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n. 4 - ottobre/dicembre 2009 - Suore Francescane Elisabettine

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ESPERIENZE NELLA FAMIGLIA ELISABETTINAPROGETTO “NIDO D'APE”UN'INTEGRAZIONE POSSIBILEdi Silvia Terraneraresponsabile Casa Betania 1Nell'ascolto dei bisogni aRoma presso la casa “E.Vendramini” un esempiodi collaborazionenell'accoglienza di chinon ha “casa”.Da tempo attendevamol’opportunità peril “Nido d’Ape” (uncentro diurno per minorisocialmente fragili) di spazipiù adeguati al servizio diaccoglienza che viene svoltodall’anno 2000 in favore dibimbi della fascia d’età 0-3anni, appartenenti a nucleifamiliari prevalentementemonogenitoriali, immigrati,in condizioni sociali oeconomiche disagiate.In questa ricerca laProvvidenza, che si avvaledella disponibilità di persone,strumenti e percorsi diversi,ha fatto sì che incontrassimole suore francescaneelisabettine che ci hannoconcesso in comodato unaporzione dell’immobile invia della Pineta Sacchetti,nella quale trasferire, a partireda settembre <strong>2009</strong>, leattività del centro diurno.Da subito è apparso cheil carisma della comunitàche ci ha accolto si sposavacon i nostri intenti rendendofeconda la nostra collaborazione.L’accoglienza che ci èstata riservata, si è concre-tizzata in un ascolto condivisodelle fatiche del povero,in una ricerca quotidiana disoluzioni che potessero alleviaresituazioni di disagio,nella gioia di camminare insieme,religiose e laiche, inuno spirito di comunione.Grazie a questa “sinergia”,oggi possiamo accoglierefino a 45 bambini…La sede è bellissima eaccogliente; con un giardinoe una veranda sempreesposta al sole.Il servizio viene garantitodalla presenza di personaleprofessionalmente qualificatooperante in équipe,che programma, verifica,si confronta mensilmentecon un'équipe tecnica multidisciplinare,composta daun'assistente sociale, da unoperatore sociale e da unapedagogista responsabiledella formazione degli operatoridel "Nido d'Ape".Il 25 settembre c’è statal’inaugurazione e c’eranotutti: i bimbi, i genitori, lesuore della comunità cheospita il nido, Casa Betania.Una bella festa nella gioia enella riconoscenza. 1Casa Betania è una casafamiglia della cooperativa “L'accoglienza”apeta nel 1993, graziealla disponibilità dei coniugi Dolfini,con sede in Roma via delleCalasanziane, 12.Momento della festa nel giorno della inaugurazione del Centro.Per una cultura dell'accoglienzaSembra esserci una prevalenza del grigio nei coloridel nostro Paese [...].Sembra smarrito, nella nebbia del conformismobenpensante, il sentiero che porta all’essenziale, al significatoultimo e più bello della vita soprattutto quandofragile e indifesa [...].C’è il rischio di non trovare più noi stessi.Ci si scopre “clandestini” nella propria città dovenon si muore tra le onde ma si può “morire dentro” perassenza di pensieri, di gratuità, di speranza.E ancora, si può “morire dentro” per mancanza delbuon senso, di lealtà nel confronto, di pacatezza dellinguaggio, di forza della ragione…La politica appare “morta dentro”, amputata delsuo compito più nobile che è la ricerca e la realizzazionedel bene comune.Alcuni datiRichieste di iscrizioneper l’anno in corso: 69. Nuoviiscritti: 33. Bambini frequentantiiscritti già dallo scorsoanno: 17.Composizione classepiccoli (tre mesi-un anno) perarea geografica: Perù (sei),Ecuador (quattro), Bolivia(uno), Filippine (due), Ucraina(uno), Tanzania (uno).Composizione classemedi (uno-due anni) per areageografica: Ecuador, Perù(due), Bolivia (uno), unoGhana (uno), Nigeria (uno),Ruanda (uno), Ucraina (uno),umo Polonia, Romania (uno),Filippine (uno).Composizione classegrandi (due-tre anni) per areageografica: Ecuador (uno),Bolivia (due), cinque Perù, India(uno), Italia (uno), Romania(due), Polonia (uno), Ucraina(uno), Moldavia (uno).finestra apertaL’arroganza del nulla prende la forma di maschere,sempre sorridenti e rassicuranti.Non è tuttavia il tempo della resa e del disimpegno.È più che mai il tempo dei “volti”, delle presenze, degliimpegni, dei progetti. È il tempo di un “volto” che siriassume in quello di Casa Betania per indicare un’esperienzache richiama molte altre nel nostro Paese. Perindicare una cultura dell’ascolto e dell’accoglienza chenon sale in cattedra, che non si chiude nel piccolo èbello ma neppure è utopia.C’è un’umiltà che è fatta di fierezza e non di complessidi inferiorità o di minoranza.È l’umiltà di chi, nel grigiore, ritiene possibile, anzidoveroso, far esplodere tutti i colori della vita e dell’amore.Paolo BustaffaStralcio da "Ditutticolori", <strong>ottobre</strong> <strong>2009</strong>.<strong>ottobre</strong>/<strong>dicembre</strong> <strong>2009</strong> 11

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