Per La salute vivere nel la terza mondo etàA sinistra: una statua di Cicerone. Nellapagina seguente: una stampa ottocentescache riproduce il volto di Petrarca.La vecchiaia nella letteraturaLa vecchiaia era per gli antichi un traguardo molto più difficile daraggiungere. Le loro riflessioni continuano però a offrirci spuntipreziosi per afferrare il senso e il valore delle diverse età della vita.di Donato Sambugaro e Maria Teresa RachettaSessant’anni. A questa età per la culturae per la società latina si entravanella senectus. A sessant’anni Mimnermosi augurava che la sua vita avessetermine, giacché di tutto era privata daun corpo ormai sfatto. Sessant’anni eraun punto d’approdo se non un termine,l’età della saggezza e della riflessioneappartata. A sessant’anni, oggi in Italia,dacché il modo di dire che la vitacomincia a quaranta è diventato veritàcruda e quanto mai reale, si è alloraappena appenamaggiorenni...Il baricentrodella vita si è, intempi piuttostobrevi, spostato inavanti a velocitàvertiginosa, senza che a ciò sia corrispostaun’analoga riflessione su cosaciò significasse, sia da un punto di vistasociale sia, soprattutto, da un punto divista culturale. La nostra pare una societàincapace di fermarsi a rifletteresu se stessa, di rallentare per osservareil suo canuto ombelico. Possediamouna vecchiaia priva di consapevolezza.Per supplire a questa mancanza, appareancora essenziale la riflessione che gliantichi hanno elaborato e su questa dunqueci concentreremo. È indubbiamentecomplesso, specie partendo dal solomateriale letterario, concettualizzarecome una data società pensi se stessa.Ci limiteremo dunque ad alcuni esempi,a singole riflessioni, senza correre troppofrettolosamente a rischiose generalizzazioni.Discorso amplissimo se non inesauribilemeriterebbe il tema della “vecchiaia”nel mondo greco classico e,parallelamente, in quello ebraico. Bastiaccennare che, se se ne delineasse unquadro anche solo parziale, emergerebbeuna concezione quanto mai fluida,soggetta ai mutamenti storici e agli spostamentigeografici: degli anziani si parla,nelle pagine più antiche della Bibbia,come di patriarchi venerati e venerabili,la cui vecchiaia e canutezza sono oggettodi rispetto; al contrario, nel libro diDaniele (del II sec. a.C. circa) si ha ilben noto e certo non edificante episodiodi Susanna insidiata da vecchiardilibidinosi.Per i greci, l’autorità e l’autorevolezzadegli anziani esiste ed è forte(si pensi alle figure di vecchi re comeNestore o Priamo nei poemi omerici,all’organo politico della gerousia spartana...),ma non manca il riconoscimentodei difetti e dei limiti di un’etàsegnata dal disfacimento fisico (si ècitato Mimnermo) specie nella societàateniese, tutta puntata al mito dellaIl mondo greco celebra Nestoree Priamo, ma è vero che lasocietà ateniese era orientata almito della giovinezza.giovinezza tanto buona quanto bellaFoto: iStockphoto.com (PaoloGaetano; Pictore)26 • n. 2, maggio-agosto 2010
Per vivere la terza etàe prestante, aggettivi inevitabilmenteassociati alla giovinezza. Ricordiamo,proprio a segnalare l’esistenza di posizioniopposte, da un lato l’elogio chedella vecchiaia fa l’ateniese Solone(rispondendo a Mimnermo che, dopotutto,è preferibile vivere fino a ottantaanni), dall’altro le molte figure dianziani derisi o addirittura malmenatidella commedia (indelebile il personaggioaristofanesco di Strepsiade).Il mondo classico latino offre una riflessionemolto ampia e fortunatamenteben documentata sulla condizione dellavecchiaia e sulla posizione del senexall’interno della società. Ci limiteremo atrattare quanto osserva Cicerone nel CatoMaior de senectute, un trattato filosoficodatabile al 44 a.C. Il testo, sotto formadi dialogo introdotto da Scipione l’Emiliano,ha come oratore principale l’immensafigura di Catone il Censore (ultraottantenneall’epoca in cui si immaginaavvenuto il dialogo). Catone passa inrassegna e confuta le principali criticheusualmente mosse alla vecchiaia, comela decadenza fisica, servendosi di esemplarifigure o di fatti storici. Cicerone attribuisceal suo Cato Maior una funzionein primo luogo consolatoria, sollievonon tanto per i mali che affliggono loStato (per quanto la dimensione politicarimanga centrale nell’opera) quanto peril peso degli anni: è soprattutto nel sensodi restituire alla senectus la pienezza delsuo prestigio sociale che opera la consolazioneofferta dal Cato Maior. La vecchiaia,nel libello ciceroniano, si svincolada una tipologizzazione astratta perCicerone, attraverso la figura diCatone il Censore, restituiscela pienezza del prestigio socialeall’anziano.saldarsi strettamente con l’auctoritas,incarnandosi in uno dei personaggi piùrappresentativi della Roma di un tempo,quel Catone che è in primo luogo un portavocedello stesso Cicerone. Certo, è innegabileche a tratti Cicerone si aggrappia un’immagine dell’auctoritas senatoriaormai del tutto anacronistica. Altrove,accade che nel De senectute il rapportofra le generazioni non abbia sempre toniidilliaci e che affiorino in primo piano itimori degli anziani.È difficile trovare una sintesidell’opera ciceroniana, o indicazionidi principi di massima che si possanoimmediatamente recuperare al nostromondo, alla nostra società, per indicarecome considerare il rapporto conl’età matura. Pure, può bastare far parlareCatone, chericorre a una celebremetafora:affermare chegli anziani nonsono attivi nellagestione dellares publica equivale a sostenere che iltimoniere siede tranquillamente a poppa,senza fare niente, mentre gli altrimarinai si arrampicano sugli alberi etra le sartie. Certo, le attività deivecchi sono diverse da quelledei giovani ma sono anchemulto maiora et meliora.Giacché non viribus autvelocitate aut celeritatecorporum res magnaegeruntur, sedconsilio, auctoritate,sententia, che nellavecchiaia non mancanodi certo, anzi siaccrescono.La grande tradizioneclassica inerenteil tema della vecchiaiaviene recuperata agli alboridell’Umanesimo con Petrarca.Egli ripropone il tema indiverse parti della sua opera latina,che trovano un culmine in Seniles VIII2, la celebre epistolaDe senectutepropria eteius bonis. Anchequi troviamola metafora dellanave, che perònon indica più il corpo sociale, ma piùconvenzionalmente la vita del singolo,condotta tra le tempeste, in cerca di unporto sicuro dalle avversità. Il soggettivismopetrarchesco, che nell’operalatina può talvolta stringere in angustieimmagini e strumenti di portata originariamenteben più vasta, riesce tuttaviaa fornire nuovi elementi nella riflessionesulla vecchiaia entro l’opera volgare,in particolare nei Rerum vulgariumfragmenta, dove la matrice poetica ela garanzia dell’unità dell’opera sonocostituite entrambe dalla retractatio, ladichiarazione da parte del poeta del rinnegamentodei suoi sentimenti e valorigiovanili. Come il genere lirico impone,Petrarca non intende indicare conprecisione il momento in cui avviene laPer Petrarca la vecchiaia è iltempo della contemplazionedolce delle esperienze passate,della ragione e della saggezza.sua conversione, ma la vecchiaia corrispondeall’età della saggezza oppostaal “giovanile errore”,l’età incui l’Iod e iFragmentariponevale speranzepiù dolci di felicità con Laura, l’etàin cui concretamente il poeta Petrarcadà gli ultimi ritocchi all’assettodella raccolta di liriche. Ecco dunqueche la vecchiaia assume dei significatinuovi: il tempo della contemplazionedolce delle passate esperienze,reale ma soprattutto vagheggiato.Ma anche e soprattutto il tempo dellaragione e della saggezza, la qualeè frutto delle esperienze di tutta lavita e si pone in una dialettica maiesausta con i sogni e le speranzedella gioventù. La vecchiaia comeil vivo tempo di una vita, il tempodel pentimento e dell’abbandono delmondo, l’attimo prima del risvegliodal “breve sogno”, che tuttavia nonsi può cessare di amare.panorama per i giovani • 27