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Mensile di<br />
attualità e cultura<br />
Anno 2 N. 11/<strong>12</strong><br />
Novembre/Dicembre 2015<br />
Numero doppio<br />
buone feste<br />
a tutti<br />
i nostri lettori<br />
paura sul red carpet<br />
Alla festa del Cinema di Roma due maestri<br />
del brivico, William Friedkin e Dario<br />
Argento s’incontrano...<br />
la dieta vegana<br />
Mangiare vegano è una scelta etica<br />
o solo fanatismo alimentare?<br />
i cimbri e il tanzerloch<br />
sull’altopiano di asiago<br />
La cultura Cimbra e le sue antiche leggende<br />
sopravvivono sull’altopiano dei sette comuni.<br />
gli antichi mestieri<br />
Il barbiere: testimone e protagonista<br />
della vita dei suoi clienti.<br />
fashion & models: fashion street a garbagna
2 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 3
IN PRIMO PIANO<br />
6 I Cimbri e il Tanzerloch<br />
sull’altopiano di Asiago.<br />
38 Paura sul red carpet.<br />
cultura<br />
14 Mostre all’orizzonte.<br />
22 Genova:<br />
la Lanterna, simbolo della città.<br />
42 Il ruggito della tigre:<br />
tributo a Sergio Sollima.<br />
50 Arte e tecnologia:<br />
dove la scienza abbraccia<br />
la fantasia.<br />
notizie e curiosita’<br />
32 La felicità è<br />
un sistema complesso.<br />
36 Vacanze romane.<br />
58 Gli antichi mestieri:<br />
il barbiere.<br />
fashion & models<br />
76 Fashion street a Garbagna.<br />
80 Aspiranti Fotomodelle:<br />
Suggerimenti utili per<br />
affrontare la professione.<br />
rubriche<br />
53 Fotografando<br />
61 <strong>Orizzonte</strong> Food<br />
Il Cocktail di gamberetti.<br />
66 Dieta vegana: scelta etica<br />
o fanatismo alimentare?<br />
70 Risotto di Natale.<br />
72 Lo sapevate che<br />
La Calendula.<br />
89 Oroscopo del mese.<br />
Tutti i diritti sono riservati. Nessuna<br />
parte della pubblicazione può essere<br />
riprodotta, rielaborata o diffusa senza<br />
espressa autorizzazione. della Direzione.<br />
Le opinioni espresse negli articoli<br />
impegnano solo gli autori e non coinvolgono<br />
né rappresentano il pensiero<br />
della Direzione.<br />
4 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
EDITORIALE<br />
È iniziato il Giubileo della Misericordia, con una serie<br />
di caratteristiche completamente diverse da quella<br />
degli altri Giubilei, e sotto una luce completamente<br />
nuova, e non solo perché questa è la prima volta in<br />
assoluto che due Papi si presentano insieme di fronte<br />
alla Porta Santa di S. Pietro.<br />
Innanzi tutto l’anteprima giubilare di Bangui, che ha<br />
rappresentato una novità: non era infatti mai capitato<br />
che un Giubileo iniziasse da qualche parte prima che<br />
venisse aperta la Porta Santa di San Pietro, che è la<br />
madre di tutte le altre.<br />
Quindi la moltiplicazione delle Porte Sante nel<br />
mondo; perché l’aspetto più importante di questa solennità<br />
consiste proprio nel concetto di Giubileo diffuso<br />
voluto da Papa Francesco, che di fatto porta l’evento<br />
presso tutto il mondo cattolico, in una dimensione che<br />
da centralizzata diventa periferica.<br />
La liturgia si muove verso i fedeli per sottolineare<br />
la misericordia di Dio, che a tutti va incontro col volto<br />
del Padre che accoglie e perdona. “È il momento per<br />
riscoprire la presenza di Dio e la sua tenerezza di padre”<br />
ha detto il Papa dopo aver aperto la Porta di S. Giovanni<br />
in Laterano, cattedrale della diocesi di Roma alla<br />
quale è affiliata la basilica della Madonna del Pozzo di<br />
Capurso, in provincia di Bari, altra sede di Porta Santa.<br />
Dalla Festa dell’Assunzione alla solennità di Cristo<br />
Re del prossimo anno un incancolabile numero di fedeli<br />
attraverserà un imprecisato numero di Porte Sante<br />
aperte nelle 2.989 circoscrizioni ecclesiastiche del<br />
mondo per ricevere l’indulgenza per i propri peccati.<br />
Anche i carcerati, per i quali la Porta Santa viene assimilata<br />
alla porta della loro cella; “Nelle cappelle delle<br />
carceri - ha detto il Santo Padre - potranno ottenere l’indulgenza,<br />
e ogni volta che passeranno per la porta della<br />
loro cella, rivolgendo il pensiero e la preghiera al Padre,<br />
possa questo gesto significare per loro il passaggio della<br />
Porta Santa”.<br />
Franco Ardito<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong><br />
Mensile di attualità e cultura<br />
Anno 2 n.11/<strong>12</strong> - Nov./Dicembre 2015<br />
Numero doppio<br />
Reg. trib. di Bari n° 19/2014<br />
Franco Ardito<br />
Direttore Responsabile<br />
Angelo Ferri<br />
Direttore Editoriale<br />
Redazione<br />
via dei Mille, 50/A - 70<strong>12</strong>6 Bari (BA)<br />
tel.: 080 9697552<br />
e-mail: direzione@orizzontemagazine.it<br />
www.orizzontemagazine.it<br />
La collaborazione avviene su invito.<br />
Articoli e materiali non si restituiscono.<br />
La Direzione si riserva di adattare<br />
testi, illustrazioni e fotografie alle<br />
esigenze della pubblicazione.<br />
Articoli e immagini vanno inviati per e-<br />
mail a: articoli@orizzontemagazine.it<br />
Gli articoli dovranno essere in formato<br />
doc o docx e le immagini in formato<br />
jpeg, con risoluzione minima 300 ppi.<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 5
I CIMBRI E IL TANZERLOCH<br />
sull’Altopiano di Asiago<br />
di Luca Trapani<br />
6 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
L<br />
a sera di ottobre scende<br />
sulle contrade e sui dolci<br />
pendii dell’Altopiano<br />
di Asiago.<br />
Un velo fino di pioggerella si<br />
posa sui prati spogliati dai fiori,<br />
sui boschi che scuriscono alla<br />
stagione e sulle rade casette,<br />
raggruppate attorno ai campanili<br />
fra un declivio e l’altro; il fumo<br />
si alza dai comignoli, andando a<br />
confondersi con le brume che<br />
salgono dalle abetaie più in alto,<br />
e poi, più su ancora, con la<br />
coltre di nubi bassa ed uniforme,<br />
che nasconde le cime e ammanta<br />
il suo Altopiano come a volerlo<br />
cullare.<br />
In giro non c’è quasi nessuno; come<br />
in tutte le economie prevalentemente<br />
turistiche, le stagioni<br />
di mezzo - e in particolare l’autunno<br />
- sono momenti di riposo;<br />
ed ecco che, fra il quieto arancione<br />
dei lampioni e i quadrati<br />
gialli di qualche finestra, si può<br />
percepire tutta la straordinaria,<br />
silenziosa potenza della natura e<br />
dei boschi che abbracciano questi<br />
luoghi incantati.<br />
Tutte le bugie, di fronte all’immensa<br />
bellezza di questa serenità,<br />
cadono di colpo; e, fra le<br />
pieghe della montagna, e nelle<br />
poche osterie aperte, riverberano<br />
echi di antichi misteri e fiabe<br />
preziose.<br />
I Cimbri<br />
Il formaggio, la Grande Guerra, gli<br />
Alpini, la grappa, il miele: colonne<br />
portanti che hanno reso l’Altopiano<br />
di Asiago famoso in tutto il<br />
mondo. Ma c’è molto di più.<br />
La cultura dei suoi abitanti e la<br />
geomorfologia del paesaggio<br />
racchiudono una straordinaria<br />
ricchezza di sedimenti storici<br />
dalle radici lontane, livellati meno<br />
efficacemente di altrove dai<br />
tiranni reflussi del tempo.<br />
I “7 Comuni” o “Zìban Komòin”<br />
sono attori e testimoni di una<br />
delle isole linguistiche tipiche del<br />
nostro Paese: il Cimbro. La denominazione<br />
e i popoli a cui si riferisce<br />
hanno origini ancora non<br />
del tutto certe, oggetto di dibattito<br />
da diversi secoli presso gli<br />
studiosi; la corrente attuale più<br />
accreditata li vuole di provenienza<br />
bavaro-tirolese, migranti che<br />
attraversarono le Alpi in cerca<br />
di territori vergini da colonizzare<br />
intorno all’anno mille, con il<br />
sostegno dei Vescovi di Padova,<br />
allora governanti della zona e intenzionati<br />
a trasformare luoghi<br />
disabitati in realtà produttive e<br />
difensive dei confini naturali.<br />
La cultura Cimbra abbraccia infatti<br />
un arco territoriale più ampio<br />
del solo Altopiano di Asiago,<br />
declinandosi con poche sostanziali<br />
sfumature - dettate proba-<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 7
ilmente dall’isolamento successivo<br />
alla radice comune - dalla<br />
Lessinia Veronese a ovest, all’Altopiano<br />
di Luserna a nord-ovest<br />
(Trentino Alto Adige) e all’ Altopiano<br />
del Cansiglio, nelle Prealpi<br />
Bellunesi, a nord-est, come estrema<br />
propaggine.<br />
Se in alcuni luoghi (in particolare<br />
Giazza, nella Lessinia, ma ancor<br />
di più Luserna, austriaca e perciò<br />
tedescofona fino a meno di un<br />
secolo fa) la lingua è ancora viva<br />
per trasmissione diretta, non si<br />
può dire altrettanto sul Cimbro<br />
dell’Altopiano di Asiago; la sua<br />
posizione geografica ha determinato<br />
una maggiore commistione<br />
storico-economica con le popolazioni<br />
italiche della pianura, che<br />
nel corso dei secoli hanno assorbito<br />
l’antico dialetto; si è avanzata<br />
l’ipotesi inoltre che le devastazioni<br />
della Grande Guerra e il culto<br />
dell’Italiano del Ventennio Fascista<br />
abbiano dato il colpo di grazia<br />
alla minoranza “naturale”.<br />
E’ da segnalare però che uno dei<br />
più stimati ed amati storici di queste<br />
genti, l’Abate Agostino Dal<br />
Pozzo (Rotzo 1732 - Bassano del<br />
Grappa 1798), nel suo “Memorie<br />
istoriche dei Sette Comuni vicentini”<br />
(pubblicato postumo nel 1820)<br />
riporta già allora a poche decine<br />
di persone (la maggior parte a<br />
Mezzaselva di Roana), gli ultimi in<br />
grado di parlare correntemente<br />
il Cimbro in tutto l’Altopiano di<br />
Asiago.<br />
Sappiamo da un altro illustre testimone<br />
diretto, il Provveditore<br />
ai confini per la Repubblica di<br />
Venezia Conte Francesco Caldogno,<br />
che circa due secoli prima<br />
del Dal Pozzo (intorno al 1550)<br />
gli abitanti dei 7 Comuni parlavano<br />
invece ancora prevalente-<br />
8 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
mente il “tedesco”, anche se alcuni<br />
di loro erano già in grado<br />
di intendere e parlare l’”italiano”.<br />
La linea cronologica, letta secondo<br />
l’ipotesi della colonizzazione<br />
bavaro-tirolese, conferirebbe dunque<br />
una certa plausibilità all’idea<br />
del lento declino della purezza<br />
dell’antico alto-tedesco a favore<br />
dell’italiano; tuttavia, la discussione<br />
è ancora aperta e vivace, e<br />
non mancano i sostenitori di altre<br />
correnti, più antiche, come quella<br />
di derivazione gotica-longobarda;<br />
mentre sono tutti concordi nell’attribuire<br />
nulla rilevanza storiografica<br />
alla tesi tradizionale dei Cimbri<br />
Danesi (dai quali loro malgrado<br />
deriva il nome) sconfitti da Gaio<br />
Mario nel 101 a.C. a Vercelli e ritiratisi<br />
poi sulle Montagne Venete<br />
conservando lingua e costumi.<br />
Non mancano tuttavia testimonianze<br />
oggettive che l’Altopiano<br />
fosse abitato ai suoi margini prima<br />
delle colonizzazioni “Cimbre”:<br />
scoperte dal già citato Dal Pozzo<br />
durante lo sbancamento di una<br />
collina, le abitazioni preistoriche<br />
del Bostel di Rotzo sono datate<br />
in un arco temporale teorico<br />
XIII-II sec. a.C., e graffiti di caccia<br />
e luoghi “magici” per la paganità<br />
primitiva (come l’Altar Knotto ad<br />
Albaredo) sono disseminati in<br />
tutto il territorio.<br />
Ad oggi la cultura Cimbra sull’Altopiano<br />
di Asiago presenta una<br />
duplice dimensione. La prima è<br />
quella “naturale”, rimasta sotto<br />
forma di toponimi ed espressioni<br />
dialettali isolate, non utilizzate,<br />
per esempio, in pianura (come<br />
pach, tall, laita, perch, spitz, ekkar,<br />
bisa, beghele… (il lettore interessato<br />
può scaricare il dizionario di<br />
Umberto Martello dal sito www.<br />
cimbri7comuni.it); nelle tradizioni<br />
architettoniche (di cui si salva<br />
poco di originale, a causa delle<br />
distruzioni belliche), artigiane, gastronomiche<br />
e folkloristico-fiabesche;<br />
ma anche in<br />
costumi istituzionali,<br />
come<br />
quello, molto<br />
interessante,<br />
della “Proprietà<br />
Collettiva<br />
ad Uso Civico”.<br />
Derivazione<br />
diretta del diritto<br />
germanico,<br />
la “Proprietà<br />
Collettiva<br />
ad Uso Civico”<br />
prevede che<br />
il territorio<br />
(boschi, pascoli,<br />
etc) non<br />
sia di proprietà<br />
individuale<br />
o demaniale,<br />
bensì della<br />
“Gente del Posto”,<br />
che può<br />
goderne i<br />
frutti in egual<br />
misura, in virtù<br />
della comune<br />
discendenza<br />
dagli<br />
antichi colonizzatori<br />
che<br />
per primi resero abitabili quelle<br />
zone. Un esempio reale di tale<br />
costume è quello del “Legnatico”;<br />
ovvero, ogni famiglia ha diritto,<br />
alle porte dell’inverno, di ritirare<br />
una certa quantità di legna accumulata<br />
grazie alla manutenzione<br />
dei boschi “comuni”.<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 9
La seconda è una dimensione<br />
“ricostruita”, ad opera soprattutto<br />
dei Comuni e dell’Istituto<br />
di Cultura Cimbra di Roana, che<br />
lavorano incessantemente per<br />
recuperare testi, curare pubblicazioni,<br />
organizzare corsi di Cimbro,<br />
concerti, eventi folkloristici,<br />
enogastronomici; in una parola,<br />
recuperano e salvaguardano le<br />
radici antiche di un’identità unica<br />
e preziosa.<br />
Il Tanzerloch<br />
Una delle eredità dell’originaria<br />
cultura Cimbra dell’Altopiano di<br />
Asiago è rappresentata dal corpus<br />
di fiabe e leggende pervenuteci<br />
in forma più o meno spuria,<br />
ma autentica nella matrice.<br />
Storie popolari tramandate verbalmente<br />
intorno al focolare domestico<br />
nelle lunghe notti invernali,<br />
che dietro alla facciata rude<br />
dei montanari, rivelano un rapporto<br />
di grandissima intimità col<br />
paesaggio, con il ciclo delle stagioni<br />
e con gli episodi storici tumultuosi<br />
di cui è costellata la storia<br />
delle genti dell’Altopiano.<br />
Una di queste è legata alla così<br />
chiamata “Voragine del Tanzerloch”.<br />
Che cos’è il Tanzerloch?<br />
A nord di Canove, deviando dalla<br />
strada principale che a destra<br />
conduce alla conca di Asiago e a<br />
sinistra attraversa la Valdassa per<br />
portare al centro di Roana, si sale<br />
fino alla frazione di Camporovere<br />
(“Kamprube” in Cimbro);<br />
da qui, svoltando a sinistra, si<br />
imbocca una delle “vie d’uscita”<br />
dell’Altopiano, portando questa<br />
direzione a sbucare<br />
in Trentino<br />
Alto Adige.<br />
Appena terminato<br />
l’abitato di Camporovere,<br />
sulla sinistra,<br />
si può parcheggiare<br />
l’auto e<br />
imboccare a piedi<br />
un sentiero che,<br />
dopo un breve<br />
prato in discesa,<br />
si inoltra nel<br />
bosco<br />
f it to<br />
e deg<br />
r ada<br />
sempre<br />
più ripidamente<br />
verso valle<br />
(Camporovere<br />
sorge alla<br />
sommità del<br />
versante nordest<br />
della profonda<br />
Valdassa).<br />
Dopo 20-30 minuti<br />
di cammino,<br />
il bosco si dirada<br />
lasciando filtrare<br />
la luce del sole,<br />
ed infine si apre<br />
in una immensa<br />
radura che ospita<br />
l’impressionante<br />
voragine.<br />
Arrivando così<br />
dall’alto, non ci si<br />
accorge subito dell’apertura, essendo<br />
questa “di taglio” sul fianco<br />
del pendio ed essendo il suo<br />
orlo superiore in parte sporgen-<br />
10 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
te a costone sull’abisso;<br />
naturalmente, opportune<br />
recinzioni a camminamento<br />
circondano<br />
il baratro.<br />
Il Tanzerloch, perfetto<br />
esempio del carsismo<br />
Altopianese, ha un diametro<br />
di ca. 40 m, ed è<br />
profondo ca. 80 m; sul<br />
fondo, si allarga sotto<br />
il costone<br />
superiore<br />
in un salone<br />
naturale<br />
della larghezza di ca. 115 m nel<br />
suo punto massimo; ciò determina<br />
l’effetto spettacolare che<br />
si può vedere in foto una volta<br />
raggiunto il fondale. E’ probabile<br />
che sia stato scavato inizialmente<br />
da qualche fiume preistorico ora<br />
prosciugato, ed eroso poi dagli<br />
agenti esterni in un paziente lavoro<br />
lungo milioni di anni.<br />
Il silenzio trepidante del bosco,<br />
la nuda roccia frantumata e stratificata<br />
che ne forma il collo,<br />
dai cui interstizi<br />
spuntano piccoli<br />
abeti,<br />
cespugli<br />
ed arbusti<br />
che sfidano<br />
la forza di gravità, l’acqua stillante<br />
in ogni stagione (che si tramuta<br />
in corni, cascate e stalattiti<br />
di ghiaccio durante l’inverno), il<br />
boato del vuoto, dal quale sale<br />
una corrente fredda e umida,<br />
il senso di potente vertigine a<br />
sporgersi (stiamo<br />
parlando dell’equi-<br />
valente di un edificio di quasi<br />
27 piani), fanno di questo luogo<br />
un’esperienza davvero affascinante<br />
e del tutto insospettabile<br />
attraversando le pacifiche viette<br />
di Camporovere, appena più su.<br />
La Leggenda<br />
Il toponimo “Tanzerloch”, in cimbro,<br />
è stato fatto derivare (con<br />
evidenza per chi mastica un po’<br />
di tedesco) da “Loch” = Buco,<br />
Antro, Grotta, Voragine, e “Tanzer”<br />
= Danza, Danzante, Delle<br />
Danze; il suo significato sarebbe<br />
perciò “Voragine delle Danze”. Il<br />
nome si riferisce alla leggenda:<br />
essa vuole che un pastorello,<br />
angosciato per la sparizione della<br />
sorellina, decidesse di recarsi<br />
nottetempo alla radura del bosco,<br />
allora un semplice prato e<br />
luogo tabù, e che là assistesse<br />
allo spettacolo orrendo della<br />
sorellina esanime ai piedi di un<br />
demonio cornuto, assiso su un<br />
trono di fiamma e circondato da<br />
una congrega di streghe intenta<br />
in danze perverse. Terrorizzato<br />
dalla visione, il pastorello invoca<br />
con tutte le sue forze l’Arcangelo<br />
Michele e getta una croce di legno<br />
che ha con sé nel mezzo del<br />
convegno diabolico. A quel punto,<br />
l’Arcangelo appare e con la<br />
sua Spada di Luce colpisce il centro<br />
del Sabba; il terreno sprofonda<br />
negli inferi inghiottendo il Demonio<br />
e le Streghe, e lasciando<br />
a monito la spaventosa voragine.<br />
Questa leggenda è un frammento<br />
spurio che indica un preciso<br />
contesto storico-sociale dell’Al-<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 11
topiano, ovvero la conversione<br />
al cristianesimo cattolico dei suoi<br />
abitanti, in origine contadini né<br />
più pagani né ancora cristiani, ma<br />
legati alla terra e agli antichi riti<br />
campestri. E’ un filone che riscontriamo<br />
in molte altre fiabe e leggende<br />
Altopianesi.<br />
Una prova inconfutabile di questa<br />
tesi è data dal fatto che i più<br />
antichi storiografi che si sono accostati<br />
a queste genti, segnalano il<br />
“Tanzerloch” col differente, e precedente,<br />
nome di “Stenzerloch”.<br />
“Loch” è sempre voragine, mentre<br />
“Stenzer” sarebbe, secondo<br />
la lettura più accreditata presso i<br />
linguisti, accostabile all’altoatesino<br />
“Stelzer” = “Zoppo”; Stenzerloch<br />
vorrebbe dire dunque “Voragine<br />
degli Zoppi”. Il riferimento è diretto<br />
alla famiglia Zotti (“Zoppi” in<br />
dialetto veneto è “Sòti”, italianizzato<br />
in “Zotti”), cognome storico<br />
delle contrade di Camporovere,<br />
come a dire che la voragine si<br />
aprisse nel territorio di proprietà<br />
della famiglia Zotti. Quindi Stenzer<br />
> Sòti > Zotti = Zoppi.<br />
Quindi la lettura “Tanzerloch”<br />
sarebbe successiva, in qualche<br />
modo artificiosa; e, a dire il vero,<br />
altre versioni della leggenda si<br />
possono a tutt’oggi ascoltare dalla<br />
viva voce degli anziani, versioni in<br />
cui il pastorello invocatore e l’Arcangelo<br />
Michele non compaiono<br />
affatto, versioni che assumono un<br />
sapore, decisamente più pagano.<br />
In una di esse, che ho avuto<br />
modo di ascoltare due anni fa,<br />
dalla voce di un anziano ultranovantenne<br />
di Roana, al posto del<br />
pastorello c’era una giovane “in<br />
età da marito” (circonlocuzione<br />
per “maturazione sessuale”) che<br />
veniva sedotta da un Jiger-Jäger<br />
(“Cacciatore Galante”, una figura<br />
assai diffusa nelle leggende venete,<br />
rappresenta il giovanotto<br />
esperto seduttore, e nasconde<br />
un substrato molto più antico,<br />
collegabile alla fecondazione dei<br />
campi nei riti di primavera, Bacco/Dioniso,<br />
etc) e invitata a partecipare<br />
alle danze sfrenate (presumibilmente<br />
orgiastiche) nella<br />
radura dello Stenzerloch. Al ché,<br />
un’anziana, venuta a conoscenza<br />
della cosa, ammoniva la ragazza<br />
di stare in guardia e le donava<br />
uno specchio dicendole di usarlo<br />
senza farsi vedere; la sera successiva,<br />
la ragazza, guardando di<br />
nascosto dello specchio si accorgeva<br />
che il suo accompagnatore<br />
aveva in realtà le zampe di gallo.<br />
E seguendolo poi, terminata<br />
la serata, oltre un dato albero<br />
(che il seduttore le aveva proibito<br />
di oltrepassare), lo vedeva<br />
dirigersi verso il cimitero, dove<br />
dissotterrava i defunti e si cibava<br />
delle loro ossa prima di mettersi<br />
a riposare in una tomba.<br />
Questa versione finiva qui; e<br />
anche se la signora anziana ammonitrice,<br />
e il cimitero, indicano<br />
comunque una morale cristiana<br />
già presente nel tessuto sociale (il<br />
rito funebre nordico antico è incentrato<br />
sulla cremazione e non<br />
sul seppellimento), gli elementi<br />
che la compongono si distaccano<br />
sensibilmente dalla parabola<br />
edulcorata e moralizzatrice che<br />
fa capo alla denominazione Tanzerloch,<br />
denotando le eco di un<br />
carattere più archetipico ed ancestrale.<br />
Rimanendo<br />
soli, ritti sulla<br />
sommità del<br />
parapetto che guarda il fondo<br />
della voragine, non è difficile,<br />
chiudendo gli occhi, immaginare<br />
l’ancestrale impatto<br />
emozionale dell’antico<br />
abitante,<br />
a n c o r a<br />
<strong>12</strong> • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
legato alle tradizioni pagane,<br />
al cospetto di questo luogo; e,<br />
fra lo stormire delle fronde alla<br />
brezza<br />
montana,<br />
udire dopotutto,<br />
lontanissimi nel Tempo, un canto<br />
femminile e un ritmo crescente<br />
di tamburo.<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 13
MOSTRE ALL’ORIZZONTE<br />
di Fabrizio Capra<br />
Questa nuova rubrica non vuole essere una semplice elencazione<br />
di mostre in corso, ma una serie di consigli. Le informazioni<br />
sulle singole mostre (orari, biglietti, ecc.) si possono trovare nei<br />
link che riportiamo. Ogni mese la rubrica verrà aggiornata<br />
sulla rivista e settimanalmente sul sito.<br />
14 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
MILANO<br />
Palazzo Reale<br />
(piazza del Duomo <strong>12</strong>)<br />
Mostra “Giotto l’Italia”<br />
fino al 10 gennaio 2016<br />
http://www.mostragiottoitalia.it/<br />
Un viaggio ideale sulle orme di<br />
Giotto nei primi decenni del Trecento<br />
attraverso l’esposizione<br />
di capolavori, per la prima volta<br />
esposti a Milano, che ripercorrono<br />
le tappe del lavoro del Maestro<br />
in Italia fino al suo arrivo nella<br />
città, dove realizzò la sua ultima<br />
creazione, Gloria del Mondo, oggi<br />
perduta.<br />
Mostra “Da Raffaello a Schiele.<br />
Capolavori dal Museo delle Belle<br />
Arti di Budapest”<br />
fino al 7 febbraio 2016<br />
http://www.daraffaelloaschiele.it/lamostra/<br />
76 opere hanno lasciato temporaneamente<br />
il Museo di Belle Arti<br />
di Budapest per essere esposte<br />
nelle sale di Palazzo Reale a Milano.<br />
Raffaello, Tintoretto, Durer,<br />
Velasquez, Rubens, Goya, Murillo,<br />
Canaletto, Manet, Cezanne, Gauguin<br />
e tantissimi altri grandi artisti<br />
saranno presenti con opere straordinarie.<br />
Un’occasione unica per<br />
un viaggio nella storia dell’arte dal<br />
Cinquecento al Novecento.<br />
Mostra “Mito e Natura. Dalla<br />
Grecia a Pompei”<br />
fino al 10 gennaio 2016<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 15
http://www.mostramitonatura.it/it/<br />
home.html<br />
Una mostra per raccontare un<br />
aspetto affascinante e inedito<br />
delle nostre radici classiche: l’influenza<br />
della natura sulla civiltà<br />
occidentale e sulle sue origini, con<br />
opere provenienti da musei italiani<br />
e internazionali fra cui il Museo<br />
Archeologico di Atene, il Kunsthistorisches<br />
Museum di Vienna e il<br />
Louvre di Parigi.<br />
Castello Sforzesco<br />
(piazza Castello)<br />
http://www.milanocastello.it/<br />
Mostra “D’après Michelangelo.<br />
La fortuna dei disegni per gli<br />
amici nelle arti del Cinquecento”<br />
fino al 10 gennaio 2016<br />
Disegni, alcuni originali, del grande<br />
genio del Cinquecento, dipinti,<br />
incisioni, preziosi oggetti d’arte<br />
permetteranno di conoscere un<br />
aspetto più intimo del Maestro,<br />
riguardante la sfera della sua vita<br />
privata e delle sue amicizie. Un<br />
piccolo nucleo compatto, per il<br />
quale è stata coniata la definizione<br />
di “fogli d’omaggio”.<br />
Mudec (via Tortona 56)<br />
www.mudec.it<br />
Mostra “Gauguin. Racconti dal<br />
paradiso”<br />
fino al 21 febbraio 2016<br />
Il progetto consta di circa 70 opere,<br />
capolavori pittorici e scultorei,<br />
comprensivi di artefatti polinesiani<br />
e immagini di documentazione dei<br />
diversi luoghi visitati dall’artista.<br />
Mostra “Barbie – The icon”<br />
fino al 13 marzo 2016<br />
Definirla una bambola sarebbe riduttivo.<br />
Barbie è un’icona globale,<br />
che in 56 anni di vita è riuscita ad<br />
abbattere ogni frontiera linguistica,<br />
culturale, sociale, antropologica.<br />
MONZA (MB)<br />
Arengario (piazza Roma)<br />
Musei civici - Casa degli umiliati<br />
(via Teolinda 4)<br />
Mostra “Chagall. La grafica del<br />
sogno”<br />
fino all’6 gennaio 2016<br />
http://chagallmonza.it/<br />
Le magiche suggestioni di un maestro<br />
del ‘900 a Monza. Marc<br />
Chagall giungerà nella capoluogo<br />
della Brianza portando tutto il<br />
suo immaginario onirico, la ricchezza<br />
delle tradizioni letterarie<br />
russe, la sacralità dei testi biblici.<br />
TORINO<br />
Gam (via Magenta 31)<br />
Mostra “Monet. Dalle collezioni<br />
del Musée d’Orsay”<br />
http://www.mostramonet.it/<br />
fino al 31 gennaio 2016<br />
Il Musée d’Orsay, che conserva<br />
la più importante collezione di<br />
opere di Claude Monet, ha concesso<br />
oltre quaranta capolavori<br />
per dare vita a una strabiliante<br />
mostra monografica incentrata<br />
sul maestro. Sono presenti in<br />
mostra alcune opere di carattere<br />
eccezionale, mai presentate prima<br />
in Italia: un esempio su tutti<br />
è quello del grande frammento<br />
centrale della Colazione sull’erba,<br />
16 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
opera fondamentale nel percorso<br />
di Monet per la precoce affermazione<br />
di una nuova, audace concezione<br />
della pittura en plein air,<br />
rappresentativa di un passaggio<br />
cruciale che culminerà con l’Impressionismo.<br />
VENARIA REALE (TO)<br />
Reggia di Venaria<br />
(piazza della Repubblica)<br />
www.lavenaria.it<br />
Mostra: “Raffaello. Il sole delle<br />
arti”<br />
fino al 24 gennaio 2016<br />
La mostra intende accostarsi alla<br />
geniale personalità di Raffaello<br />
anche da un punto di vista<br />
inconsueto e imprevedibile, vale<br />
a dire illustrando il suo impegno<br />
creativo verso le cosiddette “arti<br />
applicate”,<br />
che tradussero<br />
nelle rispettive<br />
tecniche i suoi<br />
cartoni e disegni<br />
nonché le<br />
incisioni tratte<br />
dalla sua opera,<br />
e che nel corso<br />
del Cinque e<br />
Seicento costituirono<br />
il veicolo<br />
privilegiato<br />
per la diffusione<br />
e la conoscenza<br />
in Italia e nel<br />
resto d’Europa<br />
delle invenzioni<br />
figurative<br />
dell’Urbinate:<br />
arazzi, maioliche,<br />
monete,<br />
cristalli di rocca, placchette, smalti,<br />
vetri, armature, intagli.<br />
GENOVA<br />
Palazzo Ducale<br />
(piazza Matteotti 9)<br />
www.palazzoducale.genova.it<br />
Mostra: “Dagli impressionisti a<br />
Picasso”<br />
fino al 10 aprile 2016<br />
La mostra sarà divisa in diverse<br />
sezioni: la prima è dedicata alla<br />
nascita del movimento che ha<br />
cambiato per sempre la storia<br />
della pittura: l’Impressionismo. La<br />
volontà di aprirsi alla luce libera<br />
della natura è una conquista che<br />
- agli albori dell’Impressionismo<br />
- passa attraverso il realismo intenso<br />
di Courbet (Bagnante addormentata<br />
presso un ruscello) e<br />
le opere narrative di pittori come<br />
Gervex e Carolus-Durand. Uno<br />
spazio autonomo sarà invece dedicato<br />
alla figura di Edgar Degas,<br />
di cui saranno presenti cinque tele<br />
che sviluppano tutti i temi fondamentali<br />
del pittore parigino: il<br />
ritratto, i cavalli e le inconfondibili<br />
ballerine. La sala principale della<br />
mostra avrà invece come tema<br />
il superamento dell’Impressionismo<br />
e l’aprirsi di nuovi orizzonti,<br />
e ruoterà attorno alla figura<br />
chiave di Vincent Van Gogh, alla<br />
quale si affiancheranno quelle di<br />
Paul Cézanne e Henri Matisse.<br />
Saranno presenti anche dipinti di<br />
Amedeo Modigliani.<br />
La mostra culminerà con una sala<br />
monografica dedicata a Pablo<br />
Picasso, di cui saranno presen-<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 17
ti sei tele, che hanno l’obiettivo<br />
di ripercorrere l’intera vicenda<br />
dell’arte del Novecento, dalla giovanile<br />
Testa di Arlecchino (1905)<br />
fino alla Donna seduta, dipinta nel<br />
1960, quando Picasso era ormai<br />
alle soglie degli ottant’anni.<br />
POSSAGNO (TV)<br />
Museo Gipsoteca Canova<br />
(via Canova 74)<br />
www.museocanova.it<br />
Mostra: “Antonio Canova. L’arte<br />
violata nella Grande Guerra”<br />
fino al 28 febbraio 2016<br />
Quando con la testa di Paolina<br />
si giocava a pallone a Possagno,<br />
i Canova esplosi dalla guerra, la<br />
cronaca fotografica dello scempio,<br />
la Ebe dimezzata e la cronaca<br />
del conflitto nel diario di una<br />
bambina di allora.<br />
CODROIPO (UD)<br />
Villa Manin<br />
(piazza Manin 10, Passariano)<br />
www.villamanin.it<br />
Mostra: “Joan Mirò a Villa Manin.<br />
Soli di notte”<br />
fino al 3 aprile 2016<br />
Una mostra evocativa ricostruisce<br />
l’universo di Miró negli ultimi<br />
trent’anni di vita, l’atmosfera dei<br />
suoi studi maiorchini, la ricerca<br />
della solitudine e la radicale trasformazione<br />
della sua arte. Oltre<br />
250 opere dell’artista, i suoi oggetti<br />
personali, tanti documenti e<br />
circa 50 scatti di grandi fotografi<br />
che lo hanno immortalato, in un<br />
inedito percorso espositivo. Una<br />
mostra che vuole essere assolutamente<br />
evocativa dei luoghi, degli<br />
ambienti, dei suoni, delle emozioni<br />
che hanno accompagnato<br />
il pittore catalano negli ultimi<br />
trent’anni di vita trascorsi a Palma<br />
di Maiorca, ispirando dal 1956 al<br />
1983, anno della sua morte, un<br />
radicale mutamento espressivo e<br />
tecnico del suo lavoro e della sua<br />
straordinaria arte.<br />
FIRENZE<br />
Palazzo Strozzi<br />
(piazza degli Strozzi)<br />
www.palazzostrozzi.org<br />
Mostra: “Bellezza divina. Tra<br />
Van Gogh, Chagall e Fontana”<br />
fino al 24 gennaio 2016<br />
Dalla pittura realista di Morelli<br />
all’informale di Vedova, dal Divisionismo<br />
di Previati al Simbolismo<br />
di Redon, fino all’Espressionismo<br />
di Munch o alle sperimentazioni<br />
del Futurismo, la mostra analizza<br />
e contestualizza un secolo di arte<br />
sacra moderna, sottolineando attualizzazioni,<br />
tendenze diverse e<br />
talvolta conflitti nel rapporto fra<br />
arte e sentimento del sacro.<br />
CHIUSI (SI)<br />
Museo Nazionale Etrusco<br />
(via Porsenna 93)<br />
http://www.archeotoscana.beniculturali.it/index.php?it/147/chiusi-museo-archeologico-nazionale<br />
Mostra: “La Tomba del Colle<br />
nella Passeggiata Archeologica a<br />
Chiusi”<br />
fino al 31 dicembre 2015<br />
Nel 1939 fu portata a termine<br />
la realizzazione della Passeggiata<br />
Archeologica, strada ad anello<br />
che dal Museo Nazionale Etrusco<br />
di Chiusi porta a Chiusi Città toccando<br />
le principali tombe etrusche,<br />
dipinte e non. Le tombe,<br />
che appartenevano alle estese<br />
necropoli disposte da epoca arcaica<br />
sui rilievi che circondavano<br />
la città etrusca, contenevano ricchi<br />
corredi che furono trafugati<br />
in antico oppure recuperati nel<br />
corso dell’Ottocento per essere<br />
18 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
venduti a privati o a musei nazionali<br />
desiderosi di accrescere le<br />
proprie collezioni. La Tomba del<br />
Colle, la Tomba della Scimmia, la<br />
Tomba del Leone, la Tomba delle<br />
Tassinaie e molte altre oggi parlano<br />
attraverso i loro colori ben<br />
conservati per merito dei frequenti<br />
interventi di tutela statali<br />
e grazie agli oggetti conservati<br />
al Museo Nazionale Etrusco di<br />
Chiusi; questi furono ritrovati con<br />
scavi condotti dalla Soprintendenza<br />
fin dal 1911, dopo la prima<br />
legge di tutela italiana emanata<br />
solo nel 1909.<br />
BOLOGNA<br />
Museo Civico Archeologico<br />
(via dell’Archiginnasio 2)<br />
Mostra: “Egitto. Splendore millenario.<br />
Capolavori da Leiden a<br />
Bologna”<br />
fino al 17 luglio 2016<br />
www.mostraegitto.it<br />
Un’ esposizione di fortissimo impatto<br />
visivo e scientifico e anche<br />
un’operazione che non ha precedenti<br />
nel panorama internazionale:<br />
la collezione egiziana del<br />
Museo Nazionale di Antichità<br />
di Leiden in Olanda - una delle<br />
prime dieci al mondo - e quella<br />
di Bologna - tra le prime in Italia<br />
per numero, qualità e stato conservativo<br />
dei suoi oggetti - danno<br />
vita a un percorso espositivo di<br />
circa 1.700 metri quadrati di arte<br />
e storia. Dall’Olanda sono esposti<br />
500 reperti, databili dal Periodo<br />
Predinastico all’Epoca Romana, e<br />
importanti prestiti giungeranno<br />
dal Museo Egizio di Torino e dal<br />
Museo Egizio di Firenze.<br />
Palazzo Albergati<br />
(via Saragozza 28)<br />
Mostra: “Brueghel. Capolavori<br />
dell’arte fiamminga”<br />
fino al 28 febbraio 2016<br />
http://www.palazzoalbergati.com/<br />
mostra-brueghel-2/<br />
La mostra ripercorre la storia,<br />
lungo un orizzonte temporale,<br />
familiare e pittorico, di oltre 150<br />
anni, portando a Bologna i capolavori<br />
di un’intera dinastia di eccezionale<br />
talento, attiva tra il XVI e<br />
il XVII secolo.<br />
Brueghel, nome di una dinastia diventata<br />
nei secoli passati marchio<br />
di eccellenza nell’arte pittorica,<br />
comprendeva la più importan-<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 19
te famiglia di artisti<br />
fiamminghi a cavallo<br />
tra il XVI e XVII secolo<br />
interpreti dello<br />
splendore del Seicento.<br />
FORLI’ (FC)<br />
Musei San Domenico<br />
(piazza Guido da<br />
Montefeltro <strong>12</strong>)<br />
ww.cultura.comune.<br />
forli.fc.it/<br />
Mostra: “Steve Mc Curry – Icons<br />
and Women”<br />
fino al 10 gennaio 2016<br />
Steve McCurry è uno dei più<br />
grandi maestri della fotografia<br />
contemporanea ed è un punto<br />
di riferimento per un larghissimo<br />
pubblico, soprattutto di giovani,<br />
che nelle sue fotografie riconoscono<br />
un modo di guardare il nostro<br />
tempo e, in un certo senso,<br />
“si riconoscono”. In ogni scatto<br />
di Steve McCurry è racchiuso un<br />
complesso universo di esperienze<br />
e di emozioni e molte delle sue<br />
immagini, a partire dal ritratto di<br />
Sharbat Gula, sono diventate delle<br />
vere e proprie icone, conosciute<br />
in tutto il mondo.<br />
FERRARA<br />
Palazzo dei Diamanti<br />
(corso Ercole I d’Este 21)<br />
www.palazzodiamanti.it<br />
Mostra: “De Chirico a Ferrara.<br />
Un inverno metafisico”<br />
fino al 28 febbraio<br />
Una grande esposizione celebra il<br />
genio della pittura metafisica, ad<br />
un secolo dal suo arrivo a Ferrara.<br />
Era il 1915 quando Giorgio De<br />
Chirico, giunto nella città estense,<br />
cambiò il suo modo di fare arte,<br />
dipingendo, tra le bellissime architetture<br />
rinascimentali, piazze sospese<br />
nel tempo, manichini senza<br />
volto, particolari prospettive ed<br />
oggetti enigmatici. Il rapporto tra<br />
De Chirico e Ferrara è indissolubile,<br />
e dopo cento anni torna ad<br />
esprimersi<br />
ROMA<br />
Scuderie del Quirinale<br />
(via XXIV maggio 16)<br />
Accademia di Francia - Villa<br />
Medici<br />
(viale Trinità dei Monti 1)<br />
www.scuderiequirinale.it<br />
Mostra: “Balthus”<br />
fino al 31 gennaio 2016<br />
Circa duecento opere, tra quadri,<br />
disegni e fotografie, provenienti<br />
dai più importanti musei europei<br />
ed americani oltre che da prestigiose<br />
collezioni private, compongono<br />
un avvincente percorso in<br />
due segmenti: alle Scuderie del<br />
Quirinale una completa retrospettiva<br />
organizzata intorno ai<br />
capolavori più noti; a Villa Medici<br />
un’esposizione che, attraverso le<br />
opere realizzate durante il soggiorno<br />
romano, mette in luce il<br />
metodo e il processo creativo di<br />
Balthus: la pratica di lavoro nell’atelier,<br />
l’uso dei modelli, le tecniche,<br />
il ricorso alla fotografia.<br />
Complesso del Vittoriano<br />
(piazza Venezia)<br />
Mostra: “Dal Musèe d’Orsay.<br />
Impressionisti tête-à-tête”<br />
fino al 7 febbraio 2016<br />
http://www.comunicareorganizzando.it/mostra/impressionisti-i-protagonisti/<br />
Edouard Manet, Pierre-Auguste<br />
Renoir, Edgar Degas, Frédéric<br />
Bazille, Camille Pissarro, Paul<br />
Cézanne, Berthe Morisot: questi<br />
gli artisti presenti nella mostra.<br />
Oltre sessanta opere provenienti<br />
dal Musée d’Orsay. Attraverso<br />
un percorso tra i protagonisti<br />
impressionisti la mostra vuole<br />
mettere in luce gli aspetti inno-<br />
20 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
vativi essenziali nell’elaborazione<br />
di un’arte moderna evidenziando<br />
le connotazioni delle singole<br />
personalità.<br />
Musei Capitolini<br />
(piazza del Campidoglio 1)<br />
www.museicapitolini.org<br />
Mostra: “Raffaello, Parmigianino,<br />
Barocci. Metafore dello sguardo”<br />
fino al 10 gennaio 2016<br />
Tre giganti dell’arte italiana in un<br />
confronto senza precedenti. Dipinti,<br />
disegni e stampe raccontano<br />
la profonda relazione che lega<br />
Raffaello a Francesco Mazzola,<br />
detto il Parmigianino, e a Federico<br />
Barocci, entrambi ricordati<br />
dalle fonti più antiche come eredi<br />
dell’artista urbinate. L’esposizione<br />
si propone di evidenziare come<br />
il modello di Raffaello abbia concorso<br />
a determinare gli orientamenti<br />
artistici del Parmigianino<br />
e quelli, assai diversi, di Federico<br />
Barocci. Il Parmigianino e Barocci<br />
sono ricordati nelle testimonianze<br />
cinque - seicentesche come eredi<br />
dell’Urbinate e considerati entrambi<br />
tra i più magistrali disegnatori<br />
della loro epoca. Guardando<br />
a Raffaello con gli occhi del Parmigianino<br />
e con quelli di Barocci,<br />
l’esposizione intende dunque<br />
affrontare il tema del confronto<br />
e quello dell’eredità tra artisti vissuti<br />
in epoche e luoghi diversi.<br />
Palazzo Venezia<br />
(via del Plebiscito 118)<br />
Mostra: “Tesori della Cina Imperiale.<br />
L’Età della Rinascita fra gli<br />
Han e i Tang (206 a.C. - 907 d.C.)”<br />
http://www.tesoridellacinaimperiale.it/<br />
fino al 28 febbraio<br />
Nelle sale del Refettorio Quattrocentesco<br />
di Palazzo Venezia,<br />
saranno in mostra i capolavori dal<br />
Museo Provinciale dello Henan,<br />
uno dei maggiori musei nella Repubblica<br />
Popolare, per raccontare<br />
il passaggio dalla dinastia Han<br />
- periodo in cui l’odierna Cina comincia<br />
a prendere forma - all’Età<br />
dell’Oro della dinastia Tang (581<br />
d.C. - 907 d.C.). In mostra saranno<br />
esposti oltre 100 pezzi, tra i<br />
quali una veste funeraria di 2.000<br />
listelli di giada intessuti con fili<br />
d’oro, lacche, terrecotte invetriate,<br />
vasi, oggetti d’oro, d’argento<br />
e di giadeite, ad illustrare lo straordinario<br />
clima di prosperità e di<br />
apertura culturale di questo periodo,<br />
quando la capitale dell’Impero,<br />
l’odierna Xi’An, era crocevia<br />
di tutti i commerci, riceveva gli<br />
ambasciatori del mondo ed era<br />
popolata da oltre un milione di<br />
persone.<br />
Per approfondire o venire a conoscenza<br />
di nuove mostre consigliamo<br />
il sito: http://www.beniculturali.it/<br />
mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/<br />
MenuPrincipale/EventiCulturali/<br />
EventiInEvidenza/<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 21
GENOVA:<br />
LA LANTERNA, SIMBOLO DELLA CITTA’<br />
di Fabrizio Capra<br />
22 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
C<br />
ome tutte le città anche<br />
Genova, la “Superba”,<br />
ha il suo monumento<br />
simbolo:<br />
la Lanterna (in genovese: ”a Lanterna<br />
de Zena” o, semplicemente<br />
“a Lanterna”), il faro portuale del<br />
capoluogo, riportata su tutte le<br />
antiche mappe geografiche e carte<br />
nautiche.<br />
Oggi i tanti moli, frequentati da<br />
navi mercantili e non, gli scali, i<br />
depositi, i luoghi di carico e scarico<br />
merci e le altre costruzioni che<br />
la circondano ne offuscano l’imponenza;<br />
comunque affrontare la<br />
salita per giungere alla prima terrazza,<br />
l’unica accessibile al pubblico,<br />
e godere della visuale da quel<br />
punto si presenta all’occhio è ceto<br />
un’emozione da provare.<br />
Oggi la Lanterna si raggiunge<br />
esclusivamente attraverso una<br />
passeggiata pedonale di circa<br />
800 metri che è stata restituita<br />
alla comunità rendendola visitabile,<br />
attraverso un percorso che<br />
sovrasta le banchine portuali e<br />
costeggia esternamente le vecchie<br />
mura seicentesche e ottocentesche.<br />
La passeggiata ha una<br />
struttura in acciaio e legno, per<br />
cui non si può percorrere con le<br />
biciclette che si devono portare<br />
a mano.<br />
La Lanterna,<br />
il faro di Genova<br />
Fra i fari tradizionali, realizzati dalle<br />
autorità portuali come supporto<br />
alla navigazione, la Lanterna<br />
è il terzo tra i fari più antichi al<br />
mondo ancora in attività; per altezza,<br />
con i suoi settantasei metri<br />
è quello più alto del Mediterraneo,<br />
mentre in Europa è il secondo,<br />
dopo quello francese di Île di<br />
Vierge, e nel mondo è il quinto.<br />
Se poi comprendiamo anche lo<br />
scoglio su cui poggia, la sua monumentalità<br />
aumenta raggiungendo<br />
i centodiciassette metri d’altezza.<br />
La struttura attuale risale al 1543<br />
e fu realizzata al margine orientale<br />
del quartiere di Sampierdarena,<br />
dove una volta c’era uno scoglio<br />
isolato, ora inglobato nel contesto<br />
portuale. Era l’estrema punta del<br />
promontorio di San Benigno, o<br />
Capo di Faro, raso al suolo nella<br />
seconda metà degli anni venti del<br />
novecento per creare nuovi spazi;<br />
lo scoglio con il faro è l’unica porzione<br />
rimasta, ora non più direttamente<br />
sul mare per via dei riempimenti<br />
fatti per ampliare il porto.<br />
La Lanterna è composta da una<br />
torre su due ordini di sezione<br />
quadrata, con terrazza alla sommità<br />
di ciascun ordine, costruita<br />
in pietra naturale proveniente<br />
dalla cave di Carignano. Al suo in-<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 23
terno c’è una scala in muratura di<br />
365 gradini totali, di cui solo 172<br />
percorribili dal pubblico per raggiungere<br />
il primo ordine.<br />
Faro di secondo ordine, ha la<br />
lanterna posta alla sommità della<br />
torre, costituita da un ambiente<br />
a pianta circolare di 4 metri di<br />
diametro, con una vetrata di 3,44<br />
metri di altezza. Il faro è poi dotato<br />
di un gruppo elettrogeno di<br />
soccorso per l’alimentazione degli<br />
impianti di emergenza e del faro<br />
di riserva.<br />
Il Museo e il Parco<br />
Annesso alla torre sorge il Museo<br />
della Lanterna, ospitato nelle<br />
fortificazioni adiacenti alla restaurata<br />
e adattata Porta Nuova della<br />
Lanterna; si compone di quattro<br />
sale dei “fucilieri”, una galleria e<br />
tre sale dei cannoni. Inoltre è stata<br />
ripristinata l’agibilità del parco<br />
urbano situato a nord della torre.<br />
Lo scopo principale del Museo<br />
della Lanterna è quello di restituire<br />
il nuovo spirito che anima Genova<br />
dopo i massicci interventi di<br />
restauro a cui è stata sottoposta<br />
negli anni novanta, fornendo testimonianze<br />
sulla trasformazione<br />
della città e sulla sua scelta di mantenere<br />
vivi i più significativi legami<br />
con il proprio storico passato.<br />
In questo senso sono essenziali<br />
i materiali video di repertorio<br />
e d’archivio, i filmati di attualità<br />
(frutto di circa 250 ore di riprese<br />
per oltre otto ore complessive di<br />
documentazione video) e le fotografie,<br />
restituite con effetto olografico<br />
in grado di fissare le fasi<br />
della trasformazione urbanistica<br />
e del vissuto cittadino, anche con<br />
l’aiuto di una grafica didascalica<br />
multilingue. L’indagine visiva approfondisce<br />
e mette in stretta<br />
connessione, nella sostanza, temi<br />
e situazioni che solo apparentemente<br />
sono slegati tra di loro.<br />
Una parte del museo - ovvero<br />
le sale dei cannoni - è riservata<br />
specificatamente all’uso e alla funzione<br />
dei fari navali e ai sistemi di<br />
segnalamento in mare. Un tipo<br />
particolare di lente - la lente di<br />
Fresnel, simile a quella adottata<br />
dal faro genovese - riproduce per<br />
il visitatore, con il proprio fascio<br />
di luce in rotazione, la visione in<br />
soggettiva dall’interno dell’ottica<br />
di un faro vero e proprio.<br />
All’interno del museo sono ospitate<br />
periodicamente anche mo-<br />
24 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
al pubblico del faro e del museo<br />
annesso, oltre alla manutenzione<br />
ordinaria del complesso, incluso il<br />
parco urbano intorno a esso e la<br />
passeggiata di accesso.<br />
stre tematiche.<br />
La Lanterna oggi<br />
Il faro, in qualità di strumento di<br />
supporto alla navigazione marittima,<br />
è completamente controllato<br />
e gestito dal Comando di Zona<br />
Fari della Marina Militare, con sede<br />
a La Spezia (che tra l’altro si<br />
occupa di tutti i fari dell’Alto Tirreno).<br />
Dal 1910 la Marina Militare<br />
segue la gestione di tutti i fari (di<br />
cui <strong>12</strong>8 d’altura) sugli 8.000 km<br />
circa di coste italiane, avvalendosi<br />
sia di tecnici militari che civili.<br />
Il resto della Lanterna, nella sua<br />
accezione di monumento, simbolo<br />
cittadino e attrazione turistica,<br />
è gestito dalla provincia di Genova<br />
tramite l’Associazione Giovani<br />
Urbanisti - Fondazione Labò. L’associazione<br />
si occupa dell’apertura<br />
Storia della Lanterna<br />
Fin dall’antichità il luogo ove sorge<br />
ora la Lanterna era utilizzato<br />
per accendere fuochi al fine di segnalare<br />
la costa ai naviganti. Nel<br />
1<strong>12</strong>8 abbiamo la prima notizia<br />
sull’esistenza di una torre di avvistamento,<br />
formata da una struttura<br />
architettonica composta da<br />
tre tronchi merlati sovrapposti.<br />
La seconda testimonianza risale al<br />
1161, quando un documento afferma<br />
che “le navi dirette in porto<br />
sono tenute a pagare un dazio per<br />
il servizio di segnalazione luminosa”<br />
ovvero una tassa “pro igne facendo<br />
in capite fari”. Infatti le segnalazioni<br />
veniva fatte accendendo alla<br />
sommità della torre sterpaglie di<br />
erica (“brugo”) o di ginestra (“brusca”)<br />
modulando il fumo di giorno<br />
e le fiamme di notte, in modo<br />
da segnalare gli avvistamenti di<br />
navi nemiche o inviare messaggi<br />
alle guardie di altre postazioni.<br />
A livello urbanistico, quindi, la<br />
Lanterna era relativamente lontana<br />
dalla città, e solo nel XVII<br />
secolo venne inglobata nella cosiddetta<br />
Cerchia Seicentesca, la<br />
poderosa cerchia di mura lunga<br />
quasi diciannove chilometri attorno<br />
alla città, quasi interamente<br />
esistente ancora ai nostri giorni.<br />
Nel 1318 la Lanterna divenne testimone<br />
della guerra tra Guelfi e<br />
Ghibellini: i Guelfi si barricarono<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 25
nell’edificio e i Ghibellini riuscirono<br />
a stanarli minacciando di far<br />
crollare la torre attraverso scavi<br />
alle fondamenta. Questo avvenimento<br />
portò nel 1321 all’attuazione<br />
di un intervento di consolidamento<br />
e alla realizzazione di un<br />
fossato protettivo.<br />
Nel 1326 si abbandonarono i falò<br />
in favore di lanterne alimentate<br />
a olio di oliva, pertanto i turrexani<br />
(gli addetti al controllo degli<br />
stoppini e alla cura delle lampade)<br />
salivano ogni sera sul faro per attivarlo.<br />
Nel 1340 alla sommità della torre<br />
inferiore venne dipinto lo stemma<br />
del Comune di Genova, opera<br />
del pittore Evangelista di Milano,<br />
al fine di meglio identificare la<br />
Lanterna con la città.<br />
Nel Quattrocento buona parte<br />
dei fondi destinati al porto furono<br />
destinati alla manutenzione<br />
della Lanterna; nel 1405 i sacerdoti<br />
guardiani della Lanterna posero<br />
sulla cupola un pesce e una<br />
croce di metallo dorato, simbolo<br />
di cristianità e nel 1413 un decreto<br />
dei Consoli del Mare stanziò un<br />
fondo di “lire 36” per assicurare<br />
la gestione del faro, divenuto ormai<br />
indispensabile per la sicurezza<br />
della navigazione.<br />
Mel 1507, durante il dominio francese,<br />
Luigi XII fece erigere una<br />
possente fortezza, la “Briglia”, destinata<br />
a ospitare una guarnigione<br />
dell’esercito con i cannoni puntati<br />
verso il centro abitato, con<br />
lo scopo principale di difendersi<br />
da rivolte interne, piuttosto che<br />
di proteggere la città da attacchi<br />
esterni. Tuttavia poco tempo<br />
dopo, nel 1514, un’insurrezione<br />
popolare, con le forze genovesi<br />
capitanate da Andrea Doria,<br />
cacciò gli invansori mettendo fine<br />
alla dominazione francese. La Briglia<br />
venne demolita e la Lanterna<br />
subì numerosi danni, smettendo<br />
di funzionare. Solo nel 1543, per<br />
volontà del doge Andrea Centurione<br />
Pietrasanta e grazie al finanziamento<br />
ottenuto dal Banco<br />
di San Giorgio, fu dato il via alla<br />
ricostruzione che terminò l’anno<br />
seguente conferendo all’edificio<br />
l’aspetto che ancora oggi possiamo<br />
ammirare. Fu posta in opera<br />
una nuova lanterna, con cupola<br />
costruita in doghe di legno di rovere<br />
e ricoperta con fogli di rame<br />
e piombo fermati con ben 600<br />
chiodi di rame. La lanterna vera<br />
26 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
e propria era formata da un’ampia<br />
vetrata i cui vetri, di notevole<br />
spessore e peso, furono forniti da<br />
maestri vetrai dapprima liguri ed<br />
in seguito veneziani.<br />
Nel 1565 si ritornò a lavorare sulla<br />
cupola per renderla stagna e,<br />
nel 1681, la si ricostruì lcon legno<br />
di castagno selvatico, ricoprendo<br />
il tutto con pece e stoppa e infine<br />
con fogli di piombo stagnati a<br />
bordi sovrapposti.<br />
Nel 1632, con la realizzazione<br />
dell’imponente cerchia di mura, la<br />
Lanterna viene compresa nel sistema<br />
murario cittadino, cessando<br />
di rappresentare un avamposto<br />
solitario. Sessant’anni dopo,<br />
nel 1692, fu ricostruita la vetrata<br />
distrutta dal bombardamento<br />
del 1684, voluto dall’ammiraglio<br />
francese Marchese di Segnalay<br />
per ordine di re Luigi XIV: tredicimila<br />
bombe incendiarie furono<br />
lanciate sulla città ma solo alcuni<br />
frammenti colpirono i vetri della<br />
Lanterna.<br />
Nel 1711 la torre venne incatenata<br />
a mezzo di chiavarde e tiranti<br />
ancora oggi visibili, nel 1778 la cupola<br />
fu dotata di un parafulmine,<br />
a opera del fisico Padre Glicero<br />
Sanxais, e nel 1791 vennero effettuati<br />
lavori di consolidamento alla<br />
base per renderela più stabile.<br />
L’illuminazione per secoli avvenne<br />
tramite lampade di metallo o di<br />
vetro a stoppino; solo nel 1840<br />
fu realizzata un’ottica rotante su<br />
carro a ruote con lente di Fresnel;<br />
il nuovo sistema di illuminazione,<br />
il cui studio era stato eseguito dal<br />
professor Plana, venne avviato il<br />
15 gennaio del 1841.<br />
Fino a quasi tutto l’Ottocento il<br />
combustibile utilizzato era ancora<br />
l’olio di oliva; nel 1898 si passò<br />
al gas di acetilene e all’inizio del<br />
’900 al petrolio. Nel 1936 si ebbe<br />
il passaggio alla elettrificazione<br />
moderna.<br />
La Lanterna è sopravvissuta integra<br />
ai bombardamenti della<br />
seconda guerra mondiale, fatto<br />
straordinario visto che Genova<br />
fu oggetto di attacchi aerei per<br />
tutto il periodo del conflitto, con<br />
gravi danni per il tessuto urbano<br />
e in particolare per il porto, che<br />
fu completamente distrutto.<br />
Nel 1956 la vecchia lanterna venne<br />
sostituita, insieme all’ottica rotante<br />
e a tutti i congegni. Per non<br />
modificare lo stile architttonico<br />
dell’antico monumento, la nuo-<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 27
va lanterna conservò le dimensioni<br />
della precedente, del 1841.<br />
Contestualmente venne realizzato<br />
un impianto per l’erogazione<br />
dell’energia di emergenza, fu<br />
messo in opera un montacarichi<br />
nell’angusto spazio della tromba<br />
delle scale, e fu ritinteggiato lo<br />
stemma della gloriosa Repubblica<br />
Marinara sulla facciata della torre<br />
inferiore.<br />
Come ultima modifica degna di<br />
nota, nel 1970 l’antico impianto<br />
di rotazione a peso motore, lasciato<br />
di riserva, fu sostituito da<br />
un impianto di rotazione elettrico;<br />
infine, a seguito dell’apertura<br />
dell’aeroporto di Genova, a pochi<br />
chilometri della torre, alla sommità<br />
della cupola della Lanterna fu<br />
sistemato un fanale intermittente<br />
rosso, di modesta portata, come<br />
segnale di pericolo per gli aerei.<br />
Curiosità<br />
Una leggenda narra che il progettista<br />
della Lanterna fu lanciato nel<br />
vuoto dalla sua cima, affinché non<br />
potesse ricreare in altro luogo<br />
una costruzione analoga.<br />
Tra la fine del Trecento e l’inizio<br />
del Quattrocento la Lanterna fu<br />
utilizzata come prigione; essa ospitò<br />
per alcuni anni Giacomo I di Lusignano,<br />
sua moglie, che tra quelle<br />
mura diede alla luce il figlioletto<br />
Giano, e parte della corte, presi<br />
come prigionieri con la conquista<br />
della città di Famagosta.<br />
Al fine di prolungare la vita dei vetri,<br />
soggetti a rapida usura, la loro<br />
superficie veniva spennellata con<br />
un’emulsione di albume d’uovo;<br />
per questo in<br />
quegli anni l’elenco<br />
delle spese<br />
del Comune<br />
prevedeva l’acquisto<br />
di migliaia<br />
di uova destinate<br />
a quello<br />
scopo.<br />
Dai registri del<br />
faro si apprende<br />
che nel 1449<br />
tra i custodi<br />
della Lanterna<br />
fu nominato<br />
anche Antonio<br />
Colombo, zio<br />
paterno di Cristoforo.<br />
Nel 1498 la Lanterna<br />
fu visitata<br />
da Leonardo da<br />
Vinci, che era al<br />
seguito di Ludovico<br />
il Moro<br />
in occasione di<br />
un sopralluogo<br />
di studio sulle<br />
fortificazioni genovesi.<br />
Nel corso della<br />
storia la Lanterna è stata colpita<br />
più volte da fulmini; i danni più<br />
gravi si registrarono nel 1481,<br />
quando un fulmine colpì la torre<br />
uccidendo uno dei guardiani.<br />
Nel 1602 un fulmine demolì la<br />
parte merlata della torre superiore.<br />
A seguito dell’episodio,<br />
nel 1603 la base esterna della<br />
torre superiore, venne murata;<br />
a scopo propiziatorio fu apposta<br />
una targa in marmo con la<br />
scritta “Jesus Cristus rex venit in<br />
pace at Deus homo factus est”.<br />
Ancora oggi l’antica targa, anche<br />
se oramai quasi illeggibile,<br />
è murata alla base della torre<br />
superiore, .<br />
Un tempo la Lanterna aveva una<br />
“sorella minore”, chiamata Torre<br />
dei Greci, eretta dopo la metà<br />
del <strong>12</strong>00 all’estremo opposto<br />
dell’arco portuale, all’incirca nella<br />
zona dove attualmente sorgono i<br />
28 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
quindi il ruolo di prima sostenitrice<br />
di questo monumento, catalogato<br />
come Patrimonio dello Stato<br />
e unico faro al mondo ad essere<br />
simbolo di una città e depositario<br />
di buona parte della sua storia. Si<br />
è in tal modo evitato che questo<br />
significativo monumento cadesse<br />
nel degrado che già interessa i<br />
Forti genovesi.<br />
L’associazione “Amici della Lanterna”,<br />
senza scopo di lucro, intende<br />
promuovere e sostenere iniziative<br />
che valorizzino il complesso<br />
monumentale della Lanterna di<br />
Genova, collaborando con chi<br />
avrà in carico la gestione della<br />
passeggiata, del faro, del museo<br />
e del parco, affinchè rappresenti<br />
un luogo d’incontro, un attivo e<br />
vivace centro culturale, un punto<br />
di riferimento per tutta la città.<br />
Maggiori informazioni si possono<br />
ottenere scrivendo a amici@lanternadigenova.it.<br />
Magazzini del Cotone, nel Porto<br />
Antico.<br />
L’associazione e gli Amici<br />
della Lanterna<br />
Il 1 luglio 2014 l’Associazione Giovani<br />
Urbanisti - Fondazione Labò è<br />
divenuta nuovo gestore del complesso<br />
monumentale Lanterna di<br />
Genova; l’incarico è stato attribuito<br />
a titolo di volontariato, per evitarne<br />
la chiusura al pubblico del<br />
monumento causata dagli ingenti<br />
tagli economici che hanno colpito<br />
la Provincia di Genova. Con l’adozione<br />
della Lanterna, del suo Museo<br />
e del suo Parco l’Associazione<br />
si è fatta carico anche di tutti gli<br />
interventi necessari per la manutenzione<br />
del verde, della pulizia e<br />
delle spese necessarie a rendere<br />
nuovamente funzionante il museo<br />
multimediale. La Fondazione<br />
Mario e Giorgio Labò assume<br />
Condizioni per la visita<br />
Apertura: sabato, domenica e festivi<br />
dalle ore 14,30 alle 18,30 (ultimo<br />
ingresso ore 18,00) - in settimana<br />
su prenotazione (gruppi<br />
superiori a 15 persone). Le visite<br />
si effettuano senza accompagnatori.<br />
Biglietti: Museo + Parco + Lanterna:<br />
€ 6,00 - Museo + Parco:<br />
€ 5,00 - solo Parco: € 2,00 (non<br />
sono previste riduzioni)<br />
Convenzioni e riduzioni: Accompagnatore<br />
Socio “Amici della Lanterna”,<br />
Residenti Comune di Genova,<br />
Soci Coop, Possessori card Zena<br />
Zone, Scontrino esercizi commer-<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 29
ciali Terminal Traghetti (consumando<br />
o aquistando presso la galleria<br />
commerciale del Terminal Traghetti<br />
e conservando lo scontrino, riduzione<br />
sul prezzo del biglietto di<br />
ingresso al Faro e al Museo e due<br />
ore e mezza di parcheggio gratuito<br />
presso il Parcheggio del Terminal<br />
Traghetti), Gruppi su prenotazione<br />
(numero minimo 15 persone + 1<br />
accompagnatore gratuito), Appartenenti<br />
al CRAL Liguria, Associati<br />
Compagnia Unica, Soci Touring<br />
Club Italiano, Card Musei, Abbonati<br />
annuali AMT.<br />
Gratuità: Socio “Amici della Lanterna”,<br />
Bambini di età compresa<br />
fra 0 e 6 anni, Invalidi e disabili +<br />
accompagnatori.<br />
È possibile visitare il complesso<br />
monumentale anche secondo le<br />
seguenti modalità e pacchetti:<br />
Visita guidata GO GREEN - La<br />
visita di Genova, a basso impatto<br />
ambientale, acquistabile attraverso<br />
l’organizzazione Genovagando,<br />
comprende il biglietto AMT 24 h,<br />
e riserva la possibilità di acquistare<br />
l’ingresso ridotto al Faro e al<br />
Museo (€ 4,00 per persona invece<br />
di € 6,00). L’ingresso avverrà<br />
con voucher della Lanterna che<br />
verrà consegnato dalla guida. La<br />
visita alla Lanterna sarà libera.<br />
Visita GO GREEN breve + Lanterna<br />
- Il pacchetto, prevede, successivamente<br />
al giro della città (circa<br />
2 ore), anche la visita guidata<br />
alla Lanterna e al suo contesto. Il<br />
costo del pacchetto completo è di<br />
€ 20,00 per persona, sempre con<br />
prenotazione o acquisto attraverso<br />
l’organizzazione Genovagando.<br />
Appuntamento con la guida per<br />
scoprire insieme la Lanterna - Tutte<br />
le ultime domeniche del mese,<br />
alle ore h 15 e h 16 (durata della<br />
visita 30 min), una guida esperta vi<br />
attenderà al Faro per scoprirlo insieme.<br />
Le partenze sono garantite<br />
senza prenotazione fino esaurimento<br />
posti. Il costo è di € 10,00<br />
per persona, compreso l’ingresso a<br />
Lanterna e Museo (€ 6,00 per i soci<br />
degli Amici della Lanterna), gratis<br />
fino a <strong>12</strong> anni. Il servizio è fornito<br />
dall’organizzazione Genovagando.<br />
Norme per la salita al Faro<br />
La visita alla Lanterna deve essere<br />
effettuata con calzature adeguate.<br />
La salita è 172 gradini, per affrontarla<br />
occorre essere in buone<br />
condizioni fisiche; la visita è sconsigliata<br />
a persone con problemi<br />
cardiaci o di deambulazione.<br />
L’accesso alla Lanterna è consentito<br />
a non più di 25 persone<br />
contemporaneamente. I minori<br />
devono essere accompagnati.<br />
In caso di maltempo le visite vengono<br />
sospese.<br />
30 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 31
la felicità<br />
è un sistema complesso<br />
di Claudio La Medica<br />
D<br />
opo la presentazione<br />
al 33° Torino Film<br />
Festival, la nuova<br />
opera di Gianni Zanasi<br />
“La felicità è un sistema complesso”<br />
approda nella periferia<br />
est di Roma per una nuova anteprima<br />
promossa nel liceo “Benedetto<br />
Croce” di Colli Aniene<br />
dai ragazzi di “Cinema America<br />
Occupato” e programmata la sera<br />
precedente all’uscita nelle sale<br />
cinematografiche.<br />
Devo subito dire che, nel momento<br />
in cui ho appreso di questa<br />
iniziativa, ho subito pensato:<br />
“Finalmente per Colli Aniene”.<br />
Questo quartiere, dove l’ultima<br />
sala ha chiuso da quasi 10 anni,<br />
ha visto per una sera una palestra<br />
di un liceo divenire cinematografo<br />
aperto a tutta la città. L’ unico e<br />
32 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
ultimo cinema esistente infatti è<br />
stato il Tristar, all’incrocio tra via<br />
Grotta di Gregna e via degli Alberini,<br />
dove per ben due volte le<br />
cronache segnalarono il crollo del<br />
soffitto di una delle tre sale, fatto<br />
che portò alla chiusura definitiva<br />
e con essa alla fine delle ultime<br />
speranze di avere un pò di cultura<br />
nel nostro quartiere.<br />
In alcuni passaggi del comunicato<br />
stampa, l’Associazione “Cinema<br />
America Occupato” dichiara: “Abbiamo<br />
deciso di riportare il cinema<br />
nella periferia di Roma e di attivare<br />
in termini culturali questo spazio,<br />
normalmente utilizzato per le discipline<br />
scolastiche sportive, aprendolo<br />
al territorio di sera, per dimostrare<br />
che un’altra città è possibile,<br />
ma anche per denunciare l’assenza<br />
di percorsi formativi nelle scuole<br />
riguardanti l’audiovisivo. In questo<br />
periodo storico e politico così avvilente,<br />
non possiamo che essere noi<br />
giovani a farci carico delle sorti dei<br />
nostri territori, scuole, periferie, politiche<br />
giovanili e culturali; di fatto le<br />
istituzioni hanno fallito, hanno perso<br />
il rapporto con i cittadini e la città,<br />
ora possono solamente guardare ed<br />
ascoltare chi si muove ed illumina la<br />
metropoli autonomamente.”<br />
Il comunicato continua: “Non crediamo<br />
che si possa più parlare di<br />
“periferia” dal punto di vista geografico.<br />
Purtroppo Roma, dal centro<br />
al raccordo, è diventata un’unica<br />
periferia culturale. Da Trastevere a<br />
Colli Aniene e Casal Palocco, i ragazzi<br />
non trovano più un rapporto<br />
ed un collegamento con gli spazi<br />
culturali e sociali, sono stati abbandonati<br />
allo svago sfrenato ed alla<br />
movida violenta, ma la soluzione è<br />
semplicissima: bisogna renderli protagonisti<br />
dell’offerta culturale e non<br />
semplicemente fruitori. Con questa<br />
serata vogliamo dimostrare che vivere<br />
il proprio quartiere e la città<br />
deve necessariamente significare<br />
anche questo, è un invito a riappropriarsi<br />
degli spazi e rigenerarli,<br />
come del resto abbiamo fatto con il<br />
Cinema America”.<br />
Un grande plauso va quindi ai ragazzi<br />
di “Cinema America Occupato”,<br />
che stanno riuscendo sempre<br />
più a far sentire la loro voce in<br />
favore di una cultura aggregativa<br />
per la Capitale.<br />
Valerio Mastandrea, attore ormai<br />
affermato nel panorama nazionale<br />
come simbolo di una Roma nostalgica<br />
e malinconica, riesce anche<br />
stavolta a creare una ironica<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 33
introspezione, suscitando più di<br />
qualche emozione nel corso del<br />
film. Coadiuvato dagli ottimi Giuseppe<br />
Battiston e Hadas Yaron<br />
(attrice che sa parlare letteralmente<br />
con gli occhi), Mastandrea<br />
interpreta magistralmente il ruolo<br />
di Enrico Giusti, un affermato<br />
professionista specializzato nel far<br />
rinunciare giovani e incompetenti<br />
dirigenti d’azienda alla loro carica,<br />
prima che le loro aziende vadano<br />
incontro al sicuro fallimento. Un<br />
lavoro quindi concentrato soprattutto<br />
sul cinismo.<br />
Ma quando si imbatte nei due fratelli<br />
adolescenti Filippo e Camilla,<br />
divenuti responsabili dell’azienda<br />
di famiglia per la prematura improvvisa<br />
scomparsa dei genitori,<br />
questo si rivelerà il caso che Enrico<br />
aspettava da tanto tempo,<br />
quello che in qualche modo cambierà<br />
per sempre la sua vita..<br />
Un film che emoziona e fa riflettere<br />
sui meccanismi perversi della<br />
società odierna, che sottomette<br />
al profitto l’umanità; una tematica<br />
forse riaccostabile a quella di altri<br />
due grandissimi films, “Pretty Woman”<br />
e “Un’ottima annata”, che<br />
Zanasi sa far rivivere negli occhi<br />
di due splendidi adolescenti che<br />
l’hanno introiettata al punto di<br />
farla propria.<br />
Dal suo canto Valerio Mastandrea<br />
compie questo viaggio di circa<br />
due ore attraverso una chiave<br />
di lettura diversa: la sfiducia degli<br />
adulti nei confronti del mondo<br />
adolescenziale. Basterebbero<br />
il suo viso e le sue espressioni a<br />
dar valore il film; ma ovviamente<br />
non si può tralasciare la bravura<br />
di Giuseppe Battiston (e il suo vizietto)<br />
e la spontaneità e la “purezza”<br />
contagiosa della protagonista<br />
femminile, Hadas Yaron.<br />
Un film che indaga sulla felicità<br />
facendoci sorridere e pensare,<br />
lasciandoci dentro la sensazione<br />
che senza amore non si può essere<br />
felici.<br />
34 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 35
VACANZE ROMANE<br />
di Claudio La Medica<br />
A<br />
l Teatro Sistina va in<br />
scena in questi giorni<br />
la nuova edizione<br />
di “Vacanze romane”,<br />
la commedia musicale più romantica<br />
di tutti i tempi, che ha per<br />
protagonisti Serena Autieri e Paolo<br />
Conticini.<br />
Versione teatrale del pluripremiato<br />
film diretto da William Wyler e<br />
interpretato da due leggende del<br />
cinema come Audrey Hepburn e<br />
Gregory Peck, questa affascinante<br />
rappresentazione di Roma che riemerge<br />
dalla guerra, rappresenta<br />
l’ultima espressione della collaborazione<br />
teatrale - artistica tra Pietro<br />
Garinei e Armando Trovajoli.<br />
La vicenda della principessa Anna,<br />
che nel corso del suo viaggio<br />
diplomatico nella capitale del<br />
mondo, stanca e annoiata per i<br />
suoi sfinenti obblighi reali decide<br />
di fuggire per le strade di Roma<br />
fino all’incontro folgorante con<br />
il giornalista de “Il Messaggero”,<br />
è una favola che rinnova sul palcoscenico<br />
le forti emozioni della<br />
versione cinematografica; una<br />
storia d’amore che appassiona<br />
ad ogni età, ma che è anche uno<br />
sguardo storico sulla situazione<br />
sociale dell’Italia in ripresa.<br />
Lo spettacolo scorre sulle musiche<br />
sempre avvolgenti di Armando<br />
Trovajoli e Cole Porter, mentre<br />
le suggestioni sceniche del<br />
Premio Oscar Gianni Quaranta,<br />
insieme alle coreografie di Bill<br />
Goodson ed ai costumi di Silvia<br />
Frattolillo, fanno da sfondo per la<br />
rappresentazione della rinascita<br />
di Roma dalle ceneri della seconda<br />
guerra mondiale.<br />
I testi delle canzoni originali sono<br />
di Jaja Fiastri, mentre la versione<br />
italiana delle canzoni di Cole Porter<br />
è opera di Vincenzo Incenzo.<br />
La regia è di Luigi Russo, che pur<br />
rimanendo fedele al testo ha<br />
operato una rivisitazione dei personaggi<br />
e una modernizzazione<br />
puntuale dei contenuti.<br />
Lo spettacolo, pur forte della<br />
sua tradizione, appare però in<br />
certi tratti quasi una traslazione<br />
dell’atmosfera che regna in un<br />
altro grande musical di Garinei e<br />
Giovannini, Rugantino, forse per<br />
la forte impronta popolare che il<br />
maestro Trovajoli ha trasmesso<br />
nelle sue musiche, quasi a voler<br />
rinnovare il sentimento d’amore<br />
che abita Roma e la consapevolezza<br />
che i sogni sono solo il lato<br />
nascosto della realtà.<br />
Molto sentita l’interpretazione di<br />
Serena Autieri, soprattutto per la<br />
sapiente espressione del meraviglioso<br />
e trasognato stato d’animo<br />
che avvolge ogni persona che si<br />
reca in questa splendida città.<br />
Uno spettacolo che rinnova forti<br />
emozioni, sicuramente da vedere.<br />
36 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 37
Paura sul red carpet<br />
di Graziano Riccio<br />
S<br />
ono le ore 20:00 del 19<br />
ottobre 2015 e la sala<br />
Petrassi, dell’Auditorium<br />
Parco della Musica, pullula<br />
di appassionati di cinema di<br />
genere di tutte le età, per lo più<br />
giovani. Sul grande schermo scorrono<br />
le immagini in diretta dal<br />
tappeto rosso più prestigioso della<br />
Capitale, che in occasione della<br />
decima edizione della Festa del<br />
Cinema di Roma vede il passaggio<br />
dei maestri indiscussi della paura:<br />
William Friedkin e Dario Argento.<br />
Da una parte il regista statunitense<br />
dell’Esorcista, nonché premio Oscar<br />
per il noir-poliziesco “Il braccio violento<br />
della legge”. Dall’altra, il nostro<br />
orgoglio italiano, regista di capolavori<br />
riconosciuti a livello mondiale<br />
come “Profondo Rosso” e “Suspiria”.<br />
E’ un incontro storico. Sono le<br />
“rockstar” del cinema horror e il loro<br />
ingresso sul palcoscenico scatena<br />
il delirio dei fan. Ad attenderli è il<br />
direttore artistico Antonio Monda,<br />
che tra gli applausi fa gli onori di casa,<br />
fa accomodare questi due signori<br />
su delle comode poltrone rosse e<br />
inizia a porre loro domande.<br />
Ne nasce un affascinante confron-<br />
to-racconto, un dialogo impreziosito<br />
dagli aneddoti rivelati dai due<br />
registi e dagli spezzoni di film proiettati<br />
in sala, che ognuno dei due<br />
ha scelto fra le opere dell’altro. Ne<br />
riportiamo le parti più salienti.<br />
Friedkin sulla filmografia<br />
di Dario Argento.<br />
Alla domanda “Qual è il film che<br />
preferisci di Dario Argento?” Friedkin<br />
risponde che è impossibile indicarne<br />
uno solo. Avrebbe la stessa difficoltà<br />
nell’indicare una tra le opere<br />
di Michelangelo o di Rembrandt;<br />
l’opera di un artista come Argento<br />
deve essere valutata nel suo insieme.<br />
Ogni suo film è come il quadro<br />
di un pittore impressionista, che lascia<br />
libera da briglie la sua fantasia<br />
durante la realizzazione: Argento,<br />
attraverso la sua macchina da presa<br />
dà sfogo alla sua immaginazione<br />
sul set, a prescindere dalla sceneggiatura<br />
partorita in precedenza,<br />
servendosi di inquadrature, colori,<br />
ambientazioni e musica.<br />
Argento sul cinema di Friedkin.<br />
“Friedkin è un gigante” esordisce Argento,<br />
aggiungendo<br />
che<br />
ha realizzato<br />
capolavori ineguagliabili<br />
come<br />
l’Esorcista e “Il<br />
braccio violento<br />
della legge”. Di<br />
Friedkin vorrebbe<br />
avere la stessa<br />
energia, dato che<br />
ha fatto davvero<br />
di tutto: cinema,<br />
televisione, teatro,<br />
opere liriche...<br />
Friedkin dopo<br />
la proiezione<br />
in sala della<br />
scena di Profondo<br />
Rosso<br />
in cui viene uccisa<br />
la sensitiva<br />
tedesca Helga<br />
Ulmann.<br />
Le immagini viste<br />
provocano in<br />
Friedkin la stessa<br />
sensazione<br />
di un dipinto<br />
di Goya o<br />
38 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 39
Caravaggio. Si parte da una sequenza<br />
normale, ma gradualmente<br />
l’uso della musica e delle inquadrature<br />
inizia a comunicare un senso<br />
di tensione che all’improvviso sfocia<br />
nel paura più viscerale, nel momento<br />
culminante in cui l’assassino sferra<br />
il primo colpo di mannaia sulla<br />
vittima. Molti registi usano un sacco<br />
di effetti speciali, mentre Argento si<br />
serve della sola macchina da presa<br />
e della colonna sonora spesso in<br />
contrasto con le immagini.<br />
Dario Argento e il concetto<br />
di Paura.<br />
Per Argento le paure arrivano dal<br />
profondo, dall’inconscio, dalla sessualità…<br />
I suoi film non raccontano<br />
storie italiane, bensì delle storie<br />
che nascono da dentro e che<br />
valgono per tutti, a prescindere<br />
dalla nazionalità.<br />
Friedkin e le scene di inseguimento.<br />
“La cosa che mi spaventa di più è<br />
il traffico di Roma” esordisce laconico<br />
Friedkin. Alla domanda che<br />
gli viene posta sulle scene di inseguimento,<br />
risponde che nella<br />
sua carriera ne ha girato in tutto<br />
3 o 4. Per Friedkin nel cinema<br />
muto l’inseguimento rappresenta<br />
la forma più pura di cinema: anche<br />
se viene eliminato il sonoro<br />
continua a mantenere la sua efficacia.<br />
A suo avviso le scene di<br />
inseguimento girate da lui non<br />
sono neanche lontanamente paragonabili<br />
a quelle che si vedono<br />
nei film di Buster Keaton, prive<br />
del tutto di effetti speciali al punto<br />
che quest’ultimo rischiava la<br />
vita in prima persona. Friedkin<br />
non crede che sarebbe riuscito a<br />
girare scene di inseguimento nei<br />
suoi film se avesse visto prima il<br />
cinema di Buster Keaton, e conclude<br />
dicendo che sono due gli<br />
elementi essenziali che rendono<br />
il cinema puro: da un lato l’inseguimento,<br />
perché non è possibile<br />
rappresentarlo in un’altra forma<br />
(a teatro, sui libri o su un quadro),<br />
dall’altro la creazione della<br />
suspence senza utilizzare dialoghi.<br />
Per Dario Argento gli inseguimenti<br />
di Friedkin sono i più grandi<br />
che sono mai stati visti al cinema<br />
(ad esempio ne “Il braccio<br />
violento della legge” o in “Vivere<br />
o morire a Los Angeles”), anche<br />
perché all’epoca, in cui sono stati<br />
concepiti non esisteva ancora il<br />
digitale e le corse e gli scontri tra<br />
le auto erano reali.<br />
Dario Argento sulla collaborazione<br />
con Sergio Leone<br />
“Eravamo giovanissimi”. Sergio Leone<br />
sapeva riconoscere chi aveva<br />
talento o meno, e ingaggiò Argento<br />
e Bertolucci per la realizzazione<br />
della sceneggiatura di “C’era<br />
una volta il west”. Secondo Argento,<br />
siccome il film doveva avere<br />
una protagonista femminile e Leone<br />
era un po’ misogino, si affidò<br />
a due giovani che erano di sicuro<br />
più in linea con l’universo donna.<br />
Quali sono i registi che<br />
hanno ispirato la filmografia<br />
di Friedkin.<br />
I registi che più hanno ispirato Fri-<br />
40 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
edkin sono di tradizione italiana:<br />
Scola, Bertolucci, Rosi, Fellini, Leone<br />
e Argento. La cosa che più lo<br />
affascina di quest’ultimo è la sua<br />
capacità di spettacolarizzare la<br />
morte e la paura.<br />
Aneddoto di Friedkin su<br />
Hitchcock.<br />
L’aneddoto in questione risale a<br />
quando fu chiesto a Friedkin di<br />
realizzare un episodio della serie<br />
“Alfred Hitchcock Hour”. Un giorno<br />
Hitchcock andò sul set per registrare<br />
la sua introduzione all’episodio<br />
firmato da Friedkin e trovò<br />
quest’ultimo in jeans e maglietta.<br />
Friedkin gli strinse la mano e mentre<br />
gli diceva che era un onore incontrarlo,<br />
Hitchcok lo interruppe<br />
e gli disse “Signor Friedkin normalmente<br />
i nostri registi si presentano<br />
sul set con la cravatta!”. Non stava<br />
scherzando! Quattro anni dopo ai<br />
Director Guild Awards Friedkin fu<br />
premiato per “Il braccio violento<br />
della legge” e durante la premiazione<br />
notò un tavolo sotto al palco<br />
in cui era presente Hitchcock e<br />
famiglia. Scese i gradini e raggiunse<br />
il tavolo del regista, si avvicinò e<br />
chiese ad Hitchcock “Ti piace la<br />
mia cravatta ora?”.<br />
In sala scendono le luci, è arrivato<br />
il momento di vedere lo spezzone<br />
dell’Esorcista scelto da Argento…<br />
si tratta della famosa scena<br />
dell’esorcismo di Regan.<br />
Per Argento l’Esorcista è un film<br />
gigantesco e inarrivabile. E’ un tripudio<br />
di scene memorabili che<br />
hanno terrorizzato e continueranno<br />
a terrorizzare intere generazioni.<br />
Argento si rivolge a Friedkin<br />
chiedendogli come ha fatto a far<br />
uscire il vapore dalla bocca degli<br />
attori nella scena in questione.<br />
Friedkin racconta che è stato difficile<br />
ottenere il risultato che si vede<br />
nel film. Il set nella camera da letto<br />
di Regan era provvisto da pareti<br />
removibili dietro ognuna delle<br />
quali era piazzato un condizionatore<br />
d’aria in grado di congelare<br />
completamente la scena. In altre<br />
parole il fumo usciva dalle loro<br />
bocche perché la temperatura era<br />
bassissima. Durante le riprese, con<br />
le luci accese, la temperatura risaliva<br />
ed occorreva sospendere per<br />
far congelare nuovamente il set.<br />
Friedkin sull’Esorcista<br />
“Non ho mai considerato l’esorcista<br />
come un film horror, piuttosto come<br />
un film sul mistero della fede” dice<br />
Friedkin, affermando di avere molta<br />
fede e di aver girato il film da<br />
credente. Il film è basato su una<br />
storia vera di possessione diabolica<br />
avvenuta nel 1949 ai danni di<br />
un quattordicenne del Maryland.<br />
Friedkin aggiunge che William Peter<br />
Blatty (autore e sceneggiatore<br />
del film in questione) ha scritto<br />
“L’Esorcista” come un romanzo di<br />
fantasia dopo avere letto della terribile<br />
vicenda, ed invita i presenti<br />
a consultare Google per leggere<br />
l’articolo dell’epoca pubblicato<br />
dal Washington Post. Negli Stati<br />
Uniti vi sono stati solo tre casi di<br />
esorcismo riconosciuti dalla Chiesa<br />
Cattolica e uno dei tre riguarda<br />
proprio quel ragazzo.<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 41
IL RUGGITO DELLA TIGRE:<br />
TRIBUTO A SERGIO SOLLIMA.<br />
di Graziano Riccio<br />
42 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
“L<br />
a Compagnia delle Indie,<br />
fondata sul finire<br />
del 1500, rappresentò<br />
per oltre 250 anni lo<br />
strumento di penetrazione economica<br />
e commerciale della Gran Bretagna<br />
nei territori dell’est asiatico,<br />
come l’India e la Malesia. Verso la<br />
metà dell’ottocento, durante il lungo<br />
regno della regina Vittoria, la Compagnia<br />
costituiva ormai la struttura<br />
portante dell’amministrazione inglese<br />
d’oltre mare, e si preparava a<br />
cedere le sue prerogative alla corona,<br />
aprendo così la strada alla costituzione<br />
dell’Impero Britannico. Le<br />
vicende della trasformazione di un<br />
dominio commerciale in una vera e<br />
propria sovranità territoriale, videro<br />
all’opera, soprattutto nei mari della<br />
Malesia, uomini spregiudicati, pronti<br />
ad usare tutti i mezzi per assicurare<br />
all’Inghilterra lo sfruttamento<br />
delle risorse naturali di quei paesi.<br />
Tra questi uomini al servizio della<br />
corona, il più famoso fu certamente<br />
Sir James Brooke, il rajah bianco<br />
di Sarawak, che veniva chiamato lo<br />
“sterminatore di pirati”. Già allora<br />
però vi furono altri uomini, entrati<br />
nella legenda come eroi popolari<br />
che si opposero alla colonizzazione<br />
dei bianchi. Tra questi uomini si colloca<br />
il personaggio inventato dallo<br />
scrittore Emilio Salgari: Sandokan,<br />
un pirata di nobili origini soprannominato<br />
la Tigre della Malesia…”<br />
Con queste parole si apre uno<br />
degli sceneggiati più famosi della<br />
storia della televisione italiana:<br />
Sandokan. Capolavoro indiscusso<br />
del maestro Sergio Sollima, fu<br />
trasmesso dalla RAI per la prima<br />
volta nel 1976, riscuotendo un<br />
enorme successo di pubblico con<br />
un’audience di oltre 27 milioni di<br />
telespettatori.<br />
In occasione della manifestazione<br />
internazionale Roma Fiction Fest<br />
2015 si è voluto rendere omaggio<br />
al regista romano, scomparso un<br />
anno fa all’età di 94 anni, proiettando<br />
l’intera serie e organizzando<br />
una fantastica serata tributo<br />
con la reunion, un po’ come accade<br />
nel film Blues Brothers, del<br />
cast di Sandokan.<br />
L’evento è stato curato e presentato<br />
dal giornalista e critico<br />
cinematografico Marco Spagnoli,<br />
e per l’occasione sono intervenuti<br />
i figli di Sergio, Samanta e<br />
Stefano Sollima (regista del film<br />
“Suburra”, e delle note serie tv<br />
“Gomorra” e “Romanzo Criminale”),<br />
i figli di Adolfo Celi (Sir James<br />
Brooke nella serie) Alessandra e<br />
Leonardo, gli attori Carole Andrè<br />
(la perla di Labuan), Andrea<br />
Giordana (Sir Fitzgerald), Kabir<br />
Bedi (il protagonista Sandokan), i<br />
fratelli Guido e Maurizio De Angelis<br />
(conosciuti anche come gli<br />
Oliver Onions, compositori della<br />
famosa colonna sonora), Federico<br />
Scardamaglia (nipote del produttore<br />
della serie Elio Scardamaglia)<br />
e Fabrizio Caracciolo (costumista<br />
e decoratore di Sandokan).<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> era presente<br />
all’evento e di seguito riportiamo<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 43
alcuni degli interventi che hanno<br />
reso unica ed emozionante la serata<br />
organizzata presso il Cinema<br />
Adriano.<br />
- Perché scegliere Sandokan per<br />
ricordare Sergio Sollima.<br />
Stefano Sollima: “E’ sempre difficile<br />
individuare un film o, come in<br />
questo caso, una serie televisiva che<br />
sia rappresentativo dell’intero lavoro<br />
di un regista. Nel caso di Sandokan<br />
la scelta è stata facile, essendo<br />
un grandissimo prodotto di intrattenimento<br />
oltre che una serie colta e<br />
popolare. Rappresenta una sintesi<br />
dell’esperienze umane e professionali<br />
di Sergio, perché all’interno c’è<br />
il suo amore per l’avventura, per il<br />
genere senza compromessi, e c’è<br />
una parte del suo impegno politico<br />
di uomo di sinistra attraverso la storia<br />
di un eroe anti-imperialista che<br />
combatte contro il colonialismo.<br />
E’ un lavoro completo, fonte di ispirazione<br />
per gli altri registi/autori<br />
televisivi che si sono succeduti nel<br />
tempo. E’ stato un esempio di televisione<br />
che ci piacerebbe fare e<br />
che dovremmo fare, oltre che una<br />
grande produzione di altissimo livello,<br />
che non ha previsto nessun compromesso<br />
nel parlare ad un pubblico<br />
anche molto esteso.“<br />
- Se la RAI avesse proseguito la<br />
strada segnata da Sandokan, la<br />
strada delle grandi produzioni<br />
internazionali, in cui emergeva<br />
il talento di grandi artisti italiani,<br />
l’Italia avrebbe avuto un ruolo<br />
diverso nel mondo anche da un<br />
punto di vista televisivo?<br />
Stefano Sollima: “La RAI in realtà<br />
ha continuato a fare grandi produzioni.<br />
La cosa che mi colpiva, e<br />
che mi colpisce ancora oggi rivedendo<br />
Sandokan, è il coraggio. Era<br />
estremamente coraggiosa l’idea di<br />
fare una coproduzione che partiva<br />
dall’Italia, così come lo era la<br />
ricerca esasperata del realismo nel<br />
raccontare la storia. Ad esempio<br />
scegliere di non usare un attore<br />
italiano che si fingesse malese o indiano,<br />
per l’epoca era abbastanza<br />
rivoluzionario. Questo è l’elemento<br />
che rende la serie di Sandokan<br />
moderna ancora oggi. Di impianti<br />
produttivi di questo livello se ne<br />
44 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
sono fatti negli anni. Forse manca<br />
anche il coraggio di provare a sorprendere<br />
il pubblico.”<br />
- Il successo di Sandokan: impressioni<br />
da parte del cast.<br />
Carole André: “La RAI immaginava<br />
che sarebbe stata una cosa importante:<br />
Sandokan doveva essere<br />
la prima serie televisiva realizzata<br />
a colori. Poi il colore, un po’ come<br />
tutte le cose che accadono in Italia,<br />
ha subito un ritardo e la serie uscì<br />
per la prima volta in bianco e nero.<br />
Cosa che nessuno crede. Tutti se lo<br />
sono immaginati a colori!”<br />
Andrea Giordana: “Credo che uno<br />
dei più grandi motivi del successo<br />
di Sandokan sia dovuto al suo protagonista.<br />
Salgari ci<br />
ha raccontato di un<br />
personaggio con<br />
una vita difficile,<br />
con uno scopo, che<br />
subisce vessazioni<br />
e cerca di fare giustizia.<br />
Il pubblico<br />
italiano, e non solo,<br />
ama questo tipo<br />
di personaggi, in<br />
cui è facile immedesimarsi.<br />
Per me<br />
Sandokan è stato<br />
un viaggio straordinario<br />
in luoghi che<br />
non avevo mai visto<br />
prima, col fascino<br />
di quel cinema<br />
che consente all’attore<br />
di fare grandi<br />
esperienze umane,<br />
di scoprire cose<br />
nuove, di aumentare la sua cultura<br />
e di saziare la sua curiosità.<br />
Credo che le sensazioni che ho provato<br />
io siano state provate anche<br />
dal pubblico, che viaggiava insieme<br />
a noi alla ricerca di mondi sconosciuti,<br />
a fianco di questo straordinario<br />
personaggio.”<br />
Kabir Bedi: “Sandokan è stato uno<br />
dei più grandi eventi della televisione<br />
italiana. Merito del grandissimo<br />
cast e dell’enorme talento di<br />
Sergio Sollima, del produttore Elio<br />
Scardamaglia e dello scenografo e<br />
costumista Nino Novarese. E’ stata<br />
creata una vera è propria opera<br />
d’arte, che nel corso degli anni è<br />
stata apprezzata e goduta da tanti<br />
italiani. Questa serie ha stabilito<br />
nuovi standard tecnici: per esempio<br />
le scene sott’acqua, le scene di azione<br />
e le scene in mare. Cose che fino<br />
a quel momento non si erano mai<br />
viste nella televisione italiana.<br />
Emilio Salgari è stato uno dei più<br />
grandi scrittori di romanzi italiani<br />
da cui sono stati tratti film e sceneggiati,<br />
e sebbene sia diventato<br />
popolare soltanto dopo la morte,<br />
l’eredità che ha lasciato è andata<br />
avanti grazie alla visione di Sergio<br />
Sollima, alla sceneggiatura da lui<br />
scritta, al modo con cui ha diretto<br />
questa serie, e anche grazie al cast<br />
e alle persone che ha scelto per<br />
metterla in scena.<br />
Ha creato un evento monumentale,<br />
e io non posso che essergli grato<br />
in eterno per avermi scelto per la<br />
parte del protagonista. Sergio mi ha<br />
offerto una carriera internazionale,<br />
che non si è fermata solo all’Europa<br />
ma mi ha danto la spinta per<br />
andare in America e partecipare a<br />
famose produzioni d’oltreoceano.<br />
Sono stato il primo attore di Bollywood<br />
che ha avuto una carriera<br />
di questo livello.”<br />
- Come fu scelto Kabir Bedi per<br />
il ruolo di Sandokan?<br />
Kabir Bedi: “Sollima, Scardamaglia<br />
e Novarese, dopo aver concordato<br />
che Sandokan sarebbe stato interpretato<br />
da un attore asiatico, pianificarono<br />
di fare un giro in dieci<br />
città dell’Asia. Arrivati a Bombay,<br />
la prima tappa del tour, sono stato<br />
il primo attore che hanno incontrato.<br />
Nino Novarese disse a Sergio<br />
che pensava io fossi quello giusto e<br />
Sergio gli rispose che anche lui ave-<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 45
va la stessa impressione ma prima<br />
sarei dovuto andare a Roma per<br />
il provino. Elio Scardamaglia, da<br />
buon produttore, aggiunse: “A questo<br />
punto ce ne possiamo tornare<br />
a casa! Il giro delle città è finito!”<br />
ma Sergio rispose “No! Dobbiamo<br />
continuare a viaggiare e cercare il<br />
migliore attore per Sandokan!”. Alla<br />
fine venni a Roma, feci il provino<br />
ed ottenni il ruolo.”<br />
- L’importanza della colonna sonora.<br />
Come è nato il tema di<br />
Sandokan?<br />
Guido De Angelis: “Fummo chiamati<br />
da Sergio Sollima e da Elio<br />
Scardamaglia per realizzare la colonna<br />
sonora della serie. Sergio ci<br />
diede delle indicazioni precise circa<br />
quello che voleva, specialmente per<br />
le sigle di testa e di coda.<br />
Partorimmo così il tema di Sandokan.<br />
Ricordiamo bene il giorno in cui<br />
riunimmo la produzione e davanti ad<br />
un dirigente RAI iniziammo a cantare<br />
dal vivo il tema: «Sandokaaaaaan!!!...<br />
Sandokaaaaan!!!». E’ inutile dire che<br />
per il dirigente<br />
della RAI ci<br />
voleva un rianimatore<br />
mentre<br />
Sergio faceva<br />
l’occhiolino a<br />
noi e a Elio:<br />
“Vabbè sentiamo…”<br />
Gli cantammo<br />
il resto della<br />
canzone e tutta<br />
la colonna<br />
sonora. Arrivò<br />
poi il momento<br />
della messa in<br />
onda. Il giorno<br />
dopo il<br />
nostro amico<br />
Goffredo Lombardo<br />
(il noto<br />
produttore cinematografico)<br />
mi chiamò al<br />
telefono insultandomi<br />
in<br />
modo incredibile:<br />
“Che cosa<br />
avete fatto!<br />
Sarà l’insuccesso della serie... che<br />
significano ste grida Sandokan! Sandokan!”<br />
Riuscii solo a dirgli che a<br />
noi era stato chiesto di riprodurre<br />
un segnale, una chiamata dalla foresta<br />
per quelli che stanno ancora<br />
in cucina a preparare la cena e che,<br />
sentendolo, si sarebbero fiondati<br />
davanti alla TV per vedere lo sceneggiato.<br />
Per tutta risposta Goffredo<br />
mi riattaccò il telefono in faccia.<br />
Lo rincontrai dopo 5 settimane davanti<br />
ad un buffet allestito per una<br />
manifestazione, si avvicinò e mi dis-<br />
46 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 47
se: “E vabbè, avevi ragione tu.”<br />
Maurizio De Angelis: “In effetti ci fu<br />
una richiesta precisa da parte di Sergio<br />
Sollima. Lui voleva identificare in<br />
qualcosa di sonoro, di acustico, un richiamo<br />
della foresta che fosse messo<br />
in musica per solleticare l’attenzione<br />
delle persone che in quel momento<br />
stavano a casa, e che magari avevano<br />
bisogno di un segnale forte per<br />
cambiare i programmi della serata.<br />
Quindi l’idea che ci è venuta, da<br />
mettere in musica, è stata quella di<br />
un urlo realizzato attraverso un coro.<br />
Non c’erano ancora<br />
i computer e non<br />
c’era la possibilità di<br />
manipolare la musica,<br />
come si può fare<br />
oggi, quindi bisognava<br />
suonare dal vivo,<br />
con tutte le difficoltà<br />
del caso. La serie<br />
di Sandokan è stato<br />
un grande successo<br />
internazionale. Della<br />
colonna sonora<br />
sono stati venduti<br />
circa 6 milioni di<br />
dischi, e in Italia abbiamo<br />
sfiorato il disco<br />
d’oro con quasi<br />
un milione di copie.”<br />
- Andrea Giordana<br />
e l’aneddoto<br />
delle cassa di tazzine<br />
da thè.<br />
Andrea Giordana:<br />
“Per me la serie è<br />
stata una grande<br />
opportunità. Il mio<br />
personaggio non lo<br />
considero come il nemico di Sandokan,<br />
bensì come quello che sta<br />
dall’altra parte della barricata, l’antagonista.<br />
Per quanto riguarda le riprese posso<br />
raccontarvi il seguente aneddoto:<br />
prima dell’inizio della lavorazione<br />
ero in attesa che nascesse mio figlio<br />
Luchino; mancavano due o tre giorni,<br />
Elio Scardameglia mi chiamò dicendomi<br />
che dovevo partire perché<br />
ero di prima scena con Adolfo Celi e<br />
non si poteva assolutamente rimandare.<br />
Partii, da una parte molto<br />
triste perché non potevo assistere<br />
alla nascita di mio figlio, dall’altra<br />
entusiasta per l’esperienza che mi<br />
apprestavo a fare.<br />
Arrivati sul posto attendemmo che<br />
arrivasse la cassa dei costumi di<br />
Annamode ma, ironia della sorte, il<br />
giorno dopo al suo posto arrivò una<br />
cassa piena di tazzine di thè cinesi.<br />
Abbiamo dovuto aspettare 10 giorni<br />
prima di iniziare le riprese, il tempo<br />
di rifare e farci nuovamente arrivare<br />
i costumi. Nel frattempo mio figlio<br />
era nato...”<br />
48 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 49
ARTE E TECNOLOGIA<br />
Dove la scienza abbraccia la fantasia.<br />
di Giorgia Marchetti e Chiara Gonfintini<br />
A<br />
rte e Tecnologia<br />
insieme? Non può<br />
essere altrimenti:<br />
ambedue intridono<br />
la nostra vita in lungo e largo, in<br />
ogni direzione e in qualsiasi momento.<br />
La tecnologia così scientifica,<br />
fredda, digitale. E l’arte, dal canto<br />
suo, così emotiva calda, primitiva.<br />
Troppo diverse eppure intrecciate,<br />
strette, legate una all’altra.<br />
Adesso. E da sempre.<br />
Già il termine “tecnologia”, in sé,<br />
lo porta scritto. Tékhne e Logos:<br />
arte e discorso, o discorso sull’arte.<br />
Al di là delle etimologie, storicamente,<br />
fin dall’età della pietra<br />
lo sviluppo dell’attività artistica<br />
è stato in stretto rapporto con<br />
la tecnologia. Le pareti delle caverne,<br />
che sorprendentemente<br />
sono arrivate fino ai nostri giorni,<br />
i loro graffiti, i colori vivi che<br />
hanno conservato fino a noi altro<br />
non sono che la creazione artistica<br />
che incontra la lavorazione<br />
affilata della pietra per graffiare,<br />
e l’opaco delle tinte naturali abilmente<br />
cosparse sulle pareti.<br />
E’ scienza la chimica dei pigmenti<br />
che reagiscono e che ci permettono<br />
oggi, presi dalla fantasia frenetica,<br />
di aprire il vasetto di acrilico<br />
senza neanche domandarci<br />
da dove venga il colore. Che ci<br />
consente di scegliere stoffe da indossare<br />
senza chiederci da dove<br />
provengano, di guardarci intorno<br />
e trovare un mondo colorato e<br />
non in bianco e nero.<br />
E’ scienza la ricerca delle proporzioni<br />
che ha restituito<br />
anatomie e tridimensionalità<br />
50 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
anche nel bidimensionale. E lo<br />
studio delle luci e delle ombre<br />
che avvolgono le cose, che su di<br />
esse scendono e si riflettono<br />
per lasciarci l’impressione<br />
di essere<br />
vivi.<br />
Così il nodo tra<br />
tecnologia e arte è<br />
stato stretto ancora di più<br />
nel Rinascimento, e con Leonardo,<br />
esempio su tutti di<br />
artista, scienziato e progettista.<br />
L a<br />
sua opera è un continuo<br />
intreccio tra arte, scienza<br />
e tecnologia, al servizio dei<br />
più disparati campi della conoscenza.<br />
Con la velocità - sempre maggiore<br />
la velocità alla quale siamo<br />
abituati per gli sviluppi del<br />
nostro tempo - tutto è andato<br />
complicandosi e arte e tecnologia,<br />
prima legati, sono andati<br />
a sovrapporsi, hanno sgomitato<br />
e si sono mischiate fino a confondersi<br />
e a far perdere le loro<br />
tracce originarie nella cultura<br />
della comunicazione di massa.<br />
Nella realtà attuale sempre più<br />
strumenti tecnologici sono al<br />
servizio dell’attività artistica, che<br />
si trasforma e si palesa utilizzando<br />
mezzi sempre nuovi, e<br />
sempre più l’arte permea<br />
la tecnologia, dando colore<br />
e forma ai suoi ingranaggi, alle<br />
sue regole e ai pixel infinitesimali<br />
dei suoi schermi.<br />
Google DevArt è un esempio<br />
calzante del nostro tempo: una<br />
galleria d’arte, fisica ma anche<br />
tecnologica e interattiva, in cui<br />
sono esposte opere ispirate a/e<br />
dalla tecnologia e che di tecnologia<br />
nascono e si nutrono. E’ possibile<br />
accedervi con piedi anche<br />
non fisici, digitando su una tastiera<br />
pigmentata che ci connette al<br />
fuori, pur restando dentro, soltanto<br />
DevArt.<br />
E se ancora non bastasse ecco<br />
che arriva la collaborazione tra la<br />
Biennale di Venezia e Google.<br />
Collegandosi all’indirizzo web<br />
https://www.google.com/culturalinstitute/browse/?projectId=la-biennale-di-venezia<br />
è possibile vedere<br />
le oltre 4.000 opere contenute<br />
nelle diverse collezioni e selezionare<br />
le preferite per creare una<br />
vera e propria galleria personale.<br />
C’è anche la possibilità, attraverso<br />
l’uso di una App, di fare un<br />
tour virtuale della mostra.<br />
La fantasia e la scienza si abbracciano,<br />
oggi come sempre e anche<br />
di più. Le abbiamo intorno, insieme,<br />
confuse, dovunque giriamo<br />
gli occhi. Per la strada, sui manifesti,<br />
sulle stoffe che indossiamo,<br />
nei libri che leggiamo e in quelli<br />
che non ci interessano. In ogni angolo<br />
delle nostre case, illuminate<br />
e buie. Nelle cose più tradizionali<br />
e negli strumenti più innovativi<br />
che abbiamo ogni momento tra<br />
le mani. In quelle serie e profonde<br />
e in quelle che ci divertono.<br />
E nelle nostre vite, che percorriamo<br />
insieme a loro e al loro servizio.<br />
Nella foto:<br />
AGONI-A,<br />
installazione di Laura Ambrosi,<br />
metacrilato, metallo, tubo in gomma.<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 51
www.flickr.com/photos/brontolones_pictures/<br />
email: salvatorebrontolone@gmail.com<br />
52 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
1 a Classificata 21°Selezione<br />
Novembre 2015<br />
1 a Classificata 22°Selezione<br />
Dicembre 2015<br />
Ogni mese la Redazione selezionerà una serie di immagini che saranno pubblicate su<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>, sul sito web e sulla pagina Facebook della rivista.<br />
Le foto, che dovranno essere in formato jpeg e senza watermark o scritte,<br />
vanno inviate alla casella e-mail: orizzontemagazineit@gmail.com<br />
corredate di nome e cognome dell’autore e di una breve didascalia.<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 53
1° Classificato<br />
4° Classificata<br />
54 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong><br />
7° Classificata<br />
8° Classificata
2° Classificato<br />
3° Classificato<br />
5° Classificato<br />
6° Classificato<br />
9° Classificato<br />
10° Classificata<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 55
1° Classificata<br />
56 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong><br />
4° Classificata ex equo 4° Classi
2° Classificata 3° Classificata<br />
ficata ex equo<br />
5° Classificata<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 57
Gli antichi mestieri:<br />
IL BARBIERE<br />
di Filippo Latella<br />
N<br />
el nostro viaggio tra<br />
gli antichi mestieri,<br />
questa volta tocca a<br />
un mestiere che va<br />
oltre la pura e semplice attività; sì,<br />
perché il salone da barba diventa<br />
spesso testimone e protagonista<br />
della vita dei clienti. Don Mimmo<br />
da oltre mezzo secolo è barbiere<br />
di professione: una lunga carriera<br />
tra forbici, rasoi, barbe e capelli.<br />
Lo abbiamo intervistato nel suo<br />
salone, a Reggio Calabria.<br />
Don Mimmo, da quanto tempo<br />
svolge questo mestiere?<br />
Sono barbiere da circa 60 anni e in<br />
questo negozio dal 15 ottobre del<br />
1965. Oggi faccio solo compagnia<br />
a mio figlio.<br />
In precedenza dove ha lavorato?<br />
Dopo il servizio militare ho lavorato<br />
prima a Parigi, dal 1958 al 1960, in<br />
seguito ho esercitato presso diversi<br />
barbieri della città.<br />
Utilizzava gli stessi strumenti di<br />
lavoro in Francia?<br />
In pratica si, la strumentazione era<br />
identica. Era il resto che aveva molto<br />
più fascino: Pigalle, la Gare de<br />
Lyon, gli Champs Èlysées, la Tour<br />
Eiffel… Un’epoca d’oro.<br />
In quegli anni a Parigi andava di<br />
58 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
moda qualche taglio particolarmente<br />
richiesto dai suoi clienti?<br />
Contrariamente agli italiani che,<br />
come oggi, seguivano le tendenze<br />
dell’epoca, i clienti parigini non chiedevano<br />
tagli particolari, alla moda.<br />
Mentre il nostro amico ricorda<br />
divertenti aneddoti degli anni parigini,<br />
all’interno del “salon de coiffure”<br />
prosegue il viavai di clienti<br />
che interrompe il racconto. Così<br />
mi guardo intorno e scopro una<br />
straordinaria collezione di antichi<br />
strumenti del mestiere: forbici,<br />
pennelli, rasoi, affilarasoi, testimoni<br />
di storie di vita che solo un<br />
barbiere può conoscere.<br />
Dal passato al presente il passo è<br />
breve. Dopo una vita dedicata ai<br />
clienti, Don Mimmo ha da poco<br />
ceduto forbici e pettine al figlio<br />
Antonino. «Ormai il barbiere è lui»,<br />
afferma con un sorriso. Così faccio<br />
una chiacchierata con il nuovo<br />
“proprietario” mentre serve un<br />
cliente.<br />
Antonino, tu sei figlio d’arte, da<br />
quanto fai questo mestiere?<br />
Dal 2006, il lavoro il barbiere è diventato<br />
la mia professione. Proseguo<br />
la tradizione di famiglia.<br />
Hai imparato il mestiere da tuo<br />
padre?<br />
Mio padre mi ha insegnato molto<br />
ma prima di iniziare a lavorare a<br />
suo fianco ho frequentato per tre<br />
anni una scuola di formazione. Da<br />
un lato studiavo, dall’altro imparavo<br />
sul campo da mio padre.<br />
Oggi porti tu avanti l’attività…<br />
Sì, ormai il salone lo porto avanti io,<br />
cercando mantenere la tradizione e<br />
il clima di un tempo con una ventata<br />
di innovazione. Conservo, infatti,<br />
la vecchia clientela che nel tempo si<br />
rinnova: i figli dei nostri “aficionados”<br />
sono diventati clienti a loro volta.<br />
Antonino è impegnato in un taglio,<br />
altri persone sono in attesa.<br />
Il nostro viaggio nel mondo dei<br />
barbieri finisce qui. Prima di lasciare<br />
il salone, però, noto una tabella<br />
d’abbonamento che i barbieri in<br />
passato mettevano a disposizione<br />
dei clienti che usufruivano quotidianamente<br />
dei loro servizi.<br />
Altri tempi, altre storie. Alla prossima!<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 59
MAURIZIO FERRI<br />
Mi chiamo Maurizio Ferri... sono nato a Gambara... un paesino della bellissima provincia<br />
di Brescia, ho 56 anni e pur non avendo frequentato nessun corso fotografico<br />
formativo o di base mi sono avventurato nel mondo della fotografia affidandomi ad<br />
una tecnica non facile e adottata da pochi uomini che io sappia... se non a scopo puramente<br />
di lavoro e/o pubblicitario... e stò parlando dell’arte dello STILL LIFE a cui sono<br />
morbosamente affezionato per non dire di più... Ho appreso molto dal mondo della<br />
pittura e seguendo passo passo fotografia e pittura ne ho creato una FUSIONE... affinando<br />
nel tempo una tecnica che mi consente l’espressione mia e vera... dedico il mio<br />
tempo libero alla composizione e al paesaggio che di solito interpreto nella ruralità<br />
lombarda e di paese... facendo delle mie foto la fonte dei sapori e delle luci di un tempo<br />
che riportare ad oggi non è certo facile... la mostra che questo mio amatissimo sito<br />
mi consente è puramente da autodidatta mostrando, come dicevo, l’essenziale della<br />
vita la povertà e la semplicità che si è dimenticata nel tempo... mi auguro si apprezzi il<br />
modo di espressione e l’umiltà con cui l’affronto.<br />
60 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong><br />
email: maurizioferri@hotmail.com
il cocktail di gamberetti<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 61
il cocktail<br />
di gamberetti<br />
di Ornella Mirelli<br />
A<br />
partire dagli anni ’70<br />
in Italia non esisteva<br />
cena o ricevimento di<br />
un certo rilievo che<br />
non iniziasse col cocktail di gamberetti.<br />
Lo servivano ovunque, al<br />
pranzo di matrimonio e al meeting<br />
del Club Service, nelle occasioni<br />
mondane e nelle cene di<br />
gala; quando mancava voleva dire<br />
che l’occasione non era importante,<br />
ma quando c’era, i piccoli<br />
crostacei, annegati in salsa rosa e<br />
adagiati su una croccante foglia di<br />
lattuga, giungevano in tavola nelle<br />
loro coppe di cristallo introducendo<br />
il pasto come premessa e<br />
promessa di prossime golosità.<br />
Il fenomeno giungeva a noi dall’America,<br />
dove naturalmente si era<br />
sviluppato molto prima. Ricordando<br />
il tempo dei suoi <strong>12</strong> anni<br />
Marian Burros così scriveva sul<br />
NewYork Times del <strong>12</strong> novembre<br />
1987: “Un cocktail di gamberetti<br />
prima di cena era l’ultima<br />
stravaganza, e se poi era seguito<br />
da una bistecca o da un astice con<br />
le decorazioni di burro voleva dire<br />
che il pasto era un’occasione<br />
speciale”, ma già quindici anni pri-<br />
62 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
ma James Beard ne aveva riconosciuto<br />
la popolarità, scrivendo su<br />
American Coockery che “non c’è<br />
antipasto così popolare come un<br />
cocktail di gamberetti in abbondante<br />
salsa”.<br />
Come nasca questa ricetta non è<br />
chiaro; una leggenda ne fa risalire<br />
l’origine al 1860, quando un minatore<br />
di S. Francisco, non si sa bene<br />
in base a quale raptus, immerse<br />
alcune ostriche nel ketchup.<br />
L’episodio è riportato nel “The<br />
Dictionary of American Food<br />
and Drink” da John Mariani, che<br />
continua rilevando che intorno al<br />
1984 lo chéf Ernest Arbogast del<br />
Palm Court, presso il Palace Hotel<br />
di S. Francisco, utilizzava una<br />
salsa cocktail simile a quella attuale<br />
per un piatto chiamato “Ostriche<br />
Kirkpatrick”. Sostanzialmente<br />
il cocktail di gamberetti sarebbe<br />
una variante di questo piatto.<br />
Continua la collaborazione<br />
di <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> con<br />
Ammodomio, uno fra i più seguiti<br />
blog di cucina del web.<br />
Ammodomio è all’indirizzo<br />
www.ammodomio.blogspot.it<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 63
Naturalmente nel tempo per<br />
questa preparazione sono state<br />
utilizzate salse diverse. Già nel<br />
1893 lo chéf Charles Ranhofer<br />
sull’Epicureo, un’enciclopedia culinaria<br />
franco-americana, suggeriva<br />
una miscela di aceto, peperoncino,<br />
aglio, scalogno, succo di limone<br />
e pomodoro; dal suo canto James<br />
Beard sosteneva che “alcuni<br />
ristoranti stanno imparando che<br />
per questo piatto vanno bene<br />
anche altre salse”, proponendo<br />
vinaigrette, maionese al curry o<br />
salsa di senape. Lo chéf Larry Forgione,<br />
proprietario di An American<br />
Place a Manhattan, prepara il<br />
cocktail di gamberetti utilizzando<br />
rafano grattugiato e il succo di<br />
limone fresco, ma c’è anche chi,<br />
invece del ketchup, utilizza salsa<br />
di peperoncino, salsa Worcestershire,<br />
oppure peperoncino e<br />
limone.<br />
Un’ampia varietà di preparazioni,<br />
quindi, alle quali mi sembra giusto<br />
aggiungere la versione “ammodomio”,<br />
che vi riporto sotto.<br />
Il Cocktail di gamberetti<br />
Ingredienti<br />
300 gr di gamberetti già sgusciati ed<br />
eviscerati<br />
1/2 mela gialla<br />
un piccolo cuore di sedano<br />
rucola q.b.<br />
1 limone<br />
una foglia di alloro<br />
sale e pepe q.b.<br />
per la finta salsa rosa:<br />
3 cucchiai di maionese<br />
1 cucchiaio di ketchup<br />
1 goccetto di brandy<br />
Lessare i gamberetti per 3 minuti<br />
in acqua salata aromatizzata con<br />
la foglia di alloro. Condirli subito<br />
con succo di mezzo limone ben<br />
freddo e pepe macinato al momento;<br />
tagliare la mela a dadini,<br />
sfilacciare e affettare sottile il cuore<br />
di sedano, spezzettare un po’<br />
di rucola. Condire con sale, pepe,<br />
succo di limone e mescolare ai<br />
gamberetti. Preparare la “finta”<br />
salsa rosa, unendo il ketchup alla<br />
maionese e profumando con un<br />
goccetto di brandy. Metterne un<br />
paio di cucchiai nella ciotola, con<br />
gli altri ingredienti già preparati, e<br />
tenere tutto in frigo. Solo poco<br />
prima di servire, porre sul fondo<br />
dei bicchieri altra rucola fresca,<br />
spezzettata al momento, quindi il<br />
cocktail di gamberetti e sopra la<br />
salsa rimasta.<br />
64 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
Studio Vangi<br />
commercialisti in Modugno<br />
via S. Teresa, 14 - 70026 Modugno (BA)<br />
www.studiovangi.it<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 65
dieta vegana: scelta etica<br />
o fanatismo alimentare?<br />
di Sabrina Rosa<br />
I<br />
l 1 Novembre 2015 si è celebrato<br />
in tutto il mondo il<br />
World Vegan Day, ossia la<br />
giornata dedicata alla “scelta<br />
di vita vegana”, in ricordo della<br />
fondazione della prima società vegana,<br />
nata a Londra nel 1944 proprio<br />
in questa giorno, promossa<br />
da Donald Watson, con la collaborazione<br />
di Elsie Shrigley.<br />
Ho usato non casualmente il termine<br />
scelta, proprio perché il tema<br />
dell’essere o meno vegani è, al<br />
momento, uno tra i più dibattuti.<br />
Infatti, se da una parte si difende<br />
a spada tratta il benessere animale,<br />
l’impostazione di una dieta e<br />
di un’esistenza totalmente cruelty<br />
free, dall’altra si etichettano i vegani<br />
come “fanatici”, “estremisti”<br />
assertori di una presa di posizione<br />
anche contro natura, perché<br />
“da sempre l’uomo beve latte e<br />
mangia le uova, quindi che male c’è<br />
nel continuare a farlo?”.<br />
Cominciamo dall’inizio, altrimenti<br />
qualche lettore potrebbe perdersi<br />
nell’argomento ancor prima di<br />
prepararsi ad affrontarlo.<br />
Fondamentalmente essere vegano<br />
significa riconoscere la capacità<br />
di provare emozioni e di essere<br />
senzienti per tutti gli animali,<br />
66 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
senza alcuna distinzione di razza<br />
e/o di specie e, di conseguenza,<br />
rifiutare di nutrirsi non solo con<br />
carne e pesce, ma anche con<br />
qualsiasi alimento di origine animale<br />
(uova, latte, formaggi, ecc..).<br />
La scelta di mantenere<br />
sulla propria tavola<br />
esclusivamente prodotti<br />
di derivazione vegetale<br />
è dettata da una duplice<br />
motivazione: il rifiuto<br />
dello sfruttamento di altri<br />
esseri viventi e la volontà<br />
di difendere il pianeta dal<br />
progressivo, irreversibile<br />
e - a detta degli studiosi -<br />
ormai insanabile peggioramento<br />
dell’inquinamento<br />
ambientale.<br />
Ma procediamo con ordine.<br />
E’ vero che l’uomo da<br />
sempre si nutre di latte<br />
vaccino e di uova, nonché<br />
di prodotti preparati partendo<br />
da questi alimenti<br />
animali, ma è altresì vero<br />
che, mentre un tempo i<br />
bovini potevano pascolare<br />
liberamente e produrre<br />
latte per nutrire anche i<br />
propri cuccioli, oggi questo<br />
non avviene quasi più.<br />
Infatti, gli allevamenti intensivi<br />
tendono alla massimizzazione<br />
dei profitti, a discapito<br />
delle condizioni di vita delle vacche,<br />
che trascorrono buona parte<br />
della loro esistenza rinchiuse in recinti,<br />
all’interno dei quali possono<br />
a mala pena spostarsi di pochissimi<br />
centimetri; inoltre vengono<br />
sottoposte a fecondazione artificiale,<br />
non appena partoriscono<br />
sono allontanate dai vitellini (così<br />
da non far attaccare ai capezzoli i<br />
neonati, per evitare poi problemi<br />
nella mungitura) e, una volta finito<br />
il proprio ciclo produttivo, sono<br />
destinate al macello.<br />
Vedere fotografie e filmati sull’organizzazione<br />
di questi allevamenti<br />
non è difficile, basta andare in<br />
rete e se ne trovano a decine.<br />
Inoltre gli attivisti del fronte animalista<br />
vanno scattando foto<br />
all’interno di queste strutture,<br />
per cui le pubblicazioni cartacee,<br />
quindi accessibili anche a chi non<br />
è pratico di internet, sono ormai<br />
presenti sugli scaffali di qualsiasi<br />
libreria.<br />
Stessa denuncia dello sfruttamento<br />
animale, viene sollevata<br />
dai vegani rispetto alle<br />
uova. Da anni si parla,<br />
ormai, degli allevamenti<br />
intensivi di pollame, delle<br />
condizioni di vita a cui<br />
sono sottoposti i pulcini<br />
fino a quando non diventano<br />
adulti: luce e<br />
alimentazione forzate,<br />
taglio del becco, immobilità,<br />
produzione continua<br />
di uova e, alla fine, stessa<br />
destinazione delle vacche:<br />
il macello. In realtà ai<br />
maschi va anche peggio,<br />
perché vengono gettati<br />
ancora vivi nel tritacarne,<br />
laddove sono in soprannumero.<br />
Proprio per tali motivazioni<br />
dire di no a latte,<br />
uova e loro derivati,<br />
significa dire di no allo<br />
sfruttamento incondizionato<br />
degli animali, alle loro<br />
sofferenze e anche alla<br />
loro morte forzata, dopo<br />
una vita passata solo a<br />
produrre qualcosa per il genere<br />
umano.<br />
Ma c’è di più. La scelta alimentare<br />
vegana è dettata anche dalla<br />
ferma volontà di ridurre l’inquinamento<br />
ambientale, dovuto in massima<br />
parte alla presenza degli allevamenti<br />
stessi (il 18% dell’anidride<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 67
carbonica e di molti gas responsabili<br />
dell’effetto serra sono prodotti<br />
dal processo di ruminazione dei<br />
bovini, di conseguenza un allevamento<br />
intensivo e massificato non<br />
fa altro che incrementare<br />
le lesioni atmosferiche)<br />
e al settore dei<br />
trasporti, che veicola<br />
gli animali ancora in vita<br />
o le loro carni o i loro<br />
prodotti da una parte<br />
all’altra del pianeta.<br />
Inutile dire che non è<br />
la tavola l’unico terreno<br />
di confronto. Chi segue<br />
uno stile di vita vegano<br />
rifiuta anche qualsiasi<br />
indumento o accessorio<br />
di origine animale,<br />
come anche gli spettacoli<br />
in cui vengono portate<br />
in scena forme di<br />
sfruttamento.<br />
Buona parte dell’opinione<br />
pubblica tende<br />
ad etichettare tutto<br />
ciò come una “moda<br />
del momento”. Ma si sa<br />
dalla sociologia che le<br />
mode, per essere definite tali,<br />
devono necessariamente avere la<br />
connotazione della transitorietà.<br />
Essendo nata nel 1944, la filosofia<br />
vegan di certo non può definirsi<br />
né passeggera, né tantomeno,<br />
effimera. Tra non molto compirà,<br />
infatti, un secolo di storia, quindi<br />
è ben radicata nello spazio e nel<br />
tempo. Inoltre, gli studi pubblicati<br />
proprio nel mese di ottobre, condotti<br />
dall’Organizzazione Mondiale<br />
della Sanità (O.M.S.) sulla<br />
correlazione esistente tra l’insorgenza<br />
dei tumori e l’uso eccessivo<br />
di carni rosse (soprattutto quelle<br />
trattate) non fa altro che avvalorare<br />
alcune scelte a tavola.<br />
Moltissimi personaggi del mondo<br />
dello spettacolo, ma anche dello<br />
sport, con il passare degli anni<br />
hanno abbandonato l’alimentazione<br />
a base di prodotti animali,<br />
scegliendo quella vegan (dell’alimentazione<br />
vegana in senso<br />
stretto vi parleremo, però, più<br />
approfonditamente nel prossimo<br />
numero della rivista).<br />
Tra questi ricordiamo, in ambito<br />
internazionale, Sinéad O’Connor,<br />
Beyoncé, Joaquin Phoenix, Leonardo<br />
Di Caprio, Pamela Anderson,<br />
Gwyneth Paltrow, Carl Lewis,<br />
Usher, Bill Clinton, Natalie Portman,<br />
Alanis Morisette, Brad Pitt,<br />
Mike Tyson, Martina Navratilova<br />
e, per arrivare in casa<br />
nostra, Dino Baggio, Jovanotti,<br />
Red Ronnie, Red<br />
Canzian, Loredana Cannata,<br />
Fabio de Luigi, Massimo<br />
Wertmuller, Claudia<br />
Zanella, Paola Maugeri,<br />
Ivan cattaneo, Gatto Panceri<br />
e molti altri ancora.<br />
Il rispetto della vita passa,<br />
dunque, oggi proprio attraverso<br />
la tavola? Molti<br />
non sono d’accordo con<br />
quest’affermazione…<br />
molti sostengono che si<br />
tratta solo di un fenomeno<br />
momentaneo…<br />
molti parlano di tempi<br />
non ancora maturi…<br />
“Una critica comune è<br />
che il tempo non è ancora<br />
maturo per la nostra riforma.<br />
Può mai il tempo essere<br />
maturo per qualsiasi<br />
riforma... a meno che non<br />
sia maturato da determinazione<br />
umana?” Con queste parole di<br />
Donald Watson vi diamo appuntamento<br />
al prossimo numero.<br />
Un grazie infinito da parte di<br />
tutta la redazione di <strong>Orizzonte</strong><br />
<strong>Magazine</strong> e da parte mia, in particolare,<br />
a Loredana Cannata e a<br />
Massimo Wertmuller per averci<br />
concesso l’utilizzo delle loro foto,<br />
quali testimonial di una scelta di<br />
vita cruelty free.<br />
68 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
OUROBOROS<br />
Rassegna trimestrale di Studi Tradizionali<br />
E’ possibile leggerlo gratuitamente all’indirizzo:<br />
http://www.orizzontemagazine.it/orizzontegroup/ouroboros/<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 69
RISOTTO DI NATALE<br />
di Fabrizio Capra<br />
“N<br />
atale con i tuoi”, dice<br />
il proverbio e il<br />
Natale passato in<br />
famiglia deve soprattutto<br />
rispecchiare le tradizioni,<br />
compreso quelle culinarie.<br />
Natale è per antonomasia il momento<br />
dell’anno dove il calore<br />
della casa si fonde con gli altri<br />
componenti di questa festività:<br />
albero, presepe, regali, cenone<br />
della vigilia e pranzo di Natale.<br />
Ormai, però, per questa festa si<br />
cerca di proporre in tavola pietanze<br />
inconsuete: quelli che una<br />
volta erano i “piatti natalizi” oggi<br />
si consumane ogni giorno ma un<br />
ritorno alle tradizioni, in particolare<br />
nel giorno più atteso dell’anno<br />
sia da grandi sia da piccini, merita<br />
comunque attenzione.<br />
Spazio quindi ai sapori tradizionali.<br />
La proposta di oggi di <strong>Orizzonte</strong><br />
<strong>Magazine</strong> arriva dal Piemonte,<br />
dalla provincia di Alessandria per<br />
la precisione, e si rifà a quella che<br />
una volta era una ricchezza delle<br />
famiglie contadine e che oggi è<br />
un piatto prelibato e originale da<br />
proporre per il pranzo o la cena<br />
di Natale.<br />
Tutti gli ingredienti principali provengono<br />
dalla tradizione contadina:<br />
salsiccia, fegatini e durelli di<br />
pollo, prodotti che una volta non<br />
erano così nobili.<br />
Anche lo zafferano da alcuni anni<br />
si coltiva con successo in provincia<br />
di Alessandria e alcune aziende lo<br />
producono addirittura biologico.<br />
La ricetta che presentiamo è il<br />
“Risotto di Natale”, proposta da un<br />
70 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
grande maestro di cucina, Beppe<br />
Sardi, del ristorante Il Grappolo<br />
di Alessandria, uno degli chef più<br />
apprezzati non solo in Piemonte<br />
ma a livello nazionale, e non solo.<br />
Beppe Sardi è un istrionico artefice<br />
della cucina alessandrina ed<br />
è autore di numerose pubblicazioni,<br />
forte della sua esperienza e<br />
della grande conoscenza che ha<br />
delle materie prime e del loro<br />
utilizzo.<br />
Beppe ha partecipato a noti programmi<br />
enogastronomici televisivi<br />
- Eat Parade, Mela Verde, Sapori<br />
e Piaceri, <strong>Magazine</strong> TV, Gambero<br />
Rosso - è intervenuto in manifestazioni<br />
enogastronomiche in Italia<br />
e nel mondo ed è insegnante<br />
in numerose scuole di cucina.<br />
Infine Beppe Sardi si può definire<br />
un grande maestro del risotto,<br />
del quale è ambasciatore nel<br />
mondo.<br />
RISOTTO DI NATALE<br />
Ingredienti per 6 persone:<br />
500 gr di salsiccia di maiale<br />
1 cipolla di media grandezza<br />
2 coste di sedano<br />
Mezza carota<br />
2 spicchi di aglio<br />
2 fegatini di pollo<br />
3 durelli di pollo (già cotti)<br />
Rosmarino<br />
2 bustine di zafferano<br />
Olio q.b.<br />
Parmigiano q.b.<br />
500gr di riso<br />
Preparazione<br />
Per il sugo<br />
Tritate cipolla, carota e sedano,<br />
fate appassire con un po’ d’olio e<br />
qualche foglia di alloro. Una volta<br />
appassito il fondo di cottura, versate<br />
la salsiccia precedentemente<br />
sgranata e fate cuocere. A metà<br />
cottura versate i fegatini e i durelli<br />
tritati al tritacarne, quindi bagnate<br />
con il vino bianco e fate evaporare.<br />
Completate la cottura con<br />
un po’ di brodo vegetale. Finite il<br />
sugo con zafferano e rosmarino<br />
tritato.<br />
Per il risotto<br />
Preparate un brodo vegetale oppure<br />
un brodo di sola gallina. Fate<br />
tostare a fuoco lento il riso con<br />
un po’ di olio, una volta tostato<br />
bagnate con il vino bianco secco<br />
e fate evaporare molto bene.<br />
Quando il vino è evaporato, bagnate<br />
il riso col brodo bollente<br />
poco per volta, appena sopra la<br />
superficie. Giunti a metà cottura<br />
aggiungete il sugo precedentemente<br />
preparato. Ultimata la cottura<br />
mantecate con parmigiano<br />
reggiano e servite in una fondina<br />
ben calda.<br />
Abbinamento vini<br />
A questo risotto si può abbinare<br />
un buon vino rosso, naturalmente<br />
delle colline della provincia di<br />
Alessandria; un Grignolino del<br />
Monferrato Casalese è l’ideale<br />
mentre, per gli amanti dei vini<br />
bianchi, si suggerisce un Brut della<br />
Colline del Gavi.<br />
Ristorante “Il grappolo”<br />
Il ristorante “Il grappolo” (Alessandria<br />
- Via Casale 28) è sistemato<br />
in un antico palazzo del ‘600,<br />
che fu sede del primo comune di<br />
Alessandria e nella cui sala grande<br />
si riuniva il primo consiglio comunale<br />
della città.<br />
Arredato in uno stile rustico elegante<br />
che richiama la memoria e<br />
la tradizione, nei suoi menù, che<br />
cambiano ogni tre settimane, si<br />
rifà alla cucina tipica piemontese<br />
utilizzando i prodotti stagionali<br />
del territorio, in modo da dare<br />
ai suoi piatti qualità, equilibrio e<br />
leggerezza.<br />
Il locale è condotto da Beppe Sardi<br />
(fantasia e personalità), insieme<br />
a Gianluca Bertini (attenzione e<br />
rigore) che si occupa della sala ed<br />
a Paolo Magne (estro) in cucina.<br />
La carta dei vini è composta da<br />
oltre 200 etichette italiane e straniere,<br />
l’offerta di liquori è molto<br />
ampia e non manca mai la pasticceria<br />
secca di Alessandria, che si<br />
fregia della Denominazione Comunale.<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 71
lo<br />
sapevate<br />
che<br />
CALENDULA<br />
(Calendula Officinalis)<br />
famiglia COMPOSITAE<br />
Nome SCENTIFICO:<br />
calendula officinalis<br />
pianta comune in tutta Italia,<br />
isole comprese.<br />
di Angelo Ferri<br />
In Italia si trovano, allo stato selvatico,<br />
2 specie di calendula arvensis,<br />
1.<br />
a fiori giallo sulfureo, col fusto<br />
prostrato, che cresce frequente<br />
sulle prode dei fossi, nei campi, tra<br />
le pietre, e la calendula officinalis, a fusti eretti e a fiori<br />
grandi e aranciati, che si trova qua e la sfuggiata alle<br />
culture. Quest’ ultima è la madre di tutte le varietà<br />
coltivate nei giardini. Varietà che ormai non si sa più<br />
da quale, o da quali incroci, tra la quindicina di specie<br />
sparse tra le isole Canarie e la Persia, derivano.<br />
Delle Calendule è innanzi tutto e soprattutto un gran<br />
fiore da taglio. Chi ha il giardino grande, e magari l’orto,<br />
può fare una bordura di Calendula, tutta intorno,<br />
da utilizzare unicamente per il taglio. Ma è un errore<br />
voler piantare in giardino le varietà, come la pacific<br />
Beauty, che crescono dritti come fusi, senza ramificare<br />
e senza sviluppare boccioli laterali. La Calendula<br />
vuole spazio, e vuole essere impiegata parcamente.<br />
bella è dove il giardino si perde nell’uliveto.<br />
72 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
La Calendula è una pianta erbacea<br />
annuale, da tempo conosciu-<br />
2.<br />
ta con il nome “fiorrancio”.<br />
Gli steli della calendula possono<br />
raggiungere l’altezza di circa 70<br />
cm e presentano diverse ramificazioni, al cui termine<br />
si sviluppano fiori di colore giallo-arancio raccolti<br />
in capolini; sono proprio questi ultimi a costituire la<br />
droga di interesse cosmetico e fitoterapico ricavata<br />
dalla pianta.<br />
I fiori della calendula contengono:<br />
Olio essenziale: costituito da oltre 45 sostanze;<br />
Flavonoidi: glicosidi isoramnetina e quercetina, rutoside;<br />
Triterpenoidi: glicosidi dell’acido oleanolico ed alcoli<br />
triterpenici;<br />
Steroli: sitoterolo, campesterolo, stigmasterolo;<br />
Carotenoidi;<br />
Tannini pirogallici.<br />
La calendula è ottima per: la cura<br />
e la pulizia della pelle; accele-<br />
3.<br />
rare la guarigione delle ferite: le<br />
proprietà vulnerarie sembrano<br />
dovute ad una influenza sull’incremento<br />
della produzione di fibrina, che si manifesta<br />
con una rapida chiusura delle ferite, con buona<br />
formazione di tessuto di granulazione e con il miglioramento<br />
dell’equilibrio di idratazione cellulare della<br />
cute. Questa azione della calendula è da attribuire<br />
ai carotenoidi, simili da un punto di vista chimico alla<br />
vitamina A.<br />
L’azione coleretica ed ipolipemizzante:<br />
l’infuso di calendula mostra<br />
4.<br />
una marcata azione coleretica, ed<br />
incrementa la secrezione di acidi<br />
biliari e la quantità di bile prodotta<br />
senza alterare significativamente il contenuto di<br />
bilirubina e colesterolo.<br />
I saponosidi della calendula abbassano i livelli di colesterolo<br />
e trigliceridi;<br />
l’azione sul sistema cardiocircolatorio e sul sistema<br />
nervoso centrale: gli estratti alcolici ed acquosi determinano<br />
una leggera riduzione della pressione arteriosa<br />
ed una riduzione dell’attività cardiaca (azione<br />
bradicardica); inoltre sono state documentate anche<br />
influenze sull’induzione del sonno;<br />
come coadiuvante nelle cure ginecologiche;<br />
rinforzare le vene;<br />
proprietà antiulcera: l’effetto citoprotettore sulla<br />
mucosa gastrica è attribuibile al contenuto in caroteni,<br />
mentre i saponosidi - in particolare il calenduloside<br />
B - hanno un’azione antiulcera.<br />
Per uso esterno, la calendula si presta alla realizzazione<br />
di creme, tinture o impacchi contro acne,<br />
foruncoli, ustioni ed ulcere. Anche infiammazioni<br />
localizzate in profondità e ferite purulente risentono<br />
dei vantaggi delle applicazioni esterne a base di<br />
calendula.<br />
5.<br />
Tagliolini al burro di<br />
rosmarino e calendula<br />
Ingredienti:<br />
1 Rametto di rosmarino.<br />
Pepe verde<br />
1 Fiori di calendula.<br />
100 g. di burro.<br />
Pasta all’uvo.<br />
1 cucchiaino di succo di limone.<br />
3 cucchiaini di rosmarino grattuggiato.<br />
Sale q.b.<br />
Preparazione<br />
Tagliate a dadini gr. 100 di burro e lavoratelo nel<br />
tritatutto elettrico con i petali di una calendula, un<br />
cucchiaio di succo di limone e una presa di sale.<br />
Quando è ridotto a crema mettetelo in un foglio di<br />
alluminio, formate un panetto e fatelo raffreddare.<br />
Portate a ebollizione abbondante acqua salata con<br />
un rametto di rosmarino fresco, cuocetevi gr. 400<br />
di tagliolini, scolateli e conditeli subito con il burro<br />
a fettine. Pepate generosamente con pepe verde e<br />
rosa macinati insieme e cospargete di 3 cucchiai di<br />
fiori di rosmarino.<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 73
L’ABBONAMENTO SOSTENITORE AD<br />
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74 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
fashion, beauty, Shooting, projects & more<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 75
FASHION STREET<br />
A GARBAGNA<br />
di Fabrizio Capra<br />
76 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
Un caldo e ventilato pomeriggio autunnale<br />
ci ha accolti a Garbagna,<br />
splendido paese posto sulle colline<br />
del tortonese, in provincia di Alessandria,<br />
caratterizzato dal centro storico che riporta<br />
alla mente i classici borghi liguri.<br />
Archi, portali scolpiti, palazzi, case addossate<br />
le une alle altre e caratteristiche vie strette<br />
hanno fatto da scenario a un servizio fotografico<br />
del genere “Fashion Street”.<br />
I protagonisti del servizio sono stati la brava,<br />
anche se alle prime esperienze, fotomodella<br />
moldava ma da sei anni in Italia, Ana Beschieru<br />
e l’altrettanto bravo fotografo alessandrino<br />
Massimo Pitorri.<br />
Ana ha interpretato questo servizio con grande<br />
impegno e professionalità, valorizzando<br />
con le sue pose gli abiti indossati con grande<br />
spontaneità, fornendo lei stessa spunti utili<br />
per gli scatti e, allo stesso tempo, dimostrando<br />
capacità nell’interpretare al meglio<br />
i suggerimenti e le richieste del fotografo e<br />
dell’art director.<br />
Massimo, invece, si è dimostrato un fotografo<br />
molto attento alle situazioni offerte dalla<br />
scenografia del paese, che via via si proponevano<br />
nel corso dello shooting, inserendo<br />
con molta precisione la modella nel contesto<br />
urbano, evidenziandone la figura rispetto<br />
all’ambiente circostante, conservando però<br />
sempre colori molto vivi e accesi.<br />
Ana ha scelto con sapienza abiti e accessori<br />
per il servizio. Per la prima serie di foto ha<br />
individuato un look composto da maglione<br />
color celeste forte, in tessuto acrilico (che<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 77
permette di mantenere il calore) abbinato a pantaloni neri in<br />
cotone e poco elastan. Come scarpe, stivaletti corti in pelle<br />
nera abbinati allo zainetto, anch’esso nero, con taschino e zip,<br />
stile Bottega Veneta.<br />
Il secondo cambio era un tailleur composto da giacca e pantaloni<br />
“Raf” color cammello, in un tessuto misto lana e poliestere,<br />
con la parte interna della giacca in viscosa, abbinato<br />
ad un top verde chiaro in cotone e a sandali alti con plateau.<br />
Infine la terza combinazione scelta era composta da pantaloni<br />
eleganti di color blu regale, in poliestere e elastan, abbinati<br />
a una camicia rosso acceso in seta, a scarpe in pelle tipo<br />
dècolleté color beige, con tacco non troppo alto, e borsa<br />
color rosso scuro in similpelle. In conclusione, abbiamo raccolto<br />
il commento della protagonista, la fotomodella Anna<br />
Beschieru:<br />
“Innanzitutto voglio ringraziare il fotografo Massimo Pitorri per<br />
avermi chiesto di realizzare questo shooting e Fabrizio Capra<br />
per la sua collaborazione. È bellissimo sapere che le persone<br />
ti apprezzano. Mi sono divertita molto sul set e ammetto di<br />
essere molto soddisfatta dei risultati. Garbagna si è rivelata per<br />
me un’altra volta un successo. Mentre il fotografo scattava, ho<br />
scoperto di avere anche delle piccole fans incuriosite che ci seguivano<br />
dappertutto. Oltre agli shooting, spesso mi alleno con il<br />
mio fidanzato, che mi fa da fotografo personale per il mio blog,<br />
in cui condivido il mio stile personale e i viaggi che faccio. Cerco<br />
sempre di dare il meglio perché solo così si possono ottenere<br />
buoni risultati”.<br />
Fashion Street<br />
model: Ana Beschieru (http://anninab.altervista.org/)<br />
fotografo: Massimo Pitorri<br />
art director: Fabrizio Capra<br />
Garbagna – ottobre 2015<br />
78 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 79
ASPIRANTI<br />
FOTOMODELLE<br />
SUGGERIMENTI UTILI<br />
PER AFFRONTARE la PROFESSIONE<br />
di Fabrizio Capra<br />
nell’ambito degli articoli sui consigli<br />
alle fotomodelle, in questo numero<br />
proponiamo una serie di suggerimenti<br />
utili sui quali, pur andando a riprendere<br />
argomenti già trattati, è opportuno sempre<br />
tenere alta l’attenzione.<br />
Innanzitutto è fondamentale la consapevolezza<br />
che essere modella non è solo saper<br />
interpretare bene una sfilata o apparire bene<br />
in foto: il mondo delle modelle è un universo<br />
molto competitivo e complesso, dove è<br />
facile rimanere indietro ma è anche apparentemente<br />
facile incontrare il classico colpo di<br />
fortuna che porta a emergere e a far notare<br />
le proprie capacità.<br />
Quindi ci sono consigli ai quali bisogna attenersi<br />
e che proviamo a enunciare partendo<br />
dal pensiero di una mia amica fotomodella,<br />
Elly: “Il punto di forza è il cervello: chi lavora come<br />
modella, nell’immaginario, viene considerata<br />
una persona frivola, invece ci vuole molta più testa,<br />
un corpo fisicamente ben curato, perché anche<br />
l’aspetto è importante, e basi di marketing”.<br />
Prendersi cura del proprio aspetto<br />
Molto importante è come ci si presenta: quindi<br />
è essenziale<br />
avere cura del<br />
proprio aspetto<br />
e rispetto<br />
del proprio<br />
corpo; è quindi<br />
necessario<br />
mangiare sano,<br />
curare il proprio<br />
corpo ed<br />
essere allenate<br />
per mettere<br />
sempre in risalto<br />
il proprio<br />
fisico.<br />
Sottolineo che<br />
mangiare sano<br />
non significa<br />
privarsi del<br />
cibo: la dieta<br />
dovrà essere<br />
80 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
icca di frutta, verdura, cereali integrali e proteine.<br />
Meglio evitare gli zuccheri, gli eccessi di<br />
carboidrati, soprattutto quelli vuoti, e i grassi<br />
insalubri: soprattutto è necessario evitare di<br />
nutrirsi principalmente o esclusivamente di cibi<br />
che possono risultare dannosi.<br />
Evitare assolutamente cibi e bevande che<br />
gonfiano prima di una sfilata o di un servizio<br />
fotografico;<br />
sono inoltre da dimenticare bevande alcoliche<br />
e fumo. che possono avere effetti dannosi<br />
per il corpo.<br />
La pelle deve sempre essere curata: il consiglio<br />
è di lavarla quando ci si sveglia e quando<br />
si va a dormire; praticare un trattamento<br />
esfoliante una volta alla settimana e non andare<br />
mai a letto truccate.<br />
I capelli devono essere sempre luminosi e sani.<br />
L’attività fisica è importante, soprattutto per<br />
mantenere il corpo tonico, ma bisogna stare<br />
attente a non sbagliare, per cui è importante<br />
affidarsi a un personal trainer.<br />
Ricordare, infine, di indossare sempre vestiti<br />
che valorizzano l’aspetto.<br />
Che tipo di modella?<br />
Partiamo dal presupposto che le modelle si<br />
dividono tra indossatrici e fotomodelle.<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 81
Le indossatrici devono rispondere a<br />
canoni standard ai quali difficilmente<br />
si fanno deroghe: altezza (a seconda<br />
delle agenzie il minimo è tra 1.73 e<br />
1.75), poco seno e costituzione magra<br />
(ahimè nota dolente tanto dibattuta<br />
in questi ultimi tempi).<br />
Fare la fotomodella, invece, è alla portata<br />
di tutte o quasi, basta scegliere<br />
con oculatezza e con un minimo di<br />
ragionevolezza il proprio settore.<br />
Modella da rivista: la maggior parte<br />
delle modelle che appaiono sui giornali<br />
sono alte almeno 1.70, ma occorrono<br />
soprattutto un volto bellissimo<br />
e una grande personalità.<br />
Modella di intimo: è necessario avere<br />
un seno prosperoso e ben fatto con<br />
fianchi stretti.<br />
Modella taglie forti: se si è curvy è la<br />
categoria adatta.<br />
Se non ci si riflette in nessuna di queste<br />
categorie si può posare per mani,<br />
piedi, capelli, viso o diventare una<br />
modella alternativa. Importante è ricordare<br />
che non esiste un solo stile:<br />
bisogna essere consapevoli, oltre che<br />
dei propri punti di forza, anche della<br />
propria capacità di passare con disinvoltura<br />
da una richiesta all’altra.<br />
Bisogna poi stabilire qual è lo stile per<br />
il quale s’intende posare ed eventualmente<br />
se si è interessate ad affrontare<br />
l’intimo, il seminudo e il nudo artistico.<br />
Se non ci si sente a proprio agio<br />
davanti a una richiesta basta<br />
farlo presente.<br />
Infine è importante pensare<br />
a come far evolvere la propria<br />
carriera, in modo da sapere<br />
in che direzione muoversi<br />
senza perdite di tempo.<br />
Preparazione<br />
Come abbiamo già detto, è<br />
importante, in particolare<br />
all’inizio, affidarsi a persone<br />
dell’ambiente che possano<br />
consigliare e guidare nelle<br />
scelte; però è importantissima<br />
anche la formazione in<br />
proprio: si consiglia perciò di<br />
leggere libri, articoli, consultare<br />
riviste, scegliendo pubblicazioni<br />
di alta qualità, per<br />
guardare con attenzione le<br />
foto e studiare le pose.<br />
Sacrificio<br />
Sono in tante che vogliono<br />
provare a fare le modelle,<br />
ma non tutte riescono a fare<br />
l’intero percorso e arrivare<br />
in vetta; ognuna ha dei limiti<br />
che deve saper riconoscere,<br />
questo è un punto di forza<br />
che agevolerà nelle scelte da<br />
prendere.<br />
Sacrificio e pazienza sono le<br />
due parole che bisogna sem-<br />
82 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
pre tenere presente e che rappresentano<br />
due chiavi necessarie<br />
ad aprire la complessa porta<br />
del successo.<br />
Autostima<br />
È necessaria anche quando non<br />
si ha; qualunque cosa passi nella<br />
testa di una modella l’immagine<br />
che ne deve scaturire è che la<br />
propria autostima è alle stelle.<br />
Quindi bisogna sempre essere al<br />
massimo e sicure di sé.<br />
Mai essere timida, imbarazzata,<br />
vergognosa: se lo si è per carattere<br />
bisogna lasciare questi stati<br />
d’animo a casa, così come bisogna<br />
lasciare fuori dalla passerella<br />
o dal set fotografico problemi e<br />
preoccupazioni.<br />
Svolgere l’attività di fotomodella<br />
non è un gioco ma un lavoro a<br />
tutti gli effetti, va quindi svolto<br />
con la massima professionalità.<br />
Alcuni consigli<br />
È importante non mentire mai<br />
sulle proprie misure e caratteristiche:<br />
si fa presto a scoprire la<br />
verità e quindi a perdere opportunità<br />
e, soprattutto, la credibilità.<br />
Bisogna poi essere sempre professionale,<br />
educata, cortese; non<br />
sentirsi superiore a nessuno,<br />
perché essere modella non significa<br />
essere snob né invidiosa: bisogna<br />
sempre dimostrarsi sicure di<br />
sé ma senza esagerare.<br />
La puntualità è essenziale: quindi<br />
non ritardare mai agli appuntamenti;<br />
se i ritardi sono dovuti a<br />
cause di forza maggiore è bene<br />
avvisare sempre, anche se si tratta<br />
di pochi minuti.<br />
Mai mancare gli appuntamenti: se si<br />
prende un impegno va mantenuto,<br />
anche se non è previsto compenso<br />
(naturalmente salvo cause di forza<br />
maggiore, che vanno però tempestivamente<br />
comunicate).<br />
È necessario essere organizzate e<br />
ricordare tutte le date e gli appuntamenti:<br />
diventa quindi utile un’agenda<br />
dove annotare tutto.<br />
Il rapporto con i fotografi deve<br />
sempre essere di tipo professionale.<br />
Quella di fotomodella è un’attività<br />
da prendere seriamente e<br />
lavorare bene consente di avere<br />
raccomandazioni e feedback positivi.<br />
In un mondo in cui le opportunità<br />
serie sono poche, basta un<br />
attimo di distrazione per buttare<br />
via mesi o anni di lavoro e sacrificio.<br />
Si fa presto a tornare indietro<br />
e a ricominciare dall’inizio.<br />
Sul set è importante essere creative:<br />
se non si tratta di un lavoro ben<br />
definito al fotografo può piacere<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 83
un po’ di intraprendenza creativa<br />
nell’assumere le pose.<br />
Chiedere sempre prima se<br />
c’è la mua (make-up artist): se<br />
non ci fosse è necessario portare<br />
con sé il kit di make-up.<br />
Contratti<br />
Quando viene sottoposto<br />
un contratto è opportuno<br />
leggere tutto con attenzione:<br />
potrebbe essere prevista<br />
l’esclusiva, per esempio,<br />
oppure potrebbero essere<br />
particolarmente garantiti<br />
i diritti del fotografo<br />
piuttosto che quelli<br />
della modella, cosa che<br />
accade spesso nei contratti<br />
per lavori singoli.<br />
Se intendete rivolgervi<br />
ad un’agenzia valutatene<br />
bene l’affidabilità:<br />
ricordo che una agenzia che<br />
chiede compensi per seguire<br />
la modella non va tenuta in<br />
considerazione.<br />
Nel prossimo numero approfondiremo<br />
altri aspetti.<br />
Le foto dell’articolo:<br />
model Lina Semplice<br />
fotografo Angelo Ferri<br />
art director Franco Ardito<br />
84 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
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Lina semplice<br />
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88 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
OROSCOPO<br />
DICEMBRE 2015<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 89
ARIETE TORO GEMELLI<br />
Peccato non prenderselo al volo<br />
questo bel sestile in gioco tra il<br />
Sole e Giove ma sul fronte professionale<br />
la sua energia lavora<br />
benissimo e quando da fare c’è<br />
con soddisfazione, anche la motivazione<br />
cresce di livello. Propensi<br />
a scandagliare problematiche che<br />
fino a ieri avete preferito nascondere<br />
a voi stessi (strano comportamento<br />
da struzzo per un Ariete<br />
scalpitante). Ma stasera con un<br />
cielo senza luna (perché al novilunio<br />
non si vede) tutto vi diventa<br />
chiaro, l’obiettivo a cui tendere,<br />
gli eventuali ostacoli e la sua realizzazione.<br />
Dal rosa tenero della tenerezza<br />
al cremisi della passione, tutte le<br />
sfumature del sentimento brillano<br />
oggi nel vostro cielo emotivo<br />
come un enorme arcobaleno.<br />
Immaginatelo come un ponte luminoso<br />
e colorato: a un capo ci<br />
siete voi, all’altro il partner, per<br />
raggiungersi e conoscersi intimamente<br />
non resta che attraversarlo,<br />
ma attenti, è di cristallo… Vita<br />
complicata per chi il piede lo<br />
tiene in due o più scarpe, da un<br />
lato il partner ufficiale, dal quale<br />
non vi schiodereste per nulla al<br />
mondo,<br />
Con la Luna, in Sole, Mercurio,<br />
tutti in transito nella vostra sesta<br />
Casa, quella dove si lavora e<br />
si produce, si inizia all’alba e si i<br />
smonta a mezzanotte. Non solo<br />
azienda, naturalmente, l’impegno<br />
prosegue anche a casa, se lavorate<br />
in proprio non vi concedete<br />
tregua, anche alle dipendenze vi<br />
date un gran daffare per sbrigare<br />
arretrati e portarvi a casa con<br />
le consegne. Recupero dopo<br />
un malessere che vi ha bloccati<br />
per qualche giorno, anche la casa<br />
brilla, perché quanto vi mettete<br />
co le pulizie e il fai da te,<br />
CANCRO LEONE VERGINE<br />
Tipica descrizione del vostro segno,<br />
il granchietto ritratto nel<br />
guscio, ma per fortuna non siete<br />
sempre così: oggi, sollecitati dal<br />
sestile Sole-Giove e con la Luna<br />
nuova come intermediaria, negli<br />
altri trovate le conferme necessarie<br />
per proseguire più sereni nella<br />
direzione intrapresa. Discorsetto<br />
chiarificatore col partner, ma in più<br />
altri malintesi; anche sull’argomento<br />
figli c’è qualcosa da discutere:<br />
anche con loro è fondamentare<br />
mantenere una linea educativa<br />
comune. Successone a un esame,<br />
anche gli affari filano col vento i<br />
poppa.<br />
Sotto tiro della Luna nuova e di<br />
Mercurio che le sta appresso,<br />
vi svegliate già affaticati e con la<br />
stessa sensazione di scoraggiamento<br />
e inutilità ve ne tornate<br />
la sera a dormire. Tutt’altro che<br />
attiva, però, la parentesi tra un<br />
sonno e l’altro, in azienda o in<br />
proprio lavorare vi tocca, anche<br />
se i risultati lasciano a desiderare<br />
e il traguardo anziché avvicinarsi<br />
sembra prendere le distanze. La<br />
sensazione di oppressione può<br />
essere fisica, magari covate un<br />
raffreddore o è la postura viziata<br />
dal lavoro (spalle curve e collo incassato)<br />
a determinare il fastidio.<br />
A volte l’ottimismo regalato da<br />
Giove deborda come un fiume<br />
dall’alveo, altre volte stride,<br />
tuonando quasi falso. Non oggi,<br />
però, grazie al sestile del Sole,<br />
che vi mantiene lucidi e analitici.<br />
Anche Mercurio fa la sua parte,<br />
riassumendo le vostre idee: pochi<br />
punti ma decisi, da esplicitare<br />
con parole incisive. Acume e<br />
dialettica irrinunciabili a scuola,<br />
ai concorsi o in sede di trattative.<br />
Se lavorate a contatto col<br />
pubblico le vostre informazioni<br />
saranno le più gettonate.<br />
90 • <strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong>
BILANCIA SCORPIONE SAGITTARIO<br />
Su una discreta protezione contro<br />
disagi e frustrazioni, potete<br />
contare: è Giove a garantirvela<br />
e di lui ci si può fidare. Un po’<br />
meno, invece, di suo fratello Plutone,<br />
ermetico e magnetico re<br />
dell’oltretomba, che tanto potere<br />
ha sui segreti, le emozioni<br />
compresse, le delusioni d’amore.<br />
La Luna nuova, però, non vi permette<br />
di passare la giornata tra<br />
rimpianti e malumori: se vi occupate<br />
di investimenti finanziari<br />
o comunque masticate discretamente<br />
la materia, cominciate a<br />
pensare a un prodotto finanziario<br />
in scadenza.<br />
Romantici sotto la Luna, ma la luna<br />
in questo cielo scuro dov’è se non<br />
segnata sulle effemeridi? Esattamente<br />
nel vostro segno, già abitato<br />
dal Sole e da Mercurio, ma anche<br />
alleata con Giove, il grande amico.<br />
E di amicizia, ancor più che di<br />
amore, oggi si può parlare, anche<br />
se qualcosa bolle in pentola. Scafati<br />
volponi, nel bosco della conquista<br />
amorosa avvertite già da lontano il<br />
profumo della conquista, non avete<br />
cambiato testa e nemmeno look,<br />
ma a lui o lei oggi piacete di più.<br />
La nebbia agli irti colli piovigginando<br />
sale, così cantava il Carducci,<br />
descrivendo le brume ma anche il<br />
calore novembrino delle case e dei<br />
focolari accoglienti o quello imprevedibile<br />
del mosto e del vino novello…<br />
Tutte emozioni imperdibili,<br />
anche se di mercoledì raggiungerli,<br />
quegli irti colli, sarà molto improbabile,<br />
ma le stesse emozioni e gli<br />
stormi di pensieri, la ricerca di un<br />
fuoco di passione a cui scaldarsi, li<br />
vivete ogni giorno sulla pelle. Buone<br />
notizie sul fronte finanziario, arriva<br />
un’eredità o la liquidazione di<br />
un premio assicurativo.<br />
CAPRICORNO ACQUARIO PESCI<br />
Vi piacciono le tradizioni e i<br />
detti popolari, soprattutto se<br />
suffragati da verità scientifiche e<br />
storiche. Ed effettivamente, per<br />
qualche strano fenomeno astronomico,<br />
quasi aa metà novembre<br />
San Martino regala un’impressione<br />
d’estate, esattamente come<br />
sei mesi più tardi, nei giorni dei<br />
santi del ghiaccio, un brivido<br />
scuote la primavera ormai esplosa.<br />
Già la Luna nuova, alta nel cielo e in<br />
quadratura, in compagnia del Sole e<br />
di Mercurio, non è una simpaticona:<br />
vede tutto, giudica, critica… tagliando<br />
addosso i panni al malcapitato.<br />
Non ti curar di loro, ma guarda e<br />
passa, scriveva a ragione il Poeta, di<br />
rimostranze ne avreste già abbastanza<br />
da muovere a voi stessi, su<br />
come gestite il lavoro, gli obiettivi<br />
mancati, i malintesi. Qualche bugia<br />
di troppo sul fronte del cuore, chi<br />
pretende di tenere il piede in due<br />
scarpe, prima si deve laureare in…<br />
“frottologia”.<br />
Non si tratta di una frase d’effetto,<br />
solo il disegno dei pianeti del<br />
giorno. Giove, l’amore della vostra<br />
vita, nel segno opposto, vale a<br />
dire che se c’è non si schioda, ma<br />
se manca non si trova e Plutone<br />
malizioso pronto a corteggiare,<br />
non per amore, però, solo desiderio…<br />
Nel bel mezzo dei due<br />
sestili, le due ali: l’angelo e il diavoletto,<br />
c’è la Luna nuova, in buona<br />
compagnia con il Sole e Mercurio.<br />
Sulla questione avete una visuale<br />
completa e profonda, se prendete<br />
tempo non è per riflettere, ma<br />
per lasciar fare al destino: osservate<br />
chi si muove per primo.<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 91
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