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n. 4 - ottobre/dicembre 2009 - Suore Francescane Elisabettine

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Piergiorgio Frassati(1901-1925): una vitaper i poveri.«Con la carità si seminanegli uomini la pace».doveri, ma ancor più e ancor prima darelazioni di gratuità, di misericordiae di comunione. La carità manifestasempre anche nelle relazioni umanel’amore di Dio, essa dà valore teologalee salvifico a ogni impegno di giustizianel mondo» (Ibidem).Questo, nel contesto attuale, nonè scontato: infatti c’è costantemente iltentativo di separare carità e giustizia,con artificiose separazioni tra sferapubblica e privata, laddove oltre atutto l’interpretazione che viene fattadella giustizia è particolarmente riduttiva,perché ridotta a mera equivalenzarispetto alla scambio di prestazioni,in un freddo quadro di enumerazionedi diritti e doveri corrispondenti; tral’altro con il rischio che i doveri nonvengano nemmeno opportunamenteindividuati e attribuiti a nessuno, percarenza di motivazioni.Giustizia:cammino di conversionePer concludere possiamo trarreancora dalla Scrittura tre spunti diriflessione, che possono coinvolgercipersonalmente nel nostro quotidiano.1. Il primo è un tratto tipico deltempo di Avvento in cui stiamo perentrare:«Noi, secondo la sua promessa,aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova,nei quali abita la giustizia» (2Pt, 3,13).Questa prospettiva, tipica della vitaumana, ravvivata nella consapevolezzadal tempo dell’avvento, è decisiva inordine alla giustizia. Ci viene dettoinfatti che la giustizia avrà stabile dimora(“abiterà”) nei cieli nuovi e nellaterra nuova che si compiranno con laseconda venuta di Cristo. A dirci chela pienezza della giustizia giungerà soloalla fine dei tempi, quando Cristo ricapitoleràogni cosa. Ciò significa cheogni realizzazione della giustizia sullaterra sarà sempre parziale e che dunquela ricerca della giustizia non è mai compiuta,non è mai finita, c’è sempre undi più che si può fare, proprio in continuitàcon la logica della carità, che nonha confini superiori, ma solo inferiori.Dunque la giustizia chiede un impegnosempre nuovo, sempre rinnovato, maiconcluso fino “alla sua venuta”.2. Il secondo spunto di riflessioneviene direttamente dalle parole di Gesù,che include la fame e la sete per lagiustizia tra le beatitudini, cioè nellanuova legge evangelica: «Beati coloroche hanno fame e sete della giustizia,perché saranno saziati» (Mt 5,6)La spiritualità cristiana comprendela giustizia come una delle virtùcardinali. La virtù è qualcosa che nonpassa, è qualcosa che si radica nell’uomo,nella sua intelligenza, nella suavolontà, una disposizione stabile delcuore. L’intelligenza comprende chequel modo di essere (giusti, nel nostrocaso) è buono e porta alla gioia, e siadopera per discernere le strade (cfr.la testimonianza di Rosario Livatino).La volontà lo desidera costantemente,anche quando implica sacrificio. Ilcuore fa percepire interiormente chequella strada è migliore, che più rispondealla propria dignità. È nellepossibilità dell’uomo l’essere virtuoso.Ma nell’esercizio della virtù l’uomoha bisogno dello Spirito, che facilital’essere costantemente rivolti verso ilbene. La virtù della giustizia è un donodi Dio, da invocare continuamente, daaccogliere, da radicare continuamentedentro di noi con l’intelligenza, la volontà,il cuore.carità3. Il terzo spunto viene da sanPaolo: egli lega la virtù della giustiziaalla sobrietà e alla pietà:«Ti esorto a vivere con sobrietà,giustizia e pietà in questo mondo» (Tt2,12).Questa triade sembra rimandare alletre direzioni verso le quali l’uomo vivele proprie relazioni: se stessi (la sobrietà),gli altri (la giustizia), Dio (la pietà).Esse sono intimamente connesse.Non si è giusti se non si è sobri,perché chi non è sobrio finisce peraccaparrarsi ciò che spetta agli altri, enon conoscerà ciò che spetta agli altri,tutto preso dal soddisfacimento delproprio contraddittorio desiderio. Enon si è sobri se non si è giusti, perchénon chi non è giusto altera anche i propribisogni, il proprio “suo”, facendolodivenire un assoluto; e non c’è sobrietànella società se non c’è giustizia, perchéci saranno molti che vivono nellamiseria, nella ricerca disperata di potersopravvivere: e non saranno sobrinei loro desideri e nelle loro giusterivendicazioni. Saranno arrabbiati, emossi dalla propria rabbia: la rabbiadei poveri.Non c’è giustizia se non c’è pietà,perché senza conoscenza di Dio è piùdifficile conoscere l’uomo in quantouomo, e la sua dignità di figlio di Dio;ed è più difficile cogliere il legame cheunisce gli uomini in un’unica famiglia,che ci fa sentire le ferite inferte aglialtri; e non c’è pietà senza giustizia,perché non si può amare Dio che nonsi vede se non si ama il fratello che sivede, dandogli ciò che è “suo”. 1Sacerdote della diocesi di Padova, direttoredell’ufficio della pastorale sociale e dellavoro e del Centro di ricerca e formazione “G.Toniolo” – Padova.2PAOLO VI, Lettera enciclica Populorumprogressio (26 marzo 1967), 22, AAS 59 (1967),268; cfr. CONCILIO ECUMENICO VATICANO II,Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondocontemporaneo Gaudium et spes, 69.3PAOLO VI, Discorso per la giornata dellosviluppo (23 agosto 1968), AAS 60 (1968),626-627.4Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Messaggio perla Giornata Mondiale della Pace 2002, AAS 94(2002), 132-140.<strong>ottobre</strong>/<strong>dicembre</strong> <strong>2009</strong> 9parola chiave

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