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numero 2/2010 - Collegio Universitario Lamaro Pozzani

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Per vivere la terza etàtraghettando il sistema pensionistico dalprincipio retributivo a quello contributivoe affiancando al criterio della ripartizionequello della capitalizzazione e rimodulandogli indici di commisurazione dellepensioni (gli ultimi, definiti dalla legge247/2007, sono entrati in vigore nell’annocorrente), nonché i criteri per poter accederealla pensione.Nell’ultimo ventennio si sono succeduteriforme più o meno importanti, conlo scopo di tenere sotto controllo il trendcrescente della spesa pensionistica, fruttoanche di trattamenti che, giudicati ex post,appaiono troppo generosi.La prima grande riforma è stata approvatadal governo Amato nel 1992.Essa prevedeva l’innalzamento dell’etàpensionabile per i lavoratori dipendentidel settore privato da 60 a 65 anni per gliuomini e da 55 a 60 per le donne; inoltreveniva modificato il calcolo del montantepensionistico sulla base non più deglistipendi degli ultimi 5 anni (regime pre-Amato), ma della media degli stipendi ditutta la vita lavorativa.Nel 1995 si è avuta la Riforma Dini,che ha segnato il passaggio dal metodo dicalcolo retributivo a quello contributivo.Il montante contributivo per il lavoratorepubblico si ottiene dalla capitalizzazionedel 33% della retribuzione a un saggiopari alla media mobile degli ultimi 5 annidella crescita del Pil. Il montante è poitrasformato in pensione dividendolo perun coefficiente variabile in ragione dellasperanza di vita al momento del pensionamento.Tale riforma prevedeva un’applicazionegraduale del nuovo sistema, cheIl valore delle attività nonretribuite svolte dagli anziani èpari a 18,3 miliardi di euro, circal’1,3% del Pil.opera a pieno regime per gli assunti dopoil 31 dicembre 1995.Nel 2004 è stata approvata la RiformaBerlusconi, che ha ritoccato l’età minimapensionabile portandola a 65 per gliuomini e 60 per le donne, ha introdottoforme di previdenza complementare emodificato la disciplina del Tfr. Gli ultimianni sono stati caratterizzati da interventisettoriali principalmente volti a favorireforme di previdenza complementareprivata, la posticipazione della pensione98765Rapporto fra la spesa sanitaria e il Pil italiano (in percentuale)199820022006201020142018Fonte: Ragioneria Generale dello Stato, Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e sociosanitario(2007).pur in presenza dei requisiti minimi, conrestrizione delle finestre per il pensionamentoanticipato, nonché l’ultimissimanovella che ha portato l’età pensionabilepure per le donne a 65 anni.Dall’analisi del sunto qui presentatonon possiamo non notare come il vero puntodi svolta nella storia delle pensioni si siaavuto con la riforma Dini, dalla quale risultacon cristallina chiarezza il collegamentotra crescita economica, pensioni e invecchiamentodella popolazione. Svolta cheperaltro sembra risolversi non solo in unamaggiore economicità del sistema, bensìin una decisa diminuzione dell’ammontaredelle pensioni individuali (si stima mediamenteun -9% dell’importo annuale).20222026203020342038204220462050L’anziano: costo o risorsa?Finora si è focalizzata l’attenzione suquanto incide l’invecchiamento dellapopolazione sulloStato sociale.La recente ricercaIres Il capitalesociale deglianziani, però, ciaiuta a vedere ilfenomeno da un altro punto di vista. Inbase a tale ricerca infatti, il valore delleattività non retribuite svolte dagli anzianiè pari a 18,3 miliardi di euro, circa l’1,2%del Pil. Non certo una cosa da poco. Taledato non si riferisce solo al valore veroe proprio delle attività svolte ma anchealle esternalità positive che esse generano,soprattutto nei confronti delle donnelavoratrici e dei minori e che si traduconoin un aumento del benessere collettivo.Gli over 54 impegnati nell’aiuto gratuitosono circa 4.071.000 (dati Istat 2006Parentela e rapporti di solidarietà) e assicuranoogni mese approssimativamente150 milioni di ore di aiuto, pari a oltre il50% del volontariato prestato dai cittadiniitaliani. Circa l’80% di questo monteore è dedicato alla cura dei minori. In terminimonetari il contributo lavorativo diun anziano è pari a 348.660.984 euro ilmese. Il tutto ha una ricaduta positiva sulrisparmio delle famiglie: il risparmio indirettoassicurato dai nonni è stimabile inuna cifra tra 495.600.000 e 1.321.600.000euro annui.Questa ricerca però non può fare ameno di sollevare degli interrogativi cheda tempo tolgono il sonno agli economisti:come valutare effettivamente il valoredelle attività non di mercato? Purtroppospesso i numeri e il bisogno esasperato diricondurre tutto a indicatori ci fanno dimenticareche esistono dimensioni difficilmentequantificabili in denaro, le quali,tuttavia, costituiscono comunque una fonteimportante di produttività ed efficienzaeconomica nonché di coinvolgimento epartecipazione sociale degli anziani.Nell’ambito del volontariato le personecon più di 55 anni sono circa 304.000su 826.000 volontari. È indiscutibile inoltreche un anziano attivo goda di una miglioresalute e ciò ha ricadute positive sulsistema sanitario.Se Terenzio nel II secolo a.C. affermavache senectus ipsa morbus est, ovveroche la vecchiaia è di per sé un male, algiorno d’oggi gli anziani possono invecegodere di una migliore qualità di vita,svolgendo un ruolo di grande importanzanella società.panorama per i giovani • 11

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