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La storia di Assunta - Nicola Saba

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molta fatica a camminare, le strade erano piene <strong>di</strong> fango e pensando adArmando ero tanto triste: aveva un lavoro pesante, portava sulle spallesacchi da un quintale, piangevo, avevo paura che si ammalasse. Damangiare c’era poco, in casa non c’era un soldo, aspettavo l’uovo dellegalline per acquistare un pezzo <strong>di</strong> sapone, il filo per cucire e le lamette pergli uomini che dovevano farsi la barba.Per guadagnare qualcosa, si teneva l’allevamento dei bachi da seta. Suibancali <strong>di</strong> legno, venivano <strong>di</strong>stese foglie <strong>di</strong> gelso e vi si versavano sopra ibruchi dei bachi detti CAVALIERI. I bruchi, mangiando il gelso, col tempo sitrasformavano in bozzoli coperti dalla fibra <strong>di</strong> seta.Nel periodo invernale, durante il giorno, filavo con la SPELAIA e BAVELA,una macchina manuale che produceva il filo generato dai bachi da setacon cui si facevano i calzini per gli uomini; questo lavoro era pesante,dovevo per tante ore battere i pie<strong>di</strong> sulla ROCCHETTA, la macchina perfare il filo, in una posizione scomoda e sempre curva. Con questo filodopo cena io e mia suocera confezionavamo i calzini con i ferri: facevafreddo, mentre lavoravo mettevo i pie<strong>di</strong> nello SPOER, una stufa a legnacostruita con mattoni.Aspettavo che la legna si spegnesse e poi infilavo i pie<strong>di</strong>: versomezzanotte andavo a letto intirizzita, con i pie<strong>di</strong> coperti <strong>di</strong> cenere esporcavo le lenzuola.18

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