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n. 4 - ottobre/dicembre 2009 - Suore Francescane Elisabettine

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finestra apertaPROBLEMA MIGRAZIONE (IV)DAL “SUD” LA SALVEZZAIL GUSTO DI VIVERE RITROVATOa cura di Martina GiacoministfeIl racconto di unaesperienza che haaperto strade di sensoproprio là dovesembrava chiusa ognipossibilità.Eccomi a chiudere lariflessione propostasul tema migrazione,sulle diverse motivazioniper cui si lascia il propriopaese d’origine e si va a vivereda un’altra parte.L’ultima testimonianzache proponiamo è di unmedico milanese e mi sembranointeressanti alcuneprovocazioni che lui stessolancia.Da buoni europei o filoamericanisiamo ormaiabituati a pensare che ilmeglio o la salvezza venganodal cosiddetto “Norddel mondo”. Il cosiddetto“sud del mondo” generalmentenella nostra testa èsolo fonte di guai. Il dottorAntonello sembra nonessere d’accordo e nel raccontarcila sua esperienzaci suggerisce che a salvarloè stata un’altra filosofia, incontratanon di certo nellasua Milano-metropoli mapiuttosto in un piccolo Paesedel cosiddetto Sud delmondo, ossia l’Ecuador. Dalì sembra essere venuta lasua salvezza... proprio comeduemila anni fa: «E tuBetlemme di Giuda non seila più piccola di tutte le cittàma da te nascerà il Salvatore»(cfr. Mt 2, 6).Parole come libertà, allegria,sorriso, calore umanohanno restituito senso allasua vita e a quella della suafamiglia che poco a pocoandava alla deriva.Personalmente mi trovoa condividere quanto luiscrive e riconosco questeparole-valori come qualcosadi appartenente alla miainfanzia che rischia di cristallizzarsicome un caro belricordo. Forse dovremmofermarci un po’ e fare unconcreto lavoro di recuperodi un “perduto” che ancoraci può far del bene.Da circa venticinque annivivo con mia moglie e imiei due figli in Ecuador.Siamo venuti qui in vacanzae abbiamo deciso dinon tornare più in Italia. Inprecedenza vivevo a Milano,dove ero medico specialistain terapia del dolore.Tutto andava fin troppobene per quel che riguardavala mia situazione economicaed il mio lavoro, però semprepiù spesso mi chiedevose valeva la pena vivere inquesta maniera, ossia: usciredi casa la mattina prestoquando i miei bambini ancoradormivano e ritornare lasera tardi quando erano giàa letto, lavorare quasi senzaMercatino del gruppo “Pachamama” a Quito - Ecuador; un progettoavviato dalle suore elisabettine per la promozione della donna.vacanze per altri impegniprofessionali.Insomma, non trovaremai il tempo per la mia famigliae per me stesso. Pocoa poco si faceva forte inme l’impressione di fare soloparte di un sistema di vitache non lascia più né sceglierené decidere nulla, che nondà più tempo di pensare masolo di ricevere messaggi dallatelevisione, dai giornali edalla società in cui vivi. E,poco a poco, si finisce col nondecidere più nulla, ma solo siaccetta di fare quello che glialtri decidono per te.Quando siamo arrivatiin Ecuador siamo rimasti subitocolpiti dalla sensazionedi libertà che si viveva inquesto paese dove lo stress,la fretta, l’importanza deldenaro non erano che un lontanoricordo. La gente eraveramente contenta con pocoe a volte con pochissimo. Erasempre allegra e sempre sorridente.Che differenza dalletristi giornate dell’invernomilanese, con la gente frettolosae chiusa in se stessa,che non saluta nemmeno ilvicino di casa che vive nellaporta accanto!Tutto il calore umano chesi avverte qui e il clima bellissimodi questo Paese hafatto davvero la differenzanella scelta che abbiamo fattodecidendo di fermarci inEcuador.Sono tornato qualchevolta in Italia ma devo direche non ho mai minimamentesentito il desiderio di restarcia vivere: ho visto che lavita è sempre meno facile esoprattutto sempre più materialista,un mondo dove ormaiconta solo quello che haie non quello che sei, salvo perfortuna qualcuno che ancoranon la pensa così.Antonello Benincasa10 <strong>ottobre</strong>/<strong>dicembre</strong> <strong>2009</strong>

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