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n. 3 - luglio/settembre 2013 - Suore Francescane Elisabettine

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inCaritateC H R I S T IBollettino delle suoreterziarie francescaneelisabettine di Padovan. 3 - <strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong>Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - DL 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. I, comma 2, DCB PADOVARio de Janeiro <strong>2013</strong>“Encuentrospreciosos”


editorialePartire...Èsempre tempo di partire, <strong>settembre</strong> lo è in modo particolare.Per tanti.Lasciare una casa, un’attività, gli impegni, un territorio...uscire da sicurezze, da schemi consolidati, dal propriomondo di affetti, da se stessi.Lo sperimentiamo in tanti modi.Dal più semplice, come il passare dalla vita libera dellevacanze all’impegno strutturato, al più complesso e coinvolgentecome quello di chi decide di lasciare tutto per una vita didonazione; come quello dell’emigrato che lascia la sua terraper una prospettiva di vita migliore… senza sapere, spesso,ciò a cui va incontro.Poco conta se il viaggio è fatto a piedi, in auto, in treno,in un barcone, in aereo. A volte non è nemmeno questo, èentrare in se stessi, un viaggio interiore.In questo tempo, andare-uscire-partire sono verbi chesembrano acquistare vita nuova tanto sono ricorrenti nellinguaggio della Chiesa nella persona di papa Francesco.Uscite e andate «con coraggio e generosità, perché ogniuomo e ogni donna possa incontrare il Signore» ha detto agiovani e adulti a Rio; «Andate» dice ai suoi preti, nellafiducia che nell’andare le motivazioni prendanofuoco nel cuore di ciascuno.Perché partire, perché andare?È domanda che, nella routineche dà sicurezza, creaun po’ di inquietudine.«Partire non è tutto certamente, c’è chi parte e non dàniente, cerca solo libertà» si cantava negli anni Settanta parafrasandole parole con cui la Bibbia racconta la vocazionedi Abramo, chiamato ad uscire dalla terra di Ur.È importante sapere cosa spinge, verso dove si vuoleandare, il senso del partire.Per chi, come noi, ha fatto consegna di sé nell’obbedienza,partire è rispondere ad una nuova chiamata, è metterei piedi sulle orme di chi ha fatto dell’obbedienza al Padre ilcibo quotidiano, per porsi al servizio dell’umanità dolorante.Si tratti di un semplice trasferimento, di un cambio di ruolo,di attività o addirittura del lasciare il proprio Paese per germogliarein altra terra.Anche per noi risuona alta la voce di papa Francescoa Rio: «Andate, senza paura, per servire. Andate, senzapaura, per servire».È la vocazione stessa del cristiano, chiamato a uscire dasé, a dare ragione della propria fede.Allora ogni partire avviene con passo leggero, poche cosenello zaino; un po’ di nostalgia, ma senza voltarsi indietro:la motivazione è dentro il cuore.E dal cuore nasce la musica che accompagnail cammino.Un partire davvero evangelico.La Redazione<strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong> 3


nella chiesaRILETTURA DEL CONCILIO VATICANO II (III)Una liturgia per il popolo di DioLa Sacrosanctum Conciliumprima autorevole parola del Conciliodi Renzo Gerardi 1sacerdote diocesanoUna riforma della liturgia nellafedeltà al dono di Dio allaChiesa e in fedeltà all'uomodi oggi, che chiede che il donopossa essere adattato ai suoiattuali bisogni.Un primo grande fruttoLa costituzione Sacrosanctum Concilium(SC) su La sacra Liturgia, promulgatanella sessione del 4 dicembre1963, può essere definita come la primaautorevole parola detta dal concilioVaticano II nel discorso e nell’operadi “aggiornamento” e di “ringiovanimento”della Chiesa. Essa è il primogrande frutto del Vaticano II.Le risposte, giunte alla Commissioneanti-preparatoria del Concilio(negli anni 1959-1960), sugli argomentie sui temi più importanti daprendere in considerazione, per il 20%circa riguardavano la liturgia e i sacramenti.Per l’esattezza 1855 proposizionivertevano sulla materia del futuroschema sulla liturgia. Soprattuttosi chiedeva che venisse restituito allaliturgia tutto il suo valore formativoe didattico. Di conseguenza da partedi alcuni si riteneva necessario semplificarei riti, introdurre le linguenazionali, compiere adattamenti allediverse culture.Lo schema sulla liturgia fu portatosubito alla discussione conciliare.Fu scelto questo argomento perché laConcelebrazione in piazza san Pietro:si possono scorgere i primi risultati della riforma della liturgia.Foto in basso a destra: altare della Casa “Mater ecclesiae” - Fietta di Paderno d. Grappa.liturgia era già stata oggetto di numerosericerche e di validi studi. Inoltresi pensava che il “campo liturgico”fosse il meno esposto a polemiche ead opposizioni. Invece la discussionefu lunga e faticosa. D’altro canto era il“rodaggio” del Concilio. Soprattuttofurono in questione la lingua, gli adattamentida compiere, la comunioneal calice. Però lo schema iniziale fusostanzialmente conservato. E nellavotazione conclusiva ci furono soltanto4 no, a fronte di 2147 sì (placet).Una riforma liturgicagenerale motivataLa costituzione Sacrosanctum Conciliumsi compone di un proemio, disette capitoli e di una appendice. In130 numeri si tratta: dei principi generaliper la riforma e l’incrementodella sacra liturgia (capitolo 1°), delmistero eucaristico (capitolo 2°), deglialtri sacramenti e sacramentali (capitolo3°), dell’ufficio divino (capitolo4°), dell’anno liturgico (capitolo 5°),della musica sacra (capitolo 6°), dell’artesacra e della sacra suppellettile(capitolo 7°).A leggere oggi il testo conciliare – econfrontandolo con quanto è stato fattoin questi cinquant’anni nel campo dellariforma liturgica – magari si è portati adire che, in realtà, non ci sono grandinovità in quel documento. Però la grandissimanovità è costituita proprio dallospirito che anima tutta la costituzione:allo scopo di far sì che i fedeli possanomeglio partecipare ai riti (in manierapiena, attiva e comunitaria) e possanoavere l’abbondanza di grazie nella sacra4 <strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong>


liturgia, la Chiesa «desidera fare un’accuratariforma generale della liturgiastessa» (SC 21). E si precisa che nellaliturgia vi è “una parte immutabile” evi sono altre parti “suscettibili di cambiamento”.La prima è “di istituzionedivina”. Le altre possono o devonovariare, se elementi meno rispondentialla natura della liturgia o meno opportunisi fossero introdotti nei riti.Da qui è partito tutto.In ascolto dello Spiritoe dell’uomo d’oggiAlla base vi è una preziosa consapevolezza,costituita dalla duplice fedeltà,che la Chiesa deve attuare. È fedeltàalla liturgia stessa, come dono diDio alla Chiesa. Ed è fedeltà all’uomodi oggi, che chiede che il dono possaessere adattato ai suoi attuali bisogni.Se la Chiesa non fosse “doppiamente”fedele, verrebbe meno alla propriamissione, e rischierebbe di renderevana la grazia dello Spirito.È doveroso ricordarlo: la riformaliturgica è innanzi tutto movimentodello Spirito Santo nella Chiesa.Lasciandosi guidare dallo Spirito, laChiesa è chiamata a conservare la sanatradizione, ma nondimeno ad aprire lavia ad un progresso legittimo. Infatti laliturgia è qualcosa di “durevole e vivo”(come disse papa Pio XII). Una sanaopera di restauro dell’elemento vivoconserva la tradizione, senza diventarneschiavi. Perciò l’opera di riforma,mentre volge lo sguardo al passato,tiene conto del presente e guarda versoil futuro.Ne derivano diversi obblighi edimpegni. Prima di tutto, una accuratainvestigazione teologica, storica,pastorale. Poi è necessariala presa in considerazionedelle leggi generalidella struttura e dellospirito della liturgia.Dall’esperienza delleriforme già fattesi può e si deve trarreprofitto, e quindi lenuove forme vanno fattescaturire organicamenteda quelle già esistenti. Infine non vamai dimenticato che si deve cercaresempre la vera utilità per la Chiesa: lalegge suprema è la salus animarum, lasalvezza delle anime.Revisione dei libri liturgicie dei ritiLa parte principale della riforma èconsistita nella completa revisione deilibri liturgici (come prescritto in SC25), con un impegno non indifferente,tenuto conto che i nuovi rituali sonodestinati a durare per decenni, forseanche per secoli (se si ripete l’esperienzadel periodo post-tridentino). Etutto ciò allo scopo di favorire «la pienae attiva partecipazione di tutto il popolo»(SC 14), disponendo «una letturadella sacra Scrittura più abbondante,più varia e più adatta» (SC 35).Ma non è stato soltanto un problemadi nuovi rituali. Questi ormai liabbiamo tutti, sia per la Messa che pergli altri sacramenti e per i sacramentali.Abbiamo la “nuova” Liturgia delleOre, l’Ufficio Divino che è «preghierapubblica della Chiesa» (SC 90). Anzi,alcuni rituali hanno avuto già più diuna revisione.E non è stato soltanto un problemadi lingua. Il Concilio ha stabilito che«l’uso della lingua latina […] sia conservatonei riti latini» (SC 36), ma nellostesso tempo ha fatto presente l’utilitàper il popolo di un uso più ampio dellalingua nazionale. Sappiamo come oggi,nella liturgia cattolica, tutto può esserecompiuto nella lingua nazionale;anzi, sono stati permessi diversi adattamentie cambiamenti, nel rispettodelle «qualità e doti d’animo delle varierazze e dei vari popoli» (SC 37),per cui molto varie sono orale forme di celebrazionedella stessa Messa e deglistessi sacramentinella Chiesa. Infattiil Concilio ribadiscecome «la Chiesa, inquelle cose che toccanola fede o il benedi tutta la comunità, nondesidera imporre, neppurenella liturgia, una rigida uniformità»(SC 37).La riforma liturgica, in conseguenzadi ciò, ha subito contestazioni ancheaspre e dolorose ribellioni, sorte peròquasi sempre dalla mancanza di “sensodella storia” e per incomprensione(o ignoranza) dei principi fondamentaliche regolano la tradizione e laliturgia.Quindi non soltanto la riforma liturgicanon è conclusa, ma non puòmai esserlo. Infatti: Ecclesia semperreformanda, la Chiesa deve essere sempreriformata.Partecipazione attivadei fedeli: perché e comeVera partecipazione si può averesolo con la gioia della fede, la consapevolezzadi essere popolo sacerdotale,l’esigenza della comunione, una praticadi vita cristiana autentica. E, sututto questo, bisogna ancora e semprelavorare parecchio.In SC 26 si afferma che i singolimembri della Chiesa sono interessatialle azioni liturgiche «in diverso modo,secondo la diversità degli stati [cioèdegli ordini], degli uffici e dell’attualepartecipazione». Il testo è assai importante,perché soltanto così si puòmanifestare liturgicamente il “sacramento”della Chiesa.La partecipazione si esercita inogni azione liturgica, e non soltanto,ad esempio, nella messa. Deve esserepiena, consapevole, attiva. Ha la suafonte (e ragion d’essere) nel sacerdoziobattesimale. Ha la sua motivazioneintima nella natura stessa dellaliturgia. In forza del battesimo e dellaconfermazione, tale partecipazioneper il popolo cristiano – «stirpe eletta,sacerdozio regale, nazione santa, popoloche Dio si è acquistato» (1Pt 2,9) – è insieme un diritto e un dovere(cf. SC 14). E la partecipazione attivaè la fonte primordiale e indispensabiledalla quale i fedeli devono attingereuno spirito veramente cristiano (cf.SC 14).È ovvio che una responsabile partecipazionerichiede una profonda e<strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong> 5nella chiesa


nella chiesaseria formazione dei fedeli. Solo in talmodo si avrà una partecipazione siainterna sia esterna, e proporzionataall’età, alla condizione, al genere divita (cf. SC 19).La partecipazione dei fedeli è compresae descritta dalla SacrosanctumConcilium come talmente essenziale,perché si abbia una vita cristiana, dadichiarare in modo esplicito che «ognivolta che i riti comportano, secondo laparticolare natura di ciascuno, una celebrazionecomunitaria con la presenzae la partecipazione attiva dei fedeli, siinculchi che questa è da preferirsi, perquanto è possibile, alla celebrazioneindividuale e quasi privata degli stessi»(SC 27).Prendere parte attivamente e coscientementealla celebrazione si puòconsiderare come il “dare forma umanaall’azione divina” e come il “dareforma divina all’azione umana”. Nonè forse il mistero dell’incarnazione checontinua? Merito del concilio VaticanoII è l’avercelo ricordato. Grande meritodel post-Concilio è l’aver messoin atto un lavoro di rinnovamento edi riforma, i cui benefici risultati tuttistiamo sperimentando.La riforma liturgica per sua natura non è mai conclusa.Nella foto la commissione liturgica dei frati minori al lavoro.Il mistero pasqualesi attua oggiLa Sacrosanctum Concilium ha infattiinserito il mistero della Chiesadirettamente nell’opera di Cristo compiutanel mistero pasquale.Dal “sacramento-Cristo” si passaal “sacramento-Chiesa”. Infatti «dalcostato di Cristo dormiente sulla croceè scaturito il mirabile sacramento ditutta la Chiesa» (SC 5). La Chiesa tuttaintera è strutturata sacramentalmente,ha la stessa struttura sacramentale delsuo fondatore, è “come un sacramento”.Essa è nata dalla Pasqua di Gesù.Il mistero pasquale è ora attuato nellaChiesa: per mezzo del ministero profetico,che “annuncia” il mistero; e permezzo della liturgia.Introducendo il concetto e affermandola realtà del mistero pasquale,la costituzione conciliare conferisce alculto cristiano una dimensione particolare:la Pasqua è celebrata nel rito.Il mistero di Cristo non appartienesoltanto al passato come fatto storico,ma è vivo, presente, efficace comeazione di salvezza di Dio. Questa veritàè solennemente affermata dallaSacrosanctum Concilium, che elenca echiarisce i vari modi di presenza: nelleazioni liturgiche, nel sacrificio dellamessa (sia nella persona del ministrosia sotto le specie eucaristiche), neisacramenti, nella parola, quando laChiesa prega e loda (cf. SC 7).Ecco, pertanto, la preziosa “definizione”della liturgia, proposta in SC7: è «l’esercizio dell’ufficio sacerdotaledi Gesù Cristo, mediante il quale consegni sensibili viene significata e, inmodo proprio a ciascuno, realizzatala santificazione dell’uomo, e vieneesercitato dal corpo mistico di GesùCristo, cioè dal capo e dalle suemembra, il culto pubblico integrale».La liturgia, dunque, è continuazionee attuazione ultima e permanente delmistero del Signore. E il tempo dellaChiesa è “continuazione” del tempodi Cristo.Dunque l’opera della Chiesa –principalmente nelle azioni liturgiche– è in realtà l’opera di Cristo stesso,che agisce con il suo Spirito nella Chiesae attraverso la Chiesa, unendola a séquale suo “strumento” nel comunicarela vita divina agli uomini, perché sianosantificati e, assieme a Lui, rendano aDio il culto perfetto.Insomma, la liturgia è «il culmineverso cui tende l’azione della Chiesae, insieme, la fonte da cui promanatutta la sua virtù» (SC 10). Certo, laliturgia non esaurisce tutta l’azionedella Chiesa. Per poter partecipare allaliturgia sono necessarie la fede ela conversione, e perciò si richiedonol’evangelizzazione e la catechesi. Matali attività sono necessariamente ordinatealla liturgia. Perché è solo nellaliturgia che gli uomini vengono inseritiefficacemente nel mistero pasqualedel Signore.Chiamati a celebrare la vitaDi conseguenza a quanto detto finora,è bene sottolineare anche quantodi nuovo è avvenuto riguardo al “celebrare”e alla “celebrazione”. Finoa non molti anni fa comunemente sidiceva (ma ancor oggi si continua adire!) che “il sacerdote celebra la messa”,o si affermava che il sacerdote è “ilcelebrante” che “dice la messa”.Anche se tali espressioni sono rimastenel linguaggio usuale, il Vaticano IIha corretto quello che teologicamenteera inesatto (o incompleto), ricordandociche è la Chiesa tutta intera cheesercita il “culto pubblico integrale”.E la liturgia «ogni giorno edifica quelliche sono nella Chiesa in tempio santonel Signore, in abitazione di Dio nelloSpirito» (SC 2). Vale a dire: è la ecclesia(il popolo radunato) che celebra, e la6 <strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong>


celebrazione plasma la Chiesa, le conferiscel’identità e la missione.Che cosa o chi celebriamo? Si celebraun avvenimento: ad esempio,l’inizio o la conclusione di lavori (èl’inaugurazione…). O si commemoraun fatto (per lo più lieto) del passato.O si celebra un importante congresso(dunque una riunione significativa).Una persona è in partenza? Un esameè stato brillantemente superato? Èl’anniversario del matrimonio o dellanascita? Ci si ritrova con un amico dopotanto tempo? Ecco tanti motivi edoccasioni per “celebrare”. Potremmodire: per “celebrare la vita”. È la vitacome “l’insieme dei rapporti, con lecondizioni concrete della nostra esistenzaumana in società”. Insomma:ciò che ci permette di coglierci e sentircicome esseri viventi.Per gli avvenimenti della vita quotidiananoi disponiamo di tutto unmateriale “rituale”, che ci permette dicomportarci, di comunicare, di entrarein relazione. Sono “riti di interazione”.Ci sono anche dei “riti” nelleistituzioni della nostra vita sociale.Sono, appunto, “riti istituzionali”. Arricchisconole tappe della nostra vita insocietà e in comunità, sono soggetti ascadenze precise del calendario, ad obblighi,a codici ufficiali. Li ritroviamoanche nell’ambito religioso.Sono riti che vanno compiuti peressere “iniziati” ed “integrati” in ungruppo, in una comunità.Il rito, “celebrazionedel Signore”Mentre i riti di interazione sonovari e malleabili, quelli istituzionalizzatisono più fissi e determinati. Aprevederli sono le stesse istituzioni,che ne guidano programmi e cambiamenti.L’individuo non ne è padrone.Per appartenere ad un gruppo, ad unacomunità, uno deve passare attraversoquei riti.Tutto questo ci aiuta a capire meglioil senso vero della celebrazionecristiana. La Chiesa mette nelle nostremani un libro che non abbiamo scrittonoi. Ci invita a compiere gesti chenon abbiamo inventato noi. Ci mettesulle labbra parole che altri, prima dinoi, hanno pronunciato per rivolgersia Dio come Padre. Quel che è stato ricevutodal Signore, ci viene trasmesso(cf. 1Cor 11, 23).Queste parole da leggere e da proclamare,questi gesti da compiere e dacelebrare, quando si è riuniti “nel nomedel Signore” fanno vivere “al di sopradelle nostre possibilità” e “al di sopradei nostri mezzi”. Il rito trasfigura ciòche è quotidiano. È la celebrazione delLa comunità della Procura generalizia di Roma posa con alcuni partecipanti al Concilio,ospiti della casa. Da sinistra: don Luigi Sartori, padovano, esperto al Concilio, monsignorAngelico Melotto, vescovo in Guatemala, monsignor Girolamo Bortignon, vescovo diPadova, monsignor Costantino Luna, vescovo in Guatemala, monsignor Andrea Pangrazio,padovano, vescovo di Gorizia (foto 1964, Agep).Signore, appunto. È il tempo forte incui Uno prende la parola davanti a noi,e ci invita a sedersi a tavola con Lui. Ciconduce sul “monte” per tacere, ascoltare,contemplare, adorare.Ed il nostro cuore si fa ardente.Desideriamo che rimanga con noi, unavolta che l’abbiamo riconosciuto. Peròil tempo del riconoscimento è transitorio.Dovrà ripetersi con altri fratelli,ancora e di nuovo. Non è “nostro”il Signore. Non possiamo trattenerlocome vogliamo noi. Lui rimane, macome vuole Lui.Celebrare: lasciarsiguardare da DioQuesto è “celebrare il Signore”.Questo abbiamo imparato in questicinquant’anni, grazie al Concilio, graziealla riforma della liturgia, graziead un nuovo “stile” di celebrazione,grazie alla riscoperta del tesoro dellaParola di Dio e della tradizione deiprimi secoli. Ecco perché, finalmente,la Pasqua è stata riscoperta come ilcentro dell’anno liturgico, e la domenica– “pasqua settimanale” – comeil giorno di festa primordiale, in cuila comunità si riunisce attorno all’altareper “fare memoria” del Signorerisorto.Celebrare è lasciarsi guardare daDio. Nel suo sguardo scopriamo ciòche noi siamo. E così possiamo guardarein modo diverso la vita, noi e glialtri, un po’ più come ci vede Dio.Celebrare il Signore è fare memoriadell’alleanza. È raccontare, lodando,quello che Dio ha compiuto per noi.Non per sognare di ritornare nell’Egittoche abbiamo lasciato, o nel Paradisoche abbiamo perduto. Il nostro compito– la nostra missione – è preparareuna “città nuova”, dove finalmente vivremocome fratelli, perché Dio, il Padre,«sarà tutto in tutti». Tutto questoè celebrare. Questa è la “celebrazionedel Signore”.1Sacerdote diocesano del Patriarcato diVenezia e docente nella Facoltà di SacraTeologiadella Pontificia Università Lateranensedi Roma.<strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong> 7nella chiesa


nella chiesaIL CONCILIO NELLA FAMIGLIA ELISABETTINA (III)Comunità che prega con la ChiesaLa liturgia penetra la vita quotidianadi Paola FuregonstfeLa Costituzione SacrosanctumConcilium sulla liturgiae le successive Istruzionihanno dato slancio edinamismo alla vita liturgicae alla formazione elisabettina.Chi di noi era già suora nel 1962non pensava agli orizzonti chesi sarebbero aperti nella vita dipreghiera non solo delle singole maanche delle comunità e dell’intera famigliareligiosa. Respirava tuttavia unclima che anticipava gli eventi, il cambiamentoera nell’aria.Ed è stato il benvenuto, con laCostituzione nella quale si legge: «Iriti splendano per nobile semplicità;siano trasparenti per il fatto della lorobrevità e senza inutili ripetizioni; sianoadattati alla capacità di comprensionedei fedeli né abbiano bisogno, generalmente,di molte spiegazioni» (SC 34).In molte ricordiamo con emozionel’impatto con le indicazioni della Chiesaall’indomani della pubblicazionedella Costituzione sul rinnovamentodella vita liturgica, e della successivaistruzione Inter oecumenici del 1964 1 ,un impatto che ha avuto le sue espressionipiù rilevanti nell’uso della linguaparlata, nel rinnovamento della celebrazioneeucaristica, dei sacramentie del canto sacro, nella introduzionedell’Ufficio delle Ore e, in generale,in un nuovo stile di partecipazione allavita liturgica della Chiesa.8 <strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong>Dal piccolo ufficio alla liturgiadelle oreIl decreto Perfectae caritatis (PC) del1965 sollecita ogni Istituto perché: «…il modo di vivere, di pregare e di agiredeve convenientemente adattarsi alleodierne condizioni… perciò le costituzionii “direttori”, i libri delle usanze,delle preghiere e delle cerimonie… sianoconvenientemente riesaminati» (PC3) e ancora «… i membri degli istituticoltivino con assiduità lo spirito di preghierae la preghiera stessa… compianole funzioni liturgiche, soprattutto il sacrosantomistero dell’eucaristia, pregandosecondo lo spirito della Chiesacol cuore e con le labbra, ed alimentinopresso questa ricchissima fonte la propriavita spirituale» (PC 6).Il motu proprio Ecclesiae sanctaedell’agosto del 1966 per l’attuazionedel PC non usa mezzi termini: «… siraccomanda agli Istituti di recitare alposto del “Piccolo Ufficio” l’UfficioMomento di sosta dai lavori nell’incontroprecapitolare del maggio 1968 all’Istituto"E. Vendramini" - Arcella.In primo piano, madre Alfonsina Muzzo esuor Vincenzina Comazzetto.divino in parte o integralmente al finedi partecipare più intimamente allavita liturgica della Chiesa» (ES 20). Eancora… «… si sostituirà la molteplicitàdelle preghiere con un maggiortempo dedicato alla preghiera mentale…vegliando che i membri sianoformati con cura nelle vie della vitaspirituale» (ES 21).I primi frutti sono raccolti già nel1967 quando si inizia a usare, soprattuttonelle case di formazione, il testo:Le ore diurne del breviario romano,(editrice Favero, Vicenza 1967), tradottoin italiano dal liturgista monsignorAntonio Mistrorigo, vescovodi Treviso. Così, forti delle primeesperienze, il Capitolo speciale (1968)accoglie le indicazioni della Chiesa edecide che «l’ufficio divino venga asostituire definitivamente il Piccoloufficio della Madonna e che l’ufficiosia la preghiera per eccellenza dellasuora» (ACS, p. 63), avendo cura cheLodi, Vespro e Compieta siano recitatein comune a tempo opportuno comerichiesto dall’Ufficio divino (ibid.). Diconseguenza decide che «si realizzi alpiù presto una educazione liturgicae una adeguata istruzione biblica peruna maggior valutazione della liturgiae di salmi» (ibid.).Il primo piccolo ufficio in italianocontiene un tentativo di rinnovamento:salmi distribuiti nell’arco di unasettimana, lettura breve… La riformatotale del Breviario data il 1971 maoccorrerà aspettare il 1974 per averneil testo in italiano. E, a distanzadi due mesi, un traguardo frutto didialogo assiduo e perseverante tra levarie famiglie francescane: l’edizionea cura delle famiglie francescane italianedella Liturgia delle ore secondoil rito romano e il calendario serafico.Ogni suora riceve il testo e si cimentalentamente a prendere familiarità con


Chiesa di San Giuseppe: celebrazione solenne prima della riforma conciliare;sotto: ristrutturazione del presbiterio secondo le norme liturgiche.l’impostazione totalmente nuova dellacelebrazione di Lodi, Vespri e compieta.Ma quale gioia sentirsi così piùpartecipi della liturgia della Chiesa!Le “preghiere vocali”, alcune devozioni,le coroncine sono gradualmenteaffidate alla preghiera personalee le nostre comunità fanno risuonarele lodi della Chiesa universale in unalingua in cui ciascuna suora può finalmentericonoscersi. La vita di preghieraesce dalla sfera puramente individualee si esprime come preghiera delpopolo di Dio che celebra e attualizzanel rito la pasqua del Signore.La celebrazione eucaristicaLa parola chiave che più dice ilcambiamento voluto dai Padri conciliariè partecipazione attiva.L’altare “coram populo” che accogliel’assemblea riunita come popolodi Dio, le risposte in italiano e la paroladi Dio proclamata nella stessa linguanon più solo dal celebrante ma ancheda lettori preparati, il nuovo messale, illezionario… davvero una rivoluzioneche ha interessato tutti e che nella CasaMadre – “madre” anche per esserecentro ideale di incoraggiamento e didiffusione delle innovazioni – ha trovatoaccoglienza pronta e intelligente.Ciò ha richiesto un profondo cambiodi mentalità. Chi era abituata a recitareil rosario durante la messa, o le oredel piccolo ufficio si è trovata un po’disorientata.Gli esercizi spirituali nella casa dispiritualità a Fietta (aperta proprio nel1968) sono diventati un appuntamentodel quale profittare per l’addestramentoalla nuova liturgia, la formazionealla comprensione dei testi e deisignificati dei riti, l’apprendimentodel canto sacro per le celebrazioni quotidiane.Gradualmente si sbiadisce ilricordo delle celebrazioni eucaristichein latino, “cantate” solamente nellesolennità.La professione religiosa«Si componga un rito per la professionereligiosa e la rinnovazione deivoti, che contribuisca ad una maggioreunità, sobrietà e dignità; esso, salvo dirittiparticolari, dovrà essere adottatoda coloro che fanno la professione o larinnovazione dei voti durante la messa.È cosa lodevole che la professionereligiosa si faccia durante la messa»(SC 80). Della riforma liturgica vengonoquindi permeati i riti di iniziazionealla vita elisabettina: l’accoglienzadella giovane da parte della comunitàe la prima professione; la professioneperpetua – un tempo riservata a pochiintimi nelle prime ore del mattino– diventa il momento forte e pubblicodella consacrazione a Dio che nei segniesterni esprime la profondità del significatointeriore.Le prime esperienze in lingua italianaconfluiscono opportunamentenel nuovo Rituale che vede la luce nel1974.Il nomeCaratteristica dell’ingresso in noviziato– inizio della vita religiosa – oltreall’abito bianco, era l’imposizione delnome nuovo che veniva assegnato nelcorso della cerimonia e che significavauna sorta di “rottura” con il “mondo”e di nuova nascita. La riforma liturgicache sottolinea l’importanza delbattesimo, sacramento che segna lavita cristiana, dona alla consacrazionereligiosa significato pieno dentro ladinamica del battesimo. Dal 6 ottobre1969 il nome imposto alla persona ilgiorno del battesimo sarà quello chel’accompagnerà per sempre. Ad esso,con la professione religiosa, verrà antepostoil “suor”, un appellativo perdire la “sororità”, la dimensione che cifa vivere da sorelle tra noi e con tutti.Inoltre, alle suore che lo desideranoviene concessa facoltà di riprendereil proprio nome di battesimo. Si chiudevacosì un’era in cui, fra l’altro, laricerca dei nomi era impresa piuttostocomplessa e, è il caso di dirlo, taloradavvero acrobatica!A ripercorrere con la memoriaqueste pagine di storia – o a leggerlesui libri – pervade un senso di incredulità,tanto oggi sembra normale lostile liturgico che stiamo vivendo: lodobbiamo alla libertà dello Spirito chesempre opera nella sua Chiesa e allavigilanza di uomini e donne santi chesanno ascoltarne la voce e coglierne ilsoffio.(continua)1Istruzione che dà indicazioni concreteper attualizzare velocemente le indicazioni dellaCostituzione SC. Iniziano da subito i lavoridelle commissioni costituite allo scopo.<strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong> 9nella chiesa


spiritualitàEDUCARE I PROPRI SENSIIl canale cinesteticodi comunicazionedi Ferdinando Montuschi 1docenteEducare il canale cinestetico aiutaa valorizzare il grande patrimoniodell’affettività in dialogo con glialtri canali di comunicazione.Gestualità espressivaIl canale cinestetico di comunicazionesi caratterizza per il prevaleredell’intuizione, delle emozioni e deisentimenti. I sensi che lo alimentanosono il tatto, il gusto e l’olfatto. Lapersona cinestetica esprime le sensazioni,vissute interiormente, soprattuttocon i gesti, con il linguaggiomimico e corporeo.Il “cinestetico” è considerato un“tenero”, tendente a rimanere in secondopiano. E quando si confronta èportato a sopravvalutare gli altri ed asentirsi tendenzialmente inferiore. Sulpiano relazionale è capace di grandislanci affettivi e di buttarsi nelle situazionicon generosità: con altrettantaintensità può essere colto da scoraggiamentie da delusioni.Nel suo linguaggio ricorre continuamenteil verbo “sentire”, e ilprovare emozione sembra aver la precedenzasul pensare e sul riflettere.Nella descrizione di sé e degli altri glielementi ricorrenti sono i sentimentie l’intuizione che alimentano anche igiudizi che esprime.I tratti affettivi fanno sentire laloro influenza anche sul suo mododi pensare e di parlare. La logica del“cinestetico” è infatti di tipo analogiconel senso che procede per analogie,per associazioni, per interessi che sirincorrono e si collegano per affinitàpiù che per conseguenze logiche. Ilsoggetto “visivo”, in dialogo con un“cinestetico”, avrà difficoltà a seguirloa causa delle sue continue divagazionie, impropriamente, tenderà a consideraloconfuso, irrazionale, infantile.I suoi giudizi sono espressi più con“sensazioni” che con argomenti. Dirà,ad esempio, “sento che qui c’è qualcosache non va”. E se le viene chiesto dispecificare la ragione delle sue sensazioninegative risponderà. “Io nonso dire il perché, ma sento proprio chequalcosa non va”.La sua empatia risulta evidentenelle espressioni verbali, ma anche nelsuo linguaggio non verbale. Si esprimecon tutto il corpo e, contrariamenteal “visivo” – che rimane di fronte e adovuta distanza –, parla avvicinandosie facilmente “tocca” fisicamente il suointerlocutore in segno di cordialità e diamicizia lasciando a volte sconcertatele persone che non utilizzano il suostesso canale di comunicazione.Simpatia ed estroversioneLa persona cinestetica, come è facileprevedere, ha grandi doti di simpatia,è estroversa e non ha difficoltàa stabilire relazioni sociali anche conpersone sconosciute. È raro che, inviaggio, si astenga dal rivolgere la parolaalle persone che incontra. E questadisinvoltura è espressione di spontaneitàanche se, a volte, può risultarefonte di fraintendimenti.Con queste premesse potremmodedurre che il “tenero” è la personapiù indifesa, più scoperta e quindianche più a rischio di ricevere giudizidi superficialità e di incoerenza. Maquesto non gli impedisce di possedererisorse a volte anche straordinarie.Pietro, tra slanci e paureNel Vangelo, soprattutto nei comportamentidell’apostolo Pietro, troviamotratti evidenti di questo tipodi personalità con slanci di generositàCordialità e simpatia premessa per il dialogo(foto Incontro Cism Usmi del Friuli Venezia Giulia a Trieste, 9 giugno <strong>2013</strong>).10 <strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong>


ambivalenti: alcuni pienamente apprezzatie lodati da Gesù, altri inveceaspramente condannati.L’episodio più tipico, in chiave negativa,riguarda il comportamento diPietro dopo il primo annuncio, da partedi Gesù, della sua morte imminente.«Allora Pietro lo prese in dispartee si mise a rimproverarlo». Pietro amasinceramente Gesù e con spontaneoslancio affettuoso cerca di impedirela sua morte dimenticando la ragioneprimaria della venuta del Figlio diDio fra gli uomini. La sua emotivitànon gli consente di “ricordare” il sensodella incarnazione. Gesù «voltatosie guardando i discepoli» rimproveraPietro con parole durissime: «Va’ dietroa me, satana! Perché tu non pensisecondo Dio, ma secondo gli uomini»(Mc, 8,31-33).L’iniziativa istintiva di Pietro inquel momento – anche se umanamenteapprezzabile – contrasta con i pianidi Dio e la reazione di Gesù è severa,tagliente.Ma la stessa immediatezza e generositàdi Pietro, manifestata in altricontesti e con diverse motivazioni,viene accolta e lodata da Gesù perchéacquista ben altro valore e significato.Ad esempio, le cose vanno diversamentequando Gesù – vista la reazionedi rifiuto delle sue parole da parte dellafolla - chiede agli apostoli se anche lorodesiderano andarsene. Qui è ancoraPietro ad esporsi per testimoniare lasua fedeltà e il suo vero amore per Gesù:«Signore, da chi andremo? Tu solohai parole di vita eterna …» (Gv, 6,68). In questo episodio la sensibilità ela tenerezza dell’apostolo sono un attodi amore vero e un atto di fede autenticoche reciprocamente si rafforzano.Il comportamento di Pietro descrittonei Vangeli è ricco di slanci apprezzabilie di paure frenanti (comenell’episodio del mare in tempesta e delpossibile naufragio della barca su cui sitrovavano gli apostoli assieme a Gesù):emozioni tipiche di una personalitàcinestetica. Ma tutto questo non gli haimpedito di meritare “le chiavi del Regno”in virtù di quell’amore e di quella«Va’ dietro a me, satana. Tu non pensisecondo Dio...», dice Gesù a Pietro,preso dalla sua emotività.fede profonda che supera ogni trattotemperamentale e caratteriologico.Una santitàa portata di fedeltàQuesta indicazione può risultareinteressante perché conferma come lasantità sia compatibile e raggiungibilecon ogni canale di comunicazione purchévenga garantita la fedeltà alla paroladi Dio e l’emozione ridondante nonne ostacoli l’autentica comprensione.I sensi e i tratti comportamentali diciascuno, se correttamente utilizzati,rappresentano comunque un sostegnoutile, una ricchezza umana che fa dapremessa ed è condizione necessariaper raggiungere anche la pienezza sulpiano soprannaturale.Il “cinestetico” si caratterizza peruna emotività accentuata che facilmentedeborda e tende a prevaleresulla razionalità facendo, a volte, perderedi vista gli obiettivi primari dellapropria esistenza e del proprio progettodi vita.Ma questa tipica affettività rimaneun patrimonio umano utilizzabileanche positivamente soprattutto se siè in grado di padroneggiare, a secondadelle diverse situazioni, gli altri canalidi comunicazione.Affettività e razionalitàin PaoloUn esempio significativo lo troviamoanalizzando la personalità dell’apostoloPaolo che la tradizione el’iconografia ci presentano abitualmentecome persona “forte”, battagliera,con la spada in mano. Uncoraggioso difensore della fede impropriamentesottovalutato per quelladote di grande tenerezza che inveceemerge chiaramente dai suoi scritti.Le sue “Lettere” – accanto ad un coerenterigore logico – rivelano infatti lacompresenza di una grande sensibilità,di una tenerezza profonda e sconosciuta,se non ci si limita a considerarequei momenti di forte assertività da luistesso enfatizzati (ad esempio, quandodescrive il suo “scontro” con Pietro adAntiochia: « … mi opposi a lui a visoaperto perché evidentemente avevatorto» (Gal 2,11).In altri momenti quella persona“forte” esprime una tenerezza sorprendente.Nella lettera ai Tessalonicesi, adesempio, giunge al punto di definirsi“padre e madre” di quella comunità:espressioni che ritornano anche nellalettera ai Galati (4,19), nella I lettera aiCorinti (4,15) e in molte altre testimonianzedocumentate nei suoi scritti.Un virtuoso rapportoLe persone capaci di attivare e di“educare” tutti i sensi in modo equilibratoe congruente sono infatti in gradodi sviluppare tutte le loro potenzialitàaffettive e razionali: di esprimere isentimenti nelle loro opposte polarità,ma anche di raggiungere un virtuosorapporto fra sentimento e ragione, fraintelligenza e affettività.Un rapporto che negli ultimi decenniè stato identificato come un traguardoessenziale, una conquista di grandevalore educativo ed espressivo. 1Professore emerito di pedagogia specialedell'università di “Roma3”, psicologo e psicoterapeuta,collaboratore di percorsi formativinella famiglia elisabettina. Vive a Roma.spiritualità<strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong> 11


spiritualitàTRA ARTE E BIBBIAI colori della ParolaUn’esperienza di lectio inusualea cura di Paola CoverstfeUn percorso formativo per direcon i colori e l’uso di diversimateriali il messaggio ricevutonel cuore e nella vita dall’ascoltodella Parola di Dio.Si è recentemente conclusa, pressola Casa di spiritualità “Villa Immacolata”a Torreglia (Padova),l’ultima tappa di un percorso triennaleche ha visto coinvolti giovani e adultinell’espressione creativa, attraverso icolori e l’uso di diversi materiali, delmessaggio ricevuto nel cuore e nella vitadall’ascolto della Parola di Dio.Ciascuna tappa, costituita da treincontri vissuti nella mattinata del sabato,è stata caratterizzata da vari colori:i fondamentali – giallo, blu e rosso– il primo anno; il verde e il viola seguitidall’arcobaleno, collegati al contestoliturgico, il secondo anno; il bianco e ilnero, il marrone e il rosso e blu porporanell’ultimo.Ogni incontro si è svolto a partiredalla lectio su un brano biblico cherichiamasse il colore scelto, seguita daun tempo di meditazione personale peraccogliere la Parola nella propria esperienzadi vita.La seconda parte della mattinata èstata dedicata al laboratorio creativo incui i partecipanti, non necessariamentedotati artisticamente, ma affascinatidai colori e dal loro utilizzo, hannodato forma e sfumature alle intuizionie ispirazioni ricevute a contatto con laParola 1 .La presentazione, nell’ultima partedell’incontro, delle personali e originalirealizzazioni ha suscitato ogni voltaun senso di stupore e gratitudine diventandoricchezza condivisa del camminodi fede.Eccone alcune eco.Tre anni fa sono stata chiamataa “Villa Immacolata” per cercare insiemea suor Paola come conciliarela Parola di Dio con i colori (Debora,nella foto accanto sulla destra).Da anni insegno a grandi e piccinila bellezza del mondo dell’arte, comesi usano i pennelli e come si miscelanotra loro i colori. Questa volta però eradiverso perché i colori da usare eranoquelli dell’anima.Dopo aver meditato la Parola diDio cercavo di consigliare ai partecipantial corso di sentirsi liberi di rappresentarei sentimenti che la Parolaaveva loro suggerito, di esprimersi attraversole sfumature, la carta, le terree i vari materiali che proponevo loro.È stata un’esperienza bellissimaanche per me perché ho visto nasceredei capolavori, poiché è arte fatta conl’anima. Dico “grazie” a tutti i voltiincontrati per le belle testimonianze,per aver aperto il cuore alla Parola diDio, per essersi affidati allo SpiritoSanto, per aver avuto paura di provarea dipingere, per aver provato a farequalcosa di nuovo.Grazie alla Parola di Dio che nutreil nostro essere e ci fa scoprire…perché no? anche di essere dei piccoliartisti! Debora SpolveratoDifficile descrivere un’esperienzainusuale come questa vissuta a “VillaImmacolata”.Poter esprimere creativamente ciòche la riflessione ha plasmato rende ilricordo indelebile.Sono rimasta stupita di come restiviva la Parola letta, meditata ed12 <strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong>


Nelle foto: momenti del laboratorio“I colori della Parola”.espressa a colori durante la settimanae come ritorni tradotta nella vita ditutti i giorni.Potersi dedicare un po’ di tempo,senza fretta, per guardarsi dentro eascoltarsi è sempre fruttuoso. Soprattuttonei momenti di dubbio o difficoltàsento la necessità di fermarmi:alcune importanti decisioni sono maturateproprio qui, nel silenzio e nellanatura tranquilla di “Villa Immacolata”.Questa proposta, accolta conentusiasmo, oltre ad avere “seminato”la Parola del Signore nello spirito, haanche restituito piccoli “capolavorihand made” pieni di colore che nemantengono vivo il ricordo.Anna BordinIn nessuno dei due campi possoconsiderarmi quello che si dice una“vera esperta”, ma occasioni comequesta mi hanno permesso di avvicinarmialla meditazione in modo diversodal solito, e, oserei dire, ancora piùagevole del previsto.L’approccio visivo e “materico”alla Parola meditata, attraverso la visualizzazioneconcreta di un soggettoda riprodurre artisticamente, mi hasempre fatto sentire a mio agio e nonmi ha mai delusa nel suo prodottofinale: ogni volta la mia produzionediceva qualcosa di me nel suo sensopiù autentico e talvolta inaspettato.L’approccio rilassato e direi giocosoalla produzione artistica poi miha condotto ad affrontare con serenitàanche la parte finale di condivisionedei significati dell’opera, ispirati dalrapporto con la Parola e comunicatiagli altri senza difficoltà e con profonditàinsperata.Nel mio piccolo sono stata soddisfattadi tutte le mie produzioni, perchéogni volta sono scaturite da ciò chela Scrittura mi trasmetteva. Non so sequesto approccio sia attualizzabile perogni brano della Parola, ma sicuramenteè un seme che spero non smettamai di portare frutto, e che magaripossa dar vita ad altre esperienze cheseguano la stessa scia artistica!Alessandra PedrottaDopo diverso tempo sono riuscitaa ritagliare dei momenti di “sana”meditazione sulla Parola di Dio con laguida di suor Paola, che ci ha aiutatoa leggerla non solo con gli occhi macon il cuore che si mette in “ascolto”.Ed è sorprendente poi come con semplicitàe naturalezza siamo riuscite adare “forma e colore” alla Parola conl’aiuto di Debora che ci ha offerto tantimateriali, anche i più disparati, perdare libera espressione alla creativitàdi ognuno.Torno a casa arricchita di tante“cose buone”, che cercherò di condividerecon le persone che incontreròsulla mia strada.Lorella Spolverato1Le lectio sono state animate da suorPaola Cover, francescana elisabettina della comunitàdi “Villa Immacolata”. Il laboratoriocreativo è stato guidato da Debora Spolverato,decoratrice con maturità artistica, della parrocchiadi Torreglia.spiritualitàMi ero iscritta al corso per prenderespunto per gli incontri di catechismocon i ragazzi di prima media. Nonavevo particolari aspettative. Per meè stata una grossa sorpresa! Ad ogniincontro la Parola di Dio mi ha stimolata,sostenuta, istruita ed arricchita; èlei che mi conduceva, mi portava secondoil momento che stavo vivendo!Elena BressanAver partecipato al percorso “I coloridella Parola” ha rappresentato laperfetta unione di due delle cose che dasempre riescono a risvegliare in me ilpiù vivo interesse: la comprensione dellaParola di Dio e l’espressione artistica.Il gruppo delle partecipanti al laboratorio, insieme a suor Paola Cover.<strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong> 13


parola chiavePAROLE NUOVE DI VANGELO VISSUTOAscoltare per annunciareLa parola della quotidianitàdi Federico Zanetti 1sacerdote diocesanoL’ascolto del vangelo è “luogo“ incui apprendere da Gesùcome e dove annunciarela buona notizia, in quali spazidare il nostro contributo allanuova evangelizzazione.Il primato del “parlare”La nuova evangelizzazione è unfenomeno entusiasmante e carismatico.Persone che si mettono in giocoin maniera nuova e totale, gente cheannuncia coraggiosamente, cristianiche si lanciano in ambienti nuovi, nonprotetti, con la sola Parola di Dio inmano… E poi conversioni, riscoperte,chiarezza… Tutti questi fenomeni nasconodalla necessità di “parlare”, anzi,dalla bellezza di parlare per difenderela fede o invitare a inserirsi nellaChiesa. E’ proprio questa la novità delmomento ed è proprio questo coraggioche crea stupore e ammirazione neinon credenti e rende credibile ai loroocchi il Vangelo che viene proclamato.Ma allora perché al n. 4 del Messaggioal popolo di Dio della XIII AssembleaGenerale del Sinodo dei Vescovi dell’ottobre2012 si afferma l’importanza diascoltare il Vangelo? Spesso abbiamotravestito con l’ascolto la nostra insicurezzao mancanza di fiducia: ascoltoperché non ho coraggio di parlare.Parlare o ascoltare?C’è stato un curioso passaggio trail parlare e il tacere, in questi ultimianni. Anni fa sembrava fosse arrivatoUn ascolto condiviso, nella ricerca di come annunciare Gesù oggi.il momento di smettere di parlare: lafede si testimonia con le opere e noncon le parole, le quali servono più a ingannareche a convincere. Negli ultimianni invece la prospettiva è cambiata.Ci siamo accorti che questo silenzionon è più virtuoso: con la “onorevole”motivazione di non imporre le nostreconvinzioni ad altri o di essere coerentinei fatti più che nelle parole, abbiamotrovato un buon modo per vivere lanostra fede senza che nessuno ci mettesein discussione. Se non mi espongonessuno mi può criticare. Sembravache la nuova evangelizzazione fosse finalmenteil modo per uscire da questofacile compromesso “anni Settanta”.Com’è che adesso si rimette a tema ilsilenzio e l’ascolto?La nostra parola invecchiaAltro fenomeno. Lo slancio vincentedella nuova evangelizzazionespinge alcuni cristiani a lanciarsi inimprese fuori del consueto: entrarenelle discoteche con il vangelo, popolarele spiagge, esporsi alla derisione,abitare i mezzi di comunicazione dimassa. Inizialmente questo ha datobuoni risultati: stupore della gente,commozione dei credenti, constatazionedella potenza della Parola annunciata…Passata la novità, tali evangelizzatorisono partiti alla “conquista diinternet”: filmati, siti, slogans, socialnetworks religiosi e apologetica moltoefficace e colorata. Ma tutto questo haesposto il generoso “evangelizzatore”Una fede “gridata” a Rio del Janeironella celebrazione della GMG.14 <strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong>


agli stessi meccanismi di manipolazionedegli altri abitanti di internet.Altre volte, percorsi di nuovaevangelizzazione si sono arenati inquestioni di copyright 2 sul metodo, disoldi da investire, allontanandosi nondi molto dai modi delle multinazionalidel marketing 3 .Prima l’ascoltoPer evangelizzare è necessario allorariaprirsi al vangelo, ascoltare, primadi annunciare. I motivi sono due: ilcontenuto dell’annuncio è Gesù Cristo,non sono le usanze, le tradizioni oi modi per ottenere grazie. Neanche lostile di vita vincente che ne deriva. Ilvangelo è l’annuncio fatto con la Parolastessa di Dio: corriamo meno il rischiodi trasformarlo in una nostra creatura,di conformarlo ai nostri gusti.Si tratta allora di mettere a disposizionedi Cristo non tanto la nostragenialità, talvolta un poco artificiosa,ma la nostra voce nel riportare il suoannuncio e poi testimoniarlo con lanostra vita.Un ascolto personale della Parola di Dio.Fonte della vera novitàMa il vangelo stesso è anche lacura migliore per il momento in cui lanostra spinta evangelizzatrice, che pursi gioca su spazi e luoghi eccezionali,rischia di trasformarsi in routine e nonsappiamo più quali ambienti nuoviualcuno chiederà come«Qfare tutto questo. Non sitratta di inventare chissà qualinuove strategie, quasi che il Vangelosia un prodotto da collocaresul mercato delle religioni, ma diriscoprire i modi in cui, nella vicendadi Gesù, le persone si sonoaccostate a lui e da lui sono statechiamate, per immettere quellestesse modalità nelle condizionidel nostro tempo. […] Potremmocontinuare ancora, ripercorrendole pagine dei vangeli e trovandochissà quanti modi con cui la vitadelle persone si è aperta nelle piùdiverse condizioni alla presenza diCristo. La lettura frequente delleSacre Scritture, non solo è unpassaggio obbligato per conoscereil contenuto del Vangelo,ma aiuta anche a scoprire spazidi incontro con lui, modalità davveroevangeliche, radicate nelledimensioni di fondo della vitadell’uomo: la famiglia, il lavoro,l’amicizia, le povertà e le provedella vita, ecc».(Messaggio al popolo di Dio dellaXIII Assemblea generale del Sinodo deiVescovi, ottobre 2012, n.3)ascoltotrovare per fare “nuova” evangelizzazionese non gli ambienti di massa, afianco di altre forze mondane ben piùagili ed esperte delle nostre.In questi casi è nel vangelo chepossiamo raccogliere la testimonianzadel primo evangelizzatore e guardarecon lui quali sono i nuovi ambienti incui siamo chiamati a portarlo e qual èil vero modo con cui farlo.Sarà il vangelo stesso a risvegliarcie a mostrarci come annunciarlo nellavoro, nella scuola, nella malattia, nelservizio, a partire dal peccato o dalladebolezza, riconoscendo che questesono occasioni privilegiate non soloper l’opinione pubblica ma anche peril nostro Signore.Chi è impegnato direttamente nelleiniziative avanzate di nuova evangelizzazionefa fatica a capire comefare di questo atteggiamento un atteggiamentoquotidiano e abituale. Sigrida il vangelo durante le iniziativedi punta dei nostri movimenti o associazioni,con impianti audio, effettispeciali e eventi di massa… ma la vitaquotidiana rimane vecchia.Se invece ci raccogliamo nell’ascoltodel vangelo sapremo individuare icampi della nuova evangelizzazione,del coraggio evangelico, della spinta acostruire il regno di Dio. L’ascolto diventaallora il momento in cui, vedendocome e dove Gesù ha annunciatola buona notizia, ci facciamo dire dalui quali sono gli spazi in cui dare ilnostro contributo per fare entrare ilvangelo. E scopriremo che l’annunciodel vangelo non necessita di grandiorganizzazioni, di ambiti eccezionali,ma di un cuore pronto e coraggiosoa muoversi nel piccolo quotidianamente,dove la Parola del Signore puòscendere più in profondità, collegataa una nostra testimonianza molto piùcredibile di quando ci si muove con ilmegafono.1Biblista, direttore spirituale nel seminariodi Concordia-Pordenone.2Diritti di autore.3Studio su come piazzare sul mercato unprodotto.parola chiave<strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong> 15


finestra apertaL’URGENZA DEL CAMBIAMENTOOLTRE L’ECONOMIADELLO SPRECO DI BENI,DI RISORSE, DI RELAZIONIVERSO UNA DIREZIONE PIÙ RISPETTOSA DEL CREATOdi Matteo Mascia 1dottore in scienze politicheTrasformare lemodalità di produzionee di consumo e glistili di vita richiedeintelligenza, creatività,responsabilità perintraprendere nuovestrade capaci di renderei problemi attualioccasioni di stimolo pernuove progettualità.Il modello di società oggidominante nei paesiricchi del Nord, mache si va progressivamentediffondendo in tutti i paesidel mondo, si fonda su unostile di vita consumisticonel quale i sistemi socioeconomicisono funzionalia promuovere l’acquistodi un numero crescente dibeni diversi e nuovi, allamassimizzazione del beneficioindividuale, ad un usoinefficiente dei beni ambientali.Come scrive Segrè, lemerci dopo essere state prodottedevono essere consumate,ma se ciò non è possibiledevono essere eliminate,distrutte, regalate, perfar posto alle nuove merciche nel frattempo sono stateprodotte. Il fenomeno del-16 <strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong>lo spreco non è un “effettocollaterale” del sistemaeconomico, ma un elementostrutturale del sistema stessocome documenta “Il libronero sullo spreco alimentarein Italia” (Edizioni Ambiente,2011) che fa una radiografiapuntuale e precisadi un «sistema che fa di tuttoperché si produca e si consumisempre più cibo, anchese questo non è necessarioo, peggio, mal distribuito,buttato, sprecato».È la società dei consumiche per perpetuarsi neltempo ha inventato l’obsolescenzaprogrammata deibeni di consumo, che sonostudiati, disegnati e costruitiper durare il tempo necessarioall’immissione nel mercatodi nuovi prodotti, «perchéil consumo non si puòfermare, non si può ridurre,può solo aumentare».Dal punto di vista ambientalel’attuale società deiconsumi, che coinvolge difatto poco più di un terzodelle persone che vivonooggi sul pianeta, ha portatoal superamento sia dei limitidi riproducibilità deglistock di importanti risorsenaturali, sia della capacità diassorbire gli inquinamentiprodotti dalle società umaneinnescando processi dimodifica degli equilibri naturalisu scala globale.Oltre ai limiti quantitativisi registrano segnalisempre più preoccupantirelativamente al raggiungimentodei limiti qualitativiall’interno delle nostresocietà, limiti che hanno ache fare con la capacità dirigenerare relazioni socialie senso di appartenenza edi promuovere coesione socialeall’interno di una comunità.La necessità di ripensarel’attuale modello disviluppo è al centro dellariflessione anche del Magisterocome ci ricorda laCaritas in veritate dove al n.32 Benedetto XVI riconoscecome saggia e necessaria«una revisione profonda elungimirante del modello disviluppo per correggerne ledisfunzioni e le distorsioni.Lo esige, in realtà, lo statodi salute ecologica del pianeta;soprattutto lo richiedela crisi culturale e moraledell’uomo, i cui sintomi datempo sono evidenti in ogniparte del mondo».Una società sostenibileriduce lo sprecoCerto, trasformare imodelli organizzativi e culturali,le modalità di produzionee di consumo, imodi e gli stili di vita nonè impresa che si può realizzarenel breve periodo.Essa richiede intelligenza,creatività, responsabilitànell’intraprendere nuovestrade capaci di rendere lepreoccupazioni e i problemiattuali occasioni di stimoloper nuove progettualità.Ridurre, se non azzerarelo spreco alimentare afronte degli scandalosi datiriportati dalla Campagnacontro lo spreco ne sono«Il cibo che si butta via è come se fosse rubato ai poveri e agliaffamati» (papa Francesco).Foto a lato: acquisire nuovi stili di vita fondati sulla condivisione.


un esempio, così come lasfida posta dal cambiamentoclimatico che imponedi ridurre le emissioni digas serra, su scala globale,dell’80% entro il 2050 perpoter contenere l’aumentodelle temperature medieentro i 2° centigradi.In questa direzione ilpensiero della sostenibilità,che rappresenta il più innovativoe radicale approccio direvisione del modello di sviluppoindustrialista fondatosull’economia di mercato, sipropone come una sorta dibussola, non solo culturale,ma anche economica e socialeper orientare politiche,azioni e comportamenti.Nel corso degli anni ilconcetto di sostenibilità èstato tradotto in norme,programmi, ricerche scientificheed applicazioni tecnologicheche consentonodi progettare e praticaremodalità di sviluppo differentiorientate a promuovereun approccio integratoalle diverse dimensioni– economica, sociale e ambientale– che determinanol’evoluzione e il progressodelle società tanto del Nordche del Sud del mondo.Vi è peraltro da segnalareche per la dimensionedelle trasformazioni che lacostruzione di una societàsostenibile richiede, questiprogressi procedono lentamentee spesso in modoframmentato e parziale. Maè importante prendere consapevolezzadella presenzadi questi strumenti chelegittimano e aprono crescentispazi di operatività aquanti stanno faticosamente,ma tenacemente, operandoper la sostenibilità alivello locale, nazionale edinternazionale.Strumenticontro lo sprecoNel breve spazio diquesto articolo è opportunorichiamare lo sviluppo distrumenti in grado di rilevarecon sempre maggioreprecisione sia i livelli di impattoambientale, sia le necessarieazioni per ridurre ilconsumo di natura da partedelle società umane: il riferimentoè agli indicatori disostenibilità che misurano,ad esempio, le emissioni digas serra e i consumi di acqua.Essi hanno una particolarerilevanza nel calcolodello spreco alimentare.Il pensiero della sostenibilitàha però anche favoritol’elaborazione di indicatoriper misurare il “valore economico”della qualità dellavita considerando che il tradizionaleindicatore di benessere,il PIL – ProdottoInterno Lordo –, non è ingrado di coglierne le dimensionisociali, culturali, psicologiche,ambientali.Anche il nostro Paese,come altri, recentemente haelaborato il primo rapportosul Benessere equo e sostenibile(Istat e Cnel, v. www.misuredelbenessere.it) cherappresenta uno strumentoconcreto, e tra i più avanzatial mondo, per monitorare lecondizioni economiche, socialie ambientali in cui viviamoe per indirizzare le sceltee le decisioni politiche.Vi sono poi strumenti lecui misure mettono in relazionele pratiche di sostenibilitàcon quelle di responsabilitàsociale d’impresa.L’importanza di tali indicatoriè data anche dalfatto che sono alla base dellosviluppo e dell’elaborazionedi sistemi innovativiche affiancano alla tradizionalecontabilità economicasistemi di contabilità socialee ambientale. Mettere lanatura nel conto, significadotare un’organizzazione(sia essa uno stato, una città,un’impresa, …) di unsistema di informazioni suquante e quali risorse naturalisi stanno consumando(o si stanno usando in modopoco efficiente e, dunque,sprecando) e quantese ne potranno consumarein futuro. Significa ancheattribuire al patrimonio naturaleun valore adeguatoper la sua preservazione eper conoscere e quindi contabilizzarei costi economici(ma anche sociali) conseguential degrado delle risorsee all’inquinamento.Un altro importante strumentoè rappresentato dagliacquisti verdi, finalizzato adorientare gli acquisti dellaPubblica Amministrazioneverso prodotti sostenibili ea basso impatto, inserendocriteri ecologici nelle procedured’acquisto degli enti localie delle amministrazionipubbliche in generale.In questa direzione va,per esempio, la richiestaagli Enti territoriali che decidonodi aderire alla CampagnaUn anno contro lospreco, di introdurre tra leregole che disciplinano gliappalti pubblici per la ristorazionee le ospitalità alberghieremisure concrete perla ridistribuzione gratuitadel cibo in eccesso e l’acquistodi alimenti prodotti ilpiù vicino possibile al luogodi consumo (km 0).Per concludereLa lotta allo spreco e lanecessità di agire per contenere,ridurre ed eliminare talefenomeno si propone oggicome una parte importante equalificante di un più ampioprocesso volto a riformarein profondità il modello disviluppo attuale per renderlopiù equo e sostenibile.È questa la grande sfidache abbiamo di fronte, cheè prima di tutto una grandeoccasione per ripensareil nostro modo di stare nelmondo come ha sottolineatopapa Benedetto XVI nelMessaggio per la Giornatamondiale della pace del2010, dove al n. 9 scriveche «la crisi ecologica offreuna storica opportunità perelaborare una risposta collettivavolta a convertire ilmodello di sviluppo globalein una direzione più rispettosanei confronti del creatoe di uno sviluppo umanointegrale».1Direttore dell'AssociazioneDiritti Umani - Sviluppo Umano,coordinatore del Progetto Etica ePolitiche Ambientali, FondazioneLanza, Padova.finestra aperta<strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong> 17


in camminoNELLA LUCE DELLA TRINITÀFraternità, dono e sfidaIn margine all’Assemblea internazionale di governoa cura di Aurora PeruchstfeI Consigli generalee di circoscrizione riunitiin Assemblea per ricercaree ridefinire strutturee compiti di governo.La fraternità è dono e sfida, a tuttii livelli, anche a quello di governo.Forse di più.Abbiamo invocato intensamenteil Signore nell’ultima settimana delmaggio scorso per l’Assemblea di governo<strong>2013</strong> 1 . L’abbiamo fatto contemplandol’icona della Trinità di Rublev:la dimensione comunitaria è costitutivadella nostra Famiglia. Siamochiamate ad esserne segno e testimoniper “esperienza”, pronte a dar ragionecon dolcezza e affetto dell’amore dellaTrinità.E l’hanno abbondantemente messoin evidenza le espressioni di gioianel ritrovarsi insieme, il piacere dipartecipare e vivere tra sorelle chevengono da vari Paesi, il condividereil servizio di governo, consapevoli delmomento che la famiglia elisabettinasta attraversando e che chiama allaresponsabilità di rafforzare il “noi comunitarioelisabettino” al di là delladiversità di età e di culture.Madre Maritilde ha invitato ciascunaad essere «il quarto commensaledella mensa trinitaria, a fidarci le unedelle altre, ad accoglierci, ad essereaperte allo stupore e alla fiducia perchésiamo reciprocamente consegnate…».Così abbiamo affrontato il temadell’Assemblea: Ricercare e concordarelinee volte a ridefinire strutture e compitidi governo ai vari livelli.Ce l’abbiamo fatta?Certamente si è fatta strada unaforte consapevolezza del costo concretodi alcune dimensioni necessarieperché ci sia vera “integrazione”, vera“interrelazione” fra persone e strutturedi governo: ascolto reciproco, coinvolgimento,partecipazione, corresponsabilità,collegialità…Il bene della Famiglia è quello chesostiene ogni ricerca, si è ripetuto.Imprescindibile, quindi, l’impegno aricercare nel pensiero di madre Elisabettale linee di fondo che permettanodi governare, oggi, la Famiglia, in uncontesto diverso e più ampio.Le chiarezze raggiunte portano ilpeso e le difficoltà che segnano, oggi,il delicato compito di governare e difarlo insieme.Alla base sta la comunione sullaAssemblea di governo di quest’anno,come tutte quelle cui hoL’partecipato, è stata un grande appuntamentodi famiglia.Convocate, siamo state chiamateper nome per dire che eravamopresenti dalle varie parti del mondo;abbiamo costruito consenso, condivisoesperienze attorno a parolechiave quali: comunione, partecipazione,corresponsabilità, sussidiarietàe autonomia. Tutte, a prescindere dalruolo, dalla realtà di ogni situazionelocale e dal cammino di ciascuna, cisiamo sentite parte della stessa vitache è la bellezza elisabettina.Ho grande riconoscenza nei confrontidel Consiglio generale che ci haLa mia esperienza dell’Assembleainvitato a riflettere attorno a un argomentointenso, delicato e complesso,perché riguarda noi e la vita dellaCongregazione. Ero venuta consapevoleche il tema avrebbe riguardatoil mio modo di sentirmi responsabiledel ruolo a me affidato; il mio mododi intervenire sulla realtà concreta equotidiana, sulla mia interpretazionedel “governare”, sempre in confrontocon il mio bisogno di autonomia personale,autorità personale.È stata una grande opportunità di formazione,di conoscenza reciproca, cheha rafforzato il nostro essere famiglia internazionalee missionaria. L’Assembleaè stato un momento per valorizzare,prendere conoscenza e scoprire il tesoroche è il Capitolo generale, la stellapolare, che è ancora fortemente vivo neimiei ricordi di due anni fa.Mi sono trovata bene con sorelleche hanno avuto pazienza nell’ascoltarei miei interventi meno fluidi acausa della lingua diversa e della mianon conoscenza di tante cose.Torno a casa a dire alle comunità lanovità e la ricchezza acquisite, assiemead un modo nuovo di vedere le cose edi agire, di relazionarmi con il mio ruolodi consigliera e con i miei superiori,perché ho un’altra comprensione deicompiti, che nasce anche da una relazionenuova con la santa Trinità.suor Agnes Ngure,circoscrizione Kenya18 <strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong>


ili della sua missione in tutti i luoghie nelle varie forme anche di governoche, dal Consiglio generale, a cascata,portano alle attuazioni concrete dellelinee insieme condivise.La sussidiarietà non andrà mai ascapito dell’unità. E l’autonomia, vissutanella comunione, susciterà sempremaggiore responsabilità nella ricercadel bene comune.L’autorità personale, riconosciutaalle Superiore incaricate ai vari livellie vissuta come servizio, potrà contaresulla collaborazione e sul consenso suscitatoe cercato sempre con impegno.in camminoLe partecipanti all’Assemblea al lavoro, in ascolto di padre Ciccimarra.Sulla sinistra, suor Battistina Capalbo, facilitatrice dell’incontro.quale si appoggia e della quale viveogni struttura di governo e ogni suainterpretazione.Riconoscere e vivere il Capitologenerale come espressione massimadell’unità dell’istituto è sentire chela Famiglia è una sola, nella bellezzadella diversità; è sentirsi corresponsa-L’Assemblea e il suo svolgimentohanno richiesto grande dedizione daparte di tutte, ma il coraggio e la chiarezzasul cammino da prendere l’haricevuto anche dalla fraterna e sapienteconduzione di suor Battistina Capalbo,delle figlie di San Paolo, e dall’apportoqualificato di padre Francesco Ciccimarra,barnabita.1All’Assemblea, celebrata a Padova neigiorni 25-31 maggio <strong>2013</strong>, hanno partecipatole superiore e i consigli delle diverse circoscrizionidella famiglia elisabettina (Italia, Egitto,Kenya, America latina).DELEGAZIONE AMERICA LATINAVacanze in “famiglia”Formazione, arte, preghiera e testimonianzea cura di Francesca LenarduzzistfeDal 16 <strong>luglio</strong> al 3 agosto <strong>2013</strong>presso Casa Betania (Pablo Podestà- Buenos Aires) le sorelledelle comunità argentine hanno vissuto‘vacanze speciali’, condividendo diversiappuntamenti formativi, con la presenzadella superiora delegata suor LuciaMeschi e della superiora generale suorMaritilde Zenere. Un tempo importanteè stato dedicato alla preghiera, grazieall’esperienza degli esercizi spirituali,animati da don Enrique Laffourgue eche si sono conclusi con la celebrazionedel venticinquesimo anniversario di professionereligiosa di suor Sonia TaritolayDel Valle.Le nostre vacanze in “famiglia”sono state rallegrate fin da subito daun’inedita uscita che ci ha portato alfamoso teatro “Colon” per assisteregratis a uno spettacolo musicale.Durante i giorni dell’incontro abbiamogoduto di due testimonianzemolto interessanti: la prima di padrePepe Di Paola, sacerdote diocesano“di frontiera”, molto impegnato inuna “villa” 1 di Buenos Aires (la stessache frequentava l’arcivescovo Bergoglio,ora papa Francesco); la secondadei responsabili della Conferenzadei Religiosi e Religiose Argentini(CONFAR), che ci hanno presentatoil programma del triennio <strong>2013</strong>-2016,dal titolo: “In cammino dove la vitareclama; nello spirito di Betania”.Un momento significativo vissutocon madre Maritilde e suor LuciaMeschi è stato lo spazio 2 dedicato allesuore di voti perpetui fino al venticinquesimoanno di professione, al qualene è seguito uno per le suore “di maggioretà”, che pure si sono incontratecon madre Maritilde.Di quest’ultimo ci parla suor LoredanaScudellaro: «Siamo riconoscentia madre Maritilde che, stimolata an-<strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong> 19


in camminoche dalle parole di papa Francesco adascoltare la saggezza degli anziani, hacondiviso con le suore “maggiori” ivalori della nostra spiritualità trinitariae fraterna. Ci siamo sentite coinvolte einterpellate a dare testimonianza conla vita del nostro carisma elisabettino.È stato uno scambio fraterno di riflessioniispirate dal cammino ecclesiale edalle realtà concrete dove operiamo».Il pomeriggio del 31 <strong>luglio</strong> madreMaritilde Zenere ha aperto il momentoufficiale dell’incontro intercomunitario,condividendo con noi le riflessioniche erano state oggetto dell’Assembleadi governo tenutasi lo scorso 25-31maggio nella nostra Casa Madre. Siè trattato di un chiarimento – fondatosul diritto canonico e illuminatodal carisma – dei termini comunione,partecipazione, corresponsabilità, sussidiarietà,autonomia. Tutte le sorellehanno apprezzato la preparazione e lachiarezza con cui la madre ha spiegatoquesti termini che hanno molto a chefare con la nostra vita mediata dal votodi obbedienza, vita fatta di disciplinae continuo dialogo per la ricerca dellaFoto di gruppo delle suore convenute in assemblea, festeggiando suor Sonia Taritolay.volontà di Dio. La relazione presentatada madre Maritilde è stata unabuona opportunità per prepararci all’Assembleadi delegazione del 2014.Ci è stata quindi offerta una riflessioneparticolarmente interessantesul tema del discernimento da padreRiccardo Noceti, un salesiano che viveed opera in Argentina. Padre Nocetiha indicato in una quindicina di puntii passi per fare un buon discernimento.Ci ha fatto notare come solitamenteattribuiamo il discernimento a chi haresponsabilità su altri, quindi chiamataa farlo per dovere, e come, in realtà,nella vita quotidiana tutte lo pratichiamo,a volte senza saperlo.Il discernimento autentico, per unreligioso, si deve caratterizzare per trepassaggi: l’ascolto della Parola di Dio e lapreghieraC´èDesiderose di futuroIntervista a suor Violeta Reinaqualche cosa della riflessionedi suor Maritilde Zenere,superiora generale, che ti ha colpitoparticolarmente?Mi ha particolarmente interessatoil passaggio sulla dimensione dellacomunione fraterna - che trova il suofondamento nella comunione trinitaria- che la Madre ha ripreso dal salutoiniziale dell’Assemblea di governo tenutasilo scorso mese di maggio. Mi hacolpito il fatto che tale comunione ci invitaa scoprirci reciprocamente e ad esserepietre vive, a edificarci come “casaspirituale” per trasformarci in sacerdoziosanto, popolo di Dio in cammino.«L’essere pietre vive, ha sottolineato laMadre, non è un privilegio ma una graziache ci è data e che chiama ciascunaa un servizio nell’edificazione comune.Anche l’esperienza del dolore ci aiuta ascoprire l’azione di Dio in noi».Alcuni mesi fa vi è stato consegnatoun questionario relativo a problemiimportanti della Delegazione.Ne avete parlato?Sì! Suor Lucia Meschi, nostra superioradelegata, ci ha presentato lasintesi del questionario cui quasi tuttele suore della nostra fascia di età hannorisposto. Ci siamo pertanto divisein due gruppi e abbiamo scelto le prioritàsu cui concentrarci in un prossimofuturo, cercando di stendere degliobiettivi, di concretizzare il “come”, il“dove”, le “modalità”.Guardando la nostra realtà di delegazione,sentiamo l’appello a renderciresponsabili e a formarci rispettoad alcuni ambiti, in particolare quelloeconomico e amministrativo.A quali conclusioni siete pervenute?Stiamo stendendo un progettoche può interessare la formazionepermanente di tutte le comunità argentineproprio in ordine all’ambitoeconomico che scopriamo esseremolto importante. Sarà un modo utileper prepararci e partecipare in modoattivo all’Assemblea quadriennale dellamissione del 2014.20 <strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong>


l’analisi e la conoscenza dellarealtà dell’oggi il dialogo nella libertà interiore,mosso dallo Spirito santo, e la docilitàalla volontà di Dio, in atteggiamentoumile e obbedienziale.Il discernimento inoltre si sostienee cammina nella fede.Da queste note introduttive siamopassate alla pratica: ciascuna comunitàsi è riunita per fare un vero e propriodiscernimento centrato su situazioniconcrete del proprio contesto comunitarioo apostolico. Ne è seguita lapresentazione dei risultati che è statavissuta come momento di vera comunionefraterna.1“Villa” è un quartiere popolare creato ingenere dall’usurpazione di terreni. È una sortadi baraccopoli.2Cf. l’intervista a suor Violeta Reina..in camminoNELLA GRAZIA DELL’ANNO DELLA FEDE”Mi fido di te”Sulle orme di Pietro con papa Francescodi Loretta PanizzonstfePellegrini a Roma per affidarsia un Amore sempre più grande.All’interno delle iniziative dell’Annodella Fede sono stati organizzatidei giorni di incontri,catechesi e preghiera per seminaristi,novizi, novizie e giovani religiosi.Insieme ad altri seimila partecipanti,anche noi tre giovani suore terziariefrancescane elisabettine in formazione 1(nella foto in aula Paolo VI) abbiamopartecipato all’iniziativa promossa.Nell’entusiasmo contagioso diquando ci si ritrova in tanti, in quellago inquieto di colori che si muovevaper la città in cerca di una chiesa,di un po’ d’ombra o di un paninoper sfamarsi, abbiamo goduto di poterstare insieme, arrivando da ogniparte del mondo, in uno spazio e inun tempo pensato proprio per noi:sentivamo tutti di vivere una buonaopportunità.Il primo appuntamento è statoil pellegrinaggio verso la tomba dell’apostoloPietro, da Castel Sant’Angeloalla Basilica vaticana: ognuno haportato se stesso davanti a quel grandeamico di Gesù per consegnargli laproprio preghiera, il proprio bisognodi essere sostenuto e confermato dallasua efficace intercessione.Abbiamo pregato insieme il santorosario, in un’interminabile processionedi mani e corone nella quiete dei Giardinivaticani, chiedendo la protezione di Mariasulle nostre teste e sui nostri cuori.Le richieste del PapaE poi, l’incontro con papa Francesco.A chi mi chiede: «Ma, l’hai visto?Da vicino? Allora, com’è il Papa?»rispondo che sì, l’ho visto, anche davicino: è un po’ più basso di comesembra in TV, ha il sorriso buono eil volto sereno e segnato di chi soffree ama insieme, ha due mani che silasciano stringere e le braccia che siallargano in un movimento spontaneo,gratuito, come per un impulso che nonarriva dal cervello, ma direttamentedal cuore.Tutti eravamo impazienti di ascoltarele sue parole, di vederlo e lui èstato con noi a lungo in aula Paolo VI.Nel suo discorso, il Santo Padre, hamesso le cose in chiaro; ha letto pocole sue carte e ci ha guardato spesso,forse cercando i nostri occhi, ci hachiesto onestà, trasparenza, serietà,radicalità, vigilanza. Con fare deciso epaterno, alle volte confidenziale, nonci ha nascosto le insidie e i pericoliche la vita ecclesiastica e religiosa puòcoltivare al suo interno, ma più diogni altra cosa ci ha raccomandato diprenderci cura di noi, di alimentaresempre il nostro rapporto con Gesùattraverso la preghiera, di godere dellaconfessione e di non perderci troppoin chiacchiere, commenti o continuelamentele.Il giorno successivo, papa Francescoci ha di nuovo incontrato inoccasione della Santa Messa, da luipresieduta nella basilica vaticana, doveha voluto, una volta in più, avvicinarcialla vera fisionomia del voltodi Dio Padre, che ci ha descritto coni tratti della consolazione, della gioia,della materna tenerezza. Ci ha esortatoa non avere paura, perché solo il realecontatto, dentro di noi, con queste sueverità ci consentirà di avvicinarci aifratelli con misericordia. Il pontefice<strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong> 21


in camminoci ha anche messo in guardia dagliinutili affanni e dagli attivismi steriliperché, ha detto durante la sua omelia,«gli operai della messe non sono sceltiattraverso campagne pubblicitarie oappelli al servizio della generosità, masono scelti e mandati da Dio. Per questoè importante la preghiera.La Chiesa non è nostra, ma è di Dioe quante volte noi consacrati pensiamoche sia nostra! Facciamo di lei… qualcosache ci viene in mente, ma non èD. Fra i tanti temi toccati e i contenutiricevuti, raccontane uno cheha fatto particolare contatto con latua storia di consacrata al Signore.Il tema che ci ha più colpito èquello che riguarda “chi è la suoraelisabettina”. Abbiamo capito cosa significavivere la carità attiva e fattivaverso quanti ne hanno maggiore bisocadesotto i nostri occhi. Con grandesemplicità e fede nella provvidenza,papa Francesco ci ha ricordato chenon esiste alcun “ridimensionamento”possibile, se ci si mette in gioco dalprofondo del cuore. 1Il pellegrinaggio alla tomba di Pietro,dal tema “Mi fido di Te” si è svolto tra il 4 eil 7 <strong>luglio</strong>; vi hanno preso parte (da sinistranell'ordine della foto di pagina 21), suor AnnaPontarin, suor Loretta Panizzon e suor RitaAndrew.IN UNA COMUNITÀ INTERNAZIONALEAlle sorgenti della fedee del carisma elisabettinonostra, è di Dio, il campo da coltivareè il suo. La missione, allora, è soprattuttograzia».Sono stati giorni ricchi, dall’apostoloPietro a papa Francesco, attraversol’esperienza della fede vissuta e condivisa,in un’epoca particolare, difficileper la nostra Chiesa, per i seminari egli istituti, che vedono stanze che sisvuotano e case che si chiudono.Si cercano i termini tecnici piùindolori per definire quello che acacura di Barbara Danesie Aurora Peruch stfeUn percorso nei luoghi delleorigini e della fede cristiana persperimentare insieme la gioia diappartenere a Dio, per conoscerele fonti e vivere la fraternità.Nei mesi di giugno, <strong>luglio</strong> e agosto<strong>2013</strong> si è realizzato, in CasaMadre, un corso di formazionecarismatica previsto dalla pianificazione2011-2017, un’esperienza che è statachiamata “Alle sorgenti”.Dall’Ecuador, dal Kenya, dall’Egitto,dal Sudan sono giunte a Padovanove suore che in una intensa vitacomunitaria hanno sperimentato comela diversità è dono e impegno, ricchezzae pazienza. Hanno goduto di unafamiglia che offre loro una opportunitàformativa impensata, generosa in personee in mezzi.Sono volati i mesi per immergersi eIn cammino insieme, verso Rivotorto-Assisicon la guida di padre Carlo Vecchiato.gustare quello che appartiene loro comesuore terziarie francescane elisabettine;in ascolto dei protagonisti, fondatoridi un movimento che ha risvegliato,dentro la bellezza della chiamata, ilsenso dell’esserci e dell’operare sulleorme di san Francesco, di santa Elisabettad’Ungheria e di beata ElisabettaVendramini.E l’hanno sentita propria questa famigliaelisabettina, viva ed attuale nelcarisma, ben sostenuta dalla preghierae dalla testimonianza delle sorelleanziane che hanno potuto avvicinare,ascoltare, servire.Le partecipanti hanno avuto l’opportunità,in questi ultimi giorni, dirileggere il cammino vissuto che abbiamocercato di raccogliere attraversol’intervista che segue, perché la loroesperienza possa diventare dono e ricchezzaper molti.D. Quando ti è stato proposto ilpercorso formativo “Alle sorgenti”a che cosa hai pensato?Per me è stata una sorpresa, non miaspettavo che fosse in quest’anno. Hoaccolto volentieri la proposta formativaperché per me è importante tornarealle radici del carisma. Lasciare il lavoronon è stato facile, ma l’ho fattovolentieri (suor Mariam).D. Il nome che cosa ha fattorisuonare in te?Il nome “Alle sorgenti” ci ha fattopensare all’acqua che si dona gratuitamente,fresca, non finisce mai, chedisseta e rinfresca. Possiamo dire chequesto corso è stato un rinnovamentoper la nostra vita religiosa francescanaelisabettina (suor Mariam, suor Mervat,suor Chiara).22 <strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong>


gno, servire i poveri da povere e condignità. Questo ci ha fatto ritornarea quello che abbiamo ricevuto dallenostre famiglie.Questi aspetti hanno segnato lavita di madre Elisabetta, le hanno fattoscoprire la volontà di Dio su di lei; èsuccesso così anche a noi: abbiamoscoperto che il Signore è stato semprepresente e piano piano ha fatto crescerein noi la vocazione elisabettina (suorMariam, suor Mervat, suor Chiara).D. Francesco, Chiara, Elisabettad’Ungheria: chi ti appassionamaggiormente?Mi ha colpito la vita di santa Elisabetta.Lei è un esempio vivo di cuila Chiesa oggi ha bisogno, un esempiodi santità anche per i laici. Elisabetta èstata una donna fedele, che ha lasciatotutto per un valore più grande.La sua vita è una sfida per noi, soprattuttoil suo modo di vivere il vangelonella sua situazione (suor Luigina,suor Rose Catherine, suor Elizabeth).Foto di gruppo accanto a madre Elisabetta, in casa generalizia.Da sinistra, in piedi: suor Agnes Gatitu, suor Jessica Roldan,suor Judith Laibuni, suor Elizabeth Ndirangu, suor Luigina Arabi,suor Rose Catherine Mwangi; inginocchiate: suor Mariam AbdEl Tawab, suor Mervat Makram, suor Chiara Latif.In riflessione a San Damiano-Assisi.D. Roma, Assisi, Bassano: checosa rimane nel tuo cuore di questiluoghi visitati?Ci ha colpito la basilica di SantaMaria Maggiore a Roma. È l’ultimafondata fra le quattro basiliche ma laprima dedicata alla Vergine, è un luogodi grande fede.Abbiamo capito di più l’importanzadel pellegrinaggio per la nostra fedeche ha bisogno di essere concreta. Ciha fatto pensare il percorrere le stessestrade che hanno percorso i martiri; illoro sangue è stato ed è una benedizionein questa terra, lo abbiamo percepitoanche su di noi. Abbiamo capitocome il camminare sia una fatica chepurifica.Questo pellegrinaggio ci ha aiutatoa ricordare che la fede è un camminocontinuo, una scoperta che ci è facilitatadalla grazia dei sacramenti (suorLuigina, suor Rose Catherine, suorElizabeth).Di Assisi ci portiamo nel cuore il conventodi San Damiano: è il luogo doveinizia e si conclude l’esperienzadi Francesco. Lì hamaturato la sua vocazionenella preghiera, lì Gesùcrocifisso gli ha chiesto diriparare la sua chiesa.A Bassano ci ha moltocolpito la casa in cui ènata Elisabetta e la chiesadove è stata battezzatanel nome della Trinità,divenendo così una figliadiletta di Dio (suor Luigina,suor Rose Catherine,suor Elizabeth).D. A conclusionedel percorso c’è unqualche sogno che ti ènato e che ti va di condividere?Ora desideriamo essere fedeli eavere il tempo per ri-leggere e rifletteresu questo abbondante dono che abbiamoricevuto e che è stato veramenteuna fonte per la nostra spiritualità e lanostra vita. Siamo convinte che teneretutto nel nostro cuore non ha senso senon lo restituiamo agli altri. Francescoe madre Elisabetta hanno fatto la loroparte, adesso desideriamo anche noifare la nostra.Il sogno è che la famiglia elisabettinacresca nella mentalità internazionale;per noi questo è molto importanteed è ora di aprire orizzonti. Sarà bellocontinuare a fare esperienza di internazionalità(suor Agnes, suor Judith,suor Jéssica).D. Tornata a casa, che cosa racconteraialle persone che incontrerai?Non è una casualità l’avere fatto ilpercorso nell’“anno della fede”; in questomomento possiamo dire che la nostrafede è stata alimentata dalla sorgente delnostro carisma e anche dalla testimonianzadei martiri. Questo ci incoraggiaa condividere l’esperienza con gioia, consenso di appartenenza alla Chiesa e allafamiglia elisabettina; vogliamo condividerlacon le nostre sorelle di comunità,con la gente che incontriamo, con lenostre famiglie e con gli amici.Anche se il gruppo ora si separa,racconteremo che nel cuore si è apertouno spazio accogliente nei confronti diciascuna, con tutta la diversità culturalee le ricchezze di ciascuna.Con riconoscenza lodiamo il Signoreper questo tempo. Questa esperienzaè l’inizio di una apertura alla mentalitàsenza frontiere, un inizio nel pensaresul serio all’internazionalità e farla vita.Portiamo nella preghiera la nuovacomunità di Talì, augurandole ogni benee accompagniamo con il cuore suorChiara, nostra compagna in questo percorso,perché possa portarvi la ricchezzadella sorgente ricevuta in questo tempo.Possiamo dire: «Siamo lontane per ladistanza, ma saremo un solo cuore nelcarisma elisabettino» (suor Agnes, suorJudith, suor Jéssica)<strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong> 23in cammino


alle fontiIL CAMMINO DI FEDE DI ELISABETTA VENDRAMINIFra tentazioni e buioLeggendo il Diarioche molte persone hanno, specialmentequando la loro vita conosce vette edabissi, o quando la storia personale ètravagliata.di Giuseppe Toffanello 1sacerdote diocesanoElisabetta ha vissuto lunghiperiodi: l’autore ne presentaalcune particolarmente insidiose,indagando con affetto ediscrezione nelle pieghe del Diario.Le sottolineature appartengono altesto autografo.Una lettura rispettosaUn diario è spesso un luogo moltointimo. Vi si raccolgono confidenzeche non si direbbero in giro, o vi sicercano le parole giuste per potersi poiconfidare con persone di cui ci si fida.In un diario a volte si permette ai propripensieri o alle proprie emozioni discorrere all’esterno, sulla carta, perchénon intasino il cuore in un continuopesante ruminare. Vi si scrivono anchele proprie lotte.Ad Elisabetta Vendramini è statochiesto di mettere per iscritto la suastoria, le sue visioni, le sue emozioni,il suo incontro con Dio: queste paginedovevano essere lette solo dal padrespirituale, o rilette da lei stessa; unaparte avrebbe potuto essere pubblicatadurante la sua vita, anonima, persostenere, confortare, aiutare la fede dialtri. Ma dopo più di un secolo è datoanche a noi, oggi, di entrare nel suodiario. Lo facciamo in punta di piedi,con discrezione, affetto, tenerezza...,per non tradire quello che di intimoqueste pagine contengono.È vero che alla Rivelazione ultimasaremo tutti partecipi dei segreti piùnascosti di ogni vita umana, ma allorali guarderemo, li ascolteremo con ilcuore di Dio, che tutto fa cantare, chedi tutto evidenzia la segreta musica.Qui sulla terra invece noi guardiamo eascoltiamo con i nostri filtri, le nostreattese, le nostre paure, i nostri giudizi.Siccome il Diario di Elisabetta ci ‘consegna’la sua vita intima, è bene chela riceviamo davvero in consegna, inaffidamento, con l’affetto stesso concui è guardata da Dio.A noi lettori è dato di entrare conaffetto anche nelle lotte, nelle contraddizioni,nelle tentazioni, nel buioche hanno spesso visitato la sua anima.Abituata troppo bene dal Signore,con ‘lumi’, parole, intuizioni che lafacevano stupire del mistero divinoe delle sue opere, della sua sapienza,della sua bontà nella creazione, ancheElisabetta, come moltissime donne euomini di particolare sensibilità umanae spirituale, è passata per periodilunghi e terribili di prove, che lei spessochiamava tentazioni. In realtà nonsempre era sicura che fossero tentazioni;a volte si chiedeva se non fosseroinvece intuizioni buone, da riceveresemplicemente, senza orgoglio; maaveva un bisogno enorme di farsi diredal Maran se di tentazioni o di buoneintuizioni si trattava.Cosa il padre spirituale le rispondesseci è difficile sapere: il diario èparco di risposte da parte sua, ed Elisabettaha spesso l’impressione di nonessere seguita da lui, di non ricevererisposta. Non sappiamo se questi suoilamenti segnalino una reale trascuratezzadel Maran (occupato in altre cose,o forse anche in difficoltà con lei),o se questi lamenti raccontino quellainsaziabile ansia di essere rassicurataUna fiducia insidiataMolte tentazioni di Elisabetta riguardanola fede. Anzitutto la fedecome fiducia, come confidenza in Dio.Gli ultimi articoli del Credo deve ripeterselispesso, come scrive gli ultimianni della vita: «Sono di nuovo in unbuio e deserto che non so descriverle.[...] abbisogno di recitare il fine delcredo specialmente, abbenché a fiordi labbra, per persuadermi almeno divoler credere in ciò che parmi titubare»(16 gennaio 1856: D3569). Ma giàmolti anni prima, nel 1828, pensandodi aver fatto un “passo falso” uscendodai Cappuccini, scrive di ‘meritarsicontinue tentazioni di disperazione’:«Sento l’abbandono di Dio e la pesantemano di sua giustizia quasi sopra dime posta». Il passo falso «mi nega giustamenteuna guida che mi conduca avoi, o Signore! Anzi il vostro sdegnomi deve perdere con quella alla qualemi affidai!» (D242).Perfino quando si accorge di starbene, che il Signore la soccorre intutti i suoi bisogni, o la toglie ‘dal duropurgatorio dove era’, teme di essere‘compensata temporalmente’ e quindiesclusa dal compenso eterno (D213); odi essere abbandonata da Dio (perchélui prova le persone che gli sono particolarmentecare: D1420). Perfino ilnemico lascia in pace o dà tentazionimolto lievi a quelli che sono già suoi(D971). Ogni tanto però Elisabetta intuisceche queste sono solo tentazioni,molto sottili, e respinge ‘per grazia diDio’ gli assalti di disperazione; e allorasi sente ‘più vigorosa di prima’ (D275).Intorno al 1831-32 confida un ‘lume’ricevuto alla messa: «In ogni oscurità,tentazione, disperazione e scompigliconfida, fa’ sempre atti di speranza,24 <strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong>


anchese ti vedessiall’inferno» (D600).Tra il marzo e il maggiodel 1831 racconta una ‘lotta dellasua delicatezza con la grazia’. Sichiede come possa ‘un Dio invitarlaad ospitarlo’ nella comunione,anzi ‘costringerla, pregarla’: ese fosse «arte diabolica»? E allorachiede: «Che importa a te, mioDio, ch’io t’ami? E tosto intesi:Sei la mia creatura. E che importaa te, soggiunsi, che ti riceva? E tostointesi: Per sanarti» (D633).La fragilità che Elisabetta scoprenella tentazione diventa occasioneper Dio di confermarle laprofonda reciprocità che c’è nonsolo tra Dio e la creatura, ma anchetra medico e malato. Al punto chequalche giorno dopo può scriverealle tentazioni: «… se per voi dubitardevo un istante del mio Diovero, amoroso e misericordioso, iovi abborro. Se poi mi causate unapaziente sofferenza e sì belle viste,feritemi senza offese come a Diopiace. Quel Credo mi donò contemplazionisoavissime, adorazioni, amori.Oh Dio! oh sorte nostra!...» (D671).Nel <strong>luglio</strong> 1837 le viene insinuatodi essere indegna di “stare in chiesaalla presenza del Santissimo Sacramento”.Ma poi ‘si riscuote’: «Come,dissi, potrò io fuggire Dio? Non vivoio e mi muovo in lui? Fuggire da luiperché son misera? Anzi, perché sonotale voglio starmene con lui, e tosto lochiamai Padre, Sposo, Amico, etc.»(D2090).Il 29 ottobre 1833 scrive che tuttele ‘grazie avute’ in realtà erano solo illusioni.Il Maran stesso le aveva detto:«Si vedrà dall’operare suo se fu graziadel Signore». Niente di nuovo, datoche i frutti sono anche nel vangelo ilcriterio di autenticità della nostra fede.Eppure il padre spirituale annota:«Tentazione» (D1201). Eccola la veratentazione: annotare le non riuscite,le mancanze, i difetti proprie non accorgersi delle cosemeravigliose che il Signoreopera nella nostra vita. Delresto lo sa Elisabetta stessa.Qualche tempo prima, altentatore che le dice: «Cosapuoi tu mai sperare, oaccidiosa, difettosa, dissipataed immortificata, dalSignore?», lei risponde: «Semi perderò a così mirarmi,sarò certamente perduta,ma ricorrerò al mio Dio,implorerò il suo aiuto peremendarmi ed egli, chemai allontana chi lo invoca,mi cangerà certamente»(D1146). Per le personescrupolose e perfezioniste ilpericolo della tentazione sta proprionel ripiegarsi in se stessi enon confidare in Dio.Tentazioni dell’intelligenzaElisabetta però non è tentata solodi spostarsi dalla confidenza in Dioalle proprie non riuscite. Come donnaintelligente, sensibile alle ricerchefaticose di molti studiosi del suo tempo,si incontra con dubbi e tentazionisulle «verità della sua santa religione».Quello che la fede cristiana dice diDio, dell’essere umano, del corpo, diCristo, della chiesa, della vita eterna,del giudizio dei dannati... a volte le apparivairragionevole, contradditorio.Per questo si attaccava alla preghiera,invocava l’aiuto dello Spirito. A voltetemeva perfino che fosse cedere allatentazione già il cercare risposte (D340). Spesso però erano proprio letentazioni stesse a risvegliare in leiun’altra intelligenza, diversa da quellache le suscitava dubbi.In D 559 un’intuizione molto intelligentecrea confusione in Elisabetta:ognuno è ‘ciò che si fissa’, ognunoè ciò che pensa; ciò che pensiamo ci dàforma; e ciò che pensiamo rispecchia lanostra fantasia. Accorgersi che i nostripensieri, la nostra stessa fede sonoinevitabilmente soggettivi, la porta adisprezzare tutto quello che i cristianicredono. Insieme però lei capisce chela vera via sarebbe ascoltare piuttostoche sospettare, aprirsi piuttosto cheliquidare tutto. Nei suoi stessi scrittile ‘vengono date di ritorno delle cose’,che lei potrebbe prendere da Dio: ilmettere insieme la fede con qualcunaltro, e il riceverne i rimandi, aiuta apassare dalla fede soggettiva ad unafede condivisa, a più occhi, più vicinaalla verità; il sospetto invece chiudeogni ascolto e tiene chiusi nella soggettività.In un foglio sciolto datato 2 <strong>settembre</strong>1832, Elisabetta scrive: «Nelvedere poi quanto pesante mi fu lavita nelle tentazioni di fede rapportoall’essenza di Dio, così fu parlato almio spirito: Se la vita ti era un supplizioalla vista che non vi era Dio, segnoè che, essendo tu fatta per lui solo,fuori di lui in niuna cosa del mondopotevi soddisfarti. Tale tentazionenon vedi che più ti mostra ciò che tivorrebbe nascondere?» (D978). Nonè una risposta ‘scientifica’ alla tentazione,e cioè non ‘dimostra’ l’esistenzadi Dio, ma è una risposta molto‘ragionevole’: sottolinea la profondaintesa che c’è tra il cuore umano eDio. Siamo ‘fatti per lui’! Del restoin D491 aveva già scritto, ‘guardandoun bel cavallo’: «Svanirono le tristitentazioni sulla veracità del nostroDio, che adoro anche nelle mie teme,senza del quale nulla sarebbe, e lasua invisibilità mi rende tanto certadell’Esser suo che... ma come dirleciò che intendo?». (D491) Stupendaintuizione: che Dio sia invisibile nonrende Dio meno vero, anzi! ‘Deve’essere invisibile.alle fonti<strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong> 25


alle fontiTentazioni di eccessivaspiritualitàMa è proprio la invisibilità di Dio,la sua ‘spiritualità’, a suscitare altridubbi, altre tentazioni in Elisabetta, difronte agli aspetti più materiali dellafede e della devozione cristiana. Il 29<strong>settembre</strong> 1832 scrive di «provare unsentimento di disprezzo quando ponea terra il ginocchio per ossequiare edadorare Gesù». Sente anzi «compassioneper se stessa, e pericolo» (D991).Già qualche anno prima, in D290,aveva scritto: «… mi si diceva: Li santisi ridevano perché a terra si lasciavanogettare le false divinità ed in cenereridurre. Gesù Sacramentato non si lasciòe lascia gettare e calpestare? Se percose tali non li tenevano per dei, non ècosì di Gesù?».Nell’ottobre del 1831 scrive:«L’immagine di Gesù morto mi eraoggetto di disprezzo, con tutte lepersone pie che sciocche oggi vidi»(D804). In un foglio scritto quattroanni dopo troviamo: «mi si mostra,con sottigliezze da me non possibili adesporsi, sì spregevole il corpo umanoper le miserie del suo mezzo umiliantissimeche giunge fino a tentarmiin materie di fede ed a non prezzareneppure l’adorabile umanità di GesùCristo» (D1792). Ma in altro fogliodello stesso periodo annota che hacapito ‘perché non capisce più GesùDio’: «Perché, avendolo tu soventesprezzato con tanto poco rispetto, siè da te nascosto. E tosto mi portai aGesù tutta orante perché mi si dessea novellamente conoscere» (D1800).L’11 giugno 1850 arriva a scrivere:«Mi si mostra con tale spirito infernaleche incompatibili sono le miserie delnostro corpo ai riflessi dell’essere divino.Mi acquieto allora al riflesso che,nell’assumere questa carne, il Verboeterno la nobilitò a segno che dire sipuò Dio è questo corpo alladivinità unito» (D3261).Dubbi sorgono ad Elisabetta anchesull’‘anima ragionevole ed eterna, fattaad immagine di Dio, suo principio efine’: la pazzia di molti uomini sembrasmentire questa dignità, e la relativaresponsabilità davanti a Dio. Ma altentatore risponde in modo curioso epungente: anche tu «da angelo divenistidemonio, abbenché impazzito dallatua superbia».E conclude: «Credo chi non comprendo,spero ciò che non merito perli meriti di Gesù, ed amo e mi fidodi quello nel quale credo e spero»(D1402).Per questo nel cantico del febbraio1850 ‘che usare vuole nelle sue pene’dedica ben due versi (il terzo e l’ottavo)alle tentazioni: «Tentazioni miste emute, benedite Iddio ed invocate il suoaiuto. [...] Tentazioni fondissime di fedee speranza, ricorrete a quel Dio chepiù volte si degnò di farmi conoscerei suoi misteri, la sua divina essenza, isuoi arcani secreti» (D3234).Tentazioni dalla ScritturaAlcune tentazioni nascono in Elisabettadall’ascolto della Scrittura. InD803 Elisabetta annota che in Gen 1si parla di qualcosa che già esiste primadell’intervento di Dio: terra informee deserta e lo spirito che aleggia sulleacque. Possono essere le acque quelloche noi chiamiamo Dio? si chiede.Ma poi nota che al versetto 9 Dioordina alle acque di restringersi nelmare. Purtroppo Elisabetta è costrettaa muoversi nei confronti della Scritturacon la sensibilità del suo tempo, cheprende per cronaca anche le stupendeimmagini artistiche della bibbia.La tentazione però che prova difronte alla parola biblica “Egli è unDio geloso” la apre ad una comprensionepiù profonda. Le ‘fu fatto intendereche «non può essere geloso chedel bene eterno delle anime ed è benragionevole, essendo sua emanazionee da lui sortite». E se «giustiziarendere lo deve geloso dell’onor suo»,«a che altro poi questa tende che a condurleal seno suo per via di un giustoloro operare?» (D705).Tentazioni attualiAlcune domande di Elisabetta, chea lei si presentavano sotto forma ditentazione, sono molto attuali: «Misentii poi addurmi con ragioni chetutti si salvano nella loro religione,perché non da loro si elessero questa eper vera la tengono» (D339).Un giorno chiede allo Spirito santodi darle un segno della sua presenzain lei: «… fatemi persuasa col farmimansueta ed umile di cuore». Subitodopo però confessa: «Provai alla lungacerta noia, stanchezza e fastidio allavista di dover così operare tutta la vita,per non allontanare il Santo Spirito, inmortificazione ed annegazione di mestessa» (D1579).Grazie al Signore Elisabetta havinto la tentazione.A me però sembra una tentazionemolto ‘moderna’, attuale e comune oggi:l’impressione di doverci rimetteremolto a stare col Signore!La fede di Elisabetta, come la fededi tanti mistici, e di tanti personaggidella Scrittura, ha conosciuto dubbi,travagli, sconfitte, buio, tentazioni.Un crogiuolo che ha raffinato l’oro, loha purificato, fatto emergere.A volte lei non si è accorta di questasolidarietà profonda con tanti altriuomini e donne di Dio; in certe tentazionisi è sentita proprio tanto sola. Maforse proprio per questo può capire laenorme solitudine che tanti, oggi forsepiù che ieri, provano: davanti a Dio,con gli altri, con le proprie divisioniinteriori.Lei può intercedere per noi. 1Docente di Teologia dogmatica nellaFacoltà teologica del Triveneto e direttore spiritualedella comunità vocazionale “S. Andrea”di Padova. Segue l’edizione critica del Diario diElisabetta Vendramini.alle fonti26 <strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong>


accanto a...giovaniLA GIORNATA MONDIALE DEI GIOVANI IN BRASILETestimoni dell’amore e della fede in CristoUn'esperienza forte di Chiesa giovanea cura delle suore edei giovani partecipantiCon Papa Francesco un’esperienzadi fede e fraternità per i giovanidi tutto il mondo.accanto a... giovanie fate che tutte le gentisiano miei discepoli» (Mt 28,«Andate19). È questo lo slogan cheha interpellato milioni di giovani in occasionedella Giornata Mondiale dellaGioventù che si è svolta in Brasile dal23 al 28 <strong>luglio</strong>. Molti sono quelli chesono riusciti a recarsi a Rio de Janeiro;chi non ha potuto vivere “in diretta”questa esperienza di fede, amicizia eannuncio, ha partecipato alle iniziativeche le varie Diocesi hanno promosso perfavorire un altro tipo di partecipazione,che fosse comunque tempo e spazio diascolto e accoglienza della Parola diDio e del messaggio di papa Francescoche in più occasioni ha invitato i giovanidi tutto il mondo a non aver paura difarsi “discepoli e missionari” .Dalle parole di alcune suore elisabettine,ascoltiamo come l’esperienzavissuta si è tradotta per loro e tantigiovani in un rinnovato desiderio divivere profondamente e testimoniare lapropria fede.Ho vissuto un’esperienza unica,forte, di “Chiesa giovane”: in un mondoche si allontana sempre più daDio, e soprattutto dalla Chiesa comeistituzione, mi ha colpito molto vederetanti giovani provenire da tuttele parti del mondo con tanta energia econ tanto amore per la Chiesa e per ilIl gruppo argentino, accompagnato da suor Mariana Garcia e da suor Olga Diaz, a Rio.Papa, da creare un silenzio quasi sacroper ascoltare la sua parola!La sorpresa grande è stata che papaFrancesco ha voluto incontrare i giovaniargentini; è stato per noi un giornospeciale, e anche lui era contento ecommosso, alcuni gli gridavano “Jorge,Mario!” e lui rispondeva subito aquesta chiamata “familiare”. Fra lealtre cose ci ha consegnato queste parole:«Desidero dirvi ciò che spero comeconseguenza della Giornata della Gioventù:che ci sia “chiasso”. Qui a Rioci sarà “chiasso”. Però io voglio che vifacciate sentire nelle diocesi, voglio chesi esca fuori, voglio che la Chiesa escaper le strade, voglio che ci difendiamoda tutto ciò che è mondanità, immobilismo,da ciò che è comodità, da ciòche è clericalismo, da tutto quello che èl’essere chiusi in noi stessi».Tutti hanno accolto il Papa come ilnostro grande pastore che ha voglia distare in compagnia, vicino alla gente,per dare volto e voce a una Chiesa cheè madre, che non teme la tenerezza,che vuole essere là dove sono i suoifigli, soprattutto i poveri. Per l’America,in particolare, questo Papa è unsegno di speranza, di orgoglio, di gratitudine:Dio ci ha fatto questa graziadi avere un Papa latinoamericano, chesa le nostre ansie, le nostre preoccupazioni,e anche la nostra lingua! Sentiamoche è un segno di questo tempo,per la Chiesa, per l’America latina eper tutto il mondo, che ha bisogno diuna nuova evangelizzazione.Tra le tante provocazioni che cisiamo sentiti rivolgere, forte è quellaad uscire fuori per andare verso lediverse periferie che ciascuno conoscenel suo territorio.Forte e impegnativo è stato anchel’invito rivolto ad essere protagonistidella storia, a “scalciare” in avanti, adifenderci da questa società che vuoleescluderci, perché la Chiesa ha bisognodi ciascuno, perché insieme siamochiamati, come Francesco d’Assisi, ariparare la Chiesa. Siamo stati invitatiad “allenarci” per essere veri “giocatori”di Cristo: lui ci ha promesso un’altracoppa mondiale, la vita eterna!Facciamo nostro il mandato ad esseretestimoni che annunciano l’amoreredentore di Gesù per tutte le creature.suor Mariana Garcìa<strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong> 27


accanto a...giovaniIn preghiera sulla spiaggia di Sottomarina (Venezia).Io, te e Rio:la GMG “dietro casa”Io, te e Rio è l’iniziativa organizzatadalle diocesi del Triveneto perpermettere ai molti giovani impossibilitatia recarsi in Brasile di vivere intensamentela GMG anche “da casa”.La due giorni è stata in perfetto stileGMG, a parte la mondialità dei partecipantiovviamente. Un clima di festae di fraternità pervadeva tutti.Per me era bello ad ogni passoincontrare il volto di un giovane, unprete, un religioso, una ragazza cheavevo conosciuto grazie al mio servizioall’OPSA. Spesso erano loro i primi ariconoscermi e a salutarmi con trasporto,così ho avuto un’ulteriore confermadel fatto che, anche se per una brevevisita di un paio d’ore, il contatto conun’opera di carità e un testimone restaindelebile nel cuore. E con i volontarici siamo ritrovati insieme a condividereda vicino questa esperienza.In mattinata abbiamo partecipatoa “catechesi e celebrazione eucaristica”suddivisi nelle chiese storiche diChioggia; poi, dopo una pausa per ilpranzo e un tuffo in acqua per resistereal caldo, sul palco in spiaggia si sonosusseguite musica e testimonianze divita e di fede, una fede a volte cresciutacostantemente nel tempo, altre volteabbandonata o misconosciuta e poiriscoperta, ma comunque alla fine unafede vissuta e comunicata.Quando c’è stato il collegamentocon Copacabana, in Brasile e la vegliacon il Papa, nonostante la stanchezza,la maggior parte dei 3.500 giovani haascoltato e partecipato con attenzionee il mattino successivo all’alba eragià in piedi per prepararsi alla celebrazioneeucaristica delle 7.30 con ilpatriarca di Venezia, Francesco Moraglia,e il vescovo di Chioggia, AdrianoTessarolo.Certo alcune incoerenze negli atteggiamentidi qualche giovane partecipanteci sono state, ma sono convintaSottomarina come CopacabanaAbbiamo deciso di partecipare alla GMG in versione interdiocesanaa Chioggia per fare un’esperienza nuova,diversa dal solito. Ognuno di noi è partito con le sue aspettativee con il desiderio di ricavare da questa esperienzaqualcosa che ci aiutasse a maturare e a crescere nella fedee da portare poi nel nostro quotidiano. Il momento che piùci ha coinvolto e anche fatto divertire è stato l’intervento didon Giampietro al mattino durante la catechesi.Il messaggio che abbiamo subito fatto nostro è cheognuno di noi è servo di Cristo e con i nostri gesti e parolepossiamo rendere migliore la Chiesa, ciascuno nel suopiccolo.La sera poi è stata molto suggestiva, grazie al cielopieno di stelle e ai due musical. Quando ci siamo collegaticon papa Francesco, ci siamo sentiti parte di una festaancora più grande e davvero sembrava che le due spiagge,quella di Copacabana e quella di Sottomarina, potesserotoccarsi!Le parole del Papa ci hanno raggiunto dritto al cuore e ciha colpito e commosso il fatto che abbracciasse le personeche gli venivano presentate durante il suo passaggio tra lafolla. Il mattino seguente, abbiamo partecipato alla SantaMessa resa unica e indimenticabile dal coro interdiocesano.È stata un’esperienza che sicuramente porteremo per semprenel cuore e che speriamo di ripetere al più presto.Beatrice, Alessandro, Aurora e Arianna28 <strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong>


accanto a...giovaniche anche tra le folle che andavano adascoltare Gesù ci fosse un po’ di tutto elui non ha mai allontanato nessuno.Nella catechesi che abbiamo ascoltatoè stato messo in evidenza chealcuni tra gli apostoli, all’ascensionedi Gesù al cielo, ancora dubitavano.Quello che conta è seminare, saràqualcun Altro che troverà il modo difar crescere e fruttificare e solo allafine separerà grano e zizzania.Sta all’educatore aiutare i giovania riflettere sui propri atteggiamenti,a formare le coscienze ad ascoltare lavoce dello Spirito d’amore che abita inciascuno; occorre educare alla libertàdi scelta e alla responsabilità delle decisionie dell’agire conseguente: solocosì essi potranno crescere come uominiliberi e veramente credenti.Come ci è stato ricordato in unadelle catechesi: «Dio è già presentenel mondo, andiamo da persone chehanno già Dio nel cuore. Invece noiandiamo dalle persone come se nonavessero Dio e dovessimo portarlo noi.In realtà c’è molto Amore nel mondo,noi dobbiamo solo scoprirlo». Tuttoquesto mi sembra molto elisabettino:aiutare a far risplendere l’immagine esomiglianza di Dio che ciascuno portascolpita nel proprio cuore.suor Paola Bazzottiaccanto a... giovaniESPERIENZE DI VOLONTARIATO“Mi stai a cuore”Farsi prossimo con il cuore di Diodi Ilaria ArcidiaconostfeIn ascolto del Signoree dei poveri per amare ecustodire la vita.«Un Samaritano, che era inviaggio …» (cf. Lc 10, 33). Èl’immagine di questo uomoad aver accompagnato alcuni giovaninell’esperienza di servizio, preghierae fraternità vissuta in due differentisettimane di volontariato tra l’Operadella Provvidenza di sant’Antonio aSarmeola (Padova), “Casa Santa Sofia”,le Cucine popolari e “Casa SantaChiara” a Padova 1 .Ogni partecipante, dopo aver lasciatola propria casa, le proprie sicurezze,la prospettiva di vacanze più“tranquille”, si è messo “in viaggio”,scendendo verso la profondità del propriocuore per dare ascolto ai proprisentimenti, paure, vissuti, ferite e speranzee per aprirsi a chi avrebbe incontratolungo questo cammino.Sull’esempio del protagonista dellaparabola narrata nel vangelo lucano,ognuno ha cercato di interiorizzare efar propria la prospettiva che Gesùindica al dottore della legge e, in lui, aciascuno di noi: farsi prossimo. Attraversol’esperienza del servizio e nellapreghiera, insieme abbiamo cercato dientrare in questa dinamica, scoprendoche possiamo amare perché ci riconosciamoamati dal Signore: Dio Padresi prende cura di tutti i suoi figli,pronunciando dolcemente ad ognunodi loro e ogni giorno: «Tu mi stai acuore!». E aggiunge: «Prenditi cura diqueste sorelle, di questi fratelli conl’amore che tu sai e puoi dare perchésono miei figli, mie creature». È così:nella misura in cui scopriamo e gustiamoquanto stiamo a cuore al Signore,possiamo (e dobbiamo!) andare verso ifratelli e le sorelle che incontriamo nelnostro cammino e dire loro: “mi stai acuore”, scegliendo di restare con loro.Il Samaritano ci ha indicato lo stiledi questo “restare con”, del farsiprossimo: attento, compassionevole,capace di vincere l’indifferenza e diavvicinarsi “a piedi scalzi”, libero cioèda ogni pregiudizio per non lasciare ilproprio segno su ferite talvolta moltoprofonde, ferite di cui prendersi curaversandovi il vino della speranza el’olio della consolazione.Il nostro farsi prossimi ha attintolinfa e senso dal riconoscere comeil Signore si fa prossimo a ciascuno,chinandosi sulle nostre ferite che curae risana. Abbiamo intuito come luiè anche nello stesso tempo il nostroprossimo: camminando accanto alleLa preghiera e il servizio durante la settimana di volontariato.<strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong> 29


accanto a...giovaniFoto di gruppo delle giovanissime che hanno partecipatoalla prima settimana di volontariato, con le animatrici.Foto di gruppo dei partecipanti alla seconda settimanadi volontariato, con gli animatori.più svariate povertà metropolitane (ilsenza-tetto, l’immigrato, il tossicodipendente,l’alcolista, l’anziano abbandonatoa se stesso, la badante rimastasenza lavoro), avvicinando chi è miseroe ferito dalla malattia e dall’esclusione,abbiamo cercato di scorgere dietro aiquei volti, che sembrano aver dimenticatol’originaria bellezza, il Volto diGesù, che restituisce a tutti l’immaginebella plasmata e ripulita dalla suamisericordia e dalla sua tenerezza.Alla fine di questa esperienza,accanto alla gratitudine e alla gioiaprofonda, resta l’interrogativo, l’inquietudineche bussa alla porta delcuore su cosa fare per questi fratelli,che camminano alle periferie delle nostrecomunità, che non siamo capaci diincontrare e che spesso cerchiamo dievitare. Il primo passo è forse quellodi metterci veramente in ascolto diGesù per riuscire a diventare dei buoniSamaritani; e di farlo insieme, comegruppo unito di persone che camminanoverso la stessa meta. Anche ilSamaritano non ha fatto tutto da solo,ma ha condiviso con l’oste l’impegnoDonna, chi cerchi?Itinerario biblico–esistenzialeUn itinerario per giovani donneche desiderano riflettere sulla propriaidentità femminile, confrontandosicon alcune donne della Bibbia.L’itinerario è rivolto a giovani donnea partire dai diciannove anni.12 OTTOBRE <strong>2013</strong>Rachele e Lia, la lotta per l’amore(Gen 30,1-24)23 NOVEMBRE <strong>2013</strong>Sifra e Pua, il coraggio per la vita(Es 1,15-21)18 gennaio 2014Elisabetta Vendramini, innamoratadi Cristo, serva del povero22 FEBBRAIO 2014La vedova al tempio, la consegnadi sé (Mc 12,41-44)26 APRILE 2014Maria di Nazaret, madre delMagnificat (Lc 1,46-56)9-11 MAGGIO 2014ESERCIZI SPIRITUALI a Torreglia (PD)NOTE• Gli incontri iniziano alle ore 15.00 eterminano alle ore 19.00 dei giorniindicati• Portare con sé la BibbiaPER PARTECIPARE CONTATTARE:suor Paola Cover, tel. 338 8418919;paola.cover@alice.itsuor Barbara Danesi, tel. 333 9902587,barbara.danesi@elisabettine.orgSEDE DEGLI INCONTRICasa S. Sofia, Via Falloppio, 4935121 Padova, tel. 049 655216del prendersi cura del povero uomoincappato nei briganti: questo sembraessere il senso profondo di vivere ilservizio nella ricerca condivisa del benee nella comunione fraterna.Sintesi delle varie risonanze deipartecipanti può essere la testimonianzadi una giovane che racconta comeall’inizio della settimana di serviziosi immaginava «come un bicchieremezzo pieno e mezzo vuoto, che nonaspettava altro che essere riempitodalle persone incontrate e dalle storieascoltate». Conclusa l’esperienza,con sorpresa si è trovata a riconoscereche «in realtà il mio bicchiere non siera riempito come mi aspettavo, maaveva condiviso l’acqua con quello dialtre persone, assetate di compagnia,condivisione, affetto, rassicurazione esperanza. […]. Non bisogna smetteredi avere sete, fare spazio alle sorpresedel Signore, lasciarsi accompagnaredalle persone che lui ci affida e farsiprossimi gli uni degli altri perché ènelle relazioni con il prossimo che cisentiamo completi, sperimentiamo eviviamo l’amore vero». 1Le suore elisabettine hanno propostodue campi di volontariato: il primo, “Mi stai acuore”, si è svolto dal 14 al 20 <strong>luglio</strong> e ha vistola partecipazione di una quindicina di ragazzedi età compresa tra i sedici e i diciotto anni. Ilsecondo, “Resto con te”, si è svolto dal 18 al 24agosto, coinvolgendo una dozzina di giovanitra i ventidue e i ventotto anni. Alla voce Giovani/Iodico che… del sito www.elisabettine.itè consultabile il testo integrale delle testimonianzecondivise da alcuni giovani partecipantialle due settimane.30 <strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong>


vita elisabettinaCELEBRAZIONE DEL CINQUANTESIMOPellegrine nell’anno della fedeNel grazie e nella lodedi Daniela Rossato stfeIl cinquantesimo di professioneha avuto la suamassima espressionenell’eucaristia nella basilicadel Carmine a Padova,presieduta da monsignorGiuseppe Padovan, vicarioepiscopale per la vitaconsacrata della diocesi diPadova, e concelebrata datanti sacerdoti amici e collaboratoridelle festeggiate.La corale della cattedraledi Padova ha contribuitoalla solennità del grandemomento.È ormai consolidato ildono che la congregazioneoffre come preparazione ecelebrazione del giubileo.Quest’anno è toccato a noi:dal 6 all’11 maggio.Innanzitutto la possibilitàdi visitare i luoghi francescani,accompagnateitaliada suor Daniela Cavinatoe suor M. Rita Pavanellodel consiglio provinciale eda padre Carlo Vecchiato,francescano conventuale,un appassionato maestrodi spirito, appassionato diFrancesco ed ElisabettaVendramini.A La Verna, la montagnadal verde incontaminato,abbiamo rivissuto ilmiracolo dell’amore: l’Amorevisibile di Cristo ha resoFrancesco una copia di Lui,nella perfetta unione. Quiil salmo 121: “Alzo gli occhiverso i monti” trova lasua piena collocazione, eci prepara ad andare versoi luoghi santi di Francesco;un pellegrinaggio fisico, masoprattutto interiore, versoil nostro cuore, verso il sensodella nostra vita rilettocon l’esperienza di questicinquant’anni.Le varie tappe – SanDamiano, la basilica di SantaChiara, di San Francescoe di San Rufino, l’eremodelle Carceri – sono statitutti appuntamenti per unincontro sempre più profondocon noi stesse, conFrancesco e con il Signore.In ognuno di questi luoghisembrava che lui ci stesseattendendo per dirci unparola nuova, per attivarequel movimento di ritorno alui per ridare splendore allanostra vita consacrata. E lapreghiera di lode e di invocazionesgorgava spontanea:«Tu sei, tu sei…».Non poteva mancarel’incontro con le sorelle dellacomunità “Incontro”: ci siamosentite attese, accolte,avvolte dalla loro ospitalità.Commovente la sosta alconvento delle Celle di Cortona,incastonato in luoghiimpervi e solitari: la letturadel testamento di Francescoè stato il momento culminantedel pellegrinaggio: «…in segno di ricordo della miabenedizione e del mio testamento,sempre si aminotra loro… Il Signore mi rivelòche dicessi questo saluto: IlSignore ti dia pace».La pace meravigliosadel paesaggio umbro-toscano,macchiato qua e làdi distese di girasoli, i boschisilenziosi e solenni, ifiori dai colori sgargianti, imonti tappezzati di verde,hanno fatto esplodere in noila riconoscenza e la gioia.La santità di Francescoe Chiara è stato il filtro attraversoil quale ciascunaha riletto la propria esperienzaumnaa e spiirtuale, lasua consacrazione all’amoreper Dio e per i fratelli.Il giorno 10 maggio èstato tutto riservato alla CasaMadre: alla “regia soffitta”di madre Elisabetta, perriscoprirci, ciascuna, «figliadi Dio, amata dal Padre esposa di Gesù, sorella di co-vita elisabettinaMomento della celebrazione eucaristica nella basilica del Carmine in Padova.<strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong> 31


vita elisabettinaargentinaloro che il Signore ha chiamatoalla stessa vocazione,madre e serva dei poveri edegli ultimi»; all’incontro conle nostre superiore maggiori;la visita alle sorelle dell’infermeriaè stata l’ultimatappa del pellegrinaggio alsantuario di Dio per eccel-lenza: la sorella bisognosa.Il pranzo con la presenzadi madre Maritilde,madre Maria e le sorelledel Consiglio ha segnato unforte momento di fraternitàprima della celebrazionenella basilica del Carmine:commovente e splendida,una vera grande festa cheracconta l’Amore.Riconoscenti per tutto ilbene che abbiamo ricevuto,ringraziamo di cuore – oltrealle nostre superiore maggiorie sorelle accompagnatrici– quanti hanno contribuitocon la loro disponibilitàa farci gustare quanto èbello vivere in fraternità.Di san Francesco sidiceva che non si potevavederlo senza amarlo, cosìnoi sorelle ci auguriamo diessere sempre “dolce profumodi Cristo”. VENTICIQUESIMO DI PROFESSIONEUn “sì” natonelle corsie dell’ospedaledi Mary Fanin stfeDomenica 28 <strong>luglio</strong><strong>2013</strong> le suore elisabettinepresenti inArgentina hanno fatto festacon suor Sonia TaritolayDel Valle nella ricorrenzadei suoi venticinque anni diprofessione religiosa. Gioiae gratitudine per quanto ilSignore ha operato attraversodi lei.Mentre papa Francescocelebrava la messa conclusivadella Giornata Mondialedella Gioventù lungola spiaggia di Copacabana(Rio de Janeiro, Brasile),nella cappella di “CasaBetania”, a Pablo Podestà– Buenos Aires, suor SoniaTaritolay Del Valle rinnovavai suoi voti a Dio nel venticinquesimoanniversario dellaprima professione religiosa.La celebrazione eucaristicasi è svolta in un climamolto fraterno e sentito, aconclusione degli esercizispirituali delle suore di tuttele comunità argentine.La vocazione di suorSonia si può paragonarea quella di Geremia per lagiovinezza del profeta eper l’immagine biblica cheha fatto da coreografia allacelebrazione: «Mi fu rivoltaquesta parola del Signore:“Che cosa vedi, Geremia?”.Risposi: “Vedo un ramo dimandorlo”. Il Signore soggiunse:“Hai visto bene,poiché io vigilo sulla miaparola per realizzarla”» (Ger1,11-12).Lui ha vegliato e realiz-zato la vocazione di suorSonia, vedendo in lei unagiovane molto generosa edisponibile. Il suo è un sìnato in un contesto di dolorefamiliare: la mammaricoverata all’ospedale perlunghi periodi e lei, una ragazzinavivace e attenta,sempre al suo fianco perfarle compagnia. È lì cheè nata la vocazione dellanostra sorella: accorgendosidella cura delle religioseche lavoravano in quel-Suor Sonia offre un ramo di mandorlo che ricorda la giovanevocazione del profeta Geremia (vedi testo).l’ospedale, ha sentito chevoleva essere come loro,tutta di Gesú e consacrataai più bisognosi. Sonia halavorato come domesticaper aiutare la mamma; haconfidato il suo desideriodi essere religiosa alla suapadrona, che ha fatto datramite con le nostre suoredi Junin.Ha avuto un grande coraggio:a soli sedici anni,ha deciso di lasciare la suafamiglia per dire il suo “Sì”a Gesù, alla chiamata che è«come una fiamma che si fasempre più viva quanto piùsi condivide, si trasmette».Si aggiunge la generositàdella sua mamma ammalatanel lasciarla andare,credendo che Gesù nonlascia mai solo nessuno eche sempre ci accompagna.Anche il Papa ha dettoai giovani: «non abbiatepaura di essere generosicon Cristo».Oggi suor Sonia è un segnoincarnato di quello cheil Papa ha detto ai giovani aRio. Non è più la ragazzinainnocente di tanti anni fa,ma è una donna libera cheha affidato tutto il suo presentee il suo futuro al suoSignore, riconoscendo cheLui «non ci tratta da schiavi,ma da persone libere, daamici, da fratelli; e non soloci invia, ma ci accompagna,è sempre accanto a noi inquesta missione d’amore.Dove ci invia Gesù? Non cisono confini, non ci sonolimiti: ci invia a tutti». 32 <strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong>


LA CAPPELLA DELLA COMUNITÀ DEL NOVIZIATO E DI “CASA SANTA SOFIA”«Forse tu mi costruirai una casa,perché io vi abiti?»a cura di Martina GiacoministfeIn questi primi mesi del<strong>2013</strong> sono state realizzatele cappelle dellecomunità del “Noviziato” edi “Casa S. Sofia”.La prima è stata inauguratalo scorso 17 maggiocon una celebrazioneeucaristica, presieduta dalparroco di Sarmeola donPaolo De Zuani, alla qualeerano presenti, insiemead alcune suore elisabettine,numerose persone delquartiere e della parrocchia.La seconda, consegnata alavori compiuti il 31 <strong>luglio</strong>u.s., è stata inaugurata nelmese di <strong>settembre</strong>.Una esperienza specialeIl progetto degli arredifissi per la futura cappelladella comunità di Noviziatoè stata per noi la primaesperienza di progettazionein ambito sacro. Ciò ciha reso, all’inizio, alquantoincerti, ma poi – in seguitoad alcune riflessioni econfronti – abbiamo decisodi creare una piccola “casa”all’interno di quella giàesistente, un’oasi di pacee di meditazione. Le piccoledimensioni della stanzaci permettevano di potercollocare il Santissimo neltabernacolo molto vicino aqualsiasi persona che fosseentrata in quel luogo.Ma come costruirequella “casa”? Quali materialiimpiegare? La mente èandata ad un nostro viaggioin Terra Santa, al desertodi Giuda con i suoi colorie le sue rocce arse dal sole,deserto che Gesù benconosceva e frequentavaquando si ritirava a pregareil Padre, lontano dallefolle di Gerusalemme. Unapiccola casa costruita sullaroccia: questa l’idea, perrealizzare la quale abbiamoscelto di utilizzare unapietra autoctona, la pietragialla di Vicenza, divenutafamosa nel XVI secolo peropera dell’architetto AndreaPalladio.Il progetto si è concentratosu un’unica paretedove sono stati inseriti,attraverso alcuni elementiprogettati e caratterizzatida diverse lavorazioni, glielementi liturgici come iltabernacolo, la parola e lalampada. Le lastre di pietradel tipo giallo dorato,utilizzate per il rivestimentodella quinta di fondo dellacappella, sono state lavoratea microsolchi con l’usodi getti d’acqua ad altapressione, mentre il bloccodi pietra che costituisce ilpiccolo altare dove poggiail tabernacolo è statoscolpito a mano come lemensole per la parola e lalampada. A chiudere versodestra la quinta di fondodella cappella è stato inseritoun elemento in aggetto(una sporgenza dallaparete) rivestito da fascescomposte di dimensioni espessori diversi di legno difaggio.I solchi sulla pietra e lefasce in legno rappresen-tano il percorso della vita,costellato da eventi moltodiversi per spessore e duratae parte integrante dellastoria di ognuno di noi. Unpiccolo raggio di luce, realizzatoin foglia oro, oltre afar risaltare il crocifisso delXVIII secolo che sovrasta iltabernacolo, unisce idealmentecielo e terra. Il crocifissodiviene il fulcro dellastanza e il centro verso cuifar convergere lo sguardo.Centratiin Cristo crocifissoCappella della comunità del Noviziato.Ci è stato quindi chiestodi occuparci della progettazionedegli arredi perla cappella presso “CasaSanta Sofia” a Padova.L’ambiente, a differenza delprimo, era molto diversosia per dimensioni che peralcuni vincoli, tra cui la presenzadi una parete vetrata,il grande tabernacolo inrame dorato, il crocifissodel XVIII secolo. Tra le richiestedelle suore, inoltre,la creazione di uno spazioper accogliere una statua oun’immagine della VergineMaria.Fin dalla prima visita allastanza adibita a cappella èemersa l’importanza dellacentralità del crocifisso edel tabernacolo. Per tale ragioneabbiamo pensato direalizzare delle pareti obliqueche, intersecandosi tradi loro, guidassero lo sguardoverso il Cristo crocifissoe il tabernacolo.Per accentuare e altempo stesso legare tra lorodegli elementi forti dalvita elisabettina<strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong> 33


vita elisabettinaitaliainsieme lo prega. Memori,poi, delle provocanti paroleche Jahvè rivolge al re Davidementre è preso dallapreoccupazione di costruireil tempio a Gerusalemme, cilasciamo piuttosto condurredal pensiero che è Diostesso a fare casa fra noi:E il Verbo si fece carne evenne ad abitare in mezzo anoi. Che davvero sia così!Comunità del Noviziatopunto di vista del significatoliturgico e della configurazione,si è deciso di usareun unico materiale: la pietradi Vicenza.Gli ambiti del tabernacolo,del crocifisso e dellaVergine Maria sono statirivestiti con una teoria difasce orizzontali di pietra diVicenza del tipo giallo perrino,rifinita superficialmentecon spazzole di bronzo chefanno risaltare i fossili vegetaliche vi sono imprigionati.Sono così emerse ghiande,foglie e paglie, simboli dellavita terrena che permaneoltre la vita.Il crocifisso è stato inondatodi luce attraverso unosfondo in oro che congiungecielo e terra, accentuatoda un’illuminazione lateralea led.Il percorso processionaleverso l’altare e la croceviene enfatizzato da un lieveabbassamento del soffitto acroce latina, in cui trovanocollocazione una serie difaretti a led che segnano ilcammino.Complessivamente ilprogetto è stato guidatodalla volontà di realizzare unambiente sobrio ed elegantenella sua essenzialità.Contenti di quanto realizzato,ringraziamo le suoreper la fiducia e la cordialitàMomento di preghiera (a sinistra) e dell’inaugurazione della cappelladella comunità del Noviziato (a destra).che sempre ci hanno riservatoe un grazie di cuoreai professionisti che hannolavorato per la realizzazionedei due progetti.arch. Nicola Badan,Università degli studi di Trentoarch. Marco Bearzotti,libero professionistaLa casa nella casaDove tu sei torna la vita.Dove tu passi fiorisce ildeserto. Dove tu guardi sirischiara il cielo e in fondoal cuore torna il sereno.Parole essenziali e intense,scelte dai giovani del GenRosso per descrivere - inuno dei loro canti - la sua(del Signore) Presenza… resatangibile e visibile dalletracce che lascia nel suoandare e restare.È quanto sperimentiamonoi e quanti passanonella nostra cappella, dapochi mesi messa a nuovo.Nel varcare la soglia eposare gli occhi su Gesù,corpo (il crocifisso) e pane(il tabernacolo) donato perla nostra salvezza, il cuoresi ferma e respira pace equiete, e si fa gradualmenteconsapevole di trovarsi davantial Mistero.Da molto tempo si desideravacreare uno “spaziobello” dove ospitare e custodireGesù eucaristia e lìrivolgere la nostra preghieradi lode e di supplica, diringraziamento e di affidamento.Dopo varie ricerche,finalmente, il desiderio si èfatto realtà. La casa nellacasa, ci ha condiviso ungiorno uno degli architettiche l’hanno realizzata: è ladimora santa del Signore,come l’arca dell’alleanza altempo del re Davide o ilSanto dei santi nella sinagogaebraica.Siamo molto grate allepersone che hanno contribuitonei vari aspetti allarealizzazione della cappellae ci piacerebbe che questospazio diventasse possibilitàdi sosta per chi lodesidera, aperto a chi habisogno anche solo di trascorrerequalche minuto insua compagnia.E ci è parso un datosignificativo il centinaio dipersone che hanno partecipatoalla celebrazione eucaristicadi inaugurazione:già ci racconta di una primacondivisione e accoglienzadi qualcosa che non èesclusivamente nostro.Ci piace ricordare questomomento come unapiccola esperienza di chiesadomestica, che nella tramadi relazioni semplici e quotidianecondivide la propriafede nel Signore Gesù eCustodire coluiche è il senso“Custodire”, nella nostracasa, colui che è ilsenso della nostra vita è unobiettivo che dall’aperturadella comunità abbiamoperseguito. Esso raccogliee unisce il nostro stare insiemecome comunità diconsacrate e il nostro esserespazio ospitale per igiovani che entrano nellanostra casa e cercano unaPresenza che dia un sensoalla loro esistenza.Lo spazio in cui ci raccogliamoper lodare e benedireil Signore della vita,vuole significare sia lo starecon lui, sia il cammino versodi lui. Tutto ciò è resovisibile dalla presenza dellaParola, dal dono del Panedi Vita e dall’accompagnamentodi Maria che, nell’immagineposta in cappella,mostra un Figlio che è contemporaneamentepiccoloe adulto: egli indica la crocequale via per seguirlo, croceabitata da lui e che non èsolo strumento di morte. Atal ragione croce e Crocifissorisaltano su uno sfondodorato e inondato di luce.Al termine della realizzazionedella cappella cisembra di poter dire chetale opera ci ha formato: al discernimento, caratterizzatodall’invocazionedello Spirito santo perchéci suggerisse come dareconcretezza alla “Santa So-34 <strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong>


fia” che dà il nome, ma soprattuttol’anima alla nostracasa; alla scuola dell’attesa,della pazienza e dell’umiltà.Abbiamo tentatodiverse soluzioni… cercatol’ispirazione più consona,più pratica e magari ancheeconomica …Ma ecco che, come ilre Davide, abbiamo accantonatodiversi progetti erinnovato la nostra fiduciain Dio, credendo che eglici avrebbe indicato la viada seguire. È così che ricevemmo,come un dono,la proposta della superioraprovinciale di contattare gliarchitetti che avevano lavoratoalla realizzazione dellacappella della comunità delNoviziato.La professionalità, ladiscrezione, il rispetto, lacura e l’amore che le variefigure che si sono alternatenei lavori sono stati per noimotivo di stupore e di gratitudine.Il 31 <strong>luglio</strong> <strong>2013</strong>, memorialiturgica di sant’Ignaziodi Loyola, il cantiere è statochiuso e la cappella ciè stata consegnata finita.Grande è stata la gioia cheabbiamo provato… pari allasoddisfazione per quantihanno lavorato. La gioiamaggiore è stata aver datodegna dimora al Signore,come ci ha insegnato il nostropadre san Francesco.Un altro messaggio ci èvenuto dal salmo 26: «Unacosa ho chiesto al Signore,questa sola io cerco: abitarenella casa del Signoretutti i giorni della mia vita,per gustare la dolcezza delSignore ed ammirare il suosantuario».Che la nuova cappellanon sia solo un santuario dicui ammirare la bellezza, masoprattutto un luogo dovegustare la dolcezza dellapresenza del Signore. MaiLa cappella della comunità di “Casa Santa Sofia”.ci abbandoni il desiderio diabitare nella sua casa e di“condurre anime” a lui, dalquale tutto viene e al qualetutto desideriamo ritornare.Un grazie cordiale aquanti hanno lavorato conpassione e condiviso contanta serenità il fiume dellenostre attese.Comunità di “Casa Santa Sofia”vita elisabettinaUN’ESTATE DI VACANZA A CASOTTO VALDASTICOLaudato si’, mi’ SignoreLa riscoperta della fraternitàa cura di Enrica MartellostfeLe sorelle ospitici raccontano…Anche in questa caldaestate del <strong>2013</strong>le porte della nostradimora a Casotto (VI) nellaValdastico si sono aperteper sollevare dalla calurapadana alcune suore cheda metà <strong>luglio</strong> ad oltre metàagosto hanno trascorso alcunesettimane di vacanza.Una piccola équipe diservizio si è alternata perpermettere il funzionamentodella casa e i servizi allesuore ospiti.L’esperienza è diventataanche occasione formativapoiché, nel periodo diagosto, mezza comunitàdel postulato si è trasferitaa Casotto per un servizioche si è rivelato ameno erilassante.Laudato si’, mi’ Signore,per…. frate bosco,sora acqua, sorepietre, frate vento…Casotto, piccolo paesedella Valdastico, è un belposto! La natura è amena ei sentieri sono a portata siadi giovani che di novantenni….lo sa bene suor Zeninache ha raggiunto, dopola camminata nel bosco, illuogo delle meraviglie: unacascatella tra rocce spor-<strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong> 35


vita elisabettinaitaliaA passeggio per il bosco: la gratuità della bellezza e dello stareinsieme da sorelle.genti, levigate dall’acqua aformare disegni... se fossepassato san Francesco neavrebbe certamente fattoun luogo di sosta, di lode,di preghiera.Non da meno la chiesettadi Belfiore, a mezzacosta… un sentiero, questo,da “giovani”, dal qualeDIALOGO CON LA CITTÀ DI FIRENZE...si domina tutta la valle.E che dire dell’Astico? Iltorrente fatto di rocce e acquacorrente, che rumoreggiacullando l’ascolto e accogliechi vuole percorrerlo,a piedi nudi, camminandotra le pietre o chi vuoleriposare, distendendosi alsole sui larghi massi.L’Astico scorre dietrola nostra casa e propriolì cade in una cascatellae il rumore dell’acqua cullanotte e giorno il nostrostare…. Non capita spessodi alzarsi, la notte, e sentiredalla finestra il frangersidell’acqua.E poi il vento leggeroche lenisce il calore, ristoroanche nei pomeriggipiù caldi, in quei giorni inSuor Laudelina, al termine delle due settimane di vacanza, ha espresso in un originaledialogo con la città di Firenze il suo viaggio e la sua permanenza, dilettandotutta la compagnia.La città di Firenze: Laude! Presto! C’è Italo 1 che ti vuole…Laudelina: Aspetta, aspetta, ma Italo non si vede.Ho sentito dire che Italo s’è fermato a Venezia.Ma chi è questo Italo e che cosa vuole?Firenze:Ma dai… non sai proprio chi è questo Italo?È un ritrovato dei tempi moderni e chiama gente da ogni dove,nei luoghi più impensati e remoti: monti, mari, laghi,insomma, luoghi di villeggiatura e non, ce n’è per tutti i gusti.Laudelina: Ma questo Italo, che si dà tante arie, non arriva a Casotto!Ho un’idea: mi fermerò a Padova dove ci sono suore come meche mi accoglieranno a braccia aperte, come risaputo da tanti anni,e mi condurranno alla meta prefissata.Il mezzo è più modesto al confronto di Italo, ma molto efficiente.In bella compagnia, si parte per la Valdastico dove c’è Casotto.Casotto è una metropoli in miniatura, con attrezzature d’avanguardia!E non vi dico al nostro arrivo:un sorriso che emulava il bello e grande e caldo sorriso di Gesù.Un vero paradiso terrestre è questo Casotto!suor Laudelina Lo Mastro1 Italo è un treno di ultimissima generazione progettato per rispondere alla necessità di viaggiare adalta velocità. Nuovo Trasporto Viaggiatori (NTV) è entrata nel mercato dei treni ad alta velocità facendoconcorrenza a Trenitalia. Italo ha fatto il suo viaggio inaugurale il 28 aprile 2012 e attualmente raggiungele più importanti città d’Italia, tra cui Venezia e, naturalmente, Firenze e Padova.cui, telefonando alle nostrecomunità, ci giungevanonotizie allarmanti: 40 gradi,quaggiù non si respira,manca l’aria!Laudato si’, mi’ Signore,per… sore suoreQuesta vacanza è stataesperienza di fraternitàsemplice e cordiale, di riposoe di lavoro fatto volentieri,di serate all’apertoe di preghiera quotidiana,di tombolate e di adorazione,di lauti pranzetti edi colazioni al “santuario”(la Madonna dell’Olmo diThiene – VI e la Madonnadelle Grazie a Costa di Folgaria– TN le mete dei nostriPellegrinaggi!).Come non essere riconoscentialla signora Piera,amica da anni delle suoree di quella che è statanel tempo la comunità diCasotto, che ha preparatoprelibatezze per il nostroappetito?Le strade del paese eranopercorse da coppie dielisabettine, dalle sei dellamattina alle nove della sera:c’erano le suore dellepasseggiate all’alba, quelledel giorno, quelle del pomeriggioe quelle della sera,chi in una direzione, chi inun’altra…Laudato si’, mi’ Signore,per … sora genteChe dire degli abitantidel paese? Un clima cordiale,di accoglienza grata,incontri tra la gente e lesuore, per la strada, o in casa,o in chiesa la domenica,quasi si rivedessero amicidi vecchia data. Capiamo,sia chi da anni frequentaquesto posto, sia chi perla prima volta si ritrova qui,che siamo le benvenute,che il tempo per un saluto36 <strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong>


Il gruppo delle suore, con la signora Piera,padre Renzo e la postulante Elena.e due chiacchiere si trovasempre…. e arrivano i fioriper la nostra cappella, arrivala verdura e i fichi…. tuttoassolutamente raccoltonell’orto e nel giardino dell’unao dell’altra famiglia.E i vicini che, alla sera,entrano nella casa per starea messa con le suore econdividere la fede, esperienzache crea comunità erelazioni.Quest’anno siamo incappatepure nella fortunadi avere padre Renzo, unsacerdote dei Giuseppinidel Murialdo missionario inEcuador, nativo del paesee in famiglia per le vacanze.Quotidianamente celebravaper noi l’eucaristia facendocidono, nell’omelia, deisuoi studi e della sua esperienzamissionaria.Di certo le suore hannolodato il Signore ancheper avere tra loro Elena,giovane che sta facendoil cammino di postulato,che così ha tradotto questaesperienza.Laudato si’, mi’ Signore,Laudate et benediceteet rengratiate etservitelo cum grandehumilitateDiciotto giorni, immersinel silenzio, nella natura,dentro la storia di ognunadi noi che, a tavola, nelle ricreazioni,nelle passeggiate,si raccontava, ricordava momenti,situazioni, sensazioni.Come prima esperienzadi servizio con sorelleanziane sono partita contimore ma mi sono lasciatatrasportare dal tempo, dalritmo e dalle parole, osservando,ascoltando e mettendomiin gioco, non solonel servizio ma anche conme stessa.Ho abitato una casacon mura che attutisconoil tempo e si arricchisconodi figure importanti che hopotuto incontrare. Sono felicedi questa esperienza diservizio e ringrazio ognunadi cuore.Elena Simionato14 <strong>settembre</strong>: Casa Madre in festaProfessione perpetuadi quattro suore kenyaneCondividiamo il grazie che al termine della celebrazionesuor Elizabeth, a nome di tutte, haespresso all’assemblea:Carissime sorelle e fratelli qui presenti, siamofelici per questo grande giorno che Signore hafatto per noi.Non siamo in grado di esprimere la grandezzadella nostra gratitudine per quello che questo èper noi.Un grazie particolare a madre Maritilde e allesorelle del Consiglio per aver accettato la nostrarichiesta di fare la professione perpetua qui inCasa Madre. È stato un nostro desiderio poterconcludere questa profonda e ricca esperienzaqui dove ci siamo abbeverate alle sorgenti delcarisma.Un grazie grande alle sorelle che ci hanno accompagnatonel nostro percorso, a tutte coloroche ci hanno accolto facendoci sentire “una”con loro, per le preghiere e l’amorevole presenzadi cui ci hanno fatto dono.A tutti i nostri amici che sono qui presenti diciamoil nostro grazie sincero, in particolare al celebrante,don Gabriele Pipinato, ai concelebranti,all’organista, al coro, alle sorelle che hannopreparato e abbellito la chiesa… a tutti e a tuttecoloro che in vari modi hanno contribuito a prepararee a celebrare in bellezza questo giorno.Nella foto, da sinistra: suor Agnes Karimi Gatitu, suor RoseCatherine Wambui Mwangi, suor Judith Mukoiti Laibuni,suor Elizabeth Wangui Ndirangu.vita elisabettina<strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong> 37


memoria e gratitudineItaliaVENT’ANNI DI PRESENZA FRANCESCANA ELISABETTINAA servizio di piccoli, giovani e anziania Boccafossa di Torre di Mostodi Annavittoria TomietstfeContinuiamo il percorso in Venetovisitando la provincia di Veneziadove molti paesi hanno godutodella presenza elisabettina.Nel ripercorrere i luoghi dellapresenza elisabettina nell’entroterraveneziano colpisce l’attenzionedel Consiglio generale rivoltaai paesi più isolati, poveri di presenzadi comunità religiose. L’apertura diuna comunità nell’asilo infantile “SanPio X” nella parrocchia “Sant’Anna” aBoccafossa risponde a questo criterio.Boccafossa è località del comune diTorre di Mosto, in provincia di Veneziae diocesi di Vittorio Veneto.La documentazione oggi reperibile(AGEP) testimonia il vivo desiderio euna evangelica insistenza del parrocodi Boccafossa nel volere le suore in unterritorio tanto bisognoso di presenzareligiosa. Ma la situazione dell’Istitutoquanto a personale disponibile nonè tra le più felici e madre AlfonsinaMuzzo, decima superiora generale,non ne fa mistero. Tali difficoltàvengono presentate al pastore dellaDiocesi, monsignor Albino Luciani 1 ,che le affronta con serenità e coraggioe si fa premura di farsi interprete dellasituazione in una lettera alla Superioragenerale, il 23 novembre 1959 (nellafoto sopra, l’originale):«... Mi permetto pregarla di volerprendere in benigna considerazione ilbisogno di <strong>Suore</strong> che ha la Parrocchiadi Boccafossa, situata in provincia diVenezia in Diocesi di Vittorio Veneto;li ho visitati sabato scorso: è un terrenodi bonifica, vicino al mare. Il Parroco38 <strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong>sta terminando l’asilo e lavora conimpegno. Ha una popolazione che èsana di fondo, ma che nell’immediatodopoguerra si è lasciata fortementefuorviare da altre idee controverse. LaParrocchia è recente; i contadini sonoin gran parte mezzadri e stanno economicamenteabbastanza bene.Le sono grato se volesse studiare lapossibilità di venirmi incontro.Dev.mo+ Albino Luciani Vescovo»L’adesione alla domanda arrivò il29 <strong>settembre</strong> 1960: madre AlfonsinaMuzzo, nel chiedere formalmente allostesso Vescovo il benestare per lacostituzione della comunità religiosanell’asilo infantile di Boccafossa, comunicadi essere ben lieta, dopo tantainsistenza, «che anche costì le nostre<strong>Suore</strong> possano esercitare il loro apostolatotra la gioventù femminile e conl’aiuto di Dio coltivare l’innocenza deibambini».Di riscontro il Presule esprime allaSuperiora generale la sua soddisfazioneper l’accoglienza della domanda dellaparrocchia di Boccafossa cosicché: «…le sue figliole vengano a fare del benein questa parte estrema della mia Diocesi,benedico di cuore alla nuova casareligiosa ed alla sua attività».Avvio dell’attività apostolicain parrocchia “Sant’Anna”Nel 1961 la parrocchia di Boccafossaha il nuovo asilo infantile, rifinitonelle sue strutture e organizzatonelle sue attività.All’inaugurazione, il 3 aprile 1961,sono presenti, con la popolazione ele autorità locali, le tre suore giunteda Padova per costituire la comunitàreligiosa: suor Lia Sartor, suor PaolafrancescaMoro, suor Dialma Martinelli,una comunità “provvisoria” che,a causa della scarsa salute e di altriurgenti impegni delle persone primaindividuate, nel giro di alcuni mesiconosce una nuova composizione.Fra l’Istituto religioso e l’Amministrazionedell’asilo si stipula laconvenzione: l’Istituto assume la direzionedell’opera, quindi alla piccolanuova comunità viene affidata la curae la direzione dell’asilo “San Pio X”e l’impegno di collaborare nelle varieattività della parrocchia “Sant’Anna”(asilo, mensa scolastica e doposcuola,ricreatorio festivo, ecc.).Le suore svolgono le attività convenutecon grande passione e dedizione:ne danno testimonianza i parrocivenuti a succedersi nella parrocchia ela popolazione di Boccafossa.22 agosto 1966:Il parroco ringrazia la Superioragenerale per il lavoro che svolgono conmolto profitto nella sua Parrocchia,ed afferma: «Sono assai contento dell’apostolatoattivo ed efficace, svoltodalla superiora suor Lucidalba e dasuor Michelina e spero che lei possalasciarle lavorare ancora per qualcheanno per questa Parrocchia».E l’anno appresso:«Spero vorrà confermare alla direzionedell’asilo di questa parrocchiasuor Lucidalba. La sua opera a favore


Le suore della piccola comunità all’ingresso dell’asilo, 1963; da sinistra: suor MichelinaLazzarotto, suor Lucidalba Bortoli (superiora) e suor Ermilia Bottaro (foto Agep).dei bambini è altamente apprezzatada tutta la popolazione. Inoltre la suasollecitudine per i sofferenti è un altoesempio della luminosa carità cheanima le figlie del suo Istituto. Laprego poi di continuare ad affiancarealla predetta la buona, umile, generosasuor Michelina.Sac. Carlo Buriolparroco di Boccafossa»Un’attività “extrascolastica” cheha impegnato le suore è stata l’estatecoloniadei bambini nella non lontanaspiaggia di Torre di Fine. Con l’aiutodi qualche suore giovane che mettevaa disposizione della comunità il suotempo di vacanza: eccone una brevetestimonianza.«Boccafossa per me era un poco“alla fine del mondo” senza essere oltrel’oceano; sono stata un mese in aiuto asuor Benvenuta Crotone, suor AitalaTadiello e suor Ortensia Pallaro. Potreiraccontare aneddoti a cascata; mi piaceperò mettere in evidenza alcuni aspetti“minori” del servizio della comunitàe delle relazioni reciproche. Le suoreerano responsabili della scuola maternaparrocchiale e collaboravano conil parroco nelle attività promosse peri più piccoli. Tra queste – per alcunianni – il mese di “mare”. Partenza allamattina abbastanza presto e ritornonel pomeriggio; c’era il pulmino delparroco – don Bruno – e l’auto dellesuore guidata da suor Benvenuta. Il“mare” era giocare su una spiaggianon frequentata – non so se demanialeo di privati – in una zona vicina. Gliadulti avevano cura dei bambini, eprendevano il sole a turno.A distanza può sembrare divertente,ma era servizio che richiedeva sacrificio,abnegazione (si può ancora usarequesto termine?) e un po’ di “staresopra se stessi”. Alla fine del mese unsospiro di sollievo. Tutto bene.La comunità viveva questo “dipiù” con normalità: le due anzianerimanevano in casa, ci si ritrovavala sera per la preghiera e la cena,condita a volte da vivaci diverbi – ledinamiche erano dirette, assertive,senza reticenze – e qualche parola inpiù, senza animosità. Non ricordo nerimanesse poi il segno; avevo comel’impressione che il “di più” di parolefosse fisiologico, un modo per dar vocealla stanchezza e riprendere fiato.Spesso la cena era il luogo dei ricordi,delle grandi risate che ci lasciavanospossate e serene.Le suore – la superiora in particolare– curavano anche una speciedi “scuola di ricamo”: nell’esposizionedei lavori in occasione della festapatronale si potevano ammirare veripiccoli capolavori di fantasia e diprecisione, quali i coordinati per lacamera matrimoniale, per la cucina,per i bambini, ecc. Le donne ne eranoorgogliose, suore comprese.La vita della piccola comunitàscorreva nella consapevolezza di essereuna presenza di riferimento in unpaese dove erano ancora aperte feriteantiche e serpeggiava un certo sensodi malanimo nei confronti dei grandiproprietari terrieri che, anche dopola riforma agraria, avevano in zonagrandi tenute.Mi sono portata a casa una piccolaeredità di saggezza: una grande considerazionedel lavoro, il saper stareal proprio posto senza sensi di inferiorità,il sostenersi a vicenda senzaintimismi».Il ridimensionamento,realtà inevitabilePer circa un ventennio la vita a“Sant’Anna” scorre tranquilla, serenad’ambo le parti: il lodevole impegnodella comunità religiosa suscita l’apprezzamentoda parte di tutto il paese.La cronaca della comunità fa trasparireil clima fraterno che caratterizzale giornate spese nella gioia di essereconsolazione per tanti fratelli e sorelle,la letizia francescana anche nell’affrontarele fredde giornate invernaliquando manca la legna, fornita poi damano provvidente.Ma, intorno agli anni Ottanta,giunge la notizia che sarebbe imminenteil ritiro delle suore. Una letteraufficiale del 1980 ne determina modalitàe tempi.Non mancano i ricorsi alla superioragenerale, madre Bernardetta Guglielmo,per sollecitare la permanenzadelle suore; la Madre fa presente comel’Istituto sia nella necessità di procederenel “ridimensionamento delleopere” e la conseguente impossibilitàdi sostituire le suore in situazione fisicaprecaria. Il massimo che le sollecitazionidella comunità parrocchiale sonomemoria e gratitudine<strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong> 39


memoria e gratitudineItaliaLa chiesaparrocchialedi Boccafossaora inseritanell’unitàpastoraledi Torredi Mosto,semprenella diocesidi VittorioVeneto.riuscite ad ottenere è stato il rinvio delritiro della comunità all’estate del 1981per dare modo di accompagnarepersonale laicoalla gestione dellascuola materna.Così, tra speranzee decisioni inappellabili,nella sofferenzadi una partenzache lascia un po’“orfani”, il 18 agosto1981 suor BenvenutaCrotone, superiora,suor Ernesta Marchiori,suor Aitala Tadiello(nella foto, nell’ordine)concludono ilservizio parrocchialea Boccafossa.«… esprimo la sincera riconoscenzaalla Congregazione Religiosa per avercontinuato a lasciare, fin dal primogiorno della mia venuta a Boccafossa,quale parroco, le RR. suore pressol’asilo parrocchiale “San Pio X”.In realtà, nessuno può mettere indubbio la preziosità dell’apostolatosvolto dalle <strong>Suore</strong> <strong>Francescane</strong> <strong>Elisabettine</strong>in mezzo alla gente localenell’ultimo ventennio trascorso. In effettii fedeli hanno dimostrato in moltimodi la loro generosità e stima versole Reverende <strong>Suore</strong>. Attualmente poi,essi sperano sempre che esse rimanganoa lungo in loco: lo prova il fatto dellefirme raccolte recentemente, anchecon mio tacito beneplacito.Con grande sofferenza prendo attodella grave mancanza di vocazioni equindi della necessità di nuove forzeper opere già esistenti; necessità emersadal piano generale del “necessarioridimensionamento delle opere” dellaCongregazione. Tuttavia, fiducioso1Vescovo della diocesi di Vittorio Venetodal 1958 al 1969, promosso a patriarca diVenezia nel 1969 ed eletto papa nel 1978, colnome di Giovanni Paolo I, il papa dei trentatrégiorni.Presenza elisabettina a Veneziasfogliando i documentiUn grazie dalla GiudeccaUn vivo ringraziamento, pervenutoalla superiora generale,madre Placida De Rocco, nel 1886,per l’opera “altamente significatinellaparola di Gesù Cristo, sono profondamenteconvinto che Egli stessonon lascerà mai mancare il numeronecessario di Sacerdoti, Religiosi e Religiosealla Chiesa da Lui fondata, laquale, guidata incessantemente dalloSpirito Santo e dal Vicario di Cristo interra saprà certamente superare l’attualemomento difficile che tutti stiamoattraversando.Intanto, sono sommamente gratoalla Congregazione, che provvidenzialmenteha pensato bene di protrarrel’annunciato ufficiale ritiro delle suoredalla parrocchia di Boccafossa dilazionandodi un anno la partenza definitivadelle medesime...».Don Emilio Silvestriniparrocova” compiuta da sei suore elisabettinein favore dei colerosi ricoveratinell’ospedale provvisorio alla Giudeccadi Venezia.Il ringraziamento del Parroco40 <strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong>Alla Rev.ma SignoraMadre PLACIDA DE ROCCOSuperiora Generale dell’Ordine<strong>Suore</strong> Terziarie di San FrancescoVia Beato Pellegrino in PadovaVenezia, li 2 agosto 1886Cessati da qualche tempo i bisognidell’opera altamente caritativadelle sei <strong>Suore</strong> che alla S.V. Rev.ma piacque destinare in assistenza aicolerosi ricoverati nell’ospedale provvisoriodi S. Cosma alla Giudecca,mi trovo in dovere di porgerle anchea nome della Giunta Municipale,i più sentiti ringraziamenti, per lozelo, la carità, l’abnegazione con cuile suore stesse ebbero a prestarsi inassistenza dei poveri malati durantel’epidemia, acquistandosi il rispettoe l’ammirazione di tutto il personaledel Lazzaretto.Piaccia pertanto alla S.V. Rev.ma farsi interprete presso le prelodatesuore di questa solenne attestazione diriconoscenza che la rappresentanzacittadina devotamente loro tributa,in riserva poi di interessarla ad aggradireun tenue ricordo delle ripetuteprove di carità da esse date a questacittadinanza, la prego di accogliere isensi della particolare mia considerazione.Il Sindaco di Venezia


ABITERÒ PER SEMPRE NELLA TUA CASA nel ricordodi Sandrina Codebò stfesuor Adriana Confortonata a Tribano (PD)il 23 giugno 1912morta a Taggì di Villafranca (PD)il 10 giugno <strong>2013</strong>Suor Adriana, AntoniaMaria Conforto, era natanel lontano – è proprioil caso di dirlo – giugnodel 1912 a Tribano (PD) egià nell’ottobre del 1929aveva scelto con semplicitàincondizionata di appartenerea Gesù. Esseredi Gesù, al di là di cosa“fare”, di quale missioneavere, fu l’indirizzo alquale è rimasta fedele pertutta la sua lunga vita.Iniziò a diciassetteanni la formazione tra lesuore francescane elisabettine:dopo la primaprofessione avvenuta il 17agosto 1931, visse la suamissione sempre a contattocon i bambini comeassistente di sezione indiverse scuole materne:a Villafranca Padovana,Chiesanuova, Brusegana,Pontevigodarzere, tutte inzona Padova; nella scuoladi Orgiano e di NoventaVicentina (VI).Nel 1969 fu trasferitaa Pasiano (PN) e sei annidopo a Caselle di Ruffi(VE) dove, per motivi di etàe di salute, le fu chiesto dilasciare il contatto direttoe giornaliero con i bambinie di assumere il compitodi collaboratrice di comunitàche le chiedeva ampiadisponibilità. Accettò, conla consueta e virtuosa disponibilitàche fu apprezzatada tutti.Nel 1995 lasciò definitivamentele comunitàparrocchiali per far partedella comunità “S. Francesco”,costituita a Taggìdi Sotto per suore a riposo,dove continuò ad essereuna presenza amatada tutte.Sette anni più tardi ancoraun “passaggio”: nellavicina infermeria accolse evisse serenamente l’infermitàche progressivamentele impedì di relazionarsicon le persone.Se ne è andata pochigiorni prima del suo centunesimocompleanno:era pronta per accoglierela vita piena nel SignoreGesù.Sono vissuta con suorAdriana per poco più diun anno, quasi trent’annifa, a Caselle di Ruffi (VE);nonostante sia stato moltobreve, il tempo fu sufficienteper cogliere alcunitratti del suo carattere.Era una persona semplice,generosa, disponibile,sempre sorridente,servizievole e, soprattutto,una suora che amava ilsilenzio orante.Guardandola mi sembravadi cogliere in lei unnon so che di “innocenzabattesimale”… che facevabene al cuore. Quandorientravo in Italia per unperiodo di vacanza sonosempre andata a visitarla:era un ristoro spiritualeconversare con lei. Ma inquesti ultimi anni la suamemoria si è spenta enon mi riconosceva più.Conservo in cuore, congratitudine, il suo buonesempio.suor Agata MognoCentenario (Neuquén)Argentinasuor Santina Secondinnata a Villa Estense (PD)il 21 aprile 1932morta a Veneziail 20 giugno <strong>2013</strong>Suor Santina, RosettaSecondin, nata nell’apriledel 1932 a Villa Estense,visse a Carmignanodi Sant’Urbano (PD) doveconobbe e frequentò lesuore francescane elisabettinearrivate in parrocchiadurante la secondaguerra mondiale. Lei stessaricorda l’impressioneche le fece l’arrivo dellesuore e il buon esempioche ricevette da loro, fattodi accoglienza, bontà epreghiera, un esempio chefece nascere in lei il desideriodi farsi suora. Nellaprimavera del 1950 lasciòla famiglia, profondamentecristiana, e, dopo di lei,la lasciò anche il fratellominore per farsi sacerdoteredentorista che opereràcome missionario in Paraguay.L’1 ottobre del 1952 fecela prima professione eincominciò, con generosadisponibilità, il suo serviziodi “addetta alla cucina” siain strutture semplici comel’asilo infantile a Bagnaroladi Budrio (BO) sia,più spesso, in ambientipiù esigenti: l’istituto “CameriniRossi” a Padova,l’ospedale civile di Latisana(UD), l’“Istituto Serafico”di Assisi, il Sanatorioinfantile “E. Vendramini” diRoma e la Casa di riposo“Villa S. Giuseppe” a Galluzzo- Firenze.Nel 2005 arrivò a Lidodi Venezia e, nonostantel’età fosse quella del riposo,si pose a servizio dellesorelle della comunità“Beata Elisabetta” confermandola sua disponibilitàe la sua serenità nelservizio. Quando la salute,già con qualche problema,le chiese di passare dalservire all’essere servita,disse ancora “sì” e passòal Padre nel silenzio dellanotte quasi a confermaretutta una vita di “sorellaminore”.Ricordiamo suor Santinacome persona semplicee generosa che ha amatola sua “missione con ilgrembiule”.Donna di intensa preghiera,ci ha insegnato chela vita, anche quando èfatta di croci e di dolori,va accolta nel silenzio illuminatodalla fede. La suaespressione gioiosa dicevaa tutte noi che lavorava peril suo sposo; che intendevadonare alle sorelle il megliodi se stessa, semprepronta ad ogni richiesta;la sua intensa vita interiorele permetteva di dire conil suo sorriso buono che èbello compiere la volontàdi Dio.Come ci aveva avvertite...il Signore è venutonella notte, così la “partenza”di suor Santina ciha lasciato senza parole,incredule; se ne è andatain punta di piedi. Oggiringraziamo lei per quelloche è stata per noi eringraziamo il Signoreper avercela data comeesempio di grande bontà.Siamo certe che suorSantina continuerà ad aiutarcicon la sua preghiera,per questo la ringraziamoancora.Comunità “Beata Elisabetta”Lido di Venezia<strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong> 41


ABITERÒ PER SEMPRE NELLA TUA CASA nel ricordosuor Nuzialba Astorinonata a Carlopoli (CZ)il 14 <strong>settembre</strong> 1931morta a Taggi di Villafranca (PD)il 13 <strong>luglio</strong> <strong>2013</strong>Antonietta Astorino,suor Nuzialba, era nata aCarlopoli (CZ) nel <strong>settembre</strong>del 1931; conobbe giovanissimale suore elisabettinepresenti a Catanzaro madecise dopo lunga ponderazionedi condividerne vitae missione.La vigilia della festa dell’Annunciazionedel 1958 lasciòla Calabria per il postulatodi Casa Madre in Padova;qui fu accompagnata nelcammino di discernimentovocazionale che completòin noviziato così da emettereserenamente la primaprofessione dei voti religiosiil 3 ottobre 1960.Per oltre vent’anni fu impegnatacome assistente disezione in varie scuole materne:a Montefelcino (PS),a Bibano (TV), a S. GiovanniPolcenigo, a Vallenoncello ea Pasiano (PN), a Baruchella(RO) e Maiero (FE). Fu ovunqueuna presenza preziosaper la sua capacità di attenzionediscreta e amorevolenei confronti dei bambini edelle loro famiglie. Nel 1984accettò con semplicità dimettere a disposizione lesue belle qualità di accoglienzacome centralinistanella casa di soggiorno “ReginaMundi” del Cavallino -Venezia, compito che ricoprìanche a Firenze nella casadi riposo “E. Vendramini”.Nel 2000 ritornò in ambienteparrocchiale, nella42 <strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong>scuola materna di Dogato(FE), ma la sua permanenzafu turbata dalla malattia.Dopo una lunga convalescenzaa Salò fece partedella comunità del santuario“Madonna delle Grazie”di Villafranca Padovana,dove rimase poco più di unanno perché, per motivi disalute, venne trasferita inambiente più protetto: lacomunità “Maria Immacolata”a Taggì di Sotto. Qui restòfino all’ottobre del 2011quando, per l’aggravarsidelle condizioni fisiche, funecessario ricoverarla nellaadiacente infermeria dovesuor Nuzialba si abbandonòcompletamente alla volontàdel Signore, da lei sempreamato, e dove portò a compimentola sua donazione.Sono stata nella comunità“Regina Mundi”, Cavallino(VE) dal 1990 al 1995dove ho vissuto in comunitàun periodo molto bello,con sorelle capaci di unadedizione esemplare: suorNuzialba ne faceva parte. Lasua presenza si notava perla calma, la serenità, il sorrisosempre pronto, l’attenzioneai bisogni di ciascunadi noi e la cura per ogniparticolare dell’ambiente.Svolgeva bene il suocompito di portinaia, in unacollaborazione attenta conle altre suore. L’accoglienzache esprimeva agli ospitiera proprio calorosa: si interessavasubito delle loronecessità, della salute, delleproblematiche che vivevanoe assicurava a tutti il ricordonella preghiera.In comunità suor Nuzialbafu una presenza chesapeva dare sempre un toccodi festa ai nostri appuntamenti.Pregava molto; neltempo libero era facile trovarlain cappella. La pensocon gratitudine per il buonesempio che ci ha donato.suor Floria Stellinsuor Eutimia Milaninata a Borgoricco (PD)il 29 febbraio 1920morta a Padovail 23 <strong>luglio</strong> <strong>2013</strong>Suor Eutimia, Zelinda,Milani era nata nel febbraiodel 1920 a Borgoricco, localitàcon antico insediamentoumano caratterizzatadal reticolato viario nelcuore della zona centuriatadagli antichi romani nellapianura padana, a nord-estdi Padova.La famiglia, dalle solideradici cristiane, e lafrequentazione delle suoreelisabettine presenti in parrocchiafurono per lei ambientifavorevoli che contribuironoa dare un indirizzoalla sua vita.A diciotto anni aveva giàdeciso: amare con cuore indivisoil Signore Gesù condividendovita e missionedelle figlie spirituali di madreElisabetta Vendramini.La vigilia della solennitàdell’Annunciazione del1938 raggiunse la CasaMadre nella vicina Padovaper iniziare il cammino formativoe di discernimentoche sfociò nella professionereligiosa il 28 <strong>settembre</strong>1940. Fu subito inviata all’ospedalecivile di Oderzo(TV) dove per 38 anni fecel’infermiera con dedizionegenerosa. Nel 1978 futrasferita a Bardolino perprendersi cura degli anzianiospitati in “Villa Serena”,un’opera parrocchiale. Anchequi dette prova dellasua disponibilità e attenzionealla persona in stato dibisogno, atteggiamenti chedal 1983 al 2002 confermòa “Villa S. Caterina”, Salò,con le signore anzianeospiti in quella struttura dalclima familiare.Nell’aprile del 2002 accettòvolentieri di ritornarenel luogo delle origini, inCasa Madre, come membrodella comunità “S.Agnese”, e con il compitodi “orante” nella chiesa del“Corpus Domini”.Era sempre stata unasuora amante della preghierada cui attingeva forzae motivazioni per servireil prossimo e per vivere costruttiverelazioni fraterne incomunità.Il sorriso era un trattocaratteristico del suo voltoche neppure la sofferenzacausata da dolori articolarisempre più insistenti e invadentiriuscirono a spegnere,anche quando, nel febbraiodel 2011, fu trasferita nell’infermeriadi Casa Madre.Una degenza serena, nellaconsapevolezza che il Signoresarebbe arrivato prestoa dare compimento allasua fedele attesa.Ricordo con tanto affettosuor Eutimia con laquale ho vissuto per parecchianni nella comunità diSalò. Era una donna forte,piena di entusiasmo, riccadi fede che sapeva trasmetterea tutti, una fede chealimentava con una intensapreghiera. In comunità eradiscreta, saggia, capace dioffrire un consiglio al momentoopportuno.Amava stare con le sorelleed era sempre disponibilenei loro confronti: neltempo del riposo pomeridianole sostituiva volentierinel servizio di portineriae di assistenza alle ospiti.Verso queste ultime avevaattenzione e cura instancabile.La sua presenza eraapprezzata da familiari eamici che venivano a visitarele ospiti; coglievanoimmediatamente i tratti di


ABITERÒ PER SEMPRE NELLA TUA CASAcarità, di gioia e di paceche caratterizzavano i suoigesti. Ancora oggi a Salòè ricordata con simpatia ericonoscenza.suor Federica Masierosuor Ida De Gasparinata a Vigonza (PD)l’8 febbraio 1917morta a Padoval’11 agosto <strong>2013</strong>Suor Ida De Gaspari eranata nel febbraio del 1917 aVigonza, periferia Est di Padova.Conobbe e frequentògiovanissima la famiglia elisabettinacosì che le fu facileindividuarla come il “luogo”in cui esprimere la suatotale donazione al Signorematurata nella preghiera.Scelse il giorno dell’Assuntadel 1938 per raggiungerela vicina Casa Madre.Nel postulato, prima, enel noviziato, poi, si misuròcon i tratti caratteristicidella vita delle suore e il 3maggio del 1941 fu prontaa fare la prima professionereligiosa. Dopo una breveesperienza nella “Casa delClero” in Padova, fu inseritanella comunità dell’ospedalecivile della stessa cittàdove, per oltre trent’anni,ebbe cura del guardarobadella grande struttura guadagnandosistima e considerazioneper la sua bontàe generosità.Le stesse qualità umanee la stessa disponibilitàal servizio la mise a disposizionedelle sorelle dell’Istituto“Bettini” di Pontedi Brenta, (PD), dove visseper ben trentasette anni,adoperandosi in ogni modoper soddisfare le necessitàdelle sorelle.Nel 2011 fu trasferita inCasa Madre e inserita nellacomunità “S. Famiglia”dove ha continuato a desideraredi poter essere utileanche con le poche forzeche le rimanevano.Fu una permanenzabreve perché si rese necessariol’inserimento nellavicina infermeria. Segnatadalla sofferenza e amorevolmenteaccompagnatadalle sorelle e dal personale,si è preparata con fedeall’arrivo dello Sposo chegiunse domenica 11 agosto,festa di santa Chiara.Grate per il suo buonesempio di vita religiosaci piace pensarla tra quei«servi beati che il padroneal suo ritorno troverà ancorasvegli, li farà sedere atavola e passerà a servirli»,come si legge nella liturgiadella stessa domenica.Non mi è facile esprimerecon parole adeguate laricchezza di doni trasmessida suor Ida De Gaspari nellesue relazioni in comunità.Vissi con lei all’Istituto“Bettini” di Ponte di Brentadove eravamo entrambe inseriteda poco; riconobbisubito in lei i tratti della“suora elisabettina”: unapersona mite, dolce, disponibilead ogni richiesta,accogliente di ogni sorellae di chiunque altro incontrava.Riandava volentieriai suoi trent’anni trascorsiall’ospedale di Padovae ricordava con affetto lepersone con le quali avevacondiviso anni di lavoro. Pertrentasette anni amò anchela comunità del “Bettini” ediede ad essa tutto quantole fu possibile. Non siamorimaste insieme per moltianni eppure il suo ricordo èrimasto vivo in me.Ricordo volentieri anchela sua famiglia, i suoifratelli, in particolare, perl’esempio di amore reciprocoche sempre ci hannotestimoniato. Suor Ida sene è andata… ma vive nelmio cuore.suor Annavittoria Tomietnel ricordoÈ sempre impegnativotratteggiare il profilo diqualcuno, ma suor Ida eraun persona molto semplicee ciò mi facilita l’impegno.Sono vissuta in comunitàcon lei per ventitré anni,all’Istituto “Bettini” di Pontedi Brenta, dove era lasuora più anziana per etàe residenza. Ricordava benissimotutta la storia dell’Istitutonei particolari, lasua evoluzione e le moltepersone che in esso si sonoalternate nei diversi ruoli.Negli incontri comunitarie nei vari momenti di comunicazionefraterna aveva soloparole positive, di soddisfazionenei confronti dei superiorie della sorelle. Affrontavail cambio delle superiore conanimo aperto e buono.Il “suo regno” era ilguardaroba, ma in esso trovavamosempre larga accoglienzae spazio operativo.Là si svolgevano le nostrericreazioni e tutti i momentidi svago nelle serate invernali.Nel suo guardarobanon esercitava nessun “potere”;ciò che c’era era ditutte e per tutte. Accorrevanoa lei per aiuti nel cucitoanche suore di altre comunitàvicine; in tanti anni nonho mai sentito che desseun rifiuto a qualcuna. Diquesto non si vantava, maagiva come fosse la cosapiù naturale e dovuta.Le piaceva molto viaggiareed ogni occasione erabuona per uscire di casa.Nonostante l’età avanzata,la mattina era la prima incappella per la preghierache continuava anche allavoro durante il giorno.Partecipava all’adorazioneeucaristica in casa e inparrocchia. Sembrava nonfosse mai stanca di starein ginocchio. Quando isuperiori ci comunicaronoche l’Istituto “Bettini” sarebbestato venduto, suorIda disse che aveva speratodi morire a Ponte di Brentama accettò, come era solita,la volontà di Dio.Il cambio tuttavia segnòin lei l’inizio di un crollo fisicoe psichico irreversibile.Ci ha lasciato l’11 agosto, anovantasei anni.È andata a ricevere ilpremio di una vita vissutatutta a gloria di Dio e deditaall’amore del prossimo.suor Loredana ZarantonelloCon fraterna riconoscenzaaffidiamo al Signore anchele sorelle tornate alla Casadel Padre in questi ultimitempi: suor Maria Abbadi,in Egitto e suor AnnadeleMarcato a Taggì.Ricordiamo nella preghierae con fraterna partecipazionela mamma disuor Giannina Barbierola sorella disuor Pieremilia Bertolinsuor Anelda esuor Idagrazia Biasionsuor Lena Bracescosuor Franca Dalla Vecchiasuor Tomasina Gaigasuor Giannenrica Martinsuor Maria CelestinaPintonsuor Adelina Sinigagliasuor Pierina Zagoil fratello disuor Ginadele Bareasuor Costanza Bazzaccosuor Lucilliana,suor Odina esuor M. Edvige Cappellettisuor Idarosa De Lorenzisuor Francisca Dissegnasuor Pierjosefa Favarosuor Gemma Galiazzosuor Nora Lessiosuor Faiza Marzouksuor Rosa Silvestri.<strong>luglio</strong>/<strong>settembre</strong> <strong>2013</strong> 43


“Voletevi bene,io devo tornare dal Padre mio”(le ultime sue parole)Nella memoria di Ersilio Tonini,vescovo e cardinale di Santa Romana ChiesaIN FIDE VIVO FILII DEI (Gal 2,20)Cenni biograficiÈ stato uno dei cardinali più noti e apprezzati in Italia. Ma per tutta la vita ha mantenuto i toni elo sguardo del buon parroco di campagna. Con il suo stile e il suo messaggio, la sobrietà di vita el’attenzione al dialogo con il mondo ha testimoniato il volto della Chiesa-comunione emersa dalconcilio Vaticano II. Nel 1991 fu tra i protagonisti della trasmissione televisiva "I dieci comandamenti"di Enzo Biagi, definita dalla Santa Sede «un esempio di moderna catechesi che si avvale del mezzoe del linguaggio televisivo», la prima di una lunga serie di apparizioni televisive che ne fecero uncommentatore apprezzato e ricercato.Figlio di contadini (era nato nel 1914), Tonini era entrato in seminario a 11 anni e nel 1937 era statoordinato sacerdote. Divenne insegnante e assistente spirituale dei gruppi Fuci e dei laureati cattolici.La passione per il giornalismo esplose nel 1947, quando diventò direttore del settimanale diocesano“Il Nuovo Giornale”, in un periodo di forti contrasti sociali. Successivamente funel consiglio d’amministrazione di “Avvenire”. Nel 1969 Paolo VI lo consacrò vescovo e gli affidò la diocesi di Maceratae Tolentino. In questa veste attuò un’importante riforma agraria, cedendo le terre ai contadini. Divenuto arcivescovodi Ravenna, nel 1975, decise di lasciare l’appartamento della diocesi a un gruppo di tossicodipendenti e da allora, finoalla morte, scelse di vivere presso l’Opera Santa Teresa di Ravenna, accanto a malati gravi.Notevoli le sue iniziative a favore di chi soffre: nel 1987 si schierò contro l’abolizione della «domenica festiva» nelsettore tessile, affermando che simili iniziative distruggono la dignità stessa del lavoro. Fondò a Cervia-MilanoMarittima il Centro di accoglienza alla Vita; nel 1988, animò la campagna nazionale per la raccolta di fondi perl’acquisto di mucche per gli indios Yanomani della diocesi brasiliana di Roraima. Le sue dimissioni da vescovo nel 1990,per raggiunti limiti di età, furono accolte da Giovanni Paolo II, e nel 1994 fu da lui fatto cardinale.Morì a Ravenna il 28 <strong>luglio</strong> <strong>2013</strong> all'età di 99 anni (nella foto sopra un momento del funerale nel duomo).Preghiera a san FrancescoO caro Francesco, sono dinanzi a te con le mie mani rugoseche vogliono rappresentare le mani di tutta l’umanità.Mi vengono in mente le mani dei miei genitoriperché quelle mani hanno manifestatonon solo la capacità di lavorare e trasformare,ma sono state capaci soprattutto di accarezzare,di incoraggiare, di aprire spazi per il mondo intero.Penso a quello che hanno fatto i grandi artisti con le loro mani,penso a Giotto e alle meraviglieche quelle mani hanno fatto risplendere.Aiutaci a far sì che le nostre manipossano far risplendere la nostra umanitànella umanità di Colui che tu hai seguito senza sconti,che possano aiutarci a far risplendere ogni creaturacome hai fatto tu.O caro Francesco, nel pensare a te,mi viene in mente un altro grande uomo innamorato di Dio come te,sant’Agostino, il quale dicevache i monti sono quelle creatureper mezzo delle quali siamo avvertiti che il Soleè capace di fare bella la nostra esistenza.I santi sono le montagne e attraverso di essi Dio,che è il sole, si manifesta e riesce ad esaltarela realtà infinita dei colori del mondo.Aiutaci dunque a guardare in altoper far sì che il nostro sguardo accenda luci di gioia,di fraternità, di pace nel guardare il mondo.Card. Ersilio ToniniHa detto…Fare il parroco, stare in mezzo alla gente, perme è stata una grande lezione. Mi si è svegliatoil senso dello stupore. E mi sono convinto chel’uomo è una meraviglia: davvero si capisceperché nella Bibbia è definito il capolavorodi Dio… Anche nelle persone che credevi piùbanali alla fine scopri risorse impensabili,un deposito segreto. L’uomo è una creatura taleche non può dissolversi nel nulla.Sono un nomade in viaggioper capire il nostro tempo.Il giornalismo non ha ancora capito quale siail suo ruolo perché il suo vero ruolo, il suocompito è quello di andare a vedere la realtàattuale con gli occhi degli uomini attuali.Il giornalismo italiano e mondialeo è profeta o è niente!Si fa presto a dare una benedizione, ma è laparola buona che invece è difficile da dare,perché la parola buona viene dal cuore e devepenetrare nella coscienza... bisogna aiutare lesingole persone a penetrare nel loro cuore.Nessuna paura della morte:è un ritorno a Dio.

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