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In quel periodo a casa nostra siamo stati colpiti dal tifo io, mia mamma euna mia nipotina dal paratifo. Siamo state un mese in ospedale, il mioragazzo veniva tutti i giorni a trovarmi, capii che mi amava. Dopo questalunga degenza tornai a casa uno straccio: all’ ospedale avevo sempre lafebbre, mi facevano un clistere al giorno, anche due, spesso bevevo solospremute d’arancio, in quei tempi i me<strong>di</strong>ci curavano così.Una volta tornata a casa ho continuato accu<strong>di</strong>re le nipotine, la cognatainferma e lavoravo nei campi. Per fortuna avevano portato l’acquapotabile in casa: prima andavo in piazza con mastelli e BIGOL, un attrezzo<strong>di</strong> legno che si metteva sulle spalle e da una parte e dall’altra avevaappesi dei contenitori in rame che tenevano circa <strong>di</strong>eci litri <strong>di</strong> acqua.Dovevo camminare circa seicento metri per arrivare a casa, e purtroppoquando arrivavo i contenitori si svuotavano un po’ perché la strada erapiena <strong>di</strong> buche e ghiaia. Dovevo anche stare attenta a non cadere perchéquesto percorso lo facevo tre volte al giorno, a turno con mia mamma emia sorella.BAILON11