accanto a...terremotatiaccoglienza e curaEmergenza terremoto…Dieci mesi dopodelle suore della comunitàdi Vasto MarinastfeLe suore di Vasto Marinaraccontano la loro esperienzaaccanto ai fratelli terremotatiaccolti in una strutturadell'Istituto.6aprile 2009, ore 3.32 dati e numeridivenuti tristemente famosidopo il terremoto di magnitudoRichter 6,3 Mw (magnitudo dimomento) che ha colpito l’Abruzzo.<strong>La</strong> scossa si è sentita anche a Vasto edè stata così forte da svegliarci nel cuoredella notte. E pur non arrecando quialcun danno, abbiamo subito intuitola gravità della situazione: certamentealtrove, non troppo lontano, qualcosadi terribile doveva essere accaduto.L’epicentro, si sarebbe saputo piùtardi, era a L’Aquila. Tutti ora sappiamol’entità del disastro in danniad abitazioni, strutture, edifici, masoprattutto in vite umane: 308 morti,1600 feriti, 65000 sfollati, alloggiatinegli alberghi della costa adriatica.Pochi giorni dopo sono arrivatea Vasto circa 700 persone, collocatenegli alberghi e in altre abitazioni.Anche la Fondazione Mileno (o IstitutoSan Francesco), nella quale unacomunità di suore elisabettine è presentedal 1972, si è resa disponibile adaccogliere quanti Protezione civile,Croce Rossa e Prefettura avrebberoinviato.Il direttore, p. Franco Berti, e i suoicollaboratori hanno deciso di aprire in22 gennaio/marzo 2010questa emergenza una struttura ancorainutilizzata e pronta a diventare unaR.S.A. Trattandosi di una strutturasanitaria, vi sono state mandate personecon gravi difficoltà fisiche perl’età avanzata o per patologie croniche:persone emiplegiche, disabili, affetteda morbo di Parkinson e da quello diAlzheimer… tutte bisognose di curee terapie particolari, casi che non sipotevano gestire altrove.Provenivano dalle loro abitazioni,irrimediabilmente distrutte e abbandonatein fretta. Altre venivano dallatendopoli o da qualche albergo nelquale una normale collocazione nonera stata sufficiente.<strong>La</strong> comunità delle suore, che vivee opera nella Fondazione, si è trovatacoinvolta in più modi. Le personearrivate nella nuova ala appena apertaavevano pochissimi effetti personali;uscite in piena notte dalle loro casenon avevano più potuto rientrarvi.Allora serviva soprattutto biancheriaintima, scarpe e l’abbigliamentoadatto a una stagione che transitavavelocemente verso l’estate. In collaborazionecon la Direzione e la comunitàdei frati cappuccini ci si è preoccupateinnanzitutto di provvedere alvestiario.Alcune persone sensibili e generosehanno sollecitato colleghi di lavoroe conoscenti, hanno raccolto offertee indumenti nuovi da farci recapitareper rispondere alle urgenze. Conclusol’orario di lavoro, ci siamo fatte espertefrequentatrici di negozi di scarpe edi abbigliamento: viaggi a non finireper trovare le taglie giuste per tutti.E poi altra catena di solidarietà peraccorciare pantaloni, gonne, sistemarecamicie…<strong>La</strong> Residenza sanitaria Assistita dellaFondazione “A. Mileno” a Vasto Marina.In contemporanea, fin dall’inizio,su richiesta della Caritas Diocesana,anche nella parrocchia di “Santa MariaStella Maris”, retta anch’essa dai fraticappuccini, è stato aperto un centrodi raccolta e di distribuzione vestiarioper quanti risiedevano negli alberghivicini.È stato immediato da parte nostrasostenere anche questa iniziativa:siamo state presenti ogni pomeriggioper alcune ore, per prendere nota deibisogni e procurare al più presto, incollaborazione con il parroco, quantoveniva richiesto.Altra urgenza, non da poco, perla quale siamo state interpellate, èstata quella di garantire un serviziodi assistenza infermieristica durantela notte in questa nuova struttura unpo’ dislocata dall’appartamento dellanostra comunità. Nel primo meseogni notte, e tuttora per tre nottialla settimana, una sorella ha dato econtinua a offrire la sua disponibilitàe il suo servizio alle 11 persone, cheancor oggi non sono potute tornareai loro paesi e che presentano per lamaggior parte patologie impegnativeche richiedono una presenza notturnaattenta e attiva.Dall’8 aprile a oggi sono passatecinquantun persone, con grandi opiccole difficoltà, tutte comunque accomunatedalla sofferenza di doverlasciare la propria terra, il paese, lacasa per entrare in una nuova modalità
di vita che ha richiesto una convivenzaforzata con persone, tutto sommato,sconosciute. Ecco perché c’è stato bisognoanche di offrire compagnia, dimettere in conto il tempo per un saluto,di sensibilizzare altre persone afarsi vicine e di essere presenti quandoinsorgevano nuove necessità.Non siamo state certo sole a portareavanti tutto questo: a titolo dipuro volontariato, alcuni dipendentidella Fondazione e persone sensibilidi parrocchie del vastese hannotrascorso parte del loro tempo conquesti nuovi amici, offrendosi comecompagni di passeggiata, comeparrucchiere e come autisti per lenecessità più varie.I bisogni in questa situazione sonostati davvero tanti, imprevisti e, comesi dice nella lettera circolare scrittada madre Margherita Prado per l’anno2009-2010, abbiamo sperimentatodavvero che «la domanda del fratello ècome un comando per noi».In ciascuna di noi è prevalsa la gioiadi dare ed è il come si dà che fa la differenzaper chi riceve. Il più delle volteciò che ci è stato chiesto come personeconsacrate, quasi più del cibo e delvestito, è stata l’accoglienza, l’ascoltodelle loro angosce, il calore umano, paroledi speranza… insieme alla certezzache il Signore non abbandona.Un po’ ci siamo abituati tutti allaloro presenza: li vediamo in giardinoper prendere un po’ d’aria, a voltepartecipano alle nostre celebrazioninella chiesa di S. Francesco, attiguaall’Istituto; i più autonomi e coraggiosisi spingono in passeggiate sul lungomare.Ora a distanza di dieci mesi ripensiamoalle persone che sono passate,alcune hanno trovato una sistemazionepresso i familiari, altri hanno potutoriparare la casa. Di tutti, compresicoloro che sono rimasti, ci ha colpitola capacità di vivere con dignità il disagio,di ringraziare il Signore perché,pur avendo perso tutto, rimaneva ildono inestimabile della vita. Abbiamovisto il disagio di dover chiederele cose più normali e più necessarie,ma anche la capacità di adattarsi, diaccontentarsi, di ringraziare.Quanti rimasti aspettano con impazienzal’assegnazione della casetta<strong>La</strong> terra del piantoCon gli occhi volti al nulla,nel vuoto ghiaccio,piangono le madri i loro figli.Il silenzio è un urlo.Ah, sapesse il dolore scriverepagine infinite d’amore,scendere dal calvariocol suo primo raggio!Il cielo non ha più coloresulla città morta,con la sua bocca chiusada tanto strazio;le campane son cadutesenza suono nel grembodella terra che ha tremato;anche la luna ha un rapido fremitotra le fronde dei salici,sugli altari dei vivigettati per le strade.Ora non v’è più nessunoche non sappia piangerené vedere se non chiascoltare più non vuole.Mario Rolando Mangiocavallo 1antisismica promessa dal governo oattendono di poter riparare la lorocasa lesionata. Si sentono sempre degli“sfollati”, approdati in una strutturache fortunatamente ha risposto più dialtre alle loro complesse difficoltà, mache non è la loro casa.Si è rivelato a volte pesante per lorodover vivere in una “famiglia allargata”le proprie speranze, esternare leimpazienze, lasciar trasparire le propriedelusioni e sofferenze sapendoche il ritorno alla normalità ha bisognoancora di molto tempo.Per noi, una esperienza che hamesso in luce il senso della nostravita consacrata, quale segno gratuitodell’amore del Signore. ■1Con questa poesia l’autore, che lavora presso la fondazione Mileno come terapista della riabilitazione,ha partecipato a diversi concorsi di poesia a livello regionale e nazionale.accanto a... terremotatigennaio/marzo 2010 23