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numero 2/2010 - Collegio Universitario Lamaro Pozzani numero 2/2010 - Collegio Universitario Lamaro Pozzani

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Quando questa rivista nacque, nel 1968,prendeva forma dalle mani di GiacintoTrojano. All’epoca si usavano forbici,colla e foto. La tecnologia andò avantie portò i primi computer grafici. E così,per più di trent’anni, Giacinto Trojanoha accompagnato “Panorama per i giovani”,con nuove idee, nuove tecniche e nuovispunti, ma sempre con la grande pazienzacon cui risolveva tutti i problemi e conil sorriso sereno con cui sapeva accogliertie spiegarti cosa fare e come farlo.Ora il “Ragionier Trojano” non c’è più. Lascia il vuotomalinconico ma rassicurante delle belle persone che ti fannocapire come si può e si dovrebbe essere.

EditorialeLa crisi delWelfare Statesi potrà affrontaresenza taglipesanti ai dirittisolo superandol’alternativa seccaper la quale o siproduce ricchezzao si è un costo.Èimpossibile leggere Il vecchio e il mare senza pensarea Moby Dick. Il tema è lo stesso: la lotta dell’uomo conla natura, con la forza e il mistero del mare sul qualel’uomo traccia le sue rotte e nel quale getta le sue reti,ma che in qualsiasi momento può travolgerlo e ucciderlo. Quantoè diverso, tuttavia, lo svolgimento. Santiago è l’anziano pescatorenel quale Hemingway trasfigura il personaggio reale diGregorio Fuentes, da lui incontrato in una delle tante soste frai colori, i sapori e i cocktail dei tropici alla Terraza di Cojimar,il piccolo villaggio che è ormai un sobborgo dell’Avana. In luinon c’è traccia del titanismo metafisico e della solitaria ansiadi vendetta del capitano Achab, l’indomabile cacciatore dellabalena bianca. La sua lotta con il più grosso pescespada che glifosse mai capitato di incontrare è intessuta non solo di rispetto,ma anche della pacata consapevolezza di un destino comunea tutti i viventi e che va accettato senza protervia e senza rimpianti,diventando così scuola di saggezza: “Sono un vecchiostanco. Ma ho ucciso questo pesce che è mio fratello e ora devofare il lavoro da schiavo”. Quando la sua storia sembra concludersicomunque in una sconfitta che vanifica tutto il suo sforzo,perché la preda, troppo grossa per essere issata sulla piccolabarca, viene divorata dagli squali, Santiagonon si ribella e torna alla sua capanna. E nonè solo, perché accanto a lui c’è il ragazzo alquale aveva insegnato a pescare e che subito,rivedendolo, vorrebbe correre per una camiciapulita, qualcosa da mangiare, una pomataper le mani insanguinate.Il “vecchio” di Hemingway è qualcosa dipiù della declinazione mite dell’archetipo delconfronto uomo-natura. Già nei tratti dellasua descrizione, nella prima pagina del racconto,si intrecciano e si fondono i due vocabolaridella senectus che abbiamo cercato disviluppare in questa “navigazione” nelle acqueper certi versi ancora da esplorare dellacondizione e delle esperienze degli anziani. Il viso di Santiagoè scavato da rughe e cicatrici profonde, la sua pelle è induritae chiazzata da tanti anni di sole, il suo corpo ha perso moltadella forza e dell’agilità della giovinezza. Non c’è dubbio chela vecchiaia rimane l’età di un progressivo declino che può essererallentato e deve essere accompagnato, ma che non ci èdato fermare. Neppure le magie della chirurgia estetica possonoimpedire alla natura di incidere sul e soprattutto dentroil nostro corpo lo scorrere del tempo. Il vero problema è peròquello del significato di questo percorso, delle relazioni che inesso si mantengono, della qualità della vita di cui si continua agodere. Si tratta insomma di capire se questo declino sia destinatoa trasformarsi in una condizione strutturale di marginalitào addirittura di esclusione. Proprio come rischia di accadere alpescatore cubano, che rimane ottantaquattro giorni senza prenderenulla e per questo appare ai compaesani “decisamente edefinitivamente salao, che è la peggior forma di sfortuna”. Alragazzo, l’altro protagonista della storia, i genitori impongonodi cambiare barca, perché è ormai chiaro che su quella di Santiagoperderebbe il suo tempo.Eppure toccherà proprio al vecchio uccidere il pesce piùgrande, che con il suo scheletro e la sua coda enorme susciteràl’ammirata meraviglia dei turisti della Terraza. Per la morale dellastoria è ovviamente cruciale che Santiago non arrivi a vendere lacarne della sua preda al mercato. Ma lo è altrettanto l’idea chenon sia mai “troppo tardi” per aggiungere un’altra esperienza allapropria storia, o addirittura per vivere l’esperienza più importante.Nell’anti-eroe di Hemingway tutto appare irrimediabilmenteconsumato, tranne gli occhi “allegri e indomiti”, che hanno “lostesso colore del mare”. Il vecchio “non sognava più tempeste, nédonne, né grandi avvenimenti, né grossi pesci, né zuffe, né garedi forza e neanche di sua moglie”. Continua però a sognare leonisulla spiaggia, intenti a giocare “come gattini nel crepuscolo”. Equando arriva il momento non si tira indietro: “Qualcosa farò.C’è un mucchio di cose da poter fare”. Cose che farà, anche se inporto arriveranno solo le ossa scarnificate del suo trofeo. QuandoSantiago si addormenta e il racconto si concludesta ancora sognando i leoni...La fragilità e la libertà sono entrambe elementicostitutivi della condizione umana. Nellavecchiaia la prima si fa più incombente, mentrela seconda riduce inevitabilmente il raggio dellasua portata. Anche quando il tratto più lungo dellavita è alle spalle si continua però a fare, pensare,rischiare, amare. Abbiamo allora davantidue sfide. La prima è quella della giustizia, se èvero che la crescita rapidissima della speranzadi vita e della sua qualità vale solo per una partedell’umanità e il diritto a poter diventare vecchirimane un privilegio dal quale troppi sono ancoraesclusi. La seconda, che ci riguarda tutti piùdirettamente e da vicino, è la sfida di una nuova solidarietà intergenerazionale.La crisi del Welfare State si potrà affrontare senza taglitroppo pesanti ai diritti delle persone solo superando l’alternativasecca per la quale o si è produttori di ricchezza o si rappresenta uncosto, che si tratti del bilancio familiare o di quello nazionale. Qui,ovviamente, Hemingway ci abbandona: il problema di come evitareche i vecchi si rinchiudano in se stessi e non si sentano solo unpeso per la famiglia e le finanze pubbliche non si risolve facilmente.Basti pensare a come la facile ricetta che chiede di mantenereal lavoro gli anziani finisca inevitabilmente con il comprimere lapossibilità per i giovani di emergere, “sacrificandoli” ai loro padri.La retorica del giovanilismo a tutti i costi e l’occupazione “gerontocratica”di tanti spazi della vita quotidiana sono due errori ugualie simmetrici. Una terza via va costruita insieme.Stefano Semplicipanorama per i giovani • 5

EditorialeLa crisi delWelfare Statesi potrà affrontaresenza taglipesanti ai dirittisolo superandol’alternativa seccaper la quale o siproduce ricchezzao si è un costo.Èimpossibile leggere Il vecchio e il mare senza pensarea Moby Dick. Il tema è lo stesso: la lotta dell’uomo conla natura, con la forza e il mistero del mare sul qualel’uomo traccia le sue rotte e nel quale getta le sue reti,ma che in qualsiasi momento può travolgerlo e ucciderlo. Quantoè diverso, tuttavia, lo svolgimento. Santiago è l’anziano pescatorenel quale Hemingway trasfigura il personaggio reale diGregorio Fuentes, da lui incontrato in una delle tante soste frai colori, i sapori e i cocktail dei tropici alla Terraza di Cojimar,il piccolo villaggio che è ormai un sobborgo dell’Avana. In luinon c’è traccia del titanismo metafisico e della solitaria ansiadi vendetta del capitano Achab, l’indomabile cacciatore dellabalena bianca. La sua lotta con il più grosso pescespada che glifosse mai capitato di incontrare è intessuta non solo di rispetto,ma anche della pacata consapevolezza di un destino comunea tutti i viventi e che va accettato senza protervia e senza rimpianti,diventando così scuola di saggezza: “Sono un vecchiostanco. Ma ho ucciso questo pesce che è mio fratello e ora devofare il lavoro da schiavo”. Quando la sua storia sembra concludersicomunque in una sconfitta che vanifica tutto il suo sforzo,perché la preda, troppo grossa per essere issata sulla piccolabarca, viene divorata dagli squali, Santiagonon si ribella e torna alla sua capanna. E nonè solo, perché accanto a lui c’è il ragazzo alquale aveva insegnato a pescare e che subito,rivedendolo, vorrebbe correre per una camiciapulita, qualcosa da mangiare, una pomataper le mani insanguinate.Il “vecchio” di Hemingway è qualcosa dipiù della declinazione mite dell’archetipo delconfronto uomo-natura. Già nei tratti dellasua descrizione, nella prima pagina del racconto,si intrecciano e si fondono i due vocabolaridella senectus che abbiamo cercato disviluppare in questa “navigazione” nelle acqueper certi versi ancora da esplorare dellacondizione e delle esperienze degli anziani. Il viso di Santiagoè scavato da rughe e cicatrici profonde, la sua pelle è induritae chiazzata da tanti anni di sole, il suo corpo ha perso moltadella forza e dell’agilità della giovinezza. Non c’è dubbio chela vecchiaia rimane l’età di un progressivo declino che può essererallentato e deve essere accompagnato, ma che non ci èdato fermare. Neppure le magie della chirurgia estetica possonoimpedire alla natura di incidere sul e soprattutto dentroil nostro corpo lo scorrere del tempo. Il vero problema è peròquello del significato di questo percorso, delle relazioni che inesso si mantengono, della qualità della vita di cui si continua agodere. Si tratta insomma di capire se questo declino sia destinatoa trasformarsi in una condizione strutturale di marginalitào addirittura di esclusione. Proprio come rischia di accadere alpescatore cubano, che rimane ottantaquattro giorni senza prenderenulla e per questo appare ai compaesani “decisamente edefinitivamente salao, che è la peggior forma di sfortuna”. Alragazzo, l’altro protagonista della storia, i genitori impongonodi cambiare barca, perché è ormai chiaro che su quella di Santiagoperderebbe il suo tempo.Eppure toccherà proprio al vecchio uccidere il pesce piùgrande, che con il suo scheletro e la sua coda enorme susciteràl’ammirata meraviglia dei turisti della Terraza. Per la morale dellastoria è ovviamente cruciale che Santiago non arrivi a vendere lacarne della sua preda al mercato. Ma lo è altrettanto l’idea chenon sia mai “troppo tardi” per aggiungere un’altra esperienza allapropria storia, o addirittura per vivere l’esperienza più importante.Nell’anti-eroe di Hemingway tutto appare irrimediabilmenteconsumato, tranne gli occhi “allegri e indomiti”, che hanno “lostesso colore del mare”. Il vecchio “non sognava più tempeste, nédonne, né grandi avvenimenti, né grossi pesci, né zuffe, né garedi forza e neanche di sua moglie”. Continua però a sognare leonisulla spiaggia, intenti a giocare “come gattini nel crepuscolo”. Equando arriva il momento non si tira indietro: “Qualcosa farò.C’è un mucchio di cose da poter fare”. Cose che farà, anche se inporto arriveranno solo le ossa scarnificate del suo trofeo. QuandoSantiago si addormenta e il racconto si concludesta ancora sognando i leoni...La fragilità e la libertà sono entrambe elementicostitutivi della condizione umana. Nellavecchiaia la prima si fa più incombente, mentrela seconda riduce inevitabilmente il raggio dellasua portata. Anche quando il tratto più lungo dellavita è alle spalle si continua però a fare, pensare,rischiare, amare. Abbiamo allora davantidue sfide. La prima è quella della giustizia, se èvero che la crescita rapidissima della speranzadi vita e della sua qualità vale solo per una partedell’umanità e il diritto a poter diventare vecchirimane un privilegio dal quale troppi sono ancoraesclusi. La seconda, che ci riguarda tutti piùdirettamente e da vicino, è la sfida di una nuova solidarietà intergenerazionale.La crisi del Welfare State si potrà affrontare senza taglitroppo pesanti ai diritti delle persone solo superando l’alternativasecca per la quale o si è produttori di ricchezza o si rappresenta uncosto, che si tratti del bilancio familiare o di quello nazionale. Qui,ovviamente, Hemingway ci abbandona: il problema di come evitareche i vecchi si rinchiudano in se stessi e non si sentano solo unpeso per la famiglia e le finanze pubbliche non si risolve facilmente.Basti pensare a come la facile ricetta che chiede di mantenereal lavoro gli anziani finisca inevitabilmente con il comprimere lapossibilità per i giovani di emergere, “sacrificandoli” ai loro padri.La retorica del giovanilismo a tutti i costi e l’occupazione “gerontocratica”di tanti spazi della vita quotidiana sono due errori ugualie simmetrici. Una terza via va costruita insieme.Stefano Semplicipanorama per i giovani • 5

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