Per vivere la terza etàFoto: iStockphoto (sdominick; sil63)Nella pagina precedente: le mani di uncontadino segnate da anni di duro lavoronei campi. Sopra: un anziano signoresorride sulla terrazza di un palazzo di città.In Italia c’è una forte disparità nel livellodei servizi sociali in città e campagna. Unaltro forte squilibrio è quello fra Nord e Suddel Paese (in basso: un piccolo villaggiocalabrese).ne concreta a un principio costituzionalmentegarantito: “L’assistenza privata èlibera” (art. 38, comma 5, Cost.). Essen-ziale resta l’intervento integrativo delloStato in caso di insufficienti condizioni ditutela. Del restoè di competenzaesclusiva delloStato la materiadella previdenzasociale (art. 117,comma 2, lett. o,Cost.), pur essendo garantita alle Regionigrande autonomia nella strutturazionedi forme di previdenza complementaree integrativa (art. 117, comma 3, Cost.).La materia è devoluta alla legislazioneNon è sufficiente garantire lapresenza di infrastrutture: ènecessario che si crei un clima“inclusivo”.concorrente (che si definisce così perchéa essa contribuiscono tanto il Parlamentonazionale quanto i diversi consigli regionali)e dunque le Regioni possono operareliberamente nell’ambito dei principi stabilitidal legislatore statale.Un esempio degno di nota è la creazionedella struttura intermedia, nata inLombardia come attività sperimentale tral’Azienda ospedaliera di Niguarda e laFondazione Don Gnocchi per dare assistenzacontinua ai pazienti che, dopo unlungo ricovero ospedaliero, non sono ingrado di rientrare a casa per la permanenzadi disturbi cognitivi, o per la perditadell’autosufficienza, o per problemisociali. Auspicabile sarebbe il potenziamentosul territorio nazionale di questastruttura, caratterizzata da un livello diassistenza più basso rispetto al ricoveroospedaliero, con limitazione di nuoviricoveri e conseguente diminuzione deicosti sanitari.14 • n. 2, maggio-agosto 2010
Per vivere la terza etàFoto: iStockphoto/AlexRathBADANTI: chi sono gliangeli dei nostri anzianiPiù di un milione le lavoratrici straniere in Italia. La legge haregolarizzato la loro posizione nel 2009.di Gabriele RosanaIl ciuffo sbarazzino di Christian Chivu, idelicati tratti di una ragazza avvolta in unhijab, il sorriso d’avorio di una giovanedonna dal profilo slavo. Sono i loro caratteri,prim’ancora che i messaggi a questiaffidati, a parlare, dai cartelloni pubblicitariche campeggiano sui bus di mezzaItalia e alle fermate della metropolitana.Sono i testimonial che una nota compagniatelefonica italiana ha scelto perveicolare un semplice quanto essenzialemessaggio: con noi vi sentirete più vicinia casa. Romania, Filippine, Polonia...lavoratori stranieri in terra italica rimasticon il cuore (oltre che con l’orecchio) nelleloro terre d’origine.C’è un’altra faccia dell’immigrazionein Italia, sospesa tra Africa e Cina. Un esercitoche rifugge la clandestinità e reclamaun regolare posto di lavoro. È l’affaire “badantie colf”, cui la normativa ha, nella caldaestate 2009, cercato di dare una risposta,sottraendolo innanzitutto al giro di vitealla base della restrittiva politica di rimpatrioimmediato degli immigrati irregolari.Una mannaia, quella del Governo, pronta acadere sulle teste di più di un milione di lavoratoriche sino ad allora avevano alimentatole cifre dell’economia sommersa delnostro paese; presenze, però, sempre piùvitali – come si sottolineò provvidenzialmenteda più parti politiche – in seno allefamiglie italiane avviate inesorabilmenteverso un progressivo invecchiamento, lacui posizione era indispensabile sanare. Lasanatoria delle posizioni di quei lavoratori,soprattutto extraeuropei, che prestano laloro attività in famiglia, s’era resa necessariacon l’entrata in vigore della legge sullasicurezza, che aveva introdotto il reatodi clandestinità, determinando d’un trattogravi difficoltà proprio per badanti e colfe travolgendo cosìinevitabilmente edi riflesso le famiglieche traggonogiovamento dalloro apporto lavorativo.Incassate lemediazioni politiche e le convergenze bipartisan,il provvedimento fu inserito dalgoverno nel decreto legge anti-crisi (d.l.78/2009), all’art. 1-ter, contenente disposizioniin materia di attività di assistenza e disostegno alle famiglie. Provvedimento urgenteconvertito dal Parlamento, con modifiche,il 3 agosto successivo con la legge102/2009: di lì a poco le previsioni legislativesulla regolarizzazione dei lavoratoridomestici, con i relativi moduli, avrebberooccupato i tavoli di sindacati e patronati.Rigido – dal 1° al 30 settembre 2009 – iltermine previsto per la presentazione delledichiarazioni di emersione, al fine di regolarizzarei rapporti di lavoro già esistenti ma“in nero”. Cinquecento euro il contributounico richiesto dalla normativa per regolarizzarerapporti di lavoro in atto da almenotre mesi, per un massimo di tre per ciascunnucleo familiare. A presentare la domandaper la sanatoria dei collaboratori domesticipossono essere datori di lavoro italiani maanche cittadini di un paese dell’Unione Europeae finanche extracomunitari, purché inpossesso del permesso di soggiorno.Ripercorrendo i momenti in cui – afronte di problematiche sociali puntualmenteincalzanti – la legislazione s’è trovataripetutamente a fare i conti con la sistematizzazionegiuridica del profilo dellebadanti, segnali interessanti vanno colti neidecreti flussi e nelle manovre finanziarie diinizio decennio, quando, in seguito ai provvedimentidella Legge Bossi-Fini sull’immigrazionestraniera, proprio la categoriadelle assistenti domestiche ha “strappato”una regolamentazione più flessibile. Conla Finanziaria 2005, che ha definito il lavorodelle badanti “in relazione a personeche possano documentare, con certificazionemedica, lo stato di bisogno di assistenza”(determinata anche semplicementedall’avanzata età e non esclusivamenteda particolari patologie), si è giunti a distinguereproprio il lavoratore domesticoresponsabile di attività di assistenza rispettoalla più ampia categoria dei lavoratoridomestici sic et simpliciter (tra cui, quindi,anche baby sitter, cuochi, addetti alle pulizie).La legge ha in sostanza risposto a unC’è un’altra facciadell’immigrazione italiana, cherifugge la clandestinità e reclamaun regolare posto di lavoro.costume sempre più diffuso in Italia dallametà degli anni Novanta, sicché – a frontedi un welfare leggero – la figura “assistenzialista”in seno alla famiglia dai bambini èpassata ad occuparsi degli anziani.panorama per i giovani • 15