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La sponda luminosa

n. 1 - gennaio/marzo 2010 - Suore Francescane Elisabettine

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31 ottobre 1965: il vescovo di Trieste, monsignor Antonio Santin, benedice la nuova cappella della comunità dell’ospedale “Maggiore”,dedicata a “Maria Madre della Chiesa”, prima espressione delle innovazioni liturgiche del concilio Vaticano II (foto Agep).tro, per le elisabettine in Trieste, l’iniziodi una promettente fioritura, dataanche la consistenza numerica dellapresenza che si andava delineando. Perun periodo di oltre trent’anni l’ospedalevide accanto a suore già esperte legiovani religiose, allieve della Scuolaconvitto. Ciò fu di grande vantaggioper le une e per le altre: le giovani suorecon la competenza professionale acquisivanodalle più adulte la competenzadella passione apostolica; le più anzianeerano stimolate ad accompagnare legiovani affidando loro la bellezza deltestimone.<strong>La</strong> presenza delle suore si consolidòdapprima all’ospedale “S. M.Maddalena”, dove fin dall’inizio avevanoassunto al completo l’assistenzaai malati.Al “Regina Elena” il numero sidilatò in corrispondenza alle nuoveassunzioni nei reparti dove prima operavanoinfermiere laiche.<strong>La</strong> presenza contemporaneanell’ospedale di “suore laiche” (infermierelaiche) e di “suore religiose” (lereligiose infermiere) fu per le suore unaprovocazione e uno stimolo ad un serviziosempre più coscienzioso, qualificatoe competente.E quando le leggi dello Stato tendevanoad escludere la religiosa dallacorsia ospedaliera - a motivo di alcuneriserve circa l’assistenza infermieristicaagli uomini, riducendone lapresenza ai soli servizi generali - papaPio XI nel 1932, in deroga alle normecanoniche vigenti, ordinò che gliIstituti dediti alla assistenza dei malatinegli ospedali, estendessero dettaassistenza anche agli uomini. Così lesuore ebbero campo libero nel loroesercizio di carità.Nella logica del ridisegnoIl numero delle presenze subì unaprima flessione quando le suore allieveinfermiere non furono più inviate aTrieste; tale flessione era destinata adaccentuarsi nell’immediato postconcilio,per il fenomeno del calo numericodelle vocazioni alla vita religiosa. <strong>La</strong>presenza fu sempre più limitata ma nonmeno feconda ed incisiva.Il 30 agosto 1975 la famiglia elisabettinaconcluse il suo servizio all’ospedale“S. M. Maddalena”, con granderammarico anche dell'Amministratoreapostolico appena nominato 7 , che cosìaveva scritto alla superiora generale,madre Bernardetta Guglielmo 8 : «…non posso non richiamare il valore dellapresenza delle suore in un ospedale,e in quello di “S. M. Maddalena” inspecie, costituito prevalentemente direparti di geriatria, quando non solo lapreparazione professionale ma la stessaconsacrazione religiosa loro propria e lasensibilità creata dalla carità cristiana,rendono incomparabilmente preziosa laloro opera in favore degli ammalati».Nel 1977 furono costituiti posti inruolo per le suore infermiere nell’organicodell’ospedale. Mentre si garantivala presenza delle religiose, se ne dimensionavail rapporto di lavoro e i tempidel servizio.<strong>La</strong> comunità elisabettina continuòad essere presente nel servizio infermeoristicocon suore in ruolo e consuore in convenzione, con abitazioneall'interno dell’ospedale, anche dopo lacostruzione del nuovo ospedale “Cattinara”(1985) dove esse si recavano dapendolari ogni giorno.Questo, fino al giugno 1997, quando,l'esiguità del numero delle presenzefece decidere di lasciare libero l’ambientee di continuare il servizio dauna comunità esterna dall’ospedale.Al momento del ritiro la comunità eracostituita da: suor Adelinda Gazzola,superiora, suor Celsa Bortoli, suor RedemitaCappellua, suor Elvia Parro,suor Terenziana Pasquato e suor AnnaRosa Valbusa (impegnate all'internodella comunità); suor Ines Obici e suorGraziangela Vedovato (in servizio pressoil seminario vescovile).Il servizio ospedaliero si conclusequando l'ultima suora in ruolo raggiunsel’età della pensione (30 agosto 1999).<strong>La</strong> famiglia elisabettina, tuttavia,aveva cercato già da parecchi anni altrevie per restare a Trieste, accanto almalato soprattutto solo, indifeso, assistendolonella sua casa. Un servizio chesi è concluso nel 2006, di cui parleremonel prossimo numero. ■1Superiora generale dal 1923 al 1944.2A Trieste fu presente per breve tempo- 10 agosto-5 dicembre 1944 - una comunitàelisabettina anche al sanatorio "Slataper".3Lettera del 13 novembre 1926, Agep.4Lettera del 4 ottobre 1926, Agep.5Cf. Testimonianza di suor Leonilda Ferino,anno 1977, Agep.6Vedi “In caritate” 1/2009, pp. 27-30.7Lettera del 12 agosto 1975, Agep.Al momento del ritiro la comunità era cosìcostituita: suor Cirina Stabarin, superiora, suorCarmelita Bianchi, suor Mafalda Fugolo, suor<strong>La</strong>ura Lunardi, suor Elisa Martin, suor SilvarosaSartore, suor Piergiuditta Sbalchiero.8Superiora generale dal 1969 al 1987.memoria e gratitudinegennaio/marzo 2010 35

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