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L'abitare sociale - Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

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62<br />

L’abitare <strong>sociale</strong><br />

da 20.608 a 27.584 nello stesso periodo, ma sono<br />

soprattutto aumentati rispetto agli sfratti emessi<br />

(erano il 21% all’inizio <strong>del</strong> nuovo secolo e sono<br />

diventati il 44,9% nel 2009). Quello che rileva, infine,<br />

è la motivazione legata ai provvedimenti di<br />

sfratti emessi: se nel 2001 poco meno di un terzo<br />

(31,5%) era legata alla finita locazione e il 66,5%<br />

alla morosità, nel 2009 quest’ultima motivazione<br />

ha riguardato l’84% dei provvedimenti, mentre la<br />

finita locazione solo il 15%.<br />

3.3. L’offerta di case in affitto a canone ridotto<br />

e l’edilizia popolare<br />

Nel 2008 l’offerta di case in affitto a canone ridotto<br />

rispetto ai valori di mercato, riconducibile a<br />

forme di edilizia <strong>sociale</strong>, è, nel nostro paese, piuttosto<br />

modesta. Solo il 5,3% <strong>del</strong>le famiglie, contro<br />

una media europea <strong>del</strong> 7,7% nel 2007. Sono 1,288<br />

milioni le famiglie che pagano un canone ridotto,<br />

sia che si tratti di un canone concordato che di edilizia<br />

sovvenzionata, agevolata e convenzionata.<br />

L’affitto a canone ridotto è più diffuso tra le tipologie<br />

familiari maggiormente vulnerabili sotto<br />

il profilo socio-economico: famiglie monogenitore<br />

(9,1%) o numerose (6,9% tra le famiglie con<br />

almeno 5 componenti), famiglie appartenenti al<br />

primo e al secondo quinto di reddito equivalente<br />

(con percentuali, rispettivamente, <strong>del</strong> 7,7% e <strong>del</strong><br />

6,9%). Le persone sole con meno di 35 anni e le<br />

giovani coppie senza figli, invece, accedono meno<br />

frequentemente a questa tipologia di affitto, con<br />

percentuali pari, rispettivamente al 4,2% e al 3,1%.<br />

In rapporto con gli altri paesi europei, l’Italia registra<br />

una percentuale estremamente bassa di<br />

edilizia popolare: con una percentuale pari al<br />

4% è, infatti, quello con la minore quota di alloggi<br />

di edilizia <strong>sociale</strong> pubblica, a fronte <strong>del</strong> 36%<br />

<strong>del</strong>l’Olanda, <strong>del</strong> 22% <strong>del</strong>l’UK e <strong>del</strong> 20% <strong>del</strong>la media<br />

comunitaria.<br />

L’offerta abitativa pubblica, da sempre insufficiente<br />

rispetto alla domanda, è ora posta sotto<br />

una nuova tensione a causa <strong>del</strong>le dinamiche<br />

socio-demografiche e reddituali viste nei paragrafi<br />

precedenti. Inoltre, la situazione è ulteriormente<br />

aggravata dal fatto che l’offerta pubblica<br />

di abitazioni è sempre minore anche a seguito<br />

<strong>del</strong>la fine <strong>del</strong> regime Gescal e all’avvio <strong>del</strong> processo<br />

di dismissioni degli immobili residenziali<br />

promosso dalla legge 560/1993, che tra il 1993 e<br />

il 2006 ha venduto 154.788 abitazioni.<br />

Dal 1984 al 2004 la produzione edilizia di nuovi<br />

alloggi di residenza sovvenzionata è calata da<br />

34.000 abitazioni all’anno a 1.900 (contro oltre<br />

80mila in Francia e 30mila in Gran Bretagna).<br />

Andamento analogo si è registrato per le abitazioni<br />

realizzate in regime di residenza agevolata<br />

o convenzionata, passate da 56mila a 11mila nel<br />

ventennio considerato (2) (grafico 11).<br />

2 Presidenza <strong>del</strong> Consiglio dei Ministri - Unità di analisi strategica<br />

<strong>del</strong>le politiche di Governo “Le politiche abitative in Italia: ricognizione<br />

e ipotesi di intervento”, 2007.

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