di immagini del suo funerale

che fu un evento nazionale (con saluti fascisti in ogni immagine) porta il titolo

Un grande monsummanese: Ferdinando Martini.

56


ÈdifficilenonleggerequellacheèunainsistentecelebrazionediMartinicome

non dissimile dalle parole citate nell'articolo dal deputato Federzoni, "il

Fascismo china reverente tutti I neri gagliardetti dinanzi alla tomba di uno dei

suoi più preclari e fervidi militanti" (“Il fascismo abbassa con riverenza tutti i

gagliardetti neri davanti alla tomba di uno dei suoi più illustri e fervidi militanti").

La biblioteca personale di Martini, immacolatamente conservata con ogni suo

oggetto, sembra trasportarci in un'epoca in cui questa figura si sarebbe

trovata, seduta sulla sedia pieghevole, a scrivere ciò che può essere

considerato incendiario per chi oppone resistenza all'invasione, al dominio

militare e all'estrazione coloniale, e che costituisce il nucleo stesso che verrà

raccolto nei decenni successivi in Italia, i suoi commenti e le riflessioni sulla

sconfitta italiana a Dogali, fornendo alcuni degli appunti che alimenteranno le

fiamme del grido e della ricerca di vendetta di Mussolini. L'intima biblioteca di

casa, col suo mobilio e, in particolare con la sua poltrona modello Savonarola,

sono arrivati come un pacco, venduto direttamente dai discendenti di Martini

subito dopo la sua morte e sono stati ricomposti nella Biblioteca

Forteguerriana. Questa sedia appare come un mobile qualunque, che può

essere considerato storicamente non rilevante ma reca le iniziali FM. Ci si può

immaginare, allora, che abbia ospitato la stesura dei meticolosi appunti che

accompagnano i numerosi volumi pubblicati dedicati ad "Affrica", come Martini

si ostinava a scrivere, Cose Affricane, Nell'Affrica Orientale, Il Diario Eritreo,

sono tutti scritti e firmati, come si evince dalla prefazione, a Monsummano

Terme o basati sui libri pieni di note che riflettono su Dogali, sul potenziale di

sfruttamento minerario o agricolo dell'Eritrea o, ancora, su come potrebbe

essere stimolata l'emigrazione degli italiani verso la neonata colonia.

57


Questi appunti, scritti con un’elegante calligrafia e allo stesso tempo pieni di

correzioni e di riaffermazioni, sono corredati da brani e aggiunte dattiloscritte,

codici etiopici raccolti da Martini e a un album fotografico regalatogli 14 anni

dopo il suo incarico di governatore, al fine di condividere con partecipazione

tutti gli sviluppi che si erano verificati in più di un decennio di occupazione

coloniale. Questi documenti sono conservati presso la Biblioteca pistoiese. Essi

forniscono un’immagine cristallina della visione dell'occupazione coloniale, la

sollecitazione di sostegno da parte della neonata nazione italiana e la critica

alle sottovalutazioni delle pratiche per mantenere il controllo della colonia

eritrea.

Èunfattointrigante,eironico,chequestasedia,unadellepreferitedell'élite

toscana, sia intitolata a un personaggio ucciso e bruciato, dai predecessori di

quella stessa élite, per aver denunciato la vanità e l'esuberanza, e che sia un

emblema dell'uomo, questo "grande" monsummanese al servizio della

neonata nazione, dedito a un’ auto-narrazione dell'italianità, ma anche

servendo il proprio interesse personale.

Sedia 3_Sedia della morte

Tra le sedie arrivate alla Biblioteca Forteguerriana di Pistoia, una spicca come

più consumata ma anche potenzialmente più comoda. Si tratta di una poltrona

in pelle che conserva la patina dell'uso quotidiano. Questa poltrona è

contrassegnata come la seduta in cui Martini si sedette per l'ultima volta, esalò

l'ultimo respiro e morì. Conservato con uno status che si spinge verso la reliquia,

questo oggetto non viene più utilizzato per sedersi. In sostanza, è stato messo in

pensione ed esiste per raccontare una storia.

Dobbiamo interrogarci su cosa possa raccontare questa storia. Il comfort della

sedia della morte è uno spunto di riflessione che mi porta a considerare la

versione dell'inno tradizionale Sit Down Servant, citata in apertura di questo

saggio, ma non la versione più ripetuta in cui l'invito è a sedersi, a riposare, come

una chiamata da parte di Dio a lasciare il mondo materiale per il regno spirituale.

Questa sedia mi evoca la versione cantata dagli Staple Singers, in cui il tremolo

ipnotico della chitarra di Pop Staple dà il tono al canto corale dei suoi figli che

cantano "Siediti!" solo per produrre la voce principale di Mavis Staples che

risponde "Non posso sedermi!". La solista dichiara di non essere pronta come

segno attivo di resistenza alla chiusura della vita. Ci sono modi in cui la

permeante persistenza dell'eredità di Martini sembra incarnare una resistenza a

essere, un'analisi critica che è necessaria per inquietare la venerazione che egli

stesso ha contribuito a creare.

58


Ècomeselesueprefazioniloavesserosuperato.Lerigheinizialidelvolume

Cose Affricane dicono: "Al lettore benevolo, non ho nulla da dire. Ai maligni...",

seguite da un appello alla moderazione del giudizio, dichiarando che il suo unico

obiettivo è dire la verità. In realtà, ciò che scrisse in quelle pagine era certamente

la sua verità. Ciò con cui dobbiamo fare i conti, lottare e non sentirci a nostro agio

èchequelleparolenonformanolanostraveritàesonolontanedaqualsiasi

forma di verità che sia utile a quelle popolazioni a cui si riferisce in gran parte dei

suoi scritti.

In questo modo possiamo chiedere che l'eredità di Martini si metta a sedere per

darci modo di concentrarci non tanto sulla sua rimozione dallo spettro della

storia che definisce un territorio come Pistoia, come l'Italia, ma, di insistere su

una narrazione più completa di questa figura e di questa storia, una narrazione

che non permetta a una scuola primaria di raccogliere giovani intorno all'idea di

educazione sotto ad una targa in pietra che reca un nome che viene dichiarato,

attraverso quei gesti comuni di denominazione come commemorazione, una

fonte di orientamento.

Questa presa di posizione, di cui si sente il bisogno, è stata pensata per

rettificare tutte le falsità raccolte all'interno della verità di Martini, che attestano

gli ideali e le forme di "governance" che egli ha servito e continua a servire

attraverso la colonizzazione che viene conservata insieme alla sua eredità,

un'eredità che è stanca e provata dall’essere rigurgitata.

59


Sit Down: Ferdinando Martini

and Implacable Veneration

in Pistoia

Chair 1_Retirement/

Repose

In 1928, five years after being

nominated by Mussolini as a Senator

of the Kingdom of Italy, three years

after signing the Manifesto of the

Fascist Intellectuals, two decades after

stepping down from his role as

Governor of Eritrea and weeks, or

perhaps days, before his death at age

87, the archive of Luce shows

Ferdinando Martini, on the occasion of

his retirement, walking down the front

steps of the Villa Renatico Martini

(Monsummano Terme (PT)), received

by a group of intellectuals and sitting

upon one of what would be many

chairs that marked the passage of

time and that supported him

physically. There is not much that is

remarkable about the wiry chair that

he sits upon is his garden, posing for

pictures, surrounded by laudatory

exchanges of his inner circle.

Somehow within the gesture of this

seated figure encircled by standing

individuals, a hierarchical reverence is

coupled with a conclusive gesture of

taking rest at the end of a series of

roles that were carried forth. Sitting

down can be viewed as a gesture

towards stepping down from his role

and retiring as President of the

Accademia Mondadori, an

organization that often determined

who would be celebrated in print as

Italian authors cementing them in the

historical record. This retirement party

for those disturbed by his extensive

activity may, ironically, be similarly yet

contrastingly, met with celebration. A

celebration of the end of a figure

whose mere presence and implacable

veneration existed on the surface of a

painful marker of the bridge between

early colonial aspirations and those

that would be advanced by the Fascist

Regime, solidified by the undersigning

of intellectuals including Martini. He

sits down to take rest, to end what is

narrated as diligent service, the chair

that supports him also calls for his

work to be done. As he rests, the dust

settles on the impact that this figure

has had on the creation of Italianness

in contrast to, and bolstered by, the

very colonial strivings that hoped to

position Italy as aligned with other

colonial empires restituting the

expanse of the Roman Empire, we are

asked to look upon what has been left

behind. In the words of the current

gardener of the villa, all of those

decades of armed conflict and

violence that have marked the territory

since are born out of all that was done

and undone in 65 years of occupation.

60


Chair 2_Savonarola

A Savonarola chair is a wooden

folding chair that has its origins in

Tuscany of the XVth century, based on

aRomanpredecessorandidentified

as that which was found within the

cell of Girolamo Savonarola in San

Marco in Florence. The Savonarola

chair that occupied the desk in

Martini’s library, now prominently

displayed in a series of large scale

photographs at the Villa Renatico

Martini, which hosts the MAC,n, a

contemporary and modern art

museum, is one that can be affiliated

with his study.

The museum, in a new framing of their

space, has decided to pull together a

range of material from Martini’s

archive including colonial propaganda

and celebratory material published in

commemoration of the 100 years

since his birth. The clash of

documents, uncritically assembled in

aseriesofdisplaycasesalongsidethe

art of the collection drawing upon the

XXth century illuminate a local

difficulty in denouncing even some of

the most obvious relics of racism and

fascism. In the 2022 publication

Monsummano Terme: Memorie in

Cartolina, the chapter dedicated to

Martini, anchored in a series of images

of his funeral which was a national

event, fascist salutes in every image,

bears the title Un grande

monsummanese: Ferdinando

Martini(a Great Monsummanese:

Ferdinando Martini). It is difficult to not

read what is an insistent celebration

of Martini as not disimmilar from the

words cited in the article from deputy

Federzoni, “il Fascismo china

reverente tutti I neri gagliardetti

dinanzi alla tomba di uno dei soui più

preclari e fervidi militanti”. (Fascism

reverently lowers all the black

pennants before the tomb of one of its

most illustrious and fervent militants).

The personal library of Martini,

immaculately preserved, with every

item seeming to transport us back to a

time where this figure would be found,

seated upon the folding chair, writing

what may be considered

inflammatory to anyone who engages

in resistance to invasion, military

dominance and colonial extraction,

forming the very nucleus that is picked

up over the coming decades in Italy,

his comments and reflections on the

Italian defeat at Dogali providing

some of the notes that would fuel the

flames of Mussolini’s cry and quest for

vengeance. The intimate home library,

together with the Savonarola chair

and other pieces of furniture, later

reassembled in the Biblioteca

Forteguerrina arrived as a package,

sold directly by Martini’s descendants,

immediately following his death, and

the chair is just one more piece of

furniture that may be deemed

historically unremarkable.

This object, bearing the initials FM,

can be imagined as hosting the

meticulous note writing that

accompanies the many published

volumes dedicated to “Affrica” as

Martini insisted on writing it. Cose

61


Affricane, Nell’Affrica Orientale, Il

Diario Eritreo, are all penned and

signed with a preface written in

Monsummano Terme, or based on the

books filled with notes reflecting upon

Dogali, the potential for mineral or

agricultural exploitation of Eritrea, or

addressing what it might look like to

stimulate the emigration of Italians

towards the newly founded colony.

These notes, at once written with an

elegant penmanship, and filled with

corrections and restatements,

collaged upon with typewritten

passages and additions provide,

together with Ethiopian Codecs

collected by Martini and a photo

album gifted to him 14 years after his

time as governor, in order to warmly

share all of the developments that had

taken place in more than a decade of

colonial occupation, are all preserved

at the library in Pistoia. They provide

crystal clear insight to the vision of

colonial occupation, the solicitation of

support from the newly formed Italian

nation along with a critique of

underestimations in regards to

maintaining control in the colony of

Eritrea. It is an intriguing fact that this

chair, a favorite of the Tuscan elite,

based ironically on a figure burned

publicly by predecessors of that same

elite class for his denouncement of

vanity and exuberance, is an emblem

of the man, this “great”

Monsummanese at work serving the

newly formed nation, assisting it in its

self narration of Italianness, but also

serving his own self interest.

Chair 3_Death Chair

Of the chairs that arrived at the

Biblioteca Forteguerrina in Pistoia,

one stands out as more consumed,

but also potentially more

comfortable. It is a leather armchair

that preserves the patina of everyday

use. This chair is marked as the chair

in which Martini sat down for the last

time, breathed his last breath and

died. Preserved with a status that

ventures towards the relic, this object

is no longer used for seating. It has, in

essence been retired and exists to tell

a story. We must interrogate

ourselves as to what this story may

narrate. The comfort of the death

chair itself should be cause for

reflection. I am brought to consider

the version of the traditional hymn Sit

Down Servant mentioned in the

opening of this essay, but not the

version most repeated, where the

invitation is to sit down, to rest, as a

call from God to leave the material

world for the spiritual realm. This

chair conjures the version sung by the

Staple Singers, where Pop Staple’s

hypnotic guitar tremolo sets the tone

for the choral chant of his children

who sing “Sit down!” only to produce

the lead voice in Mavis Staples who

sings back “I can’t sit down!”. The

soloist pleads that she is not ready as

an active sign of resistance to the

closure of life. There are ways in

which the permeating persistence of

the legacy of Martini seems to

embody a resistance to being folded

into a critical analysis that is

62


necessary for the troubling of the

veneration that he himself took part

in creating. It is as if his prefaces have

outlived him. The opening lines of the

volume Cose Affricane say, “To the

benevolent reader, I have nothing to

say. To the malevolent…” followed by

apleadingforrestrainedjudgment,

declaring that his only objective is to

tell the truth. Truth be told, what he

wrote in those pages was certainly

his truth. What we need to reckon,

battle and rest uneasy with is that

those words do not form our truth–––

and are distant from any form of truth

that is of service to those populations

to which so much of his writing refers.

In doing so we can demand that the

legacy of Martini sit down so we can

focus, not on removing him from the

spectrum of history that defines a

territory like Pistoia –– like Italy, but of

insisting upon a more complete

narration of this figure and history,

one that does not permit a primary

school to gather youth around the

idea of education flanked by a stone

placard bearing a name that is

declared, through those common

gestures of naming as

commemoration, to be a guiding

source. This much needed stance is

one designed to rectify all of the

falsehoods gathered within Martini’s

truth which attest to the ideals and

forms of “governance” which he

served and continues to serve

through the coloniality that is

preserved along with his legacy, a

legacy that is tired and tried through

its regurgitation.

63


Pistoia

Paesaggi

postcoloniali

Appunti e documenti

per una storia del

colonialismo

pistoiese

Andrea Ottanelli


65


Il colonialismo italiano

Le date

L’avventura del colonialismo italiano si dipana per un periodo che va dal 1869

al 1960, quasi un secolo, e attraversa l’Italia liberale, il fascismo e si conclude

ben addentro l’Italia democratica e repubblicana 1 .Suquestaparteimportante

della storia d’Italia è sceso a lungo un velo di silenzio rappresentato da una

vulgata che voleva descrivere l’intervento italiano in Africa come diverso, più

umano, meno violento di quello delle altre potenze europee: Gran Bretagna,

Francia, Belgio, Germania, Spagna e Portogallo. Non è così. Ricerche,

pubblicazioni e volumi hanno dimostrato in epoca recente, e sempre troppo

tardi, che il colonialismo italiano ha avuto le stesse caratteristiche degli altri

colonialismi europei.

Cronologia del colonialismo italiano

17 novembre 1869.InaugurazionedelcanalediSuez 2 .

15 novembre 1869. GiuseppeSapeto(1881-1895) 3 anomedellacompagnia

di navigazione genovese Rubattino acquista alcuni ettari di terreno nella baia

di Assab, Eritrea, sul Mar Rosso per utilizzarla anche come base carbonifera.

Presidente del Consiglio italiano in quel momento è Luigi Menabrea.

1882. IlgovernoacquistailpossessodellabaiadiAssabdallacompagnia

Rubattino e occupa il tratto di costa con i militari. Si tratta del primo atto

ufficiale della politica coloniale italiana e il piccolo possedimento eritreo

costituisce la prima colonia italiana in terra d’Africa.

1885. MilitariitalianioccupanolacittàportualediMassaua,500kmpiùasud

di Assab, e poi la costa tra Assab e Massaua.

1887.BattagliadiDogali,nell’entroterradiAssab,vintadagliEtiopi,430caduti

italiani. A Roma il piazzale dei 500 è intitolato a loro.

1889.ProtettoratoitalianosuObbia,costadellaSomalia.

1890.IvaripossedimentisulMarRossodiventanolaColoniaEritrea.

1893. L’imperatorediEtiopiaMenelikIIdenunciailTrattatodiUccialliredatto

dall’Italia e tradotto in modo ingannevole

1895. BattagliadiAmbaAlagi,letruppeitalianecomandatedaPietroToselli

sono sconfitte dagli Eritrei.

1

Sul colonialismo italiano esiste una consistente bibliografia, qui indichiamo: A. Del Boca, Gli Italiani in

Africa Orientale, 1, 2, 3, 4, Milano, Mondadori 1996, 1999; F. Filippi, Noi però gli abbiamo fatto le strade.

Le colonie italiane tra bugie, razzismi e amnesie, Torino, Bollati Boringhieri 2021.

2

A. Giuntini, Il canale di Suez (1856-1869), Pisa, Pacini 2021.

3

Sulla figura di Giuseppe Sapeto vedi: Ibidem, pp. 114-115.

66


1895. AssediodiMacallè.LapiccolaguarnigioneitalianadelfortediEnda

Jesus a Macallè, al comando del maggiore Giuseppe Galliano, resiste

all’assedio dell’esercito etiope, guidato dal negus Menelik II d’Etiopia, per

capitolare infine dopo un accordo tra i due contendenti.

1896.BattagliadiCoalit(Eritrea)

1896. BattagliadiAdua,alconfinetraEritreaeEtiopia,traitalianieetiopi.La

battaglia termina con la sconfitta degli italiani con circa 7000 caduti e perdita

degli armamenti, tra i caduti figura il tenente colonnello Giuseppe Galliano.

Cade il governo Crispi.

1901. ConcessioneitalianaaTientsininCinaottenutadurantelaguerradei

Boxer, la città è colonia italiana dal 1901 al 1943.

1908.IstituzionedellacoloniaSomalia

1911. L’ItaliadichiaraguerraallaTurchiaperilpossessodiTripolitaniae

Cirenaica (Libia). Sbarco delle truppe italiane a Tripoli.

1912. AnnessionediTripolitaniaeCirenaica,istituzionedellacoloniaLibia,

acquisizione di Rodi e delle isole del Dodecaneso.

1912.IstituzionedelMinisterodelleColonie.

1921-1932.Lungacampagnamilitaredenominata“LariconquistadellaLibia”

con la guerra contro le popolazioni libiche che si oppongono all’occupazione

italiana che nel tempo si era ridotta ai territori lungo la costa. I libici vengono

definitivamente sconfitti con la cattura e l’uccisione nel 1931 del capo

senussita Omar al Mukhtar che ha combattuto fin dal 1911 contro gli italiani.

3 ottobre 1935.L’Italiainvadel’Etiopiautilizzandoancheigascontrola

popolazione civile 4 .

5 maggio 1936. Le truppe italiane occupano Addis Abeba e Mussolini

proclama l’Impero italiano in Africa Orientale (Eritrea, Etiopia, Somalia) e Libia.

Vittorio Emanuele III assume il titolo di re e imperatore.

12 febbraio 1937. Fallito attentato al viceré Graziani a Addis Abeba,

rappresaglia generalizzata italiana contro la popolazione eritrea che causa

l’uccisione di circa seimila civili 5 .

10 maggio 1940. MussolinidichiaraguerraaGranBretagnaeFrancia,inizia

la guerra in Africa.

5maggio1941.Italianisconfittidagliinglesisull’AmbaAlagi.ViceréAmedeo

d’Aosta in prigionia. Fine dell’Impero dopo sei anni esatti.

1947. AllafinedellaSecondaguerramondialel’Italiaperdetuttelecolonie.

1953. L’Italia ottiene l’Amministrazione fiduciaria della Somalia per la

transizione di questa nazione verso l’indipendenza.

1960.LaSomaliaottienel’indipendenzadall’Italia.

4

A. Del Boca, IgasdiMussolini.Ilfascismoelaguerrad’Etiopia,Torino,EditoriRiuniti2021.

5

A. Del Boca, L’attentato a Graziani, in Gli italiani in Africa Orientale - vol. 3, cit.

67


Tracce del colonialismo pistoiese

Personaggi luoghi ed eventi

1882. GiovanniBranchi,pistoiesed’adozionevienenominatodaDepretisa

capo della piccola colonia d’Eritrea.

1887. BattagliadiDogaliconquattromilitaricadutipistoiesi:PiladeGiubileidi

Porta al Borgo, Emilio Frosini di Casalguidi, Luigi Campigli e Giuseppe Pantani 6 .

1896.BattagliadiAdua,viprendeparteilsoldatoGustavoZanni(1861-1905)

di Abetone 7 .

1895.BattagliadiAmbaAlagi,vipartecipanoalcuniufficialiesoldatipistoiesi 8

6

F. Giannelli, Pistoiesi alla prima guerra d’Africa, Pistoia C.R.T. 1997, p. 39.

7

Ibidem, pp. 32-33.

8

Ibidem, pp. 74-80.

68


69


1896.BattagliadiAdua,traicadutidueufficialimedicipistoiesi IX .

I democratici pistoiesi (garibaldini, repubblicani, radicali e socialisti)

manifestano contro la politica coloniale italiana 10 .

Il periodico locale «Il Popolo Pistoiese» condanna la condotta della guerra e

chiede le dimissioni del presidente del Consiglio Crispi 11 edànotiziadelle

manifestazioni pacifiste e contrarie alla guerra avvenute a Pistoia.

5ottobre1911.TruppeitalianeoccupanoTripolieBengasi.Primacampagna

di Libia con occupazione di Tripolitania e Cirenaica.

5novembre1911.TripolitaniaeCirenaicasonodichiaratesottolasovranità

italiana. Si istituisce la Colonia Libia.

«Il Popolo Pistoiese» sostiene la campagna e l’occupazione della Libia con

articoli fortemente colonialisti 12 eancheladifesareligiosaeciviledeicattolici

che cita un caduto pistoiese a Verna.

«Bullettino Storico Pistoiese» sostiene il clima di guerra con articoli che si

riferiscono a episodi storici ma richiamati in quel momento per giustificare

l’impresa di Libia e la presenza italiana in quelle guerre 13 .

APistoiavengonostampatecartolinecelebrativedellaguerra.

La cartolina riproduce

il corteo che

si reca in paese in

occasione delle

onoranze riservate

a tre reduci

dalla guerra di Libia:

Armando

Tamburini, telegrafista;

Ettore

Donnini, campanaro

della pieve, e

Ferdinando Bargellini,

agricoltore.

Turchi, San

Mommé. Una

storia, Firenze

Alpi, 1996, p. 103.

IX

Ibidem, pp. 81-120.

10

A. Ottanelli, Gli anni del cambiamento, in Storia di Pistoia, IV, acuradiGiorgioPetracchi,Firenze,Le

Monnier 2000, pp. 386-387.

11

«Il Popolo Pistoiese», 1896.

12

«Il Popolo Pistoiese», novembre e dicembre 1911.

13

A. Sozzifanti, Una battaglia navale sulle coste dell’Africa nel 1620, pp. 35-39; L. Chiappelli, Il

combattimento d’una nave toscana con navi di Tripoli in un documento Pistoiese, «Bullettino Storico

Pistoiese », 1911, 1912.

70


La guerra d’Etiopia, 1935-1936. L’ItaliahafinalmenteilsuoImperoePistoia

partecipa alla celebrazione della gloria.

La città e la Provincia: politici, giornalisti, intellettuali partecipano e sostengono

la campagna d’Etiopia con scritti e pubblicazioni, inoltre la provincia di Pistoia

partecipa con 1000 volontari 14 .

La posizione degli intellettuali

-QuintoSantoli,direttoredellaBibliotecaForteguerrianaepresidentedella

“Società pistoiese di storia patria” apre il fascicolo n. 1 del Bullettino storico

pistoiese con un ampio articolo sulla guerra d’Etiopia e sulla politica coloniale

italiana 15 .

-Ilfascicolon.2delBullettinoriportalanotiziadelritornoaPistoia,doveèdi

stanza, dell’83° reggimento di fanteria reduce dalla campagna d’Etiopia

accolto con una “festa di popolo” 16 .

14

G. Petracchi, Pistoia dalla Prima alla Seconda guerra mondiale (1914-1940), in Storia di Pistoia, cit, p.

440.

15

Q. Santoli, Impero fascista, «Bullettino storico pistoiese», 1, 1936, pp. 3-13.

16

Ai reduci dell’Africa Orientale, «Bullettino storico pistoiese», 2, 1936, pp. 98-99.

71


Iperiodici

Iperiodicipistoiesiseguonofindal1935lapartecipazionedeipistoiesialla

guerra. «Il Ferruccio» dà anche notizia regolarmente dei caduti pistoiesi con foto

edatibiografici.

Infine celebra la proclamazione dell’Impero dando notizie dei festeggiamenti in

piazza del Duomo e del ritorno dei combattenti a Pistoia.

Anche la «Difesa religiosa e sociale», bollettino del Movimento cattolico,

sottolinea il ruolo della Chiesa nell’assistenza ai combattenti.

72


73


-LaFederazionedeifascidicombattimentodiPistoiapubblicailvolumeDalla

rivoluzione all’impero fascista con una parte dedicata Ai legionari reduci dall’A.

O.I.: un libro di novanta pagine, corredato di foto e articoli di giornali, in cui si

celebra la fondazione dell’Impero ricordando gli undici “Caduti per la rivoluzione

della provincia di Pistoia” e i trentasette “Caduti per l’Impero della provincia di

Pistoia”. A ognuno di loro è dedicata una pagina con la foto e una breve

biografia encomiastica 17 .Ilvolumeintendecollegare,inunasortadicontinuità

del sacrificio della vita offerta per la patria, i fascisti pistoiesi caduti durante gli

scontri della guerra civile degli anni venti, momento dell’inizio del governo

fascista, con i militari pistoiesi caduti nella guerra d’Etiopia che, con la

proclamazione dell’Impero, costituiva il maggior successo della dittatura alla

metà degli anni trenta. Tra i pistoiesi caduti in Africa orientale figurano otto morti

nei combattimenti dello Scirè e di Salaclacà, tra cui il caporal maggiore Giovanni

Marini, insignito della medaglia d’oro, cui venne intitolata la nuova caserma in

costruzione in quegli anni e la palestra di piazza S. Francesco annessa alla Casa

del balilla.

17

Federazione dei Fasci di combattimento, Pistoia,Dallarivoluzioneall’imperofascista,Ripaoni,Pistoia,

1937.

74


75


Una figura importante,

Ferdinando Martini

(Firenze 31/7/1841 - Monsummano Terme 24/4/1928) scrittore,

politico, africanista.

1876.Èelettodeputato(1876-1919per43anni).

1884-1886.SegretariogeneraledelMinisterodellaPubblicaIstruzione.

1892.MinistrodellaPubblicaIstruzionenelgovernoGiolitti.

1897-1907. Primogovernatoreciviledell’Eritrea.Segretarioparticolareèil

pistoiese Peleo Bacci ed è presente come militare in colonia anche il pistoiese

Metello Gianni.

1914-1916.MinistrodellecolonienelgovernoSalandra.

1923.Vienenominatosenatore.

1925.Firmailmanifestodegliintellettualifascisti.

Alla morte, nel 1928, lafamigliavendelabibliotecaallaCassadiRisparmio

di Pistoia che la dona alla Biblioteca Forteguerriana di Pistoia 18 .

18

Sulla figura di Ferdinando Martini vedi: N. Labanca, Ferdinando Martini in Eritrea, 1897- 1907. Per il

riesame di un mito del colonialismo italiano, inFerdinando Martini «Farestoria» n. 17, 1991, pp. 26-42;

«Bullettino Storico Pistoiese» N. 1-2, 1928, p. 112; AFerdinandoMartini.Nelcentenariodellanascita,

Monsummano Luglio 1941, XI.

76


Testimonianze attuali

Sala e biblioteca Martini nella Biblioteca comunale Forteguerriana,

Istituto alberghiero di Montecatini intitolato a Martini,

Villa Renatico-Martini, centro culturale ed espositivo a Monsummano Terme.

L’odonomastica

La Cirenaica

L’istituto fascista delle case popolari costruì negli anni 1927-30 due edifici per

indigenti in via Corta della Brana, fuori della città, a fianco degli impianti della

nettezza urbana, del macello e delle carceri. Gli edifici comprendevano

trentadue alloggi ed erano destinati alle famiglie più povere della città.

Gli edifici deperirono rapidamente e per il loro stato fatiscente, lo stato sociale

degli abitanti e la collocazione fuori della città e nei pressi di impianti malsani e

maleodoranti finirono per divenire una sorta di ghetto della povertà e i pistoiesi

lo soprannominarono rapidamente “La Cirenaica” e tale rimase fino al 1961

quando le case furono abbattute 19 .

Le vie coloniali a Pistoia

Tripoli (Via),nellaviaprovincialediCandeglialasecondaad. 20

Adua (viale),lacamionabileCapodiStradaVicofaro

Bengasi (v.) la seconda via ortogonale alla via Spartitoio, oltre il passaggio

Galliano (v.) alla rampa della via Nazario Sauro al Cavalcavia di Porta

Lucchese

Maccallè (viale) il cavalcavia di Porta Lucchese dal viale Petrocchi alla via

Nazario Sauro

Pietro Toselli,quartieredelleCasermette 21

Metello Gianni,periferianord

Si tratta sempre di vie nuove aperte nei quartieri di espansione della prima

periferia a nord e ovest del centro storico.

Ilocalipubblici

Ristorante Tripoli, nella piazzetta del Pesce 22 . Sulla Sala oggi piazza

dell’Ortaggio.

19

G. Beneforti, A. Ottanelli, Le case popolari di Pistoia 1. Il Comune di Pistoia, Pistoia, Buggiano, Vannini

2012, pp. 20-21.

20

A. Chiti, Pistoia. Guida storico artistica, Pistoia, Niccolai 1931, p. XV.

21

M. Ricci, Guida indicatore di Pistoia, Pavia, Artigianelli 1940, pp. 13, 15, 19, 21 - 23.

22

Ricci, Ibidem, p. 34.

77


Episodi particolari

1) Una storia complessa. Il monumento con la mitragliera del sommergibile

Scirè, Fortezza Santa Barbara, piazza della Resistenza.

Nel 1938 la lega navale di Pistoia donò la bandiera di combattimento

all’equipaggio del sommergibile Scirè che prendeva il nome da una regione

dell’Etiopia in cui nel febbraio-marzo 1936 durante la campagna d’Etiopia si

era svolta una battaglia tra le truppe abissine e italiane che avevano vinto lo

scontro. Alla battaglia aveva preso parte anche l’83° reggimento fanteria che

aveva sede a Pistoia e otto pistoiesi persero la vita nei combattimenti dello

Sciré e di Salaclacà. Durante la Seconda guerra mondiale lo Scirè fu

protagonista di numerose missioni fino ad essere affondato nel 1942 al largo

di Haifa. Nel 1984 il relitto è stato individuato ed è stata recuperata la

mitragliera binata che la Marina militare nel 1987 ha donato alla città di Pistoia

in ricordo del rapporto instaurato con il sommergibile nel 1938. La mitragliera

èstatacollocatanellaFortezzaSantaBarbarasuunmonumentocorredatodi

lapidi illustrative a ricordo dei sessanta membri dell’equipaggio periti con

l’affondamento 23 .

Attualmente la mitragliera è in restauro.

Fortezza Santa Barbara, Pistoia, Mitragliera sommergibile Scirè

23

C. O. Gori, Guida ai monumenti della memoria nel Comune di Pistoia, Pistoia, Comune di Pistoia, 2005,

pp. 13-15; S. Veloci, La fortezza medicea di Santa Barbara a Pistoia, Pistoia, Il Metato 2018, p.p. 36-37.

78


2) La lisciva saponaria tripolina igienica per il bucato.

Si tratta di una pubblicità degli anni Trenta che illustra con disegni dal forte

carattere razzista il potere pulente della lisciva “tripolina” con chiaro riferimento

alla città libica. La lisciva era prodotta a livello nazionale dalla ditta Moretti e a

Pistoia dallo stabilimento chimico artigiano Sanvoisin che vantava anche la

positiva dichiarazione rilasciata dal Laboratorio d’igiene della Provincia di

Pistoia 24 .

Sullo sfondo di un paesaggio desertico completo di cammello e palme un uomo

bianco sorridente e vestito in foggia militare compare al centro dell’immagine

dietro a un grande mastello di legno con la scritta “Lisciva saponaria tripolina 25

igienica” intento a disciplinare un gruppo di uomini, ragazzi e una donna che

entrano nel mastello con la loro pelle nera e ne escono completamente

sbiancati.

24

Bottega, emporio, negozio. Luoghi del vendere e del comprare fra tradizione e cambiamento, Pistoia,

Settegiorni 2009, p. 50.

25

APistoiailtermine“tripolina”perannihaindicatoilliquidoperigienizzareedisinfettare.“Tripolina s. f. -

Candeggina”, L. Gori, G. Giacomelli, Vocabolario pistoiese, Pistoia, Società pistoiese di storia patria 1984,

p. 184.

79


Niente è lasciato al caso: i tratti somatici dei neri sono quelli dell’iconografia

razziale classica: capelli ricci, labbra marcate, alcuni hanno anelli ai piedi, uno

èarmatodilanciaescudo,ladonnaportaunneonatosullespalle,tuttisono

sorridenti e comunque normali e pacati prima di entrare nel mastello e

entusiasti e felici all’uscita. La lisciva compie il miracolo per eccellenza, non solo

gli abitanti dell’oasi sono ben lieti di obbedire agli ordini di un uomo bianco ma

ottengono così anche il massimo riconoscimento della missione civilizzatrice

del colonialismo con il cambio del colore della pelle che li fa entrare nel novero

delle popolazioni civilizzate.

3) Il dibattito sull’intitolazione del Liceo scientifico pistoiese a “Amedeo di

Savoia duca d’Aosta”.

Nel 2022 si è sviluppato a Pistoia per alcuni mesi un dibattito sull’opportunità

di mantenere l’intitolazione del locale Liceo scientifico a “Amedeo di Savoia

duca d’Aosta” sollevata da un docente della scuola a causa del ruolo assunto

dal duca all’interno del regime fascista e del suo ruolo di viceré della colonia

eritrea. Sull’argomento sono intervenuti docenti, ex allievi, rappresentanti di

associazioni culturali, giornalisti e alla fine il Consiglio d’Istituto ha deliberato di

mantenere l’intitolazione.

Approfondimenti

1) Intervista-colloquio al Liceo scientifico con i protagonisti del dibattito

sviluppatosi nel 2022 sul cambio dell’intitolazione della scuola a “Amedeo di

Savoia duca d’Aosta”.

2) Cineforum. Visione e commento del film: Lion of the desert – Il leone del

deserto,diMustafaAkkad,1981chenarralavicendadiOmaralMukharcapo

della guerra contro gli italiani durante gli anni della “Riconquista della Libia”.

Il film è stato censurato impedendone la distribuzione in Italia, in quanto

ritenuto “lesivo all’onore dell’esercito italiano”, ed è stato trasmesso in

televisione solo una volta, su Sky nel 2009 a distanza di quasi trent’anni e mai

trasmesso dalla televisione pubblica italiana.

3) Pistoia coloniale. Ricerca sulla cartografia e percorso di trekking urbano alla

scoperta delle vie intitolate a eventi e personaggi dell’Italia coloniale con

documentazione iconografica.

4) Ricerca, i testi delle canzoni coloniali: Menelik le palle son di piombo non

pasticche... ; Tripoli bel suol d’amore... ; Faccetta nera bell’abissina...

Pistoia, ottobre 2022

80


Pistoia - Postcolonial Landscapes

Notes and documents for a history of colonialism in Pistoia

Italian colonialism

Dates

The adventure of Italian colonialism

unfolds over a period ranging from

1869 to 1960, almost a century, and

crosses liberal Italy, fascism and ends

well into democratic and republican

Italy 1 .Aveilofsilencehasfallenover

this important part of the history of

Italy, represented by discourse that

has sought to describe the Italian

intervention in Africa as a different,

more human, less violent one than

that of the other European powers:

Great Britain, France, Belgium,

Germany, Spain and Portugal. It is not

so. Research, publications and

volumes have shown in recent times,

consistently too late, that Italian

colonialism had the same

characteristics as other European

colonialisms.

Chronology of Italian

colonialism

November 17, 1869. Inaugurationof

the Suez Canal 2 .

November 15, 1869. Giuseppe

Sapeto (1881-1895) 3 in the name of

the Genoese shipping company

Rubattino purchases some hectares

of land in the bay of Assab, Eritrea, on

the Red Sea to also use it as a coal

base. The chairman of the Italian

Council at that time was Luigi

Menabrea.

1882. The government acquires the

Assab Bay from the Rubattino

company and occupies the stretch of

coast with the military. This is the first

official act of Italian colonial policy and

the small Eritrean possession

constitutes the first Italian colony on

African soil.

1885. Italiansoldiersoccupytheport

city of Massawa, 500 km further south

of Assab, and then the coast between

Assab and Massawa.

1887. Battle of Dogali, in the

hinterland of Assab, won by the

Ethiopians, 430 Italian deaths. In

Rome, the piazzale dei 500 is named

after them.

1889. ItalianprotectorateonObbia,

coast of Somalia.

1890. Thevariouspossessionsonthe

Red Sea become the Eritrean colony.

1893. The Emperor of Ethiopia

Menelik II denounces the Treaty of

Uccialli drawn up by Italy and

translated in a misleading way

1

AsubstantialbibliographyexistsonItaliancolonialism,herewehighlight:A.DelBoca,Gli Italiani in

Africa Orientale, 1, 2, 3, 4, Milan, Mondadori 1996, 1999; F. Filippi, Noi però gli abbiamo fatto le strade. Le

colonie italiane tra bugie, razzismi e amnesie,Turin,BollatiBoringhieri2021.v

2

A. Giuntini, Il canale di Suez (1856-1869),Pisa,Pacini2021.

3

On the figure of Giuseppe Sapeto see: Ibidem, pp. 114-115.

81


1895.BattleofAmbaAlagi,theItalian

troops commanded by Pietro Toselli

are defeated by the Eritreans.

1895. Siege of Macalle. The small

Italian garrison of the Enda Jesus fort

in Macalle, under the command of

Major Giuseppe Galliano, he resisted

the siege of the Ethiopian army, led by

Negus Menelik II of Ethiopia, ultimately

capitulated after an agreement

between the two contenders.

1896.BattleofCoalit(Eritrea)

1896. BattleofAdua,ontheborder

between Eritrea and Ethiopia,

between Italians and Ethiopians. The

battle ends with the defeat of the

Italians with about 7000 fallen and

loss of the arsenal, among the fallen is

Lieutenant Colonel Giuseppe Galliano.

Crispi government falls.

1901. ItalianconcessiontoTientsinin

China obtained during the Boxer

Rebellion, the city was an Italian

colony from 1901 to 1943.

1908. Establishment of the colony

Somalia

1911. ItalydeclareswaronTurkeyfor

the possession of Tripolitania and

Cyrenaica (Libya ). Disembarkation of

the Italian troops in Tripoli.

1912. AnnexationofTripolitaniaand

Cyrenaica, establishment of the

colony of Libya, acquisition of Rhodes

and the Dodecanese islands.

1912.EstablishmentoftheMinistryof

Colonies.

1921-1932. Longmilitarycampaign

called "The reconquest of Libya" with

the war against the Libyan peoples

who oppose the Italian occupation

which over time had been reduced to

the territories along the coast. The

Libyans are definitively defeated with

the capture and killing in 1931 of the

Senusiyya leader Omar al Mukhtar

who has fought against the Italians

since 1911.

October 3, 1935 4 . Italy invades

Ethiopia also using gas against the

civilian population4.

May 5, 1936. Italian troops occupy

Addis Ababa and Mussolini proclaims

the Italian Empire in East Africa

(Eritrea, Ethiopia, Somalia) and Libya.

Vittorio Emanuele III assumes the title

of king and emperor.

February 12, 1937. Failedattackon

Viceroy Graziani in Addis Ababa,

generalized Italian retaliation against

the Eritrean population which causes

the killing of about six thousand

civilians 5 .

May 10, 1940.Mussolinideclareswar

on Great Britain and France, war

begins in Africa.

May 5, 1941. Italiansdefeatedbythe

British on Amba Alagi. Viceroy

Amedeo d’Aosta in captivity. End of

the Empire after exactly six years.

1947.AttheendoftheSecondWorld

War, Italy loses all its colonies.

1953. Italy obtains the trust

administration of Somalia for the

transition of this nation towards

independence.

1960. Somalia gains independence

from Italy.

4

A. Del Boca, IgasdiMussolini.Ilfascismoelaguerrad’Etiopia,Torino,EditoriRiuniti2021.

5

A. Del Boca, L’attentato a Graziani, in Gli italiani in Africa Orientale - vol. 3, cit.

82


Traces of Pistoia's

colonialism.

Characters, places and

events

1882. GiovanniBranchi,Pistoianby

adoption, is appointed by Depretis as

head of the small colony of Eritrea.

1887.BattleofDogaliwithfourfallen

soldiers from Pistoia: Pilade Giubilei

from Porta al Borgo, Emilio Frosini

from Casalguidi, Luigi Campigli and

Giuseppe Pantani 6 .

1896. Battle of Adua, the soldier

Gustavo Zanni (1861-1905) of

Abetone takes part in it 7 .

1895. Battle of Amba Alagi, with

participation by some Pistoia officers

and soldiers 8 .

1896. Battle of Adua, two Pistoia

medical officers among the fallen 9 .

The Pistoian democrats

(Garibaldians, republicans, radicals

and socialists) demonstrate against

the Italian colonial policy 10 .

The local periodical «Il Popolo

Pistoiese» condemns the conduct of

the war and asks for the resignation

of the Prime Minister Crispi 11 and

reports on the pacifist and anti-war

demonstrations which took place in

Pistoia.

October 5, 1911. Italian troops

occupy Tripoli and Benghazi. First

Libyan campaign with occupation of

Tripolitania and Cyrenaica.

November 5, 1911. Tripolitaniaand

Cyrenaica are declared under Italian

sovereignty. Colony of Libya is

established.

"Il Popolo Pistoiese" supports the

campaign and the occupation of

Libya with strongly colonialist

articles 12 and also the religious and

civil defense of Catholics which cites a

Pistoian fallen in Verna.

«Bullettino Storico Pistoiese» supports

the climate of war with articles that

refer to historical episodes recalled, at

that time, to justify the enterprise of

Libya and the Italian presence in

those wars 13

Postcards celebrating the war are

printed in Pistoia.

The war in Ethiopia, 1935-1936 14 .

Italy finally has its Empire and Pistoia

takes part in the celebration of glory.

The city and the province: politicians,

journalists, intellectuals participate

and support the Ethiopian campaign

with writings and publications, in

addition the province of Pistoia

participates with 1000 volunteers.

6

F. Giannelli, Pistoiesi alla prima guerra d’Africa, Pistoia C.R.T. 1997, p. 39.

7

Ibidem, pp. 32-33.

8

Ibidem, pp. 74-80.

9

9. Ibidem, pp. 81-120.

10

A. Ottanelli, Gli anni del cambiamento, in Storia di Pistoia, IV, acuradiGiorgioPetracchi,Firenze,Le

11

Monnier 2000, pp. 386-387. «Il Popolo Pistoiese», 1896.

12

«Il Popolo Pistoiese», november and december 1911.

13

A. Sozzifanti Una battaglia navale sulle coste dell’Africa nel 1620, pp.35-39;L.Chiappelli,Il

combattimento d’una nave toscana con navi di Tripoli in un documento Pistoiese, «BullettinoStorico

Pistoiese », 1911, 1912.

83


The position of the

intellectuals

-Quinto Santoli, director of the

Forteguerriana Library and president

of the “Pistoia society of homeland

history” opens the issue no. 1 of the

Bullettino storico pistoiese with an

extensive article on the war in

Ethiopia and on Italian colonial

policy 15 .

-Issueno.2oftheBulletinoreports

the news of a return to Pistoia, where

they are based, of the 83rd infantry

regiment returning from the Ethiopian

campaign welcomed with a "festa del

popolo" 16 .

Periodicals

The periodicals of Pistoia have been

following the participation of

Pistoians in the war since 1935. «Il

Ferruccio» also gives regular news of

the Pistoian victims with photos and

biographical data.

Finally, it celebrates the proclamation

of the Empire by giving news of the

celebrations in Piazza del Duomo and

the return of the fighters to Pistoia.

The " Difesa religiosa e sociale "

bulletin of the Catholic Movement

also highlights the role of the Church

in assisting the combatants. - The

Federazione dei fasci di

combattimento di Pistoia publishes

the volume From the Revolution to the

Fascist Empire with a part dedicated

to the legionaries returning from the

A.O.I .: a ninety-page book, complete

with photos and newspaper articles,

in which celebrates the foundation of

the Empire by remembering the

eleven "Fallen for the revolution of the

province of Pistoia" and thirty-seven

"Fallen for the Empire of the province

of Pistoia". A page with a photo and a

short laudatory biography is

dedicated to each of them 17 . The

volume intends to connect, in a sort of

continuity of the sacrifice of life

offered for the homeland, the Pistoian

fascists who fell during the civil war

clashes of the twenties, the moment

of the beginning of the fascist

government, with the Pistoian

soldiers who fell in the war of Ethiopia

which, with the proclamation of the

Empire, constituting the most

successful of the dictatorship in the

mid-thirties. Among the Pistoians

who fell in East Africa there are eight

deaths in the battles of the Scirè and

Salaclacà, including the corporal

major Giovanni Marini, awarded the

gold medal, to whom the new

barracks under construction in those

years and the gym in Piazza S were

named Francesco annexed to the

Casa del balilla.

14

G. Petracchi, Pistoia dalla Prima alla Seconda guerra mondiale (1914-1940),inStoriadiPistoia,cit,p.

440.

15

Q. Santoli, Impero fascista,«Bullettinostoricopistoiese»,1,1936,pp.3-13.

16

Ai reduci dell’Africa Orientale, «Bullettino storico pistoiese», 2, 1936, pp. 98-99.

17

Federazione dei Fasci di combattimento, Pistoia, Dalla rivoluzione all’impero fascista, Ripaoni, Pistoia,

1937.

84


An important figure,

Ferdinando Martini

(Florence 7/31/1841 -

Monsummano Terme 4/24/1928)

writer, politician, Africanist.

1876. he is elected deputy (1876-

1919 for 43 years).

1884-1886. Secretary General of the

Ministry of Education.

1892. Minister of Education in the

Giolitti government.

1897-1907. First civil governor of

Eritrea. The private secretary is Peleo

Bacci from Pistoia and the Metello

Gianni is also present as a soldier in

the colony.

1914-1916. Colonial Minister in the

Salandra government.

1923.Heisappointedsenator.

1925. Signs the manifesto of the

fascist intellectuals.

Upon his death in 1928, thefamily

sold the library to the Cassa di

Risparmio di Pistoia which donated it

to the Forteguerriana Library in

Pistoia 18 .

Current testimonials

Martini room and library in the

Forteguerriana Municipal Library;

Montecatini Hotel Institute named

after Martini; Villa Renatico-Martini,

cultural and exhibition center in

Monsummano Terme.

Street Names

Cyrenaica

In the years 1927-30, the Fascist

public housing institute built two

buildings for the poor in via Corta

della Brana, outside the city,

alongside the sanitation facilities, the

slaughterhouse and the prisons. The

buildings included thirty-two

apartments and were intended for

the poorest families in the city.

The buildings deteriorated rapidly

and due to their dilapidated state, the

social status of the inhabitants and

the location outside the city and near

unhealthy and smelly factories ended

up becoming a sort of ghetto of

poverty and the Pistoians quickly

nicknamed it "La Cirenaica" and such

it remained until 1961 when the

houses were demolished 19 .

The colonial street names in

Pistoia

Tripoli (Via),intheprovincialroadof

Candeglia the second a d. 20

Adua (viale), thelorry-ableCapodi

Strada Vicofaro

Bengasi (v.) The second orthogonal

road to via Spartitoio, beyond the

passage

Galliano (v.) To the ramp of via

Nazario Sauro to the overpass of

Porta Lucchese Maccallè (viale) the

18

On the figure of Ferdinando Martini see: N. Labanca, Ferdinando Martini in Eritrea, 1897 - 1907. Per il

riesame di un mito del colonialismo italiano, in Ferdinando Martini "Farestoria" No. 17, 1991, pp. 26-42;

"Bullettino Storico Pistoiese" No. 1-2, 1928, p. 112; AFerdinandoMartini.Nelcentenariodellanascita,

Monsummano July 1941, XI.

19

G. Beneforti, A. Ottanelli, Le case popolari di Pistoia 1. Il Comune di Pistoia, Pistoia, Buggiano, Vannini

20

2012, pp. 20-21. A. Chiti, Pistoia. Guida storico artistica, Pistoia, Niccolai 1931, p. XV.

85


overpass of Porta Lucchese from viale

Petrocchi to via Nazario Sauro

Pietro Toselli,Casermettedistrict 21

Metello Gianni,northernsuburbs

These are always new roads opened

in the expansion districts of the first

suburb to the north and west of the

historic center.

Public places

Tripoli restaurant, inthepiazzetta

del Pesce 22 .OntheSalatodayPiazza

dell’Ortaggio.

Particular episodes

1) Acomplexstory.Themonument

with the machine gun of the Scirè

submarine, Fortezza Santa Barbara,

piazza della Resistenza. In 1938 the

naval league of Pistoia donated the

combat flag to the crew of the

submarine Scirè which took its name

from a region of Ethiopia where in

February-March 1936 a battle

between the troops took place during

the Ethiopian campaign between

Abyssinians and Italians who had

won the battle. The 83rd infantry

regiment based in Pistoia had also

taken part in the battle and eight

Pistoians lost their lives in the battles

of the Sciré and Salaclacà. During the

Second World War the Scirè was the

protagonist of numerous missions

until it was sunk in 1942 off the coast

of Haifa. In 1984 the wreck was

identified and the twin machine gun

was recovered by the Navy in 1987

donated to the city of Pistoia in

memory of the relationship

established with the submarine in

1938. The machine gun was placed in

the Santa Barbara Fortress on a

monument equipped with illustrative

plaques in memory of the sixty crew

members who perished with the

sinking 23 . The machine gun is

currently being restored.

2) The Tripoline hygienic soap lye for

laundry.

This is an advertisement from the

1930s that illustrates with drawings

of a strong racist character the

cleaning power of 'Tripolina' lye with

clear reference to the Libyan city. This

lye was produced nationally by the

Moretti company and in Pistoia by the

artisan chemical plant Sanvoisin,

which also boasted the positive

approval of the Hygiene Laboratory of

the Province of Pistoia 24 .

Against the backdrop of a desert

landscape complete with camel and

palm trees, a smiling white man

dressed in military attire appears in

the centre of the picture behind a

large wooden tub with the inscription

“Lisciva saponaria tripolina igienica” 25

(Soap Lye from Tripolina), intent on

disciplining a group of men, boys and

21

M. Ricci, Guida indicatore di Pistoia, Pavia, Artigianelli 1940, pp. 13, 15, 19, 21 - 23.

22

Ricci, Ibidem, p. 34.

23

C. O. Gori, Guida ai monumenti della memoria nel Comune di Pistoia,Pistoia,ComunediPistoia,2005,

pp. 13-15; S. Veloci, La fortezza medicea di Santa Barbara a Pistoia,Pistoia,IlMetato2018,p.p.36-37.

24

Bottega, emporio, negozio. Luoghi del vendere e del comprare fra tradizione e cambiamento, Pistoia,

Settegiorni 2009, p. 50.

86


awomanwhoenterthetubintheir

black skin and come out completely

bleached.

Nothing is left to chance: the somatic

traits of blacks are those of classic

racial iconography: curly hair, marked

lips, some have rings on their feet, one

is armed with a spear and shield, the

woman carries a baby on her

shoulders, everyone is smiling and in

any case normal and calm before

entering the tub and enthusiastic and

happy upon exiting. The lye performs

the miracle par excellence, not only

are the inhabitants of the oasis happy

to obey the orders of a white man but

they will thus also find the maximum

recognition of the civilizing mission of

colonialism with the change of skin

color which lets them enter the ranks

of civilized populations.

3) The debate on the naming of the

scientific high school in Pistoia after

"Amedeo di Savoia, Duke of Aosta".

In 2022, a debate developed in Pistoia

for a few months on the advisability of

maintaining the naming of the local

scientific high school after "Amedeo di

Savoia duke of Aosta" raised by a

teacher of the school due to the role

assumed by the duke within of the

fascist regime and his role as viceroy

of the Eritrean colony. Teachers, former

students, representatives of cultural

associations, journalists spoke on the

subject and in the end the Institute

Council resolved to keep the title.

Insight

1) Interview at the scientific high

school with the protagonists of the

debate on the development of pathos

in 2022 on the change of the school's

title to "Amedeo di Savoia Duke of

Aosta".

2) Cineforum. Watch and comment

on the film: The Lion of the Desert, by

Mustafa Akkad, 1981 which tells the

story of Omar al Mukhar, leader of the

war against the Italians during the

years of the "Reconquest of Libya".

The film was censored, preventing its

distribution in Italy, as it was deemed

"detrimental to the honor of the Italian

army", and was only broadcast on

television once, on Sky in 2009 after

almost thirty years and never

broadcast by Italian public television.

3) Colonial Pistoia. Research on

cartography and urban trekking route

to discover the streets named after

events and characters of colonial Italy

with iconographic documentation.

4) Research, the lyrics of the colonial

songs: Menelik le palle son di piombo

non pasticche... ; Tripoli bel suol

d’amore... ; Faccetta nera

bell’abissina...

Pistoia, october 2022

25

In Pistoia, the term 'tripolina' for years indicated the liquid for sanitising and disinfecting. "Tripolina s. f. -

Candeggina", L. Gori, G. Giacomelli, Vocabolario pistoiese, Pistoia, Società pisto- iese di storia patria 1984,

p. 184.

87



Finito di stampare nel novembre 2022 dalla

Tipografia GF Press - Serravalle Pistoiese

Printed in November 2022 by

Tipografia GF Press - Serravalle Pistoiese



Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!