PORTAVOCE DI SAN LEOPOLDO MANDIC - gennaio 2020
Portavoce di san Leopoldo Mandic (Dal 1961, a Padova, la rivista del santuario di padre Leopoldo, francescano cappuccino, il santo della misericordia e dell'ecumenismo spirirituale) Portavoce di san Leopoldo Mandic (Dal 1961, a Padova, la rivista del santuario di padre Leopoldo, francescano cappuccino, il santo della misericordia e dell'ecumenismo spirirituale)
PortavoceN. 1 - GENNAIO-FEBBRAIO 2020di san Leopoldo MandićMensile - anno 60 - n. 1 - Poste Italiane s.p.a. - Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, NE/PDSETTIMANADI PREGHIERAPER L’UNITÀDEI CRISTIANIVITADEL SANTUARIOIL RESTAURODELL’ORGANO
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Portavoce
N. 1 - GENNAIO-FEBBRAIO 2020
di san Leopoldo Mandić
Mensile - anno 60 - n. 1 - Poste Italiane s.p.a. - Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, NE/PD
SETTIMANA
DI PREGHIERA
PER L’UNITÀ
DEI CRISTIANI
VITA
DEL SANTUARIO
IL RESTAURO
DELL’ORGANO
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Portavoce
di san Leopoldo Mandić
Periodico di cultura religiosa
dell’Associazione «Amici di San Leopoldo»
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Santuario san Leopoldo Mandić
Piazzale Santa Croce, 44 - 35123 Padova
Sito internet
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Direttore e Redattore
Giovanni Lazzara
Dir. Responsabile
Luciano Pastorello
Hanno collaborato a questo numero
Massimo E. Putano, Flaviano G. Gusella,
Renato Marangoni, Fabrizio Centofanti,
Luca Santato, Anna B. Artmann, Alberto
Sabatini, Francesco Tognato, S.Z.
Antonia Di Lenna e Fabio Camillo
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da qualsiasi mese dell’anno. Il cambio di indirizzo è gratuito:
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Impaginazione
Barbara Callegarin
Stampa
Stampe Violato - Bagnoli di Sopra (PD)
Editore
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Spedizione in abbonamento postale
Pubblicazione registrata presso il Tribunale
di Padova il 18 ottobre 1961, n. 209 e al R.O.C.,
n. 13870. Con approvazione ecclesiastica
e dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini
Garanzia di riservatezza
Nel rispetto del D.L. n. 196/2003 Portavoce di san
Leopoldo Mandić garantisce che i dati personali
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In copertina: elaborazione grafica
di una foto di padre Leopoldo
Le foto, ove non espressamente indicato, hanno
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Chiuso in prestampa il 12 novembre 2019
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Rettore del santuario
Fra Flaviano Giovanni Gusella
Santuario san Leopoldo Mandić
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Sommario
N. 1 GENNAIO-FEBBRAIO 2020 ANNO 60
3
8
11
16
18
20
22
24
38
4
6
30
32
36
Editoriali
TOGLIERE LA POLVERE DALLA BIBBIA / AI LETTORI / di Giovanni Lazzara
PADRE LEOPOLDO E L’AMICO MARINAIO / LA VOCE DEL SANTUARIO /
di Flaviano G. Gusella
Attualità ecclesiale
OSPITALI O INDIFFERENTI? CRISTIANI AL BIVIO DELLA STORIA /
SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITÀ DEI CRISTIANI / a cura della Redazione
Fede & vita
«SIANO PERFETTI NELL’UNITÀ…». LA VIA DELLA COMUNIONE E CIÒ CHE LA MINACCIA
/ di Renato Marangoni
SPERARE PER VIVERE ALL’ALTEZZA / di Fabrizio Centofanti
San Leopoldo ieri e oggi
SAN LEOPOLDO IN MOZAMBICO / di Luca Santato
CENA A CASA DI SIMONE IL FARISEO / ARTE IN SANTUARIO / di Anna Boscolo Artmann
MUSICA NUOVA IN SANTUARIO / VITA DEL SANTUARIO / di Alberto Sabatini
IL PICCOLO LEOPOLDO / IL «PADRE» DEI PICCOLI > 1 / di Antonia Di Lenna
Rubriche
LA FOTO RACCONTA
LETTERE A PORTAVOCE / di Massimo Ezio Putano
GRAZIE, SAN LEOPOLDO / a cura della Redazione
VITA DEL SANTUARIO / a cura della Redazione
CALENDARIO LITURGICO / di S.Z.
BUON ANNO ! A tutti gli amici lettori e devoti
di san Leopoldo, l’augurio di un nuovo anno
ricco di serenità, fede e ogni bene.
ATTUALITÀ ECCLESIALE
Ospitali o indifferenti?
Cristiani al bivio della storia
Sabato 18 gennaio ha inizio la
Settimana di preghiera per
l’unità dei cristiani: otto giorni
di preghiera ecumenica
promossi a livello mondiale
dalla Chiesa cattolica e dal Consiglio
Mondiale delle Chiese ortodosse e
protestanti.
Il tema («Ci trattarono con gentilezza»
Atti 28,2) e i sussidi di
quest’anno sono stati preparati dalle
comunità cristiane presenti nell’isola
di Malta e Gozo, le quali ogni
anno ricordano il naufragio di san
Paolo. Secondo un’antichissima tradizione,
infatti, l’Apostolo venne imprigionato
dai Romani nell’odierna
Turchia e poi imbarcato su una nave
per trasportarlo a Roma. Ma il 10
Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani
dal 18 al 25 gennaio 2020. Il tema scelto, ispirato
dal racconto del naufragio di san Paolo e della
sua accoglienza nell’isola di Malta, ci interpella
come cristiani. Tutti affrontiamo la crisi relativa alle
migrazioni. Siamo dalla parte degli indifferenti oppure
accogliamo con umanità, divenendo così testimoni
dell’amorevole provvidenza di Dio?
febbraio dell’anno 60 la nave naufragò,
arenandosi davanti all’isola di
Malta. L’isola, situata al centro del
Mediterraneo, era colonizzata dai
Fenici e inserita nell’area d’influenza
romana fin del 218 a.C., incorporata
nella provincia di Sicilia. Dopo
il naufragio, narra san Luca negli Atti
degli Apostoli, Paolo e gli altri superstiti
avvistarono terra, ma quando
si trovarono vicini ad approdarvi,
la loro barca si incagliò in una secca,
la poppa si spezzò, i passeggeri furono
costretti a raggiungere a nuoto la
GENNAIO-FEBBRAIO 2020 | PORTAVOCE | 11
SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITÀ DEI CRISTIANI
spiaggia. Racconta l’Apostolo: «Una
volta in salvo venimmo a sapere che
l’isola si chiamava Malta» (Atti 28,1).
Gli abitanti di Malta, estremamente
ospitali, per scongiurare il
freddo dell’inverno imminente, accesero
un grande falò con l’aiuto
dello stesso Paolo che, alla ricerca
di legname per alimentare il fuoco,
fu morso da una vipera. Prodigiosamente
non ne pagò le conseguenze,
cosicché i maltesi rimasero sbalorditi,
pensando, dapprima, di essere
dinanzi a un assassino e, poi, davanti
a una divinità.
La riflessione sul brano biblico
relativo al naufragio di san Paolo a
Malta (Atti 27,18–28,10) ha permesso
al gruppo di lavoro di riflettere sulla
fede di san Paolo nella Divina Provvidenza
e sulle virtù ecumeniche
connesse all’ospitalità. Nella liturgia
e nelle riflessioni per la Settimana
di Preghiera si evidenziano altri temi
meritevoli di approfondimento e
preghiera comune: riconciliazione,
discernimento, speranza, fiducia,
forza, ospitalità, conversione e generosità.
Per accompagnare la riflessione
e preghiera, alle pagine 14-15 proponiamo
l’indicazione delle letture
bibliche degli otto giorni, seguite da
un breve commento. Ma per entrare
nel tema centrale della riflessione,
pubblichiamo di seguito l’Introduzione
teologico-pastorale del
sussidio elaborato.
Sopra, le scogliere rocciose della punta
settentrionale delle isole di San Paolo,
nell’arcipelago di Malta. Sulla sommità
si nota la grande statua dell’apostolo
Paolo, naufragato lì vicino.
Sotto, un modello di nave mercantile
romana del I secolo d.C., simile a quella
dov’era imbarcato san Paolo (Malta,
Museo marittimo)
CI TRATTARONO CON GENTILEZZA
(ATTI 28,2)
Il materiale della Settimana di preghiera
per l’unità dei cristiani del
2020 è stato preparato dalle chiese
cristiane di Malta e Gozo (Christians
Together in Malta). Il 10 febbraio, a
Malta, molti cristiani celebrano la
Festa del Naufragio dell’apostolo
Paolo, commemorando e rendendo
grazie per l’arrivo della fede cristiana
in quelle isole. Il brano degli Atti
degli Apostoli proclamato in occasione
della Festa è lo stesso scelto quale
tema della Settimana di preghiera
di quest’anno.
La narrazione inizia con Paolo
condotto prigioniero a Roma (Atti
27,1ss): è in catene, ma anche attraverso
di lui, in un viaggio che si rivelerà
pericoloso, la missione di Dio
continua.
L’episodio ripropone il dramma
dell’umanità di fronte alla terrificante
potenza degli elementi della
natura. I passeggeri della barca sono
alla mercé del mare violento e
della poderosa tempesta che infuria
intorno a loro. Sono forze che li
spingono verso approdi sconosciuti,
e si sentono persi e senza speranza.
Le duecentosettantasei persone
sulla barca si distinguono in gruppi:
i soldati, i marinai e i prigionieri. Il
centurione e i suoi soldati hanno
potere e autorità, ma dipendono
dall’abilità e dall’esperienza dei marinai.
Sebbene tutti siano impauriti
e vulnerabili, i prigionieri in catene
sono i più vulnerabili di tutti. La loro
vita è sacrificabile, sono a rischio
di una esecuzione sommaria (Atti
27,42). Via via che la storia va avanti,
sotto la pressione delle circostanze
e nel timore per la propria vita, diffidenza
e sospetto acuiscono le divisioni
tra i differenti gruppi.
Ma, inaspettatamente, Paolo si
erge quale faro di pace nel tumulto.
Egli sa che la sua vita non è in balìa
di forze indifferenti al suo destino,
ma, al contrario, è nelle mani di un
Dio a cui egli appartiene e che adora
(Atti 27,23). Grazie alla sua fede, egli
ha fiducia che comparirà davanti
all’imperatore a Roma, e può alzarsi
davanti ai suoi compagni di viaggio
per rendere gloria a Dio. Tutti ne sono
incoraggiati e, seguendo l’esempio
di Paolo, condividono insieme il
pane confidando nelle sue parole e
uniti da una nuova speranza.
È questo il tema principale della
pericope: la divina Provvidenza. Era
stata decisione del centurione salpare
nonostante il cattivo tempo, e
durante la tempesta i marinai avevano
preso decisioni su come governare
la nave. Ma alla fine i loro stessi
piani vengono mandati a monte, e
solo stando insieme e lasciando che
la nave naufraghi possono essere
salvati dalla divina Provvidenza. La
nave e tutto il suo prezioso carico
andranno perduti, ma tutti avranno
salva la vita: «Nessuno di voi perderà
neppure un capello» (Atti 27,34;
cfr Luca 21,18).
Nella nostra ricerca di unità abbandonarsi
alla divina Provvidenza
implica la necessità di lasciar andare
molte delle cose cui siamo profondamente
attaccati. Ciò che sta a
cuore a Dio è la salvezza di tutti.
Dunque, persone diverse e in disaccordo
tra loro, approdano insieme
e «tutti arrivarono a terra sani
e salvi» (Atti 27,44). Imbarcati sulla
stessa nave, essi arrivano alla stessa
destinazione, dove l’ospitalità degli
isolani rivela l’unità del genere
12 | PORTAVOCE | GENNAIO-FEBBRAIO 2020
umano. Mentre si radunano attorno
al fuoco, circondati da persone
che non li conoscevano e neppure
li comprendevano, le differenze di
potere e di condizione svaniscono.
Le duecentosettantasei persone
non sono più alla mercé di forze indifferenti,
ma vengono abbracciate
dall’amore e dalla provvidenza di
Dio, resi concreti da queste persone
che li trattano «con gentilezza» (Atti
28,2). Infreddoliti e bagnati, possono
ora scaldarsi e asciugarsi attorno
al fuoco, ricevere ristoro, ed essere
tenuti al riparo finché non possano
riprendere il viaggio con sicurezza.
Oggi molte persone affrontano
gli stessi pericoli nello stesso mare.
I medesimi luoghi citati nelle Scritture
(Atti 21,1; 28,1) caratterizzano le
storie dei migranti di oggi. In varie
parti del mondo, molte persone affrontano
viaggi altrettanto pericolosi,
per terra e per mare, per scampare
a disastri naturali, guerre e povertà.
Anche le loro vite sono in balìa di forze
immense e altamente indifferenti,
non solo naturali, ma anche politiche,
economiche e umane.
L’indifferenza umana assume varie
forme: l’indifferenza di coloro
che vendono a persone disperate
posti in imbarcazioni non sicure
per la navigazione; l’indifferenza di
persone che decidono di non inviare
gommoni di salvataggio; l’indifferenza
di coloro che respingono i
barconi di migranti… solo per fare
alcuni esempi.
Questo racconto ci interpella come
cristiani che insieme affrontano
la crisi relativa alle migrazioni: siamo
collusi con le forze indifferenti
oppure accogliamo con umanità, divenendo
così testimoni dell’amorevole
provvidenza di Dio verso ogni
persona?
L’ospitalità è una virtù altamente
necessaria nella ricerca dell’unità
tra cristiani. È una condotta che ci
spinge a una maggiore generosità
verso coloro che sono nel bisogno.
Le persone che mostrarono gentilezza
verso Paolo e i suoi compagni
non conoscevano ancora Cristo, eppure
è per la loro «inusuale gentilezza»
che un gruppo di persone divise
viene radunato in unità. La nostra
stessa unità di cristiani sarà svelata
non soltanto attraverso l’ospitalità
degli uni verso gli altri, pur importante,
ma anche mediante l’incontro
amorevole con coloro che non
condividono la nostra lingua, la nostra
cultura e la nostra fede.
Nei tempestosi viaggi e nei fortuiti
incontri della vita, la volontà
di Dio per la sua Chiesa e per tutta
l’umanità raggiunge il suo compimento;
come Paolo proclamerà a
Roma, la salvezza di Dio è per tutti
(Atti 28,28). P
a cura della Redazione
GENNAIO-FEBBRAIO 2020 | PORTAVOCE | 13
SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITÀ DEI CRISTIANI
Letture bibliche
e commento per ogni giorno
Primo giorno: 18 gennaio
RICONCILIAZIONE: gettare il carico in mare
Atti 27,18-19.21 - Luca 18,9-14
Noi cristiani di differenti chiese e tradizioni, abbiamo,
purtroppo, accumulato lungo i secoli un pesante
fardello di reciproca sfiducia, amarezza, sospetto, ma
rendiamo grazie a Dio per la nascita e la crescita del
Movimento ecumenico nel secolo scorso. Il nostro
incontro con cristiani di altre tradizioni e la nostra comune
preghiera per l’unità ci incoraggiano a cercare perdono,
riconciliazione e accoglienza reciproci. Non dobbiamo
permettere ai fardelli del passato di ostacolare il nostro
percorso verso l’unità, è anzi volontà del Signore che noi li
lasciamo andare per lasciare spazio a Lui.
Secondo giorno: 19 gennaio
LUCE: cercare e rendere manifesta la luce di Cristo
Atti 27,20 - Marco 4,35-41
Cristo è la nostra luce e la nostra guida, senza le quali
restiamo disorientati. Quando i cristiani perdono di vista
Cristo, crescono pieni di paura e divisi gli uni dagli altri. E
molte persone di buona volontà, lontane dalla Chiesa, non
possono vedere la luce di Cristo, perché, con le nostre
divisioni, noi la riflettiamo meno chiaramente, o a volte la
oscuriamo completamente. Nel cercare la luce di Cristo,
ci avviciniamo gli uni agli altri, e la manifestiamo meglio,
divenendo realmente segno di Cristo, Luce del mondo.
Terzo giorno: 20 gennaio
SPERANZA: il discorso di Paolo
Atti 27,22.34 - Matteo 11,28-30
Come cristiani appartenenti a chiese e tradizioni non
pienamente riconciliate tra loro, siamo spesso scoraggiati
dalla lentezza nel progredire verso l’unità visibile. A dire
il vero, alcuni hanno persino abbandonato ogni speranza
e vedono questa unità come un ideale irraggiungibile;
altri non vedono l’unità come necessaria alla loro fede
cristiana. Preghiamo per il dono dell’unità visibile tra
i cristiani con fede costante, pazienza instancabile e
speranza vigile, confidando nella provvidenza amorevole
di Dio. L’unità è la preghiera di Dio per la Chiesa ed Egli ci
accompagna in questo viaggio: non saremo perduti.
Quarto giorno: 21 gennaio
FIDUCIA: non aver paura, credere
Atti 27,23-26 - Luca 12,22-34
Nell’imperversare della tempesta l’incoraggiamento
e la speranza di Paolo si oppongono alla paura e alla
disperazione dei suoi compagni. La nostra comune
chiamata a essere discepoli di
Gesù Cristo implica essere segno di
contraddizione. In un mondo lacerato
dall’angoscia, siamo chiamati a essere
testimoni di speranza, e a riporre
la nostra fiducia nell’amorevole
provvidenza di Dio. L’esperienza
cristiana ci mostra che Dio scrive dritto
sulle righe storte, e noi sappiamo che,
oltre ogni previsione, non annegheremo
né saremo perduti, giacché l’amore
instancabile di Dio dura per sempre..
Quinto giorno: 22 gennaio
FORZA: spezzare il pane per il viaggio
Atti 27,33-36 - Marco 6,30-44
L’invito di Paolo a mangiare è un’esortazione, volta
ai compagni sulla barca, a riprendere le forze per
affrontare quanto li attende. L’atto di prendere il pane
segna un cambio di atteggiamento, poiché i naufraghi
passano dalla disperazione al coraggio. In modo simile,
l’Eucaristia o la Cena del Signore ci provvedono del cibo
per affrontare il viaggio e ci orientano nuovamente alla
vita in Dio, ci fortificano. Spezzare il Pane – che è il fulcro
della vita e del culto della comunità cristiana – ci edifica
nel nostro impegno alla diaconia cristiana. Attendiamo il
giorno in cui tutti i cristiani potranno condividere la stessa
Mensa della Cena del Signore e ricevere forza dall’unico
Pane e dall’unico Calice.
Sesto giorno: 23 gennaio
OSPITALITÀ: accogliere con gentilezza
Atti 28,1-2.7 - Luca 14,12-24
Dopo l’esperienza traumatica e i conflitti durante la
tempesta in mare aperto, i gesti concreti di solidarietà
degli isolani sono percepiti come una inusuale gentilezza
da quanti erano stati trascinati a riva; tale cordialità
mostra la nostra comune umanità. Il vangelo ci
insegna che quando ci prendiamo cura di quanti sono
nell’afflizione, mostriamo l’amore di Cristo stesso (cfr
Matteo 25,40). Inoltre, quando dimostriamo amorevole
accoglienza verso coloro che sono deboli o privati di
tutto, lasciamo che il nostro cuore batta all’unisono con
il cuore di Dio, nel quale i poveri hanno un posto speciale.
Accogliere gli stranieri – che siano persone di altre culture
o di altre fedi, immigrati o rifugiati – significa sia amare
Cristo stesso, sia amare come Dio ama. Come cristiani
siamo chiamati ad accostarci con fede e a raggiungere,
con l’amore di Dio che abbraccia tutti, anche coloro che
noi troviamo difficile amare.
14 | PORTAVOCE | GENNAIO-FEBBRAIO 2020
CELEBRAZIONI IN SANTUARIO
Sabato 18 gennaio, ore 7.30: rosario, lodi, santa messa
nella cappella di san Leopoldo (in diretta su Radio
Maria)
Ore 18.00: celebrazione eucaristica presieduta da
don Tommaso Opocher della Comunità di Sant’Egidio.
Partecipano la Comunità di Sant’Egidio, il Rinnovamento
nello Spirito, Nuovi orizzonti
Ore 20.45: concerto ecumenico
Liturgia orientale dei Vespri in santuario
Settimo giorno: 24 gennaio
CONVERSIONE: cambiare la nostra mente
e il nostro cuore
Atti 28,3-6 - Matteo 18,1-6
La gente del luogo si rese conto che giudicare
Paolo un omicida era stato un errore e cambiarono
atteggiamento. Lo straordinario episodio della
vipera rende capaci gli isolani di vedere le cose
in modo diverso, un modo che li prepara ad
accogliere il messaggio di Cristo attraverso le
parole di Paolo. Nella nostra ricerca dell’unità
e della riconciliazione siamo spesso sollecitati
a ripensare il modo in cui consideriamo le altre
tradizioni e le altre culture. È necessaria una
continua conversione a Cristo, in cui le chiese
imparino a non considerare l’altro come una
minaccia; in tal modo la nostra percezione
negativa degli altri svanirà e noi ci troveremo più
vicini nel cammino verso l’unità.
Ottavo giorno: 25 gennaio
GENEROSITÀ: ricevere e dare
Atti 28,8-10 - Matteo 10,7-8
Il racconto narra di persone che donano e ricevono:
Paolo ha ricevuto una inusuale accoglienza dagli
isolani e dona guarigione al padre di Publio e
ad altri abitanti. Pur avendo perduto tutto nel
naufragio, le duecento settantasei persone
ricevono abbondanti rifornimenti mentre si
preparano a salpare nuovamente. Come cristiani
siamo chiamati a mostrare una particolare
amabilità. Ma per poter dare dobbiamo prima
imparare a ricevere, da Cristo e dagli altri. Più
spesso di quanto ci accorgiamo, riceviamo gesti
di gentilezza da persone che sono diverse da
noi. Questi atti mostrano anche la generosità e la
guarigione di nostro Signore. Noi che siamo stati
guariti dal Signore abbiamo la responsabilità di
trasmettere agli altri ciò che abbiamo ricevuto.
Domenica 19, ore 18.00: celebrazione eucaristica
presieduta da don Stefano Manzardo, assistente
diocesano dell’Azione cattolica. Partecipano l’Azione
cattolica, il Movimento ecclesiale di impegno culturale
Lunedì 20, ore 18.30: celebrazione eucaristica presieduta
da don Federico Lauretta, parroco di Santa Giustina.
Partecipano le Comunità Neocatecumenali, Associazioni
cristiane lavoratori italiani, UCID, Società San Vincenzo de’
Paoli, Équipe Nôtre Dame, Incontro matrimoniale, Unione
cattolica artisti italiani, Associazione Guide e Scouts
Cattolici Italiani e d’Europa, Movimento Adulti Scouts
Cattolici Italiani, le comunità degli immigrati
Martedì 21, ore 18.30: celebrazione eucaristica presieduta
da fra Fabio Maria Spiller, Segretario CISM.
Partecipano i religiosi, le religiose, gli istituti di vita
consacrata, Ordine Francescano Secolare, Gioventù
Francescana, giovani del Sermig
Mercoledì 22, ore 18.30: celebrazione eucaristica
presieduta da don Cesare Contarini, rettore del Collegio
vescovile Barbarigo. Partecipano gli studenti universitari,
le scuole Cattoliche paritarie, Fidae, Agesc, Fism,
Federazione universitaria cattolica italiana, Centro italiano
femminile, Regnum Christi
Giovedì 23, ore 18.30: celebrazione eucaristica presieduta
da mons. Giampaolo Dianin, rettore del seminario di
Padova. Partecipano gli alunni dei seminari di Padova
e di Casa Sant’Andrea, Casa del clero, Apostolato
mondiale di Fatima, Milizia dell’Immacolata
Venerdì 24, ore 18.30: celebrazione eucaristica
presieduta da don Carlo Broccardo, docente di sacra
Scrittura. Partecipano Comunione e Liberazione, Cursillos
di Cristianità, Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII
e Movimento Carismatico di Assisi
Sabato 25, ore 18.00: celebrazione eucaristica
presieduta da mons. Leopoldo Voltan, vicario episcopale
per la pastorale. Partecipano Movimento dei Focolari,
Associazione cattolica operatori sanitari, Movimento
apostolico ciechi, Centro volontari della sofferenza,
Unitalsi, Movimento per la vita, Associazione Murialdo
e Associazione “Figli in cielo”
GENNAIO-FEBBRAIO 2020 | PORTAVOCE | 15
SAN LEOPOLDO IERI E OGGI
d i L u c a S a n t a t o
Nel 2016, anno del Giubileo
della Misericordia, i
frati Cappuccini del Mozambico
decisero di far
conoscere la figura di san
Leopoldo Mandić, un santo che ha
fatto “gustare” la misericordia di
Dio. E così un popolo, quello mozambicano,
che per tradizione era
spiritualmente legato a sant’Antonio
di Padova e alla Madonna di
Fatima (il Mozambico è ex-colonia
portoghese, indipendente dal 1975,
ndr), con l’aiuto dei frati ha iniziato
a conoscere il nostro san Leopoldo.
Sono tre i luoghi nella Custodia
dei Cappuccini dove, in modo particolare,
si sta diffondendo il carisma
e la spiritualità del nostro santo: a
Pemba, nel Nord del Paese, abbiamo
una fraternità intitolata a san
Leopoldo, dove già da qualche anno
il 12 maggio si organizza un messa
in parrocchia per far conoscere san
Leopoldo.
Poi, nella parrocchia di Lugela,
situata a una sessantina di kilometri
dalla fraternità di Mocuba, abbiamo
una nuova chiesa, inaugurata nel
2017, al cui interno, proprio sotto l’altare,
è stata posta una reliquia di san
Leopoldo. In questa comunità, sono
già state diffuse molte immagini sacre
e ogni mese si dedica un giorno
di preghiera a san Leopoldo, col risultato
che numerose persone chiedono
ai frati la possibilità di confessarsi
e chiedere aiuto a san Leopoldo.
Il terzo luogo dove si sta radicando
la devozione leopoldiana è una
chiesetta situata vicino alla nostra
parrocchia della città di Maputo, la
capitale del paese. Anche qui, favoriti
da santini in portoghese e di altro
materiale stampato, i frati organizzano
momenti di preghiera per
far conoscere san Leopoldo.
San Leopoldo in Moza
Il fatto più bello e importante che
si rileva è che, non soltanto in questi
tre luoghi ma in tutte le cappelle
delle missioni, quanto più diventa
popolare la figura e la spiritualità di
san Leopoldo, tanto più le persone
riscoprono il desiderio di accostarsi
al sacramento della Confessione.
Noi Cappuccini qui in Mozambico
siamo legati alla Provincia Veneta dei
frati. Anche per questo continueremo
a diffondere la spiritualità e l’attenzione
piena di misericordia che
padre Leopoldo ha saputo donare
a tutte le persone che ha incontrato,
bisognose nello spirito e nel corpo.
Quasi un anno fa, il Mozambico è
stato colpito da un ciclone devastante,
che ha causato distruzioni immani
e tante vittime. Il popolo è ancora
in ginocchio a causa delle condizioni
precarie in cui si trova e delle malattie
che si stanno diffondendo. Ho visto
di persona situazioni di miseria
umana difficili da descrivere. Qui a
Quelimane, dove mi trovo, nella
cappella del seminario ogni giorno
chiediamo l’intercessione di san Leopoldo,
affinché possa aiutare questo
popolo a rialzarsi. P
TRA GLI ORFANI
DI QUELIMANE
Lavorando in tre orfanotrofi
nella città di Quelimane sono
a contatto con un grande
numero di bambini. Io, altri frati e
collaboratori cerchiamo di aiutarli
nei vari bisogni, come pure nella
scuola e nel cammino cristiano
(preparazione ai sacramenti ecc).
Tanto tempo lo passo con loro
per gli ospedali, perché non pochi
hanno bisogno di cure.
Sono bambini sfortunati, alcuni
dei quali ammalati dalla nascita,
eppure mostrano sempre
la capacità di sorridere e di
essere felici pur in situazioni
veramente difficili.
Vivere con loro mi aiuta a riscoprire
la semplicità della fede, il sentirci
deboli, piccoli e poveri ma
desiderosi di incontrare Gesù e il
suo amore; amore che in alcuni
momenti diventa provvidenza e
carità, per dare un futuro migliore a
chi soffre. Infatti, all’età di diciotto
anni, gli orfani devono lasciare
l’orfanotrofio e iniziare a progettare
la loro vita, senza una famiglia alle
spalle. È una grande sfida che io
vivo con loro.
20 | PORTAVOCE | GENNAIO-FEBBRAIO 2020
mbico
Nella pagina a fianco e sopra,
la nuova chiesa di Lugela in
Mozambico e la posa della reliquia
di san Leopoldo sotto il suo altare
da parte del vescovo di Quelimane
mons. Hilàrio da Cruz Massinga.
A sinistra, fedeli contenti
di ricevere immagini
di san Leopoldo
Quando arrivo nei piccoli villaggi
per celebrare la santa messa, è
emozionante sentirsi atteso e
accolto da tantissime persone
arrivate per la celebrazione. Decine
e decine di bambini si avvicinano
con molta curiosità per vedere e
capire qualcosa della santa messa
o per ricevere i primi sacramenti.
Ogni messa l’altare è circondato da
gruppi di bambini che stanno ore
seduti a seguire la celebrazione.
Spesso mancano di acqua e cibo,
non hanno un pallone per giocare,
non hanno neanche un quaderno
o una matita per andare a scuola,
non hanno famiglie e alcuni vivono
abbandonati per le strade in cerca
di un po’ di cibo… ma sanno cantare
e danzare pieni di gioia, attenti
ai vari momenti della messa.
Avvicinarmi a loro, ascoltarli,
vedere nei loro visi un sorriso
mi fa capire che Gesù non
li abbandona e che in loro
c’è una piccola forza per
affrontare il domani. Posso
assicurarvi che, quando
ricevono un santino del
nostro santo Leopoldo,
ritornano a casa felici perché
una semplice immagine sacra
per loro vale tanto e sono
orgogliosi del regalo.
Prego il Signore che possano avere
un futuro dignitoso, la possibilità
di studiare e di vivere il cammino
cristiano. Il futuro del Mozambico
e di tutta l’Africa passa anche
per la crescita di questi bambini.
GENNAIO-FEBBRAIO 2020 | PORTAVOCE | 21
SAN LEOPOLDO IERI E OGGI
Densa di significati, di interrogativi
e di figure è la Cena
in casa di Simone il fariseo,
tela di Giovanni Battista
Pellizzari (1598-1660), artista
già citato in precedenti commenti
in questa rivista. Il tema è ispirato
a una toccante pagina del Vangelo
di Luca, dove si legge:
«Uno dei farisei invitò Gesù a mangiare
da lui. Egli entrò nella casa del
fariseo e si mise a tavola. Ed ecco, una
donna, una peccatrice di quella città,
saputo che si trovava nella casa del
fariseo, portò un vaso di profumo;
stando dietro, presso i piedi di lui,
piangendo, cominciò a bagnarli di
lacrime, poi li asciugava con i suoi
capelli, li baciava e li cospargeva di
profumo…» (7,36-50).
I racconti evangelici sono una
miniera, una fonte di sapienti riflessioni
attraverso parabole, miracoli,
episodi inerenti la stessa vita del
Nazareno.
La narrazione della scena sacra
rappresentata dal Pellizzari – dove
Cristo, il principale protagonista, è
ospite nella casa del fariseo – è pervasa
di calda, amichevole convivialità,
di vivace pregnanza umana e
fraterna.
Sollecita, altresì, il nostro sguardo
indagatore e stupito verso un altro
personaggio, in qualche modo comprimario,
che ruba la scena per la
mole e il gesto umile, premuroso e
spontaneo. È una donna, «una peccatrice
di quella città». L’evangelista
Luca non dice di più, ma la tradizione
ecclesiale e artistica l’ha identificata
con Maria Maddalena. Qui la sua figura
appare enfatizzata, prorompente
nel suo atteggiamento umile, spontaneo,
anche ardito nel gettarsi ai piedi
di Gesù. Si appresta a lavare i piedi
del Salvatore con le proprie lacrime e
a cospargerli con unguento profumato.
È coraggiosamente determinata e
implorante il perdono da lui.
Cena a casa
di Simone il fariseo
Arte in santuario La grande tela del Pellizzari
si trova nella navata del santuario leopoldiano
Maria Maddalena, riscattatasi dai
suoi peccati grazie al profondo e
totale amore per il Cristo misericordioso,
spicca tra le donne del vangelo.
Si pensi che proprio a lei appare
il Risorto la mattina di Pasqua quando
esce dal sepolcro.
Sui percorsi della sua vita, sulla
sua personalità complessa, si sono
sbizzarriti scrittori, registi e artisti
nel sondarne sentimenti, desideri,
ombre e luci. Eppure, dalla tradizione
della Chiesa è stata purtroppo posta
sottotono. Mi sia concessa, gentili
lettori, una personale riflessione
da credente: penso che la Chiesa
abbia bisogno anche del “femminile”
nella sua missione tra i fedeli.
E la Maddalena ci offre anche
questo input, lei che con un gesto
eclatante e incurante del disprezzo
altrui (ritenuto esagerato e fuori
luogo anche dai discepoli), si getta,
mossa dall’ “amore”, ai piedi di Gesù,
per accarezzarli, baciarli, profumarli
e asciugarli con i suoi lunghi
capelli a riccioli. A “profumare” è
la sua intensa dedizione, l’adorazione
appassionata e tenera, che
solo da un cuore femminile può
scaturire.
Nell’enfasi del gesto, il Pellizzari
non ricorre ad accentuati cromatismi,
anzi. Il colore, che assume
d i A n n a B o s c o l o A r t m a n n
toni cupi, è ben calibrato, declinato
con tonalità armoniose sui volti.
In particolare, il volto del Cristo, in
contrasto con la vivacità degli abiti,
appare meditativo, luminoso, in
simbiosi con la tunica e la candida
tovaglia e lo sfarzoso abito di una
gentildonna, a destra, spettatrice
curiosa dell’evento.
Davanti al Cristo, sta seduto il padrone
di casa: Simone il fariseo, un
uomo col turbante in testa e rivestito
di un ampio abito rosso. Il capo
sporge quasi a scrutare la situazione
imprevista venutasi a verificare
in casa sua.
Giovanni Battista Pellizzari,
nato a Verona nel 1598 e morto
a Padova il 20 febbraio 1660,
si pone tra gli artisti tardo
manieristi veneti. Appare
influenzato da Pietro Damini
(† 1631) e da Alessandro Varotari,
detto il Padovanino (†1649). Tra
le sue caratteristiche: forte e
insistito graficismo e rigidità
formale, dipanarsi del racconto
tutto in primo piano, attenzione
ai dettagli naturalistici e alle
ambientazioni architettoniche,
predilezione per un cromatismo
declinato su tonalità
tendenzialmente brune. (red.)
22 | PORTAVOCE | GENNAIO-FEBBRAIO 2020
Il corpo della Maddalena, nell’ardore
dell’atteggiamento premuroso,
sembra quasi spezzarsi, ma ecco il
viso sofferente, ansioso, rigato da
cocenti lacrime che umanizza e restituisce
la pienezza della grazia del
perdono.
Il Cristo, benevolo, rassicurante
è amico e maestro insieme. Conferma
i suoi principi, la natura della
sua missione salvifica nel mondo.
La scena si fa metafora della vita.
Il dinamismo del colloquio, dei
dialoghi che si intrecciano tra i diversi
personaggi raffigurati, insieme
a dubbi e interrogativi, imprimono
un ritmo incalzante ed espressivo. È
uno spaccato originale di vita, reso
assai gradevole, vicino alla nostra
esperienza relazionale. Allo stesso
tempo, è una scena certamente conclusa,
d’altri tempi, incorniciata da
maestose architetture classiche che
si aprono sul paesaggio. Un paesaggio
su cui incombe un cielo plumbeo,
gonfio di nubi grigiastre.
All’interno però si coglie una suggestione
da “andante lieve musicale”,
ben ritmato sulla dimensione
sacra e profana, due ambiti che armoniosamente
si intrecciano senza
fratture. Brano eloquente, sapienziale
del Vangelo, parola e pagina di
vita. P
Guida rapida del santuario
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GENNAIO-FEBBRAIO 2020 | PORTAVOCE | 23
GRAZIE, SAN LEOPOLDO
Padre Leopoldo e mio papà
sempre accanto a me
Provengo da una famiglia di tradizione cattolica e,
nel corso dell’infanzia, ho trascorso lunghi periodi
in campagna, nella casa dei nonni paterni. Con mia
nonna tutte le sere, dopo cena, in cucina, si recitava
il rosario. Oltre a noi e alle persone di servizio si
aggregavano a volte dei contadini: era un importante
momento comunitario e lo ricordo con gioia. Trascorsi
gli anni del liceo in un collegio di suore, e anche lì ho
avuto il privilegio di poter crescere accanto a persone
di indubbio valore intellettuale e spirituale. La fede è
stata per me un modo di essere, naturale, tranquillo,
senza bigottismo.
Vorrei ora raccontare alcuni momenti che, in
qualche modo, hanno segnato la mia vita.
Ottobre 1978. Avevo partecipato al mio primo
congresso di Antropologia, a Trieste. Ero ospite in casa
di amici, quando mi cercarono da casa: papà aveva
avuto un incidente, e si trovava ricoverato all’ospedale
di Feltre. Quando arrivai era in rianimazione, in uno
stato di coma critico. I medici presenti, suoi ex colleghi,
mi dissero di essere forte e preparata. Sedetti accanto
lui e chiesi un rosario. Pregai con tutta la mia forza e
domandai a Dio di lasciarlo sopravvivere almeno per
altri cinque anni. Non chiedevo di più. Pregai e poi mi
addormentai, sfinita. La notte successiva accompagnai
mio padre con l’ambulanza a Padova, dove trascorse
quaranta giorni in rianimazione e poi altri due o tre
mesi, tra neurologia e ortopedia. Lasciai il lavoro per
assisterlo di giorno, mentre di notte subentrava un
infermiere. Poi, verso marzo, mio padre fu dimesso e
ritornò a casa, dove per qualche mese fu assistito da
un infermiere, mentre io ricominciai a lavorare. La
vita riprese normalmente. Trascorsero cinque anni e
nel frattempo avevo rimosso il ricordo di quella notte
all’ospedale accanto a mio padre. Nell’ottobre del 1983
mio padre ebbe un infarto e fu condotto da Feltre
all’ospedale di Treviso. Noi lo seguimmo, ma potemmo
essergli accanto solo per pochi giorni. E accanto a lui –
e a noi – c’era sempre padre Leopoldo.
Mio padre aveva conosciuto padre Leopoldo negli
anni ‘30 del secolo scorso, quando era allievo di un
noto professore in clinica pediatrica. Padre Leopoldo
era allora ricoverato nello stesso ospedale e, quando
mio padre lo vide passeggiare su una terrazza della
clinica, volle conoscerlo. Lo raggiunse e gli chiese se
faceva bene, a suo parere, a sposare la ragazza che
aveva conosciuto mentre lavorava in clinica. Padre
Leopoldo gli disse di sì, di avere fiducia e che avrebbe
avuto una vita felice. E così fu. Padre Leopoldo fu
sempre ricordato con affetto e la sua protezione
accompagnò tutti noi nella vita quotidiana e nei
momenti difficili.
La notte che precedette la morte di mio padre,
“percepii” la presenza di padre Leopoldo in modo quasi
brusco. Al termine di una giornata in ospedale ero
molto stanca e dormivo profondamente. All’alba fui
svegliata di soprassalto da una voce maschile che mi
parlò forte e chiaro, come da qualcuno appoggiato sulla
mia spalla destra. Udii: «Tuo padre morirà stanotte!».
Mi svegliai di soprassalto e mi ritrovai seduta sul letto,
scossa; mi alzai in fretta per recarmi in ospedale, dove
mio padre era ricoverato. Ebbene, andò come mi fu
detto: mio padre morì quella notte stessa. Era l’ottobre
del 1983 ed erano trascorsi i cinque anni che avevo
richiesto al Signore di concedere a mio padre.
Qualche tempo dopo, il primario chirurgo e la suora
del reparto di chirurgia dell’ospedale di Feltre, che
avevano lavorato per anni a fianco di mio padre – per
circa trent’anni primario pediatra in quello stesso
ospedale – furono invitati a pranzo a casa mia. Ricordo
la suora, ormai anziana, che disse: «Ne ho visti tanti, di
malati, nella mia vita, e non ho mai capito come mai
vostro padre non sia morto dopo quell’incidente». Io
non dissi niente e tenni tutto dentro di me.
Un paio d’anni dopo la morte di mio padre, mi
trovavo in missione in Nuova Guinea, un’isola
dell’Oceania. Era l’anniversario della sua morte, io
stavo da sola, in una casetta che mi aveva ceduto un
missionario, nella foresta, non lontano dal villaggio.
Pensavo intensamente a mio padre e mi dispiaceva non
poterlo ricordare, in quella ricorrenza, accanto alla
mia famiglia. Dopo qualche tempo, mi spostai in una
30 | PORTAVOCE | GENNAIO-FEBBRAIO 2020
missione non lontana dalla costa, abitata da quattro
suore indonesiane. La sera che arrivai dissero di volermi
festeggiare e che avrebbero suonato per me. Così, con
l’armonica a bocca, una suorina intonò «Quando Rosa
torna dal villaggio…» (dalla canzone Fili d’oro di Claudio
Villa, ndr), una canzoncina che non è tra le più note –
soprattutto in Indonesia – ma che era quella che papà,
pur stonato, cantava sempre in barca o quando guidava
l’automobile. Una delle poche canzoni, se non l’unica
che conoscesse davvero. Fu per me un messaggio forte
e pensai che mi era accanto. Infatti, quei giorni furono
particolarmente positivi e la mia missione andò molto
bene. Rimasi in contatto con le suorine, soprattutto con
suor Paulina. Con Paulina ci scrivemmo qualche lettera,
poi più niente, troppo lavoro.
Un anno e mezzo dopo, dovevo andare a Roma
per sostenere il concorso di dottorato di ricerca in
Antropologia, al quale mi presentavo da esterna, non
avendo potuto frequentare il corso regolarmente. Mi
trovavo sola a Padova, nel mio appartamento. Mi sentivo
molto insicura e ansiosa (c’era un solo posto, per cinque
concorrenti), così quel pomeriggio mi distesi sul divano
e ad occhi chiusi pensai a mio padre: gli chiesi di essermi
vicino e di mandarmi un messaggio, come quella volta
in Nuova Guinea, quando le suorine avevano suonato
per me. Mi ero quasi addormentata, quando suonò
il telefono e pensai: «Che seccatura dovermi alzare».
Dall’altro capo del filo c’era suor Paulina che mi diceva
«Hallo Mila, how are you? I’m Paulina, I am in Rome,
waiting for you here..!» («Ciao Mila, come stai? Sono
Paulina e mi trovo a Roma, ti aspetto», ndr). Furono tali
la sorpresa e l’emozione che piansi lacrime silenziose,
mentre lasciavo che Paulina mi raccontasse del suo
viaggio a Roma e mi dicesse dove poterla raggiungere,
una volta giunta a Roma. Il concorso andò bene, vinsi
il titolo nonostante gli altri concorrenti fossero ben
preparati e con titoli anche superiori al mio.
Mila Tommaseo Ponzetta, Padova, 15.1.2019
Un “passeggero” speciale
Era il 1988. Un giorno, verso mezzogiorno, in
macchina mi ero recata in banca per la ditta in cui
lavoravo. Avevo trovato coda e per questo, quando
ho finito era tardi. Sulla strada del ritorno in azienda,
all’improvviso mi sono trovata davanti una macchina
ferma, che doveva girare a sinistra. Sulla mia destra,
poi, c’era una fermata dell’autobus davanti a una
scuola superiore, con tanti ragazzi in attesa. Lo spazio
fra l’auto e i ragazzi non era sufficiente per garantire
il mio passaggio. Che fare? Non ho avuto il tempo di
pensare a niente. In quel momento, in fondo a destra
del parabrezza, ho “visto” san Leopoldo come se
fosse vivo, piccolino, che occupava per metà l’altezza
del vetro del parabrezza… Non ho frenato, ho solo
guardato il santo e, non so come, mi sono trovata oltre
la macchina ferma davanti a me. A distrarmi dalla
mia concentrazione nel guardare il santo, sono state
soltanto le urla dei ragazzi che si erano spaventati.
La mia capo, che tornava da altri uffici a Treviso,
si trovava due auto dietro di me. Dopo aver visto tutto,
mi ha chiesto come avevo fatto a sorpassare a destra
l’auto ferma, utilizzando solo le due ruote del lato
sinistro e sollevando il lato destro dell’auto.
Piangendo, le ho raccontato cosa mi era successo.
Ho subito pensato di aver ricevuto la grazia di un
miracolo da san Leopoldo. Diversamente, avrei
tamponato con violenza l’auto ferma davanti oppure
avrei investito qualche ragazzo in attesa dell’autobus.
Grazie a san Leopoldo, tutto ciò non è successo.
A.B., Treviso, 9.1.2019
In breve
Caro padre Leopoldo, mio figlio Matteo ha un tumore e
tramite la sua ragazza ti ha conosciuto. Tutti ti abbiamo
affidato Matteo e tu lo hai protetto e salvato. Restaci
sempre vicino e rafforza la nostra fede. Grazie.
Lettera firmata, 7.10.2018
Siamo i genitori di Iris, una bambina nata
prematuramente alla 23ª settimana di gestazione.
Vi avevamo scritto chiedendovi di unirvi a tutti noi
nella preghiera affinché il Signore, per intercessione
di san Leopoldo e della Madonna, ci concedesse la
grazia della salute di Iris. Con tanta gioia vi comunico
che il miracolo è avvenuto: Iris ce l’ha fatta, cresce
sana e forte. Continuiamo a pregare e l’affidiamo a san
Leopoldo assieme agli altri quattro nipotini affinché
li protegga sempre. Grazie di cuore, san Leopoldo,
so che non ci abbandoni mai.
Franco e M. Orrù, Selargius (CA), 6.11.2018
a cura della Redazione
Scriveteci e inviateci testimonianze e racconti su
grazie ricevute, esperienze umane e spirituali che
riguardano il vostro rapporto con p. Leopoldo.
Redazione Portavoce di san Leopoldo Mandić
Piazzale Santa Croce, 44 – 35123 Padova
email: direttore@leopoldomandic.it
GENNAIO-FEBBRAIO 2020 | PORTAVOCE | 31
DA 60 ANNI PORTIAMO
SAN LEOPOLDO
A CASA TUA
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e regalala
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Quota
associativa
annuale
Italia € 20
Sostenitore da € 50
Europa € 30
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ORARI DEL SANTUARIO
APERTURA
Chiesa: ore 6-12 / 15-19
Cappella del santo:
ore 8-12 / 15-19
PENITENZIERIA
Festivo: ore 6.15-12 / 15-19
Feriale: ore 7-12 / 15-19
Il lunedì pomeriggio i frati sono
impegnati in comunità, pertanto non
sono disponibili per le confessioni
SANTE MESSE
Festivo: ore 6.30, 7.45, 9, 10.15,
11.30, 16, 18
Feriale: ore 7, 8.30, 10, 18
Sabato pomeriggio e vigilia
delle feste: ore 16, 18
PREGARE CON I FRATI
ore 6.20: celebrazione delle lodi,
meditazione e s. messa.
ore 19: recita del santo rosario
e vespri (giovedì: adorazione
eucaristica e vespri)
Modalità di pagamento
■ versamento su
conto corrente postale
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a «Associazione Amici
di San Leopoldo»
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www.leopoldomandic.it anno 48, n. 3 - Aprile 2008
Mensile - anno 59 - n. 5 - Poste Italiane s.p.a. - Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, NE/PD
Portavoce
di san Leopoldo Mandić
Chiamati
e inviati
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IL PAPA AI GIOVANI:
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DIO NELLA BIBBIA
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L’ESORTAZIONE «CHRISTUS VIVIT»
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100 ANNI FA
I GIORNI
DELL’ESILIO
DI P. LEOPOLDO
PELLEGRINAGGI
Per informazioni o prenotazioni,
telefonare alllo 049 8802727
(orario di ufficio),
email: info@leopoldomandic.it.
Chiediamo di indicare il numero
dei pellegrini, la data e l’ora prevista
dell’arrivo, la necessità di una
presentazione del santuario,
l’intenzione di celebrare la santa
messa con un sacerdote del gruppo.
Il santuario rimane chiuso
dalle ore 12 alle 15
I
IN CASO DI MANCATO RECAPITO, RINVIARE ALL’UFFICIO POSTALE DI PADOVA C.M.P., DETENTORE
DEL CONTO, PER LA RESTITUZIONE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A PAGARE LA RELATIVA TARIFFA