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La sponda luminosa

n. 1 - gennaio/marzo 2010 - Suore Francescane Elisabettine

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memoria e gratitudineItalianella città di triestePagine di carità accanto ai malatiNelle corsie di ospedaledi Annavittoria TomietstfeA Triesteuna lunga storiadi presenza accanto al malatocon lo stile propriodella famiglia elisabettina.Gli antefattiQuando la famiglia elisabettinavenne richiesta di stabilire una suapresenza in Trieste, la città con la zonacircostante era stata annessa da qualcheanno all’Italia che la costituiva capoluogodella provincia omonima. Particolarequesto di rilievo, se si considerala storia travagliata di inserimento negliambienti triestini di Congregazionifemminili che intendevano svolgervi leloro attività.Le religiose erano presenti findall’Ottocento nelle corsie degli ospedalidi Trieste. Nel 1854 erano entratele Ancelle della Carità di Brescia assumendoil servizio di assistenza infermieristica;assieme ai frati minoricappuccini garantivano una presenzareligiosa assai qualificata; tuttaviaosteggiata dal processo di laicizzazioneche tendeva a negare ogni influenzadella Chiesa cattolica nella vita civile.In tale contesto, il 24 novembre1869, la massoneria triestina avanzavaformale richiesta al Consiglio municipaledi Trieste di allontanamento deifrati minori cappuccini e delle suoreAncelle della Carità, la cui presenzaera ritenuta «un anacronismo e unnon senso», affermando il prevaleredel principio «che consiglia di darealla società uomini e donne utili allamedesima».L'ospedale “S. Maria Maddalena” a Trieste, dove le suore elisabettine prestarono servizioinfermieristico dal 1925 al 1975.Il Consiglio municipale deliberò larottura del contratto stipulato con lesuore e con i cappuccini in modo chedovettero lasciare l’ospedale.Deliberò pure la istituzione di unascuola di istruzione pratica per infermierelaiche, da assumere poi nell’ospedalein sostituzione delle suore.A questo tempo risale anche l’originedelle espressioni “suora laica” e“suora religiosa” usate più tardi nelnosocomio triestino a proposito delleinfermiere.Nonostante le reazioni dei degentie di gran parte del personale medico,la presenza delle suore nelle corsiedell’ospedale cessò, ma il desiderio ela volontà di riammetterle restarononel cuore della parte non settaria dellacittadinanza.Vi fu un tentativo di inserimentodurante la prima guerra mondiale,ma di breve durata. Nel gennaio 1918entravano in una divisione dell’ospedalele suore della Provvidenza, mala giunta municipale costituita subitodopo la cessazione della guerra,in fedeltà ai proclami del 1869estrometteva nuovamente le religiosedall’ospedale.Verso il 1922 cominciò, però, amaturare una mentalità nuova perl’assistenza ospedaliera. Le spese perl’ospedale erano troppo rilevanti: locostatò un ispettore ministeriale. Ilnuovo Consiglio vide accanto a uominidella massoneria anche uomini nuovi,decisi all’azione.Nel 1923 fu approvato un progettodi provvidenze nuove e, tra queste, ilcambiamento del sistema assistenzialedegli ammalati e la riassunzione dellereligiose a graduale sostituzione delleinfermiere laiche nei due ospedalitriestini che dipendevano direttamentedall’Amministrazione municipale(fino al 1934 quando verranno costituitiin unico Ente Morale autonomo,con amministrazione propria e sotto ladenominazione Opera Pia “OspedaliRiuniti Regina Elena e Santa MariaMaddalena”).Furono subito iniziate le pratiche,ma nessuna Congregazione religiosaera in grado di accettare un compitoche si presentava notevolmente oneroso.Nel 1925 la famiglia elisabettina siorientò ad un favorevole accoglimentodella richiesta.32 gennaio/marzo 2010

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