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Congresso nazionale Pronti a lavorare per la sostenibilità

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AL VIA IL PRIMO MASTER<br />

PER INGEGNERI FORENSI<br />

L’Università Federico II propone un corso unico in Europa<br />

destinato ai professionisti che lavorano in ambito legale<br />

Il programma include 1500 ore di lezione e inizia a gennaio 2009<br />

di Nicola Augenti<br />

“ Arriva in Europa<br />

un nuovo professionista<br />

in grado di coniugare<br />

il Diritto e la Tecnica<br />

come consulente<br />

del giudice<br />

o delle parti in causa<br />

<strong>”</strong><br />

L’Ingegneria forense applica i principi<br />

e i metodi specifici dell’Ingegneria alla<br />

soluzione dei problemi tecnici in ambito<br />

giudiziario. Per sua natura, essa coniuga<br />

l’Ingegneria con la Giurisprudenza,<br />

ovvero la Tecnica con il Diritto. Al contrario<br />

di quanto è accaduto per la Medicina<br />

legale, già ampiamente riconosciuta<br />

dalla comunità scientifica e da quella<br />

professionale, l’Ingegneria forense (che<br />

potrebbe anche essere definita Ingegneria<br />

legale) ha avuto pieno riconoscimento solamente<br />

una ventina d’anni fa negli Stati<br />

Uniti d’America e muove appena i primi<br />

passi in Europa.<br />

L’Ingegnere forense è dunque quel<br />

professionista che, in senso stretto, indaga<br />

sulle cause e sulle responsabilità di<br />

un evento dannoso mentre, in senso lato,<br />

opera come consulente tecnico d’ufficio<br />

o di parte, in un procedimento giudiziario.<br />

Egli, pertanto, indaga sulle cause più<br />

probabili per cui si è verificata una prestazione<br />

diversa da quella attesa e sulle<br />

responsabilità connesse all’accaduto. Il<br />

problema oggetto di indagine può essere<br />

costituito da un dissesto, da un difetto,<br />

da un danno o da un guasto verificatosi<br />

per qualunque tipo di costruzione. Tale<br />

disciplina interessa un po’ tutti i campi<br />

dell’Ingegneria: accanto al più noto<br />

settore civile (rivolto ai dissesti, ai crolli,<br />

all’estimo, all’edilizia), esiste un settore<br />

industriale denso di attività forensi importantissime<br />

come, ad esempio, quelle<br />

riguardanti l’ambito meccanico, quello<br />

chimico e quello elettrico.<br />

L’Ingegneria forense costituisce tema<br />

molto noto nei Paesi anglosassoni: negli<br />

Usa, in particolare, non solo la professione<br />

di Ingegnere forense risulta notevolmente<br />

diffusa ma, su sollecitazioni<br />

delle società di assicurazioni e di talune<br />

industrie, si sono sviluppati enti e associazioni<br />

che ne promuovono l’evoluzione<br />

e la diffusione.<br />

La materia, affidata per il passato<br />

ad iniziative personali e riguardata alla<br />

stregua di arte, è stata recentemente<br />

oggetto di un tentativo di codificazione,<br />

con l’obiettivo di conferirle il lignaggio<br />

di scienza. Nel contempo, una professione<br />

appannaggio per il passato di pochi<br />

iniziati che si tramandavano massonicamente<br />

le regole del mestiere, diviene<br />

oggetto di insegnamento universitario<br />

per la formazione di nuove figure professionali<br />

altamente qualificate, non più<br />

5<br />

INGEGNERI Ordine di Napoli


autoreferenziate ma dotate di credenziali<br />

obiettive e certificate.<br />

In Europa e, segnatamente in Italia,<br />

tale disciplina ha visto la luce solo da<br />

poco tempo, proprio ad opera dell’università<br />

degli studi di Napoli “Federico<br />

II<strong>”</strong> che, con decreto del rettore n. 2784<br />

del 6 agosto 2008 ha istituito un master<br />

di secondo livello in Ingegneria forense,<br />

di cui è coordinatore il professor Nicola<br />

Augenti.<br />

Si tratta di un’iniziativa, unica in<br />

Italia e in Europa, finalizzata a formare<br />

una nuova categoria professionale di<br />

ingegneri, civili o industriali, altamente<br />

specializzati nell’attività di Consulenza<br />

tecnica per l’Autorità giudiziaria o di<br />

Consulenza tecnica di Parte.<br />

Il master avrà durata annuale e si conseguirà<br />

acquisendo 60 crediti formativi<br />

universitari (Cfu), corrispondenti ad un<br />

totale di 1.500 ore, di cui 408 ore dedicate<br />

alla didattica frontale. Le lezioni saranno<br />

impartite, in lingua italiana, per la durata<br />

complessiva di 36 settimane (con inizio<br />

nel mese di gennaio 2009 e termine entro<br />

il mese di novembre 2009) presso il Dipartimento<br />

di Ingegneria strutturale (via<br />

Claudio 21, Napoli), nei giorni di venerdì<br />

e di sabato, rispettivamente con un impegno<br />

di otto ore e di quattro ore.<br />

Il corso prevede lezioni impartite da<br />

professori universitari delle Facoltà di Ingegneria<br />

o di Giurisprudenza e seminari<br />

tenuti da magistrati o da personalità di<br />

rilievo del mondo professionale.<br />

Il master si articolerà in tre periodi<br />

distinti di attività didattiche.<br />

Un primo periodo (per complessive<br />

120 ore di didattica) sarà dedicato agli<br />

insegnamenti giuridici di base, che tratteranno<br />

i fondamenti del Diritto civile,<br />

del Diritto penale, del Diritto amministrativo,<br />

del Diritto processuale e del Diritto<br />

assicurativo. Tale periodo includerà<br />

cinque moduli obbligatori, ciascuno dei<br />

quali articolato in dodici lezioni della durata<br />

di 2 ore, che impegneranno dodici<br />

settimane (dal mese di gennaio al mese<br />

di aprile 2009).<br />

Un secondo periodo (per complessive<br />

144 ore di didattica) comprenderà<br />

le attività specialistiche comuni ai due<br />

settori di indirizzo in Ingegneria forense<br />

civile e in Ingegneria forense industriale.<br />

Esso includerà i seguenti insegnamenti:<br />

Consulenza tecnica giudiziaria; Dissesti<br />

e Crolli; Ingegneria della Sicurezza;<br />

Incendi ed Esplosioni; Impiantistica industriale<br />

forense; Estimo forense. L’attività<br />

didattica si articolerà in sei moduli<br />

obbligatori, ciascuno dei quali suddiviso<br />

in dodici lezioni della durata di due ore,<br />

che impegneranno dodici settimane (dal<br />

mese di aprile al mese di luglio 2009).<br />

Un terzo periodo contemplerà attività<br />

(in parallelo) dedicate alle materie specifiche<br />

del settore di specializzazione scelto<br />

e si articolerà in 144 ore complessive di<br />

insegnamento comprendenti sei moduli<br />

obbligatori, ciascuno dei quali suddiviso<br />

in dodici lezioni della durata di due ore,<br />

che impegneranno dodici settimane (dal<br />

mese di settembre al mese di novembre<br />

2009).<br />

L’indirizzo in Ingegneria forense<br />

civile comprenderà i seguenti insegnamenti:<br />

Prove e Monitoraggio strutturale;<br />

Ingegneria geotecnica forense; Impianti<br />

tecnici per l’Edilizia; Gestione dei Lavori;<br />

Tecniche di Rilievo e Rappresentazione;<br />

Ingegneria ambientale forense.<br />

L’indirizzo in Ingegneria forense industriale<br />

prevede insegnamenti relativi<br />

all’Ingegneria forense meccanica I e II,<br />

all’Ingegneria forense chimica I e II, all’Ingegneria<br />

forense elettrica I e II.<br />

A conclusione del master è prevista<br />

l’elaborazione di una tesi di specializzazione<br />

la cui discussione avverrà entro il<br />

mese di dicembre 2009.<br />

Per poter accedere al master occorre<br />

possedere uno dei seguenti titoli di<br />

studio, conseguito entro i termini di<br />

scadenza di presentazione delle domande:<br />

laurea di durata quinquennale<br />

in Ingegneria (Edile, Civile, Ambiente<br />

e Territorio, Aeronautica, Aerospaziale,<br />

Elettrotecnica, Meccanica, Navale,<br />

Chimica e dei Materiali) oppure laurea<br />

specialistica in Ingegneria (classi 4/S<br />

Edile, 25/S Aerospaziale e astronautica,<br />

27/S Chimica, 28/S Civile, 31/S Elettrica,<br />

34/S Gestionale, 36/S Meccanica, 37/S<br />

Navale, 38/S Ambiente e Territorio, 61/S<br />

dei Materiali) oppure laurea quinquennale<br />

(nuovo ordinamento) in Ingegneria<br />

Edile-Architettura (Classe 4/S) oppure<br />

titolo equivalente rilasciato da università<br />

straniere. Al corso possono iscriversi<br />

cittadini comunitari ed extracomunitari<br />

(per questi ultimi è richiesto il regolare<br />

permesso di soggiorno in Italia).<br />

L’ammissione al master avverrà per<br />

titoli. Qualora il numero delle domande<br />

superi quello dei posti disponibili, è previsto<br />

anche un colloquio.<br />

Il numero massimo di posti a disposizione<br />

per la frequenza del master è fissato<br />

in 25 unità, mentre il numero minimo<br />

di iscritti per l’attivazione è stabilito in<br />

10 unità. È richiesta la frequenza obbligatoria<br />

a ciascun modulo didattico, con<br />

una percentuale massima di assenze pari<br />

al 20 per cento delle ore di attività, pena<br />

l’esclusione.<br />

La partecipazione al master è a titolo<br />

oneroso. Il contributo di iscrizione ammonta<br />

ad € 2.600,00 da versare, per metà<br />

all’atto dell’iscrizione e per l’altra metà<br />

entro il 30 giugno 2009.<br />

Il Dipartimento di Ingegneria strutturale,<br />

sede del master, è responsabile della<br />

gestione amministrativa per il funzionamento<br />

del corso, mentre la procedura di<br />

iscrizione rimane competenza dell’Ufficio<br />

segreteria studenti della Facoltà di<br />

Ingegneria.<br />

Il bando di concorso è in fase di preparazione<br />

e potrà essere consultato sul<br />

sito www.dist.unina.it.<br />

Gli interessati a ricevere ulteriori<br />

informazioni potranno inviare un messaggio<br />

all’indirizzo di posta elettronica<br />

ingegneria.forense@unina.it per essere<br />

inseriti nella newsletter.<br />

Obiettivo principale del nuovo master<br />

è, in definitiva, quello di far nascere<br />

una nuova figura professionale specificamente<br />

qualificata. Ovviamente, accanto<br />

all’informazione tecnico-scientifica e<br />

giuridica, dovrà trovare posto la formazione<br />

morale ed etica dei futuri ingegneri<br />

forensi: il rigore, l’equilibrio, l’imparzialità<br />

di giudizio e un comportamento eticamente<br />

corretto costituiscono, infatti,<br />

requisiti essenziali per l’esercizio di tale<br />

attività.<br />

L’Ingegneria forense è materia, attualmente,<br />

poco nota al di fuori dell’ambito<br />

professionale, non appartenendo al novero<br />

degli insegnamenti tradizionali ed<br />

essendo trasversale rispetto a discipline<br />

di differente estrazione. A fronte di ciò,<br />

però, sono notevoli le prospettive di inserimento<br />

nel mondo del lavoro che tale<br />

attività può offrire: basti pensare che<br />

negli Stati Uniti d’America l’Ingegnere<br />

forense percepisce compensi specifici di<br />

gran lunga superiori a quelli di tutti gli<br />

altri ingegneri.<br />

6<br />

N. 5-6/2008 - PRIMO PIANO


no accessibili, volontariamente od<br />

involontariamente, ad individui<br />

che non sono autorizzati a conoscerle.<br />

◗ l’integrità (integrity): impedire<br />

che possano avvenire cancellazioni<br />

o modifiche di informazioni<br />

immagazzinate in un sistema o<br />

in transito tra sistemi a seguito di<br />

interventi di entità non autorizzate<br />

o del verificarsi di fenomeni non<br />

controllabili<br />

◗ la disponibilità (availability): assicurare<br />

che possa essere garantito<br />

l’accesso alle informazioni alle<br />

entità autorizzate nonostante si<br />

verifichi un incidente provocato<br />

da altre entità non autorizzate o<br />

del verificarsi di fenomeni non<br />

controllabili del tipo già visto nel<br />

caso dell’integrità.<br />

La protezione attuata secondo le modalità<br />

sopra descritte deve consentire il<br />

più possibile di contrastare le minacce<br />

(threats) originate dall’uomo o dall’ambiente,<br />

al fine di impedire a coloro che<br />

non siano stati autorizzati l’accesso, la<br />

divulgazione, la modifica delle informazioni<br />

stesse, e di garantirne, viceversa,<br />

l’accesso e l’utilizzo a coloro che siano<br />

stati autorizzati, nel contesto in cui il<br />

sistema/prodotto IT è inserito (Sala di<br />

Calcolatori, Rete Informatica, ecc.).<br />

Realizzare la sicurezza Ict in un’organizzazione<br />

Normalmente, quando si parla in generale<br />

di “sicurezza Ict<strong>”</strong> ci si riferisce ad<br />

una molteplicità di aspetti tecnici, organizzativi<br />

e procedurali che tendono<br />

a proteggere l’hardware, il software, le<br />

informazioni, i servizi.<br />

In particolare, per quanto riguarda le<br />

informazioni, le caratteristiche principali<br />

che devono essere protette sono, come<br />

esposto nel paragrafo precedente, la riservatezza,<br />

l’integrità e la disponibilità.<br />

Nella realtà potrebbe essere estremamente<br />

complesso se non impossibile garantire,<br />

con certezza assoluta, le suddette<br />

caratteristiche.<br />

È pertanto necessario che gli owner<br />

del sistema/prodotto Ict individuino dei<br />

compromessi che tengano conto, tra gli<br />

altri, anche degli aspetti puramente economici<br />

della realizzazione della sicurezza<br />

Ict. L’importante è che tali compromessi<br />

siano individuati in modo esplicito e<br />

consapevole da parte di ogni soggetto<br />

coinvolto. Ciò può essere ottenuto solamente<br />

adottando un metodo organico e<br />

strutturato di analisi e di realizzazione<br />

del processo Ict.<br />

Questo criterio e conosciuto con il<br />

termine Analisi dei Rischi.<br />

La concettualizzazione più generale,<br />

condivisa praticamente da tutte le metodologie,<br />

identifica il rischio come l’eventualità<br />

che una minaccia possa trasformarsi<br />

realmente in danno, comportando<br />

così un determinato impatto.<br />

La maggioranza delle metodologie<br />

inoltre utilizza i concetti di:<br />

◗ rischio “potenziale<strong>”</strong> o “intrinseco<strong>”</strong> definito<br />

come il livello di rischio a prescindere<br />

dalle contromisure in essere.<br />

R tot (n) = A(n) x T(n)<br />

inteso come prodotto scalare della<br />

minaccia T per il valore dell’asset A<br />

su cui la minaccia inferisce.<br />

◗ rischio “effettivo<strong>”</strong> o “residuo<strong>”</strong> definito<br />

come il livello di rischio tenuto conto<br />

delle contromisure implementate.<br />

R eff (n) = A(n) x T eff (n)<br />

dove T eff è definito come:<br />

T eff (n) = (T(n) – C eff (n))<br />

inteso come il valore di partenza della<br />

minaccia decurtata del valore risultante<br />

della ponderazione dei controlli<br />

in essere. [Cert-ICT]<br />

Per esplicitare meglio i concetti esposti<br />

riportiamo di seguito una tabella<br />

esplicativa:<br />

Tabella 1- valutazione del rischio<br />

V(a) V(t) R(t) C(e) V(te) R(e)<br />

Value Threats<br />

value<br />

Total<br />

Risk<br />

R(t) =<br />

V(a)*V(t)<br />

Existing<br />

Controls<br />

Value<br />

Effective<br />

Threats<br />

Value<br />

V(te) =<br />

V(t)*C(e)<br />

Effective<br />

Risk<br />

R(e)=<br />

V(a)*V(te)<br />

Dati e applicativi dei clienti 4,7 0,77 3,61 0,71 0,07 0,31 accepted<br />

Mail 8.0 0,77 6,20 0,82 -0,04 -0,33 accepted<br />

Problem management 10,0 0,77 7,75 0,82 -0,04 -0,41 accepted<br />

Hardware<br />

7,3 0,77 5,68 0,77 0,00 -0,03 accepted<br />

in uso<br />

n = variabile da<br />

considerare<br />

R tot (n) = rischio totale<br />

A(n) = asset<br />

T(n) = minaccia<br />

R eff (n) = rischio effettivo<br />

T eff (n) = minaccia effettiva<br />

C eff (n) = valore della minaccia<br />

esistente<br />

V(a) = valore<br />

V(t) = valore della minaccia<br />

C(e) = valore del controllo esistente<br />

V(te) = valore della<br />

minaccia effettiva<br />

R(t) = rischio totale<br />

R(e) = rischio effettivo<br />

Fonte: [CertlCT]<br />

INGEGNERI Ordine di Napoli<br />

9


Le motivazioni che spingono un organo,<br />

privato o pubblico, ad intraprendere<br />

un tale oneroso percorso sono :<br />

◗ ottimizzazione degli investimenti:<br />

l’analisi tecnologica essenziale al<br />

processo, identifica le vere priorità<br />

e possibilità aziendali;<br />

◗ l’impatto organizzativo: Il processo<br />

interessa sia il management che il<br />

personale. L’analisi dei rischi gioca<br />

un ruolo proattivo nei gruppi implicati<br />

nel processo, raggruppando<br />

funzioni e persone con ruoli eterogenei<br />

e mettendole in relazione in<br />

termini di analisi del business;<br />

◗ la creazione di un programma di<br />

security awareness: l’applicazione<br />

del programma di analisi coinvolge<br />

un gran numero di persone, inserendo<br />

così il tema della sicurezza<br />

nelle agende di molte riunioni, incrementando<br />

il livello di consapevolezza<br />

sulla sicurezza all’interno<br />

dell’organizzazione.<br />

Questi sono tutti obiettivi “interni<strong>”</strong><br />

raggiungibili con la certificazione dell’Isms,<br />

ma forse sono più le spinte “esogene<strong>”</strong><br />

a far si che un ente intraprenda il<br />

cammino di certificazione:<br />

◗ la protezione dell’immagine aziendale:<br />

in un contesto di mercato dove<br />

la fiducia del cliente ha una precisa<br />

valenza economica, la salvaguardia<br />

dell’immagine dell’azienda acquisisce<br />

un importanza fondamentale<br />

(banche, enti pubblici). In questo<br />

caso la certificazione assume una<br />

valenza di leva di marketing per<br />

incrementare le vendite;<br />

◗ la protezione del business: quando<br />

la sopravvivenza stessa dell’ente<br />

dipende da informazioni proprietarie<br />

(brevetti, progetti, ecc) dalla cui<br />

salvaguardia dipende il vantaggio<br />

competitivo con le dirette concorrenti;<br />

◗ la conformità alle leggi ed alle regole:<br />

rappresenta un modo per dimostrare<br />

a terzi, a fronte di eventuali<br />

incidenti Ict, la propria diligenza<br />

nell’attuare in via preventiva tutte<br />

le contromisure ritenute necessarie<br />

per limitare le probabilità di accadimento<br />

dell’incidente stesso.<br />

C’è da dire, che sempre più spesso i<br />

clienti finali di un’organizzazione, sia essa<br />

pubblica amministrazione o azienda<br />

privata, richiedono la certificazione di<br />

terza parte come elemento determinante<br />

per potersi avvalere di quella determinata<br />

organizzazione.<br />

Inoltre c’è da considerare la spinta<br />

ricevuta dalle organizzazioni verso le<br />

certificazioni dell’Isms date dalla normativa<br />

del decreto legge 8 giugno 2001 n.<br />

231 che ha introdotto per la prima volta<br />

nel nostro ordinamento la responsabilità<br />

degli enti in sede penale, che si aggiunge<br />

a quella della persona fisica che ha realizzato<br />

materialmente il fatto illecito.<br />

L’ampliamento della responsabilità<br />

che mira a coinvolgere nella punizione<br />

di taluni illeciti penali il patrimonio degli<br />

enti e, in definitiva, gli interessi economici<br />

dei soci, i quali, fino all’entrata in<br />

vigore del decreto in esame, non pativano<br />

conseguenze della realizzazione di reati<br />

commessi, con vantaggio della società, da<br />

amministratori e/o dipendenti. Questa<br />

responsabilità sorge soltanto in occasione<br />

della realizzazione di determinati tipi di<br />

reati, in questo la norma è molto precisa,<br />

e nello specifico:<br />

◗ i delitti contro la Pa (quali corruzione,<br />

concussione e malvessazione<br />

ai danni dello Stato, truffa ai danni<br />

dello stato e frode informatica ai<br />

danni dello stato, articoli 24 e 25<br />

del decreto legge 231/2001);<br />

◗ reati in tema di “falsità in moneta,<br />

carte di pubblico credito e valori di<br />

bollo<strong>”</strong> (articolo 25-bis decreto legge<br />

231/2001);<br />

◗ reati societari (false comunicazioni<br />

sociali, falso in prospetto, illecita influenza<br />

sull’assemblea, l’aggiotaggio,<br />

etc., articolo 25-ter decreto legge<br />

231/2001);<br />

◗ reati con finalità di terrorismo o di<br />

eversione dell’ordine democratico<br />

(articoli 25-quarter decreto legge<br />

231/2001);<br />

◗ reati contro la personalità individuale<br />

(sfruttamento della prostituzione,<br />

tratta delle persone e riduzione<br />

e mantenimento in schiavitù, etc.<br />

articolo 25-quinquies decreto legge<br />

231/2001).<br />

Gli enti rischieranno sanzioni pecuniarie,<br />

sanzioni interdittive quali l’interdizione<br />

dall’esercizio dell’attività, la revoca<br />

di licenze o autorizzazioni, il divieto di<br />

stipulare contratti con la Pa, l’esclusione<br />

di agevolazioni e finanziamenti, il divieto<br />

di pubblicizzare beni e prodotti oltre che<br />

la confisca del bene oggetto del reato e la<br />

pubblicazione della sentenza.<br />

Come si può facilmente immaginare<br />

che le sanzioni pocansi menzionate<br />

comporterebbero gravissimi danni alle<br />

aziende le quali sono chiamate, per non<br />

incorrere in esse, ad ottemperare a quanto<br />

richiesto dall’articolo 6 del decreto legge<br />

231/2001, il quale infatti, contempla<br />

una forma di “esonero<strong>”</strong> da responsabilità<br />

dell’ente se si dimostra, in occasione di<br />

un procedimento penale per uno dei reati<br />

considerati, di aver adottato ed efficacemente<br />

attuato “Modelli di organizzazione<br />

e di gestione idonei a prevenire reati<br />

della specie di quello verificatosi<strong>”</strong>.<br />

L’articolo 6 comma 2 del decreto legge<br />

231/2001 indica le caratteristiche essenziali<br />

per la costruzione di un modello di<br />

organizzazione, gestione e controllo:<br />

◗ individuare le attività nel cui ambito<br />

possono essere commessi reati;<br />

◗ individuare specifici protocolli diretti<br />

a programmare la formazione e<br />

l’attuazione delle decisione dell’ente<br />

in relazione ai reati da prevenire;<br />

◗ individuare modalità di gestione<br />

delle risorse finanziarie idonee ad<br />

impedire la commissione dei reati;<br />

◗ prevedere obblighi di informazione<br />

nei confronti dell’organismo deputato<br />

a vigilare sul funzionamento e<br />

l’osservanza del modello;<br />

◗ introdurre un sistema disciplinare<br />

idoneo a sanzionare il mancato<br />

rispetto delle misure indicate nel<br />

modello.<br />

Affinché l’ente sia in grado di sottrarsi<br />

alla responsabilità per il fatto illecito dei<br />

dipendenti e amministratori, è necessario<br />

che siano garantite misure di sicurezza<br />

tali da impedir il compimento di reati se<br />

non mediante il raggiro fraudolento delle<br />

misure di sicurezza.<br />

Come appare chiaro dalla lettura del<br />

decreto, l’effettiva portata esimente di un<br />

sistema organizzativo volto a prevenire<br />

le responsabilità amministrative degli<br />

enti, trova la sua origine nell’effettività e<br />

nella concreta applicazione di standard<br />

comportamentali e di flussi informativi<br />

chiari e verificabili all’interno dell’azienda,<br />

ecco quindi che appare chiaro come<br />

un Isms certificato possa rendersi estremamente<br />

utile.<br />

12<br />

N. 5-6/2008 - SICUREZZA


Conclusioni<br />

Da quanto fin qua detto si evince che<br />

le nuove Iso 17799:2005 e la Iso 27001<br />

risultano essere più vicine alle esigenze<br />

del mercato e degli utilizzatori, grazie ai<br />

controlli più dettagliati, alla loro organizzazione<br />

più coerente e al loro aggiornamento.<br />

Sicuramente, anche a fronte della richiesta<br />

di misurazione dell’efficacia dei<br />

controlli, la norma non perde la sua caratteristica<br />

di essere applicabile in tutte<br />

le realtà e sarà compito di ciascun ente<br />

individuare le modalità più adeguate per<br />

avere a disposizione dati utili ai fini del<br />

miglioramento continuo.<br />

Queste norme, poi, dimostrano sempre<br />

più di migliorarsi tenendo conto<br />

dell’esperienza di quanti ne hanno utilizzato<br />

le precedenti versioni, in modo da<br />

renderle sempre più punto di riferimento<br />

per coloro che si occupano di sicurezza<br />

delle informazioni e dei sistemi di gestione<br />

ad essa dedicati. In base a questa<br />

evoluzione si riporta un grafico basato<br />

su fonti Sincert che testimonia come dal<br />

gennaio del 2007 al marzo 2008 le aziende<br />

abbiano attuato una netta migrazione<br />

dalla precedente Iso Bs-7799 alla attuale<br />

Iso 27001 (fig. 3).<br />

Ict – Information Communication<br />

Technology<br />

D. Lgs. – decreto Legislativo<br />

D. Leg. – decreto Legge<br />

Isms – Sistema di Gestione della<br />

Sicurezza delle Informazioni<br />

Iso – International Standard<br />

Organizzation<br />

ACRONIMI<br />

Bibliografia<br />

[17799] – Iso/IEC FDIS 17799:2005-02-11<br />

- Information techniques – Security<br />

techniques – Code of practice for<br />

information security management,<br />

Standard, 2005.<br />

[27001] – ISO/IEC FDIS 27001:2005<br />

– Information technology – Security<br />

techniques – Information security<br />

management system – Requirements,<br />

Standard, 2005.<br />

[CertICT] – ISCOM; Certificazione della<br />

sicurezza ICT, Linee guida ISCOM,<br />

2006.<br />

[AnRisk] – ISCOM; Network security<br />

from risk analysis to protection strategies,<br />

Linee guida ISCOM, 2004.<br />

[Out&Sic] – ISCOM; Outsourcing e sicurezza,<br />

Linee guida ISCOM, 2006.<br />

[Fub-1] – Fondazione Ugo Bordoni; Sicurezza<br />

ICT e Certificazione, Fondazione<br />

Ugo Bordoni, 2004.<br />

[AICQ-1] – AICQ – Comitato Qualità<br />

del Software; Gestione della sicurezza<br />

delle Informazioni: guida alla<br />

lettura della norma iso 27001, Quaderno<br />

n°22, 2007.<br />

[OCSI-1] – Franchina, L.; Carbonelli, M.;<br />

Gratta, L.; L’OCSI e la certificazione<br />

della sicurezza ICT, La Comunicazione<br />

– numero unico, 2005.<br />

Dpcm – Decreto della Presidenza<br />

del Consiglio dei Ministri<br />

Soa – Statement of Applicability<br />

Cert – Computer Emergency Response<br />

Team<br />

Itsec – wInformation Technology<br />

Security Evaluation<br />

Criteria<br />

[EA-7/03] – EA C5 WG7; EA Guidelines<br />

for the accreditation of Bodies Operating<br />

Certification/Registration of<br />

Information Security Management<br />

System,2000.<br />

[Fub-2] – Parrucchini, D.; La sicurezza<br />

globale delle informazioni e la certificazione:<br />

ambiti di applicazione,<br />

OCSI-Fondazione Ugo Bordoni.<br />

[Sin-Bia] – Bianconi, R.; ISO 27001:2005<br />

– ISMS Rischi ed opportunità<br />

nell’approccio certifi cativi, Giornata<br />

di studio sulla sicurezza e il mondo<br />

bancario, Sett. 2006.<br />

[DPCM-02] – D.P.C.M. 11 aprile 2002, Schema<br />

nazionale per la valutazione e la certificazione<br />

della sicurezza delle tecnologie<br />

dell’informazione, ai fini della tutela delle<br />

informazioni classificate, concernenti la<br />

sicurezza interna ed esterna dello stato,<br />

G.U. n. 131, 6 giugno 2002.<br />

[DPCM-03] – D.P.C.M. 30 ottobre 2003,<br />

Approvazione dello schema nazionale<br />

per la valutazione e certificazione<br />

della sicurezza nel settore delle tecnologie<br />

dell’informazione, ai sensi<br />

dell’art. 10, comma 1, del decreto<br />

legislativo 23 febbraio 2002, n. 10,<br />

G.U. n. 98, 27 aprile 2004.<br />

[DI-02] – decreto Interministeriale 24<br />

luglio 2002, Istituzione del Comitato<br />

tecnico nazionale sulla sicurezza<br />

informatica e delle telecomunicazioni<br />

nelle pubbliche amministrazioni.<br />

[D.Leg.-01] – decreto Legislativo 8 giugno<br />

2001, n. 231, Disciplina della responsabilità<br />

amministrativa delle persone<br />

giuridiche, delle società e delle<br />

associazioni anche prive di personalità<br />

giuridica, a norma dell’articolo 11<br />

della legge 29 settembre 2000, n. 300,<br />

G.U. n. 140 del 19 giugno 2001.<br />

Figura 3 - Grafico delle norme BS-7799 ed ISO 27001 certificate in Italia<br />

INGEGNERI Ordine di Napoli<br />

13


ELETTROMAGNETISMO,<br />

IL PIONIERE ERA GIURISTA<br />

Giandomenico Romagnosi è il padre della Procedura penale<br />

I suoi studi sugli effetti della pila di Volta sono del 1802<br />

ma la scienza ricorda solo quelli del danese Oersted del 1820<br />

di Filippo Manna<br />

Ingegnere<br />

“<br />

Ministro con i francesi<br />

e arrestato dagli austriaci,<br />

è stato l’ispiratore<br />

dell’ordinamento giudiziario<br />

del nuovo Regno d’Italia<br />

e il teorico della scienza<br />

<strong>”</strong><br />

dell’amministrazione<br />

Gian Domenico Romagnosi (1761-1835)<br />

(fig. 1/A) è notoriamente annoverato tra i<br />

più eminenti giuristi italiani per potenza<br />

d’intelletto e per vastità di cultura com’è<br />

testimoniato dalla traccia profonda del<br />

sapere da lui lasciato nel campo del diritto.<br />

Fu infatti la mente ispiratrice dell’ordinamento<br />

giudiziario e amministrativo<br />

del nuovo Regno d’Italia dando piena vita<br />

al Codice di procedura penale, l’unico del<br />

tempo di matrice rigorosamente nazionale.<br />

Oltreacciò con il Giornale di giurisprudenza<br />

universale da lui fondato gettò le basi<br />

della scienza dell’amministrazione e trattò<br />

i più interessanti problemi di giurisprudenza.<br />

Fu prima avvocato e poi pretore della<br />

città di Trento dal 1787 al 1801 e nel 1799,<br />

dopo l’occupazione francese e il ritorno<br />

della dominazione austriaca, subì 15 mesi<br />

di detenzione sotto l’accusa di abuso nell’esercizio<br />

delle funzioni di pretore; liberato<br />

al ritorno dei Francesi nel 1802 fu nominato<br />

segretario del governo provvisorio e<br />

l’anno dopo ottenne la cattedra di Diritto<br />

pubblico all’università di Parma. Epperò<br />

nel 1822, coinvolto nel processo contro i<br />

carbonari, fu di nuovo arrestato quantunque<br />

non facesse parte della associazione, e<br />

da questa accusa assolto, per mancanza di<br />

prove, soltanto dopo il suo trasferimento<br />

a Bologna. Ma gli fu tolta l’autorizzazione<br />

a insegnare, la qual cosa gli procurò un<br />

trauma che, aggiungendosi ai postumi<br />

d’un attacco di emiplegia che lo aveva colpito<br />

nel 1881, ne minò seriamente la fibra.<br />

D’allora in poi visse con il rammarico di<br />

non poter più, nemmeno segretamente,<br />

incoraggiare la restaurazione di un regno<br />

italico indipendente, ed in povertà pressoché<br />

assoluta, dando prova, fino all’ultimo<br />

dei suoi giorni, d’una onestà esemplare<br />

vissuta senza che mai s’attenuasse in lui la<br />

fede nella causa nazionale e liberale.<br />

Orbene non tutti sanno che questo<br />

così eminente giurista, ed anche letterato,<br />

perché gli si attribuiscono oltre<br />

trenta opere di cui almeno dieci postume,<br />

ebbe anche uno spiccato senso fisico<br />

forse derivatogli dall’intenso studio da<br />

lui effettuato delle opere di Condorcet e<br />

di altri filosofi-scienziati che gli avevano<br />

comunicato quel ch’essi consideravano<br />

l’esprit geométrique ravvisabile in tutti i<br />

fenomeni naturali. E fu questa sua facoltà<br />

a fargli intuire una stretta interazione<br />

tra la corrente elettrica ed un magnete e<br />

quindi a scoprire la deviazione del campo<br />

magnetico causata dalla corrente elettrica<br />

dopo solo un anno dall’invenzione<br />

della pila e con un anticipo di ben diciotto<br />

anni rispetto alla famosa scoperta del<br />

1820 del danese Hans Christian Oersted<br />

(fig. 2/A) ovunque osannata come prova<br />

inconfutabile della coesistenza dei fenomeni<br />

di elettricità e di magnetismo in<br />

una unica teoria, quella dell’elettromagnetismo<br />

appunto, ch’è alla base della<br />

comprensione e delle applicazioni delle<br />

scienze moderne.<br />

Ne dette prova con la memoria dal<br />

titolo Esperimenta circa effectum conflictus<br />

electrici in acum magneticum che<br />

subito tradotto in tutte le lingue europee<br />

riversò l’attenzione di quasi tutto<br />

il mondo scientifico sul fisico danese<br />

ignaro, non sappiamo se per ignoranza<br />

o per partito preso, di ciò che con tanto<br />

anticipo aveva scoperto e divulgato il<br />

Romagnosi.<br />

Ecco infatti quanto in proposito ed a<br />

seguito di una sua esplicita richiesta, venne<br />

pubblicato da “La gazzetta di Trento<strong>”</strong><br />

nel numero del 3 agosto 1802:<br />

“Il sig. Consigliere Gian Domenico Romagnosi,<br />

abitante in questa città, noto<br />

alla Repubblica Letteraria per altre sue<br />

profonde produzioni, si affretta a comunicare<br />

ai fisici d’Europa uno sperimento<br />

relativo al fluido galvanico applicato al<br />

Magnetismo. Preparata la pila del sig.<br />

INGEGNERI Ordine di Napoli<br />

15


Volta, composta di piastrelle rotonde di<br />

rame e zinco alternate con un frapposto<br />

interstizio di flanella umettata con acqua<br />

impregnata di una soluzione di sale ammoniaco,<br />

il sig. Consigliere attaccò ad una<br />

delle uscite della medesima un capo di filo<br />

d’argento snodato a diversi intervalli a<br />

modo di catena mentre l’altro capo egli<br />

collegò all’altro estremo della pila, non<br />

direttamente ma dopo che aveva attraversato<br />

un bottone anch’esso d’argento.<br />

Ciò fatto prelevò da una bussola nautica<br />

un ago calamitato ordinario e lo pose in<br />

bilico su una asse di legno quadrato vicinissimo<br />

a detto filo con enorme sorpresa<br />

constatando che l’ago calamitato muovevasi<br />

lentamente e con successive pulsazioni<br />

a somiglianza d’una sfera di orologio<br />

destinata a segnare i minuti secondi e che<br />

la stessa cosa accadeva ad ogni apertura o<br />

chiusura del circuito realizzate azionando<br />

il detto bottone.<strong>”</strong><br />

Come si vede c’è quanto occorre per<br />

identificare pienamente l’esperienza del<br />

Romagnosi con quella dell’Oersted. Ma<br />

non basta perché l’annuncio della scoperta<br />

venne replicato con altri ragguagli<br />

dalla Gazzetta di Rovereto del 13 agosto<br />

del 1802.<br />

Epperò, di entrambe queste comunicazioni<br />

nella comunità scientifica si parlò<br />

unicamente dopo l’annuncio di Oersted<br />

e ciò nonostante il fatto che il Romagnosi<br />

indipendentemente da esse aveva<br />

così scritto nello stesso anno 1802 al suo<br />

amico giornalista Bramieri, pregandolo<br />

di divulgare la notizia:<br />

“Ultimamente ho pubblicato nella<br />

Gazzetta di Rovereto una mia scoperta<br />

sul Galvanismo applicato al magnetismo<br />

della calamita in pari tempo inviando una<br />

copia dell’annuncio alla Accademia delle<br />

Scienze di Parigi<strong>”</strong>.<br />

Nel 1801 Napoleone aveva istituito un<br />

Prix de Galvanime per incentivare nuove<br />

scoperte sui fenomeni elettrici e perciò<br />

il Romagnosi inviò copia del detto articolo<br />

anche al Comitato istituito per tale<br />

premio, ma senza nemmeno riceverne<br />

un segno di ricezione. Tuttavia qualche<br />

attestato di riconoscimento il Romagnosi<br />

lo ricevette perché i fisici Aldini e Izarn,<br />

nel 1804, pubblicarono a Parigi un libro<br />

sul galvanismo ov’è precisato che “Monsieur<br />

Romanesi (sic) physicien de Trente a<br />

reconnu que le galvanisme faisait decliner<br />

l’aiguille aimentè<strong>”</strong>.<br />

Però fu uno dei pochi articoli, se non<br />

il solo, a resocontare tempestivamente e<br />

soprattutto favorevolmente della famosa<br />

invenzione perché fino al 1930 non uno<br />

dei numerosi scienziati cui il lavoro fu<br />

presentato nel 1804 dopo averne dato<br />

notizia anche all’Istitute de France, dette<br />

importanza all’ esperimento che avrebbe<br />

potuto anticipare di ben diciotto anni la<br />

scoperta dell’elettromagnetismo. Qualche<br />

anno più tardi il fisico Silvestro Ghepardi,<br />

commentando l’esperimento del Romagnosi,<br />

sentenziò ch’esso non conteneva<br />

nulla che potesse aver influenzato Oerstedt,<br />

il quale solo nel su precisato 1830<br />

riconobbe, forse obtorto collo, l’esistenza<br />

d’una prioritaria scoperta del fenomeno.<br />

In un lungo articolo pubblicato sulla Enciclopedia<br />

di Edimburgo, nel presentare<br />

una storia dettagliata dell’elettromagnetismo,<br />

a pag. 575 dice che “nel suo lavoro<br />

Aldini ricorda che un certo Romanesi<br />

avrebbe osservato che il galvanismo produce<br />

la deviazione dell’ago magnetico<strong>”</strong>. Non<br />

una parola in più aggiunse sull’argomento<br />

tra l’altro sostenendo che il lavoro del<br />

giurista italiano venne presentato senza<br />

alcun commento a Parigi nel 1804 mentre<br />

com’è arcinoto ciò accadde esattamente<br />

due anni prima, nell’ottobre del 1802.<br />

Ovviamente che l’Oersted si sia servito<br />

o pur no di quanto trovato dal Romagnosi<br />

per il suo famoso esperimento, non<br />

potrà mai essere accertato e del resto esso<br />

passa per così dire in sottordine rispetto<br />

al silenzio che ancora oggi vige in merito<br />

a una priorità di così alta rilevanza<br />

la quale, nel 1950, venne riconosciuta ed<br />

elogiata perfino nell’Unione Sovietica.<br />

Purtroppo, però, di questa evidente priorità<br />

non solo le enciclopedie d’ogni ordi-<br />

16<br />

N. 5-6/2008 - ELETTROMAGNETISMO


Fig. 1 – Giandomenico Romagnosi (1761-<br />

1835) e lapide commemorativa dedicatagli<br />

dalla città di Trento<br />

Fig. 2 – Il fisico Christian Oersted (1777-1851)<br />

con alla destra lo schema del suo famoso<br />

esperimento.<br />

ne e grado ma nemmeno i più rinomati<br />

testi di elettrotecnica fanno menzione e<br />

se si riesce a trovare qualche pubblicazione<br />

che ne parla non si stenta a riconoscere<br />

nel suo autore il desiderio di attenuarne<br />

l’importanza spesso ricorrente ad immagini<br />

del tutto fuorvianti oltre che poco<br />

garbate. È ad esempio il caso del volume<br />

del fisico Dibner pubblicato nel 1962 sotto<br />

il titolo Oersted and the discovery of the<br />

electromagnetism che così si chiude: “Like<br />

the parable of the seed, the one (Romagnosi)<br />

was an early sowing that fell upon<br />

a stony place, the other (Oersted), made<br />

in the full spring and falling on rich soil,<br />

took root and flowered<strong>”</strong>.<br />

Evidentemente se il Dibner avesse presa<br />

diretta visione delle minute descrizioni<br />

fatte dalle comunicazioni del Romagnosi<br />

ai due citati quotidiani ed all’Assemblea<br />

della Scienze di Francia e confrontato lo<br />

schema descritto dall’ Italiano con quello<br />

originale del Danese da noi rintracciato<br />

alla pagina 115 del volume di Th. Schwartze<br />

Licht un Kraft e riportato nella nostra<br />

fig. 2/B, non avrebbe mai parlato di “seme<br />

gettato sulla nuda pietra<strong>”</strong>, tanto più che<br />

mentre il secondo schema non evidenzia<br />

per nulla la sorgente di elettricità cui<br />

Oersted fa ricorso, il Romagnosi descrive<br />

per filo e per segno la pila da lui utilizzata<br />

ch’è esattamente la stessa presentata dal<br />

Volta a Napoleone Bonaparte nel 1801.<br />

Si sarebbe allora tentati di indagare sui<br />

motivi per cui così a lungo il ritrovato del<br />

Nostro conobbe l’oblio, ma se ci si accinge<br />

a farlo si rischia d’imboccare un vicolo<br />

cieco. Come abbiamo visto il Romagnosi<br />

fece di tutto per far conoscere a istituzioni<br />

scientifiche e personalità varie quant’aveva<br />

constatato, e del resto la città di Trento<br />

questa priorità volle scolpire nel marmo<br />

dedicandogli un’apposita lapide (fig. 1/B).<br />

Residuano perciò due congetture che non<br />

tutti ovviamente condivideranno e sulle<br />

quali noi stessi abbiamo ponderato prima<br />

di esporle. La prima è che il Romagnosi la<br />

sua scoperta comunicò al mondo scientifico<br />

nella sua madrelingua e non come fece<br />

l’Oersted in quella dei dotti, cioè nell’idioma<br />

che fino a circa la metà del Novecento<br />

occupava il posto oggi rivestito dall’inglese,<br />

il che ovviamente accadde per la fede ed<br />

il patriottismo di cui abbiamo detto presentando<br />

la figura del nostro protagonista,<br />

non certo per aver incontrato difficoltà<br />

visto che, come umanista oltre che come<br />

giurista, il Romagnosi conosceva, scriveva<br />

e parlava correntemente il latino. Resta<br />

allora l’altra ipotesi, quella per così dire<br />

“limite<strong>”</strong>, e cioè che il Romagnosi nacque<br />

sotto cattiva stella, tale essendosi questa<br />

rivelata già con le due del tutto immeritate<br />

condanne da noi ricordate. Nel sonetto In<br />

morte di Laura il Petrarca osserva che “sua<br />

ventura ha ciascun dal dì che nasce<strong>”</strong>. Se<br />

quindi essa ventura sin da tal dì rivelasi<br />

“ria<strong>”</strong> del tutto inutile è lottare contro il<br />

destino.<br />

INGEGNERI Ordine di Napoli<br />

17


Elettrosmog<br />

Il corso diventa annuale<br />

Dopo il successo della prima edizione sarà ripetuta l’iniziativa<br />

voluta da Ordine e Associazione Ingegneri per formare esperti<br />

nella valutazione dei campi elettromagnetici nell’ambiente.<br />

Si è conclusa nel mese di maggio 2008<br />

la prima edizione del corso di formazione<br />

su “Il monitoraggio dei campi elettromagnetici<strong>”</strong><br />

organizzato dall’Ordine<br />

degli Ingegneri di Napoli in collaborazione<br />

con l’Associazione Ingegneri di<br />

Napoli.<br />

Il corso ha visto la partecipazione di<br />

venti colleghi che hanno voluto ampliare<br />

il loro spazio professionale a questo<br />

importante e attuale settore della valutazione<br />

dei campi elettromagnetici nell’ambiente,<br />

il cosiddetto elettrosmog.<br />

La tematica è parte significativa dei<br />

programmi di attività della commissione<br />

Telecomunicazioni del nostro Ordine,<br />

che nello specifico prevedono azioni di<br />

formazione continua ma anche studi e<br />

proposte, come quelle per una diffusione<br />

dei piani regolatori per l’installazione di<br />

sorgenti di campi Em nell’ambiente e la<br />

creazione di un albo regionale specifico<br />

per tecnici del settore.<br />

Il corso, coordinato da Antonella<br />

D’Agata della Commissione Telecomunicazioni,<br />

ha avuto la durata di 35 ore ed<br />

ha trattato sia l’area della bassa frequenza<br />

che quello dell’alta frequenza.<br />

Oltre alla parte teorica sono state effettuate<br />

anche delle misure sul campo.<br />

Il tutto con il contributo di professori<br />

universitari.<br />

L’esito complessivo dell’iniziativa ha<br />

confermato la necessità non solo di formare<br />

tecnici specializzati nel settore, ma<br />

anche di creare una maggiore sensibilità<br />

verso una rigorosa applicazione delle<br />

norme vigenti al fine meglio tutelare gli<br />

addetti ai lavori e la popolazione.<br />

È proprio per queste ragioni che si è<br />

deciso di dare al corso una frequenza<br />

annuale e di continuare a promuovere<br />

azioni sinergiche sulla materia con enti<br />

di ricerca, istituzioni pubbliche, produttori<br />

e gestori di impianti con sorgenti di<br />

campi Em.<br />

Per ulteriori informazioni si rimanda<br />

al sito www.ordineingegnerinapoli.it .<br />

INGEGNERI Ordine di Napoli<br />

21


ENERGIA, LA LEGGE<br />

IMPONE IL RISPARMIO<br />

Anche l’edilizia deve porsi l’obiettivo di costruire e ristrutturare<br />

adottando soluzioni che aumentano l’efficienza energetica.<br />

I costi salgono solo dell’8 per cento e si recuperano rapidamente.<br />

Adolfo Palombo<br />

Ingegnere<br />

del Dipartimento Energetica,<br />

Termofluidodinamica applicata e<br />

Condizionamenti ambientali dell’Università<br />

Federico II di Napoli<br />

“ L’obiettivo dei prossimi anni<br />

è di ridurre i consumi<br />

e le emissioni di CO2 .<br />

Per i fabbricati<br />

l’attenzione maggiore<br />

va posta sui sistemi<br />

di condizionamento termico<br />

<strong>”</strong><br />

Il 14 gennaio scorso, in Acen, si è<br />

parlato di efficienza energetica in edilizia<br />

per sensibilizzare l’imprenditoria<br />

locale sul tema e, ancor più, per renderla<br />

edotta degli adempimenti che<br />

gravano sulla categoria.<br />

A promuovere l’incontro è stata Paola<br />

Marone, vicepresidente dell’Acen e<br />

consigliere dell’Ordine degli Ingegneri,<br />

che ha fornito interessanti dati su fonti<br />

e consumi energetici. Particolarmente<br />

ha rilevato nell’ultimo quinquennio, in<br />

Italia, un aumento continuo dei consumi<br />

totali di energia non corrispondente<br />

ad un aumento del Pil. Ancora, dalla<br />

ripartizione delle quote di consumi di<br />

energia per settori di uso finale, risulta<br />

primo il settore residenziale-terziario<br />

con il 32 per cento, seguito da quello<br />

dei trasporti (30 per cento) e da quello<br />

dell’industria (28 per cento). L’aumento<br />

della domanda di energia riguarda infine<br />

soprattutto gli usi civili ed è causato<br />

essenzialmente da fattori climatici.<br />

È inoltre intervenuto Pietro Ernesto<br />

De Felice, vicepresidente vicario del<br />

Consiglio Nazionale degli Ingegneri,<br />

che ha riferito che il Cni si è molto<br />

prodigato per l’emanazione dei decreti<br />

attuativi e delle linee guida nazionali<br />

in tema di risparmio energetico, considerata<br />

l’importanza del tema e le ripercussioni<br />

dello stessa sull’operatività di<br />

professionisti e imprese, oltre che sulla<br />

opportunità dal punto di vista ambientale<br />

di muoversi in tale direzione.<br />

A relazionare tecnicamente sul tema<br />

è poi intervenuto Adolfo Palombo,<br />

docente del Dipartimento Energetica,<br />

Termofluidodinamica applicata e condizionamenti<br />

ambientali dell’Università<br />

di Napoli Federico II, di cui di seguito<br />

pubblichiamo l’intervento.<br />

I costi energetici ed il rispetto per<br />

l’ambiente impongono oggi il massimo<br />

sforzo per razionalizzare l’uso dell’energia.<br />

Attraverso l’attuale quadro<br />

23<br />

INGEGNERI Ordine di Napoli


di legge questo tema diventa di particolare<br />

interesse anche nel settore dell’edilizia,<br />

dove l’obiettivo dei prossimi<br />

anni sarà quello di ridurre i consumi<br />

energetici e le emissioni di CO 2<br />

. Poiché<br />

questi sono dovuti in buona parte alla<br />

climatizzazione ambientale, i vincoli<br />

e le verifiche di legge sull’efficienza<br />

energetica nell’edilizia riguardano per<br />

il momento essenzialmente tale argomento<br />

ed in particolare il riscaldamento<br />

invernale. Da questo punto di<br />

vista i regolamenti più recenti discendono<br />

dalla direttiva europea 2002/91<br />

Ce che in Italia è recepita dal decreto<br />

legislativo 192/05 poi riveduto e corretto<br />

dal decreto legislativo 311/06.<br />

I possibili interventi che oggi devono<br />

essere presi in considerazione per<br />

migliorare l’efficienza energetica degli<br />

edifici coinvolgono sia l’involucro edilizio<br />

che i relativi impianti termici. Aldilà<br />

di alcune eccezioni, tali argomenti<br />

riguardano tutti gli edifici nuovi, tutti<br />

i nuovi impianti negli edifici non nuovi<br />

(compresa la sostituzione del solo<br />

generatore di calore) e le significative<br />

ristrutturazioni ed ampliamenti del<br />

cospicuo patrimonio edilizio esistente.<br />

Per quanto riguarda quest’ultimo<br />

i margini d’intervento sono notevoli,<br />

si pensi infatti che una sua larga fetta<br />

è costituita da fabbricati edificati con<br />

poca o nessuna attenzione all’efficienza<br />

energetica.<br />

In seguito sono riassunti brevemente<br />

i possibili interventi sull’involucro<br />

edilizio al fine di ridurre il fabbisogno<br />

d’energia primaria per il riscaldamento<br />

invernale o per contenere il carico<br />

termico estivo. Successivamente, ai<br />

fini del risparmio energetico, vengono<br />

riportate le principali soluzioni<br />

riguardanti gli impianti e le fonti rinnovabili<br />

nell’edilizia.<br />

Sugli elementi opachi dell’involucro<br />

edilizio è necessario operare al fine di<br />

limitare il valore della relativa trasmittanza<br />

termica, prevedendo in generale<br />

un opportuno spessore d’isolante,<br />

da calcolarsi in funzione della zona<br />

climatica in cui è ubicato l’edificio.<br />

In particolare, sulle coperture piane<br />

le tecniche utilizzate sono quella del<br />

classico tetto caldo oppure quella del<br />

tetto rovescio che, come è noto, differiscono<br />

essenzialmente per la posizione<br />

dell’isolante rispetto alla guaina impermeabilizzante.<br />

Un particolare tetto<br />

rovescio è il cosiddetto tetto verde la<br />

cui peculiarità sta nel fatto che l’isolamento<br />

è ottenuto anche attraverso<br />

un opportuno spessore di terreno e la<br />

vegetazione messa a dimora su quest’ultimo.<br />

L’isolamento termico della<br />

copertura può essere effettuato anche<br />

dall’interno dell’edificio, eventualmente<br />

attraverso l’adozione di un controsoffitto<br />

isolante. Per i tetti inclinati le<br />

soluzioni normalmente adottate sono<br />

abbastanza simili a quelle del caso precedente<br />

con l’aggiunta del cosiddetto<br />

tetto ventilato. Quest’ultimo consiste<br />

di un’intercapedine che, permettendo<br />

la circolazione naturale dell’aria tra la<br />

gronda ed il colmo, garantisce d’estate<br />

minori rientrate di calore verso gli<br />

spazi interni. Nel caso che il locale sottotetto<br />

non sia adibito al calpestio, un<br />

ulteriore metodo consiste nel posizionare<br />

l’isolante sull’ultimo solaio.<br />

Per quanto riguarda le pareti perimetrali<br />

verticali è spesso necessario<br />

isolarle termicamente con il cosiddet-<br />

24<br />

N. 5-6/2008 - INGEGNERIA CIVILE


to cappotto esterno oppure disporre<br />

l’isolante sulle sue superfici interne.<br />

In alternativa l’isolante può essere<br />

posto all’interno della parete. La tecnica<br />

del cappotto consiste tipicamente<br />

nell’ancorare dei pannelli di materiale<br />

isolante all’intera superficie verticale<br />

esterna dell’edificio e nel coprirli<br />

con intonaci speciali. In alcuni casi la<br />

coibentazione è realizzata direttamente<br />

con significativi spessori di malte<br />

bassoconduttive contenenti granuli<br />

sciolti d’isolante. Il cappotto è l’unica<br />

tipologia d’isolamento che consente<br />

di correggere i ponti termici e scongiurare<br />

il rischio di condensa; nelle<br />

applicazioni retrofit non interferisce<br />

durante la posa in opera con l’utilizzazione<br />

degli ambienti interni e, negli<br />

edifici ad uso continuativo, permette<br />

di conservare una temperatura interna<br />

di benessere anche ad impianto spento<br />

grazie allo sfruttamento dell’inerzia<br />

termica della muratura. Per contro<br />

possono nascere problematiche legate<br />

all’aumento di volume dell’edificio.<br />

L’isolamento dall’interno consiste nel<br />

posizionare delle lastre di materiale<br />

isolante sul lato interno delle superfici<br />

disperdenti e nel coprirle d’intonaco.<br />

In alternativa è realizzato attraverso<br />

pareti preaccoppiate costituite da<br />

cartongesso incollato su lastre rigide<br />

d’isolante. È tipicamente adottato nel<br />

caso di edifici sottoposti a vincoli architettonici<br />

o in quelli adibiti ad uso<br />

discontinuo. Ad impianto spento con<br />

questa soluzione si perdono i benefici<br />

legati all’inerzia termica delle murature<br />

mentre, per contro, si ottiene ad<br />

impianto acceso il rapido raggiungimento<br />

della desiderata temperatura<br />

ambiente. Negli interventi retrofit è<br />

forte il rischio legato all’interferenza<br />

dei pannelli isolanti con gli impianti<br />

elettrici, termici, etc. È semplice la<br />

posa in opera, mentre d’altro canto, si<br />

riduce il volume utile degli ambienti.<br />

L’isolamento posizionato all’interno<br />

delle murature può essere realizzato<br />

sia su manufatti nuovi che in applicazioni<br />

retrofit. Nel primo caso consta<br />

nel posizionamento di lastre rigide<br />

d’isolante tra le due pareti di cui è formata<br />

la chiusura verticale dell’edificio.<br />

Ovviamente almeno una delle due pareti<br />

deve essere di nuova fattura. Nelle<br />

applicazioni retrofit sulle murature a<br />

cassa vuota il riempimento delle intercapedini<br />

d’aria è effettuato, per piccoli<br />

spessori di quest’ultime, con resine<br />

liquide auto indurenti, altrimenti<br />

con materiali isolanti solidi in forma<br />

sciolta. Interessanti sotto il profilo<br />

dei vantaggi legati all’inerzia termica<br />

della parete, sono le applicazioni che<br />

vedono la muratura coperta d’isolante<br />

sia all’interno che all’esterno. I materiali<br />

utilizzati più di frequente per<br />

l’isolamento delle superfici opache<br />

sono il polistirene, il polietilene, il<br />

poliuretano, le fibre di vetro, quelle<br />

minerali e quelle di legno mineralizzato.<br />

Per tali materiali le conducibilità<br />

oscillano tra 0,03 e 0,08 W/mK,<br />

i costi iniziali tra 0,6 e 5 €/m 2·cm.<br />

Per le pareti perimetrali degli edifici<br />

nuovi sono spesso utilizzati blocchi<br />

di calcestruzzo aerato autoclavato o<br />

d’argilla espansa. Se gli spessori sono<br />

sufficienti, le pareti costituite da tali<br />

materiali possono avere trasmittanze<br />

già inferiori ai valori limite ammissibili<br />

non necessitando dunque dell’adozione<br />

d’isolante supplementare. Per<br />

garantire d’estate minori rientrate di<br />

calore verso gli spazi interni si possono<br />

adottare pareti con facciata ventilata.<br />

La circolazione naturale dell’aria<br />

attraverso l’intercapedine ricavata<br />

tra la muratura e l’esterno permette<br />

qui di evitare eccessive temperature<br />

delle murature verticali. Anche per i<br />

pavimenti verso locali non riscaldati<br />

o verso l’esterno il decreto legislativo<br />

311/06 impone di limitarne le dispersioni.<br />

Tale obiettivo è raggiunto<br />

perlopiù attraverso l’adozione di un<br />

opportuno strato di materiale isolante<br />

collocato sotto la pavimentazione.<br />

Anche sugli elementi trasparenti<br />

dell’involucro edilizio è opportuno<br />

operare al fine di limitarne il valore<br />

della trasmittanza. I possibili interventi<br />

sulle finestre riguardano i telai,<br />

le vetrate, i cassonetti degli eventuali<br />

avvolgibili e le schermature. In particolare<br />

il regolamento vigente impone<br />

dei valori limite alle trasmittanze, sia<br />

delle vetrate che dell’intero componente<br />

finestrato, via via più bassi all’aumentare<br />

del grado giorno. I telai<br />

in legno hanno buone caratteristiche<br />

d’isolamento, soprattutto se la tenuta<br />

“ La tecnica ha sviluppato<br />

tante soluzioni<br />

per intervenire<br />

sia nelle nuove costruzioni<br />

sia nelle ristrutturazioni.<br />

Le leggi di riferimento<br />

sono la 192/05 e la 311/06<br />

<strong>”</strong><br />

INGEGNERI Ordine di Napoli<br />

25


“ Gli interventi possibili<br />

riguardano i pavimenti,<br />

le pareti, i tetti e perfino<br />

le superfici vetrate<br />

e riducono sia<br />

le entrate di calore estivo<br />

che le dispersioni invernali<br />

<strong>”</strong><br />

per evitare le infiltrazioni è efficiente.<br />

Quelli in metallo necessitano dell’ormai<br />

tipico taglio termico. Per quanto<br />

riguarda le vetrate, va detto che i vetri<br />

monolitici semplici, in generale, non<br />

sono più sostenibili. Per limitare il valore<br />

delle dispersioni termiche spesso<br />

non basta nemmeno l’adozione delle<br />

vetrocamere semplici. Da questo punto<br />

di vista è possibile operare con differenti<br />

soluzioni eventualmente adottabili<br />

simultaneamente. Per innalzare<br />

la resistenza convettiva all’interno<br />

dell’intercapedine della vetrocamera<br />

è possibile utilizzare, in luogo della<br />

tipica aria disidratata, gas bassoconduttivi<br />

ad alto peso molecolare come<br />

l’argon, il kripton, l’esafloruro di zolfo,<br />

etc.. Per elevare la resistenza radiativa<br />

è possibile adottare lastre di vetro<br />

bassoemissive (lowe) con trattamento<br />

superficiale magnetronico o pirolitico.<br />

Queste tecnologie consistono nel depositare<br />

su una delle due facce di questi<br />

vetri una pellicola sottilissima costituita<br />

da metalli o ossidi metallici che<br />

rendono la superficie selettiva. Il vetro<br />

così trattato rimane trasparente alla luce<br />

e, con un certo margine, alla radiazione<br />

infrarossa solare mentre evita la<br />

dispersione della radiazione infrarossa<br />

ad alta lunghezza d’onda proveniente<br />

dall’ambiente interno. Un ulteriore<br />

metodo per abbattere la trasmittanza<br />

delle vetrate consiste nell’utilizzare<br />

vetrocamere triple. Per ridurre il carico<br />

solare estivo è possibile adottare<br />

vetri a controllo solare. Ne esistono di<br />

differenti tipologie: riflettenti, assorbenti,<br />

selettivi. Questi ultimi, rispetto<br />

ai selettivi invernali, hanno la peculiarità<br />

di tagliare anche la radiazione<br />

infrarossa solare (vicino infrarosso).<br />

Le proprietà di tali vetri possono essere<br />

opportunamente combinate in vetrocamere<br />

speciali. Le caratteristiche<br />

dei vetri in commercio in termini di<br />

illuminamento, guadagno solare invernale,<br />

controllo solare estivo ed estetica<br />

possono in generale contrastare tra loro.<br />

La scelta del prodotto ottimale va<br />

in tali casi ponderata in funzione della<br />

destinazione d’uso dell’edificio, della<br />

sua geometria, dell’orientamento delle<br />

superfici finestrate, etc.. I costi iniziali<br />

vanno dai 50 €/m 2 per le vetrocamere<br />

semplici, agli 85 €/m 2 per le vetrocamere<br />

con Argon, ad oltre 120 €/m 2 per<br />

quelle con vetro selettivo.<br />

I benefici che si ottengono con le<br />

suddette soluzioni riducono in generale<br />

sia le dispersioni invernali che le<br />

rientrate di calore estive. Ritornando<br />

alle superfici opache il regolamento vigente<br />

prescrive in alcuni casi ulteriori<br />

accorgimenti per limitare il carico termico<br />

estivo. Se il valore medio mensile<br />

dell’irradianza sul piano orizzontale<br />

nel mese di massima insolazione è<br />

maggiore di 290 W/m 2 , la massa superficiale<br />

delle pareti opache (verticali,<br />

orizzontali e inclinate) deve essere<br />

maggiore di 230 kg/m 2 . In alternativa<br />

si impone di ottenere gli stessi effetti<br />

utilizzando tecnologie e materiali innovativi.<br />

Il motivo di tale prescrizione<br />

sta nel fatto che grazie all’inerzia termica<br />

della struttura il carico termico<br />

26<br />

N. 5-6/2008 - INGEGNERIA CIVILE


di trasmissione effettivo è attenuato e<br />

sfasato in ritardo rispetto a quello che<br />

si avrebbe se la struttura non avesse capacità<br />

termica. Un elevato sfasamento<br />

temporale permette di avere un carico<br />

di trasmissione di picco nelle ore serali<br />

o notturne quando gli edifici commerciali<br />

sono in generale chiusi e quando<br />

la più bassa temperatura dell’aria<br />

esterna permette di ridurre il carico<br />

termico di quelli residenziali grazie<br />

alla ventilazione (in quelle ore la temperatura<br />

esterna è tipicamente minore<br />

di quella interna). Un basso fattore di<br />

attenuazione (elevata attenuazione)<br />

permette in generale di ridurre significativamente<br />

il carico termico e quindi<br />

la taglia e i consumi degli eventuali<br />

impianti di climatizzazione estiva. In<br />

generale per quanto detto bisognerebbe<br />

che lo sfasamento delle coperture fosse<br />

maggiore di dieci, dodici ore, mentre<br />

per le pareti perimetrali opache fosse<br />

non minore di nove ore (dicei ore per i<br />

climi estivi più impegnativi). Per quanto<br />

riguarda il fattore d’attenuazione i<br />

valori ottimali si attestano intorno a<br />

0,15. Tale argomento è ovviamente di<br />

maggior interesse nei casi in cui il carico<br />

di trasmissione è preponderante<br />

rispetto alle altre componenti del carico<br />

termico.<br />

Per limitare il carico termico estivo<br />

per alcuni ambiti d’intervento è<br />

resa obbligatoria la presenza, in corrispondenza<br />

delle finestre, di sistemi<br />

schermanti esterni o interni. Va inoltre<br />

verificata la possibilità di sfruttate al<br />

meglio le condizioni ambientali esterne<br />

e le caratteristiche distributive dell’edificio<br />

per ottimizzare la ventilazione<br />

naturale. In assenza di impedimenti gli<br />

edifici nuovi dovrebbero essere orientati<br />

con l’asse longitudinale disposto<br />

lungo la direttrice Est – Ovest con una<br />

tolleranza massima di 45°. In tal modo<br />

si ottiene in generale il minimo carico<br />

solare estivo ed il massimo guadagno<br />

solare invernale. Quest’ultimo è ottenuto<br />

sulla più ampia superficie sud<br />

dell’edificio poiché d’inverno il sole,<br />

essendo abbastanza basso sull’orizzonte,<br />

la colpisce efficacemente (d’estate il<br />

sole che si affaccia sulle pareti a sud è<br />

in generale più alto ed i tipici aggetti<br />

esterni allocati sopra le finestre evitano<br />

abbastanza bene l’ingresso della radiazione<br />

attraverso i vetri). Se si segue<br />

tale raccomandazione, le dimensioni<br />

delle pareti est ed ovest dell’edificio<br />

risultano minori di quella a sud ed il<br />

sole del mattino e del pomeriggio, a<br />

quell’ora basso sull’orizzonte, procura<br />

carichi termici più contenuti. Ovviamente<br />

tali osservazioni riguardano<br />

maggiormente gli edifici cosiddetti in<br />

linea e meno quelli che tendono alla<br />

forme a torre. In ogni caso i fabbricati<br />

vicini dovrebbero essere opportunamente<br />

distanziati per evitare il mutuo<br />

ombreggiamento e favorire quindi il<br />

guadagno solare invernale.<br />

Per quanto riguarda gli impianti<br />

termici le soluzioni adottabili per favorire<br />

il risparmio energetico sono molteplici.<br />

È innanzitutto indispensabile<br />

la miglior regolazione dell’impianto<br />

(in modo da tener conto anche degli<br />

apporti di calore gratuiti) e la minor<br />

dispersione termica possibile sia della<br />

rete di distribuzione che dei terminali<br />

di scambio termico. In relazione al<br />

riscaldamento invernale la soluzione<br />

maggiormente adoperata consiste nell’utilizzare<br />

fluidi termovettori a bassa<br />

temperatura. In quest’ipotesi la produzione<br />

di calore può essere effettuata<br />

con generatori più efficienti delle caldaie<br />

tradizionali, come le pompe di calore<br />

o le caldaie a condensazione. Ovviamente<br />

è condizione necessaria che<br />

vengano adottati terminali di scambio<br />

termico anch’essi a bassa temperatura<br />

come ad esempio i pannelli radianti<br />

o i ventilconvettori. L’efficienza del<br />

sistema può essere ulteriormente migliorata<br />

attraverso l’ausilio di un impianto<br />

solare termico, che d’altro canto<br />

l’attuale normativa prescrive per la<br />

produzione di almeno un’aliquota del<br />

fabbisogno d’acqua calda sanitaria<br />

dell’edificio. Anche il fotovoltaico è<br />

ormai oggetto di alcuni obblighi (le<br />

sue caratteristiche impiantistiche e<br />

la normativa relativa al suo impiego<br />

richiedono una specifica trattazione).<br />

Un involucro edilizio ed un impianto<br />

energeticamente efficienti assicurano<br />

in generale un ridotto fabbisogno specifico<br />

d’energia primaria dell’edificio.<br />

L’attuale regolamento, per i suddetti<br />

ambiti d’intervento, pone un limite<br />

massimo a tale indice in riferimento<br />

al solo riscaldamento invernale.<br />

Aldilà dei vincoli di legge, e cioè dei<br />

requisiti minimi da considerare nello<br />

scegliere le possibili soluzioni progettuali<br />

e costruttive, bisogna considerare<br />

anche i relativi aspetti economici. Da<br />

questo punto di vista recenti studi mostrano<br />

che l’aggravio sui costi economici<br />

iniziali per ottenere edifici energeticamente<br />

efficienti sono compresi,<br />

in funzione della forma dell’edificio,<br />

al massimo tra il 3 e l’8 per cento dell’investimento<br />

totale. Nello studio di<br />

fattibilità, che va comunque effettuato<br />

a monte della progettazione, va considerato<br />

che il periodo di ritorno dell’investimento<br />

relativo al sovraccosto delle<br />

possibili soluzioni innovative può in<br />

alcuni casi superare i normali standard<br />

vista la longevità di tali investimenti.<br />

INGEGNERI Ordine di Napoli<br />

27


I dispositivi individuali oggi dialogano con Erp e intranet<br />

Il Vws aumenta la produttività individuale<br />

Investire nei nuovi modelli di comunicazione e nei nuovi sistemi di gestione dell’informazione<br />

permette a organizzazzioni ed aziende di favorire la mobilità e l’operatività dei propri lavoratori<br />

grazie all’integrazione tra Pde, Smartphone, cellulari e reti informatiche locali e terrestri.<br />

In un recente studio dell’osservatorio<br />

(banche e Pubblica amministrazione)<br />

si è vista la progressive<br />

integrazione tra le reti intranet<br />

e i sistemi Erp (Enterprise resource<br />

planning) e strumenti<br />

di produttività individuale.<br />

Questo nuovo modello<br />

di sistema informativo e di<br />

comunicazione è stato definito<br />

il “Vws<strong>”</strong> dell’organizzazione.<br />

L’analisi è stata condotta<br />

da tre differenti prospettive<br />

1. strategica (obiettivi e<br />

processi supportati,<br />

modelli di business,<br />

progetti Ict, investimenti<br />

sostenuti<br />

etc.);<br />

2. tecnologica<br />

(piattaforme<br />

tecnologiche<br />

utilizzate e dinamiche<br />

di sviluppo,<br />

modelli<br />

di implementazione,<br />

etc.);<br />

3. organizzativa (approcci<br />

di sviluppo,<br />

soluzioni di gestione impatti<br />

organizzativi, etc.).<br />

Le banche coinvolte sono quelle del<br />

nord e centro sud.<br />

I Vws sono veri e proprio ambienti<br />

di lavoro che offrono alle persone e<br />

agli operatori di settore un supporto<br />

completo alle loro esigenze di operatività<br />

e di servizi, comunicazione, e<br />

gestione della conoscenza.<br />

La continua convergenza di tutte<br />

le applicazione di It verso i web permette<br />

ai sistemi informativi e quindi<br />

alle intranet di essere più incisivi<br />

nei riguardi dei dati immessi e delle<br />

informazioni ricavabili nell’ambito<br />

organizzativo.<br />

Possono essere identificate quattro<br />

dimensioni di un Vws:<br />

1. employee, service space: servizi<br />

di sportello e servizi per le facilities;<br />

2. internal comunication space: servizi<br />

di comunicazione verso gli<br />

stackholder;<br />

3. business community space: accesso<br />

ai dati aziendali per sviluppo<br />

di aree di affari;<br />

4. operative work space: strumenti<br />

e servizi per la propria attività.<br />

L’impatto organizzativo risulta essere<br />

positivo se il Vws è pienamente<br />

integrato. Infatti possiamo avere quattro<br />

dimensioni di vantaggio:<br />

1. velocità decisionale per strategie<br />

di innovazione efficaci;<br />

2. maggiore collaborazione tra unità<br />

diverse;<br />

3. maggiore versibilità e maggiore<br />

capacità nell’attuare le strategie;<br />

4. maggiore capacità nel supportare<br />

l’attività delle persone consentendo<br />

l’accesso ai lavoratori mobili<br />

con dispositivi ad alta portabilità<br />

(cellulari, Pde, SmartPhone,<br />

Blackberry).<br />

È facile notare come tali<br />

dimensioni impattino sull’organizzazione<br />

aziendale<br />

creando vantaggi sia nella<br />

mobilità e sia nelle capacità<br />

delle persone: si immagini ad<br />

esempio negli ambiti sanitari dove<br />

una risposta veloce può essere importante<br />

per la salute di una persona da<br />

soccorrere urgentemente al pronto<br />

soccorso nelle diverse ore della giornata<br />

(verificare la possibilità di poter<br />

inviare messaggi a gruppi di medici<br />

della stessa unità operativa e gestione<br />

della chiamata unica e verifica di<br />

questa possibilità nelle ambulanze e<br />

nei 118).<br />

Il Vws è un ambiente innovativo<br />

che promuove un’elevata integrazione<br />

di strumenti software e pacchetti<br />

INGEGNERI Ordine di Napoli<br />

29


“ Gli ingegneri<br />

che hanno implementato<br />

sistemi di Business<br />

process management<br />

sono coloro che attueranno<br />

una reale configurazione<br />

dei processi aziendali<br />

<strong>”</strong><br />

applicativi nati in ambiti diversi. Un<br />

esempio sono gli standard e tecnologie<br />

come i web services, Soa (services<br />

oriented architecture). Analogamente<br />

mondi applicativi un tempo separati<br />

come le reti intranet e Erp, sistemi di<br />

Crm cominciano a fondersi inglobando<br />

sempre più funzionalità di comunicazione<br />

e collaborazione.<br />

Si rileva quindi un’area strategica di<br />

interesse per quelle organizzazioni che<br />

possono investire in strumenti di integrazione<br />

evoluti laddove gli ingegneri<br />

che hanno implementato logiche Soa e<br />

Bpm (Business process management)<br />

saranno coloro che attueranno una<br />

reale configurabilità dei processi.<br />

Si assiste pertanto ad una logica di<br />

fire integration la quale prevede di investire<br />

in una progressiva modularizzazione<br />

del sistema con un orientamento<br />

nei servizi, considerando le diverse tipologie<br />

di utenti e il diverso livello di<br />

applicazione esistenti. Per le organizzazioni<br />

è necessaria la tracciatura di una<br />

“Orroad map<strong>”</strong> del cambiamento che si<br />

compone delle seguenti fasi:<br />

1. concept strategico;<br />

2. piano di governante;<br />

3. progettazione e sviluppo;<br />

4. rilascio e lancio;<br />

5. gestione corrente;<br />

6. assessment (asseveramento configurazione<br />

iniziale).<br />

L’ingegnere gestionale può pilotare<br />

la nuova organizzazione proveniente<br />

dal cambiamento con l’aiuto dell’ingegnere<br />

di processo che coordinerà<br />

l’architettura del Vws, senza esimersi<br />

dal coinvolgere gli utenti ovvero gli<br />

operatori bancari o sanitari.<br />

Si configura così uno scenario caratterizzato<br />

dal Vws e da nuove modalità<br />

collaborative di sviluppo organizzativo<br />

con nuove modalità di intervento:<br />

◗ informali, guidate dal basso;<br />

◗ contestuali per migliorare le performance<br />

e diffondere l’apprendimento;<br />

◗ innovative, per sostenere l’innovazione<br />

e costruire appartenenza<br />

e motivazione.<br />

Nelle reti di vendita, nei servizi di<br />

assistenza post vendita, nel marketing<br />

e in tutte le altre aree aziendali il Vws<br />

dimostra così un ruolo crescente nella<br />

costruzione del risultato: il management<br />

ne prende atto e può iniziare così<br />

a rivedere i modelli di leadership e di<br />

governo.<br />

30<br />

N. 5-6/2008 - INGEGNERIA GESTIONALE

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