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Sarah _1996_ - Logo Centro Ottico Maffioletti

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Appunti da un viaggio in Uganda (<strong>1996</strong>)<br />

<strong>Sarah</strong><br />

<strong>Sarah</strong> ha corti capelli neri come grafite, braccia lunghe e sottili, spalle strette e ricurve<br />

sull'esile corpo longilineo. La ruvida pelle d'ebano del suo volto contrasta violentemente<br />

con i denti regolari, bianchi come ciottoli di torrente. L'aspetto offre un'impressione di<br />

armonia e bellezza, seppur sfiorita. I suoi pensieri si esplicitano attraverso gli occhi, grandi<br />

e scuri nelle vivide sclere; le due pupille talora appaiono reattive e vivaci, altre volte<br />

fissano immobili, senza attenzione, come a indugiare su pensieri nascosti.<br />

<strong>Sarah</strong> è orgogliosa di essere donna e madre. Nel viso luminoso si leggono forza e<br />

determinazione ma lo sguardo irradia serenità, dolcezza. Abita a Orussi, un popoloso<br />

villaggio lambito dalla strada che si inerpica fino al confine con lo Zaire. <strong>Sarah</strong> ha<br />

trentacinque anni e vive a Orussi con i suoi sette figli.<br />

E' un mercoledì di fine febbraio, il primo giorno di Quaresima; come ogni giorno <strong>Sarah</strong><br />

apre gli occhi all'alba e subito il suo sguardo cerca le testoline dei figli che, coricati stretti<br />

l'uno all'altro al centro della capanna, ancora dormono profondamente. Fuori l'ininterrotto<br />

cicaleccio notturno dei grilli, arricchito dalle svariate voci provenienti da cespugli e alberi, si<br />

sta gradualmente acquietando.<br />

Senza indugi si alza dalla stuoia di giunchi e uscendo dalla capanna, una costruzione<br />

tondeggiante impastata con fango e sterco, con la testa sfiora le fronde più basse del tetto<br />

in paglia, ampio e degradante. Socchiudendo le palpebre appiccicose <strong>Sarah</strong> contempla<br />

l'irraggiarsi della luce aurorale che da oriente si diffonde nella pianura del West Nile, lo<br />

sterminato territorio compreso tra il confine con lo Zaire e il corso del Nilo, il 'fiume della<br />

vita'.<br />

Dopo una breve preghiera <strong>Sarah</strong> affronta la nuova giornata. In un'ora raggiungerà il pozzo<br />

portando l'anfora sul capo e il bambino legato alla schiena. Lavorerà il proprio campo e<br />

quello di suo marito Charles. Si recherà a far legna per il fuoco, sul quale preparerà la<br />

'polentina' per il pranzo: utilizzerà la farina di manioca che nei giorni scorsi ha raccolto,<br />

fatto essicare e pestato nel mortaio. Starà vicina all'anziana madre, da tempo malata.<br />

Cercherà di nuovo Charles, ovunque egli sia: non ci sono soldi per pagare la rata<br />

scolastica trimestrale dei due figli maggiori e mancano solo tre giorni alla scadenza.<br />

Accudirà i figli, cucirà e rammenderà, sbuccierà i semi. E chissà cos'altro: Dio solo lo sa e<br />

la sosterrà.<br />

C'è caldo secco oggi a Orussi, le attese piogge non sono ancora arrivate e il terreno s'è<br />

fatto duro, riarso. In fila al pozzo una giovane donna, con i capelli acconciati in complicate<br />

treccine, racconta che da una settimana ad Angal tre specialisti visitano gli occhi,<br />

controllano la vista e, quando necessario, forniscono gli occhiali.<br />

Al ritorno, mentre risale con agilità la ripida pista in terra argillosa, <strong>Sarah</strong> pondera con<br />

attenzione. Da più di una settimana i suoi occhi sono iniettati di sangue e disturbati dalla<br />

luce, tanto da costringerla a socchiuderli; la possibilità di essere visitata ad Angal pagando<br />

una cifra accessibile, 300 scellini ugandesi, la alletta: potrebbe portare con sè Venancious,<br />

il più piccolo, affidando i figli più grandicelli a Lucy, la più fidata delle altre mogli di Charles.


Venerdì, prima dell'alba, <strong>Sarah</strong> è sulla strada per Angal, distante due ore di cammino. Il<br />

cielo notturno è fittamente costellato di centinaia di piccoli punti luminosi mentre l'oscurità<br />

è violata dalla luna africana, enorme e vicina, che evidenzia le innumerevoli irregolarità<br />

della pista.<br />

Nella notte ugandese, che non è mai silenziosa, <strong>Sarah</strong> sgambetta accompagnata dal coro<br />

dei grilli che copre il fruscio sul terreno dei suoi piedi nudi e nodosi; camminando<br />

percepisce il dondolio del bambino, addormentato, in sintonia col suo passo rapido e lieve.<br />

Al termine della discesa la pista diventa un lungo rettifilo pianeggiante fiancheggiato da<br />

alberi di frutta, ebani e mogani. Poco dopo, repentinamente, tutto muta: a levante si forma<br />

un barlume incerto, come una macchia traslucida che traccia un principio di separazione<br />

tra la terra e il cielo ancora nell'oscurità; quindi la macchia s'allarga trasmutando<br />

gradatamente in giallo, in rosso, in oro, finchè dal piano emerge un punto<br />

straordinariamente luminoso che cresce fino a trasformarsi in un disco: il sole.<br />

L'irruzione del giorno conferisce colore e rilievo a ogni cosa e svela all'apice del colle,<br />

seppur lontana, la facciata in mattoni della chiesa di Angal sormontata dalla statua di<br />

sant'Antonio.<br />

La pista in terra color ruggine che conduce ad Angal è il consueto fiume di umanità, che<br />

forma processioni variopinte e brulicanti. Le persone transitano in fila indiana lungo gli<br />

interminabili rettifili, sostano sedute in piccoli gruppi, si riuniscono a 'far mercato' attorno<br />

alle modeste merci ben allineate all'ombra degli alberi. E' un flusso ininterrotto e confuso:<br />

uomini di ogni età e condizione, spesso con biciclette cariche di lunghi rami secchi o<br />

grandi balle d'erba; donne vestite di colori sgargianti con i piccoli legati alla schiena ed<br />

enormi contenitori d'acqua in equilibrio sul capo; gruppetti di scolari con la giubba colorata<br />

del corso di studi frequentato, sorridenti e giocosi in marcia verso la scuola serbando nella<br />

bisaccia a tracolla un quaderno, una matita e un fagottino con l'umile pranzo.<br />

Il governo di Kampala, dopo la guerra del 1979, ha portato a sette anni la scuola primaria.<br />

Si insegnano grammatica, aritmetica, inglese, scienze, geometria, disegno, geografia e<br />

storia, anche quella del giovane stato ugandese che, negli ultimi trent'anni, ha assommato<br />

all'endemico sottosviluppo gli effetti di quattro colpi di stato, sanguinose guerre tribali,<br />

ripetute micidiali carestie.<br />

<strong>Sarah</strong> spera che l'istruzione scolastica permetta al popolo ugandese e ai suoi figli un<br />

futuro migliore. Una speranza che non vien meno anche nei giorni più duri, quando i lavori<br />

pesanti che accompagnano la sua condizione di moglie troverebbero sollievo nella<br />

presenza dei due figli maggiori. Come le sue coetanee <strong>Sarah</strong> non ha potuto andare a<br />

scuola ma oggi, vincendo la disperazione con la speranza, accetta pesanti sacrifici<br />

affinchè i suoi figli la possano frequentare.<br />

Al margine della strada i ciuffi d'erba sono di un verde spento, crescono qua e là mazzi di<br />

fiori spumosi e piccoli isolati arbusti; proprio mentre il suo sguardo percorre l'infinito<br />

paesaggio africano <strong>Sarah</strong> scorge, in lontananza, un branco di agili gazzelle che<br />

attraversano la pista.<br />

Un'ultima salita ed ecco, alla sommità della collina, l'abitato di Angal e la missione dei<br />

comboniani. I 'padri di Verona' sono giunti in quest'angolo dell'Uganda all'inizio del<br />

Novecento, risalendo il Nilo; dal West Nile sono successivamente penetrati all'interno<br />

evangelizzando con lo stile indicato dal loro fondatore, Daniele Comboni: 'Save Africa with<br />

africans'.<br />

A sud-est del popoloso villaggio sorgono l'asilo, la scuola primaria e la scuola<br />

professionale per muratori e falegnami. Dalla parte opposta, già animato dal consueto


viavai di familiari dei degenti, c'è il grande ospedale di Angal condotto con indomito<br />

coraggio da un manipolo di suore comboniane.<br />

Il presidio sanitario, che ospita fino a 400 malati, è diviso in cinque bianche palazzine<br />

corrispondenti ai reparti ostetricia, chirurgia, pediatria, medicina, sala operatoria e<br />

laboratorio. Nelle ampie camerate, oltre ai numerosi malati di morbillo, gastroenterite,<br />

malaria, Aids, denutrizione, epatite, sono frequentemente ricoverati i soldati feriti dai<br />

combattenti del 'Lra' oppure i bambini mutilati dalle maledette mine antiuomo seminate dai<br />

medesimi 'gorillas'.<br />

Ora il sole è più alto, il suo esercito di raggi obliqui allunga gli edifici in una rete di<br />

losanghe e di figure d'ombra. Comincia a far caldo e il profumo dolciastro dei manghi<br />

troppo maturi aumenta d'intensità.<br />

<strong>Sarah</strong> si dirige verso la linda casetta in muratura sede del 'centro ottico', già una settantina<br />

di persone attendono pazientemente sotto il portichetto esterno: insegnanti, artigiani,<br />

ragazzi con vestiti logori, vecchie donne con capelli acconciati in scuri riccioli e visi segnati<br />

da profonde rughe, anziani miti e ossequiosi. <strong>Sarah</strong> si unisce a loro e, accovacciatasi in un<br />

cantuccio per proteggersi dalla luce accecante, slega Venancious che, finalmente, può<br />

attaccarsi al seno.<br />

Ora anche lei può riposare. Sul piazzale della chiesa i tamburi, cupi e insistenti,<br />

annunciano l'imminenza della Messa a chi, col messalino in mano, risale i sentieri attorno<br />

al villaggio.<br />

Il tempo scorre, placido. <strong>Sarah</strong> è cullata dai canti ricchi di armonia e vitalità che, nel<br />

silenzio circostante, si diffondono attraverso i finestroni spalancati della chiesa; le esili voci<br />

delle ragazze e l'armonioso controcanto dei giovani le ricordano quando, prima della<br />

guerra, anch'essa era nel coro che animava la Messa nell'ampia chiesa di Orussi.<br />

E' un giorno caldo e appiccicoso. Nel 'centro ottico' si lavora senza interruzione mentre<br />

fuori le persone attendono pazientemente, alternando prolungati silenzi a movimentati<br />

scambi di lazzi conditi da fragorose risate.<br />

L'antistante spianata è lambita dal torrente di persone che percorre la strada, a piedi o in<br />

bicicletta; l'intenso flusso si riduce nelle ore più calde, quando il sole cuoce l'aria e il<br />

terreno, per aumentare di nuovo al calar del sole.<br />

Il tempo passa. Ora risuonano vivaci le voci dei ragazzi che, come ogni pomeriggio,<br />

giocano a calcio nell'arido terreno adiacente l'ospedale: formate le due squadre si<br />

affrontano con impegno e irruenza, scalzi, sopra un campo troppo grande attrezzato con<br />

porte in ferro sbilenche e assimmetriche; tutt'attorno grida, incitamenti, ciclici scrosci di<br />

sonore risate.<br />

Al vespro il sole si avvolge in un'aureola di luce rossa declinando laggiù, in fondo alla<br />

savana. Prima di congedarsi descrive sconosciute colline ondulate che sfumano nei tenui<br />

toni del blu e del rosa, terreni aridi e desertici, nubi come onde nel cielo luminescente: uno<br />

spettacolo fantastico, indescrivibile, quotidianamente replicato.<br />

Nel salone la luce scema rapidamente e l'attività si conclude. Fuori sono più di venti ad<br />

attendere ancora pazientemente, <strong>Sarah</strong> è tra loro. Quando padre Luigi la vede, ranicchiata<br />

a terra con le ginocchia alzate mentre parlotta con tenerezza al piccolo in grembo, la<br />

chiama per nome facendola passare all'interno; poi comunica agli altri la conclusione delle<br />

visite (manoke, wang dhano manoke!) invitandoli a ripresentarsi il mattino seguente.<br />

<strong>Sarah</strong> accede all'ampia sala occupata da sedie, tavoli, scatole di cartone e strani<br />

macchinari metallici. Saluta i presenti, visibilmente stanchi, quindi si siede con istintiva<br />

eleganza e spiega loro in 'alur', con voce sottile e limpida, che i suoi occhi bruciano,<br />

dolgono e non sopportano la luce. Dopo una breve pausa padre Luigi traduce le sue


parole in inglese mentre Venancious, intimorito, interloquisce con vigorosi strilli roteando i<br />

lacrimosi occhioni neri.<br />

George Onegiu, dopo averla visitata, ritiene sarebbe necessario istillare a <strong>Sarah</strong> un collirio<br />

antibiotico per curare la cheratocongiuntivite in corso. Ma il collirio ad Angal non c'è.<br />

Nemmeno in ospedale, dove il personale sanitario lavora con strumenti obsoleti e utilizza<br />

gli scarsi farmaci reperibili.<br />

Per <strong>Sarah</strong> è stato un viaggio inutile, è tempo di tornare a Orussi.<br />

Nello spoglio stanzone, ormai in penombra, i quattro giovani addetti alle mole hanno<br />

riordinato gli attrezzi e ascoltano attentamente; vicino alla finestra il tenace Agostino, come<br />

ogni sera, sta predisponendo le buste degli occhiali da preparare l'indomani mentre<br />

Franco, il giovane architetto dai lineamenti anglosassoni, aiuta Silvio a riavvolgere il cavo<br />

elettrico del pannello solare. <strong>Sarah</strong> è alla porta, impugna la maniglia e si volta per salutare.<br />

'Aspettate cinque minuti!' esclama padre Mario. Il dinamico missionario leccese esce in<br />

fretta e scende a balzi gli sconnessi gradoni in cemento; poco dopo, ansimante, torna con<br />

una piccola boccetta di 'Colbiocin', un collirio che gli inviano dall’Italia e che padre Mario<br />

utilizza con parsimonia dopo aver percorso in moto le polverose piste del 'West Nile'.<br />

Con attenzione George ne istilla una goccia ogni occhio, invitando <strong>Sarah</strong> a chiudere le<br />

palpebre. Dopo alcuni istanti lei solleva dolcemente Venancious, che non ha mai smesso<br />

di piangere, lo lega con movimenti lenti e rassicuranti alla schiena e, congedandosi,<br />

ringrazia con un inchino e un sorriso esplicito quanto misurato: 'Afoyo, afoyo!'.<br />

E' padre Luigi a congedarla con voce sommessa e affettuosa: 'Che il buon Dio ti<br />

accompagni'. Quando <strong>Sarah</strong> si incammina verso Orussi è ormai notte. Il chiarore della<br />

luna s'effonde candido, le stelle ricamano il cielo, sopra la missione i pipistrelli riempiono<br />

l'aria con le loro strida.<br />

Tutti sono usciti sotto il portichetto, seguono in silenzio il profilo di <strong>Sarah</strong> e il pianto di<br />

Venancious che si fanno impercettibili laggiu, in fondo alla strada, fino a scomparire.

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