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numero 2/2012 - Collegio Universitario Lamaro Pozzani

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Primo pianoFoto: iStockphoto.com (Danielrao; darvikk)Studiare fisica a Roma:un percorso di stimoli, passionee abnegazioneA <strong>Lamaro</strong> <strong>Pozzani</strong> student’s experience. Studying Physics at “LaSapienza” University in Rome: pros and cons of a five-year academiccourse in the Enrico Fermi department.di Giovanna Chiara RodiL’atmosfera di un polo di ricercainternazionale è ricca di stimoli:la pecca è nell’organizzazione deitempi.“In questo istituto [] insegnò e studiò EnricoFermi. Qui investigò la struttura dellamateria scoperse la radioattività provocatadai neutroni aprendo nuove vie nelmondo al sapere e al potere dell’uomo.”La targa occupa la parete che si incontraappena entrati nell’edificio Marconi delDipartimento di Fisica dell’Università“La Sapienza”; i brividi provati nel leggerlala prima volta, ormai quasi cinqueanni fa, sono il primo ricordo di questamia esperienza universitaria.Fisica: una scelta non molto ragionata,quanto piuttosto dettata dall’entusiasmoper la scienza, quale la sognavoappena concluso il liceo, dalla passioneper i numeri e dalla curiosità di una giovaneforse ingenua. E l’università “LaSapienza” era per me la scelta più naturale:a Roma, dove altro studiare fisica?Quasi al termine di questa esperienzae accompagnando ancora i colleghipiù piccoli, compagni in collegio, già dadiversi mesi mi trovo a ripensare questicinque anni, soppesando un percorsolungo, stancante, ma complessivamentesoddisfacente: ho studiato tante cose,ne ho imparate forse un po’ meno, masicuramente ho ricevuto tanti, tanti stimoli,come dalla passione dei docentiche ho incontrato e degli altri studenti.E proprio l’atmosfera che ho respiratoe vissuto in dipartimento mi ha sempreentusiasmato: né così grande da esseredispersivo e spersonalizzante, né cosìpiccolo da diventare monotono e poverodi spunti nuovi, l’ambiente è quellodi un polo di ricerca a livello internazionale,con il fare scienza percepibilenella quotidianità della didattica e nonsolo. Anche la disponibilità di professorie ricercatori contribuisce a crearerapporti mai eccessivamente formali,con i docenti sempre pronti ad aiutarestudenti in difficoltà, salvo eccezionidavvero rare.I rimpianti maggiori riguardano sicuramentel’organizzazione del tempo:poco, troppo poco per gustare le materie,impossessarsene sviluppando spiritocritico e alimentando la curiosità.Decisamente insufficiente, per me, permaturare conoscenze lucide e durature:complice (o forse prima responsabile)l’organizzazione del corso di laureacome 3+2, gli anni della triennale sonoun continuo inseguimento di lezioni, laboratoripomeridiani ed esami.Con una media di quattro corsi asemestre, uno dei quali è sempre associatoa un’attività laboratoriale, dopo iprimi tre anni ci si ritrova fisicamentestanchi, con tante conoscenze accumulate(delle quali rimangono spesso peròsolo idee indistinte) e poche abilità pratichesviluppate. È l’inerzia a spingertiavanti con gli esami, la voglia di finiree di avere finalmentedel tempoda gestire diversamente,magariper approfondirespunti particolarmenteinteressantio semplicemente per riordinare leinformazioni acquisite. Solo pochi deimiei compagni sentivano al terzo annol’ardore e la passione dell’inizio; l’interosistema organizzativo sembra noninteressarsene, attento quasi unicamenteai tempi della laurea, allettando convari incentivi la conclusione rapida, anchese sofferta, del percorso di studio.Un esempio è nella politica dell’appellounico a sessione quando sono presentiesoneri durante il corso, diffusa tra idocenti, i quali, se mediamente mostranouna disponibilità estremamente elevataverso le esigenze degli studenti, spessonon sembrano comprendere la difficoltàoggettiva che creano loro, quando magariappelli di corsi dello stesso anno risultanosovrapposti o concentrati in pochigiorni. E il semestre è fin troppo occupatodalle lezioni frontali e dalle attivitàassociate perché sia possibile essere alpasso con tutti i corsi, mantenendo luciditàe concentrazione. Dei primi tre anninon ho un ricordo spensierato, ma piuttostoconfuso e soffocante: con il tempoche scivolava nelle giornate in università,nelle notti china su libri ed esercizicercando di non perdere il filo delle lezioni,rileggendo convulsamente gli appuntianche durante il viaggio quotidianotra il <strong>Collegio</strong> e il dipartimento – un’oradi mezzi pubblici, pesante quando rubataal sonno del mattino per partecipare allelezioni delle otto, ma spesso per me l’unicapreziosa ora per percepire la gentee la città.Più volte mi sono chiesta se era cosìche pensavo sarebbe stata l’università,più simile a un “esamificio” che all’immagineingenua e idealizzata che avevoin mente durante gli anni di scuola,ma il confronto con compagni di altrefacoltà e università è stato sempre diamaro conforto. Più volte ho anche dubitatodell’effettiva utilità di un sistemadel genere, nel quale curricula brillantie voti elevati si scontrano spesso con lapercezione della propria formazione,non equivalentemente brillante perchépoco lucida e consapevole. Perché,forse più delle effettive conoscenze acquisite(quanto davvero queste possonoessere valutate in un’ora di colloquioorale?), a Fisica sono premiati lo studioe la (spesso abnegante) resistenza el’umanità, che sembra mancare nell’organizzazionepratica dei tempi e dellamole di conoscenze da acquisire, nonmanca nella fase della valutazione.La situazione è fortunatamente miglioredurante il percorso magistrale. Ilmio dipartimento offre <strong>numero</strong>si curriculadiversi, con ampia scelta di corsinegli ambiti principali di Fisica teorica,particellare, della materia e Astrofisica(mentre l’offerta va riducendosi nel44 • n. 2, maggio-agosto <strong>2012</strong>

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