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La sponda luminosa

n. 1 - gennaio/marzo 2010 - Suore Francescane Elisabettine

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finestra apertaL’itineranza non sembraessere una condizionedel tutto contingente,o soltanto funzionale, deldiscepolato. Al contrario,essa costituisce elementoessenziale per l’apprendistatoe l’approfondimentodel vangelo.L’incontro con Gesù,che avviene in molti modi,non smette di forzare le portechiuse delle nostre paure,incomprensioni, pigrizie. Cistana e ci manda lontano, facendociconoscere tra l’altrouna libertà più grande. Sedavanti alla croce possiamosperimentare una sorta diparalisi, la visita del Risortoscardina il nostro immobilismoe ci ricolloca nel dinamismodell’invio che ha perscopo il perdono dei peccatie la pace: «Pace a voi! Comeil Padre ha mandato me,anch’io mando voi. Dopoaver detto questo, alitò su diloro e disse: Ricevete lo SpiritoSanto; a chi rimetteretei peccati saranno rimessi ea chi non li rimetterete, resterannonon rimessi» (Gv20, 21-23).Contro la tentazionedella chiusuraTornati alla sequela edunque all’itineranza, eccocirestituiti alla condizionenella quale possiamo serviremeglio a noi stessi e aglialtri. Ritroviamo Gesù egrazie a lui e con lui ci mettiamoalla ricerca del beneper tutti. Se infatti Gesùavesse deciso di «posare ilcapo» da qualche parte, econ lui i suoi, saremmo rimastichiusi nella piccolacasa della nostra miseriasenza speranza. Per questoil vangelo è strutturato secondola forma di una sequelae disseminato di invitiall’itineranza, a lasciare, apartire, a uscire...Eppure la tentazione difermarsi, di dimorare, distabilirsi da qualche partenel “già conosciuto” e nel“si fa sempre così” fu fortee venne patita subito. Alpunto che, nonostante ilcomando di Gesù di andarefino agli estremi confinidella terra (At 1,8), la comunitàdei discepoli si aggreganella città santa senzaprogettare alcuna missione.Sarà la persecuzionea indurre a partire (At 8,1-4). E quella dispersioneoffrirà subito occasione diannuncio, segnando il momentodi nascita di nuovecomunità.Del resto, se siamosemente dovremo pur esseresparsi. Per questo laScrittura attesta, ed è belloe consolante, che spessola missione degli apostolisi scopre già anticipata daanonimi annunciatori. Comequei primi profughi daGerusalemme. Ma cometanti che per ragioni piùnormali hanno occasionedi muoversi: commercianti,marinai, soldati, schiavi,ecc. E perché no, oggi ancheturisti.(continua)finestra aperta«C’è anche un colonialismo ambientale»Un missionario comboniano nella Repubblica democratica del Congo commenta ilmessaggio del Papa per la giornata mondiale della Pace 2010.Nel messaggio per la giornata della pace 2010 il Papausa quattro o cinque volte il termine «sfruttamento».Cioè quell’uso sconsiderato ed egoistico della natura fino acorrere il rischio di distruggerla e di diventare vittime delladegradazione di cui si è stati causa. Uno «sfruttamento»non corretto delle risorse causa inquinamenti e rifiuti difficilida gestire, nuove malattie fino alla distruzione totale dellavita. Dio ha messo la natura a nostra disposizione nonperché ne facciamo quello che ci pare, ma perchè la custodiamoe la coltiviamo. Bellissima la citazione di Eraclitodi Efeso, del quinto secolo a.C.: la natura è a nostra disposizione,ma non «come un mucchio di rifiuti sparsi a caso».L’attuale ritmo di «sfruttamento» mette seriamente in pericolola disponibilità di alcune risorse naturali; e non rispettail piano di Dio, che «ha destinato la terra e tutto quello cheessa contiene all’uso di tutti gli uomini e di tutti i popoli».«<strong>La</strong> comunità internazionale ha il compito imprescindibile ditrovare le strade istituzionali per disciplinare lo “sfruttamento”delle risorse non rinnovabili, con la partecipazione anchedei Paesi poveri, in modo da pianificare insieme il futuro».Il dibattito sulle risorse naturali è più vivo che mai, in questeregioni dell’Africa. <strong>La</strong> Repubblica Democratica del Congosi prepara a celebrare l’anno prossimo, assieme ad altri16 Paesi africani, i cinquant’anni d’indipendenza. Finital’epoca coloniale, finito lo sfruttamento presentato a voltecome opera di «civilizzazione», finita la dipendenza ancheculturale. Si entrerà finalmente in un mondo nuovo, dovei rapporti saranno regolati nel rispetto del principio che idiritti sono uguali per tutti! Sogni e propositi che decine dicolpi di stato e conflitti con milioni di morti si sarebbero incaricatidi vanificare nel corso di questo mezzo secolo, malasciando la porta aperta a uno sfruttamento delle risorse(foreste, miniere, ecc.) raramente rispettoso dell’ambientee del progresso della gente. Siamo proprio chiamati a unaspecie di conversione. Come ha detto il Dalai <strong>La</strong>ma: «Ilmondo è diventato così piccolo che nessuna nazione puòormai prendere decisioni isolata dalle altre».Neno Contran, da Missionline14 gennaio/marzo 2010

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