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La sponda luminosa

n. 1 - gennaio/marzo 2010 - Suore Francescane Elisabettine

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accanto a...malati<strong>La</strong> carità accanto a chi soffreSperare contro ogni speranzaVivere evangelicamente la professionalitàa cura di Martina GiacoministfeIntervistaa suor Mariagrazia Mirafioriche da circa quattro anni lavorapresso il CRO 1 accanto e in mezzoa chi continua – a volte –a «sperare contro ogni speranza» 2 .Suor Mariagrazia, quando ti èstato chiesto di inserirti in questarealtà per te nuova, quali sonoi pensieri e i sentimenti che hannoinvaso la tua mente?È una realtà che un po’ già conoscevoper una precedente esperienza neltempo del noviziato durante la qualeho vissuto presso la casa “Via di Natale”3 . Mi sentivo contenta perché dasempre mi aveva colpito la dimensionefamiliare e accogliente della struttura.Accanto alla gioia mi abitava anchela paura per il nuovo servizio e mirisuonavano tante domande: «sarò ingrado di stare vicino a persone malatedi tumore?», «come mi accoglierannoquei colleghi non abituati ad avere unasuora per collega?» e infine: «riusciròa conciliare la mia identità di personaconsacrata con la professionalitàinfermieristica che sono chiamata adesercitare?».Guardando ora al tuo ambiente dilavoro come ti piace descriverlo?Si tratta di un ambiente accogliente.Il reparto dove lavoro è stato pensatoper dare l’opportunità ai pazientidi sentirsi a casa e di avere degli spazipropri. Intuisco che, oltre all’ambiente,24 gennaio/marzo 2010contribuisce a creare un clima sereno ecaldo anche la presenza del personale(infermieri, medici, operatori) che viverapporti di fiducia e collaborazione;pur non mancando le fatiche, si cercadi superarle insieme. Un desiderio checi appartiene è il tentativo di valorizzarele persone che passano per il CROnella loro umanità, con la loro storia eil loro vissuto, senza ridurli a pazientibisognosi di cure mediche.Chi sono i destinatari del tuo servizio?I primi destinatari sono i pazientidel reparto di chirurgia oncologica dovepresto servizio. Vivo l’esperienza diaffiancare chi è in attesa dell’interventochirurgico ed è abitato da ansie, attesee speranze per poi accompagnarlo nellafase post-operatoria in cui la stessapersona si ritrova non completamenteautonoma e con una ferita – fisica espirituale – da rimarginare.Destinatari del mio servizio sonoanche i colleghi di lavoro che mi provocanoe interrogano sul significatoe la differenza fra l’essere infermierae l’essere una suora infermiera, unapresenza per loro piuttosto provocantein termini umani e professionali.“Suora” e “infermiera” ossia vivereevangelicamente la propria professionalità.Che cosa vuol dire per te?Come coniughi le due realtà?Il codice deontologico dell’infermiereall’articolo n. 3 recita «<strong>La</strong> responsabilitàdell’infermiere consistenell’assistere, nel curare, nel prendersicura della persona nel rispetto dellavita, della salute, della libertà e delladignità dell’individuo». Questo per mesignifica essere un infermiere e il mioessere persona consacrata si arricchiscee trova senso nello scorgere in ogniA noi non restache vivere di solee aggrapparsi forteal presenteperché la vita fuggea minutie tu non saise ancora ci seie il domani siaeternocome il suo sogno.Quanto a noinessuno ci aveva mai dettodel dolore di vivere.E con che cuoreorgoglio e passioneabbiamo cambiato la nostra vitae sposato il domanidove il tempo incontra l’eterno,noi naticome figli e fratellidel sole.Io ti vedròe non solo l’ombra delle tue spallein queste lotte a corpoa corpoche mi hanno spezzatoil respiro e il cuore.Tu ci seiio ti vedròe non da straniero.Ora che il dolorescavalcaci par che piangeresia tradiree inquieti avviciniamo la finestraper vederequanti minuti di eternitàmanchino all’alba.Bruno F., paziente del CRO

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