Avant-propos - Studia Moralia
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LAVORARE CON LE CELLULE STAMINALI 105<br />
Pur dichiarandoci contrari a qualsiasi forma di clonazione umana<br />
per qualsivoglia scopo, non abbiamo dubbi ad affermare che,<br />
se una forma di clonazione può vantare ancora qualche giustificazione<br />
razionale, si tratterebbe della clonazione procreativa.<br />
Nella riproduzione per clonazione si nega il legame antropologico<br />
fra la trasmissione della vita e la relazionalità umana, singolarmente<br />
espressa dal legame matrimoniale, e si occulta, a livello<br />
intenzionale, anche se non a quello ontologico, l’unicità irripetibile<br />
o – se si vuole – la libertà esistenziale della persona: il<br />
figlio non si configura più come l’incarnarsi di una relazione interpersonale<br />
intima e totalizzante e quindi come il raggiungimento<br />
della propria perpetuazione attraverso un superamento<br />
dell’onnipotenza narcisistica nella comunione coniugale, ma diventa<br />
proiezione grandiosa del sé in un infinito gioco di specchi<br />
e di autoreferenze. Nonostante questa radicale stortura, la clonazione<br />
procreativa mantiene una qualche connessione con l’atto<br />
umano del generare perché tende a porre in essere un creatura<br />
affinchè esista e quindi ne ammette, sia pure in modo oscuro<br />
e contraddittorio, la autonomia e ne riconosce, pur nella innaturalità<br />
antropologica del processo tecnologico impiegato, la dignità<br />
personale.<br />
La clonazione terapeutica, invece – come si legge nel Documento<br />
del Centro di Bioetica dell’Università Cattolica – “stravolge<br />
il significato umano della generazione, non più pensata ed attuata<br />
per scopi riproduttivi, ma programmata per finalità medico-sperimentali<br />
(e perciò anche commerciali)”. In essa la negazione<br />
del senso umano della generazione è radicale: nella generazione,<br />
comunque avvenga, si vuole porre in atto un’esistenza<br />
umana, nella clonazione terapeutica e in ogni forma di procreazione<br />
finalizzata ad analoghi scopi strumentali si vuole distruggere<br />
un’esistenza dopo averle conferito una vita effimera. Perciò<br />
“a fronte di questo atto clonatorio – si legge in un recente Documento<br />
della Pontificia Academia Pro Vita – e delle sue conseguenze<br />
sull’embrione umano, il giudizio morale è di assoluta<br />
inaccettabilità… La generazione per clonazione di un individuo<br />
in prospettiva “sapienziale”, “Civiltà Cattolica” 149/1 (1998), 329-339. Vedere,<br />
inoltre: PONTIFICIA ACADEMIA PRO VITA, Riflessioni sulla clonazione, 25-6-1997,<br />
“Medicina e Morale” 47 (1997), 978-983.