a chiamata - Ordine degli Ingegneri della provincia di Napoli
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“<br />
Il Commissariato<br />
straor<strong>di</strong>nario ha dovuto<br />
esaminare una situazione<br />
complessa che<br />
ha richiesto<br />
<strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare soluzioni<br />
originali ed innovative<br />
”<br />
prescrizioni sull’uso del suolo, già operanti<br />
prima dei tragici eventi <strong>di</strong> Sarno e già prima<br />
delle colate rapide <strong>di</strong> fango che si erano<br />
verificate in Irpinia.<br />
E con particolare riferimento alla Regione<br />
Campania, l’indagine conoscitiva<br />
socio-economica e territoriale effettuata<br />
dall’Ufficio <strong>di</strong> Piano regionale nel 1994<br />
già si soffermava sul rischio ambientale,<br />
definendo la Campania “una delle regioni<br />
a più alto rischio”.<br />
Tale premessa, per una regione a notevole<br />
rischio è da ritenersi necessaria per<br />
meglio comprendere le notevoli <strong>di</strong>fficoltà<br />
tecnico scientifiche che dovevano essere<br />
affrontate e risolte dal Commissariato <strong>di</strong><br />
Governo, istituito dopo gli eventi <strong>di</strong> Sarno,<br />
<strong>di</strong> cui ho seguito abbastanza da vicino<br />
e per più anni le attività, a seguito <strong>di</strong><br />
incarico ricevuto dal Gruppo Nazionale<br />
Difesa Catastrofi Idrogeologiche (GNDCI)<br />
unitamente a molti altri colleghi delle università<br />
campane e <strong>di</strong> altre regioni italiane,<br />
per <strong>di</strong>scutere delle varie problematiche da<br />
affrontare e per la ricerca delle soluzioni<br />
più idonee da adottare per la mitigazione<br />
del rischio idrogeologico, attesi:<br />
◗ la desuetu<strong>di</strong>ne a tali tipi <strong>di</strong> opere;<br />
◗ le conoscenze limitate sullo stato fessurativo<br />
delle rocce lapidee e sulla mobilizzazione<br />
delle coltri piroclastiche;<br />
◗ le modalità <strong>di</strong> innesco;<br />
◗ la strategia da seguire per la scelta tra<br />
interventi strutturali e non strutturali;<br />
◗ la necessità <strong>di</strong> tener conto non solo<br />
<strong>degli</strong> aspetti ingegneristici ma anche<br />
<strong>di</strong> quelli sociali ed ambientali;<br />
◗ la mancanza, pertanto, <strong>di</strong> consolidati<br />
criteri <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensionamento nella stessa<br />
misura per le opere idrauliche classiche<br />
(che già, come sosteneva Girolamo<br />
Ippolito 60 anni fa nella prefazione<br />
del suo testo <strong>di</strong> Costruzioni Idrauliche,<br />
sono tra le più <strong>di</strong>fficili dell’<strong>Ingegneri</strong>a<br />
Civile).<br />
All’uopo voglio ricordare quanto era<br />
solito <strong>di</strong>re il compianto amico e collega<br />
Arturo Pellegrino (con il quale ho con<strong>di</strong>viso<br />
le tante riunioni tecniche): “Grande è<br />
ancora la nostra ignoranza sulla complessa<br />
fenomenologia delle colate rapide <strong>di</strong> fango e<br />
si è ancora lontani dal pervenire a risposte<br />
<strong>di</strong> carattere conclusivo”.<br />
Grazie all’impegno profuso dal Commissariato<br />
<strong>di</strong> Governo, con la collaborazione<br />
<strong>della</strong> comunità scientifica, oggi si<br />
può parlare <strong>di</strong> “Modello Sarno”, che venne<br />
coor<strong>di</strong>nato e gestito dal prof. Pasquale<br />
Versace a cui occorre riconoscere il merito<br />
<strong>di</strong> aver accettato un compito immane<br />
e <strong>di</strong> aver pre<strong>di</strong>sposto un piano organico<br />
<strong>di</strong> interventi finalizzato alla mitigazione<br />
del rischio nelle zone sconvolte dai tragici<br />
eventi del 1998. All’uopo, ricordo che una<br />
volta chiesi all’amico Lino, allora da poco<br />
Vice Commissario, del suo stato d’animo<br />
nell’accettare un incarico talmente impegnativo.<br />
Mi rispose: “Non sapevo da dove<br />
iniziare ma c’era in me tutto il mio impegno<br />
per rendere al meglio un servizio per<br />
la collettività”.<br />
E’ ben noto, però, che il modello Sarno<br />
non è stato esente da osservazioni e critiche,<br />
soprattutto per quanto riguarda lo squilibrio<br />
tra le due tipologie <strong>di</strong> opere adottate e<br />
cioè una spiccata prevalenza <strong>di</strong> interventi<br />
strutturali e nell’ambito <strong>di</strong> questi una significativa<br />
maggioranza <strong>di</strong> tipo passivo.<br />
Ma nel caso particolare <strong>di</strong> Sarno, ritengo<br />
che non sia giusto emettere giu<strong>di</strong>zi che abbiano<br />
velleità <strong>di</strong> essere definitivi o <strong>di</strong> essere<br />
portatori <strong>di</strong> soluzioni “ottime”.<br />
Peraltro, la misura “non strutturale”, per<br />
antonomasia la delocalizzazione <strong>di</strong> inse<strong>di</strong>amenti<br />
a rischio, pur se obbligata in alcuni<br />
casi, ancorché prevista dal D.L. 180 del 1998<br />
(convertito con mo<strong>di</strong>ficazione dalla Legge<br />
267 del 1998) risulta <strong>di</strong> ben <strong>di</strong>fficile applicazione<br />
in ambienti quali quelli campani<br />
dove, tra l’altro, esistono aree nelle quali<br />
oltre 600.000 persone sono rassegnate alla<br />
convivenza con il rischio vulcanico ed<br />
hanno ad<strong>di</strong>rittura rifiutato forme <strong>di</strong> incentivazione<br />
per l’allontanamento dalle zone<br />
maggiormente esposte. Inoltre, nel frattempo,<br />
nuove impronte dell’arrogante, spesso<br />
illegittima attività antropica, non curante<br />
<strong>degli</strong> eventi del passato, già si accingono a<br />
marcare i versanti vesuviani!<br />
Tale semplice constatazione basterebbe a<br />
scoraggiare anche il più tenace sostenitore<br />
<strong>degli</strong> “interventi non strutturali”, che spesso<br />
<strong>di</strong>ventano, quin<strong>di</strong>, una scelta “politica”<br />
piuttosto che tecnica.<br />
Nel caso specifico delle colate fangose,<br />
peraltro, non si può prescindere dalla considerazione<br />
che gli intimi meccanismi <strong>di</strong><br />
innesco, e quin<strong>di</strong> le cause che le scatenano,<br />
sono tuttora materia <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o in ambiti<br />
spesso inter<strong>di</strong>sciplinari. Ne consegue una<br />
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N. 1/2009 - INGEGNERIA IDRAULICA