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Ph. Alice Masseno, Torino IT Francesco Camillo Giorgino, in arte Millo, è uno Street Artist italiano apprezzato in tutto il mondo e conosciuto per il suo stile inconfondibile. Le sue opere rappresentano vivaci città abitate da personaggi che hanno le sembianze del suo autore, ma che, come dice lui stesso, “potrebbero tranquillamente essere un cane, piuttosto che una pianta o un robot”. La metropoli è il regno di Millo, sia dentro che fuori dalle sue opere, poiché Francesco riempie i muri grigi delle nostre periferie, con i palazzi e le strade che pullulano nel suo mondo. Come delle scatole cinesi, le sue città si schiudono all’interno delle nostre per raccontarci delle storie, sempre diverse e sempre cariche di emozioni, anche in contrasto tra di loro. Da poco Millo ha terminato un imponente progetto, durante il quale la Fondazione Contrada Torino l’ha incaricato di realizzare le sue opere su ben 13 facciate, cambiando letteralmente volto ad uno dei quartieri più degradati del capoluogo piemontese. Partiamo dal principio: raccontaci come sei approdato nel mondo dell’arte. Ho sempre disegnato, fin da quando ero un bambino. All’inizio era a tutti gli effetti la mia passione ed il mio passatempo preferito, poi a un certo punto della mia vita l’arte ha preso il sopravvento su ogni altra cosa e mi è stato impossibile ignorarla. Tu sei architetto e non a caso le tue opere raffigurano città vere e proprie. In che modo l’architettura influisce nella tua arte? Si, ho studiato architettura ed indubbiamente questa esperienza ha influito sul mio percorso. Credo fortemente che l’architettura, quella vera, sia assolutamente composta da arte e tecnologia; diciamo che mi sono lasciato liberamente ispirare dalla prima. Sappiamo che ti sei avvicinato anche al mondo del design grazie ad una performance site specific, realizzata su vasi di polietilene durante i 4 giorni del Fuorisalone. Raccontaci com’è andata. È capitato per caso ed è stata davvero una bella sfida. Ho sempre avuto un debole per i supporti più insoliti e passare dai muri o dalle tele al polietilene è stato davvero divertente,
specialmente perché ho dovuto ingegnarmi parecchio affinché i disegni restassero fermi lì…è un materiale che si impegna molto per non essere disegnato. Inoltre durante i giorni del fuori salone c’è una vivacità positiva, che ha reso anche l’evento di presentazione del lavoro un piacevole incontro tra teste pensanti. ricerca, ovvero l’Habitat inteso come luogo in cui l’uomo contemporaneo vive, in cui compie delle azioni e in cui si relaziona con i suoi simili. Non c’è una vera e propria narrazione che colleghi i 13 lavori, piuttosto sono 13 tappe, 13 eventi chiaramente riconoscibili grazie anche all’utilizzo dello stesso linguaggio e degli stessi soggetti per tutti i muri. Hai appena concluso un altro bellissimo progetto realizzato a Torino, precisamente al quartiere Barriera. Com’è nata questa iniziativa? B.ART, Arte in Barriera, è stato un progetto fortemente voluto dalla città di Torino che, attraverso i fondi della Comunità Europea, ha indetto un bando internazionale finalizzato alla riqualificazione di 13 facciate cieche nel quartiere Barriera di Torino. Sono risultato il vincitore e negli ultimi mesi sono rimasto sospeso a diversi metri di altezza a disegnare. C’è un fil rouge tematico che lega i 13 muri? Si, ed è non solo il tema che ho voluto dare alle 13 facciate ma, in generale, anche il tema di fondo di tutta la mia Cosa si prova nel sapere che la tua arte ha dato il via alla riqualificazione di una zona che certo non gode di ottima fama, come quella di Barriera? Un bel senso di appagamento. Lavorare a Barriera è stato davvero stimolante. Ogni giorno centinaia di persone passavano sotto il mio cestello: chi per un saluto, chi per una rapida occhiata, chi semplicemente per raggiungere il lavoro. Spesso queste persone non erano italiane, avevano gli occhi a mandorla, l’accento marocchino e l’ospitalità rumena. Barriera è un grande quartiere periferico che contiene al suo interno un piccolo mondo. Accorgermi che i miei lavori siano arrivati a gran parte dei suoi abitanti indipendentemente dal loro paese di origine, è una sensazione che non so descrivere a parole.
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Ph. Alice Masseno, Torino IT<br />
Francesco Camillo Giorgino, in arte Millo, è uno Street Artist<br />
italiano apprezzato in tutto il mondo e conosciuto per il suo<br />
stile inconfondibile. Le sue opere rappresentano vivaci città<br />
abitate da personaggi che hanno le sembianze del suo autore,<br />
ma che, come dice lui stesso, “potrebbero tranquillamente<br />
essere un cane, piuttosto che una pianta o un robot”.<br />
La metropoli è il regno di Millo, sia dentro che fuori dalle<br />
sue opere, poiché Francesco riempie i muri grigi delle nostre<br />
periferie, con i palazzi e le strade che pullulano nel suo mondo.<br />
Come delle scatole cinesi, le sue città si schiudono all’interno<br />
delle nostre per raccontarci delle storie, sempre diverse e<br />
sempre cariche di emozioni, anche in contrasto tra di loro.<br />
Da poco Millo ha terminato un imponente progetto, durante<br />
il quale la Fondazione Contrada Torino l’ha incaricato<br />
di realizzare le sue opere su ben 13 facciate, cambi<strong>and</strong>o<br />
letteralmente volto ad uno dei quartieri più degradati del<br />
capoluogo piemontese.<br />
Partiamo dal principio: raccontaci come sei approdato<br />
nel mondo dell’arte.<br />
Ho sempre disegnato, fin da qu<strong>and</strong>o ero un bambino.<br />
All’inizio era a tutti gli effetti la mia passione ed il mio<br />
passatempo preferito, poi a un certo punto della mia vita<br />
l’arte ha preso il sopravvento su ogni altra cosa e mi è stato<br />
impossibile ignorarla.<br />
Tu sei architetto e non a caso le tue opere raffigurano<br />
città vere e proprie. In che modo l’architettura influisce<br />
nella tua arte?<br />
Si, ho studiato architettura ed indubbiamente questa<br />
esperienza ha influito sul mio percorso. Credo fortemente che<br />
l’architettura, quella vera, sia assolutamente composta da<br />
arte e tecnologia; diciamo che mi sono lasciato liberamente<br />
ispirare dalla prima.<br />
Sappiamo che ti sei avvicinato anche al mondo del<br />
design grazie ad una performance site specific,<br />
realizzata su vasi di polietilene durante i 4 giorni del<br />
Fuorisalone. Raccontaci com’è <strong>and</strong>ata.<br />
È capitato per caso ed è stata davvero una bella sfida. Ho<br />
sempre avuto un debole per i supporti più insoliti e passare<br />
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