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STORIA DELLA LITURGIA ATTRAVERSO LE EPOCHE CULTURALI

Dispensa Storia della Liturgia

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LA <strong>LITURGIA</strong> NELLA VITA DI GESÙ E NELLA CHIESA ANTICA<br />

1. LA <strong>LITURGIA</strong> NELLA VITA DI GESÙ<br />

In questo punto distingueremo due aspetti diversi:<br />

A) Gesù di Nazaret: il suo rapporto con il culto giudaico<br />

B) I discepoli e il culto<br />

A) Gesù e il culto giudaico<br />

Partiamo dalla considerazione di Jeremias: Gesù è nato da un popolo che sapeva pregare<br />

(abbiamo visto come il culto ebraico si differenzi da quello delle religioni naturalistiche e vada<br />

inserito nel paradigma: Ascolto della parola – culto – obbedienza alla legge nella vita)<br />

Come si pone Gesù nei confronti del culto della sua epoca? Si pone in un atteggiamento di fedeltà e<br />

di libertà, di continuità e di assoluta novità.<br />

Fedeltà al culto giudaico:<br />

Attraverso la lettura dei Vangeli si evidenzia come Gesù fosse solito dedicare tempo alla<br />

preghiera da solo e in presenza dei discepoli;<br />

Gesù frequentava regolarmente la sinagoga, partecipando attivamente: non a caso il Lc l‟inizio<br />

della vita pubblica avviene nella sinagoga di Cafarnao;<br />

Gesù partecipava alle feste annuali e rispettava la visite al Tempio sin dall‟infanzia (vedi i<br />

racconti dell‟infanzia in Lc);<br />

In questo contesto di preghiera insegna ai suoi il Padre nostro come preghiera festiva.<br />

Libertà nel culto<br />

Gesù proclama l‟assoluta libertà nei confronti di un legalismo cultuale che aveva ingabbiato tra<br />

norme e regole la vita dell‟uomo. Denuncia in modo forte tale legalismo di stampo prevalentemente<br />

farisaico, come la purità legale ed anche il rispetto del sabato. Si pone sulla scia della corrente<br />

profetica che in ogni tempo si era scagliata contro l‟esteriorità e i formalismi, per ricondurre anche<br />

il culto al suo significato iniziale: il culto in spirito e verità. Arriva ad annunciare la distruzione del<br />

tempio, come fine di ogni culto sacrificale basato su un interscambio commerciale con Dio. Molto<br />

spesso il suo comportamento sembra addirittura provocatorio (guarigioni ripetute di sabato,<br />

frequentazione di persone legalmente impure, indifferenza nei riguardi delle norme che regolavano<br />

l‟assunzione dei pasti). La critica ai farisei è critica spietata contro il formalismo ed il legalismo,<br />

contro la pretesa di “essere a posto con Dio” senza attuare nella vita il comandamento primo<br />

dell‟amore per Dio e per i fratelli. Gesù non condanna il culto giudaico che era rivelato, direi che<br />

piuttosto condanna lo spirito con cui esso veniva celebrato. In questo senso Gesù perfeziona il culto<br />

riproponendolo nella sua giusta essenza.<br />

Ma fa molto di più: lo reinterpreta alla luce del suo mistero pasquale. Il mistero pasquale diventa<br />

la nuova chiave di lettura del culto, chiave nuova, ma anche nascosta da sempre. Così nella cena<br />

pasquale Gesù celebra il culto ebraico nella sua vera essenza, ma contemporaneamente lo connota<br />

nel suo significato più profondo: la cena pasquale diventa attualizzazione dell‟intervento di Dio<br />

nella storia e anamnesi di Gesù Cristo il Signore. In Gesù si compiono tutte le Scritture e la<br />

rivelazione in lui completa e compiuta.<br />

B) I discepoli e il culto<br />

La novità assoluta con cui devono fare i conti i discepoli dopo la Pasqua è tutta riassunta nel<br />

Kerigma: Gesù Cristo è il Signore: è infatti alla luce del mistero pasquale che tutto va visto e<br />

reinterpretato.<br />

Se lo Shema Israel confessa che “Il Signore, nostro Dio, è l‟unico Signore”, la primitiva comunità<br />

cristiana proclama che “Gesù Cristo è il Signore” (Fil 2,11): ora tutto il culto a Dio si compie in<br />

Cristo Gesù. Il vangelo diventa il fondamento del culto cristiano e contemporaneamente è<br />

influenzato dalla fede delle comunità in cui si cristallizza. I vangeli riconoscono una origine<br />

Storia della Liturgia 7

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