Platform_Architecture_and_Design_1.pdf

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36 FRAMES Il quartiere, i distretti insieme alla stazione si troveranno, pertanto, a beneficiare di una linfa vitale quotidiana di 3000 persone oltre all’indotto, che potrà contaminare positivamente l’area e l’intorno. La stessa area Tiburtina uscirà dal suo confine determinato dall’interruzione dell’infrastrutture ritornando ad essere parte unitaria della città, sia come luogo di destinazione che come luogo di transito. Parliamo della scelta strategica della committenza di collocare i propri headquarter proprio nell’area della stazione Tiburtina. Il progetto per la nuova sede direzionale della BNL, si inserisce in un contesto particolare e unico. Unico in quanto la natura del contesto è una stratificazione di infrastrutture che da elemento di separazione tra due significative aree urbane della città di Roma, oggi con la realizzazione della stazione per l’Altà Velocità assume una nuovo ruolo non solo di servizio ma di “luogo urbano”. Particolare in quanto l’area su cui insiste il nuovo edificio, per la sua conformazione geometrica e topografica e il suo relativo orientamento, suggerisce a concepire l’edificio secondo il principio del “Giano Bifronte”. Come un edificio può risolvere la divisione di due quartieri? Quali benefici questo comporta a chi vive nell’area, a chi transita e a chi lavorerà all’interno dell’edificio stesso? Esistono le infrastrutture, necessarie e fondamentali affinché i luoghi possano diventare destinazioni o transiti alle diverse scale. Assumono ovviamente anche il ruolo di connettori fisici e alcune volte di potenziali connettori urbani ma non sono sufficienti da sole. Occorre sviluppare un progetto urbano intorno all’occasione che l’infrastruttura crea e occorre poter ragionare con una riflessione ampia e profonda per poter capirne potenzialità non solo quantitative ma soprattutto di realtà urbana, di potenziale sviluppo, di osmosi e connessione con l’esistente o anche semplicemente per poter dare un nuovo ruolo e una nuova potenzialità al contesto urbano. Il vero edificio ponte è la Stazione Tiburtina, l’infrastruttura che rende possibile avviare un ragionamento strategico sulla città o almeno su quella parte della città. La scelta strategica decisa da BNP Paribas e conseguentemente di BNL di valutare l’area come la migliore sul territorio romano per concentrare le principali sede e oltre 3000 addetti, sono frutti di un ragionamento che segue le migliori esperienze europee: fare massa critica laddove le infrastrutture possono costituirsi come nuovi baricentri urbani e territoriali, senza bisogno di trasporto privato ma massimizzando l’uso del trasporto pubblico. (È sufficiente in tal senso analizzare e seguire cosa sta succedendo a Parigi con il progetto infrastrutturale del Grand Paris). BNP Paribas ha analizzato la distribuzione attuale delle sedi di BNL e facendo una ricerca su diverse aree è arrivata a valutare l’area di Tiburtina come l’area ottimale per poter concentrare diverse sedi in un unico edificio, importante per dimensione e visibilità. La strategia urbana di concentrare un’attività produttiva-terziaria alla testa di un’infrastruttura territoriale cosi importante come la stazione di alta velocità di Roma- Tiburtina, si colloca all’interno delle operazioni urbane più virtuose che puntano con una sola scelta strategica di ridurre l’uso del trasporto privato, di innestarsi laddove una città ha concentrato le infrastrutture pubbliche connettendole con la città e il territorio nazionale, potendo dare via al contempo alla riqualificazione degli immobili urbani che liberandosi della funzione direzionale possono oggi assumere ruoli diversi e vitali all’interno della città. Materiali e forma: leggerezza e monumentalità dinamica. Come coesistono queste anime all’interno di un’unica architettura? L’architettura è un medium dove devono coesistere idee, valori, responsabilità ed eticità e non ultima estetica per non usare una parola ultimamente troppo abusata in Italia, ovvero “bellezza”. L’architettura deve essere la risposta o la domanda a un luogo, un contesto, a un’esigenza e possibilmente trasformare la realtà in un racconto affinché possa “appartenere” a tutti, in quanto partecipa all’immaginario, alla percezione, sino all’uso di una parte di città. Due sguardi due fronti. Uno che vuole rappresentarsi per leggerezza, riflessione e dissolvenza, laddove l’edificio si sovrappone ad una stratificazione di opere infrastrutturali divenendone il terminale, la sommità estrema. La riflessione e/o il tema della percezione-interazione rimanda a diverse opere artistiche del nostro secolo da Buren (ancora straordinario nel recente lavoro per MAMO sulla copertura della Cité Radieuse di Le Corbusier a Marsiglia) a Eliasson (interessante la sua recente installazione “Contacts” alla FLV di Parigi). Queste esperienze nel campo dell’arte ci hanno interessato in quanto dialoganti con il corpo della città e dell’architettura e che mettono in atto le diverse modalità di percepire la realtà. Tutto assume alla fine un’idea di leggerezza e “monumentalità” dinamica contemporanea in quando l’edificio entra in dialogo con il suo porsi nel contesto e con la stessa natura del contesto con cui si confronta, lo mette in scena e ne prende alcune distanze.

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