i preti e noi12L’<strong>Angelo</strong> <strong>di</strong> <strong>Verola</strong>Il 31 gennaio sarà la festa <strong>di</strong> san Giovanni Bosco,sacerdote ed educatore.Riflettiamo in questo anno sacerdotale sul pretecome modello per il suo popoloSacerdote <strong>di</strong> Cristo<strong>di</strong> Vittorino AndreoliOgni uomo nel corso della sua esistenzasubisce, credo, il fascino<strong>di</strong> un maestro, che per lui <strong>di</strong>ventaun modello <strong>di</strong> riferimento. Non èpossibile un processo educativo, se nonincorporando dei modelli. Non bastanoi princìpi: questi infatti non sono ancoraun “intervento educativo”, se con taleespressione inten<strong>di</strong>amo la possibilità <strong>di</strong>promuovere un comportamento nuovoo <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficarne uno abituale. E nonc’è dubbio che la crisi dell’educazioneattuale si leghi proprio a un chiacchiericciosu regole e criteri a cui partecipaanche chi si configura come un cattivoesempio, e non ha dunque le caratteristiche<strong>di</strong> un modello da seguire. Nella miavita ho avuto la fortuna <strong>di</strong> incontrare eseguire dei modelli. (...) Dico questo peraffermare che il modello <strong>di</strong> riferimento èun’esigenza dell’educazione, e più ampiamentedell’esistenza stessa. Il bisogno<strong>di</strong> imparare e <strong>di</strong> migliorare sempre.E chi non avverte questa necessità è daconsiderare indubbiamente un caso patologico,in <strong>di</strong>rezione narcisistica oppuremaniacale, per la mania cioè <strong>di</strong> sentirsiun “padre eterno”, un riferimento nontanto per sé ma per il mondo. E la terraè piena <strong>di</strong> maniacali che non scorgononemmeno la propria nullità, anzi la propriastupi<strong>di</strong>tà mista a smisurato orgoglio.Credo che anche solo dal punto <strong>di</strong> vistaumano ci sia l’esigenza <strong>di</strong> un riferimentocontinuo, sicuro. Di uno specchio entrocui vedersi e correggere le proprieazioni, e persino i propri pensieri chefiniscono per esserne il motore. Tuttoquesto per dare sostegno all’affermazioneche ogni uomo ha bisogno <strong>di</strong> un Dio,magari anche solo <strong>di</strong> un “<strong>di</strong>o minore” sesi lega unicamente a questa terra.Insomma, non mi sorprende la figura<strong>di</strong> chi, come il sacerdote, sceglie nellapropria vita <strong>di</strong> avere come modello Cristo.E non faccio fatica a capirlo, analizzandola figura <strong>di</strong> Gesù <strong>di</strong> Nazareth, siapure dal solo punto <strong>di</strong> vista umano. Cristocome figlio Dio appartiene alla Chiesa,ma come uomo interpella tutti, anchei non credenti. E non vi è dubbio che, purlimitandosi alla solo <strong>di</strong>mensione mondana,Cristo risulta essere un gran<strong>di</strong>ssimouomo, che si pone a livello <strong>di</strong> pochissimialtri, per capirsi <strong>di</strong> Socrate o <strong>di</strong> TommasoMoro. Un modello lo si deve vedere, losi deve poter seguire, più o meno come
i preti e noidevono aver fatto i primi amici <strong>di</strong> Cristo,i suoi apostoli, che si chiamavano Pietro,Andrea, Tommaso... Cosa voglio <strong>di</strong>re?Che la scelta del sacerdote <strong>di</strong> seguirecompiutamente il modello Cristo ha unfondamento del tutto naturale o comunea tutti. Viene alla mente L’Imitazione <strong>di</strong>Cristo attribuita a Tommaso da Kempis(1379-1471), che non ha come riferimentoun intenso misticismo, ma una quoti<strong>di</strong>anitàconcreta, che viene scan<strong>di</strong>tadall’esempio <strong>di</strong> Cristo e da quello che èstato il suo comportamento: l’umiltà, lacarità, il raccoglimento, l’abbandono, lagioia (chi ama, vola, corre, esulta). Comesi sperimenta la relazione con un modelloumano (sia pure transitorio o parziale),così il credente e soprattutto il sacerdoteinteriorizzano Cristo, che non è soltantoun uomo ma Dio. Un Dio che si è incarnatoe in Cristo si fa dunque modellovisibile. Ebbene, devo ammettere chequesta chiave <strong>di</strong> lettura ha per me unaforza straor<strong>di</strong>naria, perché sostiene quelfondamento psicologico che prevede ilbisogno del modello: prima per cresceree poi per vivere. Tuttavia, in un simile scenario,il rapporto potrebbe essere anchesolo in<strong>di</strong>viduale.Saremmo in questo caso dentro ad unalogica soggettiva, quasi che il rapportotra un credente, e in particolare un sacerdote,con il proprio modello, Cristo-Dio, fosse <strong>di</strong> tipo in<strong>di</strong>vidualistico. Ma èevidente che non può essere questa lafigura del sacerdote: la sua vocazionenasce in una comunità, e la sua missioneconsiste nell’annunciare e testimoniareCristo a tutti. In altre parole,la <strong>di</strong>mensione personale è necessaria,intimamente fondante, ma deve <strong>di</strong>ventareuna testimonianza aperta a tutti edunque comunitaria. E chi è a sua voltal’apostolo rispetto agli altri? È colui che,annunciando Cristo, ne propone l’esempio.E poiché oggi Cristo non è incontrabilecome succedeva duemila anni fasulle strade della Giudea o della Samaria,ecco che il sacerdote <strong>di</strong>venta a sua voltamodello per gli altri. Un modello cherinvia ad un Altro più grande modello,ma pur sempre anche lui modello. Direallora “sacerdote <strong>di</strong> Cristo” significa <strong>di</strong>re,anche per un laico come me, che questosacerdote segue in tutto Cristo e <strong>di</strong>vienea sua volta, nel mondo, un altro Cristo.Sono indotto a riconoscere che il sacerdoterende presente sulla terra Chi ormaiè nel cielo. Imitatore <strong>di</strong> Cristo, il sacerdotelo rappresenta in questa terra in manieravisibile, sensibile. E se oggi non si puòmettere, come Tommaso, le <strong>di</strong>ta nelleferite del suo costato, si può però incontrareCristo attraverso i suoi sacerdoti.Rispetto al credente, il sacerdote <strong>di</strong> Cristoè colui che è stato raggiunto da unachiamata: “lascia tutto e seguimi”, gli hadetto Gesù “Tu es sacerdos in aeternum:sarai la mia effige, rivelerai i miei princìpiche vivono in te, i quali si storicizzano attraverso<strong>di</strong> te, e <strong>di</strong>venterai così esempio emodello. Ti ho chiamato per questo”.Devo <strong>di</strong>re che amo molto il teatro. Dovel’attore è colui che assume su <strong>di</strong> sé unafigura che non è lui stesso. Così può persinocapitargli <strong>di</strong> rappresentare la figuradel Cristo; e sono molte le rappresentazionirealizzate, alcune anche <strong>di</strong> una forzaincre<strong>di</strong>bile, capaci <strong>di</strong> porre lo spettatorecome se si trovasse <strong>di</strong> fronte al Cristo dellastoria. Nulla tuttavia <strong>di</strong> questo avvieneper il sacerdote: egli <strong>di</strong>venta Cristo, enel mondo ne compie le funzioni, conla certezza <strong>di</strong> essere stato a ciò chiamato(la vocazione), e <strong>di</strong> aver ricevuto perquesto la forza necessaria (la graziadell’or<strong>di</strong>nazione). Insegna la teologiacattolica che quando il sacerdote compiedeterminate azioni liturgiche è come sefosse Cristo a farle, in un legame talmentestretto che si giunge a <strong>di</strong>re (e mi pareaffermazione da far tremare) che Cristo èlì anche se il sacerdote sbaglia. Non c’èdubbio alcuno: il sacerdote è una figurastraor<strong>di</strong>naria pur se carica <strong>di</strong> mistero, edè ragionevole pensare che vi sia un livello<strong>di</strong> comprensione tale della missione sacerdotaleche non solo entusiasma ma sifa urgenza, urgenza irrinunciabile.(Da: “Avvenire” - 26 marzo 2008)13L’<strong>Angelo</strong> <strong>di</strong> <strong>Verola</strong>