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numero 2/2012 - Collegio Universitario Lamaro Pozzani

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TecnocraziaL’Europa al bivio della crisiTenendo presente la storia ‘pendolare’dell’integrazione europea tra la visionedemocratica e la costruzione tecnocratica,risulta con maggiore chiarezza comela crisi rappresenti un bivio tra la disintegrazione(o, al limite, la stagnazione) eun salto di qualità a livello democratico.Il suo effetto è di fatto ambivalente. Daun lato si constata un indubbio rafforzamentodi meccanismi vecchi e nuovitesi a salvaguardare l’unità dell’UnioneEuropea, attraverso riforme di stampoeconomico che perpetuano lo spiritosolidaristico alla base della costruzioneeuropea stessa (in particolare il fiscalcompact e il cosiddetto scudo anti-spread).L’unica tecnocrazia oggi veramenteoperante a livello comunitario, la Bce,dispone tuttavia di un mandato così ristrettoche non le permette di esprimereil suo potenziale per la stabilità finanziaria,al pari delle altre grandi banchecentrali. Dall’altro lato, si percepiscenelle popolazioni europee l’impressioneormai consolidata di trovarsi di fronte aun moloch burocratico – in questo caso,economico – freddo e lontano, sottopostoa tecnocrati che sembrano avere piùa cuore la lotta a una possibile inflazionefutura che le esigenze della pace socialee del benessere collettivo oggi. Ne sonoprova le espressioni di frustrazione erabbia provenienti dalle società civili dimolti paesi in difficoltà, simboleggiatedal movimento dei cosiddetti indignados,nei confronti della troika formatadalla Commissione europea, dalla BancaCentrale europea e dal Fondo monetariointernazionale, ritenuta responsabiledell’affossamento attraverso il rigore fiscaledi tali comunità. A fronte, dunque,di una possibile spinta verso la democratizzazionedei meccanismi di integrazionecon il collante e con la propulsionedati dai nuovi strumenti fiscali e monetari,emergono ulteriori deficit.Ciò soprattutto in quei paesi (Greciae Spagna, ma anche l’Italia) in cuila maggiore violenza della bufera suimercati ha portato all’instaurazione digoverni tecnici o comunque disponibilia recepire le direttive provenienti dalleistituzioni europee. La contraddizionetra impianto democratico e tecnocraziadi fondo è stata qui ulteriormente messain luce, anche a livello nazionale. Ineffetti, parlamenti, governi e partiti politicinazionali non traggono alcun beneficiodalla mancanza di fiducia nellestrutture comunitarie, con performanceanche peggiori nei sondaggi dell’opinionepubblica. Dato che le istituzioninazionali non si avvantaggiano della sfiducianell’Unione Europea, è irrealisticopensare che quest’ultima possa avvantaggiarsidella crisi di legittimità delleprime. Il risultato è un pericoloso vuotopolitico in cui l’insinuarsi di movimentipopulistici come quelli citati può esserefermato solo attraverso il recupero della“legittimità tangibile” a livello economicodell’integrazione europea.A oggi dunque, laddove il deficit democraticocontinua senz’altro a rappresentareuna pecca della costruzione europea,una tecnocrazia europea che fissipaletti di carattere economico ai paesimembri fornisce la possibilità di realizzareriforme strutturali altrimenti difficilida affrontareper esigenze dinatura politica enecessità di sostegnoelettorale.Il bilancio, provvisorio,solo amedio termine permetterà di verificarela bontà della strada intrapresa – seppurecon molte incertezze e ripensamenti,anche a causa del comportamento dialcuni stati membri – dalle istituzionieuropee.Per rafforzare la costruzioneeconomica si deve pervenire aun grado più intenso di unionepolitica.Certe sono invece le due alternativetra le quali molto presto sarà necessarioscegliere: disintegrazione oppure ulterioreintegrazione; e a questo proposito dapiù parti sono stati lanciati ripetuti appelli.Sembrerebbe anzi esservi un vastoconsenso sull’affermazione che per rafforzarela costruzione economica, speciemonetaria, si debba pervenire a un gradopiù intenso di unione politica. Qualora sigiungesse a una piena integrazione politicaeuropea, infatti, sarebbero le elezioni– strumento della democrazia rappresentativaper eccellenza – a indicare le lineeprogrammatiche alle quali le istituzionidi governo europee dovrebbero attenersi.Questa evoluzione renderebbe a un tempopiù semplice la soluzione delle crisi contingentie più democratico il processo decisionale.Paradossalmente, proprio la crisimonetaria potrebbe rivelarsi un motoredi crescita economica (portando a un surplusnella bilancia dei pagamenti di paesideboli dell’Eurozona) che consentirebbeai medesimi di soddisfare le restrittivenorme di finanza pubblica imposte dallapermanenza in un’Eurozona rafforzata sullato politico.panorama per i giovani • 17

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