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Caritate

n. 4 - ottobre/dicembre 2011 - Suore Francescane Elisabettine

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in<strong>Caritate</strong>C H R I S T IBollettino delle suoreterziarie francescaneelisabettine di Padovan. 4 - ottobre/dicembre 2011Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - DL 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. I, comma 2, DCB PADOVACon tutti i popoli della terraveniamo ad adorarti, Gesù


anno LXXXIII n. 4ottobre-dicembre2 0 1 1editoriale 3nella chiesain questo numeroDestinatari e annunciatori della Parola 4Renzo Gerardi«Pellegrini della verità, pellegrini della pace» 8a cura di Luciana SattinspiritualitàPiù forte... perché più sapiente 10Francesco Farronatoparola chiaveDare vita ai sogni di Dio 12Stefano ManzardoIn copertina: Beato Angelico e Filippo Lippi, Adorazione dei Magi,1430-1455 circa, Tondo Cook, tempera su tavola, National gallery of Art,Washington. Caratteristico il dispiegarsi del corteo dei Magi in unasorta di spirale che va dallo sfondo a destra per riapparire, dopo essereipoteticamente passato dietro le montagne, sul lato sinistro doveattraversa un arco di trionfo in rovina per poi approdare in primo pianoal cospetto della Santa Famiglia.I pittori hanno dato una originale interpretazione del fatto che al BambinoGesù, centro della storia, sarebbero convenuti «tutti i popoli della terra».EditoreIstituto suore terziarie francescaneelisabettine di Padovavia Beato Pellegrino, 40 - 35137 Padovatel. 049.8730.660 - 8730.600; fax 049.8730.690e-mail incaritate@elisabettine.itPer offerteccp 158 92 359Direttore responsabileAntonio BarbieratoDirezionePaola FuregonCollaboratoriIlaria Arcidiacono, Sandrina Codebò, Barbara Danesi,Martina Giacomini, Enrica Martello, Annavittoria TomietStampaImprimenda s.n.c. - Limena (PD)Autorizzazione del Tribunale di Padovan. 77 del 18 marzo 1953Spedizione in abbonamento postaleQuesto periodico è associato all’Uspi(Unione stampa periodica italiana)finestra apertaDal dovere di solidarietà alla vocazione 14Alessandro LionUn anno a ”Casa Santa Chiara” 15Maria Rosa Rubaltelliin camminoScintille sparse per il mondo intero 17a cura di Martina Giacominialle fontiL’Immacolata, specchio di Dio 19Annadora Bovoaccanto a...Per imparare a servire come Gesù 20a cura di Paola BazzottiLa comunità cristiana «reclusa» 21a cura di Enrica Martellovita elisabettinaAlla scoperta dell'eredità del carisma 23a cura delle suore elisabettine in CalabriaSeguendo le orme del Crocifisso 24Esther Gonzalezmemoria e gratitudineGratitudine sulle strade 25Gianna ScapinA servizio dei bambini e della comunità cristiana 27Annavittoria Tomietnel ricordoEsulta il mio cuore nella tua salvezza 33Sandrina Codebò


parola del Signore» (Is 2, 3). La Paroladi Dio personificata “esce” dallasua casa, il tempio, e si dirige per lestrade del mondo, incontro al grandepellegrinaggio che i popoli della terrahanno intrapreso, alla ricerca della verità,della giustizia e della pace. Nellepiazze e nelle vie della moderna cittàsecolarizzata sembrano dominarepiuttosto incredulità e indifferenza.Il male sembra prevalere sul bene.Però si può scoprire un anelito nascosto,forse una speranza germinale, oalmeno un fremito d’attesa, presentenel mondo. C’è una fame di ascoltodella parola del Signore (cf. Am 8, 11),cui vuole e deve rispondere la missioneevangelizzatrice della Chiesa (cf.Messaggio finale del sinodo dei vescovi2008, IV).Essa fa proprio l’appello, lanciatodal Cristo risorto agli apostoli esitanti,ad uscire dai confini del loro orizzonteprotetto: «Andate e fate discepoli tuttii popoli […] insegnando loro a osservaretutto ciò che vi ho comandato»(Mt 28, 19-20). È obbedienza alla suaparola: «Quello che io vi dico nelle tenebrevoi ditelo nella luce, e quello cheascoltate all’orecchio voi annunciatelodalle terrazze» (Mt 10, 27).La Bibbia è tutta attraversata daappelli a “non tacere”, a “gridare conforza”, ad “annunciare la parola almomento opportuno e non opportuno”,ad essere sentinelle che laceranoil silenzio dell’indifferenza (cf. Messaggio,10).E questi appelli acquistano suononuovo e modalità nuove, ora che lacomunicazione stende una rete cheavvolge tutto il globo. I padri sinodaliavevano ricordato che questa nuovacomunicazione, rispetto a quella tradizionale,ha adottato una sua specificagrammatica espressiva per la quale ènecessario essere attrezzati e non solotecnicamente. E hanno dato un significativoavvertimento: Gesù, nel suoannuncio del regno di Dio, non passavamai sopra le teste dei suoi interlocutoricon un linguaggio vago, astrattoed etereo. Li conquistava piuttostopartendo proprio dalla terra ove eranopiantati i loro piedi, per condurli dallaAnnunciare il vangelo sulle strade: unaoriginale esperienza di annuncio delle“sorelle povere di Gesù e Maria” alconfine tra Inghilterra e Irlanda.quotidianità alla rivelazione del regnodei cieli (cf. Messaggio, cit 11).La famiglia, spazioin cui far entrare la ParolaUna applicazione privilegiata sipuò fare nei confronti della famiglia.Racchiusa tra le mura domestiche conle sue gioie e i suoi drammi, essa è unospazio importantissimo in cui far entraree fiorire la Parola di Dio: «Ecco:sto alla porta e busso. Se qualcunoascolta la mia voce e mi apre la porta,io verrò da lui, cenerò con lui ed eglicon me» (Ap 3, 20). Accoglierlo, aprirgli,è raccogliere la sfida.Ogni casa dovrebbe possedere unaBibbia. Ogni famiglia cristiana dovrebbecustodirla in modo concreto edignitoso. Dovrebbe leggerla e meditarla,e con essa pregare, tutti insieme;per questo, ogni comunità cristianadovrebbe proporre forme e modelli diAnnunciare e testimoniare il vangeloè avere a cuore il bene di chi vivenella povertà.educazione orante, catechetica e didatticasull’uso delle Scritture, perché«giovani e ragazze, vecchi insieme aibambini» (Sal 148, 12) ascoltino, comprendano,lodino e vivano la Paroladi Dio.Particolare bisogno di un’appropriatae specifica pedagogia della fedehanno le nuove generazioni: per condurlea provare il fascino della figuradi Cristo, aprendo la porta della lorointelligenza e del loro cuore, anche attraversol’incontro e la testimonianzaautentica degli adulti, il positivo influssodegli amici, la compagnia dellacomunità ecclesiale.Noi adulti dovremmo (potremomai?) esclamare, con forza e con gioia,quello che affermava il salmista, facendosivoce dei suoi: «ciò che abbiamoudito e conosciuto e i nostri padrici hanno raccontato, non lo terremonascosto ai nostri figli, raccontando allagenerazione futura le azioni gloriosee potenti del Signore e le meraviglieche egli ha compiuto. […] Essi poi sialzeranno a raccontarlo ai loro figli»(Sal 78, 3-4.6).Un annuncio di speranzaSulle strade del mondo la paroladivina genera (deve generare!), per noicristiani, una sollecitudine particolarenei confronti di chi soffre, piange, èdisperato. Chi si inoltra per le stradepiù buie, scopre i bassifondi ove siannidano sofferenze e povertà, umiliazionie oppressioni, emarginazionie miserie, malattie fisiche e psichiche,e tante solitudini. Spesso il selciatodelle nostre strade è insanguinato daviolenze e da guerre.Nei palazzi del potere la corruziones’incrocia con l’ingiustizia. Alto si levail grido dei perseguitati per la fedeltàalla loro coscienza e alla loro fede. C’èchi è travolto dalla crisi esistenziale. Oha l’anima priva di un significato chedia senso e valore allo stesso vivere.Molti sentono incombere su di sé ancheil silenzio di Dio, la sua apparenteassenza e indifferenza. E alla fine, davantia ciascuno, si erge il mistero dellamorte (cf. Messaggio, cit, 13).ottobre/dicembre 2011 5nella chiesa


nella chiesaIl “mistero di iniquità” è presentee agisce nella storia, ma è svelato dallaParola di Dio che assicura in Cristo lavittoria del bene sul male. Gesù apreil suo ministero proprio con un annunciodi speranza per gli ultimi dellaterra: «Lo Spirito del Signore è sopra dime; per questo mi ha consacrato conl’unzione e mi ha mandato a portare aipoveri il lieto annuncio, a proclamareai prigionieri la liberazione e ai ciechila vista; a rimettere in libertà gli oppressi,a proclamare l’anno di graziadel Signore» (Lc 4, 18-19).Le mani di Gesù si posano ripetutamentesu carni malate o infette.Le sue parole proclamano la giustizia.Infondono coraggio agli infelici. Donanoperdono ai peccatori. Alla fine,lui stesso si svuota della sua gloria,«assumendo una condizione di servo,diventando simile agli uomini […],umiliò se stesso facendosi obbedientefino alla morte e a una morte di croce»(Fil 2, 7-8). «Uomo dei dolori che benconosce il patire» (Is 53, 3), prova lapaura del morire e giunge all’abissoultimo di ogni uomo: «dando un fortegrido, spirò» (Mc 15, 37).In quel momento estremo non cessadi essere il Figlio di Dio: nella suasolidarietà d’amore e col sacrificio disé depone nel limite e nel male dell’umanitàun seme di divinità, ossia unprincipio di liberazione e di salvezza.Donandosi a noi, irradia di redenzioneil dolore e la morte, da lui assunti evissuti, e apre anche a noi l’alba dellarisurrezione.Perciò noi cristiani abbiamo lamissione di annunciare questa paroladivina di speranza, testimoniandola fede nel regno di verità e di vita,di santità e di grazia, di giustizia, diamore e di pace. La nostra deve esserevicinanza amorosa, che non giudica econdanna, ma che sostiene, illumina,conforta e perdona.Inculturazionee incarnazione del VerboLa Parola di Dio non può essere incatenata(cf. 2Tm 2, 9). Né ad una cultura,né ancor peggio ad una ideologia.Nuova evangelizzazione: I “piccoli frati poveri e le sorelle povere di Gesù e Maria”annunciano la 'Parola Buona' a chi incontrano lungo le strade (Messico).Essa varca ogni frontiera. Compitodella Chiesa è di far penetrare la Paroladi Dio nella molteplicità delle culture,ed esprimerla secondo i loro linguaggi,le loro concezioni, i loro simboli e leloro tradizioni religiose. Nello stessotempo deve essere sempre capace dicustodire la genuina sostanza dei suoicontenuti, sorvegliando e controllandoi rischi di degenerazione. La Chiesadeve, quindi, far brillare i valori chela Parola di Dio offre alle altre culture,così che ne siano purificate e fecondate.E l’inculturazione sarà realmenteun riflesso dell’incarnazione del Verbo,quando una cultura, trasformata erigenerata dal vangelo, produrrà nellapropria tradizione espressioni originalidi vita, di celebrazione, di pensierocristiano.Sicuramente un altro aspettodelicato è quello delle traduzionidella Bibbia. VD 115 lamenta che«varie Chiese locali non dispongonoancora di una traduzione integraledella Bibbia nelle proprie lingue»;si sarebbe potuto aggiungereche molte traduzioni sono scadentie almeno accennare a qualche criteriodi traduzione fornendo qualchepreciso orientamento.La via della bellezzaFinalmente ci viene ricordato chela Bibbia insegna anche la via pulchritudinis,cioè il percorso della bellezzaper comprendere e raggiungere Dio(cf. VD 112). Essa è necessaria nonsolo ai credenti, ma a tutti per riscoprirei significati autentici delle varieespressioni culturali, e soprattutto perritrovare una comune identità storica,civile, umana e spirituale.È anche in essa la nostra grandezza,ed è attraverso essa che noipossiamo presentarci con un nobilepatrimonio alle altre civiltà e culture,senza nessun complesso di inferiorità(cf. Messaggio, cit 15).Per una nuovaevangelizzazioneDunque, si tratta di intraprendereuna evangelizzazione nuova, «nella certezzadell’efficacia della divina parola»(VD 96). Il nostro deve essere semprepiù «il tempo di un nuovo ascolto dellaparola di Dio e di una nuova evangelizzazione»(VD 122). Riscoprire lacentralità della divina Parola richiededi continuare, con rinnovato slancio,la missio ad gentes e «intraprendere contutte le forze la nuova evangelizzazione,soprattutto in quelle nazioni doveil vangelo è stato dimenticato o soffrel’indifferenza dei più a causa di undiffuso secolarismo» (VD 122).Si aggiunge la finalità di favorireil dialogo ecumenico, convinti «cheascoltare e meditare insieme le Scrittureci fa vivere una comunione reale,anche se non ancora piena» (VD 46).Perciò occorre anche incrementare «lostudio, il confronto e le celebrazioniecumeniche della parola di Dio, nelrispetto delle regole vigenti e delle di-6 ottobre/dicembre 2011


verse tradizioni» (VD 46). Nel lavoroecumenico di grande importanza sonole traduzioni comuni della Bibbia nellediverse lingue.Le precedenti indicazioni potrebberoessere sintetizzate nell’attitudinepropria dei cristiani di lasciarsi guidaredallo Spirito Santo «per poter amaresempre di più la parola di Dio» (VD 5)che, in definitiva, è la Persona di GesùCristo, Verbo incarnato. Ad amare laBibbia sono invitati tutti i cristiani.La VD ha, pertanto, notevole portataecumenica.Nella Conclusione, papa BenedettoXVI ribadisce l’esortazione a tutti icristiani «ad impegnarsi per diventaresempre più familiari con le sacreScritture» (VD 121). La Parola di Diospinge alla missione, come mostral’esempio di san Paolo, apostolo dellegenti. «Così anche oggi lo Spirito Santonon cessa di chiamare ascoltatorie annunciatori convinti e persuasividella Parola del Signore» (VD 122).Essi sono chiamati ad essere «annunciatoricredibili della Parola di salvezza»,comunicando «la fonte della veragioia, non di una gioia superficiale edeffimera, ma di quella che scaturiscedalla consapevolezza che solo il SignoreGesù ha parole di vita eterna»(VD 123).Maria, donna attentaalla ParolaQuesta intima relazione tra la Paroladi Dio e la gioia «è posta in evidenzaproprio nella Madre di Dio» (VD124), Mater Verbi et Mater laetitiae,Madre del Verbo e Madre della gioia.Ed una chiave di lettura dell’esortazioneVD può essere costituita proprioda Colei che è modello per ognicristiano: Maria di Nazaret «madre delVerbo di Dio» e «madre della fede» (cf.VD 27-28). La figura della VergineMaria, che ha cooperato al misterodell’Incarnazione del Verbo, rimane il“paradigma” insuperabile del fecondorapporto della Chiesa alla Parola diDio. «Mentre diceva questo, una donnadalla folla alzò la voce e gli disse:“Beato il grembo che ti ha portato e ilseno che ti ha allattato!”» (Lc 11, 27).Alla folla che sente il grido di ammirazionedi questa donna, Gesù proclamala beatitudine per coloro che ascoltanola parola di Dio e la osservano.Maria, che ha portato nel gremboil Figlio di Dio e lo ha allattato, a suavolta lo ha ascoltato, nutrendosi di lui edella sua parola, ed è stata così colmatadalla beatitudine. Ecco perché il SantoPadre assume in modo molto esplicitola prospettiva mariana formulata dalSinodo: «L’attenzione devota e amorosaalla figura di Maria come modelloe archetipo della fede della Chiesa è diimportanza capitale per operare ancheoggi un concreto cambiamento di paradigmanel rapporto della Chiesa conla Parola, tanto nell’atteggiamento diascolto orante quanto nella generositàdell’impegno per la missione e l’annuncio»(VD 28).Pregare la Scritturaper incontrare CristoColui che legge la Bibbia, o ascoltala Parola pregando, incontra personalmenteCristo. La Scrittura è infattiuna, ed unica la Parola di Dio che interpellala nostra vita alla conversione.«Tutta la divina Scrittura costituisceun unico libro – scrive Ugo di SanVittore – e quest’unico libro è Cristo,parla di Cristo e trova inCristo il suo compimento»(VD 39).Pertanto dovremmo sentirerivolto a ciascuno di noil’invito dell’angelo dell’Apocalisse:«la voce che avevoudito dal cielo mi parlò dinuovo: “Va’, prendi il libroaperto dalla mano dell’angelo[…]”. E [l’angelo] midisse: “Prendilo e divoralo;ti riempirà di amarezza le viscere,ma in bocca ti sarà dolcecome il miele”. Presi quelpiccolo libro dalla mano dell’angelo elo divorai; in bocca lo sentii dolce comeil miele, ma come l’ebbi inghiottitone sentii nelle viscere tutta l’amarezza»(Ap 10, 8-11). Come affermava BlaisePascal 3 , la sacra Scrittura «ha passiadatti a consolare tutte le condizioniumane e passi adatti a intimorire intutte le condizioni» (pensiero n. 532,cit. da Messaggio, cit, Conclusione).L’esortazione rilancia la contemplazionepersonale ed ecclesiale dellaParola di Dio nelle sacre Scritture,nella liturgia e nella vita personale ecomunitaria dei credenti. Se è vero cheoccorre conoscere le Scritture per conoscereil Cristo, occorre soprattuttopregare con esse per incontrarlo personalmente.Se creiamo silenzio perascoltare con efficacia la Parola delSignore, e conserviamo il silenzio dopol’ascolto, essa continuerà a dimorarein noi e a parlare a noi. Facciamolarisuonare all’inizio del nostro giornoperché Dio abbia la prima parola, elasciamola echeggiare in noi alla seraperché l’ultima parola sia di Dio.Nell’incontro con Gesù l’uomo trovamolto più di un suo insegnamentocome maestro di dottrina. Trova la suaamicizia personale e personalizzante.Trova se stesso, il senso di sé e la felicità.«Fatti ad immagine e somiglianzadi Dio amore, possiamo comprenderenoi stessi solo nell’accoglienza delVerbo e nella docilità all’opera delloSpirito Santo. È alla luce della rivelazioneoperata del Verbo divino chesi chiarisce definitivamente l’enigmadella condizione umana» (VD 6). 1Decano di Teologia e docente della PontificiaUniversità Lateranense - Roma.2Il tema dell’inculturazione della sacraScrittura è legato anche alle traduzioni e alladiffusione della Bibbia, che bisogna ulteriormenteincrementare.3Filosofo francese del XVII secolo.ottobre/dicembre 2011 7nella chiesa


nella chiesaASSISI 27 OTTOBRE 2011“Pellegrini della verità,pellegrini della pace”a cura di Luciana Sattin stfeBenedetto XVI, pellegrinoad Assisi insieme ai leaderreligiosi, per la pace e lagiustizia nel mondo.Èritornata la giornata della Pace,venticinque anni dopo la primaconvocata ad Assisi nel 1986 dapapa Wojtyła, per fare memoria diquel gesto “storico”, ma soprattuttoper «rinnovare solennemente l’impegnodei credenti di ogni religionea vivere la propria fede religiosacome servizio per la causa dellapace», perché «chi è in camminoverso Dio non può non trasmetterepace, chi costruisce pace non puònon avvicinarsi a Dio».Lo “spirito di Assisi” in questianni si è diffuso, coinvolgendo ancheuomini e donne del mondo della culturao che non professano una fede,e si fa sempre più chiara l’idea chevivere insieme nella pluralità delle etnie,gruppi, confessioni è la sfida inevitabilein questo mondo globalizzato.Ma è sfida anche e soprattutto coglierel’abisso tra la ricchezza di pochi e lamiseria di tanti.Di questo appuntamento così eccezionalevorrei allora cogliere alcuneparole importanti, quelle che ne hannosegnato la peculiarità.“Convivere”Sempre più, la condizione umanasta diventando il convivere. È la quotidianitàper molti popoli, religioni,gruppi. Ma non sempre è facile. Orizzontitroppo ampi, quali quelli dellamondializzazione, inducono fenomenipreoccupanti: individualismi irresponsabili,tribalismi difensivi, nuovifondamentalismi, violenza diffusa.Benedetto XVI all’incontro interreligiosodi Monaco di Baviera promossodalla comunità di Sant’Egidio un mesefa ha scritto: «Il vivere insieme puòtrasformarsi in un vivere gli uni controgli altri, può diventare un inferno senon impariamo ad accoglierci gli unigli altri, se ognuno non vuole esserealtro che se stesso». E ha aggiunto:«le religioni possono chiedersi comediventare forze del convivere».“Ragione, bene comune, verità”Benedetto XVI nell’udienza di aipartecipanti all’udienza di venerdì 28ottobre ha ribadito «… si è andati adAssisi per trovare regole comuni sulla«giustizia e la pace», ispirati dalla «verità»,cioè dalla ragione, regole il cui scopo è «ilbene comune della famiglia umana».L’aspetto che può aver sorpresomolti è che ad Assisi il Papa non haproposto preghiere comuni universali,o un dialogo interreligioso.Ha evocato invece la ragione, ilbene comune, la verità. La ragione ècomune a tutti ed è la sola «grammaticacomune – l’espressione è del Papa– che può fissare le regole del gioco.Se ciascuno argomenta dalla sua scritturasacra o dalla sua filosofia non siarriverà mai a regole comuni. Se tuttiargomentano dalla ragione, può darsiche si arrivi a qualche risultato. Seinvece non si arriva a regole condivise,prevarrà inevitabilmente la violenza».“I non credenti”La vera novità di quest’anno è statala presenza, all’incontro interreligioso,di grandi intellettuali non credenti:filosofi come Julia Kristeva, Remo Bodei,Guillermo Hurtado, e l’economistaWalter Baier.Julia Kristeva, in particolare, haletto uno splendido intervento sulla“rifondazione dell’umanesimo”.Sì, perché la ragione, è comuneanche ai non credenti. Da questopunto di vista l’invito a queste personemostra con evidenza che ad Assisi leregole comuni si sono cercate sulla basedella ragione e non della fede. Noncredenti «di buona volontà» e disposti a«impegnarsi nella ricerca della verità»,il che implica che credano che la veritàesista, ed esclude i relativisti. Essi nonaffermano semplicemente: «Non esistealcun Dio». Essi soffrono a motivodella sua assenza e, cercando il vero e ilbuono, sono interiormente in camminoverso di lui. Sono pellegrini della verità,pellegrini della pace. Pongono domandesia all’una che all’altra parte.«Gli agnostici che sono alla ricercadella verità – ha detto il Papa – aiutanogli atei a liberarsi della loro falsacertezza e insieme chiamano in causagli stessi credenti, perché non considerinoDio loro proprietà». D’altraparte, che gli agnostici «non riescano atrovare Dio dipende anche dai credenticon la loro immagine ridotta o anchetravisata di Dio».Le trecento luci della pacee della libertàLa Giornata di riflessione, dialogoe preghiera per la pace e la giustizia nelmondo si è conclusa nella piazza vicinaalla basilica di San Francesco, propriolì dove era stata celebrata la Giornatadell’86, nel modo più poetico e piùsemplice: con uno scambio di pace fratutti i presenti preceduto dall’accensionedi piccole lampade che alcuni giovanihanno consegnato in silenzio nelle8 ottobre/dicembre 2011


mani dei trecento rappresentanti giuntiad Assisi su invito di Benedetto XVI.Non vi sono stati momenti pubblicidi preghiera, ma vi sono stati questiminuti di silenzio prima dell’accensionedelle lampade, resi più intimi e solennida un accompagnamento di arpe. Nelsilenzio ciascuno ha potuto invocare ildono della pace o auspicarlo dal profondodella propria coscienza.Quindi ogni rappresentante ha dichiaratola sua decisione e il suo impegno.Benedetto XVI ha affermato:«Mai più violenza! Mai più guerra!I dodici impegniMai più terrorismo! In nome di Dioogni religione porti sulla terra Giustiziae Pace, Perdono e Vita, Amore!...Diventiamo strumenti della pace cheviene dall’alto. Ricordiamo che nonc’è pace senza giustizia, non c’è giustiziasenza perdono».I dodici impegniDodici gli impegni contenuti neltesto finale, letti a turno dai leaderreligiosi e riassunti così dal patriarcaecumenico Bartolomeo I: «Per costruirela pace è necessario amare il prossimo,rispettando la regola d’oro, ‘fa’agli altri ciò che vorresti fosse fattoa te. Con questa convinzione non cistancheremo di lavorare nel grandecantiere della pace».Nell’ora del crepuscolo, mentre lagiornata stava per chiudersi, nel cielodi Assisi passavano decine di colombebianche che i frati francescani avevanoliberato nel momento dello scambiodella pace. Quasi a rassicurare “la paceè possibile, ancora oggi!. nella chiesa ottobre/dicembre 2011 9


spiritualitàPERCORSI DI SANA ESTETICA (IV)Più forte…perché più sapiente!Debolezza e abbandono in Diodi Francesco Farronato 1sacerdote diocesanoLa bellezza che diventa sapienzaconquista anche i più renitentie li introduce ai sentieri piùmisteriosi della vita.Mi aspettava. A palazzo Zabarella,all’ultima stanza dell’esposizione.Tra abissi di attesa,sogni di amori e rimorsi di paura, miaspettava con i colori di Klimt. Nellasua sfolgorante bellezza, tutta giocatanella continuità delle vesti ingioiellatee le carni nude esposte come zaffiri diseduzione. Che non concedono sconti.Perché con mani ad artiglio riescono asostenere la tracotante testa dell’impavidoOloferne.Giuditta è questa. Nelle mani degliartisti e nelle parole della Parola diDio. Il libro, che ne racconta le gesta,per metà è attraversato dai carri armatidi Nabucodonosor, che spiega sulpiccolo territorio d’Israele tutta la suaforza militare, tanto da riempire tuttala valle e occupare i pozzi di abbeveramento.C’è da rimanere sbigottiti.Il consiglio dei capi, dopo unadrammatica preghiera, si concede ancoraalcuni giorni prima di consegnarsial nemico. Per non vedere… «con inostri occhi la morte dei nostri bambini,né le donne e i nostri figli esalarel’ultimo respiro» (Gt 7, 27).Ed ecco si alza lei, Giuditta, giovanevedova. Bellissima, chiede fiducia,offre salvezza. A patto di lasciarla fare.Vuole porte aperte di buon mattino,10 ottobre/dicembre 2011un canestro con del cibo e basta. Ècerta di riuscirci. La scena è d’unadrammaticità assoluta. Si rischia il tuttoper tutto: la storia passata dei grandiprofeti e dei grandi esili adesso offre ilfianco al rischio e allo scandalo. Passaper una donna. Ma non c’è altra via.Le danno fiducia. E lei… «deposele vesti della sua vedovanza, si lavò ilcorpo con acqua e lo unse con profumodenso; spartì i capelli del capo evi impose il diadema. Poi indossò gliabiti da festa. Si mise i sandali ai piedi,cinse le collane e infilò i braccialetti,gli anelli e gli orecchini e ogni altroornamento che aveva e si rese moltobella» (Gt 10, 3-4). E va.Di buon mattino. Le porte si apronoe lei avanza… «lei sola e l’ancellache aveva con sé. Dalla città gli uominila seguirono con gli sguardi mentrescendeva dal monte, finché attraversòla vallata e non poterono più scorgerla»(Gt 10,10).Gli uomini dell’esercito nemico aquello che i loro occhi vedono, si sentonocrescere il cuore. E la strada siapre, di campo in campo.«Scelsero cento uomini tra loro, iquali si affiancarono a lei e alla sua ancellae le condussero alla tenda di Oloferne.In tutto il campo ci fu un grandeaccorrere, essendosi sparsa la voce delsuo arrivo tra gli attendamenti. Unavolta sopraggiunti, la circondarono inmassa. Erano ammirati della sua bellezzae ammirati degli Israeliti a causadi lei e si dicevano l’un l’altro: “Chidisprezzerà un popolo che possiedetali donne? Sarà bene non lasciarnesopravvivere neppure uno, perché sefossero risparmiati sarebbero capacidi ingannare tutto il mondo”» (Gt10,17-19).Botticelli, Ritorno di Giuditta a Getulia,1472 ca, Galleria degli Uffizi, Firenze.E Oloferne, il loro capo, una voltache gliela introducono nella tenda nonvede altro. Di colpo si dimentica deipiani di guerra e dell’odio dei nemici.Anche Nabucodonosor, a cui devepure rispondere delle sue azioni, èimmensamente lontano. Vicinissimae splendida è la bellezza di Giuditta,vestita a festa, inerme e sola.E lei gli si propone addirittura comeMichelangelo, Davide e Golia, 1508 ca,Cappella Sistina, Musei Vaticani, Città delVaticano.


spia per individuare la strada nascostache conduce dritta all’accampamentodegli ebrei: «Sta’ tranquilla, o donna,non temere in cuor tuo. Certamentesei venuta per trovare salvezza. Fattianimo. Nessuno ti farà torto, ma saraitrattata bene» (Gt 11, 1-4).Giuditta chiede solo di pregare ilsuo Dio nella solitudine. Oloferne neresta frastornato e, sovraeccitato datanta bellezza, si ubriaca. Ed è lì chela semplicità del bene inerme taglia latesta a tutta la complessità fracassonadel male. La bellezza ha più poteredella forza più bruta. Perché ti conquistadentro, ti affascina talmente delsuo splendore che ti senti ridicolo nelletue armi da guerra.Proprio come il piccolo Davidechiamato a confronto dalla storia conil gigante Golia.A indossare la corazza di Saul sitrova impotente e impacciato anchenei movimenti più lenti. A calzare,invece, la sua nudità e a inforcare cinqueciottoli in una fionda per lui è lacosa più spontanea. È questione d’unattimo e Golia è a terra. «Davide feceun salto e fu sopra il Filisteo, prese lasua spada, la sguainò e lo uccise, poicon quella gli tagliò la testa» (1 Sam17,50). Con la sua spada. La spada diGolia (1 Sam 17,50).E così fa pure Giuditta: con la scimitarradi Oloferne uccide Oloferneubriaco (Gt 13, 8). È il male che uccideil male, talmente il bene è forte sul male.Talmente il bene avvince e convinceanche il male.«Combattete il male, attaccatevial bene» - suggerisce Paolo ai Romani(12,9). E non sono due tempi di unfilm, ma è lo stesso film, visto dall’unicaregia possibile. Quella del bene,che solo allargando il bene, strozzail male, che a forza di bene si trovaimpedito, ferito a morte, annientato.È quanto Francesco ha fatto con illupo di Gubbio.È quanto Martin Luther King hainsegnato alla sua gente, sciogliendodavanti alla cattiveria dei bianchi laforza di amare dei suoi neri. In un confrontonaturale, dove «noi vi vinceremoTrova il tempo di pensare,trova il tempo di pregare,trova il tempo di ridere:è la fonte del potere,è il più grande potere sulla terra,è la musica dell’anima.Trova il tempo per giocare,trova il tempo per amareed essere amato,trova il tempo di dare:è il segreto dell’eterna giovinezza,è il privilegio dato da Dio.doppiamente. Non soltanto esternamente,ma conquistandovi nel cuore».La storia ne ha dato conferma. Avergogna dei bianchi.È la bellezza che diventa sapienza esenza usare costrizioni di sorta conquistaanche i più renitenti e li introduceai sentieri più misteriosi della vita. «Lasapienza è splendida e non sfiorisce,facilmente si lascia vedere da coloro chela amano e si lascia trovare da quelli chela cercano. Nel farsi conoscere previenecoloro che la desiderano.Chi si alza di buon mattino per cercarlanon si affaticherà, la troverà sedutaalla sua porta. Riflettere su di lei, infatti,è intelligenza perfetta, chi vegliaa causa sua sarà presto senza affanni;Trova il tempo...La giornata è troppo cortaper essere egoisti.Trova il tempo di leggere,trova il tempo di essere amico,trova il tempo di lavorare:è la fonte della saggezza,è la strada della felicità,è il prezzo del successo.Trova il tempo di fare la carità:è la chiave del Paradiso.Madre Teresa di Calcutta(Iscrizione sul muro della Casa dei Bambini di Calcutta)poiché lei stessa va in cerca di quelliche sono degni di lei, appare loro benevolaper le strade e in ogni progettova loro incontro» (Sap 6,12-16).È il camminare nella notte dellevergini alla ricerca dello sposo. Locercano, a dispetto di tutto, anche delsonno che viene ad appesantire i loroocchi, semplicemente perché sono stateda lui già trovate. Accese nelle lorolampade di desiderio, che rende trepidantel’attesa e domanda olio. Magariin piccoli vasi.Perché perdere lo sposo significaspegnersi. E spegnersi per un fuoco vuoldire sparire. Nel vuoto. Per sempre. 1Parroco a “San Prosdocimo” in Padova.... accese nelle loro lampade di desiderio, che rende trepidante l’attesa e domanda olio.spiritualitàottobre/dicembre 2011 11


parola chiavePARLARE DI VOCAZIONEDare vita ai sogni di Diodi Stefano Manzardo 1sacerdote diocesanoEducare alla vita buonadel vangelo significa ancheaccompagnare ciascuna personaverso la scoperta della vocazione,per dare forma alla propria vita,secondo il progetto di Dio.Vocazione: relazione e sognoVocazione vuol dire chiamata.Chiamata che ha origine in Dio, nelSignore che parla, che io ascolto, che èin relazione con me. Vocazione è ancherisposta alla chiamata, è incontro di duelibertà, la libertà di Dio che chiama edell’uomo che risponde, è relazione.La Parola di Dio esprime moltobene questi aspetti, sia con esempi dichiamate, sia nella riflessione che sisviluppa nelle lettere di san Paolo (cf.Ef 4, 4; 2Tim 1,9; Eb 3,1).La Bibbia nei suoi molti esempi, ela vita di molte persone, ci dimostranopoi che la vocazione porta come fruttociò che comunemente noi definiamo“realizzazione personale”.Rispondere alla chiamata del Signorenon può che essere un portarea compimento la vita di ogni persona.Vocazione è per la completezza dellapersona, per far risplendere l’opera diDio in essa. Possiamo anche spingercipiù in là: nel suo mistero ogni rispostaal Signore si svela poi in un “eccederedi frutti” da parte di Dio; viene da direche ogni aspettativa umana è semprepoca cosa rispetto all’eccedenza cheDio dona, e questo è avvenuto a partireda Abramo, e avvviene in ogni personache si affida a lui fino a giungere proprioa me.Possiamo associare al termine vocazionequello di sogno.12 ottobre/dicembre 2011È il sogno di Dio: ciò che Dio desideraper ogni persona, cioè la situazionein cui ogni singolo può viveree esprimere nel modo migliore la suarelazione con Dio nel mondo…È sogno perché nel suo amoreDio lascia all’uomo la libertà…È sogno anche per l’uomo: l’uomoche tende ad andare oltre, che cercauna realizzazione oltre sé, la trovanella risposta alla chiamata unica eoriginale che Dio gli offre.Vocazione è relazione viva tra Dioche chiama e io che rispondo. È l’incontrodi una stessa volontà: quelladi conformarsi al Figlio, di vivere inmodo pieno il mio essere “immaginee somiglianza” di Dio e di poter esprimerel’amore che Dio ha seminato nelmio cuore.Nell’ottica della vocazione possiamoora distinguere due polarità:1) vocazioni universali e vocazionipersonali;2) dinamismo della vocazione estabilità-fedeltà a una vocazioneVocazioni “universali”di ogni cristianoAlla vitaLa vita è il primo ed essenziale donoche abbiamo ricevuto. Noi diciamoche ogni vita è una realtà unica e irripetibile.Ma se ci guardiamo attornonoi vediamo tante vite annoiate, vuote,stanche.«La vita è dono, vivilo» diceva madreTeresa. È il dono di esistere, di essereuomo o donna, il dono del corpo,dell’intelligenza, degli altri, del cibo,della natura, della possibilità di studiare,di costruire qualcosa.La risposta a questo dono-chiamatapuò essere stanca, smorta, passivaoppure può tradursi nella capacitàdi abbracciare fino in fondo questodono e di trafficare i talenti che cisono stati dati.All’amore«Non è bene che l’uomo sia solo».La solitudine è un male che nellaBibbia è anteriore anche al peccatooriginale. Siamo immagine di Dio cheè amore e relazione e l’uomo è immaginedi Dio anche perché è personain relazione, per costruire relazionid’amore.Possiamo parlare di una vocazioneall’amore che ci riguarda tutti. Nonsiamo fatti per la solitudine ma peramare e questa vocazione fondamentalesi realizza attraverso due stradeprincipali anche se non uniche: l’amoresponsale e l’amore verginale.L’amore è sostanza della vita, èil cibo più importante per l’uomo.Essere amato per poter poi impararead amare non è un optional. Possodiventare prete, posso sposarmi maogni scelta si qualifica come un mododi vivere l’amore e il dono di sé.Alla fedeDio incontra l’uomo nella sua vitaconcreta… Il battesimo è un seme checi è stata donato, ma nel seme c’è tuttoquello che sarà la futura pianta anchese nessuno di noi conosce il misterodi quel seme; solo crescendo capiremonoi stessi, gli altri, i nostri bambini. Ilbattesimo è un dono che chiede unarisposta che solo da adulti possiamodare. Rispondere alla vocazione cristianasignifica recuperare quel seme,


coltivarlo, farlo crescere finché diventiuna pianta matura.Vocazione personaleLa fantasia e la creatività di Dio siconcretizza nel modo unico, originalecon cui ogni singola persona rispondealla propria chiamata.Tutti siamo chiamati alla vita, all’amore,alla fede, ma diverso è il mododi rispondere, diversi sono i tempi,diverso è il come.Comune ad ogni vocazione sonol’origine - Dio chiama - e il fine - unamissione per il bene degli uomini,della Chiesa, del mondo. Qualsiasi siala vocazione non è semplicemente un“sistemarmi”, ma è servizio al popolodi Dio per conto di Dio.Inoltre, risposte diverse non diconodignità o qualità diverse. Non cisono vocazioni migliori o peggiori, diserie A o serie B.Dinamismo della vocazioneNon c’è chiamata che poi non apraad un oltre. È l’aspetto dinamico dellavocazione: in ogni istante, in ogni situazionesono chiamato a rispondere alSignore con la mia vita e mai ci sarà untermine. Se da un lato questo aspettodinamico della vocazione sembra nongiungere mai a un termine, dall’altrodice la bellezza e la creatività di Dio edell’uomo. Vale a dire: il Signore ad uncerto punto della mia vita mi ha chiamatoal ministero ordinato, vocazionepresbiterale. Prima di arrivarci mi hachiamato a vivere la formazione in Seminario.Poi la vocazione si è espressanell’essere prete in una parrocchia, oracome animatore vocazionale.E così per una suora: chiamata adessere reliogiosa, ora da maestra, orada infermiera, ora da collaboratricepastorale, sempre testimone e strumentodi Dio in comunità…; e cosìdue giovani, chiamati alla vita matrimoniale,passano dalla chiamata al fidanzamento,a quella del matrimonionell’essere coppia e quindi genitori.Ogni vocazione ha in sé un oltre, aprea nuove vocazioni, e ogni vocazionechiede al singolo di viverla e di realizzarlanel modo unico e originale a cuiDio lo chiama.Fedeltà solidaa una vocazionePotremmo sintetizzare, parlandodi vocazioni a “uno stato di vita”: laico,consacrato, coniuge, prete…Vita, amore e fede trovano la lororealizzazione concreta nella scelta diuno stato di vita, cioè nel modo in cuiil Signore mi chiama a vivere la miavita come atto d’amore totale, comerisposta piena a lui.È risposta fedele e stabile a unachiamata nell’assumere e vivere la miarisposta al Signore. Il sì detto nel matrimonio,nel presbiterato, nell’esserelaico o nella vita religiosa, è segno dellamaturità di una persona che dà alla suavita un senso e una direzione, sullosfondo di una lunga ricerca fatta di interrogativie di dubbi. Nessuna sceltanasce dal nulla; in essa si raccoglie l’interavita passata, ed è il frutto di unalenta maturazione e presa di coscienzadi sé, dei propri doni e limiti.Fedeltà e solidità dicono la decisionee il dono che permane nel tempo,ma ancora una volta assumono caratteripersonali e dinamici.Ordinato prete, il Signore continuaa chiamarmi a ministeri diversi, davivere a seconda della mia particolarerelazione con lui. L’essere laici nelmondo chiama ogni giorno a rispondereagli appelli di Dio nelle diversesituazioni. L’essere sposi chiede dirispondere all’amore di Dio in modocreativo e originale come coppia…Dentro ogni stato di vita si rinnovala chiamata di Dio che rende unica eaffascinante ogni vita, ogni vocazione.vocazioneMatrimonioIl dono reciproco di sé che portal’uomo e la donna a diventare unacarne sola, il dono della vita a Dio peramore dei fratelli nella Chiesa. Lo sposatovince il male della solitudine condividendola vita con la persona amata;Chi vive nel matrimonio ricorda a tuttila bontà della creazione e delle realtàterrene. Gli sposati ricordano che nonsi può fuggire dalla terra né viverein modo disincarnato; essi vivono unamore concreto fatto di parole e gesti,di scelte e di reciprocità.Consacrazione religiosaIl vergine vive col cuore indivisoper essere dono a tutti nella comunità.Chi sceglie la verginità ricorda che nonabbiamo qui una città permanente eche la costruzione della città terrenanon può assorbire tutte le energie epreoccupazioni dell’uomo. I verginimettono in evidenza il realismo dellecose spirituali, richiamano la dimensionespirituale e gratuita dell’amoree celebrano il valore dei legami spirituali.Vocazione dono e misteroOgni vocazione è frutto di discernimentonel quale il credente cerca di conoscereil sogno di Dio e nella libertàdecide di assumerlo e viverlo.Ogni risposta è il frutto di tantielementi: della storia personale; dell’educazionericevuta, di esperienzesignificative, di persone incontrate,di testimoni credibili. La voce di Diorisuona attraverso tutte queste “voci”.Ogni vocazione è dono e mistero,come ha scritto Giovanni Paolo II.Ci si chiede: perché le stesse esperienzedicono cose diverse a chi le havissute? Perchè ci si innamora propriodi quella persona? Perché abbiamofatto lo stesso itinerario in parrocchiae tu vai in Seminario e io no? Perchéil Signore chiede questo proprio a me?E come posso essere sicuro che sia lastrada giusta? Sarò in grado?Davvero la chiamata del Signoreavviene in modo misterioso. Educare ascoprire è impegno prezioso e di ognieducatore.1Animatore vocazionale e responsabiledel Gruppo vocazionale diocesano, risiede nelseminario maggiore di Padova.parola chiaveottobre/dicembre 2011 13


finestra apertaANNO EUROPEO DEL VOLONTARIATODAL DOVERE DI SOLIDARIETÀ ALLAdi Alessandro Lion 1La chiave di volta delservizio di volontariatoè il passaggio dal donoalla vocazione, ovveroall'impegno per gli altrie per la società comescelta di vita.Avent’anni dalla leggesul volontariato, adieci anni dalla cartadei valori del volontariato,il 2011, anno europeo delvolontariato, promette, contutta la sua instabilità, di essereun anno di grande impegnoper i cittadini italiani,nel quale - così come storicamentedimostrato - il volontariatopuò diventare, nonper autocelebrazione, ma perla sua forza d’impegno, ungrande punto di riferimento;in quanto, con i suoi valorifermi e condivisi, è considerato,non a torto, l’ultimobaluardo allo sfacelo dellapolitica e dell’economia.Il volontariato modernorisulta, per altro, il filo rossodella speranza che dal 1975,anno del suo riconoscimentoformale, ad oggi, ha contrassegnatola capacità dei volontaridi aiutare l’Italia nelle suepiccole e grandi difficoltà.Nel 1975, a CappellaCangiani in Napoli, la Caritassanciva l’esistenza di unvolontariato moderno, nonpiù solo riparatore ma che,partendo dalle “opere di misericordia”,stava cercando dicollaborare, mediante l’impegnodi migliaia di cittadini,nella realizzazione dell’articoloCostituzionale che vedeil ruolo della Repubblica voltoa «rimuovere le cause checreano emarginazione».Un volontariato che, a pochianni dal ’68, in piena crisieconomica (austerity), pone lebasi per un cambiamento dellasocietà, non mediante unoscontro sociale ma partendodalla volontà di alleanza tra leparti sociali.Modalità che porteràavanti anche negli anniOttanta, definiti gli anni dipiombo per l’imperversaredelle “brigate rosse”, traghettandofuori dalle secche politicheed istituzionali, un’Italiascombussolata dai terremotidel Friuli e dell’Irpinia. E,sempre assieme alla Caritas,il volontariato modernolancerà in quegli anni, qualeazione di impegno e riscatto(il 4 ottobre 1981 a Padovain basilica di Santa Giustina)l’anno di servizio civilefemminile, affiancato a quellomaschile (a quel tempo segnodi protesta contro il serviziomilitare obbligatorio), azionequesta che diverrà prodromodi un cambiamento in atto,che vedrà negli anni successiviil fiorire di centinaia diiniziative d’impegno civile eprofessionale a favore di chivive nel disagio.Infatti negli anni Novanta,in piena crisi politica(tangentopoli), si sviluppa ilcosiddetto terzo settore e - aviva voce - su richiesta delleassociazioni e dei cittadinivengono promulgate le leggisulla partecipazione e sulla trasparenza(legge 142/90 legge241/90) e, dopo anni di attesa,viene approvata all’unanimitàla legge 266/91 sul volontariato,così come dello stessoanno è la legge 381/91 sullecooperative sociali.Così negli anni Novantaa rinnovare la politica vienechiamata la società civile,ovvero quelle persone chehanno saputo creare un sistemaproduttivo basato nonsul profitto bensì sul dono.Persone del mondo del volontariatoe delle cooperativesociale che si impegnerannotemporaneamente per poi ritornarenel silenzioso impegnocivile a favore degli altri,mentre la politica riprenderàil suo corso.Il decennio successivo vedràsvilupparsi il terzo settoreportandolo a vero e propriosettore economico, tanto che,ricerche fatte, rilevano che iltempo donato dai volontari, sevalorizzato economicamente,vale almeno il 4% del PIL.Ora il volontariato sitrova ad affrontare più cheuna crisi economica una verae propria crisi di valori,che coinvolge tutta la società.Personalmente ritengo che ilvolontariato sarà pronto adaffrontare queste sfide, siaperché il volontariato è statoazione di cambiamento positivonelle altre gravi crisi delPaese, sia perché tiene ancorasaldi molti valori, oramai assopitinella società attuale.Corre però un rischio:che l’assunzione di tropperesponsabilità finisca per distruggerlonelle sue motiva-Festa del volontariato a Padova, 24 settembre 2011, per dire la gioia del servizio gratuito.14 ottobre/dicembre 2011


VOCAZIONEzioni, appiattendolo sui servizida svolgere e facendogliscordare la necessità di essere,prima di tutto, risposta e richiamoai diritti non rispettati– suo ruolo principale – conil compito cioè di manteneresaldo il paradigma “carità egiustizia”.Inoltre il volontariato delfuturo deve saper coniugare ilsuo percorso di crescita su tretermini dovere – dono – vocazione.Il dovere che trova basedel proprio agire nella cartacostituzionale che all’articolodue richiede il «Dovere inderogabiledi solidarietà politica,economica e sociale».La gratuità ovvero il donoche trova fondamento nell’azionedel volontariato codificatanell’art. 3 della Cartadei Valori del volontariato.Ma la vera chiave di voltaè il passaggio dal dono alla vocazione,ovvero all’impegnoper gli altri e per la societàcome scelta di vita, sia essareligiosa o civile: prete, suora,medico, insegnante, genitore,operaio, imprenditore, politico,giornalista. Scelte che,tutte, devono avere a cuoreil bene pubblico e che vannoesercitate, non come azionetemporanea, ma con il chiarointento di ri-costruire, inmaniera stabile e duratura,una Repubblica di cittadiniresponsabili. 1Direttore del CSV provincialedi Padova.finestra apertaTestimonianzaUn anno in “Casa Santa Chiara”di Maria Rosa RubaltellivolontariaSono entrata in “CasaSanta Chiara” inpiena estate del 2010:i volontari erano quasi tuttiin vacanza, le suore siavvicendavano per andarein famiglia o per un po’ diriposo, gli operatori si turnavanoper le ferie.Ho tentato di inserirmicon leggerezza lasciandomiguidare dalle situazioni.Non è stato difficile. Tuttigli ospiti sono desiderosi direlazione. Ho iniziato a conoscerequesti nuovi amici:nome, provenienza, storia.Di alcuni ho conosciuto lafamiglia; ho imparato i lororitmi, l’ora della sigaretta,l’angolo del giardino dovepreferiscono sostare, il momentomigliore per aiutarlia camminare, i giochi datavolo, le letture, le preferenzealimentari.Non so nulla delle loropatologie, la malattia c’è,è visibile, ma non sembraessere argomento interessante.Festa della patrona santa Chiara nel giardino della Casa.Mi sono resa conto chelo stile della casa è quellodi una famiglia numerosa:il tempo è sempre poco eil lavoro sempre tanto; cosìi “figli” imparano ad aiutarsie ad autogestirsi, madi fronte a una necessità larisposta dei “grandi” è sempresollecita e accogliente.Così, osservando e condividendo,ti accorgi cheserve una mano per stenderei panni, per stirare, perpreparare la tavola, per andarea prendere il pane, permondare la verdura, … e,come in famiglia, cerchi didare la precedenza al bisognopiù immediato.Poi piano piano scopriframmenti di storie, vedi lepersone all’opera, ti stupisciper lo stile caldo, vivace,anche gioioso; ti ponimiriadi di domande, troviqualche inizio di risposta.La cucina assomigliamolto a quella di una grandefamiglia. È questo lo stiledella casa, ti colpisce immediatamente;pensi di aversbagliato porta perché tiaspettavi qualcosa di similea una casa di riposo e troviinvece una grande famigliadove c’è molto dolore maancor più amore.Dopo un anno, pur inun frammento di tempocosì breve, sono già moltii volti di amici che non cisono più.Non potrò mai dimenticareil primo funerale a cuiho partecipato.Dal mio diario.12 dicembre 2010 – G.ci ha lasciato il 5 dicembrescorso, giorno del suocompleanno. Ieri 11 dicembre,alle ore 8,30 l’abbiamosalutata nella chiesa di S.Marco, nel quartiere doveviveva prima di “Casa SantaChiara”.La chiesa era piena, oltrea qualche paesano c’era tutta“Casa Santa Chiara”: glialtri ragazzi, tutte le suoreanche quelle che non lavoranopiù lì, tanti volontari,tanti operatori compresal’infermiera che aveva fattoil turno di notte; insommaera presente tutta la sua famiglia.Il rito era curato comesi fa con una persona cara,dalle letture alle preghiere,ai canti accompagnati dall’organoe dalla chitarra, aifiori, alle epigrafi.E c’era anche la figlia,cresciuta in una famigliaadottiva, che, contattatadalle suore, era riuscita adincontrare la madre la seraprima della sua morte. A leierano indirizzate le paroleottobre/dicembre 2011 15


finestra apertadel parroco che, chiamandolaaffettuosamente per nome,le ricordava che G. le avevafatto il dono più grande: leaveva dato la vita.Quante volte mi sonosforzata di comprendere quel“Beati voi, poveri, perché èvostro il regno di Dio” (Lc6,20)! Ora mi è tutto piùchiaro, ho capito come la paroladella croce possa portarealla beatitudine.Ripenso a W., alla suadolcezza e al suo amore perla Bibbia. La teneva semprecon sé e leggeva e rileggevasenza stancarsi mai.Ricordo A. così giovane,così bello, così buono. Tutti loamavano e con tutti aveva intessutorapporti di amicizia,anche i suoi parenti si eranoprofondamente legati agli altriospiti e questa fraternità,vissuta con semplicità nellasofferenza, è qualcosa che ticolpisce al cuore.E M., sereno, sorridente,ti parlava delle sue sofferenzefisiche, ma con semplicità,come fossero parte di luie non un male da rifiutare ecombattere. Ti guardava conquegli occhi dolci e bellissimi;non so perché ma quegliocchi mi facevano pensarealla “immagine e somiglianzadi Dio”.E che dire di suor Evelia?Dal mio diario28 luglio 2010 – Ho conosciutosuor Evelia. unasuora di ottantun anni che16 ottobre/dicembre 2011vive in Casa Madre e lavorain “Casa Santa Chiara” damattina a sera. Passa veloce,sorridendo e salutando tutti,senza smettere di lavorare.Gli ospiti mi dicono che è“buonissima e bravissima”:lava, stira, porta la primacolazione in camera, preparale medicine e chissà cos’altro.27 settembre 2010 – Oggisono tutti in fibrillazioneperché domani ci sarà l’ispezioneper il controllo di qualità.Suor Evelia mi chiamaad aiutarla. Svuotiamo unarmadio, lo spolveriamo, selezioniamoil contenuto. Sitratta di biancheria già separatae ordinata per tipologia.Dai calzini, alle mutande,agli accappatoi… ; ci sonoperfino dei pigiamoni-tutatutti d’un pezzo, come quellidei bambini.Ci sono tanti teli da mare:suor Evelia vedendoli sicommuove e mi racconta chenei primi anni, quando avevanosoltanto i “ragazzi”(pazienti aids), li portavanoal mare.Ci sono vestiti estate/inverno,uomo/donna, tagliegrandi/piccole, di tutti i tipi;non mancano nemmenosciarpe, berretti e guanti.Rimettiamo tutto al proprioposto, coperto da untelo su cui suor Evelia metteun’etichetta con la descrizionedei capi.L’ordine è meticoloso, nonsi può riporre un indumentosbagliando la piegatura.Lei ti corregge con estremagentilezza … e poi c’è untale amore nel conservare,perché “può servire se entraqualcuno praticamente senzanulla”. Ricorda vari casi diospiti totalmente rivestiti emandati a casa con tutto ilcorredo. Infatti i pazienti aidscurati a domicilio rientranociclicamente perché la lorosalute è molto degradata.Riponendo i capi ricordase sono appartenuti a qualcheospite che non c’è più e neparla con tenerezza. Io propongodi scartare qualcosa,lei ci pensa a lungo, ma nonriesce a decidersi. Ricordaquando andava a visitare icarcerati, come la pregavanodi portar loro qualcosa perchéerano praticamente nudi.Siamo in ritardo; suorEvelia deve ancora fare lelavatrici, infatti oggi ha persoil ritmo perché è volutaandare con il medico dai varipazienti per essere aggiorna-Suor Evelia in stireria, sorridente, instancabile.ta sulle loro condizioni. Ilsuo compito, la mattina, èpreparare e portare la colazionee i farmaci, ma evidentementel’infermiera cheè in lei non può non sapere equesto, io credo, per capire epartecipare.Ricordo quei giorni passaticon lei in guardaroba incui mi aiutava a comprenderesempre meglio il cuoredel carisma delle figlie dellabeata Elisabetta Vendraminie il segreto di “Casa SantaChiara”.In ogni suo gesto, parola,fatica vedevo amore,gioia, stupore. Non si potevanon pensare alle paroledi Gesù: «In verità vi dico:se non diventerete come ibambini, non entrerete nelregno dei cieli» (Mt 18,3).Il Signore l’ha volutacon sé ed è bello pensarlafelice in mezzo ai suoi “ragazzi”cercando di credereche quell’amore tenero edesclusivo che sapeva donarea ciascuno come fosse il suoprediletto, continuerà a viveredentro di noi.Ma in “Casa SantaChiara” si vive nell’oggi eforse è proprio perché quelseme è morto che si puòcontemplare questo frutto(cf. Gv 12,24).È lo stile semplice macaldo e accogliente, rispettosodi tutti verso tutti, cheti conquista. Ognuno nelsuo compito sembra metterequel di più di humanitasche rende Casa Santa Chiaraun “segno di speranza”.Prego Dio che possa rimaneresempre così, semplice,essenziale, francescana.Non c’è nulla di superfluoma c’è tutto quelloche è importante, a partiredall’amore.Grazie proprio a tutti. finestra aperta


in camminoPERCORSI POST-CAPITOLARIScintille sparse per il mondo interoa cura di Martina GiacoministfeGli incontri post-capitolari sonomomenti che danno risposta aldesiderio di condividere, con tuttele sorelle dell’istituto, i contenuti e leriflessioni elaborate durante il XXIXDelegazione America latinaInsieme per accoglierela sfida del cambiamentoDue sono gli incontri intercomunitariche si sono celebrati rispettivamentea Carapungo-Quito dal23 al 26 settembre 2011 (foto in basso)e a Pablo Podestà – Buenos Aires dal 30settembre al 2 ottobre 2011. Entrambihanno visto la presenza di suor LuciaMeschi – attuale delegata – che insiemea suor Francesca Violato (consigliera perl’Ecuador) e a suor Aurora Peruch (aluglio eletta vicaria generale) ha animatoi due appuntamenti durante i quali è statapresentata l’esperienza del Capitoloe consegnato il documento finale delCapitolo medesimo. Dagli echi che seguonoemergono i tratti della fraternità,del senso di appartenenza alla famigliareligiosa, del desiderio di ‘giocarsi’ nuovamenteaccogliendo le sfide del contestoodierno.Ho vissuto il mio primo incontrointercomunitario come tempo diascolto e di dialogo, di chiarimenti edi proposte, di condivisione di esperienze.Mi ha fatto bene sentire chein ciascuna di noi vive il desiderio dicontribuire alla crescita della famigliaelisabettina, camminando e seguendoGesù da apostole come ci suggeriscemadre Elisabetta.La lettura della relazione di madreMargherita mi ha offerto una visioneampia e molti sono gli aspetti che nonconoscevo. Infine, ho gradito questigiorni perché occasione per riaffermarei nostri legami fraterni e apprezzarela creativa originalità di ciascuna,condividere le nostre gioie e le nostrefatiche, i nostri vissuti apostolici.suor Monserrate Sarabia (Ecuador)Ho goduto molto del clima serenoe accogliente fra tutte le sorelle.Pur riconoscendo di essere un po’preoccupata perché mi trovavo allamia prima esperienza, l’incontro harafforzato in me il sentirmi parte diuna famiglia e mi ha fatto conoscereil desiderio comune di lavorare per ilregno di Dio.suor Verónica Mendez (Argentina)Ascoltare l’esperienza capitolare disuor Lucia Meschi e di suor AuroraPeruch è stato un momento particolarmenteintenso. Ho colto l’aspettodi sfida che dobbiamo vivere comesingole e come famiglia religiosa: esperienzache mobilita il camminare insieme,lo sperimentare che il Signoreci conduce lungo i sentieri dell’unitàCapitolo generale, celebrato lo scorsomese di luglio.Ascoltiamo i racconti a noi giuntidalla delegazione dell'America latina edalla circoscrizione del Kenya.e dell’amore e ci apre alla reciprocità,accogliendo ciò che è diverso da noi. Èuna ricchezza… per tutte!suor Leonaldina Andreazza(Argentina)Penso a quest’incontro come a unmomento di grazia in cui ho avuto lapossibilità di rivivere l’esperienza delCapitolo attraverso la voce delle sorelleche vi hanno partecipato. Gli orientamentie le proposte su cui ci siamoconfrontate suggeriscono percorsi perattivarci come realtà latinoamericana.Che lo Spirito del Signore ci dia laforza necessaria per realizzarli.suor Violeta Reina (Argentina)Ancora gusto del sentirmi in sintoniacon quanto riflettuto, con le prioritàevidenziate nei lavori di gruppo. Losguardo si fa ora più chiaro e fiducioso,carico di speranza e il futuro – seppurpieno di aneliti – si tinge di speranza.suor Mary Fanin (Argentina)A incontro concluso respiro un’ariainnovatrice. La riflessione e le sfideemerse dal Capitolo generale mi costringonoa muovere la mia interioritàe a trasformarla in passione apostolica.Che madre Elisabetta continui ad accompagnarela nostra storia e facciadiventare realtà il nostro di desideriodi essere segno dell’amore misericordiosodel Signore.suor Mónica Pintos (Ecuador)in camminoottobre/dicembre 2011 17


in camminoCircoscrizione del KenyaFuoco che mette in movimentodi Agnes NgurestfeL’incontro intercomunitarioin Kenya ha avuto luogo pressoil Centro Tumaini 1 a Nairobi dal30 settembre al 2 ottobre 2011.L’entusiasmo e il desideriodi appropriarsi delle riflessionicapitolari sono i colori che hannocaratterizzato l’esperienza.Visitando alcuni villaggi in Kenya,si possono trovare le persone chesi scaldano intorno al fuoco, specienelle serate fredde. Ed è un momentoin cui a nessuno piace essere lasciatoda parte o occupato in altre cose. Tuttisono presenti e tutto è detto e fatto lì.Questa immagine può ben descriverel’esperienza post-capitolare cheabbiamo vissuto. Un’esperienza che ciha portato più vicine al fuoco, che mettetutto in movimento e che trasforma.Un fuoco in cui ognuna di noi è unascintilla pronta per essere soffiata versogli altri. È riscaldare e attivare energieassopite… in noi “apostole” della misericordiae dell’amore.Per noi l’esperienza post-capitolareha conosciuto due momenti: la visitaalle comunità da parte delle sorellecapitolari che ha lasciato una grandesete e un gran desiderio di saperne dipiù e l’incontro intercomunitario.L’incontro è iniziato con una preghieradi apertura: suor AntoniaNichele, coordinatrice, ha solennementeportato il documento finaledel Capitolo, seguita dallesuperiore delle comunità,ciascuna con una candelaaccesa in mano (foto alato). Quindi il logo delCapitolo, la bandiera del Kenya ealcune copie di giornali dei diversiPaesi dove siamo presenti come suoreelisabettine a fare da coreografia (nellafoto a lato).Abbiamo invocato la presenza el’aiuto dello Spirito santo, ciascunanella propria lingua di origine… quasiuna nuova Pentecoste! Ogni sorella èstata poi invitata a incollare una scintillasul logo (nella foto al centro): ungesto semplice per dire «offro la miavita, le mie energie, le mie motivazionie desideri per fare la volontà di Dio».A Maria, madre nostra e dell’umanitàintera, abbiamo affidato l’incontro eil tempo che ci sta davanti con le suesfide e preoccupazioni.Sono seguiti i lavori di gruppo neiquali abbiamo letto la relazione sullavita del sessennio della superioragenerale, suor Margherita Prado, ela consegna del documento finaleintrodotto dalla circolaredi suor Maritilde Zenere,nuova superiora generale.La presa di visione del documentoè stata guidatae accompagnata da suorAgnes Ngure e i tratti chesono emersi maggiormentesono il rapporto tra la fede e lanostra identità di francescane elisabettine,la profezia della vita consacrata el’incarnazione del carisma nella complessitàdella vita quotidiana. Ognisorella è stata invitata ad impegnarsicon un servizio regale “ai cari prossimi”,reale e concreto.Suor Maria Antonietta Fabris, poi,ha offerto un approfondimento sultema dell’interiorità, esperienzadentro e fuori di noi dai vari“colori” fra cui il silenzio,la solitudine, la passione,la capacità di pienezza, laprofondità, la consapevolezzadinamicae l’attenzione.Abbiamocompreso cheè l’esperienzadi intimità conil Signore a darestabilità e a renderciforti anche e soprattuttonei momenti difficili, poiché «Dioè il capitano della nostra vita», secondola felice espressione di William ErnestHenley 2 .Curiosa poi l’immagine della clessidrache esprime la capacità dellapersona matura ancorata all’interioritàdi elaborare i valori acquisiti in ogniesperienza, anche la più dolorosa.Altri argomenti su cui ci siamosoffermate sono la necessità di trovareun equilibrio fra vita comunitaria eattività apostolica e quindi la centralitàdella vita fraterna. Rispetto a quest’ultimaappare fondamentalel’esercizio dell’impegno edella responsabilità personali:è l’appello ad essereciascuna costruttrice e nonconsumatrice di comunità,a offrire il proprio tempo ele proprie energie e non soload attendere di ricevere. Infine, lariflessione sull’apostolato ci ha messonel cuore una domanda: come “direDio” in modo nuovo, diverso?Sono grata di questi giorni per iltanto ascoltato e condiviso, per lo spiritodi partecipazione, collaborazionee condivisione che ha accompagnatoe reso ricco e fecondo il nostro incontrarci.1Il Tumaini Centre (gestito dall’Associazionedelle religiose del Kenya), a Nairobi, èuna casa che ospita incontri di spiritualità.2Poeta inglese di notevole spessore umanoe culturale, Gloucester (Inghilterra), 23agosto 1849-11 luglio 1903.in cammino18 ottobre/dicembre 2011


alle fontiDIRE CON L’ARTEL’Immacolata, specchio di DioUn omaggio alla patrona dell’Istitutoalle fontidi Annadora BovostfeCon sguardo di figliedavanti all’immagine di coleiche fu designata da ElisabettaVendramini “priora” dell’Istituto.La contemplazione delle icone diElisabetta Vendramini si concludein questo numero con unosguardo al quadro dell’Immacolata,commissionato da madre Elisabettaal pittore Angelo Gasparini nel 1854,anno in cui papa Pio IX proclamò ildogma dell’Immacolata Concezione (8dicembre), coronando una lunghissimatradizione di devozione all’Immacolatala cui festa era stata introdottanel calendario romano già nel 1476.Negli scritti di Elisabetta, in particolarenelle Istruzioni e nell’Epistolario,è molto presente la devozione a MariaImmacolata, la nuova Eva, colei che haricevuto e accolto in maniera perfetta laredenzione divina che opera e si manifestain Gesù Cristo. Sicuramente questaaffonda le radici nella spiritualitàfrancescana in cui è stata sempre tenutadesta, arricchita anche dalla riflessioneteologica di Giovanni Duns Scoto,difensore e divulgatore del privilegiodella sua “maternità verginale”.Il quadro è un segno eloquente delladevozione di madre Elisabetta avendolaanche designata “priora” della nascentefamiglia (cf. D 334, 4 ottobre 1830). Esignificativa è la data dell’esecuzione edella sua collocazione nel primo oratoriodella famiglia elisabettina, benedettodal vescovo, monsignor Mo-desto Farina e aperto al pubblico il 25novembre 1854, appunto pochi giorniprima della proclamazione del dogma.L'autore, Angelo Gasparini, pittoreveneto non molto conosciuto,in questa tela ha saputo esprimerecon un’arte semplice, anche se non digrande valore artistico, la sua fede edevozione a Maria.Ce la presenta nella gloria del cielo,circondata da angeli svolazzanti, immersain una luce che addolcisce il volto,con lo sguardo rivolto all’umanità, almondo intero. Le braccia sono aperte,le mani invitanti, in un gesto accogliente,di confidente rassicurazione e dimaterna protezione per ogni credente.Angelo Gasparini, Immacolata, 1854,chiesa di San Giuseppe, Casa Madresuore t. f. elisabettine – Padova.Il suo è un non temere rivolto a tutti:non temere di prendere posto in senoalla Madre che volge lo sguardo versoi figli amati, cercati; il dolce sorriso,la luminosità del volto incoraggiano aricevere benedizione, accoglienza, salvezza.È “cielo” che si inchina per farci«conoscere colui che mostrandomisi,sfugge» (D 1688, 8 agosto 1836).Il manto è raccolto in cintura quasia rendere sciolto il movimento dinamicodella persona orientata versol’altro, verso i figli che lei ama.Ai piedi un angelo sostiene e sollevaun lembo del mantello di Maria, conun’espressione di meraviglia, quasi adaccentuare il mistero di grazia racchiusoin questa donna, capolavoro di Dio.Sotto i piedi della Vergine, la luna(cf. Ap 12,1) e l’antico serpente, semprein agguato, eppur sempre schiacciato,sottomesso e vinto: senza trionfalismo,senza enfasi, reso impotentenonostante gli occhi di fuoco minacciosi(cf. Gn 3,15): entrambi simbolibiblici rivelatori della fedeltà di Dio alprogetto originario per l’umanità.Maria è «specchio di Dio»; ci raggiungequale madre misericordiosa;ed è per tutti noi l’invito: «Poniti ognidì sotto il manto di Maria» (E 263),quasi imitando l’angioletto fiduciosoche cerca protezione.Dalla prima collocazione nell'oratoriodell’Immacolata, la tela è statatrasferita ed è collocata ancor ogginella chiesa di S. Giuseppe, inauguratanel 1867.Questo dipinto ha un valore storico,e per ogni elisabettina rimane cara memoriadi un percorso religioso, formativo:perché Maria è da sempre madre emodello di ogni vita consacrata. ottobre/dicembre 2011 19


accanto a...volontariIL POSTO DEL DISCEPOLOPer imparare a servire come GesùFormazione e confronto tra volontaria cura di Paola BazzottistfeIncontro dei volontaridell’Associazione “Elisabettad’Ungheria” e della Caritasdiocesana a Torreglia, “VillaImmacolata” con volontari divarie realtà della città.20 ottobre/dicembre 2011Ivolontari dell’Associazione “Elisabettad’Ungheria”, insieme a volontaridi altre realtà, da ormai treanni si riuniscono a metà settembre perconfrontarsi con la Parola di Dio e traloro, per iniziare il nuovo anno di serviziocon la luce e la carica del Vangelo.L’iniziativa è nata da un’intuizionedi don Federico Giacomin, direttoredella casa di spiritualità della diocesidi Padova, “Villa Immacolata” inuno scambio con le coordinatrici deivolontari dell’OPSA e di “Casa S.Chiara”: realizzare un fine settimanadi spiritualità pensato appositamenteper i volontari, centrato sul tema delservizio in chiave evangelica.L’Associazione, che si stavainterrogando sul come realizzarela formazione spirituale per ivolontari, informata della proposta,ha colto con entusiasmol’opportunità. Nel settembre2009 è stata realizzata la primaproposta di esercizi spiritualibrevi per volontari dal titolo:Saranno loro la mia casa.Questa esperienza ha condottociascuno dei partecipanti a riconoscerela ricchezza, il fondamentoe la “guarigione” del proprioservizio attraverso l’accostamento dellaParola di Dio (lectio), meditazioni personalie lavori di gruppo, oltre a riscoprirela bellezza e l’importanza dellapreghiera liturgica e dell’adorazione.L’anno successivo è stata la voltadi: Depose le vesti e si cinse un asciugatoio,per imparare da Gesù lo stiledi servizio; sono stati coinvolti anche ivolontari di “Villa Immacolata”.Quest’anno la collaborazione si èaperta anche alla Caritas diocesana e iltema degli esercizi è stato: Va’ dietro ame, Satana: il posto del discepolo, approfondendoil tema del servizio nelladimensione della sequela di Gesù, accompagnatidalla figura di Pietro.La testimonianza di Rossella, unagiovane partecipante all’esperienza diquest’anno, esprime la positività dellaproposta e la sua ricaduta sul servizio.A settembre ho avuto la grazia dipartecipare a un week-end di spiritualitàper chi opera nell’ambito del volontariato.Tramite l’invito di suor Paola, Gesùmi ha chiamato a vivere quest’esperienzacome occasione per fermarmi alcuneore con lui e con gli altri volontari primadi ripartire, per continuare il servizioFoto di gruppo dei volontari e loro animatori,che hanno partecipato all’esperienza di esercizi spiritualinel settembre 2009.nella prospettiva giusta, cioè quella dellasequela di Gesù, e per approfondire aposteriori il senso del volontariato operatofino a qui.Sono stata colpita dall’apertura dicuore dei volontari che con coraggiohanno testimoniato la propria fede eraccontato esperienze personali di vita.In quei giorni, guidati da sacerdotie suore, abbiamo pregato e approfonditola parola di Dio; in particolare abbiamoincontrato Pietro che alla scuola di Gesùimpara a prendere la propria croce e aseguirlo; inoltre abbiamo svolto servizioin cucina e intessuto belle relazioni.Personalmente mi sono sentita chiamataa preparare il terreno per accogliereil seme della Parola di Dio perpoi continuare a nutrirlo e farlo crescerecosì che porti frutto. Ho capito quanto èimportante lasciarsi amare, per riceverela linfa vitale che è lo spirito di Gesù edessere rigenerati a vita nuova. Fare poicomunione con i fratelli, cioè spezzaree condividere le gioie e le sofferenze,per moltiplicare le prime e alleggerirele altre, avendo lo sguardo sempre fissoin Gesù.Alcune parole ascoltate in quei giornimi stanno particolarmente a cuore:“La tua vita non è da gettare, ma daassumere con sguardo nuovo,quello di Gesù che da dove seiti chiama con un nome nuovoper compiere la missione chelui ha pensato per te”.Ringrazio di cuore tutti coloroche hanno preparato questoweek-end e tutti i volontari chevi hanno partecipato. O Signore,aiutaci a posare lo sguardosui fratelli che metti vicino anoi per incontrarli e vedere inloro te.


accanto a...carceratiFRAMMENTI DI PRESENZA ELISABETTINA IN CARCERELa comunità cristiana “reclusa”Ascoltare l’umanità in cammino davanti al Signorea cura di Enrica MartellostfePresenza elisabettinalà dove si invoca vicinanzaper ridare senso alla vita.Da oltre vent’anni si sussegue unapresenza di sorelle elisabettinenella Casa di reclusione di Padova,in gergo Due palazzi, dal nomedella via dove è situato il carcere.Si tratta di un contatto povero,molto limitato nella disponibilità ditempo, briciole di fronte al bisogno,tuttavia estremamente significativo.L’accedere al carcere da parte dialcune elisabettine (tre in questo momento)si caratterizza esclusivamenteper l’aspetto della vita cristiana: parteciparealla messa domenicale con l’animazionedel canto, se necessario, e animarel’ora di catechismo settimanale.Il contatto con i detenuti attraversoqueste semplici forme divienerelazione con le persone e sostegno nelbisogno; perciò si aggiungono a volte icolloqui personali. Fondamentalmentediviene per loro e per noi esperienzaforte di comunione nella fede.I detenuti di Padova hanno vissutoper oltre un anno e mezzo unasituazione di mancanza che si è aggiuntaalle altre limitazioni legate allaloro condizione di detenuti: nel giugno2010 è venuto a mancare il cappellanodel carcere la cui presenza a tempo pieno,oltre a garantire la celebrazione eucaristicae le confessioni, era presenzadi umanizzazione, di fraternità, segnodella cura della Chiesa verso un pezzodi umanità particolarmente bisognosae sofferente.I frati minori conventuali, con ilsupporto dei gesuiti e di alcuni sacerdotidiocesani, hanno supplito a questamancanza in uno sforzo comuneper garantire almeno la celebrazioneeucaristica domenicale.Da fine ottobre, dopo tanta attesada parte dei detenuti che hanno pregatodi domenica in domenica affinchépotesse esserci anche per loro un cappellanofisso, ha iniziato una presenzacontinuativa: un giovane sacerdotediocesano.Nel corso di questo anno sociale ilriferimento al carcere è divenuto pureesperienza formativa per la postulanteelisabettina che ha frequentato concontinuità la messa domenicale facendodella comunità dei detenuti la “parrocchia”di riferimento.CARCERE, ESPERIENZADI COMUNITÀ«Uscendo dal carcere ho sentito quelprofumo di parrocchia, di casa che tantomi manca…»: scrivevo così il 26 marzouscendo, dopo aver partecipato in viastraordinaria all’incontro di catechismo.Oggi ripenso all’ultimo gruppo dicatechismo tenuto nella mia parrocchiadi origine: una decina di pre-adolescenti,quasi tutti maschi, tutti “teppistelli”,ognuno con la sua storia allespalle, uno più provocorio dell’altro,per ciascuno il mio desiderio di bene,su ciascuno la certezza di un amoregrande, certamente più grande dellamia pazienza e del mio entusiasmo avolte svanito dopo i primi momenticritici.Quel gruppo, quella parrocchianon sempre perfetti, a volte faticosi,che spesso avrei voluto diversi; il loroprofumo mi mancava e l’ho riconosciutochiaramente e intenso uscendodal “Due Palazzi”. Per questo motivola mia esperienza in carcere non puòessere definita tanto un’esperienza diservizio (ben poca cosa l’animazionedella liturgia, per di più in un periodobreve, rispetto alle esigenze!), quantoun’esperienza di comunità: io vi horicevuto in dono una comunità, unaparrocchia, vera!Il desiderio e il bisogno di unaparola buona, di incontrare il misterodi Dio, la necessità della presenza vivae costante, appassionata e compassionevoledi pastori d’anime e compagnidi strada, di gente che nella catechesifaccia eco, kat-echèo 1 , alla vita nuova,alla vita che è buona e bella, al Signorelento all’ira e colmo di misericordia,…ho sperimentato questo palpito vitalee vivificante lì quanto là. La capacitàdi accogliere, di essere solidale conaccanto a... carceratiottobre/dicembre 2011 21


22accanto a...carceratiLa promozione della vita durante il periododella detenzione ha dato il via, ai «Due Palazzi»,ad attività utili, come il forno che da alcuni annidà ottimi risultati.il forestiero (detenuto nuovo arrivatoo me disorientata) o con il fratello indifficoltà, la preoccupazione per i carilontani, il gruppetto delle file in fondo,la Messa da celebrare per i propridefunti, l’attesa di chi non si vede datempo, le richieste concrete per la vitaquotidiana: dinamiche umane vive efeconde sia dentro che fuori.Tra le molte affinità tuttavia esistechiaramente una differenza. “Fuori”,in tutte le parrocchie, corriamo il rischioche non solo la Messa ma ancheil mistero celebrato siano scontati:ogni domenica, salvo imprevisti (i cuieffetti sono attutibili dai vari fogliettiparrocchiali), la celebrazione avverràall’ora stabilita; e che il Signore Gesùsi rivolga ai pubblicani, ai malati, aipeccatori e alle prostitute non ci fascandalo perché, chi più chi meno,siamo tutti puliti o perlomeno rispettabili(casomai alcuni saranno devotipiù ferventi, altri credenti ma pocopraticanti). Ma “dentro” puòdavvero capitare che non arrivinessuno per celebrare la Messa,senza preavvisi né scritti né avoce, e allora sì te ne “staraial fresco”: quell’amore oggi,questa domenica, per te non sispezzerà in pane, quella Parolache oggi attendi vigorosa ètangibilmente silenzio sottile.Soprattutto sarà “gattabuia” seti sentirai abbandonato, se tiparrà che il Signore non raggiungeràla “prigione” del tuocuore, perché in questo luogo,che con un’etichetta neutradiciamo Casa di reclusione, stare difronte al Buon Pastore, o in ascoltodella sete della Samaritana al pozzo edelle lacrime della peccatrice perdonataè momento di grazia per percepirela potenza reale, concreta, tangibile,viva del vangelo; lasciarsi invadere dalsilenzio che percorre le celebrazioni,farsi immergere nell’intensità del cantoper cui ogni parola ha il suo peso,ascoltare l’umanità in cammino davantial Signore e lasciarsi accoglierenella comunità dei figli di Dio è stataper me esperienza bruciante della freschezzadell’incarnazione e della realtàdel mistero che ogni giorno si celebrasull’altare.Elisa Parise, postulanteAnimazione spirituale e culturale in un carcere delle Filippine.venire con me in carcere?»:così, sei anni fa, suor«PuoiBernardetta Guglielmo cheda anni viveva questa esperienza, miinvitò e mi introdusse in questa esperienza:si trattava di andare in carcereuna volta la settimana per un’ora di catechesiai detenuti della sezione protetti,gli ultimi dei carcerati, i disprezzatiperché pedofili.Accettai, anche se con un po’ di trepidazione,desiderando fare un’esperienzadi umanità e di spiritualità.Le parole di Gesù “ero in carcere esei venuto a trovarmi” mi sostenneroanche nei momenti più duri e menogratificanti.Inizialmente gli agenti erano moltofiscali nei controlli, sembravano tollerareappena la mia visita. «Ma perchénon va a trovare i bambini in ospedaleanziché venire da questi…?» mi provocavaqualcuno.La continuità della presenza, però,un po’ alla volta ha reso più facili irapporti; la conoscenza reciproca hacreato un clima di fiducia, tanto chequalche agente ha espresso il desideriodi avere dei momenti specifici ancheper loro. Il gruppo dei carcerati chepartecipa è andato via via crescendo; ilrapporto fra di loro è meno aggressivoe violento, cercano di aiutarsi comepossono. E poi, da cosa nasce cosa:perché non creare un coro per prepararei canti della messa domenicale ocomunque imparare e cantare canti divario genere, visto che fra i detenutic’è un direttore di coro? Così, dopo idebiti permessi del direttore del carcere,è nato un coro. Condizione perparteciparvi è non litigare ma avere lavolontà di aiutarsi a vivere l’esperienzafaticosissima del carcere.Ora il coro si trova in un’aulettaper le prove e alla domenica anima laliturgia della messa. Sono esperienzeche possono favorire e realizzare, anchese in maniera modesta, l’obiettivodel carcere: rieducare la persona. Ognivolta che vado all’incontro con loroesco carica di energia e di senso. È lagrazia del carisma che trova espressionee realizzazione.suor Elena Callegaro1Kat-echèo parola greca che significa fareeco, far risuonare. Da essa deriva il terminecatechesi, l’annuncio del messaggio di Gesù.accanto a... carcerati


vita elisabettinaINSIEME, DA SORELLEAlla scoperta dell’ereditàdel carismaTra olivi, abeti, castagni in Aspromontea cura delle suoreelisabettine in CalabriaGioia e gratitudineper la tre-giorni diapprofondimentocarismatico, attente alledomande dell'oggi dellafamiglia elisabettina.domenica difine agosto sul litoralereggino-calabrese L’assolatasaluta le quattro comunitàdi suore elisabettine, sparsedallo stretto di Reggio-Messinaalla pre-Sila di Cosenza.Ci incontriamo tutte insiemecon suor Paola Rebellato,consigliera provinciale, perapprofondire la conoscenzadi madre Elisabetta Vendramininel suo tempo. Allasera della domenica ci siamotutte, a Gambarie - Cucullarodi Santo Stefano diAspromonte.Invochiamo la nostraMadre perché non permettaalle figlie di lasciarsi soffocaredalla rassegnazionee dall’impotenza, davantialle sfide di oggi e perchéci aiuti a custodire l’attitudineall’ascolto che leiaveva, un’attitudine nellaquale la Parola di Diodiventa feconda nel farcicomprendere come nulla èimpossibile a Dio.Iniziamo, lunedì 29 agosto,nella luce della festadel martirio di S. GiovanniBattista che ha pagato conla vita il suo essere fedeletestimone della verità. Vienealla mente l’espressionedel Tagore: «Dall’inerziadella menzogna conducimirettamente dentro la veritàche sempre si manifesta. Ela luce della mia intelligenzasi espanda al di là delle tenebre!».È stato in qualchemodo anche l’augurio delcelebrante, il parroco dellaparrocchia “S. Cuore” diReggio Calabria, don UmbertoLauro.Iniziamo la giornata conla visione delle diapositiveche illustrano il Capitologenerale, commentate dasuor Paola con saggia evivace maestria e con evidentesenso di appartenenza.Ci sentiamo coinvolte epartecipi all’evento che hasegnato in questo tempo lavita della nostra famiglia.Subito dopo entriamonel mare degli Scritti di madreElisabetta Vendramini epercorriamo con leggerezzail cammino guidate dalloSpirito che, invisibile, nonsi stanca di farsi conosceree riconoscere quando c’èaccoglienza e amore.Elisabetta Vendramini:la sua cura per l’uomo, lacarità e l’amore per chi ènel bisogno, i suoi gestiverso chi è più povero ebisognoso ritenuti da lei un“paradiso”! Concludiamo lagiornata con la visione delfilm: “Uomini di Dio”.Il secondo giorno ci vedeimmerse nella relazio-italiane tra la Trinità e madreElisabetta Vendramini conl’esperienza della lectiosanctorum. Nel pomeriggioci incontriamo con Maria edElisabetta Vendramini: sorprendentela scoperta dellaCorona dell’Immacolatacomposta da Elisabetta.Ed è così che fu sera;e creato il passaggio allanotte con il film: “Benvenutial Sud!”.Il terzo giorno ci ha vistoimpegnate in una vivacediscussione sulla pastoralegiovanile-vocazionale inCalabria, insieme ad unaveritiera verifica, allacciandocicosì al primo giornosul coraggio della verità diS. Giovanni Battista.Un grazie a suor PaolaRebellato per la sua presenzafraterna e discreta,a suor Celina che ha animatola nostra preghiera,al personale della Casaattento e premuroso perfarci stare bene. Grazie atutte noi che ci siamo impegnateper sentirci beneinsieme e soprattutto percogliere che cosa la nostrabeata Elisabetta Vendraminici direbbe oggi! «Bisognapartire, care sorelle!Volevate fermarvi qui, nelcaldo e fresco conforto diqueste mura? Desideravateprendere dimora in questacasa? Ma Dio non ha casa!Non si imprigiona Dio inuna dimora fissa. È semprein movimento, senza domicilio,senza poltrona népantofole»Alla fine di un convegnoè stato detto: «Fate da solie comunitariamente l’esperienzadi Zaccheo. Salite sul“sicomoro” di un nuovo impegnoed allargate il vostroorizzonte fino ad incontrarelo sguardo di Cristo. Eglifarà uscire anche voi e noitutti dagli attuali limiti, dallanostra attuale “statura”per vivere con intensità diamore una stagione nuovadi Chiesa», e noi aggiungiamo:di Istituto.Autografo della lettera 163 di Elisabetta Vendramini ad una suoradi cui non si sa il nome. Vi si può leggere chiaramente il salutofinale: Bondì. Gesù sia ogni tuo bene.vita elisabettinaottobre/dicembre 2011 23


vita elisabettinaargentinaVENTICINQUE ANNI DI VITA RELIGIOSASeguendo le orme del Crocifissodi Esther Gonzalez stfeDomenica 2 ottobre2011, a conclusionedell'incontro intercomunitario,nella cappelladi Pablo Podestà (BuenosAires - Argentina) suorChiara Dalla Costa (nellafoto a lato, la prima dasinistra) ha celebrato venticinqueanni di vita religiosa.Erano presenti alla celebrazionele sorelle elisabettinecon la superiora delegata,suor Lucia Meschi (la terzada sinistra) e la vicariagenerale, suor Aurora Peruch(la seconda da sinistra),alcune persone dellaparrocchia, rappresentantidel Movimento elisabettinoe dell’Ordine francescanosecolare.La nostra anima, o figlia,chiusa nel nostro corpo,non può che vedereDio nelle sue opere le qualisono come scalini che manifestanola sua sapienza,il suo potere, la sua bontà.Sono le parole di madreElisabetta Vendramini chesuor Chiara Dalla Costa haposto nel biglietto col qualeinvitava le persone a partecipareal suo grazie al Signoreper i suoi venticinqueanni di consacrazione a Luie di fedeltà nella famigliaelisabettina.Lo scorso 2 ottobre,in Pablo Podestà, ci siamoriunite attorno all’altare,assieme alla comunitàparrocchiale, al MovimentoMomenti della celebrazione, presieduta dal parroco, don ClaudioSnidero, nella cappella di “Casa Betania” a Pablo Podestà.elisabettino per il mondo, aiTerziari francescani secolarie a giovani di diversi gruppi,per lodare il Signore perle opere meravigliose cherealizza nelle sue creaturee per noi, nella fattispecie,quando qualcuno - abbandonandotutto senza paura- lo segue e si lascia condurreda lui.Un momento particolarmenteintenso della celebrazioneè stata la rinnovazionedei voti: suor Chiara,con uno stile personale,ha usato come formula diprofessione un testo trattodal documento finale dell’ultimoCapitolo generale,lì dove i tre voti sono detticon parole altre:la povertàè il “senza nulla di proprio”affinché Gesù sia l’unicoe sommo bene; la castitàcome relazione sponsale incui è lo Spirito Santo chefeconda le relazioni fraternee apostoliche; l’obbedienzacome abbandono filiale nelPadre al fine di realizzare ilservizio alla Chiesa.Infine si è affidata informa speciale alla Verginedolorosa perché la accompagnie aiuti a testimoniarel’amore con le opere.È stato un giorno veramentespeciale per tuttenoi che abbiamo rinnovatoinsieme a lei il nostro sì, lodandoil Signore per la suafedeltà e misericordia.Come i discepoli Giacomo,Giovanni e Pietronell’evento della Trasfigurazione,ci siamo impegnatea contemplare il voltoluminoso e trasfigurato diCristo e scendere quindi avalle e riconoscerlo nel voltodei nostri fratelli e questiservirli, testimoniare loro lamisericordia di Dio. Preghiera diFrancesco di Assisidavanti al Crocifissodi San DamianoAltissimo glorioso Dio,illumina le tenebrede lo core mio.Et dame fede dricta,speranza certae carità perfecta,senno e cognoscemento,Signore, che faccia lo tuosanto e veracecomandamento.Amen.24 ottobre/dicembre 2011


memoria e gratitudineUNA VIA DEDICATA ALLA BEATA ELISABETTA VENDRAMINIGratitudine sulle stradeCon parole e gesti di speranzadi Gianna ScapinstfeUn evento che fa riviverenella città di Oderzogesti e parole di carità.Un evento significativo per lacittà di Oderzo, e in particolareper le suore elisabettine, quellodel 5 novembre scorso: il sindaco, avv.Pietro Dalla Libera ha ufficialmenteintitolato una via della Città alla BeataElisabetta Vendramini.Promotrice e sostenitrice del progettola signora Leonella Bucciol, cheha dato voce alla memoria ancora vivadi tanti opitergini, riconoscenti delservizio reso dalle suore elisabettinenella casa di riposo, nell’ospedale enel reparto di psichiatria annesso (dal1906) dall’anno 1883 al 1995, poi nelterritorio fino al 2007, presenza checontinua nella parrocchia con compitipastorali e caritativo-assistenziali.Le prime suore che operaronoin Oderzo forse avevano conosciutomadre Elisabetta o comunque sonovissute con sorelle testimoni della suavita santa e dei suoi gesti di attenzioneall’uomo sofferente, dei quali diederoprova concreta traducendoli in vita.La giornata si è aperta con la celebrazioneeucaristica nella cappelladell’ospedale presieduta dall’abate delduomo, monsignor Piersante Dametto,che nell’omelia ha tratteggiato lafigura spirituale della beata Elisabetta;presenti le autorità civili e militari, ilrappresentante della Direzione Generaledell’Ulss, dottor Umberto Gasparotto,la superiora generale, madreMaritilde Zenere, rappresentati delConsiglio provinciale e numerose suo-re elisabettine, alcune delle quali untempo colleghe e collaboratrici generosenel servizio infermieristico nellacasa di riposo e nell’ospedale, una rappresentanzadel personale ospedaliero,attivo e in pensione e della popolazione.Erano pure presenti suore di altreCongregazioni religiose operanti inOderzo. Una buona opportunità perevidenziare l’importanza di operareper il bene alla persona con atteggiamentofraterno, oltre che competente,ispirato all’idea di persona contenutanel vangelo, con la cura e l’amore perl’uomo di cui è stata esempio la beataElisabetta Vendramini.Il cielo piovoso alle ore 11.00 haconcesso una tregua che ha permessoai presenti di recarsi al luogo designatoe di assistere alla benedizione dell’area,al taglio del nastro e allo scoprimentodella tabella segnaletica “Via beataElisabetta Vendramini, fondatricedelle suore francescane elisabettine”,titolo con il quale da oggi è designatal’area nella mappa della Città.ItaliaIl seguito della cerimonia ha trovatoprosecuzione nella hall della casadelle “Piccole Apostole della Carità”di don Luigi Monza, che sorge sullavia intitolata al beato don Luigi Monza,loro fondatore.Qui, nel commemorare madre ElisabettaVendramini, si è dato voce alricordo di alcune figure di suore elisabettineche si sono distinte in Oderzoper le loro doti di umanità, di professionalitàe di solida spiritualità.Sono seguiti gli interventi di ringraziamentoe di saluto della Superioragenerale, del Rappresentante la DirezioneGenerale dell’Ulss di Treviso eOderzo, del Sindaco, che ha messo inluce la costanza della signora LeonellaBucciol nel proporre e poi seguire l’iterdella pratica fino alla approvazione e larealizzazione del progetto, come segnoduraturo della riconoscenza della Cittàper l’opera delle suore elisabettine, pertanti anni, nel campo della carità.Stralcio dall’intervento commemorativodi figure di suore elisabettine:«... Solo qualche nome: “Angelodegli ammalati”, così venne ricordatadall’Amministrazione dell’ospedalesuor Bernardina Fontanive, scomparsaprematuramente, che accettava l’avvenenzafisica come un mezzo perIl sindaco, dottor Pietro Dalla Libera, e madre Maritilde Zenere, superiora generale,tagliano il nastro della dedicazione della via a Elisabetta Vendramini;a destra l’abate monsignor Piersante Dametto.memoria e gratitudineottobre/dicembre 2011 25


memoria e gratitudineItaliaMomenti della celebrazione eucaristica nella cappella dell’ospedale.avvicinare le persone, per comunicareloro la gioia di vivere e per portarle adamare il Signore. Con una parola, unacarezza, un gesto di amicizia, sembravadirti: “coraggio, niente è impossibile,sono qui a darti una mano”;suor Giorgia Beda visse anni difficilipassati ad alleviare, con modigentili ma fermi, la stanchezza dei malatidel sanatorio… Per molti anni suorGiorgia ha dispensato comprensione esmussato tanti spigoli, ritirandosi inpunta di piedi quando si rese contoche non era più in condizione di corrisponderealle attese;suor Sabina Faggiani in Casa diriposo si era presa così a cuore la promessadi aiuto fatta ad una mamma inpunto di morte che si muoveva col suoGigetto sempre per mano ad onorareun impegno al quale è stata fedele finoalla fine;suor Gerarda Zanello, vissuta persessant’anni in ospedale, ha dato a tuttiun esempio di senso pratico, misura,serenità. Fin che le forze l’hanno assistitaha assicurato un servizio zelantee qualificato tra bisturi, pinze e garze,silenzioso e attento fino allo scrupolo.Dal contatto con la sofferenza, sapevainfondere coraggio agli altri e offriremotivi per superare le difficoltà. Lasua presenza rasserenante è la costantesottolineatura di chi ancora la ricordacon venerazione.Ma l’elenco di figure splendide, inbuona misura descritte da don EzioDal Piva, del quale ricorre il secondoanniversario della morte dopo cinquantadueanni di servizio discretoe generoso in ospedale e che fu dellesuore elisabettine confidente ed amico,potrebbe continuare all’infinito.[…] A distanza di oltre un secolo,bene ha fatto l’Amministrazione comunaleretta dal sindaco, avv. PietroDalla Libera, a scegliere questo spazioche sorge accanto all’ospedale nel luogoche fu sede del convento dei Servidi Maria e della chiesa delle Grazie.A due passi da qui prestarono servizionella gratuità ed abitarono le suorefino a trent’anni fa.Qui davanti sorge un centro diIl saluto del Sindaco ai convenuti nell’atrio della Casa delle “Piccole Apostole della Carità”.riabilitazione gestito dall’Associazione“La Nostra Famiglia”, istituito per alleviarela sofferenza di tante persone indifficoltà e qui converge la via dedicataad un’altra grande figura di fondatore,quella del beato don Luigi Monza,che ha dato vita alle “Piccole Apostoledella Carità”. Cento metri più in làtroviamo la Residenza per Anzianinella quale le suore elisabettine ebberoil primo approccio con la Città.Oggi, con l’intitolazione di questavia alla beata Elisabetta Vendramini, sirinnova questo patto con la comunitàopitergina stipulato 128 anni fa, fecondodi opere di bene e di gratitudine versole centinaia di suore che hanno spesola loro vita per la popolazione di questoterritorio» (Giuseppe Migotto).Madre Maritilde, nel suo indirizzodi ringraziamento al Sindaco, alleAutorità e a quanti hanno collaboratoper la realizzazione del progetto, haespresso la sua speranza che è ancheaugurio: «Prego affinché la beata Elisabettaabbia un pensiero di particolarebenevolenza per tutte le personeche transiteranno per quest’area, cheè anche area di sosta; possano percepirela parola che lei direbbe in questacircostanza: siete tutti figli predilettidel Padre».Ha poi auspicato che le suore elisabettine,in qualunque missione sitrovino a operare oggi, prima di esserefigure professionali siano persone dicuore, che sappiano stare accanto insilenzio, che sappiano accompagnare esostenere, con parole e gesti di speranza,tante persone provate dalla sofferenzae dall’emarginazione, a volte neldubbio e nella disperazione, in questinostri giorni difficili.Ha infine invocato l’aiuto di madreElisabetta perché chieda al Signore dibenedire, provvedere, accompagnare esostenere tutti i cittadini di Oderzo.Le sue parole sono per noi, elisabettinedi oggi, significative e responsabilizzantiquasi un nuovo mandato,sulla scia delle sorelle che ci hannopreceduto, della cui presenza e operasi vuole esprimere, con questo gesto,duratura, riconoscente gratitudine. 26 ottobre/dicembre 2011


ItaliaNELLA DIOCESI DI BELLUNO-FELTREA servizio dei bambinie della comunità cristianafonda che nutro verso le elisabettineche conosco a mezzo di mia sorella,di altra cugina e di una turba di compaesanedi tale Istituto, mi rivolgo a leichiedendo se potesse accettare di mandareanche in Alleghe le sue suore. Il ,al quale ne feci parola, si dimostrò bensoddisfatto di avere le buone e braveelisabettine in Diocesi» 2 .Il riscontro positivo si espresse conla stipula di una convenzione, il 13maggio 1948, tra l’Istituto delle suoreelisabettine di Padova e don AngeloStrim, parroco di Alleghe e direttoredel nuovo asilo, che prevedevache la Superiora generale si sarebbeimpegnata a inviare quattro suorenella parrocchia di Alleghe peril funzionamento dell’asilo parrocchiale,di cui una si sarebbe occupatadella scuola di ricamo e cucito (scuoladi lavoro). Si sarebbero inoltre prestateper l’insegnamento della Dottrinacristiana, secondo il metodo stabilitoper la Diocesi, e per l’assistenzaspirituale alla gioventù femminile diAzione cattolica e nei giorni festividel patronato parrocchiale femminile,secondo l’orario stabilito con il PardiAnnavittoria TomietstfeTra le montagnedel bellunese segnidi promozione umananell'educazionedei bambini e nelcollaborare a costruirela comunità cristiana.memoria e gratitudineAsilo infantile ad Alleghe(1948-1987)Alleghe: un tranquillo e ridentepaese del bellunese, nella vallataAgordina, chiuso ad oriente dal monteCivetta. Caratteristica del paese èl’omonimo lago, formato nel 1771 lungoil torrente Cordevole, in seguitoad una enorme frana precipitata avalle dal monte Piz che seppellì trevillaggi.In questo luogo la famiglia elisabettinacostituì una comunità chedurò circa quarant’anni, dal 1948 al1987.Una felice coincidenzaL’origine della richiesta alla superioragenerale madre CostanzinaMilani 1 di costituire in Alleghe unacomunità di suore elisabettine va ricercatanella persona del parroco diAlleghe, don Angelo Strim, fratello disuor Aldina Strim francescana elisabettina,allora superiora nella comunitàdi Montecchia di Crosara (VR).In una lettera a madre Costanzina,datata 28 maggio 1947, scrivevatra l’altro: «Prima di far parola con altriIstituti, data la stima sincera e pro-roco; si sarebbero impegnate anche ariassettare la biancheria della chiesa ei paramenti sacri.All’autorizzazione del vescovo diBelluno, monsignor Girolamo Bortignon3 , seguì, il 17 maggio 1948,l’apertura e l’ingresso delle suore nell’asiloparrocchiale denominato “Mo-Bambini dell’asilo di Alleghe in gita sul lago.Un gruppo di suore in riposo ad Alleghe,ospiti nella comunità della scuola materna(foto 1976, Agep).ottobre/dicembre 2011 27


memoria e gratitudineItaliaSolenne inaugurazione dell’asilo di Alleghe, con la benedizione del vescovo di Belluno-Feltre,monsignor Girolamo Bortignon. Sullo sfondo il lago (foto Agep).numento ai Caduti in guerra”.La piccola comunità elisabettina,costituita da suor Sabinella Pellegrin,superiora, suor AnnaracheleGiacomello e suor Edoarda Zanon,iniziò così in Alleghe il suo camminoapostolico che realizzò giorno dopogiorno inserendosi sempre di più nellavita e nella realtà della parrocchia,con ritmo crescente e con soddisfazionedi tutti.Lo rivela anche la lettera del 6 aprile1972, con la quale il parroco, donAngelo Strim, comunica alla superioragenerale, suor Bernardetta Guglielmo 4 ,in risposta ad una sua domanda, che leAutorità comunali di Alleghe permettevanoben volentieri che cinque osei suore al massimo potessero trascorrereun periodo di riposo in quello stabile,purché ciò non compromettesse ilnormale funzionamento dell’Asilo.E il parroco continua:«Io, come Direttore dell’Asilo, sonoben lieto che alcune suore vengano adAlleghe: daranno un santo esempiodi vita consacrata al Signore, di umiltà,obbedienza, povertà, virtù delle quali,dappertutto, si sente, in questi tempi,un grande bisogno».Alcuni anni più tardi, anche lacomunità che viveva tale esperienza,così si esprime:28 ottobre/dicembre 2011«La nostra fraternità beneficia dellaricchezza spirituale delle sorelle ospitie ne trae vantaggio ad ogni livello, siache esse si fermino pochi giorni, siache restino un periodo più lungo. Questoalternarsi di persone ci fa sperimentarequanto sia necessario ad ognuna dinoi vivere le virtù tanto inculcate dallanostra madre Fondatrice».Nell’ottobre 1979 la comunità si arricchiscedi un nuovo membro con ilcompito di dedicarsi pienamente alleopere parrocchiali ed assistenziali. Ciòviene accolto con molta soddisfazionedal parroco, dalle autorità del paese,dalla popolazione e soprattutto daglianziani, molti dei quali vivevano soli.Entrando nelle famiglie, somministrandole cure del corpo la suorapenetra negli animi ed instaura undiscorso di fede e di preghiera. Conla catechesi e gli incontri parrocchialidi Azione cattolica ragazzi incontrala gioventù e lavora come animatricevocazionale.Tutte le sorelle della comunità sonoimpegnate per essere nella comunitàparrocchiale una «fraternità francescanatestimone di Cristo Risorto», e peresserlo lavorano gioiosamente, donandotutte le proprie energie all’interacomunità parrocchiale.Verso il ridimensionamentoNegli anni Ottanta si fecerosentire in modo consistente nellafamiglia elisabettina le conseguenzedella progressiva diminuzione delnumero di giovani chiamate alla vitadi consacrazione al Signore. Il Capitologenerale 1981 con opportuno discernimentoelaborò le linee da percorrerenel successivo sessennio (1981-1987),linee che prevedevano di continuarein modo oculato il ridimensionamentodei servizi ed anche la chiusura dicomunità. In questo processo fu coinvoltaanche la presenza della comunitàelisabettina ad Alleghe.L’8 maggio 1986 la superiora generalemadre Bernardetta Guglielmoscriveva al parroco di Alleghe, donAngelo Bellenzier, informandolo chela diminuzione di suore non consentivadi continuare a sostenere il serviziodi scuola materna parrocchiale. Avanzava,tuttavia, la proposta che le suorepotessero restare presenti in Allegheper prestare il servizio di cucina perLe processioni in parrocchia sono aperte dalla schiera dei bambini dell’asilo (foto Agep).


la scuola materna, un servizio di catechesiai fanciulli della parrocchia, unservizio infermieristico a domicilio.Ma, dopo un anno di questa nuovaesperienza, il 28 aprile 1987 la stessaSuperiora generale comunicava alparroco che l’aggravarsi dei problemiriguardanti il personale religiosodisponibile per un servizio pastoraleparrocchiale avevano portato, dopomatura riflessione, alla decisione delridimensionamento totale della presenzaelisabettina in Alleghe.Pertanto, pur con grande dispiacereda parte di tutti, il progetto siconcretizzò e il 30 giugno 1987 la comunità,costituita da suor Carla Gallo,superiora, suor Elialbina Gazzola,suor Ceciliana Zanellato lasciò laparrocchia.Le attestazioni di stima offerte datutta la popolazione, dal parroco, dalleautorità hanno confermato ulteriormentequanto la presenza delle suorefosse apprezzata, e hanno reso menoamara la partenza, pur nella sofferenzadel distacco.Asilo infantile a Castellavazzo(1948-1994)Castellavazzo, comune della provinciadi Belluno si estende su entrambii versanti della valle del Piave. Sullariva destra, in posizione sopraelevatarispetto al letto del fiume, sorge ilcapoluogo, e le frazioni di Olantreghee Podenzoi. Sulla riva sinistra invece siestende Codissago, dove nel 1956 fucostituita un’altra comunità.Asilo infantile di Castellavazzo:sue origini“Teofilo e Maria Zoldan” fu la denominazionedell’asilo al suo sorgere,a ricordo dei più insigni benefattoriI bambini dell’asilo con la divisa delle grandi feste posano davanti all’asilo di Castellavazzo.Al centro il parroco don Modesto Sario (foto Agep, anno 1953).Partecipazione delle suore alla vita parrocchiale; qui, da sinistra: suor Luigidia Meneguzzo,suor Tiberina Bagarella, suor Matteina Guidolin, suor Maria Teresa Vinago,sulle terrazze del giardino dell’Isola Bella, dopo la visita alla sacra Sindone a Torinoe al santuario di Oropa (settembre 1978).che resero possibile la realizzazionedell’opera che fu poi affidata alla parrocchia“Santi Quirico e Giulitta”.Quasi contemporaneamente alla fondazionedella comunità di Alleghe, lafamiglia elisabettina rafforzava la suapresenza nella medesima regione geografica,nel tessuto della realtà parrocchiale.L’autorizzazione del vescovo,monsignor Girolamo Bortignon, è del18 ottobre 1948.Il parroco, don Modesto Sorio,lasciò cara memoria delle origini dell’asiloin Castellavazzo. Nel bollettinodel gennaio 1949 si legge:«… Dopo cinque mesi di lavoro,l’Asilo reso bello e decoroso aprì i suoibattenti. Le suore ne presero possessoil giovedì 2 dicembre 1948. Accoltefestosamente alla stazione, vennerocondotte in chiesa per la benedizioneeucaristica e per il saluto del Parroco;poi passarono alla casa […]. Oral’Asilo è tutto in movimento. La superiora,suor Benilde Gambasin, gestiscela Scuola di taglio a quarantacinqueragazze; suor Olivia Vido insegna nellascuola a cinquanta bambini; mentresuor Prudenza Bisson attende allacucina. Tutto funziona egregiamentecon molta soddisfazione del popolo,che reclama la presenza di una quartasuora per il doposcuola. Il bollettino siassocia al popolo per dare il benvenutoalle suore elisabettine e porge loromemoria e gratitudineottobre/dicembre 2011 29


memoria e gratitudineItalial’augurio di lunga permanenza.La benedizione dell’asilo avvenneil 30 gennaio 1949. Quando il vescovo,monsignor Girolamo Bortignon,arrivò all’asilo, una marea di popololo attendeva… Tutto funzionava bene,anche l’oratorio festivo. Ora si attendedi inaugurare una quarta opera:il dopo-scuola! Ciò sarà quando saràarrivata la quarta suora».Una presenza tra la genteLa presenza elisabettina è regolatada una convenzione, stipulata il 20novembre 1948, secondo lo schemacomune per tutti gli asili aperti inquesto periodo: le suore saranno impegnatenel funzionamento dell’asiloparrocchiale e della Scuola di lavoro,nell’insegnamento della Dottrina cristiana,nell’assistenza della gioventùfemminile di Azione cattolica e, neigiorni festivi, nel patronato femminileparrocchiale; inoltre, si chiederà ilriassetto della biancheria della Chiesa.La comunità elisabettina diedeinizio e perseguì il suo cammino parrocchialecon piena soddisfazione delpopolo. Nella primavera successivaal loro ingresso – il 22 aprile 1949 – ilparroco comunica alla Superiora generaleche «il popolo (che è tutto “rosso”)affiderebbe alle suore tutto, tutto!». Econtinua, chiedendo l’istituzione di undoposcuola. «È necessarissimo. Figlidi operai, non sono occupati per nullanella terra, quindi vanno a zonzo per lestrade tutta la giornata».Quando la frazione di Codissago(1954) venne costituita parrocchia autonomarispetto a Castellavazzo, unasuora vi si fece messaggera di carità,finché nel 1956 vi fu costituita una comunitàautonoma, per la direzione delnuovo asilo “Vittoria” (vedi oltre).Nel 1959 si rese necessario che lesuore di Codissago rientrassero nellacomunità di Castellavazzo. Troppoesigua la presenza di due sole suoresoprattutto nei mesi invernali. Nondimenofu difficoltosa la pendolaritàmancando mezzi di trasporto idonei:mattina e sera, soprattutto d’inverno,era forte il disagio della strada el’attraversamento del pontesul Piave. Ma la passioneapostolica faceva superareogni ostacolo.Il 1963 fu l’anno dellaprova: insieme al disastrodi Longarone, Erto e Cassoanche Codissago fu colpitodolorosamente dal “disastrodel Vajont”, nella nottedel 9 ottobre.Le suore, colpite anchenei loro affetti, si prestarononel curare le ferite del corpoe dello spirito. Una in particolaresi distinse nel pietosocompito del riconoscimentoe della dignitosa ricomposizionedelle salme estrattedal fango.Rimane vivo il ricordodell’onorificenza concessa,con Medaglia d’Oro al meritocivile, alla popolazionedel comune di Castellavazzoin questa occasione: «...la forte popolazione di Ca-1963: tra il fango del disastro provocato dalla franadel monte Toc nell’invaso della diga del Vajont;in primo piano due suore elisabettine di Castellavazzo.stellavazzo, prodigandosinell’opera di soccorso dei superstiti edi recupero delle salme, dava fulgidatestimonianza, fra l’unanime ammirazionedel Paese, di mirabile fermezzad’animo e di preclare virtù civiche».L’attività pastorale nei due paesie nei paesi limitrofi continuò con zeloapostolico fino al 1994, anno in cui ilprocesso di ridimensionamento toccòanche questa realtà.Così nel bollettino parrocchiale delgiugno 1994 il parroco, don Luigi Faorosi esprime: «Quanto allora si è gioitoper l’arrivo delle elisabettine, tanto oradispiace a tutti per la partenza. I ricorsidel parroco e la lettera del sindaco nonhanno potuto cambiare la decisione[...]. È un grande impoverimento spirituale:mancano le vocazioni alla vitareligiosa. Non ci resta che pregare ilSignore che mandi ancora anime generoseal suo popolo».Fu una sofferenza condivisa datutta la comunità parrocchiale, insiemealle suore, che si erano sentitesorelle e seminatrici di vangelo e disolidarietà, partecipi di gioie e di dolori,ministre di consolazione.La popolazione espresse in millemaniere la sua riconoscenza all'Istitutoe in particolare a suor Maria TeresaVinago, superiora, suor Tiberina Bagarella,suor Costanza Bazzacco e suorTeodorica Zecchin che lasciarono lacomunità il 30 agosto 1994.Asilo infantile a Codissago(1956-1975)La presenza elisabettina a Codissgoè legata a doppio filo a quella diCastellavazzo: vissuta in forma pendolareprima, costituita comunità autonomadal 1956 al 1959 (suor ArmidaBonavolta, suor Carmela Bonollo), poinuovamente assorbita da quella di Castellavazzo.Solo nel 1964 ha ripresouna sua fisionomia autonoma fino al1975.La comunità ha espresso una vivacepresenza sia in campo educativosia in quello della pastorale a favoredi tutta la popolazione che portava le30 ottobre/dicembre 2011


Il paese di Codissago ricostruitodopo il disastro del Vajont.ferite ancora aperte dal disastro delVajont.Quando nel 1975 le suore di Codissagosi inserirono nella comunità diCastellavazzo costituendo una comunità-raggio,due di loro continuaronole varie attività. Nel 1985 la scuola maternafu unita a quella di Castellavazzoper la diminuzione di bambini in etàprescolare, ma continuò la presenzapastorale.Il legame della famiglia elisabettinacon la comunità parrocchiale rimasevivo anche dopo tale data; lo testimonial'ospitalità concessa nei locali dellascuola materna nei mesi estivi 1990-1992 per i campi-scuola di adolescentie giovani; ospitalità regolata da opportunaconvenzione.Si è trattato di una esperienza cheha dato vitalità e gioia a tutti.Asilo ad Antole-Sois(1950-1980)Nel 1950 la presenza elisabettinagiunse alla periferia di Belluno ad Antole-Sois.L’apertura della comunità elisabettinanell’asilo “Italia Zanetti Persicini”è frutto di una lunga e insistenterichiesta durata oltre due annidel parroco di Antole-Sois, don FeliceTomaselli, all’Istituto delle suore elisabettinee ad altri Istituti.La prima risposta positiva dellasuperiora generale, suor CostanzinaMilani, giunge il 20 aprile 1950, garantendonela realizzazione solo nell’autunno1951.Lo zelante sacerdote non demorde;La chiesa di Antole-Sois, oggi.il carteggio insistente è fitto 5 . Il 31maggio 1950 comunica alla Superioragenerale che l’ambiente è totalmentepredisposto e che la popolazione attendecon impazienza l’apertura dell’asiloe la venuta delle suore.Dopo l’assenso, viene elaborata laconvenzione fra le parti interessatesecondo lo schema già in uso negli altriasili della zona: direzione dell’asilo, insegnamentodel catechismo, ricreatoriodomenicale, cura degli arredi sacri.La Superiora generale fa richiestadell’autorizzazione a costituire lacomunità in Antole al vescovo, monsignorGioacchino Muccin 6 , che il 9ottobre risponde positivamente.Il 15 ottobre giunsero le suore.Nel febbraio successivo la comunità,nel libro della cronaca, racconta lasua versione dell’inizio dell’esperienzaelisabettina nella parrocchia di Antole-Sois.«I fedeli, appena sorta la parrocchia,uniti al parroco, don Felice Tomaselli,pensarono alla edificazionedell’Asilo infantile; mancavano peròi mezzi. La Provvidenza venne loroincontro in modo inaspettato. Unagentile signora, Italia Zanetti in Persicini,alla sua morte lasciò la sua casapadronale perché fosse trasformata inAsilo e abitazione suore […]. In pocotempo la casa fu trasformata in Asilo eadeguatamente arredata.Giunse il momento più critico.La popolazione entusiasta aspettaval’arrivo delle suore, ma inutilmente,perché il parroco non ne trovava.Finalmente dopo aver bussato allaporta delle elisabettine per la quintavolta, la madre generale, suor CostanzinaMilani, acconsentì di mandaretre suore. Il 15 ottobre 1950, suorAdalberta Bizzo, come superiora, suorLaudimilla Giacomello e suor RosalfeaZanchetta accompagnate dalla Segretariagenerale, suor Guglielmina Boschi,fecero ingresso nel nuovo asilo, fra gliapplausi della popolazione che si mostravadavvero soddisfatta di avere lesuore a cui affidare i bambini. Il giornoseguente avvenne l’inaugurazione:c’erano presenti il Vescovo e le autoritàcivili, l’ispettrice delle scuole, signoraBoranga con le maestre del paese».Il 9 ottobre 1952 il parroco chieseuna suora che potesse «dedicarsi all’assistenzaal ricreatorio femminilee in particolare al canto e al suono oalmeno avviata un po’ alla musica» perampliare l’attività pastorale in favoredella gioventù.Dal carteggio conservato nell’archiviosi deduce che l’attività dellesuore e il loro rapporto con la popolazioneda subito fu ispirato a reciprocorispetto e collaborazione.Nel 1966 subentrarono alcune difficoltà,ben presto superate per cuila decisione di ritirare le suore potéessere rinviata, grazie all’impegno delparroco e dei suoi collaboratori perridefinire le reciproche competenze.Ma nel 1979, all’interno del processodi ridimensionamento, si pervennealla decisione definitiva. Il paese posemolta resistenza alla realizzazione delprogetto. Lo dice un carteggio moltoarticolato da parte di ogni categoria dipersone, nel tentativo di non perdere ildono prezioso della comunità religiosa.La decisione, rinviata da anni, fuinappellabile: la diminuzione di personalereligioso era elemento oggettivosu cui ormai non era più possibilecontrattare.La lunga e sofferta trafila per faraccettare al paese la decisione si concluseil 17 luglio 1980. Il saluto asuor Florentina Melato, superiora, suorGiannaberta Marchetto, suor ElettaVellar fu caratterizzato da un reciprocoriconoscimento di stima e di collaborazioneche alla fine ha pacificato glianimi esacerbati. Il testimone passò alpersonale laico.memoria e gratitudineottobre/dicembre 2011 31


memoria e gratitudineAsilo infantile a Cadola(1951-1977)L’asilo infantile “Ing. GiovanniPierobon” a Cadola, frazione del comunedi Ponte nelle Alpi che ha inCadola la sua sede comunale, sullasinistra del Piave, ha visto la presenzadella comunità elisabettina fin dallesue origini, nel 1951.Con lettera del 22 luglio 1951 ilparroco, don Giacomo Viezzer, presentaalla Superiora generale i bisognidella comunità e le possibilità dirisposta delle suore dal suo punto divista per stipulare la convenzione: ilfunzionamento dell’Asilo, l’insegnamentodella Dottrina cristiana, la curadella gioventù femminile per quantoriguarda la istruzione religiosa e laformazione spirituale, il riassetto dellabiancheria della chiesa e dei paramentisacri. Assicura inoltre che non sarebbemancata alle suore l’assistenzaspirituale.Il 10 luglio 1951 il vescovo, monsignorGioacchino Muccin, scrive allaSuperiora generale:«La notizia cortesemente comunicatamiche prossimamente le suorefrancescane elisabettine assumerannola direzione dell’asilo di Cadola miha procurato viva soddisfazione. Find’ora do loro il mio cordiale benvenuto:esse faranno del bene e sono certoche troveranno a Cadola Autorità epopolazione disposte ad accoglierlecon il massimo favore. Ad Alleghe,Castellavazzo, Antole, si aggiunge oraCadola come campo di lavoro religioso-educativodelle zelanti figlie dellaVen. Madre Vendramini. Altri parrocistanno lavorando per erigere l’Asilo ela Scuola di lavoro, ed io spero che leSuore Elisabettine possano estenderenella diocesi di Belluno il raggio dellaloro meritoria attività» 8 .A questo primo benvenuto faràseguito, il 14 agosto dello stesso anno,l’autorizzazione alla costituzione dellacomunità «per svolgervi a vantaggiodella gioventù femminile quelle opereche sono conformi alle loro Costituzionie particolarmente per assumerela direzione di un Asilo Infantile».32 ottobre/dicembre 2011Le suore giunsero a Cadola il 6ottobre 1951: suor Adalberta Bizzo,superiora, suor Eligia Sbaraglia, suorClarenzia Spinello.Dopo un inizio ricco di promessedi frutti, a fine anni Sessanta si iniziaa percepire l'urgenza di rivedere lepresenze elisabettine. Una prima avvisagliasi ha nel settembre 1969, all’indomanidella conclusione del Capitologenerale ordinario.La superiora generale, suor BernardettaGuglielmo, scrive al parroco:«… Dato che il numero dei bambinidell’Asilo è molto limitato e noi citroviamo in grave disagio per la ristrettezzadi numero delle Suore, abbiamodeciso di ritirare le tre che lavoranonella sua parrocchia per coprire altriposti dove il lavoro è talmente grandeda nuocere alla salute delle religiose».Ma il parroco fa ricorso al peravere un appoggio autorevole per lapermanenza della comunità elisabettinain parrocchia, sorpreso per similedecisione. Uno scambio epistolare evari colloqui fanno soprassedere: «Sichiede pertanto alla S.V., nonostantele notevoli difficoltà a cui si accennanella lettera suddetta, di voler riesaminarebenevolmente e, se possibile, farrientrare il provvedimento in parola».La risposta della Superiora generalefu positiva (lettera del 10 ottobre1969) e quindi le suore rimasero a Cadolaancora per alcuni anni, con grandesoddisfazione della popolazione.Ma la diminuzione numerica,iniziata negli anni Sessanta, portò adItaliaVeduta sul paese di Cadola.accelerare il processo di ridimensionamentoe il 13 dicembre 1976 la Superioragenerale comunicava al vescovo,monsignor Maffeo Ducoli 9 , la decisionea conclusione di colloqui intercorsicon il vicario episcopale per la vitareligiosa della diocesi.Questa volta non valse l’interventodel Vecovo a perorare il riesame delprovvedimento in favore della scuolamaterna di Cadola; la Superiora generalemotivò l’impossibilità di tornaresui passi fatti «… una operazione cheabbiamo iniziato e che stiamo portandoavanti con pena, ma che siamoobbligate a fare data la concreta realtàdi mancanza di suore e di conseguenzail ridimensionamento delle opere» 10 .Il processo si avviò a conclusione e il5 agosto 1977 la comunità, costituitada suor Rosella Valentini, superiora,suor Robertina Braggié e suor FlaviliaGiacomini, lasciò la parrocchia, congrande sofferenza di tutta la popolazionema anche accompagnata da unprofondo senso di riconoscenza. 1IX superiora generale (1945-1957).2Agep, cartella Alleghe.3Vescovo di Belluno-Feltre dal 1945 al1949.4XI superiora generale (1969-1987).5Agep, cartella Antole-Sois.6Vescovo di Belluno Feltre dal 1949 al1975.7Agep, cartella Antole-Sois.8Agep, cartella Cadola.9Agep, ibid.9Vescovo di Belluno Feltre dal 1975 al1996, lettera del 4 gennaio 1977; Agep, ibid.10Lettera del 19 gennaio 1977, Agep, ibid.memoria e gratitudine


ESULTA IL MIO CUORE NELLA TUA SALVEZZA nel ricordodi Sandrina Codebò stfesuor Onoria De Marchinata a Saletto di Vigodarzere (PD)il 5 agosto 1923morta a Pordenoneil 4 luglio 2011Suor Onoria, Maria DeMarchi, aveva certamentequella che si dice una bellaetà, ma era così presentenella vita comunitaria, serenamentepronta e disponibilead ogni servizio che… cieravamo quasi dimenticateche di anni ne aveva vissutitanti! Aveva qualche disturbo,il cuore era affaticato malei minimizzava e continuavaa donare. Era la sua naturaprofonda, modellata dallapreghiera e dall’impegnospirituale, che continuava adesprimersi. Aveva lasciatoSaletto di Vigodarzere (PD),dove era nata nell’agosto del1923, a soli 19 anni: l’avevaattratta la vita-missione dellesuore elisabettine. Dopopostulato e noviziato vissuticon impegno, fece la primaprofessione religiosa il3 maggio 1945. Frequentòl’esigente Scuola convittoper infermieri professionaliannessa all’ospedale maggioredi Trieste e iniziò nell’ospedalecivile di Padovail servizio accanto alla personaammalata; fu una partenzasubito interrotta dallamalattia: suor Onoria infattisi ammalò e fu ricoveratanel sanatorio “S. Giuseppe”di Zovon di Vo’. Quandosi ristabilì in salute ripreseservizio prima nella casa dicura “E. Morelli” di Romae poi nell’ospedale psichiatricodi Brusegana (PD);operò quindi per un breveperiodo nel Centro Traumatologico(C.T.O.) di Padovae ad Aviano (PN) nell’ospedalecivile “S. Zenone”; perdiciotto anni è infermiera inquello di Latisana (UD) dovesperimentò anche le faticheconnesse con il ritiro dellacomunità dall’attività.Trasferita da Latisana,affrontò serenamente unanuova esperienza: quella diassistere gli anziani nella casadi riposo “Umberto I” diPordenone.Nel 1997, terminato ilservizio ‘a terzi’, suor Onoria,inserita nella comunità“S. Giuseppe” di Pordenone,continuò a curare e servire:questa volta erano le consorelleoggetto delle sue attenzioni,della sua capacità diaccogliere e di essere presentein modo costruttivo,lasciando in tutte un grato,affettuoso ricordo.Ho conosciuto, tutteabbiamo conosciuto suorOnoria come una personaserena, accogliente, una sorelladisponibile al servizio,positiva nei giudizi, capacedi ascolto, una sorella checontribuiva in modo costruttivoal dialogo in comunità.Era bello tornare a casa etrovarla in portineria a dareil benvenuto. Al mattino arrivavaper tempo in cappella:nella preghiera ricercava etrovava l’energia necessariaper vivere con amore il nuovogiorno. Ci mancherà, cimancherà molto. Se ne è andatasenza darci il tempo necessarioa comprendere cosastava succedendo: tuttoè stato tanto, troppo rapido.Oggi ci sentiamo derubatedi una presenza importante,una presenza buona e bella.Grazie a te, suor Onoria,sei stata un dono per la tuaserenità, per la disponibilità,per la fedeltà alla tua sceltadi vita elisabettina che haisempre onorato. Ti sei fattaapprezzare da noi, dalle tantesorelle e persone che sonopassate per questa casaed erano da te cordialmenteaccolte; ti sei fatta apprezzareanche dai medici, dalpersonale, dagli ammalati, edai loro parenti nei lunghi egenerosi anni di qualificatoservizio infermieristico. Oggici risuona dentro la paroladella Scrittura: la sua sposaè pronta… una parola checi conforta, ci permette dipensarti beata, di pensartiaccolta dal Signore. Ci congediamoora dalla tua presenzavisibile, ma non dallatua compagnia spirituale.comunità “S. Giuseppe”Pordenonesuor Lidia Franceschinnata a Padovail 26 gennaio 1940morta a Padovail 12 luglio 2011Suor Lidia aveva avutoin dono un cuore sempliceche la guidò giovanissima,non ancora diciottenne, adaccogliere la chiamata delSignore, a lasciare il quartiereArcella, Padova, dove eranata nel gennaio del 1940,per raggiungere la vicinissimaCasa Madre delle suorefrancescane elisabettine einiziare l’iter formativo chela condusse a fare serenamentela prima professionereligiosa il 4 maggio 1960.Fu subito inserita in ambienteparrocchiale dove siespresse come insegnantenella scuola materna e nellacatechesi.Operò a Gruaro (VE),a Stevenà di Caneva e aRovereto in Piano (PN). Nel1971 fu trasferita a Torre(PD) e cinque anni più tardialla scuola “E Vendramini”di Bassano del Grappa (VI).Dopo una breve presenzaa Voltabarozzo-Padova, pernove anni fu a Noventa Vicentina;per motivi di saluteinterruppe quindi l’insegnamentoe divenne una generosapresenza come collaboratricedi comunità sia all’OperaAntoniana, Padova,sia a Noventa Vicentina e aVillafranca Padovana.Nel 2005 fu trasferitanella comunità presso il monastero“S. Chiara” a MontegrottoTerme (PD). Qui fu unapreziosa e buona compagniaper le sorelle anziane ivi residenti,una compagnia checessò in modo improvvisoe inatteso, perciò particolarmentedoloroso.Veramente le vie del Signorenon sono le nostre vie,Egli solo sa quando e comela nostra missione terrena ègiunta a compimento.Oggi dopo la morte disuor Lidia, leggendo la nostravita comunitaria, fattadi tanti momenti di gioia,di preghiera, di sofferenza,penso che possiamo direcon sentimenti di grandericonoscenza che il Signoreci ha dato suor Lidia comeun dono prezioso daaccogliere, riconoscere,valorizzare, amare. Si presentòfin dal primo impattosorridente, umile, buona;cominciò subito a dare ilmeglio di sé, con serenità erispetto, creando in questomodo un clima di fiduciareciproca, così da sentirsiamata e compresa anchenelle sue paura che confidòfraternamente.La sua semplicità ha contagiatotutta la comunità cosìche l’abbiamo accolta benevolmente;si è andato creandogradualmente un climacome di laboratorio comunitario,nel quale ognuna per lasua parte cercava di camminaree crescere insieme nellacomunione fraterna.Sperimentando che tutteeravamo disponibili ad aiutarla,a pacificarla e ad accoglierlanelle sue paure, haritrovato in se stessa sicurezza,“come un bimbo svezzatoin braccio a sua madre”. Eradotata di uno spiccato sensoottobre/dicembre 2011 33


ESULTA IL MIO CUORE NELLA TUA SALVEZZAdi umanità, perciò era sempreattenta ad aiutare chi eranel bisogno. Suor Lidia cara,sei stata per noi una “presenza”preziosa, semplice, umile,fervorosa nella preghiera,generosa nel compiere tantipiccoli servizi, gioiosa neimomenti di festa.suor Antonialuciacomunità “S. Chiara”Montegrotto (PD)Dalla omelia della messadel funerale“… la religiosa è una personache ha deciso di seguiree amare Gesù attraversol’ascolto orante della Parolae vuole testimoniare l’amoree la vita fraterna nella comunitàecclesiale come rispostaall’amore del Signore, cheper primo ha perduto la suavita per noi… Suor Lidia havissuto in pienezza questescelte. Sapeva intessere rapportifraterni con tutti, adultie bambini, vedendo in loroil volto del Signore. La suavita era contrassegnata dallagioia: sorridere e far sorridere.Generosa, mai stanca; leconsorelle le volevano bene.Era vicina soprattutto aibisognosi. La sua famiglial’ha definita: sorella e suoraeccellente.”don Luigi Continparroco di S. Carlo - PadovaCara suor Lidia, la tuascomparsa è avvenuta cosìall’improvviso che non abbiamonemmeno avuto iltempo di renderci conto diquanto possa essere velocepassare ad una nuova vita.Vogliamo ringraziarti peril bene che hai fatto allacomunità di Villafranca neglianni della tua presenza.Un pensiero particolare perte non poteva mancare daparte di tutte le famiglie delquartiere dove tu, con grandeentusiasmo venivi ad animarela preghiera, i cenacolidi preghiera e il santo rosario.Il tuo ricordo rimane vivonelle persone che ti hannoconosciuto.suor Giannagnese Terrazzin34 ottobre/dicembre 2011suor Stimmatina Perinnata a Sossano (VI)l’11 ottobre 1921morta a Taggì di Villafranca (PD)il 14 luglio 2011Facilitata dall’esempiodell’allora numerosa presenzaelisabettina nel Bassovicentino, Rina Perin, suorStimmatina, fin da giovanissimavenne a contatto conla vita e missione delle suore,ma attese la conclusionedella guerra per risponderealla chiamata del Signore.Nell’aprile del 1946 intrapresel’itinerario formativoproprio del postulato e delnoviziato che la condussealla prima professione religiosail 5 ottobre 1948. Appenaprofessa fu avviata allaprofessione infermieristica,frequentò la scuola convittopresso l’ospedale civile diPadova e, una volta diplomata,vi restò ininterrottamenteper 28 anni: il suoessere caposala fu assuntocome ministero della carità.Nel 1976 le fu chiesto il compitodi economa provinciale,che adempì per sette anni,e quindi fu superiora dellacomunità in servizio pressoil seminario minore di Tencarola- Padova. Dopo il terzomandato consecutivo passòa Zovon di Vo’ come economadel plesso ristrutturatoche accoglie sorelle anzianea riposo. La carità fatta digesti, di attenzioni concretecompiute nel silenzio e conserenità, fu sempre la suanota distintiva.Quando fu sollevata dall’onerosoimpegno, rimasenella comunità “S. Maria Assunta”come presenza buonaaccanto alle sorelle. Neldicembre del 2008 la suasalute si incrinò in modoirreversibile così da rendersinecessario l’ambiente protettodell’infermeria di Taggìdi Villafranca Padovana dovevisse l’atto finale dellaconsegna di sé: due anni emezzo di un lento, progressivovenir meno.Pensando a mia zia, suorStimmatina, che ora mi sorridedal cielo, m’invadonomolteplici sentimenti e ricordi.È stata una zia che mi havoluto bene. Prima di entrarenella famiglia elisabettina, èstata la mia madrina di battesimoe davvero ha preso acuore questo impegno.Lei ha reso possibile lamia esperienza in Ancellato,quando, bambina di diecianni, ho manifestato il desideriodi farmi “suora”. Miha seguito sempre, comeuna madre, nelle varie tappedel mio cammino vocazionale,vigilando sulla miafedeltà. Aveva sempre unaparola giusta e la capacitàdi sdrammatizzare, conil suo senso umoristico, imiei motivi di difficoltà, e milanciava in avanti per Cristo.Mi ha dato esempi concretidi “carità”.A volte l’ho vista nel repartooncologico dell’ospedalecivile di Padova soccorreregli ammalati o consolarechi piangeva un familiare chese ne era andato… Sempredisposta ad aiutare e servire,ad avere compassione deldolore altrui.Quando la visitavo nellacasa Provinciale di Padova,nel seminario di Tencarola,a Zovon, ho incontrato sempreconsorelle che mi testimoniavanoil suo impegnoconcreto per vivere il “vangelodella carità” con tutti. Difronte alla mia partenza perl’Argentina mi aveva detto:“Devi andare proprio cosilontano per fare del bene?Qui c’è tanto da fare, sai!”.Sì, sì zia, però la Madre miha chiamata… “Sì, cara, vaie fa’ la volontà del Signore,sii umile e ricordati sempredei poveri”.Ringrazio le sorelle chenel ricordol´hanno seguita con amorenel suo declino.Grazie, zia. Dal cielo aiutamia percorrere le orme delSignore Gesù che si è fatto“servo per amore” fino a darela vita, come hai fatto tu.suor Teresina PerinDalla omelia di don LuigiPerin - Rettore SeminarioMinore - VicenzaAffetti, ricordi e sguardidi fede si intrecciano semprein momenti come questi. Informe diverse possiamo direche è un pezzo della nostrastoria personale che se neva, assieme alla persona defunta.Questo vale per tuttinoi familiari come per voiconsorelle. Ricordi di annipunteggiati di incontri più omeno frequenti, ma semprecarichi di simpatia; di annidi lavoro umile e silenziosocondito da uno sguardo difede e da tanta preghiera, divicinanza spirituale capacedi superare ogni fisica separatezza.(…) La zia aveva nelproprio nome - Stimmatina- un chiaro riferimento francescanoalle stigmate chehanno segnato il Poverellodi Assisi. Non è cosa comune…qualcuno lo potrebbeleggere come stravaganzadi altri tempi; credo inveceche sia stato un chiaro messaggiodi Dio, una graziaper mia zia.Le piaghe e le ferite daunire alla passione di Gesùnon erano certo mancatenella famiglia in cui la zia eracresciuta. Sicuramente unafamiglia carica di fede e diaffetto caritatevole e accoglientefin oltre i limiti dellastretta cerchia familiare. Maerano anche i tempi tra ledue guerre mondiali in cuila povertà materiale si facevasentire nelle nostre case.Si era fatto sentire anche illutto con la morte nel 1942del fratello Mario, affondatoin mare in una azionedi guerra mentre stava rientrandoin Italia dalla Grecia.Deve averla segnata a fondopoi anche la grave malattia


ESULTA IL MIO CUORE NELLA TUA SALVEZZAcardiaca della mamma Rosaconseguente alla morte delgiovane figliolo. Pensiamo…Erano quelli i tempi in cui lazia progettava di lasciare lasua famiglia, di farsi suoraunendo più strettamente lasua vita a quella di Cristo.Alla professione le fudato il nome di Stimmatina,quasi un anticipo dellasua missione di infermieraaccanto ai malati. Ed eccotutta la prima parte del suoservizio di religiosa, nei varireparti dell’ospedale civiledi Padova: in particolare diPronto soccorso e di Ortopedia.Una pluriennaleoccasione per fare sentireai fratelli la vicinanza delCrocifisso e per portare nelcuore le sue sofferenze perpartecipare anche alla suagloria.Un prepararsi quotidianoal “Venite benedetti del Padremio” che a volte persinouna suora può dimenticare,ma che non è mai dimenticatodal Cristo.Non meno segnata dallasofferenza del quotidiano fula seconda parte della vitadella zia suor Stimmatina,spesa come Economa provincialee come Superioranella comunità del seminariominore a Tencarola.Sappiamo quanto sia difficiletrovare nei problemi diogni giorno, di ogni famiglia,di ogni comunità, quella serenitàdi cuore che abbiamoespresso nella preghiera delsalmo 33: «Ho cercato il Signoree mi ha risposto e daogni timore mi ha liberato».E se viviamo il nostroservizio con amore ci puòpersino capitare di riteneredel tutto naturale il nostroservire e di sorprendercicome i giusti del Vangelo«quando mai Signore ti abbiamovisto?».Infine anche l’ultima fasedella vita della zia suora èstata tutta una chiamata apartecipare alle sofferenzedi Cristo: sia gli anni passatia Zovon, in uno sforzoevidente di rendersi ancorautile alle sorelle, sia il trienniopassato qui a Taggì, in unasofferenza silenziosa, quasimonosillabica, ma semprevissuta con la serena certezzache il Redentore è vivo.Questo tempo ha in uncerto senso coronato e portatoa compimento quellagrazia divina che la zia portavacelata nel suo nome:StimmatinaSiamo certi che le stimmaterichiamate dal nome, lazia suora le ha vissute nellasua carne, nel suo servizio,nella sua fede semplice eforte. Tutte le occasioni cheper lei si sono concretizzatedi unire l’amore, il servizio, lasofferenza, al patire di Cristo,sono stati semi turgidi diRisurrezione.suor Deogratias Minottinata a Bastia di Rovolon (PD)il 13 gennaio 1922morta a Taggì di Villafranca (PD)il 19 luglio 2011Suor Deogratias, un nomenon proprio usuale, unnome che annuncia quasiun programma di vita, quellodi “rendere grazie a Dio”.Oggi, che lei è ritornata allacasa del Padre, siamo noi,suore elisabettine a renderegrazie al Signore per questasorella.Molte di noi l’hanno conosciutadurante i quattordicianni passati nell’infermeria diCasa Madre come infermieraresponsabile del servizionotturno, un servizio che permolto tempo le ha chiesto ilsacrificio di partecipare soloin piccola parte a tutto quantodi bello la vita comunitariaoffre durante il dì.Nata nel gennaio del1922 a Bastia di Rovolon(PD), Antinesca Minotti, suorDeogratias, nell’autunno del1944 si trasferì a Padovaper iniziare, nella Casa Madredelle suore francescaneelisabettine, l’iter formativoche la preparò alla consacrazioneal Signore con laprima professione religiosa,avvenuta il 3 maggio 1947.Fu subito avviata aglistudi per conseguire il diplomadi infermiera professionalenella scuola convittoannessa all’ospedale civiledi Padova dove, una voltadiplomata, operò dal 1950al 1982 con attenta professionalità.Il pensionamento la aprìad una esperienza particolaredi vicinanza al malato,quella che coniuga competenzaprofessionale e attenzionepastorale. Infatti, inseritanella comunità pressoil Santuario Madonna delleGrazie di Villafranca (PD),per oltre tre anni passò dicasa in casa a visitare personeammalate, anziane, sole.Un “ministero della consolazione”che le fu chiesto diinterrompere per assumereil servizio notturno nell’infermeriadi Casa Madre.Dopo un anno di sostanella comunità “S. Agnese” diCasa Madre, fu inserita nellacomunità “Regina Pacis” diTaggì di Villafranca e ripreseil servizio notturno nellavicina infermeria, un servizioche si prolungò ancora perqualche tempo; poi il meritatoriposo e l’intensa preparazioneall’incontro pieno conColui che fu la motivazioneprofonda e il sostegno dellasua vita e missione.Le suore che condiviseroanche questa ultima partedella sua vita danno testimonianzadella sua cura adogni persona in difficoltà,discreta e solerte, diligentee paziente nell’alleviare lostato di sofferenza.Suor Deogratias passòsolo alcuni giorni in infermeriacome degente, il Signoreinfatti arrivò presto,certamente l’ha benedettae riconosciuta come “servabuona e fedele”. nel ricordosuor Filomena Allegronata a Selvazzano Dentro (PD)il 21 novembre 1913morta a Taggì di Villafranca (PD)l’8 agosto 2011Suor Filomena, AntoniaAllegro, nacque nel novembre1913 a Selvazzano Dentro(PD) una località vicinaa Padova che allora era inpiena campagna sulla via deiColli Euganei.A ventidue anni entrò nelpostulato delle suore terziariefrancescane elisabettine enell’ottobre del 1938 fece laprima professione religiosa.Da allora la sua vita puòessere riassunta in: amare eservire, ma si potrebbe direanche servire amando oamare servendo.Per quarant’anni ricoprìil delicato compito di “dispensiera”nell’ospedale civiledi Padova, un compitoche richiedeva relazioni contutti i reparti, oculatezza nelmonitorare quantità e qualitàdelle provviste, rispondere arichieste all’ultimo momento,chiedeva pazienza e intelligenzaed essere instancabili,sprovvisti com’eravamo diaiuti tecnologici.E suor Filomena con umiltàseppe “stare” accettandoil nascondimento richiesto daun simile servizio necessarioma dato per scontato, comenon fosse impegnativo. Asessantacinque anni, quandoun po’ tutti vanno in pensione,suor Filomena, conclusoil servizio in ospedale, andòcome aiuto-cuoca nella casadel Clero in Padova e virimase per ventun anni silenziosa,operosa, orante comesempre.A ottantasei anni, finalmente,il tempo del riposoottobre/dicembre 2011 35


ESULTA IL MIO CUORE NELLA TUA SALVEZZA nel ricordonella comunità “Domus Laetitiae”di Taggì di Villafranca:otto anni vissuti ancora facendopiccoli lavori e continuandoad offrire il grandeservizio della testimonianzadi una vita serena perchévissuta per/nel il Signore.Nel 2007 la salute non lasostenne più e fu il tempodella degenza in infermeriaimpreziosito dalla totale, fiduciosaaccoglienza dellavolontà di Dio.L’8 agosto raggiunse lasorella suor Matelda, chel’aveva preceduta nella Casadel Padre già nel 2004, puressendo più giovane di lei diotto anni.Per tutta la vita si eranovicendevolmente sostenute,accomunate dalla stessa vocazionee dallo stesso servizio,ora godono insime elaluce senza fine.Le persone che le visseroaccanto sia nella casadel Clero sia nella comunità“Domus lætitiæ” testimonianodi suor Filomena:Era una suora buona,rispettosa, caritatevole esaggia. Viveva con gioia ilservizio come elisabettina,sia nei confronti dei sacerdotisia nei confronti dellesuore ammalate e bisognosedi particolari attenzioni.Laboriosa, previdente e diligentenel portare a termine ilsuo compito, aveva il sensodella casa e dell’attenzionead ogni persona. Univa lacapacità di sorridere ad unasilenziosa accoglienza di chiesprimeva atteggiamenti aggressivio conflittuali.Attiva e aperta nel tempodel risposo, leggeva conattenzione il giornale per essereinformata sui fatti delmondo vicino e lontano, datenere presenti nella sua preghierae nella offerta dellesue azioni.Il suo sorriso riconoscenteha caratterizzato anchel’ultimo tempo quando leistessa ebbe bisogno di curae di attenzioni. Un sorrisoche ristorava e che ha lasciatocome dono a quante lesono state accanto. 36 ottobre/dicembre 2011suor Pierantonia Passarininata a Ramon di Loria (TV)il 19 marzo 1920morta a Pordenoneil 12 agosto 2011Ramon di Loria e dintorniè stata una terra fertiledi vocazioni elisabettine;anche suor Pierantonia,Giuseppina Passarini, vi eranata nel marzo del 1920 e viera cresciuta in un ambientefamiliare profondamenteancorato ai valori cristiani,scandito da preghiera e lavoro.Appena conclusa latriste e tribolata vicenda dellaseconda guerra mondiale,suor Pierantonia, nell’ottobredel 1945, partì per Padovaper iniziare il camminoformativo e di discernimentovocazionale nel postulatoe nel noviziato delle suorefrancescane elisabettine.Il 3 maggio 1948 fece laprima professione religiosae nell’autunno dello stessoanno partì per Trieste dovefrequentò la scuola convittoper infermiere professionaliannessa all’ospedale maggiore.Nel 1951, conseguitoil diploma di caposala, futrasferita a Pordenone. Nell’ospedalecivile, “S. Mariadegli Angeli”, della cittadinafriulana suor Pierantonia,con i suoi ventotto anni diininterrotta permanenza, divennequasi una istituzione.Era decisamente autorevolee, talvolta, simpaticamenteautoritaria, decisa com’eraa far sì che il malato fosseservito in modo eccellente.Nel 1979 fu trasferita aMorsano al Tagliamento (PN)e per sei anni fu contemporaneamentesuperiora dellacomunità che operava all’internodella Casa di riposo edirettrice della stessa.Il parziale inserimentonella vita parrocchiale diMorsano le facilitò l’esperienzadi Maniago (PN) anchecome superiora. Qui perquattro anni mise a disposizionedella popolazione delluogo le sue abilità infermieristicheopera che continuònei successivi sei annia Salò (BS), dove per coprirele distanze fra i vari assistitia domicilio non esitò amuoversi in motorino comeuna “giovane” confermandocosì che la “passione apostolica”le faceva superarele barriere.Tuttavia nel 2005 la salute,che aveva già dato segnidi preoccupazione, le chieseil sacrificio di ritirarsi dall’attività;ritornò nella “familiare”Pordenone, quasi a lenire lafatica del passaggio, primacome membro della comunitàdi sorelle a riposo “DonL. Maran” e poi nella vicinainfermeria dove, in tre anni,impreziositi dalla preghierae dalla sofferenza offerta, ilSignore completò l’operainiziata in lei.L’abbiamo conosciutacome donna forte, capace di“governare” con competenzaun reparto ospedaliero aPordenone, dove ha operatoper tanti anni, o di dirigerel’assistenza nella Casa diRiposo di Morsano al Tagliamento.L’abbiamo apprezzataper la sua innata generositàche l’ha portata a visitare econfortare tante persone anzianeo ammalate nelle lorocase a Maniago e a Salò. Quiha vissuto l’ultima stagione“attiva” andando di casa incasa in motorino con una audaciasorprendente, ma chepotevamo anche prevederedato il suo temperamento.E l’abbiamo conosciutanel suo rientro a Pordenone,quando gli anni e gli acciacchisi facevano sentire coninsistenza ma che non fiaccavanoil suo spirito.E l’abbiamo accompagnatae curata negli ultimitre anni, in infermeria: il suocorpo ne aveva bisogno, mamente e cuore continuavanoad essere quelli di una suoravivace, dedita alla carità epiena di ricordi. Poi la caduta,la frattura del femore e unlento inesauribile venir menosofferto da lei e da noi.Oggi la consegniamo alPadre, grate di avercela donata,certe della sua gioiapiena che conforta noi e iparenti che sempre l’hannovisitata e accompagnata conamore.comunità “S. Giuseppe”Pordenonesuor Annacecilia Naninnata a Padovail 7 ottobre 1924morta a Padovail 23 agosto 2011Nata in periferia di Padovanell’autunno del 1924Giulia Nanin, suor Annacecilia,ebbe fin da giovanemolti contatti con le suoreelisabettine per cui l’apprezzamentodella loro vitae missione le facilitarono ildiscernimento vocazionaleche concretizzò in età matura.Il giorno di san Giuseppedel 1949 entrò nel postulatodi Casa Madre; poi preghierae riflessione proprie delnoviziato la portarono conserena convinzione a fare laprima professione il 2 ottobre1951.Dopo una breve permanenzanell’Istituto “CameriniRossi”, dove espresse leabilità di cucito acquisite edesercitate già prima di entrarein convento, fu inseritanella comunità dell’IstitutoEsposti. Questo “luogo originaledella missione della


ESULTA IL MIO CUORE NELLA TUA SALVEZZAfamiglia elisabettina” fu persuor Annacecilia una sortadi scuola di umanità; l’esperienzadi “toccare” le conseguenzecausate nei minoridalla mancanza di affettorisvegliò in lei una profondaattenzione alla persona cheespresse poi sempre nei variluoghi e impegni.Nel 1961 fu trasferita aRoma, nella casa di cura “E.Morelli”; ma pochi anni doporitornò a Padova perché, nelCapitolo del 1969, fu elettaConsigliera generale. Altermine del mandato divennesuperiora della comunitàdell’istituto “Vendramini” diPordenone dove espresse lasua capacità di mediazionerichiesta dalla varietà emolteplicità delle situazioniofferte da quella comunitàscolastica.Alla fine del terzo trienniole fu richiesto di passare allacomunità scolastica “Casadei bambini” di Trieste dovecollaborò in qualità di economa.Nel 1986 ritornò aPordenone nominata superioradella comunità operantenella scuola per infermieriprofessionali “D. L. Maran”.Terminato tale servizio fuinserita prima nella comunitàdell’Istituto “Bettini” a Pontedi Brenta di Padova e poiin quella del noviziato conil compito di “collaboratricedi comunità”, interessatacom’era alla vita religiosa fumolto attiva in questo compitotessendo relazioni fraternee vivacizzando il dialogo comunitario.Poi la malattia chein tempi brevi le chiese diaccettare l’ambiente protettodell’infermeria di casa madre;qui fece la faticosa esperienzadella progressiva perditadi autonomia; quattro anni di“missione della sofferenza”,prezioso compimento dellasua vita.Suor Annacecilia, unadonna amata da molti e ricercataper essere ascoltati,per dire di sé, per fare luce,per sentirsi compresi.La sua parola era autorevole,autorevole la sua vitaperché vera, coerente, autentica.Da lei non uscivanoparole vane.Era donna curiosa, interessataa tutto, vivace nell’impararee nell’informarsi;aveva vivo interesse per qualsiasiargomento, dalla scienzaallo sport, dalla politicaall’attualità, dall’etica alla vitadella chiesa, dalla medicinaalla letteratura, dalla storiadell’Istituto ai problemi e agliorientamenti dell’oggi, finoall’ultimo capitolo generale.Di sé non parlava molto,mai a sproposito, troppo eral’amore per la propria dignità.Anche del Signore nonparlava molto, solo in alcuneoccasioni o nel dialogo interpersonale…era esperienzaintima. Quando ne parlavatuttavia il suo dire lasciava ilsegno, convinceva.Nell’essere per l’altro,nell’ascolto, non poneva séa modello e non dava risposte.Credeva che le risposteerano nascoste dentro lapersona stessa che ponevale domande perciò il suoascolto e la sua parola aiutavanoa far emergere, a venirealla luce, con pazienza, unapazienza anche di anni.Mai la legge era il metrodi misura nelle decisioninei confronti delle personema l’amore, un amore circostanziatoche per la personaera fatto della considerazionedella sua storia, dei suoiaffetti, dei suoi legami, dellefatiche, dei desideri. Aqueste dimensioni prestavaattenzione certa che non cisarebbe stata obbedienzacordiale se non venivano fattiesistere i desideri e i bisognidel cuore.La chiave di lettura delleCostituzioni, per lei, era nell’ultimocapitolo: esse impegnanocon l’obbligo gratuitoed esigente dell’imperativodell’amore e della personalecapacità di amare (C299),non legge quindi ma tensionedi amore, un amoreche prende le dimensionidella capacità di ciascuna.Nessun conformismo quindi,nessuna omologazione,nessuna perdita del propriosé. Obbediente alla regolanel ricordoma prima di tutto obbedientee in ascolto di sé è statacapace di si inauditi (vuoiper la cultura elementare oper la poca preparazione)quanto di no fermi, senzaretrocessioni.Quando incontrava unapersona e quella personaentrava in lei il rapporto erastabilito per sempre; essasentiva di esserci, di esserepensata e ricordata in modopersonale e specifico; nonusciva più dal suo cuore eppurenon tratteneva nessuno,non legava a sé nessuno…Lasciava però che l’altro trovassespazio e abitazione nelsuo cuore e si legasse a leicon vincoli di amore, di bene,di stima.Non aveva paura dell’amoree neppure dei gestio delle parole che lo esprimevano...e tutto questo nellamisura che l’altro potevaaccogliere. Non imponeva ilsuo amore e la sua cura.Questo il suo modo dicoltivare le relazioni che sonostate tante, importanti,indelebili anche nel tempodella malattia.Malattia che ha messo aprova fino allo stremo la suapersona, la sua dignità, lasua fede.Malattia che non ha peròcancellato in lei il linguaggiodell’amore e dell’affetto eche tutti hanno potuto riceveree anche esprimere.Suor Annacecilia, unadonna la cui esistenza halasciato in pegno, come anelito,un senso vivo di libertà,di dignità, di profondità diamore umano indisgiungibiledall’amore di Dio.suor Enrica MartelloNel silenzio ovattato chesolo il fonendoscopio infilatonelle orecchie è in grado didare, con gli occhi ben puntativerso il braccio nel qualemisurare la pressione e conla testa immersa nella frammentarietàdi conoscenzemediche degli anni di formazione,le mie incertezze e lemie insicurezze si scontranocon la lucida serenità di chiin quell’istante si sta consapevolmenteaffidando allamia imperizia.Questa “paziente per vocazione”è suor Annacecilia.Siamo nella sua stanza. Èl’inizio della malattia. Il miopensiero in quel momento è“non posso tradire tanta benevolenzae tanta fiducia!”.Lei mi ha sempre vistacosì: non una piccola Lucia,ma una Lucia piccola, partecostitutiva di una storia piùgrande che tutt’oggi continuaa prescindere da me, ma chenon si compie senza di me.Non ci sono elogi funebriper chi, come suor Anna,non lascia solamente un ricordodietro di sé, ma primadi tutto un compito: quellodella responsabilità.Oggi che un medico losono diventata per davvero,quando la mia ignoranza ola mia imperizia si accostanoal letto di un paziente, me nevergogno perché sento ditradire anche la sincerità diquell’istante.Lucia Ferrarisuor Maria Celestina Zanettenata a Vittorio Venetoil 20 aprile 1929morta Taggì di Villafranca (PD)il 24 agosto 2011Pierina Zanette, suorMaria Celestina, era natanell’aprile del 1929 a VittorioVeneto; dopo gli studie un primo inserimento nelmondo del lavoro maturò ladecisione di consacrarsi alSignore tra le suore terziariefrancescane elisabettine conosciutead Oderzo duranteil tempo degli studi.Il giorno dell’Annunciazionedel Signore del 1955entrò nel postulato di Casaottobre/dicembre 2011 37


ESULTA IL MIO CUORE NELLA TUA SALVEZZA nel ricordoMadre e iniziò l’iter formativo,interrotto per un brevetempo per motivi di salute.Nell’ottobre del 1960 fecela prima professione e fusubito inserita nell’ambitoeducativo come assistentenell’Istituto “Bettini” di Pontedi Brenta, (PD). Da qui passò,con la stessa mansione, nelpreventorio infantile di Colperer(BL) e nell’Istituto “D. Caenazzo”di Badia Polesine.Fu poi negli asili infantilidi Badia a Settimo (FI), di Dogato(FE) e poi nuovamente aBadia a Settimo (FI) dopo unabreve esperienza a Gibellina(TP). A Badia a Settimo visseuna stagione particolarmentefeconda e impegnata comeracconta la testimonianza riportataqui di seguito.Quando nel 2001 si ritiròdall’attività scolasticafu assegnata alla comunità“E. Vendramini” di Firenze.Furono dieci anni durantei quali, nonostante l’avanzaredell’età, dette prova distare accanto alle signore,ospiti della Casa, con tuttala sua gentile capacità diattenzione.L’infermità la costrinsea lasciare Firenze, la “sua”Toscana, e nell’infermeria diTaggì di Villafranca (PD) portòserenamente a compimentola sua donazione al Signore.Lasciamo parlare di leila testimonianza del parrocodi BadiaAl di là del nostro smarrimentoquando il ricordo simescola con la debolezzache portiamo nell’anima, lastoria di ogni persona caracontinua a vivere in Dio, enella stagione in cui lui vorràche le nostre strade nuovamentesi incontrino. Cosìsarà anche della mia suorCelestina che ho avuto lagioia di incontrare insiemealle altre sorelle elisabettinenel momento in cui fuinominato Priore di Badia aSettimo nel 1994.Ella ha sempre brillato peruna speciale arguzia e simpatiache le faceva coglierela prospettiva gioiosa di ogni38 ottobre/dicembre 2011situazione. Affabile con tutti,sempre pronta alla battuta dispirito e a rimboccarsi letteralmentele maniche, hacontribuito per lunghi anni inmodo decisivo ad alimentarela comunione fraterna dellacomunità parrocchiale nellatotale dedizione al ministerodel parroco.Non ricordo nemmenouna volta che lei abbiaespresso diniego rispetto aduna necessità di servizio oad una mia richiesta. Semprepronta a scattare con generositàin qualsiasi momento,con un sì deciso, nelle parolee nei fatti, di fronte ai bisognipastorali o a qualsiasi situazioneimprovvisa. Quantevolte l’ho avuta compagnadi lavoro, anche nelle attivitàpiù difficili e meno gratificanti,con il grembiule e la scopain mano… E via... Avanti…affrontando tutto con allegria!La ricordano anche itre cipressi, ora alti, a norddelle mura, che piantai perprimi arrivando a Badia eche lei in quella calda estateannaffiò sempre con puntualità,secondo le mie precisedisposizioni.Quanta vitalità portava incasa. In lei tutti poterono apprezzarela genuina giovialitàdei veneti unita ad un amoretutto francescano alla chiesadi Cristo. Il sostegno dellacomunità elisabettina dellaBadia nella quale suor Celestinamise fin dall’inizio tutto ilsuo entusiasmo di donna e diconsacrata è stato di fondamentaleimportanza per poteraffrontare le mie responsabilitàe governare la parrocchiacon forza e perseveranza,senza perdersi d’animo anchedi fronte a molti ostacolie incomprensioni iniziali.E poi la sua creatività!Prima con i bambini dellascuola materna e del catechismosempre seguiti contanta attenzione e intelligenza…poi nelle opere di caritànelle quali portava semprequalche idea nuova che perprima dava prova di realizzarecon le sue stesse mani…sfruttando al massimo anchele poche risorse disponibili,con grande abilità manuale.Quanto affetto e sostegnoanche per i miei genitori! Siamostati una sola famiglia conle suore, e a questa famigliaCelestina non ha mai fattomancare i suoi doni umanie cristiani, da vera sorella.Veloce, sportiva, talvolta audace….Anche nella guidadell’auto che trasformavavolentieri in un camioncinose c’era bisogno di portarequalsiasi cosa che servisseper la comunità e per la parrocchia.Forse talvolta ancheun po’ precipitosa… Macerto era di grande confortosapere che si poteva contaresempre sulla sua presenza…quanto sostegno anche allasua superiora in tanti anni!Ricordo poi l’attenzionecon cui seguiva le mie omelie,contribuendo di fatto amigliorarle sempre di più conil suo sguardo partecipe e intenso.Quanto amore nell’insegnareai chierichetti! Nonaveva paura poi di darmi deisuggerimenti quando era perfare del bene o segnalarmiqualche situazione o personada valorizzare, e gliene sonograto, insieme a tutti quelli,piccoli e grandi che grazie alcontatto con lei hanno potutoprendere parte più davicino alla vita della chiesa.Grazie, suor Celestina!Sono lieto di aver potutocelebrare con te il tuo cinquantesimodi professionereligiosa, nonostante l’avanzaredella malattia che ti haumiliata. Troppe altre cosebelle sarebbero da rammentare,ma son tutte, ora losai meglio di me, nel calicedi Gesù, insieme alle nostremiserie che la sua Crocetrasforma.Ti ricordo luminosa sorridente,ai fornelli come inmezzo alla gente, nella nostraMessa come alla guidadella vecchia Panda, celeste,come te... Come i campidel Signore che semprerammentavi e nei quali orasplendi, correndo più in alto,anche per tutti noi.don Carlo MauriziBadia a Settimosuor Marcellina Dalla Muttanata a Padoval’11 aprile 1930morta a Taggì di Sotto (PD)il 6 settembre 2011Suor Marcellina nacquea Montà, periferia di Padova,nell’aprile del 1930 e venneben presto in contatto con lesuore terziarie francescaneelisabettine per cui, quandocomprese e accolse lachiamata del Signore a seguirlo,la scelta della famigliareligiosa cui appartenere furelativamente facile.A ventisette anni entrònel postulato di Casa Madrecui seguì il Noviziato nella vicinaTaggì di Villafranca chela confermò nella scelta divita: il 3 ottobre 1959 fece laprima professione religiosa.Fu subito inserita nell’ambienteeducativo dellascuola materna. Come assistentedi sezione e catechistaoperò a Villa del Conte(PD), a Lovadina (TV), a S.Eufemia di Borgoricco, aChiesanuova, nell’asilo infantile“S. Ignazio” e, pervent’anni, in quello di Torredi Padova.Nel 2004 fu inserita nellacomunità di sorelle a riposodell’Istituto “Bettini” di Pontedi Brenta-Padova: i problemidella vista, di cui soffriva datempo, si erano acuiti; adessi si aggiunsero altre patologieper cui fu necessariolasciare gradualmente la vitadi parrocchia.Nel giugno del 2010 divennenecessario per suorMarcellina l’ambiente protettodell’infermeria “Don LuigiMaran” a Taggì di Sotto; unpassaggio non indolore chelei affrontò con crescenteabbandono nel Signore, co-


ESULTA IL MIO CUORE NELLA TUA SALVEZZA nel ricordome “tempo favorevole” perfornire d’olio la lampada edessere pronta al suo arrivo.Vissi con suor Marcellinaper dieci anni nella comunitàdi Chiesanuova di Padova.Ricordo il suo amore per ilmondo della scuola dell’infanziaper cui era sempredisponibile a sostituire unamaestra assente e svolgevaquel servizio con gioiae competenza. Partecipavacon interesse alla vita comunitaria,era allegra e gioiosa eaveva uno sguardo positivosulla realtà.Dedicava molto tempoalla relazione con gli ammalati,curava la catechesi,l’animazione e formazionedei chierichetti e aveva attenzioneal decoro della chiesa,in particolare all’addobbofloreale; ai paramenti liturgicisempre lindi e profumati.Era attenta ad intessererapporti educativi con i genitoridei ragazzi del catechismoe dei chierichetti. Laparrocchia di Chiesanuovaricorda ancora, e con riconoscenza,la sua testimonianza:quella di una suora che hadonato con gioia la sua vitaal Signore per il bene deifratelli e della chiesa.suor Semplicia RedinDal bollettino parrocchialedi Chiesanuova-PadovaSuor Marcellina DallaMutta, che è vissuta tranoi dal 1968 al 1980, ciha lasciato. Era in serviziopresso la scuola materna“Meneghini Carraio” ma lasua attenzione era rivoltasoprattutto alle famigliedei bambini con le quali hacreato rapporti profondi chehanno continuato anche dopoil suo trasferimento allaparrocchia di Torre. La presenzaa Chiesanuova è statacaratterizzata dal suo amoreper il decoro della chiesae dalla cura per il gruppo“Chierichetti” che all’epocaera particolarmente numerosoe vivace. Concordava ilsuo umile ma preziosissimoservizio con don Vittorio,parroco di allora.Certamente molti genitorila ricorderanno per lasua simpatia, discrezione,disponibilità e amorevolezza.Chi l’ha conosciuta da vicinopuò senz’altro dire che hadato tutta se stessa per laparrocchia e per coloro cheha avvicinato ed amato. suor Cristianina Checchinnata a Camposampiero (PD)il 17 ottobre 1914morta a Taggì di Villafranca (PD)il 7 settembre 2011Forse non è esageratoaffermare che la vita - missionedi suor Cristianina siidentifica con l’ospedale civiledi Padova ed in particolarecon la sala operatoria“Bassini” di chirurgia generalediretta dal professorCeccarelli, una istituzione diallora. Per quarantatré annifu infatti una presenza affidabilecome “strumentaria”,una professione imparata sulRicordiamo nella preghiera e con fraterna partecipazionela mamma disuor Lucialma Bombonatola sorella disuor Albaclaudia Bassosuor Camillina Benetazzosuor Carmelita Bianchisuor Bonfilia Bortolettisuor Livia Costasuor Biancangela Elburgosuor Marialena e disuor Ermelinda Facciosuor Gemma Imparatosuor Laura Lunardisuor Lucilla Mattiussiposto direttamente sotto leindicazioni del primario, comesi usava frequentementeallora.Era nata a Camposampiero(PD) nell’ottobre del1914 e non ancora diciottennePierina Checchin, suorCristianina, aveva già fattola sua scelta di vita: esseresuora tra le terziarie francescaneelisabettine. Entrònel postulato di Padova nelsettembre del 1932, quindiin noviziato e l’11 maggio del1935 fece la prima professionereligiosa. Pochi giornidopo iniziò a far parte dellanumerosa comunità operantenell’ospedale civile e virimase fino all’inizio del 1978fedele ad una mansione cuispesso poco si pensa e cheè, sotto certi aspetti, pocogratificante ma che non mortificòil temperamento di suorCristianina sempre pronta alsorriso e a una parola cheregalava serenità.Dopo la lunghissima presenzain sala operatoria futrasferita a Taggì di VillafrancaPadovana dove per diciassetteanni si prese curadella salute delle sorelle ariposo nella comunità “MaterAmabilis”, un prezioso servizioche interruppe nel 1995quando lei stessa ebbe bisognodi cure e assistenza.Fu pertanto trasferitanella attigua infermeria dovesuor Antonelda Meggiorinsuor Vittorina Molarosuor Myriam Paccagnellasuor Rosarpalice Zanonil fratello disuor Adelinae suor Fabriziana Bassosuor Dioclezia Bassosuor Giampierina Ferrosuor Clarina Lorigiolasuor Michelina Trevisansuor Graziangela Vedovatodue fratelli disuor Mansueta Bordignon.visse sedici anni impreziositidalla preghiera, dall’accoglienzadi una infermità cheprogressivamente le diminuìl’autonomia dei movimentima che le permise di conservaree regalare a lungo ilsuo sorriso e l’accoglienzacordiale di chi la visitava.Sono rimasta assente daCasa “Maran” un anno perproblemi di salute. Ero unpo’ titubante nel ricominciareil mio servizio, pensavotra me: «Sarò ancora in gradodi aiutare le suore comefacevo prima?». La rispostaa questa mia insicurezzal’ebbi subito.Quando entrai in reparto(secondo piano dell’infermeria)mi trovai di fronte suorCristiania in carrozzina, miguardò con i suoi begli occhiverdi e mi chiese se le raccoglievoil fazzoletto che le eracaduto a terra.Quando le porsi il fazzolettomi sorrise e mi ringraziò.Grazie, suor Cristianina;lei mi ha fatto capire chesono i piccoli gesti di ognigiorno fatti con amore chefanno felice il prossimo mioe di Gesù. Proteggi dal cielole suore di Casa Maran soprattuttoquelle ammalate esofferenti e le persone chesi prendono cura di loro e leassistono.Graziella, volontariaPresentiamo al Signorecon affetto riconoscenteanche le altre suore mortein questo periodo. Di lorodaremo testimonianza nelprossimo numero: suor ClaraBragagnolo, suor AssuntaMassignan, suor Evelia Baro,suor Danila Bugna, suorMaria Mosani, suor AntoniaCappellano.


Preghiera sempliceOh! Signore, fa’ di me uno strumento della tua pace:dove è odio, fa ch’io porti l’amore,dove è offesa, ch’io porti il perdono,dove è discordia, ch’io porti la fede,dove è l’errore, ch’io porti la Verità,dove è la disperazione, ch’io porti la speranza.Dove è tristezza, ch’io porti la gioia,dove sono le tenebre, ch’io porti la luce.Oh! Maestro, fa’ che io non cerchi tantoad essere compreso, quanto a comprendere,ad essere amato, quanto ad amare,poichèè dando che si riceve;perdonando che si è perdonati;morendo che si risuscita a vita eterna.Amen.San Francesco

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