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numero 2/2012 - Collegio Universitario Lamaro Pozzani

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<strong>Collegio</strong> <strong>Universitario</strong> “<strong>Lamaro</strong> <strong>Pozzani</strong>” - Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoropanoramaper i giovani<strong>Collegio</strong> <strong>Universitario</strong> “<strong>Lamaro</strong> <strong>Pozzani</strong>” - Via Saredo 74 - Roma - Quadrimestrale - POSTA TARGET CREATIVE Aut. n. S/SA0188/2008 valida dal 01/07/2008 - anno XLV - n. 2 - maggio-agosto <strong>2012</strong>TECNOCRAZIABREVETTIDiritti da tutelareprogresso da condividereSCIENZA E POTEREDallo spazio alla sanitàalle ricerche militariARTEDue mostre con il contributodella Fondazione SantarelliSoluzione o minaccia?


Sommariopanorama per i giovaniUn giocatoredi scacchimuove il Re(Foto: iStockphoto/LuminaStock).n. 2, maggio-agosto <strong>2012</strong>3. Editorialedi Stefano SempliciTecnocrazia4. Tecnocrazia: soluzione o minaccia?Un’analisi storica e filosofica del concettodi tecnocrazia.di Nicola Galvani7. Intrecci multinazionaliLa proprietà delle aziende multinazionali èsempre più concentrata nelle mani di pochi.di Davide Brambilla10. Burocrazia. L’analisi di Max WeberAll’origine della burocrazia il modernoprocesso di razionalizzazione.di Ruggero Pileri12. La giungla dei brevetti softwareUn dibattito fra protezione dei diritti eostacoli al progresso.di Antonio Loquercio15. L’Europa tra tecnocrazia e democraziaÈ sempre più urgente ridurre il deficitdemocratico delle istituzioni europee.di Elena Martini18. La scienza come strumento dipotere militare e politicoDa sempre la scienza ha contribuito adecidere l’esito di guerre e battaglie.di Nicholas Burali e Martina Gerbino21. Il tecnopotere in orbitaLa lotta fra Usa e Urss per la supremaziaspaziale.di Saverio Cambioni24. Informatica e tecnologia. Il mondoa portata di manoOlivetti, Jobs, Page e Brin: alcuni deiprotagonisti della tecnologia che usiamoogni giorno.di Riccardo Cappadozzi e Luca De Francesco28. Sanità: il costo della tecnica e idiritti di cittadinanzaQuali scelte bisogna fare per assicurare ildiritto alla salute?di Gianmarco Lugli31. Napoli-Heidelberg: sola andataper il piacere della scopertaIntervista con Teresa Carlomagno,chimica degli European MolecularBiology Laboratories della città tedesca.a cura di Floriana Vincis33. I governi tecnici: una storia tuttaitalianaDa Giuseppe Pella a Mario Monti, unabreve storia dei governi tecnici nel nostropaese.di Henri Ibi e Carlotta Orlando36. Modelli di tecnocrazianell’immaginario: un equilibrio trautopia e distopiaI romanzi di Huxley e di Orwell e moltifilm rappresentano un futuro tecnocratico.di Francesca Parlati39. Post scriptadi Luigi RothPrimo Piano40. Arte a Roma: le collezioniSantarelliIntervista con il Cavaliere del LavoroPaola Santarelli, presidente dellaFondazione Dino ed Ernesta Santarelli.a cura di Donato Sambugaro44. Studiare fisica a Roma: unpercorso di stimoli, passione eabnegazioneL’esperienza di una studentessa del<strong>Collegio</strong>.di Giovanna Chiara RodiRecensioni46. Everybody wants to party with youLa tappa romana del tour di Madonna,regina della musica pop.di Elisa Giacalone48. La tempesta gemella. Suoni delnostro tempoIl festival organizzato da una delle piùimportanti etichette italiane permette discoprire molti gruppi emergenti.di Livio GhilardiPANORAMA PER I GIOVANIPeriodico della Federazione Nazionaledei Cavalieri del Lavoro - RomaAnno XLV - n. 2 - maggio-agosto <strong>2012</strong>Direttore responsabileMario SarcinelliDirettore editorialeStefano SempliciSegretario di redazionePiero PolidoroRedazione: Serena Berenato, DavideBrambilla, Selene Favuzzi, ElisaGiacalone, Gianmarco Lugli, FrancescaParlati, Gabriele Rosana, Donato AndreaSambugaro, Sara Simone, VivianaSpotorno.Direzione: presso il <strong>Collegio</strong> <strong>Universitario</strong>“<strong>Lamaro</strong> <strong>Pozzani</strong>” - Via Saredo 74 -00173 Roma, tel. 0672.971.322 - fax0672.971.326Internet: www.collegiocavalieri.itE-mail: segreteria@collegiocavalieri.itAgli autori spetta la responsabilità degliarticoli, alla direzione l’orientamento scientificoe culturale della Rivista. Né gli uni, nél’altra impegnano la Federazione Nazionaledei Cavalieri del Lavoro.Potete leggere tutti gli articoli della rivistasul sito: www.collegiocavalieri.itAutorizzazione:Tribunale di Roma n. 361/2008 del13/10/2008.ScriveteciPer commenti o per contattare gli autori degliarticoli, potete inviare una e-mail all’indirizzo:panoramagiovani@cavalieridellavoro.it


EditorialeL’esigenzadi un poterecompetentenon va confusa conl’illusionedi una competenzaneutrale.La “tecnocrazia” è definita da Domenico Fisichella – nellavoce a essa dedicata nel Dizionario di politica curatoda Bobbio, Matteucci e Pasquino – una tra le nozioni“più ambigue dell’intero corpo concettuale delle scienzesociali moderne”. Un giudizio che dipende in primo luogodalla difficoltà di identificare gli attori, gli “esperti” ai quali cisi riferisce, ma anche dall’incertezza sull’ampiezza storica delfenomeno, dalla diversa interpretazione dell’essenza stessa dellatecnocrazia – oscillante fra la semplice capacità di influenzarein modo decisivo le dinamiche del potere e l’emancipazione diquest’ultimo dalla sua tradizionale natura “politica” – e, infine,dalla mancata chiarezza sull’inquadramento sociale dei tecnocrati,visti da alcuni come una categoria professionale caratterizzataal suo interno da valori e obiettivi diversi e da altri comeuna vera e propria “classe sociale”, orientata al conseguimentodi obiettivi omogenei.Ognuno di questi elementi meriterebbe naturalmente un approfondimento,a partire dalla consapevolezza che prima del problemadei “tecnici al potere” c’è sempre quello dei tecnici (degliscienziati) di fronte al potere. Il sovrano e i sovrani, fin dalle cortirinascimentali con il loro mecenatismo interessatoa vantaggio degli ingegneri oltre che degliartisti, hanno riconosciuto nell’utilità del saperee delle sue applicazioni l’instrumentum regniche avrebbe deciso i conflitti dell’epoca moderna.C’è probabilmente un po’ di esagerazione,ma senz’altro molto realismo nell’affermazioneche si poteva leggere nel 1968 in un volumettosull’università e il suo destino: nel mondo medioevaleera il Papa a decidere se una teoria eravera o falsa; in quello industriale decide il Pentagono.Anche non volendo esasperare il rilievo della constatazioneche molte delle scoperte che hanno avuto il maggiore impatto sullavita quotidiana sono venute dalla ricerca a scopi militari, è vero cheil rapporto fra la politica e la “tecnoscienza”, che si è affermata insiemeai mercati come il vero vettore della globalizzazione e dellesue asimmetrie, rimane complesso e solleva molti interrogativi: chidecide quale sapere e quali competenze meritano di essere promossie dunque finanziati? In che modo le nuove tecnologie, a partireda quelle dell’informazione e della comunicazione, ridefinisconoi meccanismi di formazione e gestione del consenso? E ancora:questo sviluppo contribuisce alla ridistribuzione o a una ulterioreconcentrazione del potere reale? Qual è lo spazio concreto dell’autonomiadegli individui in un mondo che si regge su reti di competenzee comunità di agenti sostanzialmente sottratti – si pensi soloalle caratteristiche e alle patologie della finanza internazionale – aogni tradizionale controllo “democratico”?Robert Dahl, lo studioso al quale dobbiamo pagine fra le piùchiare e incisive sulla tecnocrazia, riassume il comun denominatoredelle sue molte versioni nella tesi che la conoscenza delbene pubblico e dei mezzi per conseguirlo ha caratteristiche dioggettività “scientifica” e che questa conoscenza, a causa dellasua complessità, può essere acquisita solo da una minoranza diadulti piuttosto ristretta. Questa minoranza, alla quale attingonoi cosiddetti “governi dei tecnici”, diventa una risorsa allaquale ricorrere per alzare un argine al conflitto degli interessiparticolari, se non il migliore dei governi tout court. Quelladi garantire un potere “competente” è certamente un’esigenzadecisiva per il futuro delle nostre democrazie, di fronte all’avanzare,per dirla con Lippmann, di coloro che sanno “sedurre,mistificare, o comunque manovrare”, con la conseguenza chela considerazione decisiva “non è se una proposta sia buona,ma se sia popolare”. Essa non va tuttavia confusa con l’illusionedi una competenza neutrale e per questo capace di risolverei problemi in nome e a vantaggio di tutti, specialmente quandone va degli obiettivi per i quali le democrazie sono nate, a partiredalla costruzione di un sistema di diritti civili e sociali dicittadinanza e da un’equa partecipazione alladivisione della ricchezza.I “competenti” – a partire dagli economisti,che vengono candidati e si candidanocome espressione del sapere specializzatoche più di ogni altro sarebbe in grado di riconosceree promuovere l’interesse generale –sono divisi fra loro sui mezzi per raggiungereobiettivi universalmente condivisi, come lasciaremeno debiti e più capacità di crescita esviluppo alle generazioni future. Ma sono altrettantoe ancor più divisi sui fini, sull’idea di uomo e di societàal servizio della quale impegnare e condividere le stesse risorsemateriali. Come scriveva Max Weber, anche i risultati dell’agireeconomico sono sempre misurati dall’individuo e dalle collettivitàsulla base di esigenze etiche, politiche, di ceto, di eguaglianzao di qualsiasi altra specie e tali esigenze orientano quell’agirein modi che possono essere ugualmente “razionali” dal puntodi vista del calcolo dei mezzi e tuttavia profondamente diversinei risultati e nelle relazioni che promuovono. La democraziaè anche una scommessa sulla certezza che i tecnocrati – comeconclude Dahl – “non sono più qualificati di altri per formularele valutazioni morali essenziali”. Anche se proprio la grandezzadel loro sapere può far crescere il rischio che se ne dimentichino,mentre il mondo reale si ostina a trasgredire le regole alle qualidovrebbe adeguarsi…Stefano Semplicipanorama per i giovani • 3


Nuovi protagonistiTecnocrazia:soluzione o minaccia?Tecnocracy appears in many countries as a way to overcome the currenteconomic crisis. To entrust experts and technicians with politicalresponsibility, however, would it be the right answer to the currentpredicament? An historical and philosophical route through the conceptof technocracy over the centuries is surely helpful to understand betterthe situation and provide an answer.di Nicola GalvaniL’attuale scenario politico europeo, chevede Monti, docente universitario, varcarele porte di Palazzo Chigi e LucaIl termine “tecnocrazia”si afferma negli anni Trentaper indicare il crescente poteredella classe manageriale.Papademos, economista ed ex-presidentedella Banca centrale europea, diventarecapo del nuovo governo di coa-lizione ad Atene, induce ad indagare leorigini e gli sviluppi della tecnocrazia.L’espressione deriva dai terminigreci techne –che significa arteo tecnica – e kratos,ovvero potere.Per definizionela tecnocraziaè una forma digoverno, attuata per lo più in momentidi crisi, nella quale le decisioni di naturapolitica sono assunte da tecnici o,più correttamente, da tecnocrati. I primisono in senso stretto “specialisti” inun preciso ramo dello scibile umano,mentre i secondi non sono (né si percepisconoo si propongono) come tali.Entrambi, sia chiaro, emergono in basealla loro competenza e puntano all’efficienza.Tuttavia, mentre il tecnico è unesperto del particolare, uno “specialista”appunto, il tecnocrate è piuttostoun esperto del generale, che svolgemolteplici funzioni, vanta una conoscenzaglobale delle variabili dell’azionee sta al livello funzionale più alto, inparticolare nell’ambito del processo diproduzione industriale.L’utilizzo del termine si affermadagli anni Trenta proprio per indicareil crescente potere dei tecnici di produzione,ai quali subentra presto laclasse manageriale. La convinzione dibase è che chi è capace di governare ilprocesso aziendale sia in grado anchedi governare la società nella sua totalità.Grazie alla continua interazione tral’industria e il sistema di difesa stataledurante i periodi bellici e al semprepiù invasivo intervento statale nell’e-Foto: iStockphoto (ricardoazoury; romkaz)4 • n. 2, maggio-agosto <strong>2012</strong>


Nuovi protagonisticonomia del paese, la tecnocrazia siapre ai più alti livelli della burocrazia,dell’apparato militare, nonché a personaggidi spicco di facoltà universitarie.Un esempio è la carriera di Robert S.McNamara, presidente della Ford MotorCompany, ministro della Difesa degliStati Uniti d’America al tempo dellaguerra in Vietnam e poi presidente dellaBanca mondiale.Quelli che oggi vengono consideratipotenziali protagonisti della tecnocraziasono insomma esperti e studiosi dispecifici campi (economisti, giuristi,scienziati, sociologi, ingegneri), selezionatiin base alla propria esperienza,prescindendo da ogni convinzionedi carattere politico, membri di quellache Bell definisce la “classe teoretica”.Superando la divisione tradizionale trapolitica come regno dei fini e tecnicacome regno dei mezzi, il tecnocratesostituisce la decisione discrezionale eassiologicamente fondata con una decisionenon discrezionale, frutto di calcolie previsioni effettuati sulla base dicriteri di efficienza. Come sottolinea ilprofessor Claudio Finzi, nella mentalitàtecnocratica razionalità e verità sonoindissolubilmente unite e si fondano suelementi meramente quantitativi, nonlasciando più posto a giudizi di valore.Non a caso la tecnocrazia affondale proprie radici nell’Illuminismo settecentesco,momento storico nel qualeveniva esaltata l’importanza della ragione,si sviluppa nell’Ottocento attraversola Rivoluzione industriale e giungea compimento nel Novecento.La concezione tecnocratica, in quantovisione semplificata del reale, si puòdefinire propriamente come ideologia egià nella “sofocrazia” di Platone è possibilescorgere vedute tecnocratiche. Laconoscenza sapienziale elogiata dal filosofogreco, tuttavia, ha un orizzonteche spazia lungo dimensioni e percorsiassai più ampi e ramificati di quellitipici della “ragione strumentale”. Aquesto proposito, merita una citazioneanche la Nuova Atlantide di FrancescoBacone, descritta come un enorme stabilimentodi ricerche scientifiche, ovegruppi di esperti nei rami più disparatidel sapere spendono le proprie energieal fine di raggiungere un preciso obiettivo:il compiuto dominio dell’uomosulla natura.La prima consapevole espressione diideologia tecnocratica è però attribuitaal filosofo e sociologo francese Claude-Henry Rouvroy, conte di Saint Simon.Egli sosteneva che tutte le scienze nonsono altro che “una serie di problemi darisolvere, di questioni da esaminare”,auspicando che un unico metodo, quellosperimentale, venga applicato a tuttequante le discipline, comprese quelle dicarattere politico, in modo da far cessarequella che definiva l’“infanzia dellascienza”. Il filosofo candida al poterepolitico della Francia quanti partecipanoalla sua trasformazione economica,con il sentito auspicio che al “governodegli uomini” possa subentrare l’“amministrazionedelle cose”.Sulla stessa linea si muove AugusteComte che, fiducioso nel progresso, affermavala necessità di una direzione“tecnologica” della società. Alla tecnicaspetta quindi una funzione di sperimentazionee direzione politica e sociale.Tale concezione si manifesta nell’ideadi uno stato che non eserciti piùunicamente una funzione di controllopolitico sulle masse, ma presieda anchealla produzione industriale e all’amministrazionescientifica della res publica.Il teorico socialista Friedrich Engels hauna visione analoga.Sono così postele basi di unconfronto vivacee complesso: ilIn alto: una statua di Platone, la cuirepubblica ideale, retta da filosofi,anticipa la moderna idea di tecnocrazia.Nella pagina precedente: una catenadi montaggio; fu il crescente poteredei tecnici di produzione nella societàtaylorista a far affermare, negli anni Trentadel Novecento, il termine “tecnocrazia”.I protagonisti della tecnocraziasono esperti di specifici campi,membri di quella che Belldefiniva la “classe teoretica”.concetto stessodi tecnocrazia, in tutte le sue sfaccettature,è per sua natura polisemicoe come tale si offre a <strong>numero</strong>se interpretazionie polemiche. Nei momentidi difficoltà, soprattutto economica,la tecnocrazia appare a molti l’unicorimedio possibile. Per altri, al contrario,la società umana è troppo vasta ecomplessa per poter riporre fiducia insoluzioni di carattere unicamente tecnico.Un’altra accusa che spesso vienerivolta all’ideologia tecnocratica è proprioquella di assolutizzare i miti dellascienza e del progresso, trasformandolinei soli mezzi in grado di garantirel’evoluzione economica e civile dellacomunità umana.Partendo dal concetto di tecnocrazia,si arriva così a una riflessione sullatecnica in quanto tale, intesa come unospecifico e straordinario potere dell’uomo.Questa riflessione non può fermarsia un’analisi funzionale ed esige unavalutazione assiologica, il riferimentoalla dimensione etica. Le grandi conquistedella tecnica non sempre rendonolibero l’uomo e sono elemento diprogresso; lo ha ricordato recentementeanche il Pontefice Benedetto XVI, af-panorama per i giovani • 5


TecnocraziaFoto: iStockphoto (Arsty; PMUDU)fermando che il progresso scientificonon è riuscito a salvarci dalle “tempesteminacciose che ancora gravano sopra lastoria”, le quali sono da ricollegare allanatura umana, spesso trascinata dallasuperbia verso il peccato. Non dimentichiamo,inoltre, che il ricorso massiccioagli strumenti tecnologici nei luoghi dilavoro, almeno nel tempo breve, puòcomportare un aumento della disoccupazionee un conseguente aumento deiconflitti sociali.Il punto forse più delicato di ognitecnocrazia è però un altro: il poteredecisionale viene affidato a studiosi oesperti non eletti dai cittadini. Fare questosignifica mettere a rischio l’interosistema democratico. “Tecnocrazia edemocrazia sono antitetiche: se il protagonistadella società industriale è l’esperto,non può essere il cittadino qua-lunque”, ricordava Norberto Bobbio.Quando i cittadini perdono la fiducianelle istituzioni nate per tutelarli, la societàrischia di scivolare verso l’estremismo,in particolare sotto la pressionee l’urgenza di gravi crisi economicheA sinistra: Robert S. McNamara è unesempio di tecnico prestato alla politica;presidente della Ford Motor Company,venne chiamato da John F. Kennedy perricoprire l’incarico di segretario alla Difesa.Successivamente fu presidente della Bancamondiale.Fiducioso nel progresso, ilfilosofo Auguste Comte affermavala necessità di una direzione“tecnologica” della società.come quella chesta attraversandoin questo momentol’UnioneEuropea. È essenzialericordare,tuttavia, che,come insegna Polibio, anche la democrazianon è una forma di governo perfetta:essa corre costantemente il rischiodi degradarsi nella demagogia. Il puntocentrale della questione è dunque capirese la tecnocrazia possa costituire unaforma temporanea di governo, al paridella dittatura nella Roma repubblicana,per affrontare pericoli e superaresituazioni che se lasciate marcire porterebberoall’abbandono della democrazia.Il problema è che i tecnocratisi trovano spesso di fronte a decisioniche non possono essere prese basandosiunicamente su “verità scientifiche”, chenon solo non hanno spesso una validitàatemporale, ma talvolta nascondonopure visioni ideologiche; ogni decisionenel governo degli uomini come delleistituzioni implica un certo tasso didiscrezionalità. Essi, dunque, si trovanospesso a deliberare su questioni di carattere“politico” e non soltanto tecnico.Quest’ultimo aspetto può aiutarea comprendere la non rara deriva del“freddo” rigore tecnico verso un esitopotenzialmente totalitario, che realizzal’occupazione di ogni spazio dellavita individuale a opera di chi si trovaa gestire il reale in modo utopistico.L’esempio letterario forse più celebredi questo tipo di società tecnocratica ècontenuto nel capolavoro di Orwell daltitolo 1984, nel quale un unico partitosorveglia e dirige senza sosta la vita ditutti quanti i cittadini. L’opera dell’autorebritannico è stato non a caso definita“distopica per eccellenza”. A essasi contrappongono modelli “benevoli”di tecnocrazia (come la Federazioneunita dei Pianeti di Star Trek), ma almenoguardando alla letteratura apparedecisamente prevalente il modello “malevolo”e dispotico (l’Impero Galatticodi Guerre stellari ne è la prova). La tecnocraziacon la quale concretamente cimisuriamo nella nostra esperienza politicaha comunque una portata molto piùmodesta. Quella che gli italiani discutonoattualmente (e rispetto alla quale sischierano) più spesso ha il volto dell’ortodossiafinanziaria europea gestita dal“governo dei tecnici”.6 • n. 2, maggio-agosto <strong>2012</strong>


TecnocraziaFoto: iStockphoto/photomorphicIntrecci multinazionali“The structure of the control network of transnational corporationsaffects global market competition and financial stability”. They forma “giant bow-tie structure and a large portion of control flows to asmall tightly-knit core of financial institutions, which can be seen asan economic ‘super-entity’ that raises new important issues both forresearchers and policy makers”.di Davide BrambillaSi apre così, con le parole citate nel sommario,“The network of global corporatecontrol”, articolo pubblicato nel 2011da Stefania Vitali, James B. Glattfeldere Stefano Battiston dell’Eth di Zurigo(l’Istituto federale svizzero per la tecnologia).Da sempre gli appassionati dellateoria del complotto vedono il mondogestito da pochi poteri, non forti, fortissimi,adducendo però prove inconsistenti,notizie confuse, senza una sistematicaricerca.Già nella Roma repubblicana i cavalierisi accaparravano appalti in AsiaMinore (A. Giardina, L’uomo romano,Laterza); a cavallo del 1500 i Fugger,banchieri di Augusta, strinsero patti conChe cosa sono le multinazionaliSopra: le multinazionali sono unaimportante realtà economica. I lobbistisono professionisti che rappresentano gliinteressi di queste aziende presso il poterepolitico (a pag. 9 il Campidoglio, sede delCongresso degli Stati Uniti).i sovrani di tutta Europa, finanziando ipapi, i Medici e gli Asburgo; nel mondoglobalizzato in cui viviamo non possiamoignorare l’influenza delle multinazionali.Oggi è tanto facile gestire aziende all’altrocapo del mondo, quanto mantenerel’anonimato, creare Spv, cioè appositeOrganizzazioni produttive e/o finanziarie, dette anche transnazionali, con centrioperativi in più paesi. Per costruire o allargare le consociate estere compionooperazioni di investimento diretto.Negli ultimi anni vanno distinguendosi sempre più le imprese multinazionaliverticalmente integrate, che distribuiscono in vari paesi le diverse fasi del processoproduttivo, e le finanziarie o cash center, in cui la società-madre si trasforma inholding che assume partecipazioni di imprese produttive operanti in vari paesi esettori. Ciò dà luogo a una fitta rete di rapporti finanziari fra le varie unità del gruppoe consente di trasferire rapidamente i fondi dalle unità in surplus a quelle in deficit.panorama per i giovani • 7


Tecnocraziasocietà o prestanome, dare lavoro a centomilaoperai senza che questi sappianominimamente per chi lavorano.Negli anni si è sviluppata una letteraturadi studi settoriali sugli scambi, lequotazioni, il credito, i prodotti e le borse,ma mai nessuno, prima dell’articolodi Vitali, Glattfelder e Battiston, avevaSecondo un recente studio787 proprietari detengonol’80% delle 43.000 impresemultinazionali oggi censite.Link utiliwww.opensecrets.org/lobbyDati e informazioni sulle attività dellelobby presso il Congresso americano.www.corporateeurope.org/projects/revolvingdoorwatchOsservatorio sul fenomeno delle revolvingdoor presso le istituzioni europee.fornito un così esaustivo e preciso lavorosulle connessioni tra multinazionali e reciprocirapporti di proprietà, il cosiddettonetwork of ownership. Un dato su tutti:787 proprietari detengono l’80% di tuttele multinazionali; bisogna considerareche l’Ocse (Organizzazione per la cooperazionee sviluppo economico, conosciutaanche come Ocde) ha censito circa 43.000imprese transnazionali. Andando a fondo,emerge che 147 gruppi o cordate controllanoda soli il 40% delle multinazionali,con una significativa presenza del corebusiness finanziario. La concentrazione,come sottolineano gli autori, non è buonao cattiva in sé, ma può rivelarsi pericolosaall’aumentare delle connessioni (e ilmodello matematico adottato ha riconosciuto600.000 tra collegamenti diretti eindiretti): quello che ha permesso stabilitàin periodi di crescita, amplifica ora i dannidella crisi, provocando un effetto dominosu scala globale. Si può pensare, senzagrandi difficoltà, che questa trama internazionaleabbia spinto i vari governi, inmaniera non indifferente, al salvataggiodi molte banche nell’ultimo triennio.L’altro spunto della riflessione, chevogliamo fare nostro, riguarda la liberaconcorrenza. Il mercato si dichiara libero,dice di punire i cartelli, vuole liberalizzare;ma fino a che punto è realmente libero?Attraversiamo l’Atlantico e arriviamonegli Stati Uniti, la più grande democraziaoccidentale, dove il concetto di libertàè sacro a tal punto che sono state giudicateincostituzionali, dalla Suprema Corte,le norme che volevano porre un limiteai finanziamenti elettorali provenienti daprivati e societàquotate e destinatia partiti, senatorio all’elezione delPresidente. Scrivein un articoloLindsay RenickMayer: “Se da un punto di vista democraticoil Congresso degli Stati Uniti è l’istituzionepiù corrotta del mondo, non vi è nulladi rilevante sul piano penale. In completalegalità i gruppi d’interesse hanno speso32.523 dollari per ogni parlamentare, inogni giorno di sessione, per comprare iloro voti. Ciò che altrove è giudicato comeun’attività criminale è ammesso come unsemplice affare, in un paese che rifiuta lanozione di interesse generale e fonda larappresentatività parlamentare su coalizionidi interessi particolari”.D’altro canto il dichiarato pluralismodegli Stati Uniti d’America è un elementoa favore della trasparenza: se appoggio undeterminato partito per ottenere una legislazionediversa in una certa materia o unaltro regime fiscale a livello d’impresa elo faccio apertamente, il singolo cittadinovoterà con maggiore consapevolezza,riducendo la possibilità di successive alleanze,“inciuci” e ribaltoni (a noi tantocari). In tal senso, vengono in aiuto deicittadini statunitensi i dati del Center forresponsive politics, la prima Ong americanadedicata a catalogare le spese correntidi aziende e gruppi di pressione del poterepolitico (le cosiddette lobby, parola che significa“anticamera”). Per creare cittadiniresponsabili bisogna informarli e stimolarein loro la domanda di trasparenza.Non basta quindi che le lobby ‘dichiarinoi redditi’, che siano a posto sul pianoformale; occorre una vera etica, o quantomenouna concordanza tra interesse generalee particolare. Un conflitto fra questi,seguito da un sopruso o da una prevaricazione,va denunciato e combattuto dalleistituzioni e dai cittadini. I temi sui qualiriflettere sono insomma molti, partendonaturalmente dal presupposto di un’attentaverifica delle notizie e del confrontodelle posizioni, per non cedere a semplificazionitanto facili quanto fuorvianti.La gaia scienzaFederico Rampini, nel suo articolo “Ilcomplotto del clima”, pubblicato dal quotidianoLa Repubblica il 4 maggio <strong>2012</strong>,analizza il caso della Exxon Mobile, riprendendoil libro Private Empire di SteveColl, due volte premio Pulitzer. La Exxonè la più grande compagnia petrolifera delmondo, con un bilancio di oltre 400 miliardidi dollari; nata dopo come Exxon dopolo smembramento della Standard Oil diRockefeller voluto dalla Corte Suprema, siè fusa nel 1999 con la Mobile, per dar vitaa una delle aziende più influenti al mondo,un “non-stato”, secondo solo alla Appleper quotazione in Borsa.Secondo il libro di Coll l’azienda èimpegnata da tempo a creare confusionesul riscaldamento globale. Se ad oggi visono ancora dei dubbi sulla diretta relazionetra combustibili fossili ed effettoserra, insomma, sarebbe dovuto anche aBig Oil.Al di là del ruolo effettivo di questao quella azienda multinazionale, ciò cheturba e scuote le certezze di molti è il sospettoche possa esserci un’azione sistematicaper orientare se non addirittura percostruire le conclusioni della scienza sulcambiamento climatico, finanziare teoriee conferenze negazioniste, influenzarel’opinione pubblica e interferire nel dibattitopolitico.I problemi da affrontare, d’altronde,sono sempre nuovi e complessi. Si pensiper esempio alle polemiche sul fracking,tecnica di frantumazione delle rocce perliberare il gas ivi celato (shale gas), pompandouna soluzione d’acqua e sostanzechimiche non del tutto note, essendo segretiindustriali. È evidente che per la serenitàdell’opinione pubblica è importanteche la scienza possa fare il suo lavoro earrivare a conclusioni ragionevolmentesicure senza subire pressioni e condizionamenti,magari sostenuti da campagne ethink tank strumentali, finanziati con milionidi dollari.Rampini conclude il suo articolosull’inchiesta di Coll richiamando unasorta di “beffa finale”. La Exxon, dopoavere a lungo contestato la tesi del riscaldamentoglobale, ne trarrà benefici immensi:“Le sue équipe geologiche hannostudiato da tempo gli effetti del riscalda-8 • n. 2, maggio-agosto <strong>2012</strong>


Tecnocraziamento del pianeta, anticipando di anni chelo scioglimento dei ghiacci artici avrebbereso più facile sfruttare quei giacimentisottomarini. Ora la Exxon ha potuto annunciareun patto con Putin, che le aprel’accesso alla zona russa dell’Artico ‘e ariserve sottomarine pari a molti miliardidi dollari’. Dunque alla fine Exxon si è‘convertita’ al cambiamento climatico”. Ecerca di dare un’immagine più “pulita” disé, invocando la carbon tax e finanziandoprogetti sostenibili.Le influenze sull’UnioneNel 1985 vennero introdotti in Europa icosiddetti “libri bianchi”, cioè documenticontenenti proposte di azione comunitariain un settore specifico. Talvolta i libribianchi fanno seguito a libri verdi, pubblicatiper promuovere una consultazionea livello europeo. Mentre questi ultimiespongono una serie di idee per promuovereun dibattito pubblico, quelli bianchicontengono proposte più ufficiali in settorispecifici e costituiscono lo strumentoper la loro realizzazione.L’autorevolezza e l’oggettività richiesteda questi documenti sono notevoli. Maa volte alcuni dubbi sulla credibilità dellestesse istituzioni europee possono venireleggendo i dati riportati da alcune testateo da organizzazioni come Corporate EuropeObservatory. Secondo queste fonti aBruxelles lavorano 140.000 lobbisti, un<strong>numero</strong> molto alto. Inoltre l’Unione Europeasembra non dare risposte convincentisul fenomeno delle revolving door,cioè sui funzionari che, terminata la loromissione, accettano la nomina nel consigliodi amministrazione di un’azienda direttamenteinteressata nel settore del loroprecedente lavoro. Organizzazioni comeCorporate Europe Observatory e Alter-Eu chiedono il divieto di due anni per gliaspiranti lobbisti a lavorare per società inIl fenomeno delle revolving doorvede ex-funzionari assunti daaziende interessate nel loroprecedente lavoro.conflitto di interessi, una nuova regolamentazioneper chi entra nelle istituzionieuropee e una piena trasparenza sui casinoti di revolving door.L’auspicio è che ci si muova verso unpluralismo trasparente, sapendo dar voceai vari gruppi e non cedendo a ricatti o arichieste di privati che vadano a discapitodella società o a interessi nazionali contraria quelli comunitari.Gli ospiti; le “altre” multinazionaliLo sviluppo delle multinazionali suscitainteresse sia per gli effetti prodottisui paesi di provenienza sia su quelli“ospiti”. Per i paesi di provenienza ivantaggi principali riguardano i profittidistribuiti,compensati dalsegno negativonella bilanciadei pagamenti edalla riduzionedell’occupazionee dell’investimento interno. Per ipaesi ospiti gli effetti positivi sono legatialle migliorie tecnico-produttive,amministrative e commerciali; vannoperò considerati anche l’influenza politico-economicadel paese di origine,esercitabile attraverso le multinazionali,e il potere oligopolistico di questeultime.Non possiamo inoltre dimenticare,dopo aver parlato delle multinazionalivere e proprie, le multinazionali che viaggianosu due corsie: quella dell’illegalità,del sommerso e del lavoro nero e quelladella legalità. Lungo la prima produconofatturati (la Banca d’Italia stima solo per ilnostro paese 130 miliardi all’anno) con lospaccio di droga, le estorsioni, gli appaltie lo smaltimento illegale dei rifiuti. Nellaseconda corsia reinvestono, riciclano erendono puliti questi guadagni. Le mafiesono un annoso problema per il quale nonbastano gli arresti, ma vanno intensificatii sequestri e le confische di capitali, inmodo da proteggere le aziende oneste dauna concorrenza sleale. Un discorso cheresta valido anche a livello internazionale,dove le mafie possono diventare, adetta di Manuel Castells, un pericolo perle democrazie.Foto: iStockphoto/VisualFieldpanorama per i giovani • 9


TecnocraziaFoto: iStockphot/PieroAnnoniBurocraziaL’analisi di Max WeberNowadays, bureaucracy is often perceived as a cornerstone of modernsystems of government. The term has a hybrid etymology: it wascoined in the XVIII century by the French economist Vincent deGournay adding to the French base bureau (office) the Greek suffixkratia (power). It was Weber who began the studies of bureaucracy,identifying it as the natural consequence of the modern process ofrationalization.di Ruggero PileriMolti di noi, quando sentono la parola“burocrazia”, associano a tale termine immagininon proprio esaltanti: lunghe codeagli sportelli degli uffici pubblici, moduliapparentemente senza fine da compilare,puntigliosi impiegati pronti a individuareogni minima imprecisione, lessico difficileo addirittura incomprensibile (il cosiddetto“burocratese”), lentezza e tortuositàdelle procedure e via dicendo; insomma,un sistema inefficiente che rende complicataanche l’operazione più semplice.Questa concezione sostanzialmentenegativa trova il suo fondamento nellaconstatazione degli inevitabili svantaggiconnessi con l’applicazione rigida di normepredisposte per la regolamentazionedi un determinato procedimento, la qualetroppo spesso costringe il cittadino a fronteggiareun meccanismo impenetrabile eapparentemente immodificabile. Per non“chiudersi” in questo atteggiamento disfiducia, è opportuno riflettere in modopiù approfondito sul concetto di burocraziaattraverso gli studi compiuti dalfilosofo, economista e sociologo tedescoMax Weber (vedi box).Egli fu infatti il primo, nella sua operaEconomia e Società, a definire la burocraziaindividuandone le caratteristicheessenziali. Nella concezione weberiana,essa si configura come espressione e risultatodel processo di razionalizzazionetipico delle società capitalistiche occidentali.Tale processo si sviluppa con ladiffusione di quella che egli definisce“razionalità formale rispetto allo scopo”,ossia l’agire razionale orientato all’individuazionedei mezzi in vista di un finedeterminato; questo comporta la trasformazionedei metodi di produzione, deirapporti sociali e delle strutture culturalitradizionali in procedure sistematiche,precise e calcolate razionalmente. In questoprocesso complessivo di specificazionefunzionale la burocrazia diviene la maniera,appunto razionale, con cui realizzarel’organizzazione umana su larga scala,dello stato come del partito, del sindacatocome dell’impresa.Sotto il titolo: i faldoni di un archivio; laburocrazia è un elemento fondamentaledegli stati moderni, ma è anche accusata diinefficienza e di clientelismo.L’ampia analisi del sociologo contemplaanche lo studio delle prime forme diapparati burocratici, le quali si incontranoin luoghi e tempi diversi. Ne sono esempiol’Egitto del nuovo regno, il tardo imperoromano, la Cina a partire dall’unificazionedell’impero. Tuttavia, il terreno specificosul quale l’organizzazione burocratica riescead affondare meglio le sue radici è offertodall’avvento del capitalismo borghesee della forma organizzativa tipica di talefenomeno economico, l’impresa, la qualerichiede una struttura gerarchica orientataal profitto. Weber ritiene così che la razionalizzazionesia l’essenza del capitalismo,ma fa anche notare come un apparato burocraticoefficiente sia indispensabile inugual modo per lo stato socialista.Vengono così delineati i tratti qualificantidello stato burocratico: in questo“governo di funzionari”, che necessitacomunque di un’entità che si posizioni alvertice dell’ideale piramide gerarchica, ilcompito dell’amministrazione è dare esecuzionealle decisioni prese dall’autorità,secondo un modello di potere definitolegale (in contrapposizione alle altre dueforme di potere tradizionale e carismatico)in quanto fondato sull’obbedienza aun ordinamento piuttosto che a una persona.La burocrazia, dunque, consisteinnanzitutto nella divisione e nella specializzazionedei compiti, i quali vengonofissati in modo stabile; in secondo luogo,l’apparato amministrativo si struttura inmodo decisamente gerarchico; esiste unsistema preciso di regolamentazione econtrollo, oltre che di registrazione, basatosu documenti scritti; il personaleviene assunto con contratto in seguito aun’adeguata istruzione e accetta l’incaricoa tempo pieno, a fronte del corrispettivodi una remunerazione in denaro. Intal modo, la mansione è a pieno titolouna professione ed il funzionario rispondea una vocazione, Beruf, svolgendo ilcompito assegnatogli con diligenza: a talproposito, come spesso accade, Weber faesplicito riferimento all’etica protestante,la quale considerava il successo nelleattività mondane come una speranza disalvezza concessa da Dio. Grande importanzariveste anche la separazione tra gliuomini e i mezzi dell’amministrazione, in10 • n. 2, maggio-agosto <strong>2012</strong>


Tecnocraziacui è ravvisabile una forma di alienazione;d’altronde egli fu un attento critico diMarx, di cui non condivideva la pretesadi aver individuato l’unica interpretazionecorretta della realtà, ossia quella del materialismostorico-dialettico. Ancor più rilevanteè la netta distinzione tra funzionarie uffici, che porta con sé un’inevitabilespersonalizzazione ed una tendenza a deresponsabilizzaregli individui coinvolti.Queste caratteristiche generarono inWeber un atteggiamento ambivalentenei confronti della burocrazia moderna.Da una parte egli la ritiene tecnicamentesuperiore a qualunque altra forma diorganizzazione del lavoro e ne ammirale caratteristiche di rigore, dedizione ecompetenza; dall’altra la considera unodei fattori che hanno contribuito a trasformarela società in una macchina, nellaquale l’uomo rischia di sentirsi come inuna “gabbia d’acciaio”. Lo sviluppo dellafiducia nella ragione provoca un disincantodel mondo, consistente nella perdita diogni riferimento a spiegazioni e comportamentimagici, metafisici e religiosi, daI critici ritengono che laburocrazia odierna, soprattuttonelle organizzazioni pubbliche,sia legata al clientelismo.cui deriva una scissione tra razionalità evalori. Così Weber si esprime, con riferimentoa temi di grande attualità, ne L’eticaprotestante e lo spirito del capitalismo(Sansoni, Firenze 1945): “L’odiernoordinamento capitalistico […] imponea ciascuno, in quanto è costretto dallaconnessione del mercato, le norme dellasua azione economica. Il fabbricante,che costantemente contravviene a questenorme, viene senza fallo eliminato economicamentecosì come l’operaio, chenon può o non vuole a esse adattarsi, vienegettato in strada come disoccupato”.E oggi? Nel XX secolo si è assistitoa un aumento sempre maggiore per ampiezzae raffinatezza del controllo gerarchicodelle grandi organizzazioni sociali,private e pubbliche, ottenuto grazie a unosviluppo dei mezzi di informazione e comunicazioneche è andato ben al di là diciò che Weber poteva anche solo immaginare.L’incredibile e apparentementeinarrestabile sviluppo della conoscenza edella tecnica ha dato luogo a una parcellizzazionedel sapere che richiede competenzeestremamente specifiche e dunqueun <strong>numero</strong> sempre più elevato di funzionarispecializzati: un esempio ormai divenutoparadigmatico di tale fenomeno èla complessità raggiunta dal sistema dellerelazioni economiche,le qualicondizionano l’esistenzadelle aggregazionisocialianche di rangostatale in modonon comprensibile alla stragrande maggioranzadelle persone.I critici dell’idealtipo concepito dal filosoforitengono che la burocrazia odierna,in special modo nelle organizzazionipubbliche dove il profitto non intervienea misurare l’efficienza della combinazionedei fattori produttivi, sia intimamenteconnessa con il malcostume del clientelismo.Le file dei burocrati, infatti, tendono ainfoltirsi per la prassi politica di assegnareposti di lavoro nella Pubblica amministrazionea sostenitori, famigli, parenti, comegià accadeva nellaRoma imperiale.In concomitanzacon tale spintaverticale agiscequella orizzontaledella cooptazione,in quanto chi già fa parte del sistema burocraticoassume nuovi lavoratori in base acriteri discrezionali e non necessariamentelegati alle capacità e alle competenze. Laburocrazia mostra, in tal senso, un’innataMax Webertendenza a proteggere se stessa e il propriopotere, generando, però, inefficienza, che èl’opposto della razionalizzazione. L’applicazionerigida di regole e procedure standardizzate,inoltre, può soffocare la creativitàe la capacità di adattamento del sistemaPer Weber la razionalizzazione èl’essenza del capitalismo, ma unaburocrazia efficiente è necessariaanche nello stato socialista.per mantenere lo status quo, a differenza diquanto avviene con la tecnocrazia.Si avverte dunque l’esigenza un miglioramentodei meccanismi di controlloe regolamentazione; tuttavia, le politichedi controllo del deficit, specie quelle postein essere in rapporto alla attuale crisifinanziaria, hanno imposto in tutti i paesi ilproblema della riduzione della spesa pubblicae quindi in primo luogo quello dellalimitazione degli apparati burocratici. Anchein Italia è in corso un programma disemplificazione dell’amministrazione, alfine di liberare risorse e dare un nuovo impulsoalla produttività e alla competitivitàdelle imprese. Secondo il Ministero per laPubblica amministrazione e la semplificazione,“il risparmio derivante dalle misuredi semplificazione introdotte è stimato ‘aregime’ in oltre 8,1 miliardi all’anno perle Pmi” nel <strong>2012</strong>. È ancora aperto, in conclusione,il dibattito per la strutturazione diuna burocrazia che sappia attuare in concretoquelle potenzialità che Weber avevaacutamente intravisto.Max Weber nacque a Erfurt, in Turingia, nel 1864; il padre fu magistrato eparlamentare. Sin da piccolo mostrò interesse per la storia, i classici antichie la filosofia. Si laureò all’Università di Berlino, dove poi ottenne l’abilitazioneall’insegnamento. Fu docente di Economia politica anche a Friburgo e Heidelberg.Pur riconoscendosi sostenitore della politica espansionista tedesca, durante laPrima Guerra Mondiale svolse missioni ufficiose in diversi stati europei e tentòdi convincere i dirigenti tedeschi a evitare l’estensione del conflitto. Dopo laproclamazione della Repubblica di Weimar si presentò candidato con il nuovoPartito democratico per l’Assemblea Nazionale, senza però essere eletto. Morì nel1920 a Monaco dopo una breve malattia.I suoi contributi più conosciuti riguardano la Sociologia, ma i suoi studi spaziaronodall’Economia, alla Politica, alla Storia. Il nucleo principale dei suoi interessiscientifici è costituito dall’evoluzione del capitalismo moderno in relazione allareligione protestante (L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, 1904-05) edalla definizione del metodo delle scienze sociali, per cui rimane famosa la teoriadell’avalutatività della scienza. Oltre a Economia e società, pubblicata postuma nel1922 e considerata la summa della sua attività in campo sociologico, di notevoleinteresse sono La scienza come vocazione e La politica come vocazione (1919).panorama per i giovani • 11


TecnocraziaLa giungladei brevetti softwareA debate on software patenting has been active for years. Thearguments favouring it are: protection, economic benefit, stimulusto research and development. Critiques against it are mainly focusedon the consequences that software patents have on technologicaldevelopment.di Antonio LoquercioApple, Samsung, Google ogni giorno sifanno guerra in materia di brevetti, registratie infranti. Sebbene la grande competizioneinstauratasi in questo settore abbiaportato allo sviluppo di device sempremigliori, il conflitto sui brevetti è andatospesso a discapito del grande pubblico deiconsumatori e dell’innovazione in generale.Lo afferma, ad esempio, Richard Posner,giudice della United States Court ofAppeals for the Seventh Circuit a Chicagoe professore ordinario alla Universityof Chicago Law School, il quale a finegiugno ha respinto nella sua interezza lacausa di violazione di brevetto intentatada Apple contro Motorola, impedendoil ricorso in appello. Secondo il giuristail sistema brevettuale nell’ambito delleaziende It ha un’utilità assolutamente discutibile.La questione sorta in questi ultimianni circa i brevetti sulle idee astratte,ultimamente dette “invenzioni implementateal calcolatore”, si presenta in effettiSopra: tablet e smartphone sonorecentemente al centro di importantibattaglie legali per presunte violazionidi brevetti. Nella pagina a fianco: i tastiPageUp e PageDown, presenti su moltetastiere di computer, sono stati brevettatidalla Microsoft.abbastanza spinosa: le grandi aziende informaticheacquisiscono brevetti su concettibase della programmazione, senza iquali lo sviluppo libero e concorrenzialedel settore è impossibile. La prima soluzionesarebbe eliminare completamentequesto tipo di brevetti, ma ovviamente igiganti del settore non sono disposti a cederecosì facilmente.Se un titolo giuridico a un temporaneomonopolio legale era stato pensato esancito da diverse costituzioni nazionaliper incentivare lo sviluppo della scienza esostenere economicamente l’inventore attraversola sua “creatura”, attualmente laprivatizzazione delle idee si sta rivelandoun boomerang per lo sviluppo della conoscenza.Dal concetto stesso di tutela dell’inventorederiva che il titolo al brevetto èFoto: iStockphoto (franckreporter; Andyd)12 • n. 2, maggio-agosto <strong>2012</strong>


Tecnocraziagiustificato nel momento in cui lo sviluppodi un’idea richieda copiosi investimenti,soprattutto quando le invenzioni,per quanto innovative, non possonoessere convertite subito in un prodottocommercialmente appetibile. In campoinformatico, però, la situazione è abbastanzadiversa, poiché produrre continuamentenuove idee o nuovi programminon richiede grandi mezzi e strutture, ma‘solo’ una grande preparazione dell’inventoree del suo team di lavoro. Capitaspesso che gruppi indipendenti sviluppinoquasi contemporaneamente gli stessialgoritmi, sicché permetterne lo sfruttamentoesclusivo a uno solo di essi significherebbestroncare l’attività autonomadi tutti gli altri. La tutela dell’inventoresi trasformerebbe così, paradossalmente,in uno strumento per colpire alle spallela concorrenza.È inoltre importante sottolineare cheottenere la protezione del titolo giuridicoè una pratica tutt’altro che facile e agevole:molte piccole imprese, anche conelevate potenzialità, non potranno maiaccedervi e dovranno lavorare rispettando<strong>numero</strong>si brevetti, spesso realizzati daiIl conflitto sui brevetti è andatospesso a discapito del grandepubblico dei consumatori edell’innovazione in generale.loro stessi concorrenti. Per questo motivo,negli Stati Uniti in particolare, ma anchein Europa negli ultimi tempi, le piccole emedie imprese che lavorano nel settoredello sviluppo informatico sono praticamentescomparse. La sola speranza di sopravvivenzaper un piccolo imprenditoreche ha realizzato un progetto innovativoè di essere inglobato nelle grandi impreseche lavorano nel settore (Ibm, Apple,Microsoft), che sono in grado di acquisirela tutela giuridica necessaria. Queste ultimeusano il brevetto non solo per “proteggere”le loro invenzioni, ma anche esoprattutto per contrattare più facilmentel’acquisizione o la collaborazione di altresocietà.Tale pratica costituisce una seriaminaccia alla libera concorrenza e allosviluppo delle piccole e medie imprese.Bloccare il brevetto sulle idee nellaUe, dove è ancora aperta la discussionesull’importare o no il modello Usa, po-trebbe portare a condizioni più favorevoliall’economia del settore tecnologico,troncando di netto tutte quelle pratiche dimonopolio garantite da azioni legali. Ladirettiva sulle “Invenzioni implementateal calcolatore”, meglio conosciuta comedirettiva sulla brevettazione indiscriminata,è stata infatti bocciata dalla maggioranzaassolutadei membri delParlamento europeoil 6 luglio2005. Dato, però,l’elevato pesopolitico esercitatodalle lobby interessate al passaggio almodello americano, non sarà improbabile,in futuro, vedere tale direttiva ridiscussae approvata.Un monito contro l’approvazione ditali protezioni giuridiche è la famosa galleriadegli “orrori” dei brevetti americani,che può essere facilmente raggiunta sulweb, ricca di esempi di patent palesementesvantaggiose sia per il mercato sia perla società. Alcunicasi “eclatanti”possono essere ilclick del mousee i tasti Page Up,Page Down diproprietà Microsoft;il tasto Buy Now, presente in quasitutti i siti di compravendita online, che èstato “inventato” e successivamente brevettatoda Thomas Woolston; il cestino deirifiuti, usato praticamente in ogni tipo disistema operativo, che è un brevetto Apple.Il titolo al brevetto è giustificatonel momento in cui lo sviluppodi un’idea richieda copiosiinvestimenti.Eminenti studiosi si sono espressi controgli orrori dei brevetti; tra di loro DonaldKnuth, professore emerito dell’Universitàdi Stanford, massima autorità mondiale inalgoritmi, insignito dei più alti riconoscimentiin materia informatica, come il TuringAward, equivalente del premio Nobelper le computer sciences. Nel febbraio del1994, egli inviò al Commissario americanodei brevetti una lettera riguardantele conseguenze che l’attuale legislazionesulle invenzioni implementate al calcolatoreavrebbe portato sia al progresso ingenerale sia alla società americana. Knuthscriveva così: “Il Congresso ha saggiamentedeciso, molto tempo fa, che gli entimatematici non si possono brevettare. Sicuramentenessuno si sarebbe applicatoalla matematica se fosse stato necessariopagare un dazio ogniqualvolta si fosseutilizzato il teorema di Pitagora. I fondamentaliconcetti algoritmici che si stannobrevettando adesso sono talmente essenzialiche il risultato minaccia di esseresimile a quello che accadrebbe se si consentisseagli scrittori di brevettare le singoleparole e i concetti. Gli algoritmi sonofondamentali per il software come lo sonole parole per gli scrittori, perché costituisconole mattonelle con cui si costruisconoprodotti interessanti. Cosa accadrebbe sepanorama per i giovani • 13


TecnocraziaA sinistra: il professore di Stanford DonaldKnuth ha detto: “Sicuramente nessunosi sarebbe applicato alla matematica sefosse stato necessario pagare un dazioogniqualvolta si fosse utilizzato il teoremadi Pitagora”.Foto: iStockphot/marekuliaszgli avvocati potessero brevettare i lorometodi di difesa o se i giudici della CorteSuprema potessero brevettare le lorodecisioni precedenti? [...] Cambiare leleggi (a favore del brevetto software,NdR) adesso avrà l’effetto di bloccareil progresso al livello attuale. Se le cosecontinuassero in questo modo, l’unicavia d’uscita per la maggioranza deglisviluppatori software americani di talentosarà quello di cambiare mestiere“Cosa accadrebbe se gliavvocati potessero brevettarele loro difese o i giudici le lorosentenze?” (D. Knuth).o di emigrare. Gli Stati Uniti presto perderannola loro posizione dominante.Ci sono modi migliori di proteggere laproprietà intellettuale degli sviluppatorisoftware invece di togliere loro il dirittodi utilizzare le mattonelle fondamentaliper costruire i loro prodotti”.La brevettabilità di concetti astrattinon è dunque un problema per soli addettiai lavori, ma riguarda tutta l’economiae lo sviluppo di una società in generale.Ecco perché il dibattito su questi temiriveste una grande importanza nei nostrigiorni.Accanto al brevetto software, un altrotipo di protezione dell’inventore si sta affacciandonel panorama economico e giuridicoeuropeo: il know-how. Sempre diorigine statunitense, l’espressione indicaun patrimonio di conoscenze atte alla pro-duzione di un bene, solitamente commerciabile,derivanti da un processo di ricercao desunte dall’esperienza imprenditoriale.Per essere identificato come tale, il knowhowdeve essere segreto (non facilmenteaccessibile né noto alla concorrenza), sostanziale(ovvero necessario alla tecnicaindustriale di produzione del bene), individuato(deve poter essere definito inmodo univoco).Solitamente si fa distinzione fra il titoloin senso ampioe in senso stretto:nel primo caso siintende ogni tipodi conoscenza,non strettamentesegreta, il cui finesia quello di migliorare il ciclo economico-produttivodi un bene; nel secondo ilriferimento è a conoscenze specifiche,alle tecniche maturate con la ricerca e/ocon l’esperienza, che rendano il prodottoin questione abbastanza diverso dai suoisimili sul mercato.Tale protezione, che ha preso moltopiede in Europa negli ultimi anni, è ormaicontabilizzatanello stato patrimonialedi diverseaziende nellacategoria dei beniimmateriali. A favorirnelo sviluppoè stato il superamento di uno stato diconfusione giuridica in cui il know-how siè trovato ai suoi albori. Si è ormai arrivatia una definizione del fenomeno, che nonPer essere riconosciutocome tale, il know how deveessere segreto, sostanziale eindividuato.comprende esclusivamente tecniche diproduzione industriali ma anche regole diorganizzazione imprenditoriale e metodidi commercializzazione, così come a unsuo univoco valore giuridico. Una violazionedel know-how è infatti consideratanon solo come atto di concorrenza sleale,ma trattata alla stregua di una violazionedi marchio o brevetto.In conclusione: il sistema di tuteladell’inventore, in tutte le sue sfaccettature,può determinare sia un miglioramentodell’efficienza del mercato sia un incentivoallo sviluppo, in quanto è in grado dicontribuire a ridurre la duplicazione delleattività di ricerca, stimolare l’innovazione,incentivare e proteggere l’azione diricerca di un’azienda.Tuttavia a farne le spese sono sia leaziende concorrenti, che non potrannocompetere ad armi pari, ma limitarsiad acquistare i diritti di utilizzazione,sia i fruitori, che non potranno goderedel prodotto a prezzi vantaggiosi. Glistati sono dunque tenuti a trovare unequilibrio fra queste due facce dellamedaglia: affinché il bilanciamento siasocialmente accettabile, in primo luogol’invenzione deve avere delle particolaricaratteristiche, come la novità, l’attivitàinventiva, l’industrialità e soprattuttodeve essere limitata nel tempo, necessarioall’inventore per rientrare dellerisorse spese nel processo di ricerca,scaduto il quale deve tornare di pubblicodominio. Se tale bilanciamento fallisce,il brevetto diventa un potente mezzo dausare esclusivamente a fini chiaramenteanticoncorrenziali.Stabilire un giusto equilibrio tra tuteladella concorrenza e protezione dei dirittiintellettuali potrebbe rappresentare unvantaggio competitivo non indifferente eun punto di partenza per la stessa crescitasostenibile.14 • n. 2, maggio-agosto 2010


TecnocraziaFoto: iStockphoto/qbanczykL’Europa tra tecnocraziae democraziaThe need to overcome the structural democratic deficit affectingEuropean institutions is becoming more and more urgent, as theconsequences of the economic crisis unfold. These have led to astruggle for a “closer union” through stronger financial and monetarymechanisms aimed at saving the weakest economies of the continent.The way to salvation, though, probably implies a deeper politicalintegration.di Elena MartiniL’impatto violento della crisi finanziariaed economica che ha investito l’Europanegli ultimi anni ha spinto a formulareproposte di diverso segno, volte alternativamenteal rafforzamento della costruzioneeuropea o al suo completo smantellamento.È questione di stretta attualità, mail processo d’integrazione europea muoveda lontano e trova le sue radici in concezionipolitiche e filosofiche che vale lapena di richiamare alla mente nel momentoin cui la tempesta fiscale e monetariaripropone l’eterno dilemma di un’Europaal bivio fra democrazia e tecnocrazia.La costruzione europeaGià nei primi decenni del secolo scorso,due importanti modelli teorici di Europa– intesa come entità in qualche modo unitaria– vengono proposti e portati avantida illustri pensatori del tempo: la visioneconfederale e la concezione federalista.La prima, espressa soprattutto dal ministrodegli esteri francese Aristide Briand,prevede la creazione di un’organizzazionepolitica, senza mettere peraltro indiscussione la sovranità degli stati partecipanti,nel solco delle tradizionali organizzazioniinternazionali. La seconda,contenuta nel “Manifesto di Ventotene”di Spinelli, Rossi e Colorni, mira invecealla creazione di una vera e propria federazioneeuropea che comporti la rinunciaalla sovranità da parte degli stati federati.Movendo dallo stesso convincimento,cioè che ci si debba porre l’obiettivodi un’unione europea di caratterepolitico, lostatista franceseJean Monnet sibasa tuttavia suun diverso metodo,funzionalistae graduale. Inbase a esso, l’unione politica dovrebbeessere raggiunta creando progressivamenteuna situazione di integrazionedi fatto attraverso la realizzazione diforme di coesione e solidarietà in specificisettori.All’origine del processo di integrazioneeuropea – quindi della prima comunitàeuropea, la Ceca – vi è la celebre dichiarazioneSchuman (9 maggio 1950), nellaquale l’anima federalista si sposa con ilmetodo funzionalista, basato su interventisettoriali e graduali. Nell’ottica dualedemocrazia-tecnocrazia che sta alla basedell’odierna crisi politica europea, è dunquepossibile individuare un’ambivalenzagià in nuce nei primi mattoni della costruzioneeuropea. Da una parte, infatti, ilmodello federalista può essere consideratocome un’espressione di stampo democratico,basata su una visione solidaristicae coesiva. Dall’altra parte, il modellofunzionalista può essere etichettato comeuna manifestazione di carattere tecnocratico,fondandosi sull’integrazione in bendeterminati settori, alla quale si vuoledare un’alta strutturazione tecnica. Puòessere interessante notare come, nonostantetali apparenze, la gestione comunedelle industrie carbonifera e siderurgicaabbia motivazioni anzitutto politiche. Lasostanza degli accordi rimane tuttaviaeminentemente tecnica e, dunque, dà ilvia alla creazione di istituzioni concreteche tendono più verso la tecnocrazia cheverso un assetto democratico.A partire da questo dato, si imponeun rapido excursus di natura storica chemetta in evidenza l’evoluzione di questoequilibrio instabile tra democrazia etecnocrazia riscontrabile fin dagli alborie oggi così lampante nella casa comuneeuropea. È la storia del rapporto ambivalentetra le istituzioni comunitarie e le popolazionieuropee, ma anche dei tentatividi avvicinamento tra le due dimensioniattraverso una crescita incrementale delleriforme volte a colmare questo deficitdemocratico.La necessità di restringere tale divario– che alla lunga avrebbe portato aAll’origine del processo diintegrazione europea, l’animafederalista si sposa con il metodofunzionalista e graduale.una totale disaffezione nei confronti delleistituzioni europee e al conseguente malfunzionamentodella macchina comunitaria– viene avvertita in primo luogo epanorama per i giovani • 15


La salute Tecnocrazia nel mondoA sinistra: una miniera di carbone; lacreazione della Ceca (Comunità europeadel carbone e dell’acciaio) è all’origine delprocesso di integrazione europea. Nellapagina precedente: il Parlamento europeoa Bruxelles. Nella pagina successiva: lacittadina olandese di Maastricht, dove nel1992 venne firmato l’omonimo trattato.Il Trattato di Lisbona miraa realizzare uguaglianzademocratica, democraziarappresentativa e partecipativa.soprattutto nei confronti del Parlamentoeuropeo. Si tratta infatti di una istituzionela cui denominazione rimanda all’organorappresentativo per eccellenza all’internodelle democrazie europee contemporanee,ma la cui composizione discendevain origine da una elezione di secondo grado.A questo problema si è ovviato conuna modifica della procedura elettoraleche ha portato (giugno 1979) alle primeelezioni a suffragio universale diretto delParlamento europeo. Anche il potere legislativoche tale organo condivide conil Consiglio e con la Commissione perl’adozione degli atti comunitari è statoprogressivamente ampliato e rafforzatoattraverso atti successivi.La stessa esigenza di ridurre il deficitdemocratico mette in moto il processoche conduce all’attuale Unione Europeaattraverso l’Atto unico europeo (17 febbraio1986) e il Trattato di Maastricht (7febbraio 1992), che istituzionalizza il metodocomunitario e arriva a istituire unacittadinanza europea. Nel processo di democratizzazione,inteso come tentativo diavvicinamento alle istanze dei cittadini,può poi essere inserita l’approvazione dellaCarta di Nizza dei diritti fondamentali(7 dicembre 2000). La stessa circolazionein molti paesi di una moneta unica, l’Euro,ha in alcuni casi contribuito alla creazionedi un senso di coesione europea.Gli sviluppi più importanti, però, riguardanoil tentativo fallito di creare unavera e propria Costituzione per l’Europa(approvata il 29 ottobre 2004, ma abbandonatain seguito alla mancata ratifica diFrancia e Olanda), seguito dall’adozionedel Trattato di Lisbona (13 dicembre2007). Quest’ultimo, in particolare, miraa realizzare i tre principi dell’uguaglianzademocratica, della democrazia rappresentativa– affidando al Parlamento europeoun ruolo più importante e coinvolgendomaggiormente i parlamenti nazionali – edella democrazia partecipativa – attraversonuovi meccanismi di interazione tra i cittadinie le istituzioni, come il diritto di iniziativadei cittadini. Altri profili del trattato,come la creazione di un alto rappresentanteper gli affari esteri e la politica di sicurezza,rimandano alla volontà di replicare a livellocomunitario meccanismi tipici dellostato nazionale democratico.Parallelamente, con l’allargamentodella Commissioneeuropea –quintessenza dellatecnocrazia edepositaria di undiritto di propostaoggi annacquatooltremodo – e il suo conseguente indebolimento;con la scelta come presidentedi personaggi di non grande spessore ocarisma e soprattutto con l’emergere delConsiglio europeo come massimo organodecisionale, la tecnocrazia di Monnet èentrata in una profonda crisi. D’altro cantol’istanza democratica costituita dai capidi stato e di governo che si riuniscono aogni piè sospinto si è rivelata un mezzoper muovere verso una confederazionesempre più debole in cui le istanze nazionalifiniscono col prevalere, nonostante ledichiarazioni formali e la moltiplicazionedelle cariche (presidente permanente delConsiglio, vicepresidente della Commissionequale rappresentante per gli affariesteri, presidente dell’Eurogruppo, ecc.).Nonostante gli sforzi fatti – forse nonsempre nella giusta direzione – a livelloistituzionale e normativo, la questione diun deficit democratico in senso lato quindipermane, anzi si approfondisce e acquistanuove sfumature di significato nel corsodello scorso decennio. Accade infattiproprio ciò che si era cercato di evitare:si diffonde una disillusione nei confrontidelle strutture e dei meccanismi comunitariche si riflette in una forte ondata dieuroscetticismo. Concretamente, si osservauna crescita elettorale dei partiti euroscettici,soprattutto nell’Europa del Nord(ma si possono fare rientrare in questacategoria anche la Lega Nord italiana equalche componente del Popolo delle Libertà),e nazionalisti, anche di stampo fascista.I casi più recenti e clamorosi sonoil Movimento per un’Ungheria migliore,il Partito per la Libertà di Geert Wildersin Olanda, il Front National di Marine LePen in Francia, senza dimenticare la minacciaposta alle ultime elezioni grecheda Alba Dorata.Quali che siano le cause di questo permanentedistacco tra le élites burocratichee tecnocratiche della politica europea ei cittadini (con i loro rappresentanti) – ecertamente il grande allargamento di metàdecennio non ha contribuito a semplificarela posizione delle istituzioni europeedi fronte agli umori popolari – a tutt’oggiun equilibrio tra democrazia e tecnocrazianon è stato ancora raggiunto. Questaaggravata situazione è dovuta in parteconsiderevole all’impatto della crisi economica.Foto: iStockphoto (cbpix; catolla)16 • n. 2, maggio-agosto <strong>2012</strong>


TecnocraziaL’Europa al bivio della crisiTenendo presente la storia ‘pendolare’dell’integrazione europea tra la visionedemocratica e la costruzione tecnocratica,risulta con maggiore chiarezza comela crisi rappresenti un bivio tra la disintegrazione(o, al limite, la stagnazione) eun salto di qualità a livello democratico.Il suo effetto è di fatto ambivalente. Daun lato si constata un indubbio rafforzamentodi meccanismi vecchi e nuovitesi a salvaguardare l’unità dell’UnioneEuropea, attraverso riforme di stampoeconomico che perpetuano lo spiritosolidaristico alla base della costruzioneeuropea stessa (in particolare il fiscalcompact e il cosiddetto scudo anti-spread).L’unica tecnocrazia oggi veramenteoperante a livello comunitario, la Bce,dispone tuttavia di un mandato così ristrettoche non le permette di esprimereil suo potenziale per la stabilità finanziaria,al pari delle altre grandi banchecentrali. Dall’altro lato, si percepiscenelle popolazioni europee l’impressioneormai consolidata di trovarsi di fronte aun moloch burocratico – in questo caso,economico – freddo e lontano, sottopostoa tecnocrati che sembrano avere piùa cuore la lotta a una possibile inflazionefutura che le esigenze della pace socialee del benessere collettivo oggi. Ne sonoprova le espressioni di frustrazione erabbia provenienti dalle società civili dimolti paesi in difficoltà, simboleggiatedal movimento dei cosiddetti indignados,nei confronti della troika formatadalla Commissione europea, dalla BancaCentrale europea e dal Fondo monetariointernazionale, ritenuta responsabiledell’affossamento attraverso il rigore fiscaledi tali comunità. A fronte, dunque,di una possibile spinta verso la democratizzazionedei meccanismi di integrazionecon il collante e con la propulsionedati dai nuovi strumenti fiscali e monetari,emergono ulteriori deficit.Ciò soprattutto in quei paesi (Greciae Spagna, ma anche l’Italia) in cuila maggiore violenza della bufera suimercati ha portato all’instaurazione digoverni tecnici o comunque disponibilia recepire le direttive provenienti dalleistituzioni europee. La contraddizionetra impianto democratico e tecnocraziadi fondo è stata qui ulteriormente messain luce, anche a livello nazionale. Ineffetti, parlamenti, governi e partiti politicinazionali non traggono alcun beneficiodalla mancanza di fiducia nellestrutture comunitarie, con performanceanche peggiori nei sondaggi dell’opinionepubblica. Dato che le istituzioninazionali non si avvantaggiano della sfiducianell’Unione Europea, è irrealisticopensare che quest’ultima possa avvantaggiarsidella crisi di legittimità delleprime. Il risultato è un pericoloso vuotopolitico in cui l’insinuarsi di movimentipopulistici come quelli citati può esserefermato solo attraverso il recupero della“legittimità tangibile” a livello economicodell’integrazione europea.A oggi dunque, laddove il deficit democraticocontinua senz’altro a rappresentareuna pecca della costruzione europea,una tecnocrazia europea che fissipaletti di carattere economico ai paesimembri fornisce la possibilità di realizzareriforme strutturali altrimenti difficilida affrontareper esigenze dinatura politica enecessità di sostegnoelettorale.Il bilancio, provvisorio,solo amedio termine permetterà di verificarela bontà della strada intrapresa – seppurecon molte incertezze e ripensamenti,anche a causa del comportamento dialcuni stati membri – dalle istituzionieuropee.Per rafforzare la costruzioneeconomica si deve pervenire aun grado più intenso di unionepolitica.Certe sono invece le due alternativetra le quali molto presto sarà necessarioscegliere: disintegrazione oppure ulterioreintegrazione; e a questo proposito dapiù parti sono stati lanciati ripetuti appelli.Sembrerebbe anzi esservi un vastoconsenso sull’affermazione che per rafforzarela costruzione economica, speciemonetaria, si debba pervenire a un gradopiù intenso di unione politica. Qualora sigiungesse a una piena integrazione politicaeuropea, infatti, sarebbero le elezioni– strumento della democrazia rappresentativaper eccellenza – a indicare le lineeprogrammatiche alle quali le istituzionidi governo europee dovrebbero attenersi.Questa evoluzione renderebbe a un tempopiù semplice la soluzione delle crisi contingentie più democratico il processo decisionale.Paradossalmente, proprio la crisimonetaria potrebbe rivelarsi un motoredi crescita economica (portando a un surplusnella bilancia dei pagamenti di paesideboli dell’Eurozona) che consentirebbeai medesimi di soddisfare le restrittivenorme di finanza pubblica imposte dallapermanenza in un’Eurozona rafforzata sullato politico.panorama per i giovani • 17


La Studiare salute nel all’estero mondoLa scienza come strumentodi potere militare e politicoThroughout history science has decided the outcome of battlesand the balance of power has hinged on the availability of militarytechnologies. Beginning from the scientific revolution, science andwarfare have become increasingly intertwined and scientific researchhas progressively shifted from a means of improving war technologiesto an instrument of power of its own, as demonstrated by the ManhattanProject and the recent case of the powerful virus derived from the avianinfluenza. To which extent is research influenced by political interests?di Nicholas Burali e Martina GerbinoDurante il secondo conflittomondiale la ricerca per finibellici divenne parte fondantedell’apparato militare.Fin dall’antichità le innovazioni tecnologichesono state utilizzate per la realizzazionedi nuovi strumenti offensivi, impiegatiper alterare preesistenti equilibried esercitare il dominio politico su altregenti e altri popoli. Prima ancora dell’affermazionedella scienza come metodo diinvestigazione sistematico, l’uomo si èsempre servito del suo ingegno per avereun margine sul campo di battaglia. La storiapropone <strong>numero</strong>si esempi di notevolerisonanza. Durante l’assedio di Siracusadel 212 a.C., Archimede ideò un sistemadi specchi ustori per incendiare le navi romanedinanzi alle mura della città. Nonostantevi siano <strong>numero</strong>si dubbi sull’attendibilitàdelle fonti storiche e sull’effettivoutilizzo di questo dispositivo, è certo chel’assedio si sia protratto per molti mesianche grazie all’impiego delle famose“macchine belliche” ideate dal grandescienziato siracusano. Un altro evento dinotevole importanza è l’introduzione dellapolvere da sparo nella Cina del IX secolodopo Cristo, il cui impiego ha portatoa una rivoluzione nell’arte della guerra.Il perfezionamento delle armi da fuoco eil loro ingresso nel continente europeo haprofondamente segnato la storia modernae contemporanea, determinando un fortecambiamento fra gli equilibri politici esociali. Si pensiall’invenzionedei cannoni comearma offensiva ealla conseguentemetamorfosi delleplanimetrie cittadinein epoca basso-medioevale. Moltecittà si svilupparono per diretta influenzadelle nuove teorizzazioni degli ingegnerimilitari, frutto delle esperienze bellichecon le nuovi armi da fuoco.A partire dal tardo Rinascimento l’evoluzionedel pensiero verso una più sistematicae razionale analisi dei fenomeninaturali ha portato a uno straordinariosviluppo della scienza, le cui ricadute nehanno notevolmente accresciuto il peso alivello politico nei secoli successivi. Daquesta fase storica la scienza e l’arte dellaguerra iniziano ad influenzarsi a vicendain modo sempre più accentuato: da unaparte gli investimenti nella ricerca scientificacominciano a conferire un crescentepotere politico, dall’altra l’esigenza di ri-Foto: iStockphoto (jcarillet; FreezinRain; Ramberg)18 • n. 2, maggio-agosto <strong>2012</strong>


TecnocraziaDa sinistra, in senso orario: la corazzatastatunitense Missouri, che combattèdurante la Seconda Guerra Mondiale; uncaccia Eurofighter; un soldato svedese conun equipaggiamento completo.solvere quesiti tecnici legati all’uso dellearmi porta a un rapidissimo sviluppo dinuove branche scientifiche.Un esempio significativo è sicuramentela nascita della fluidodinamica, la disciplinache studia il moto dei fluidi, peresigenze prettamente militari e politiche.L’8 agosto 1588 il Canale della Manicavide due immense flotte scontrarsi per ilcontrollo dei mari; l’invencible armadadel re di Spagna Filippo II e la flotta ingleseal comando di Sir Francis Drake,il temibile pirata al servizio della coronainglese. La flotta spagnola era giunta conl’intento di imbarcare l’esercito della coalizioneanti-elisabettiana nelle Fiandre perconquistare l’Inghilterra e mettere fine aldominio dell’odiata Elisabetta I. La geografiapolitica del vecchio continente dipendevadall’esito della battaglia. L’usodi moderne tattiche tipiche della guerra dicorsa, insieme alla superiore manovrabilitàdei vascelli inglesi, consentì alle forzedi Sua Maestà di mantenere una posizionedi vantaggio per tutta la durata dello scontro,infliggendo significative perdite agliavversari. Sebbene non si trattò di unavittoria decisiva, gli inglesi riuscirono aguadagnare del tempo prezioso e l’invasionedell’Inghilterra venne accantonata.La rilevanza storica di questo eventonon risiede soltanto nelle implicazionigeo-politiche, ma anche nelle sue caratteristichetecnologiche: si trattò infattidel primo scontro fra navi sospinte solamentedalla forza del vento (in precedenzavenivano utilizzati anche i remi). Lamanovrabilità delle imbarcazioni acquisìimprovvisamente una grande importanzapolitica e lo studio del moto dell’acquaattorno allo scafo divenne un problemascientifico molto studiato nei secoli successivida grandi studiosi come Newton,Eulero e Bernoulli, portando alla nascitadella fluidodinamica.A partire dalla fine dell’Ottocento,con l’introduzione di mezzi meccanizzatie delle nuove tecnologie legate alle comunicazioni,il vantaggio scientifico divieneuna condizione indispensabile per la superioritàmilitare e politica di una nazione.È proprio in quest’epoca che si realizzauna profonda trasformazione nel mododi fare la guerra: l’impiego di complessisistemi d’arma richiede un notevole sforzotecnologico e la scienza in sé divieneuno strumento di potere.Un esempio su tutti è sicuramente ilProgetto Manhattan, che rappresenta unodei più grandi investimenti a scopo militaredella storia, grazie al quale gli Stati Unitisi dotarono dell’arma atomica nell’arcodi soli sei anni. L’origine del progetto puòessere fatta risalire alla famosa lettera stilatada noti fisici nucleari dell’epoca, firmatada Albert Einstein e rivolta all’allorapresidente degli Stati Uniti F.D. Roosevelt,con il proposito di avvertire del pericolodel primato atomico tedesco e dellanecessità di avviare un programma proprio.L’aspetto saliente di questa impresatecnologica è la stretta collaborazione esistentefra l’apparato militare e le migliorimenti scientifiche dell’epoca, sintetizzatodal rapporto di mutuo supporto esistentefra il fisico Robert Oppenheimer, posto acapo del settore scientifico, e il generaledella US Army Leslie Groves, nominatocomandante militare dell’operazione. Mutuosupporto che portò alla realizzazione,nella primavera del ’45, del primo ordignonucleare della storia, fatto deflagrare adAlamogordo, nel New Mexico, il 16 lugliosuccessivo. Il successo militare dell’operazionesuggellò il ruolo degli Stati Uniticome potenza mondiale e segnò l’iniziodell’era atomica, durante la quale il ruologiocato dalla scienza, assurta a simbolo disuperiorità militare e politica, ha contribuitoa plasmare il mondo per i successivi 45anni, alimentando gli arsenali bellici dellemaggiori potenze del pianeta.Oggigiorno i paesi “avanzati” e dimaggior peso politico sono tutti connotatida una spiccata leadership scientificae sono in grado di piegare la scienza perpanorama per i giovani • 19


TecnocraziaFoto: iStockphoto/davidhillsA sinistra: le conoscenze chimiche ebatteriologiche possono essere usate perla costruzione di armi.esigenze militari, spesso a scopo di deterrenza,come evidenziava eloquentementeEisenhower: “un elemento vitale nelmantenimento della pace sono le nostreistituzioni militari. Le nostre armi devonoessere poderose, pronte all’azione istantanea,in modo che nessun aggressore potenzialepossa essere tentato dal rischiarela propria distruzione”.In questo solco si può collocare la recentedisputa intorno alla ricerca sui virusresponsabili dell’influenza aviaria, di recentissimamemoria. Questa la vicenda, ricostruitaa grandi linee: nello scorso anno,due gruppi di ricerca inviano indipendentementea due riviste scientifiche di altolivello i risultati dei loro studi, condottisu virus dell’influenza aviaria. In un caso(gruppo guidato da Y. Kawaoka, lavoro inviatoa Nature), si è avuta la sintesi di unvirus ibrido tra i due ceppi H5N1, di origineaviaria, e H1N1, responsabile dellapandemia del 2009; nel secondo (gruppodi R. Fouchier, rivista Science), è statapreparata una variante di H5N1, con elevatatrasmissibilità da uccelli ad uomo. Inentrambi i casi, i lavori sono stati ampiamenteforaggiati dal governo statunitense,con un picco di stanziamento di circa 300milioni di dollari nel 2009. Ovviamente,dopo la tragedia dell’11 settembre, la strettasulla sicurezza ha imposto nuovi canonidi valutazione per questo tipo di ricerche:gli esperti di biosicurezza hanno impostoun ritardo nella pubblicazione dei risultati,scatenando un feroce dibattito tra scienziatie autorità di controllo, ma anche all’internodello stesso mondo della ricerca. Lapaura non sembra tanto essere la possibilitàdi un contagio non voluto da parte diaddetti ai lavori, quanto l’idea che la scopertapossa divenire una potenziale arma didistruzione di massa, se finisse nelle manisbagliate. Richard H. Ebright, esperto dibiodifesa e biochimico presso la RutgersUniversity, del resto ammette: “[Il fattoche questo virus esista]…crea il rischioche qualcuno lo trasformi in un’arma”. Daqueste parole a immaginare una realtà sullascia dell’Inghilterra descritta nel film V perVendetta (2005, regia di J. McTeigue, trattodall’omonimo fumetto di A. Moore), dovel’autoritario governo è riuscito a insediarsiproprio diffondendo nascostamente e poidebellando platealmente un letale virus trala popolazione, il passo è breve, soprattuttoper un mondo stretto nella morsa del terrorismointernazionale.Dunque è indubbio affermare che l’avanzamentoscientifico di un paese sia ampiamentecorrelato al suo prestigio internazionale:non solo perché, soddisfatti i primarirequisiti di sussistenza, può sorgere lavolontà di investire in bisogni secondari,ma anche per “la consapevolezza, di partedell’opinione pubblica e del Governo, deltremendo ruolo che la Scienza può averenelle cose umane” (E. Fermi, Discorsosulla Scienza). Infatti, se da un lato è veroche la modalità più diretta di “mostrare imuscoli” sia dotarsi di micidiali potenzialibellici, perfezionati attraverso innovazioniscientifiche, dall’altro la scienza offreun’ulteriore dimostrazione di potenza: ilsuperamento del limite, qualunque essosia. Ancora una volta, ad esempio, gli Usahanno dimostrato il loro primato tecnologicocon lo spettacolare e adrenalinico“ammartaggio” del rover Curiosity, setteminuti di puro virtuosismo scientificoingegneristicoche rendono ancor più frustrantii recenti fallimenti delle missionispaziali russe, culminati con la rovinosaperdita del segnale dai satelliti messi inorbita. D’altra parte, Cina e India sgomitanoe lavorano sodo per ottenere risultati dirilievo nel campo delle missioni spaziali,consapevoli del forte significato simbolicoche tali successi comportano.Ma l’esempio più eclatante di come ilfare scienza contribuisca al prestigio nonsolo culturale dei soggetti coinvolti provienedalla piccola Ginevra, cuore pulsantedi quell’ambizioso progetto europeo cheè il Cern (l’organizzazione europea per laricerca nucleare). La battaglia tecnocraticadella rincorsa al bosone di Higgs ha vistola vecchia Europa di Lhc (Cern, Ginevra)vincere sugli Usa di Tevatron (Fermilab,Chicago), non senza qualche fastidio daparte dei colleghi d’oltreoceano.Per concludere, si osservi come laCina, indiscusso gigante economico, inizi a“far paura” anche come gigante della ricerca:molte sono le università che si adoperanoper attrarre giovani laureati e ricercatoridi livello, i quali rispondono positivamenteall’invito, attirati dalla disponibilità di investimentie dalla prospettiva di buoni risultatiin un ambiente nuovo e all’avanguardia.Fino a che punto si può quindi affermareche la scienza, persino la scienza “pura”(ovvero priva di immediate ricadute pratico-tecnologiche),sia sconnessa dai giochidi potere? Se è vero, infatti, parafrasandoancora Fermi, che “la vocazione dell’uomodi scienza è di spostare in avanti le frontieredella nostra conoscenza in tutte le direzioni,non solo in quelle che promettono piùimmediati compensi o applausi”, la storiaumana dimostra come, dall’accensione delprimo fuoco alla partenza di voli supersonici,le opere dell’ingegno umano siano facilmentee oggetto e motore dell’interessepolitico. All’uomo sta la scelta di volgerequesto interesse verso obiettivi degni dellosforzo profuso.BibliografiaRenata Ago, Vittorio Vidotto, StoriaModerna, Laterza 2004.Fred Guterl, “Aspettando la Pandemia”,Le Scienze, n. 528, agosto <strong>2012</strong>.Giulio Maltese, “Ritorno a Chicago:Enrico Fermi e la nascita dela fisicadelle alte energie nel secondodopoguerra (1946-1954)”, in Attidel XXI Congresso Nazionale diStoria della Fisica e dell’Astronomia,Dipartimento di Fisica, Università dellaCalabria, Arcavacata di Rende (CS),6, 7 e 8 giugno 2001.Sue Vander Hook, The ManhattanProject, ABDO Publishing Company2011.20 • n. 2, maggio-agosto <strong>2012</strong>


TecnocraziaFoto: Esa/C. CarreauIl tecnopotere in orbitaIn the second part of the XX century, Usa and Ussr increased theirtechnological prowess trying to reach absolute supremacy in the world.Both nations’ propagandistic machinery exploited scientific successesto show the country political power and to enhance its internationalprestige. Since the end of the Second World War, the scientificsuperiority has became a fundamental element in the race to the controlof Earth… and space!di Saverio Cambioni“That’s one small step for a man, one giantleap for mankind”. Questa è la frase chesimboleggia un’epoca. Neil Armstrong,comandante della missione americanaApollo 11, il 20 luglio 1969 poggia il piedesul suolo lunare, portando le ambizioniumane direttamente sul satellite terrestre.Un piccolo passo per un uomo, un grandepasso per l’umanità, soprattutto un grandesorpasso degli Stati Uniti sull’avversariosovietico nella corsa al dominio universale.In tutto il mondo l’emozione di coloroche ebbero la fortuna di assistereall’allunaggio inevitabilmente si mischiacon l’amaro ricordo della Guerra Fredda.Il guardingo passo di Armstrong – moltistudiosi pensavano potesse essergli fatale,supponendo erroneamente che il suololunare fosse inconsistente, una pericolosascogliera nascosta da un ingannevole velodi sabbia – non nasconde la pesantezza checaratterizza gli anni del secondo dopoguerrae si accompagna alla durezza dei discorsidei grandi leader, agli inascoltati appelliper la pace, al freddo riflesso metallico delletestate atomiche. Ecco che l’allunaggio,come tutte le conquiste spaziali di queglianni, perde la sua maschera magica, diventandosimbolo della lotta per il potere e peril prestigio internazionale.I successi tecnologici – soprattutto incampo bellico – divennero un fattore determinantesul piano internazionale neglianni che precedettero la Seconda GuerraMondiale: a causa del conflitto, l’industriamilitare delle nazioni impegnate conobbeuno sviluppo forzato. La Germania nazistastanziò enormi finanziamenti per il potenziamentodell’apparato bellico, in particolareper la ricerca in campo missilistico:era infatti ferma convinzione di Hitler chel’unico modo per vincere la guerra sarebbestato potenziare l’aviazione militare. Negliultimi anni del conflitto, apparati specialidell’esercito riuscirono a costruire i primimissili (i famosi V2): essi non furono determinantiper le sorti del conflitto, mentreassunsero notevole importanza negli anniseguenti.L’idea dell’esibizione del potere, mediantel’ostentazione dei propri successiscientifici, giunse a maturazione neglianni del secondo dopoguerra. La disfattapanorama per i giovani • 21


TecnocraziaFoto: Nasa; Nasa; iStockphoto/TerryHealyspaziale, in modo da evitare che la tecnologiacadesse in mani sbagliate. In Italia, ilProgetto San Marco fu il primo programmadi collaborazione bilaterale, che vide impegnataprincipalmente la facoltà di Ingegneriadell’Università “La Sapienza” di Roma e laNasa nella ricerca scientifica e nella sperimentazionenello spazio tra il 1962 e il 1980.Il progetto segnò l’inizio del programmaspaziale italiano che, con il lancio del satelliteSan Marco 1, il 15 dicembre 1964, resel’Italia la terza nazione a effettuare il lancioin orbita di un satellite dopo Unione Sovieticae Stati Uniti. Il lancio fu possibile graziealle tecnologie fornite dalla Nasa: questodette grande risalto agli Usa. Col passaredegli anni, le collaborazioni internazionalisono diventate la colonna portante del settorespaziale: la condivisione della conoscenzain tale campo ha portato alla realizzazione diambiziosi progetti, come la Stazione spazialeinternazionale (Iss).Il sogno spaziale va dunque storicamentecontestualizzato, per arrivare allevere ragioni che spinsero Usa e Urss ainvestire fiumi di capitali nelle missioni:la volontà di esibire il proprio potere podellaGermania portò i maggiori scienziatidel Reich a rifugiarsi sotto l’ala protettricedelle nazioni vincitrici, prime fra tutteUsa e Urss. Tale “accoglienza” venneconcessa in cambio dell’accesso alle conoscenzein campo missilistico maturatedai nazisti, che furono il punto di partenzanella lotta per il primato tecnologico.La tecnologia appena scoperta vennepotenziata; essa dette vita non solo aimissili a lunga gittata per il sostegno delletestate nucleari, ma fu fondamentale ancheper la costruzione dei primi razzi spaziali.In tale contesto, le missioni spazialisi collocarono come raffinati strumentibellici, ideati per assoggettare ideologicamente– e non solo – le altre nazioni. Lacorsa allo spazio iniziò dopo il lancio delsatellite sovietico Sputnik 1, il 4 ottobre1957: esso fu il primo oggetto umano inorbita. Tale esibizione dell’avanguardiatecnologica russa acuì i timori statunitensidi perdere la supremazia mondiale: l’amministrazioneEisenhower fu sollecitata aLe missioni spaziali furonoraffinati strumenti bellici,ideati per assoggettareideologicamente le altre nazioni.intraprendere diverse iniziative, tra cui lacostituzione della Nasa.In quel periodo il lancio dello Sputnikvenne visto nell’Unione Sovietica e intutto il mondo come la conferma delle capacitàscientifiche e ingegneristiche dellaSopra, da sinistra: i tre astronauti dellamissione Apollo 11, Neil Armstrong, MichaelCollins ed Edwin “Buzz” Aldrin; alcuniesperimenti sul suolo lunare condottidurante l’Apollo 11 (sullo sfondo il Lem ela bandiera statunitense); una copia delloSputnik, il primo satellite artificiale, che fuinviato nello spazio dall’Unione Sovietica.Nella pagina precedente: la Luna.nazione. La corsa allo spazio assunse cosìun ruolo fondamentale; essa divenne unelemento essenziale sul piano della propagandacompiuta dalle due superpotenzenel tentativo di conquistare l’egemoniamondiale. La possibilità di tenere sottoscacco l’avversario fu uno degli obiettivipiù importanti perseguiti dai due blocchi:una prospettiva danzante sul sottile confinefra pace e guerra aperta, nella quale l’elementotecnologico giocò un ruolo fondamentale.In tale contesto la posizionedegli altri paesi non fu assolutamente marginale:gran parte della politica del terroresi fondò sulla possibilità di istallare basistrategiche nei paesi allineati, a ridossodei confini dell’altrapotenza. Lacreazione di basinell’Europa occidentalee a Cubafu un chiaro messaggiodi quanto,in realtà, Urss e Usa fossero vicine.Un altro elemento importante fu la diffusionedelle tecnologie da parte delle duesuperpotenze nei paesi allineati: sopratuttogli Usa divulgarono molto cautamente neipaesi Nato la propria conoscenza in campo22 • n. 2, maggio-agosto <strong>2012</strong>


TecnocraziaIl primato di più antica università delmondo è stato a lungo conteso a Bolognadalla storica università di Parigi, laSorbona (a destra la celebre cupola dellasede centrale). Nella pagina precedente:una delle massime istituzioni accademichefrancesi, il Collège de France. Nella primapagina: una veduta di Parigi.litico fu il vero motore dei razzi Jupiter eSoyouz. Non solo: il programma spazialedelle nazioni in gioco mirò ad accostarea mirabili imprese la minaccia del possessoe dell’utilizzo di armi “spaziali”.Tale programma rasentò la fantascienza,rimanendo spesso un semplice elementodi propaganda. Tuttavia, il 23 marzo1983 il presidente Ronald Reagan proposela messa a punto di un programma diprotezione del paese dal lancio di missilibalistici: tale programma venne definitoStrategic Defense Initiative (Sdi), meglioconosciuto come “Scudo Spaziale”.Oggi la tecnologia che più contanon è quella bellica, ma quellainformatica: l’informazione èpotere.L’Sdi prevedeva l’utilizzo di basi siaterrestri sia spaziali per la difesa del territorionord-americano; in particolare leseconde avrebbero dovuto essere dotatedi raggi laser, in grado di intercettare letestate in volo, sottraendo a esse energiacinetica e deviandone completamente latraiettoria. Il progetto Sdi non venne maisviluppato del tutto, perché molto costosoe basato su una tecnologia ritenuta immaturaper quel tempo; la sua aura fantascientificadivenne invece un preziosostrumento per la propaganda sovietica,che utilizzò l’appellativo “Star Wars” perfare disinformazione sul progetto. L’argomento“Scudo Spaziale” non si esaurì comunquecon la fine della presidenza Reagan:le tecnologie maturate nel progettovennero ulteriormente sviluppate e sonoancora oggi al centro del dibattito di fuocofra la Casa Bianca e il Cremlino sullapossibilità, da parte della Nato, di poterinstallare uno scudo spaziale sul suolo europeoper difendersi non solo dai missili,ma anche dagli asteroidi.Oggi, la tecnologia che più conta nonè quella bellica ma quella informatica.“L’informazione è potere”, amava ripetereJ.E. Hoover, storico fondatore dell’Fbi.L’acquisizione dell’informazione, la suagestione e il suoriutilizzo sonoprocessi fondamentaliper l’affermazionedi unanazione sul pianointernazionale, siada un punto di vista difensivo (la protezionedal terrorismo) sia strategico (acquisizionedi informazioni esclusive). Ildominio della rete è l’obiettivo primariodi tutti i servizi di intelligence dei paesisviluppati: il controllo degli avvenimentiin ogni singolo angolo della Terra (e dellaporzione dello spazio a noi prossima) è uningrediente essenziale per vincere la corsaper la supremazia mondiale. In questaspecie di “Big Brother” globale, la tecnologiaaerospaziale continua ad avere unruolo di primissimo piano: soprattutto nelcampo delle osservazioni satellitari.Nonostante la rivoluzione conoscitivaportata avanti dall’informatica, il confinefra tecnologia realmente posseduta e fantascienzarimane ancora molto sottile. Ladisinformazione scientifica è il lubrificantegiusto per ungere gli ingranaggi del poterepolitico: molti leader del passato furonomaestri nell’utilizzare l’ignoranza diffusain campo tecnologico per fortificare ilproprio potere. Come Stalin, che diffusela paura del potere scientifico assunto daalcune élite presenti nel paese allo scopodi eliminarle: l’epilogo del delirio antiebraicostaliniano coincide con la “congiuradei medici”, l’assurda storia secondo cuivennero eliminati i medici del Cremlinoper essere sospettati di aver complottatol’assassinio dei loro importanti pazienti.Emblematica è anche la storia di Rasputin,santone di corte dell’ultimo zar, cheassunse un’enorme influenza sul sovranomillantando le sue doti di curatore.Tali episodi rendono evidente come latecnologia sia in grado di rafforzare il potereconsolidato e, allo stesso tempo, come il“potere” tecnico-scientifico, vero o millantato,venga spesso utilizzato per impadronirsidelle leve del potere politico, o quantomeno, per influenzarlo fortemente.panorama per i giovani • 23


TecnocraziaA sinistra: una calcolatrice Olivetti. Nellapagina successiva, in basso: l’iPhone4della Apple.Foto: iStockphoto (liso81; gianlucabartoli)Informatica e tecnologiaIl mondo a portata di manoNowadays there is nothing you can’t know by just sitting in front ofyour computer or by using your cell phone. Thanks to these greatinnovations the world has become so small that you can have it all inthe palm of your hand. Many people tried to give their contributionto this common purpose, but Steve Jobs, Larry Page, Sergey Brin andour compatriot Adriano Olivetti deserve a special mention for theirabsolutely ingenious ideas and projects.di Riccardo Cappadozzi e Luca De FrancescoSolo qualche decennio fa nessuno avrebbemai lontanamente immaginato il modoin cui la tecnologia e l’informatica avrebberoprepotentemente preso in mano leredini della nostra quotidianità. Oggi,per i membri della nuova generazione,risulta quasi impossibile farne a meno,dal momento che in qualsiasi ambito l’utilizzodei mezzi informatici è divenutopraticamente indispensabile: il telefonocellulare e il computer, ormai compagniabituali delle nostre giornate, si radicherannosempre più nella società del futuro,mentre le distanze che ci separano dazone geograficamente lontanissime possonoessere ridotte drasticamente graziea un semplice click del nostro mouse echiunque abbia una connessione internetsul proprio cellulare può visualizzare,nel palmo della mano, ciò che in questopreciso istante sta accadendo dalla parteopposta della Terra. Tutto ciò ha dell’incredibilese solo si prova a immaginareciò che c’è dietro a un dispositivo elettronicodi pochi centimetri: lavoro e sudoredi migliaia di persone che hanno fattofruttare il loro impegno dando sfogo allapropria creatività e inseguendo i sogni incui credevano.La storia dellosviluppo tecnologiconon può,tuttavia, considerarsifatta di solieventi recenti. Ilfiore all’occhiellodell’Italia nell’ambito dell’innovazione èsicuramente rintracciabile nella figura diAdriano Olivetti che, nonostante gli enormilimiti dovuti alle scarse conoscenze eai ridotti mezzi a disposizione negli anniTrenta, riuscì a ottenere risultati notevoli,oltre ad affermarsi come uno dei principalipionieri dell’informatica moderna e aintrodurre una nuova, vera e propria concezionedel fare impresa.Già nel 1945, infatti, l’invenzione dellaprima calcolatrice scrivente al mondo,in grado di eseguire le quattro operazioni,aprì alla Olivetti la strada del successo,anche se Divisumma-14 – questo il nomedel prodotto – avrebbe potuto difficilmenteaiutare uno studente durante i suoicompiti in classe, viste le enormi dimensionie le limitatissime funzioni possedute.Essa rappresentò una vera rivoluzioneper l’epoca, dimostrando altresì che nonpoteva opporsi alcun ostacolo alla potenzadell’ingegno umano.Da questo evento in poi, consapevoledelle proprie potenzialità, Olivetti rese lapropria impresa un modello per la classeimprenditoriale italiana, perfezionandola catena di montaggio e introducendoper la prima volta strumenti di controlloprogrammabili, elementi che innalzarononotevolmente la qualità e l’efficienza dellaproduzione. La Olivetti riuscì a distaccarsidalla situazione di stallo a cui eraancorata l’industria italiana, poco apertaall’innovazione tecnologica e insiemesospettosa nei confronti di un imprenditoreche puntava a fondare una nuovacultura d’impresa, una cultura umanistadell’imprenditoria, capace di coniugarei principi industriali con quelli dell’eticae della responsabilità sociale. Il modelloche Olivetti perseguiva era quello di una“comunità” di lavoro che stesse al passocon le principali innovazioni tecnologichee allo stesso tempo che non tralasciassel’importanza del fattore umano. Come fanotare Valerio Castronovo in Un’aziendaGià nel 1945 la Olivetti inventòla prima calcolatrice scrivente almondo, la Divisumma 14, capacedi eseguire le quattro operazioni.e un’utopia: Adriano Olivetti 1945-1960(il Mulino, Bologna 2001), la personalitàdi Olivetti affonda le proprie radici nellacultura del personalismo cristiano e nel24 • n. 2, maggio-agosto <strong>2012</strong>


TecnocraziaLa scommessa di Steve Jobssi è trasformata in uno dei piùbrillanti successi che la storiaimprenditoriale ricordi.riformismo socialista, il tutto integratoda una profonda conoscenza delle tecnichee dei processi industriali, che l’ingegnereebbe modo di apprendere graziealle <strong>numero</strong>se visite condotte negli StatiUniti. Durante i periodi trascorsi nel nuovocontinente egli venne inoltre a conoscenzadei principali problemi posti dalladiffusione del fordismo e del taylorismo,anticipando tematiche che si sarebberoimposte nel sistema industriale europeosoltanto diversi decenni dopo.Un’ulteriore innovazione apportatada Olivetti fu quella del rapporto con ipropri collaboratori. Nella sua carriera sicircondò infatti di <strong>numero</strong>si intellettualied esperti in ambito sociale, in grado diinquadrare le problematiche aziendali sottoun’altra veste, da un punto di vista piùumano. Insomma: un imprenditore davverosui generis e per molti aspetti in anticiposui tempi. “Materiale ed esoterico”furono le parole utilizzate da Carlo DeBenedetti per tratteggiarne la figura, sottolineandola sua attenzione per ogni piùnascosto dettaglio abbinata a una spiccataconcretezza in ambito lavorativo. Conqueste premesse,l’azienda sirese protagonistadella progettazionedi <strong>numero</strong>siprodotti cheavrebbero poirappresentato la base di partenza per laproduzione di dispositivi che oggi risultanolargamente utilizzati: ricordiamotra questi l’Olivetti M20, primo personalcomputer realizzato in Europa, e unodei primi veri e propri computer portatilial mondo, l’Olivetti M10, realizzato nel1983. Questa storia gloriosa, purtroppo,si è da tempo esaurita, ma la figura diAdriano Olivettiresta uno degliesempi più luminosidi come ilnostro paese siastato in grado dicompetere con legrandi potenze mondiali nell’innovazionetecnologica... e ciononostante di perderela partita!I più grandi ammiratori di Olivettipropongono spesso un ardito ma intriganteparallelismo tra l’imprenditorepiemontese e lo scomparso fondatore diLa figura di Adriano Olivetti èquella di un imprenditore chemirava ad abbinare le leggi delprofitto ai principi dell’etica.Apple Inc., Steve Jobs: ad accomunarei due non è soltanto la loro innata passioneper il progresso tecnologico, maanche il continuo desiderio di voler modificaree trasformare la realtà con innovazionie rivoluzionarie strategie di organizzazionedel lavoro. Due esteti dellaproduzione – così qualcuno li ha definiti– sempre pronti a sacrificarsi completamenteper il bene dell’azienda, magariin modi differenti.Senza dubbio, così come avviene perla Olivetti, non è possibile analizzarel’azienda di Cupertino senza valutarnei rapporti con il proprio fondatore: moltedelle scelte che hanno contribuito alsuccesso di Apple Inc. sono direttamentericonducibili alla personalità dello stessoJobs, a partire dalla continua ricercapanorama per i giovani • 25


La salute Tecnocrazia nel mondoFoto: iStockphoto (hudiemm; Alija)della perfezione, una perfezione che l’aziendacaliforniana ormai da trent’anniinsegue ostinatamente. Potremmo rintracciaresicuramente una delle chiavidel successo di Jobs non solo nelle idee“Think different”, il mottodi Apple, è molto più diun’intuizione di marketing: si èrivelato una vera filosofia di vita.innovative che egli portava avanti, maanche e soprattutto nella tenacia con cuile ha sempre perseguite. Questa riflessionetraspare dalle ormai celebri parolepronunciate all’Università di Stanfordnel 2005, che forse riassumono in pocherighe la filosofia di vita di una mente cosìgeniale e innovativa: “Il vostro tempo èlimitato, quindi non sprecatelo vivendola vita di qualcun altro […] , non lasciateche il rumore delle opinioni altrui lasciaffogare la vostravoce interiore”.Grande forza divolontà, grandevoglia di otteneresempre il massimodalle proprieazioni, grande convinzione nei proprimezzi, il tutto accompagnato da un’innataintuizione e da uno spiccato gusto perun continuo miglioramento di ciò che ègià fatto. Sulla base di queste parole nascela politica che ha condotto l’impresaad assumere il ruolo di incontrastato leaderin ambito di innovazione e ricercatecnologica.La storia di Steve Jobs ha dell’incredibile,se si pensa al suo approccio con ilmondo dell’informatica: avendo abbandonatogli studi universitari dopo un solosemestre, si dedicò esclusivamente al lavorochiudendosi in un garage e mettendoin atto insieme all’amico Steve Wozniakle innumerevoli idee che balenavano nellamente di due ventenni. Pochi immaginavanoche quell’umile contesto sarebbedivenuto, di lì a qualche anno, la primarudimentale sede di Apple Inc., un sognoper cui Jobs avrebbe sempre combattuto.L’esperimento di Jobs e Wozniak dovetteaffrontare <strong>numero</strong>si problemi dovutiprincipalmente al fatto che il loro prodottocostituiva un vero e proprio oggetto artigianale.Tuttavia, quella che sembravaapparentemente una mera scommessa sirivelò un enorme successo e l’azienda incassòpiù di un milione di dollari in seguitoalla messa in commercio della nuova“creatura”: l’Apple II. Jobs fu estromessodalla Apple nel 1985, ma non si persed’animo e fondò la Pixar, casa di produzionecinematografica divenuta popolaredopo l’uscita del film di animazionetridimensionale Toy Story. Rientrato nel1997 alla Apple, Jobs portò l’azienda diCupertino, ormai in crisi, a una secondagiovinezza e a successi ancora superioria quelli precedenti. Desideroso di proseguirelungo la via del progresso, decise diridurre notevolmente l’ingombro dei personalcomputer, e allo stesso tempo di incrementarnele prestazioni, raggiungendosempre nuovi successi dovuti a un eccezionaleconnubio tra efficienza, potenzae valore estetico. La continua e perpetuaricerca di perfezionamento ha consentitoad Apple di elevarsi a modello per lecase concorrenti, nonché di influenzarela cultura tecnologica e di indirizzarla inbase alla commercializzazione dei propriprodotti.Altra importantissima caratteristicache ha contribuito drasticamente al successodell’azienda è senza dubbio quelladi perseguire obiettivi aziendali differentida quelli delle case concorrenti.Fin dalla sua fondazione, infatti, la casacaliforniana ha dimostrato di non esse-A sinistra: il logo della Apple. Nella paginaseguente, in alto: Google.26 • n. 2, maggio-agosto <strong>2012</strong>


TecnocraziaLarry Page e Sergey Brin, ifondatori di Google, volevanoorganizzare i contenuti della retea misura di ogni utente.re pronta ad adeguarsi a quella che pertrent’anni ha rappresentato la strada piùutilizzata per trarre profitto nel mondodell’informatica. Da questa logica, voltaesclusivamente al conseguimento di profittodovuto alla diffusione quantitativadel prodotto tecnologico, l’azienda californianasi è sempre mantenuta distante.Come afferma Carmine Gallo in Pensarecome Steve Jobs, “lo slogan adottato peranni da Apple, Think different, è moltopiù di una brillante intuizione di marketing.È la chiave di volta su cui il genio diCupertino ha costruito non solo l’interaazienda, ma una vera e propria filosofiadi vita. È uno strumento potente, positivo,rivoluzionario che ognuno di noi puòapplicare in molti campi, puntando allostesso obiettivo di Apple: essere un passoavanti a tutti per arrivare primi, sempre”.Jobs credeva, infatti, nella possibilitàdi creare un marchio che puntassesu prodotti estremamente innovativi, chepotessero realmente modificare in positivola vita dell’essere umano, mantenendostandard qualitativi elevati.Il sogno del guru fondatore di Appleera inoltre quello di indirizzare la culturatecnologica verso queste idee attraversola diffusione dei propri prodotti.Quella che poteva, fino a qualche annofa, essere considerata soltanto un’utopia,si è dimostrata invece una logicaestremamente vincente anche dal puntodi vista commerciale (oggi Apple Inc.è considerata l’azienda che vale più almondo secondo una ricerca svolta daMillward Brown Optimor), così comeavvenne per la Olivetti alla fine deglianni Cinquanta.In linea con l’esperienza delle aziendedi Jobs e di Olivetti si colloca quelladi Google, colosso informatico che proponeoggi <strong>numero</strong>si servizi volti al miglioramentodella vita quotidiana di ogniutente di internet. La casa statunitense,fondata dagli informatici Larry Page eSergey Brin, nasce nel 1997 al fine diorganizzare l’immensità dei contenutipresenti in rete, collocandosi nel mercatodei motori di ricerca. Questi ultimirisultano oggi uno strumento di fondamentaleimportanza per l’utilizzo stessodi internet: a mano a mano che la quantitàdi informazioni e contenuti presentisulla rete cresce vi è bisogno di mezzisempre più potenti ed efficienti volti allagestione e all’organizzazione dei contenutistessi. A testimonianza di ciò bastapensare che al momento Google, oltre adessere il motore di ricerca più utilizzato,risulta allo stesso tempo il sito più visitatoal mondo.Il sogno dei suoi fondatori era quello diorganizzare i contenuti della rete a misuradi ogni utente, ovvero rendere facilmenteaccessibili a tutti le informazioni cercate.Partendo da una innovativa visione dellateoria delle reti, secondo la quale l’importanzadi una pagina è correlata al <strong>numero</strong>di citazioni e di link relativi alla medesimapagina, Page e Brin approfondirono i propristudi sulla rete e posero le basi per lacreazione di Google.La loro opera,come anche quelledi Jobs e di Olivetti,non può essereconsiderata un insiemedi casualiricerche e semplici spinte innovative. Essevanno infatti inquadrate sotto un aspettopiù caratteristico: hanno sicuramente modificatoin positivo la vita di ognuno di noi,singoli cittadini del presente.L’unico rischio dello sviluppo tecnologico,che ha reso le macchine semprepiù performanti e sicure, può essererappresentato dalla tentazione umana difidarsi troppo delle loro prestazioni. Il1° agosto <strong>2012</strong> la borsa di New York èstata sconvolta da un episodio che possiamoconsiderare alquanto sintomatico:un software automatico di scambio titoliha inondato il mercato con milioni discambi, provocando gravi ed importantiripercussioni. L’avvenimento ha postoin evidenza non solo l’inaffidabilità deisoftware a cui viene affidata la gestionedi situazioni importanti ma anche il fattoche l’uomo, creando macchine semprepiù efficienti e intelligenti, corre il rischioche esse prendano il sopravventosu di lui. Tali riflessioni vanno a scontrarsicon quello che è il bisogno primarioche ha spinto finora l’essere umano aideare sistemi che gli venissero in aiuto.Con questo non si vuole in alcun modonegare o bloccare l’evoluzione della tecnologia,ma soltanto spingere l’uomo aporre dei limiti alla parte negativa dellosviluppo incontrastato, affrontando laquestione anche eticamente. Bisogna infattifar sì che le macchine assolvano alproprio compito originario, senza sostituireil loro creatore. Il contributo di personaggiquali Jobs, Olivetti, Page e Brinha gettato dunque le basi di una nuovaera, dominata da un rapporto rinnovatotra utente e tecnologia, all’insegna delquale una innovazione controllata puòcollocarsi al pieno servizio dell’essereumano.panorama per i giovani • 27


TecnocraziaSanitàIl costo della tecnicae i diritti di cittadinanzaThe cost of technology and the rights of citizenship in the health sectorare very rich fields for discussion and conflicting opinions. The recenteconomic crisis makes us think about the most important and ethicallycorrect choices to ensure the inviolable right to health care, in light ofthe steady progress of medical technology.di Gianmarco Lugli“La miseria è la madre delle malattie”.Questa espressione è attribuita a JohannPeter Frank – un medico igienista tedescodella seconda metà del Settecento– ed esprime una nuova interpretazionerivoluzionaria della salute e della praticamedica: la condizione di malato trova unasua radice nella povertà e nelle condizioniLo sviluppo delle tecnologiemediche consente unmiglioramento delle cure, mapresenta costi sempre crescenti.sociali che la generano. In altre parole: alfine di sconfiggere il male biofisico nonè sufficiente una “teoria del morbo”, maè necessario un passaggio a una “teoriasociale”, totalizzante, in grado di comprenderein sé le condizioni di vita deipazienti. Si tratta di una vera e propriarivoluzione copernicana in ambito medico,anche se queste concezioni illuminatesono state gradualmente sorpassate nelcorso della storia della medicina da unapproccio tecnicista della cura e da unaconcezione biologica del malessere. Ilrisultato è l’affermazione della medicinacome scienza a séstante, che prendecorpo attorno aun insieme di conoscenzeproprie,sfruttate alla lucedi pratiche e tecnichemeccaniche. Sono proprio questepratiche che col tempo hanno conosciutoun’evoluzione in senso tecnologico.Nell’arco di un secolo (il ventesimo) si èpassati da mezzi rudimentali di diagnosia enormi macchinari estremamente costosi:nell’immaginario di molti, questeattrezzature potranno sostituire il lavorodel medico, con serie implicazioni etiche.Lo sviluppo della tecnica in medicinapuò essere letto in modo ambivalente.Certamente esso consente di giungere,all’interno del ventaglio di servizi offertidalla sanità, a un’efficienza sempre maggiore,consentendo anche un notevole risparmioin termini di tempo e, soprattutto,di vite umane. L’altra faccia della medagliaè rappresentata però dai costi: per averetecnologie sempre più di avanguardia ènecessario investire ingenti quantità dicapitale, non sempre presenti sia a livellolocale (nel caso del sistema sanitario italianonell’ambito delle aziende sanitarielocali) sia a livello nazionale, per non parlaredelle disuguaglianze che si incontranoa quello globale. Il quadro logicamente sicomplica se si analizza la situazione allaluce della recente crisi economica, che daquasi un quinquennio attanaglia i paesioccidentali. Nonostante ciò, il business inambito sanitario si piazza, per volume difatturato, al secondo posto, superato unicamentedal commercio di armi; inoltre, letecnologie sanitarie mondiali non parlanosolamente l’inglese: c’è uno spazio moltoimportante anche per l’italiano.L’Italia si configura infatti come unanazione di primo ordine per lo sviluppodi tecnologie medico-sanitarie, rappresentandoil più importante polo europeonel settore biomedicale. A Mirandola, inEmilia Romagna, si è sviluppata dagliFoto: iStockphoto (RickLeePhoto; baranozdemir)28 • n. 2, maggio-agosto <strong>2012</strong>


TecnocraziaA sinistra e nella pagina precedente: unamacchina per la risonanza magnetica e unostent, usato per ridurre stenosi o prevenireaneurismi. Nella pagina seguente: undispositivo per flebo.anni Sessanta quella che è stata definita“The Biomedical Valley”: si tratta di unagglomerato di imprese attive nel settorebiomedicale e specializzate nella produzionedi dispositivi medici quali prodottimonouso (disposable) e grandi macchinari.L’input per lo sviluppo è stato dato daMario Veronesi, il quale studiò nella suaprima piccola officina un prototipo di reneartificiale. Da quel giorno l’area, inizialmentea forte impronta agricola, ha subitouno sviluppo vertiginoso. Le <strong>numero</strong>sissimeaziende del distretto sono orientateverso un ampio ventaglio di servizi sanitari,quali l’anestesia, l’emodialisi, la cardiochirurgia,la ginecologia e la trasfusione.L’area ospita un centinaio di aziendeper un totale di cinquemila lavoratori; laproduzione è per il 61% assorbita dall’esportazione,sebbene queste cifre abbianosubito un notevole ridimensionamento acausa del terremoto che ha colpito l’areadi Mirandola nel maggio del <strong>2012</strong>. Il fatturatoraggiungeva nel 2000 il miliardo dilire, cifra enormemente aumentata grazieal continuo sviluppo del distretto nelprimo decennio del secolo corrente. L’esempiodel distretto di Mirandola è emblematicoper quanto concerne la redditivitàdella tecnologia in ambito sanitario.Al giorno d’oggi le tecnologie sanitarierappresentano una prospettiva di investimentoallettante, per le capacità di assorbimentodei prodotti da parte del mercatoe per la loro avvertita necessità, sia quantitativasia qualitativa: la scommessa prin-cipale delle aziende interessate è raggiungereuna sempre più capillare distribuzionesul territorio con prodotti qualitativamentesempre più competitivi.La funzione primaria dell’assistenzasanitaria è la cura dell’individuo affettoda una malattia: la tutela della salute è unsegno di civiltà, l’emblema di una culturacapace di farsi carico in modo concretodei diritti dell’uomo e di porre al centrodell’attenzione la persona con le sueesigenze. Tuttavia, la tutela della salutegenera costi e viene quindi vista anchecome un problema economico. Le spesesanitarie rappresentano una voce importantenel panorama dei costi da sostenereda parte dello stato per i suoi cittadini. Inparticolare, la spesa sanitaria per l’anno2008 in Italia ammontava a 106,65 miliardidi euro, per poi passare nel 2011 a 112miliardi; la spesa sanitaria è costantementecresciuta dal 1996, passando da 52,2a 98,7 miliardi nel 2006. La crisi finanziariaacuisce poila consapevolezzadella malattiacome un costo(ingente) per lacollettività. Letecnologie sanitarienon solo si configurano come una voceimportante nel panorama dei costi, mapresentano anche la caratteristica dell’imprescindibilità:la cura del cittadino deve,o almeno dovrebbe, essere garantita nelmigliore dei modi possibili; molto spessoIn campo biomedico l’Italiarappresenta un fiore all’occhiellodello sviluppo tecnologicomondiale.l’efficienza e la prontezza della diagnosie della cura sono raggiungibili solo conapparecchiature sempre più sofisticate.Da qui la necessità di una riflessionesu come si concili l’idea di cittadinanzacon i costi odierni della sanità. L’articolo53 della Carta dei Diritti fondamentalidell’Unione Europea stabilisce che il dirittoalla tutela della salute è da intendersicome “diritto di accedere alla prevenzionesanitaria e di ottenere cure mediche allecondizioni stabilite dalle legislazioni edalle prassi nazionali”. Non solo: l’UnioneEuropea deve garantire “un alto livellodi protezione della salute umana”. Lasalute rappresenta un bene sociale e nonsolo individuale e va assicurata nel contestodi una rete di servizi sanitari efficienti.Questa enunciazione costituisce una direttivaper i governi nazionali: non bisognafermarsi a garantire a tutta la popolazioneuno standard minimo elevato, ma tenderea creare servizi sempre più variegati e distribuitiuniformemente sul territorio.Il prepotente ingresso dell’economiain ambito sanitario può comportare seriproblemi etici. I gestori della sanità, comeho detto, si trovano a fronteggiare da unlato gli effetti nefasti della crisi economicae dall’altro la necessità di razionalizzarele spese. Il problema si pone nel momentoin cui si perde di vista il vero scopodell’assistenza sanitaria e cioè il garantirecure a tutti i cittadini, naturalmente nelrispetto dei criteri di buona gestione “economica”dei processi e dei servizi. È opportunoprecisare inoltre che il cittadinonon sempre coincide con il contribuente:può non esserlo se non possiede un lavoroo se a causa di una patologia è impossibilitatoa svolgere una normale attività. Nonesistono però cittadini più meritevoli diricevere un’assistenza sanitaria dignitosarispetto ad altri, né tanto meno può essereeffettuata una distinzione, per quantoconcerne l’apparato sanitario pubblico, inpanorama per i giovani • 29


TecnocraziaFoto: iStockphoto/nazdraviebase alle tasse versate. In caso contrario,è chiaro che verrebbe meno il principio diuna copertura sanitaria universale, garantitain Italia sin dal 1978.Il diritto all’assistenza sanitaria èriconosciuto alla totalità dei cittadini.È bene ribadirlo, in un momento in cuiormai quotidianamente le prime paginedei giornali sono occupate dal dibattitosu temi come la spending review, dellaquale il comparto sanitario è uno dei capitolipiù importanti. L’occasione che siprospetta allo stato italiano è unica: abbatterefinalmente gli sprechi e razionalizzarela spesa pubblica, senza però perdereefficienza. Non sempre, d’altronde,finanziamenti maggiori sono sinonimidi sanità funzionale: in molte regioni,soprattutto del Sud, una spesa incontrollatasi accompagna a un cattivo servizioe spesso a veri e propri fenomeni di “malasanità”.Dalla spending review alchoosing wisely: un nuovoapproccio incentrato sullaresponsabilità del medico.Come è possibile coniugare un elevatostandard di servizi tagliando i costi? Ilragionamento da seguire appare semplice,restando all’interno del metodo della“appropriatezza” degli interventi piùvolte richiamato dal ministro Balduzzi.Il finanziamento al Servizio sanitario nazionaleper il triennio <strong>2012</strong>-2014 subiràuna flessione netta del 3-4 % l’anno. Pergarantire esattamente gli stessi servizi occorrequindi una razionalizzazione dellespese in percentuale almeno analoga. Ilrisparmio può partire, giusto per citare unesempio, da ricoveri in day-hospital piuttostoche secondo la procedura ordinaria,così come dall’allineamento dei consumidi farmaci alla media nazionale nelle regioniche da tale media si discostano eccessivamente.Recentemente è emersa anche unanuova corrente, che mette in risalto lequalità civiche della figura del medico. Sitratta del metodo del choosing wisely: essopuò essere considerato come la naturaleevoluzione della spending review. Letteralmente,la locuzione assume il significatodi “scegliere con saggezza”; l’appelloè stato lanciato dall’American Board ofInternal Medicine Foundation nella primaveradel <strong>2012</strong>e invita i medicia promuovere unnuovo modello disanità basato sulrigore, sulla sobrietàe sull’efficienza.In particolare, uno dei fini dell’appelloè la sensibilizzazione dei medici aevitare test e trattamenti inutili. Seguirequesta strada porterebbe a non privare ipazienti delle risorse necessarie per il lorobenessere e a evitare trattamenti eventualmentedannosi in una prospettiva dimedio e lungo termine. Certo, perché cisi possa muovere in questa direzione occorreda parte di tutti un atteggiamentoculturale profondamente diverso da quelloche negli ultimi anni ha incentivato alcontrario nei medici la pratica della cosiddetta“medicina difensiva”, che consistenel prescrivere accertamenti o trattamentianche di scarsa utilità e “appropriatezza”per ridurre il rischio di essere chiamati arispondere di un insuccesso. La figura delmedico presenta una peculiarità determinante,poiché egli si configura come untecnocrate nel senso pieno del termine.Infatti, se da un lato egli è in possessodi conoscenze specifiche estranee al paziente,dall’altro presenta un potere unico,avendo la facoltà di stabilire analisi,ordinare ricoveri, prescrivere farmaci etrattamenti, consigliare interventi chirurgici.Il problema si pone nel momento incui la figura del medico inizia a seguireun approccio “difensivo” della propria reputazioneed eventualmente della propriaincapacità di decisione. In questo caso sipuò giungere a spendere cifre iperbolicheanche per curare semplici disturbi: se sianalizza tale comportamento alla luce dipolitiche amministrative volte al rispettodel vincolo del bilancio in ambito sanitarioappare chiaro come si vada incontroa un inevitabile taglio dei servizi conconseguente negazione dei diritti di cittadinanza.Perciò, assume fondamentaleimportanza l’educazione del medico qualetecnocrate della salute, che deve condurrealle cure più appropriate per i propripazienti ma deve assolutamente evitarepossibili sprechi, come l’uso eccessivo difarmaci e inutili richieste di accertamento.Al giorno d’oggi non si può fare a menodel medico tecnocrate, ma non si puònemmeno concedere licenza di sperperarele risorse.Una diminuzione della spesa operatain modo intelligente è più che possibile.È necessario ripensare i sistemi sanitari,contenerne e razionalizzarne i costi, rivedendoanche le forme di finanziamento.Un ruolo di primo piano è rappresentatodall’economia: essa è un mezzo decisivoe imprescindibile per la vita della società,ma deve rimanere pur sempre un mezzo.Il passaggio logico che porta a intenderela società come mezzo per il sostentamentodell’economia non prevede la centralitàdel cittadino e pertanto non è auspicabileper il bene della collettività.30 • n. 2, maggio-agosto <strong>2012</strong>


TecnocraziaFoto: iStockphoto/clubfotoNapoli-Heidelberg: sola andataper il piacere della scopertaThe European Molecular Biology Laboratories (Embl) is a non-profitorganisation for base research in biology. It is financed by manyEuropean Governments and a few other countries. It is a place whereNobel prize winners grew up. Teresa Carlomagno is the head of theNmr group in the department of Structural and Computational Biology.She told us about her experiences as a young woman who fulfilled herdream and a young Italian that had to leave her own country for it.di Floriana VincisL’Embl (European Molecular Biology Laboratories)è un’organizzazione non-profitper la ricerca di base, al cui interno lavoranocirca 85 gruppi che si occupano di ogniaspetto della biologia di base. L’ente è finanziatoda 20 stati membri (tra cui ancheIsraele e Australia, come membro associato)ed è nato nel 1974. L’ Embl è nato dalleidee dell’americano Leo Szilàrd, fisicoe biologo molecolare, e dei vincitori delpremio Nobel James D. Watson e John C.Kendrew. Il loro obiettivo era la creazionedi un istituto sopranazionale di livello taleda competere con gli istituti americani nelcampo della biologia molecolare.Uno dei più famosi progetti di ricercadell’Embl ha avuto per oggetto l’identificazionedei geni responsabili per la divisionefunzionale e strutturale delle parti del corponell’embrione dell’insetto. Questa ricerca èvalsa un premio Nobel nel 1995 a ChristianeNüsslein-Volhard e a Eric Wieschaus.Oggi quest’organizzazione internazionaleè considerata tra i migliori laboratori per laricerca di base in biologia in Europa e i suoicinque centri con sede in diversi paesi finanziatoriattraggono giovani scienziati da tuttoil mondo. L’Istituto è riuscito a raggiungereun livello di eccellenza grazie anche alle rigideregole che vigono al suo interno: i capigrupponon possono fermarsi più di noveanni, a parte rare eccezioni per meriti speciali,mentre i dottorandi e i post-dottorandi sipossono trattenere solo per un ciclo di studi.A tutti vengono dati i mezzi necessari perimparare a svolgere nel miglior modo possibileil proprio lavoro e sono liberi di andarvia per lavorare a livelli più alti.Sopra: la città di Heidelberg, dove ha sedel’Embl.Insomma, eccellenza e flessibilità sonole parole d’ordine che hanno portato questocentro a essere quello che è. Conosciamooggi il capo del gruppo di ricerca di Nmr (Risonanzamagnetica nucleare) biomolecolarenel dipartimento di Biologia computazionalee strutturale: Teresa Carlomagno. Una dellementi che dall’Italia si è trasferita in Germaniaper poter realizzare il suo sogno: fare ricercacon i migliori mezzi possibili.Lei ha vissuto tanti anni in Italia e ha frequentatoun ateneo italiano. Qual è la ragioneche l’ha spinta a lasciare l’Italia ead entrare a far parte di questo istituto?Mi sono laureata all’Università Federico IIdi Napoli, che mi ha consentito di avere unapreparazione ottima in Chimica. La ricercaall’interno della stessa università non eraperò comparabile con il livello della didattica.Questa situazione mi ha portato a pensaredi fare un dottorato all’estero, magari inAmerica o in Inghilterra, cosa che però nonho potuto fare per problemi familiari. Sonoquindi rimasta a Napoli e ho fatto un dottoratonella stessa università, ma il mio sognodi andare all’estero era troppo grande; perquesto, appena ho potuto, ho sfruttato unaborsa di studio e sono andata a trascorrerepanorama per i giovani • 31


Tecnocraziaun anno del mio dottorato di ricerca all’universitàdi Francoforte in Germania.L’esperienza a Francoforte ha fatto sì chemi si aprisse un mondo nuovo: congressi,scienziati di fama internazionale, pubblicazioniin riviste con high impact factor, insommatutto quello che avevo sempre sognato. Dopoquesta esperienza ho deciso di fare un post-doca Francoforte e successivamente, non sentendomiancora pronta per avere un gruppo tuttomio, ho deciso di fare un altro post-doc alloScripps Research Institute in America. L’esperienzaamericana è stata molto utile, ma hodeciso di tornare in Europa. Sono stata al MaxPlank Institut a Göttingen in Germania, con laposizione di capo-gruppo; dopo sei anni sonopassata all’ Embl. La scelta di venire all’Emblè stata piuttosto atipica, perché in questo istitutoi group-leaders sono molto giovani, mentreio avevo già fatto le mie esperienze, mala vitalità di questo posto mi ha convinto. Ilprossimo step sarà quello di muovermi in unaposizione senior, da professore.Quali progetti segue? Potrebbe spiegarciqualcosa del suo lavoro?I progetti che seguo sono costruiti passopasso da me insieme ai miei collaboratori.Il bello di questo istituto è la libertà che sidà ai capi-gruppo di creare dei progetti, diporsi domande e cercare risposte alle stesse.Ovviamente, le domande devono essererilevanti per la biologia e per la medicina edevono portare a una migliore conoscenzadella biologia di base.Il mio gruppo si occupa dello studio diproteine, acidi nucleici (Dna e Rna) e piccolemolecole che interagiscono tra loro. L’interazioneavviene tramite la forma tridimensionale;noi cerchiamo di capire i principialla base di questa interazione attraversouna tecnica analoga alla risonanza magneticache si usa in medicina, chiamata risonanzamagnetica nucleare ad alta risoluzione.In particolare lavoriamo nel campodegli Rna regolatori e sviluppiamo metodiper il drug design, concentrandoci sui recettoridi membrana.Lei vive da tanti anni in questo paese.Come si trova? È stata accolta bene?Il mio primo impatto con la Germania èstato molto negativo e ricordo ancora quandosono arrivata. Era un mercoledì sera eil giovedì mattina c’era il group meetingnel mio laboratorio (un’occasione per ognipersona del gruppo di parlare, a turno, deisuoi risultati); nel gruppo al quale mi univov’erano solo due stranieri: un post-docamericano e io. Il capo del gruppo annunciòche dalla volta successiva i group meetingssi sarebbero tenuti in inglese a causa dellapresenza di due stranieri. La persona chedoveva presentare i suoi risultati fece unabattuta poco felice, che ricordo ancora: “Maperché, anche gli italiani vanno all’università?Io pensavo che sapessero solo puliree fare pizze”. Ecco come i tedeschi vedevanogli italiani in quel periodo... Il fatto chegli stranieri fossero pochi fece sì che l’altroragazzo e io fossimo visti come ospiti, noncome membri del gruppo. Ovviamente, eper fortuna, c’erano anche persone che mihanno aiutato tanto e mi hanno permesso didiventare quella che sono oggi.In Germania si lavora molto, moltomeglio rispetto all’Italia. L’ambiente lavorativoè visto in maniera diversa, c’è piùdistanza tra colleghi, ma ciò porta anche amolto maggiore serietà. Una grossa differenzaè dovuta al fatto che in Germania illavoro nel campo scientifico è consideratocosa seria e difficile, mentre in Italia lasocietà considera il ricercatore quasi comeuna persona che “gioca” con provette ereagenti. Questa è una fondamentale differenzaculturale che ha conseguenze neifinanziamenti e in tutto il resto. Quindi èl’atteggiamento di fondo che comporta unaserie di problemi, che tuttora sono causa diinefficienze nel sistema di ricerca italiano.Lo scorso anno in <strong>Collegio</strong> abbiamo seguitouna serie di incontri nei quali siè discusso del ruolo delle donne nellasocietà. L’economista Annalisa Rossellici ha parlato del cosiddetto “tetto dicristallo”, una barriera invisibile cheimpedisce alle donne di far carriera.Oltretutto, secondo un report dell’AmericanAssociation of University Women,la differenza tra la quantità di donne edi uomini nel settore Stem (scienza, tecnologia,ingegneria e matematica) si staattenuando, ma non si è ancora avuto unallineamento. Cosa pensa al riguardo?Ha mai avuto esperienze di discriminazionenel suo lavoro in quanto donna?Durante gli anni dell’università le donnesono in quantità superiore rispetto agli uomini,ma quando si arriva al livello di groupleadersolo il 20-30% delle donne occupaqueste posizioni. È un problema complicato,non sempre dovuto a una discriminazionesessuale. Alcuni vecchi professori non sannocome rapportarsi con le donne, perché nonhanno mai interagito con colleghe durante iloro anni di università. Fortunatamente nonsono mai stata discriminata per essere donnae all’Embl una cosa del genere sarebbe impensabile.Anzi, qui si fa attenzione affinchéle donne abbiano tutto a disposizione per vivereuna vita da scienziata felice, riuscendo aconciliare famiglia e lavoro.Comunque sia, è vero che gestire unafamiglia con dei bambini e fare carrieraè molto difficile. Io sono sposata ma nonho figli, un po’ per scelta, un po’ no. Sonosposata in Germania e, anche se può sembrarestrano, in questo paese il fatto che ilmarito rimanga a casa quando il bambino,ad esempio, ha bisogno di cure non è diffuso.Non c’è molta apertura culturale perla donna in carriera. Spesso sono le donnestesse a criticare le altre se lasciano che lababysitter si prenda troppa cura dei figli.Ovviamente, non avendo figli, mi sentopriva di un’esperienza importante, ma èstata una mia scelta e la vivo serenamente.Pensa che in futuro, magari quando lasituazione italiana della ricerca migliorerà,tornerà in Italia?Non sento il desiderio di tornare in Italia: miomarito è tedesco e ormai la mia vita è qui. Inquesto momento non mi sento un’italianaall’estero; ormai questa nazione mi ha adottato.Vivere con la classica mentalità dell’emigranteche pensa sempre al suo paese lontanonon è molto produttivo. Sicuramente se mi siaprisse una possibilità in Italia tornerei, ma népiù né meno di come andrei in un altro paese.Grazie, dottoressa Carlomagno.Sicuramente questa esperienza di vita dimostracome le menti scientifiche eccellentiescano dall’Italia per cercare opportunità ocondizioni che da noi mancano. Sicuramentein Italia non ci si è resi ancora conto di comela scienza aiuti a rendere un paese migliore.Bisogna investire nella scienza, ma ancor piùnell’istruzione. Una migliore istruzione porteràl’Italia ad essere una nazione migliore. Danoi esiste un buon potenziale, che non vienesfruttato ma abbandonato al brain-drain. Allora,perché non sfruttarlo nel miglior modopossibile? Perché non poter dire orgogliosamente:sì, torno in Italia, un paradiso per lascienza. Rimarrà un’utopia? Forse.32 • n. 2, maggio-agosto <strong>2012</strong>


TecnocraziaFoto: iStockphoto/alessandro0770I governi tecnici:una storia tutta italianaIn Italy, the recourse to a “technical” government has been made intimes of political and economic stress. A technical government ismade up in full or in large part by ministers who are not politicians,but people chosen for their personal reputation and professionalcompetences. The greatest examples in Italian history are Pella’sgovernment (1953-1954), Ciampi’s (1993-1994), Dini’s (1995-1996),and Monti’s government (2011-…), which is in office at the moment.di Henri Ibi e Carlotta OrlandoIl titolo terzo della parte seconda dellanostra Carta Costituzionale, rubricato “IlGoverno”, traccia le linee generali cheregolano il governo nel nostro paese, mala disciplina risulta scarna e lacunosa. Peraltrolo scarso dettaglio della normativacostituzionale non è frutto di dimenticanzeo scarsa attenzione, bensì il risultato diuna precisa scelta di rimettere alla legge,al regolamento interno alla Presidenzadel Consiglio dei ministri e alle consuetudinie convenzioni costituzionali la regolamentazionedi quanto non disciplinatodalla Costituzione, consentendo intal modo un costante adeguamento delledinamiche politico-istituzionali all’evoluzionedella realtà.Nessun riferimento a quello che vienedefinito “governo tecnico” è contenutoall’interno della Costituzione del 1948. Ilsintagma “governo tecnico” è infatti creazionedel gergo politico-istituzionale e staa indicare la composizione che lo caratterizza:esso è per l’appunto costituito da“tecnici”, personalità di alto rilievo e notevolecompetenza, tendenzialmente superpartes e quindi scelti al di fuori della consuetadialettica politica. Ai governi tecnicisi è storicamente fatto ricorso in situazionidi emergenza e forte instabilità politica, aseguito di crisi di governo parlamentari oextraparlamentari, quando le forze elettein Parlamento non erano in grado di esprimereuna maggioranza stabile.Il governo tecnico è un governo di transizione,incaricato di occuparsi delle questioniche richiedono una soluzione rapidae tecnicamenteineccepibile, di attuareriforme difficilie politicamentecostose, di governaredi norma sinoalle successive elezionipolitiche. Dal momento che i ministridei governi tecnici non ambiscono (o almenonon dovrebbero ambire…) alla carrierapolitica né a ottenere riconoscimenti per ilA sinistra e nella pagina seguente:Montecitorio, la sede della Camera deiDeputati, uno dei due rami del Parlamentoche deve dare la fiducia al Governo.loro operato al momento delle successiveelezioni politiche, essi non esitano (nondovrebbero esitare…) a proporre e adottaremisure e riforme anche antipopolari.Diversi sono i governi tecnici nellanostra storia repubblicana, benché spessola loro qualificazione come tali non siapacifica, data l’aleatorietà della definizionee l’assenza di qualsivoglia riferimentonormativo. Il primo governo a esser passatoalla storia come “tecnico” è il governoPella, all’inizio della seconda legislatura.Siamo nell’agosto 1953, quando l’ultimogoverno presieduto da Alcide De Gasperiviene sfiduciato e il grande statista escedi scena. Il Presidente Luigi Einaudi sirivolge dunque a Giuseppe Pella, assegnandoglil’incarico di formare un governoprovvisorio al fine precipuo di portarea compimento l’approvazione della leggedi bilancio. La congiuntura politica risultavaeccezionale, tanto che venne da taluno(se pur erroneamente) proclamata la finedel centrismo, mentre la situazione economicaappariva di gravità non trascurabile.Il governo Pella rimase in carica persoli cinque mesi, dal 17 agosto 1953 al 12gennaio 1954, durante i quali venne gratificatodi varie denominazioni: governoamministrativo, governo d’affari, governodel Presidente. Giuseppe Pella era uomodi fiducia di Einaudi, come lui piemontesee suo allievo all’Università. Con Einaudiegli condivideva anche concezioni economicheliberiste e non era certo la personalitàpiù popolare all’interno del partito dellaDemocrazia Cristiana, che non lo avevaesplicitamente incaricato della formazionedell’esecutivo, appoggiandolo solo per necessità.Egli non seppe tuttavia affrontarecon pacatezza la questione triestina surriscaldatadalle minacce di Tito alla frontieraitaliana; ad esse rispose con esageratoAi governi tecnici si èstoricamente fatto ricorso insituazioni di emergenza e forteinstabilità politica.e inopportuno interventismo, inviandoal confine goriziano esercito e marina ecreando così anche tensioni diplomatichecon il Regno Unito e con gli Stati Uniti,panorama per i giovani • 33


La Studiare salute nel all’estero mondoFoto: iStockphoto/MasterLuper nulla intenzionati non solo a giungerea una confrontation con la Jugoslavia, manemmeno a incrinare le buone relazionicon essa. Pella si dimise pertanto all’iniziodel 1954, lasciando a ogni modo il segnonella nostra storia repubblicana in qualitàdi primo Presidente del Consiglio di ungoverno, per citare il nostro Presidentedella Repubblica Giorgio Napolitano, “ditregua”, che “anche se ebbe vita breve, fuun’esperienza importante e utile, che segnòil futuro dell’Italia repubblicana”.Occorre giungere sino agli anni Novantaper ritrovare altri casi che si situanodecisamente nella linea inaugurata dalgoverno Pella. Viene definito “governodei tecnici” il governo Ciampi (28 aprile1993-10 maggio 1994), il primo nellastoria italiana ad esser guidato da un nonparlamentare: Carlo Azeglio Ciampi infatti,dopo la militanza giovanile nel Partitod’Azione, non aveva più aderito ad alcunpartito e quando gli venne assegnato l’incaricodi formare il governo ricopriva ilruolo di governatore della Banca d’Italia.Personalità indipendenti all’interno dell’esecutivoCiampi erano anche i ministrisenza portafoglio Livio Paladin, SabinoCassese e Paolo Barile, e il ministro diGrazia e Giustizia Giovanni Conso. Sonoanni di profondo mutamento, tanto sulfronte esterno, per la fine della divisionedel mondo in due blocchi e della guerrafredda, quanto su quello interno, con lacrisi dei partiti e la nascita di nuove forzepolitiche in seguito allo scandalo di Tangentopoli.Il governo Ciampi viene a rappresentarecosì una sorta di assunzione diresponsabilità da parte della classe dirigenteitaliana, in un momento di cambiamentiepocali accompagnati da una grave crisifinanziaria. Tra gli interventi più rilevantidel governo Ciampi si ricordano l’approvazionedella nuova legge elettorale (LeggeMattarella), i provvedimenti nel quadrodella lotta all’inflazione, la privatizzazionedi <strong>numero</strong>se imprese. Contestualmentealle dimissioni di Ciampi ebbe fine anchela XI legislatura della Repubblica.Indubbia è l’attribuzione della qualificadi tecnico al governo Dini del 1995, cinquantaduesimogoverno della RepubblicaItaliana, il primo composto interamente daesperti e funzionari non parlamentari, in ca-34 • n. 2, maggio-agosto <strong>2012</strong>


Tecnocraziarica dal 17 gennaio 1995 al 17 maggio 1996,dopo il primo governo Berlusconi, cessatoin seguito alle dimissioni di quest’ultimoper la crisi della sua coalizione. L’interventopiù rilevante del governo Dini, dichiaratamenteprovvisorio e teso a traghettare ilpaese sino alle elezioni del 1996, è senzadubbio la riforma delle pensioni, la quale hatrasformato il sistema pensionistico italianoda retributivo a contributivo. È duranteil governo Dini, inoltre, che si verifica unfatto unico nella storia del nostro paese, ossiala sfiducia individuale nei confronti delMinistro della Giustizia Filippo Mancuso,con conseguente assunzione del ministeroad interim da parte dello stesso Dini. Tra inomi di non contestabile competenza tecnicanella compagine governativa spiccanoSusanna Agnelli, prima e unica donna alvertice del dicastero degli Affari Esteri, e ilgiuslavorista Tiziano Treu, ministro del Lavoroe della previdenza sociale.Immediatamente dopo le dimissionidel governo Dini (inizio del 1996) si situail tentativo di formare un nuovo governoda parte di Antonio Maccanico, già sottosegretarioalla Presidenza del Consiglio,incaricato dall’allora Presidente della RepubblicaOscar Luigi Scalfaro. Tentativotuttavia non andato a buon fine in un climainadatto alla formazione di un governosuper partes e sfociato nello scioglimentoanticipato delle Camere.Merita di essere qualificato almeno inparte come tecnico anche il quarto governodella XIII legislatura, in carica dal 25aprile 2000 all’11 giugno 2001 e formatodal prof. Giuliano Amato, già ministro delTesoro del dimissionario governo D’AlemaII e già Presidente del Consiglio nelcorso dell’XI legislatura. Erano tecnicie non politici il ministro della Pubblicaistruzione prof. Tullio De Mauro e il ministrodella Sanità prof. Umberto Veronesi.La formazione di questo governo feceseguito alle dimissioni del Presidente delConsiglio Massimo D’Alema, scaturitedal risultato della consultazione elettoraleregionale che vedeva una netta affermazionedella coalizione di centro-destra. Irisultati più significativi dell’azione di governosi ebbero sul piano delle politichesociali. Tra questi si evidenziano la riformadell’assistenza sociale, la disciplinadelle associazioni di promozione socialee una serie di agevolazioni fiscali e lavorativeper i soggetti diversamente abili.L’ultimo dei governi tecnici è l’attualegoverno Monti, in carica dal 16 novembre2011. Nominato senatore a vita il 9 novembre2011, il prof. Mario Monti ha poi accettatol’incarico di formare un nuovo governoin seguito alle dimissioni del Presidentedel Consiglio Silvio Berlusconi. Il governoin carica merita l’appellativo di “tecnico”dal momento che è interamente compostoda non parlamentari. Nessuno dei diciottoministri è di estrazione direttamente politica,essendo stati tutti scelti meramente perle qualità dimostrate nell’esercizio dellaloro professione. Sorto in un momento diprofonda crisi del sistema politico ma soprattuttoeconomico, come lo stesso PresidenteMonti ha affermato, il presente èun “governo di impegno nazionale”, alquale pertanto spetta il gravoso compitodi guidare il paese verso una nuova fase.Le riforme prospettate dal governo hannouna portata non contingente ma strutturalee sistemica. La prima fondamentale azionedel governo è stato il cosiddetto decreto“salva-Italia”, il d.l. n. 201/2011, in vigoredal 6 dicembre scorso, recante “Disposizioniurgenti per la crescita, l’equità e ilconsolidamento dei conti pubblici”. Altroprincipale obiettivo dell’esecutivo è la riformadel mercato del lavoro, che perseguala flessibilità e la competitività in entrata ein uscita dallo stesso.Il governo tecnico è sintomo di un fallimentodella classe politica e di una patologiaistituzionale e viene spesso criticato inquanto privo di legittimazione popolare. Inquesti termini si espresse il segretario delPci Palmiro Togliatti: “I governi cosiddettitecnici o amministrativi sono i peggiorigoverni politici che si possa immaginare.Il loro scopo è quello di fare il contrario diciò che la sovranità popolare ha indicato,sono antipopolari e reazionari”. Essi costituisconoun rimedio estremo ma talvoltanecessario e in essi la legittimazione popolare,seppur in certo qual modo distorta,non viene meno, dal momento che qualsivogliagoverno per restare in carica necessitadella fiducia accordatagli dai membridel Parlamento, eletti dal corpo elettorale.Rispetto ai precedenti, il governo incarica presenta la particolarità di non esseresemplicemente lo sbocco di crisi parlamentario extraparlamentari, ma piuttostola conseguenza di una situazione economicaglobale al collasso, che ha colpitoin misura non trascurabile anche il nostropaese. L’unico caso di governo interamentecomposto da tecnici prima del governoMonti si ebbe con il governo Dini nella XIIlegislatura, molto più corposo di quello attualein quanto contava ben 26 ministeri,mentre dei Governi Amato e Ciampi facevanoparte anche politici. L’intenzione delgoverno Monti è quella di restare in caricasino alla naturale conclusione della legislatura,obiettivo in passato raggiunto, fraquelli che abbiamo citato, solo dal governoguidato da Giuliano Amato.Le fasi in cui l’esecutivo è affidatoai tecnici dovrebbero rappresentare momentidi distensione e possibilmente dicoesione tra le forze politiche, che mettonoda parte, almeno temporaneamente, imotivi di contrapposizione per conseguireconcordemente il bene comune, sommofine dell’azione politica.panorama per i giovani • 35


TecnocraziaModelli di tecnocrazia nell’immaginario:un equilibrio tra utopia e distopiaLiterature, movies, comics and even videogames deal with technocracy,both as utopia and dystopia. The framework of many masterpieces ofthe twentieth century, starting with Brave new world by Aldous Huxleyoffers a trade-off between freedom and security.di Francesca ParlatiCosa succederebbe se un paese venissegovernato da una tecnocrazia? E se la stessacosa succedesse a un pianeta, al sistemasolare, all’universo? Per dare una rispostaa questi interrogativi, molti ingegni creativisi sono sbizzarriti nel corso dell’ultimosecolo: visioni di varie utopie e distopiehanno riempito libri, fumetti, album musicali,film e addirittura videogiochi.Pioniere nella creazione di queste visionifu certamente Aldous Huxley, nel 1932,con il suo libro Il mondo nuovo (BraveNew World), nel quale sono esaminati temiall’avanguardia per l’epoca e che, comunque,si realizzarono in parte negli anni seguenti,tanto da spingere lo stesso autore arimetterli in discussione con un saggio, Ritornoal mondo nuovo, del 1958. Il romanzoè ambientato nel 2540, su un pianetaTerra dove ha preso piede uno stato totalitario,orientato verso un razionalismo produttivistico,simboleggiato dal culto dellafigura di Henry Ford. Gli abitanti sono tuttaviafelici e hanno accesso a ogni piaceremateriale: questo equilibrio è realizzato attraversoil condizionamento dell’individuofin dall’embrione. La specie umana, infatti,non si riproduce più in modo naturale e gliembrioni vengono prodotti in laboratorio emodificati, tramite agenti esterni (non vi ètraccia di eugenetica nel romanzo, perchéNel Mondo nuovo diAldous Huxley le persone sonoprogrammate sin dall’inizio peruno e un solo ruolo.non erano ancora stati intrapresi gli studisul Dna di Watson e Crick). Vengono cosìcreati esseri umani suddivisi dalla nascitain caste e già predisposti verso il lavoroche dovranno svolgere nella società. Lepersone sono programmate per il progresso,dal più semplice lavoratore fino al piùimportante dei governanti. Gli individuinon si interrogano sugli scopi ulteriori delloro compito lavorativo, non si chiedonoche lavoro facciano i propri superiori o subalterni.Solo chi è sulla cima dell’iceberg,come viene definita questa società nel librostesso, sa dove e come indirizzare gli altri.Da questo libro prendono ispirazionemolte opere, letterarie e non. Tra quellemusicali ricordiamo l’ultimo album di studiodella rock band italiana “Il teatro degliorrori”, intitolato, come il libro, Il mondonuovo. Quasi un concept album di stringenteattualità, che osserva la degenerazionedella società democratica, sempre piùalla deriva verso il modello di Huxley.Fra gli altri esempi illustri di opere ispirateda Il mondo nuovo ci sono certamente,per restare nel panorama letterario inglese,1984 e La fattoria degli animali (AnimalFarm), di George Orwell. Quest’ultima,scritta nel 1945, è un’allegoria del regimetotalitario staliniano. Gli animali diuna fattoria si alleano contro il malvagioproprietario e decidono di autogestirsi,svolgendo ognuno le proprie mansioni inun’ottica dedita soltanto al progresso eall’autosostentamento. Tutto sembra andareper il meglio, fino a quando i maiali nonprendono il sopravvento, instaurando unavera e propria dittatura. Chiaro l’intentodell’opera di Orwell: è un crudo esame dicome dal principio di un’assoluta uguaglianzasi possaarrivare all’esattocontrario di questautopia, con pochicapi che sfruttanoil lavoro di molti;basti pensare allemodifiche dei comandamenti operate daimaiali, di cui la più importante è: “Tutti glianimali sono uguali (ma alcuni sono piùuguali)”. Nel significativo finale del romanzo,i maiali oppressori sono diventatiindistinguibili dai precedenti oppressori,gli esseri umani.Lo stesso discorso vale anche per1984: scritto nel 1948, profetizza un mondoperennemente in guerra, dove la genteè costantemente sorvegliata e tutte le ideesono manipolate e inculcate dal partito.In questa visione apocalittica si muove ilprotagonista, Winston Smith, addetto alladistruzione di materiali che il partito consideracompromettenti o non più validi:addetto, in poche parole, alla distruzionedel passato. In questa ambientazione, inquesta distopia solo chi è al vertice muovei fili dei burattini: sono i grandi espertidella guerra, dell’economia e della propaganda.Non uomini politici, ma tecnici delloro mestiere, che si mascherano dietro ilnome e il volto del Grande Fratello percontinuare a manipolare tutta la società.Chiaramente ispirato sia a Il mondonuovo sia a 1984 è il fumetto V per Vendetta,di Alan Moore e David Lloyd, realizzatoe pubblicato nel 1982: anche quil’ambientazione è un mondo futuristico edistopico, che risente ancora dei postumidi una guerra nucleare. Luogo principaled’azione, tra l’altro, è sempre l’Inghilterra(già sfondo agli avvenimenti de Il mondonuovo, di 1984 e de La fattoria deglianimali), dove ha preso piede un governodi impronta fascista, che ha al suo verticeun dittatore, Adam Susan, che governaattraverso l’ausilio di organi specifici,chiamati come quelli addetti ai cinquesensi: c’è quindi l’Occhio, per monitorarevisivamente il paese, l’Orecchio per leintercettazioni e così via. A differenza deiprotagonisti de Il mondo nuovo, di 1984 ede La fattoria degli animali, però, il pro-Foto: iStockphoto/jurc36 • n. 2, maggio-agosto 2010


Tecnocraziatagonista di V per Vendetta riesce a ergersicome antagonista del regime e a favorirnela caduta, riuscendo a scuotere l’animo deicittadini e utilizzando le debolezze interneal sistema stesso. Questa capacità di rivalsaè anche segno dei tempi. Una nuova viaè possibile per sconfiggere la tecnocraziae le sue aberranti degenerazioni? Si puòpensare che, pur perdendo la vita nel suointento, il protagonista di V per Vendettariesca nel suo compito, nonostante il finalesia lasciato volutamente aperto.Non sempre il governo tecnocraticoprevale sugli individui: sono stati creatialtri eroi immaginari che riescono a sconfiggeree sovvertire il sistema, liberando ipropri paesi (o universi) dal giogo del progressoa ogni costo. L’esempio più grandiosoci viene fornito dal cinema americano,ovvero dai due cicli di trilogie di GeorgeLucas Star Wars. L’Impero Galattico,ivi descritto, non è altro che una dittaturaderivata da una tecnocrazia. I tecnocrati inquestione sono i Sith, guerrieri Jedi (ordinemonastico ispirato sia a quello dei monacicombattenti cinesi sia ai samurai giapponesi)che decidono di usare il loro potereper fini diversi da quelli della democrazia.Il fine apparente dell’Impero Galattico èquello di mantenere la pace a ogni costo,anche se in realtà il motivo reale della lottaper il potere è quello di rafforzare la galassiae renderla ancora più progredita. A opporsia questo stato di cose sono l’Alleanzaribelle e i Jedi che fonderanno una nuovaRepubblica Galattica, per sostituire quellasoppiantata dall’Impero, inefficiente a causadell’elefantiaco apparato burocratico. Ilcammino verso la pace non è certamentelineare. All’interno della saga una circostanzarisulta particolarmente interessantee significativa: i ritmi di costruzione dellaMorte Nera (micidiale stazione da battagliagalattica) imposti dai Sith, strizzanochiaramente l’occhio ai ritmi di costruzionedel mulino imposti dai maiali ne Lafattoria degli animali. Osservando megliol’universo di Guerre stellari si può notarecome questo non sia l’unico elemento incomune con alcune delle opere già citate inprecedenza: altro esempio ci viene fornitodagli Stormtroopers, reparto dell’esercitodell’Impero Galattico formato interamenteda cloni di precedenti soldati. Questoconcetto di cloni addetti tutti allo stessolavoro si connette immediatamente con lemanipolazioni deIl mondo nuovo diHuxley, dove gliembrioni delle castepiù basse venivanomoltiplicatiper creare squadredi lavoratori identiche, con le stesse abilitàe capacità.Rimanendo nell’ambito cinematograficoamericano possiamo citare ancheMatrix, la trilogia dei fratelli Wachowski,dove è addirittura la tecnica, sfuggita dallemani dei tecnocrati, ad avere il sopravvento:le macchine controllano il mondoe mantengono gli esseri umani in vitasolo per trarne l’energia, mentre li fannovivere virtualmente in un mondo creatoal computer, Matrix, appunto. Zona dicontatto con Il mondo nuovo di Huxley èla condizione di vita degli esseri umani:virtualmente essi sono pienamente soddisfattidella loro esistenza, ma in praticavegetano dentro vasche colme di soluzionefisiologica, scena che richiama allamente il processo di divisione e programmazionedegli embrioni ideato da Huxley.Dal mondo dei manga (i tipici fumettigiapponesi), invece, si può citare a pienotitolo Full Metal Alchemist, di HiromuArakawa: ambientato in un mondo paralleloal nostro, dove governano gli Alchimisti,ovvero gente in grado di controllaree modificare gli elementi attraverso laconoscenza delle leggi della Chimica edella Fisica, i protagonisti smascherano unI maiali della Fattoria deglianimali di Orwell: tutti sonouguali, ma qualcuno è più ugualedegli altri.complotto governativo, volto a soggiogarechi non ha le conoscenze alchemiche e allafondazione di una società dedita solamenteal progresso tecnologico e scientifico ealla creazione di un’armata assolutamenteinvincibile. Particolare emergente dalla sinossidell’opera, che si rivela di particolareinteresse, è quello del complotto governativo,che richiama una delle psicosi/aspira-panorama per i giovani • 37


TecnocraziaA sinistra: nel romanzo di George Orwell1984 una pesante dittatura controlla ilpopolo in ogni istante della sua vita. Nellapagina precedente: un particolare di unponte in acciaio.Foto: iStockphoto/BrianAJaksonzioni più diffuse ai giorni nostri, quella delNuovo Ordine Mondiale. Secondo questateoria, infatti, esisterebbe un’oligarchia dieconomisti, banchieri e politici che lavoranell’ombra per assumere il controllo diogni organizzazione statale del mondo, inmodo da instaurare un governo totalitario.Gli echi di questa teoria cospirazionistapervadono il mondo del cinema, della letteratura,ma in essi si può certamente ravvisareun richiamo all’inquietudine risuscitatada governi tecnocratici e totalitari.Da questi scenari ipotizzati, sognati,creati e temuti non emerge una grande fiducianelle tecnocrazie. Eppure almeno unesempio positivo esiste e ci viene fornitoda una serie televisiva, Star Trek, del 1966.Essa ruota attorno alle avventure dell’equipaggiodi una nave spaziale, l’Enterprise,il cui motto è “alla ricerca di nuove formedi vita e di civiltà, fino ad arrivare là doveLa tecnocrazia vienerappresentata anche nel cinemadi fantascienza: Star Wars, Matrixe Star Trek.nessuno è mai giunto prima”. In significativaconcordanza con lo slogan è il sistemadi governo fittizio creato nella serie: la Federazionedei Pianeti Uniti, organizzazioneinterplanetaria e sovranazionale che raccogliein sé <strong>numero</strong>si pianeti abitati da umanio extraterresti umanoidi. Lasciatasi allespalle le spinte individualistiche proprie diciascun pianeta, la Federazione governa ilcosmo con una nuova “supercultura” cheunifica tutte quelle indipendenti, all’insegnadella logica, della tecnologia e dellascienza. Sorvolando su quanto possa essereinquietante l’abolizione dei particolarismiculturali in favore di un’unica sovracultura(meccanismo che ricorda assai da vicinole soppressioni culturali attuate dai regimitotalitari), ci sono aspetti che danno un’immaginepositiva della Federazione dei PianetiUniti, come, per esempio, l’inutilità el’inesistenza del denaro. Per citare il personaggiodel capitano Picard: “L’economiadel futuro è piuttosto diversa: il denaro nonesiste nel XXIV secolo, l’acquisizione dellaricchezza non è più la forza motrice dellenostre vite. Noi lavoriamo per migliorarenoi stessi e il resto dell’umanità.”Una situazione che a prima vista sembrerebbequindi idilliaca, che sembra quasirichiamare la canzone Imagine di JohnLennon (diffusa nel 1971, ben cinque annidopo la messa in onda della fiction): “Imaginethere’s no countries, it isn’t hard todo, nothing to killor die for and noreligion too, imagineall the peopleliving life in peace...[…]Imagineno possessionsI wonder if you can, no need for greed orhunger, a brotherhood of man, imagine allthe people sharing all the world...” (Immaginache non ci siano paesi, non è difficileda fare, niente per cui uccidere o morire,immagina tutte le persone che vivono laloro vita in pace […] Immagina che non cisiano proprietà, mi chiedo se tu possa, nessunbisogno di avidità o fame, una fratellanzadi uomini, immagina tutte le personeche si dividono tutto il mondo).Abbiamo così attraversato anni di let-teratura, cinema, televisione e fumetti,per vedere che della tecnocrazia, portataai suoi estremi, in generale, non si ha unagrandissima opinione. Vista per lo piùcome un mezzo dispotico per soggiogarel’umanità al progresso, dimenticando i dirittifondamentali di libertà, la tecnocrazianon appare in una buona luce.Esisterà mai una via di mezzo tra lepiù fosche visioni di oppressione e la paceintergalattica e perenne? Sarà mai l’uomoin grado di bilanciare progresso e libertà?Certamente questo dipende dagli individui.Quale potrebbe mai essere un banco di provadella tecnocrazia? Ancora una volta la rispostaci viene fornita dalla tecnologia, seppurenon di ultimissima generazione. Esisteinfatti un videogioco per personal computerdiffuso nel 1999, Sid Meier’s Alpha Centauri,in cui il giocatore si trova a dover gestireuna colonia di terrestri su un pianeta delsistema solare. Il gioco è strutturato comeun gioco di strategia, nel quale si devonoprogrammare le azioni dei coloni, stabilireregole ed una forma di governo a scelta, tracui, appunto, una tecnocrazia. Dalla schedadel gioco apprendiamo che questa è unaforma di governo che genera miglioramentinell’economia, nella ricerca scientifica e nelrapporto con l’ecosistema, ma genera scontentonelle classi lavoratrici. Dalla schedanon si ricavano ulteriori spiegazioni.Proprio dalla sintetica spiegazione fornitada questo videogioco possiamo trarrele nostre conclusioni: la tecnocrazia non ècerto un sistema perfetto, come del restotutti gli altri sistemi di governo ipotizzatie messi in atto dall’alba dei tempi. Forse,però, non va neppure demonizzato. Dopotutto, da quando l’uomo ha cominciato avivere in gruppi organizzati ha rinunciato aun po’ della sua assoluta libertà in cambiodi un po’ di sicurezza: questo ragionamento,nelle sue varie gradazioni e sfumature,concerne tutti i tipi di governo. E anchenelle opere di fantasia che abbiamo analizzatoil tema è appunto quello del grado dilibertà o identità concesso all’individuo innome di un ideale, di un progetto o del progresso.La ricerca del punto di equilibrio èaperta per ogni individuo e per ogni generazione,a patto di rispettare alcuni vincoliminimi nel campo dei diritti umani.38 • n. 2, maggio-agosto 2010


post scripta“La carità non esclude il sapere”: riflessioni sulla tecnocrazia“La carità non esclude il sapere, anzi lo richiede,lo promuove e lo anima dall’interno. Il saperenon è mai solo opera dell’intelligenza. Può certamenteessere ridotto a calcolo e ad esperimento,ma se vuole essere sapienza capace di orientare l’uomo allaluce dei principi primi e dei suoi fini ultimi, deve essere ‘condito’con il «sale» della carità. Il fare è cieco senza il sapere e il sapereè sterile senza l’amore.”“La carità non è un’aggiunta posteriore, quasi un’appendicea lavoro ormai concluso delle varie discipline, bensì dialoga conesse fin dall’inizio. Le esigenze dell’amore non contraddiconoquelle della ragione. Il sapere umano è insufficiente e le conclusionidelle scienze non potranno indicare da sole la via verso losviluppo integrale dell’uomo. C’è sempre bisogno di spingersipiù in là: lo richiede la carità nella verità.”Lettera Enciclica Caritas in veritate, Benedetto XVI, 29 giugno 2009Che il nostro mondo sia giunto a una resa dei conti con unagrave crisi, è fatto ormai riconosciuto. Non sto parlando, però,del susseguirsi di shock sui mercati finanziari che stanno colpendoai fianchi il modello attuale di economie capitaliste, ma di unacrisi più profonda, quella del pensiero. Pensiero positivista, incui il progresso e lo sviluppo sono stati sempre interpretati comeconcetti paralleli, portatori di evoluzione lineare e di benessereper il genere umano.Si fa risalire la potentissima metafora alla base di questo equivocoalla fine della Seconda Guerra Mondiale, durante il Discorsodi Apertura al Congresso del 20 gennaio 1949 tenuto da HarryTruman. In questa occasione, per la prima volta, l’emisfero Suddel mondo venne definito “area sottosviluppata” dando origine,per contrapposizione all’epoca dello sviluppo. Una definizioneche colpì nel segno: era naturale, per Truman, affermare che gliStati Uniti e altri stati occidentali industrializzati si trovasseroall’apice della scala evolutiva, e che la tecnologia rappresentassela promessa di “redenzione” dalla fatica del genere umano. Loera per lui, e lo fu per tutti.L’utilizzo della metafora dello sviluppo e la sua applicazione,da allora a oggi, hanno creato un senso di frustrazione nell’uomo,che nello sviluppo “positivo” ancora crede e ha creduto,nonostante le promesse non mantenute. Anzi, è stata la giustificazioneperfetta per spiegare come l’uomo possa consumare inun anno ciò che la natura produce in un milione di anni, senzariflettere sulle conseguenze.Inutile dire che questa metafora non regge più, così come erastata creata, anche se è stata forse sostituita da un’altra specie difiducia. Oggi l’uomo comune percepisce di vivere in un universocomplesso e ne sente il peso sulle proprie spalle, perché le suecondizioni di vita sono peggiorate, le speranze per il futuro incrinate,le aspettative profondamente deluse. Eppure viviamo inun mondo in cui dominano la tecnica e il pensiero scientifico, dicui possediamo tutti i mezzi, ma forse ne abbiamo smarrito i fini.La fiducia nel sapere dei tecnici, l’abbandono della politicain favore della tecnocrazia, può essere interpretata come una reazionea tanta complessità: per non affrontare il cambiamento, pernon intaccare il proprio e l’altrui sistema di valori e di regole, sipreferisce lasciare la responsabilità ai tecnici, con una fiduciaforse ingenua nella loro capacità di sciogliere il complesso inun insieme decodificabile di problemi semplici. Cosa non possibile,perché la complessità è irriducibile pragmaticamente auna somma di parti, proprio perché essa non è né semplice, néprevedibile.Una premessa non breve, per motivare l’apertura di questomio post scriptum con le parole della Lettera Enciclica Caritasin veritate e per riflettere su come questa crisi di pensiero e divalori possa compromettere l’andamento del sistema economicoin generale e delle stesse imprese, private o pubbliche.Più che una crisi, forse, è un paradosso: mi sono formato inuna cultura in cui i governi ritenevano la politica industriale unmomento strategico di grande importanza, per orientare le sceltedi lungo periodo di un Paese e della sua economia, nel bene e nelmale. Ne sono seguiti lunghi anni di assenza di politica industriale,in cui si è persa prima di tutto la consapevolezza dei problemi,e di conseguenza la capacità di trovare delle soluzioni. Anni incui la politica ha cominciato ad abdicare al proprio ruolo, e incui l’economia – l’impresa stessa – si è semplicemente adattataal mainstream.Nel mondo di oggi, il sistema economico capitalista si evolvecon una rapidità stupefacente generando modelli – capitalismi –differenti, a seconda non solo dei livelli di progresso tecnico, dicapacità produttiva, ma anche della specificità delle diverse storienazionali, politiche, sociali, economiche, valoriali e culturali.Per molte grandi imprese e per la finanza, più che per l’economiareale, è stato facile cavalcare il vuoto di regole, le differenzenormative tra i diversi mercati e raggiungere risultati di breveperiodo con tattiche economicamente molto gratificanti ma distruttive,di cui tutti stiamo pagando un prezzo elevatissimo.Non possiamo stupirci ora del fatto che la politica abbia persoruolo e credibilità, e ricorrere ai tecnici quando si è giunti sull’orlodel baratro. Forse bisogna ritornare a pensare, come dice il Pontefice,“allo sviluppo integrale dell’uomo”. Il paradosso è che, invece,dopo tanto tempo nel nostro Paese, le decisioni strategiche edi lungo periodo vengono prese proprio da un governo tecnico “atempo” – in realtà politico nel senso aristotelico del termine – chesta cercando proprio di ricostruire un’idea di futuro, di stabilitànon solo nazionale, ma in un’Europa più forte e coesa.La tecnocrazia non ci può esimere dall’affrontare la complessità,anche se ci può aiutare: bisogna però restituire dignità eruolo alla politica, anche quando è “mascherata” da tecnocrazia.Non possiamo lasciarci abbagliare dall’efficacia immediata,spesso assolutamente irrilevante se non dannosa, ma dobbiamoguardare a obiettivi più lontani: la globalizzazione non riguardasolo i mercati o la geopolitica, ma è soprattutto cultura. Un nuovopensiero, nuovi valori, nuove regole potrebbero farci usciredalla crisi, restituendo un senso a un concetto importante comequello di bene comune, di umanità.Luigi Rothpanorama per i giovani • 39


Primo pianoFoto: iStockphoto.com Fondazione Santarelli (Danielrao; darvikk)40 • n. 2, maggio-agosto <strong>2012</strong>


Primo pianoArte a Roma:le collezioni SantarelliAn interview with Paola Santarelli, Cavaliere del Lavoro and Presidentof the Santarelli Foundation. The talk concerns her passion for the artsand the exhibitions of glyptic and stone classic handicrafts, organized inRome by her Foundation.a cura di Donato SambugaroA sinistra: cammeo in agatasardonice a tre strati, etàfedericiana (XIII sec.).A Roma abbiamo visto di recente aprirsi alpubblico italiano e straniero alcune mostredi alto valore artistico e culturale, ospitateda prestigiose sedi all’interno della CittàEterna. La Fondazione Dino ed ErnestaSantarelli ha dapprima organizzato, in collaborazionecon i Musei Capitolini, l’esposizionedella propria collezione di glittica,tanto ricca quanto rara nel panorama musealeinternazionale, per poi offrire alla città,nella splendida cornice di Palazzo Sciarra,la mostra Sculture delle Collezioni Santarellie Zeri, risultato della fortunata unionedelle collezioni private della Fondazione edi quella del noto e compianto ProfessorFederico Zeri. Due mostre che amplianoe integrano l’offerta culturale della cittàritagliandosi uno spazio importante. Dueesposizioni, soprattutto, che illustrano lospirito della Fondazione Santarelli, che sipropone non di tenere per sé i propri tesorima di renderli il più possibile accessibilialla città e godibili da tutti. Di questo impegnoculturale, portato avanti con coerenzadalla Fondazione, abbiamo discusso con ladottoressa Paola Santarelli, Presidente dellaFondazione e Cavaliere del Lavoro dal2010, che il nostro <strong>Collegio</strong> ha avuto anchel’onore di avere ospite per una serata nelnovembre 2010.Dottoressa Santarelli, come nasce la vostraFondazione e qual è lo spirito chela anima?Tutto risale all’opera di nostra madre,appassionata d’arte e collezionista. È aun suo specifico interesse che dobbiamoanche la precipua delimitazione del nucleodella collezione alla scultura lapideae alla glittica. Una passione, questa perl’arte, che ha trasmesso a tutti noi figli e ame in particolare, che l’ho molto aiutata.Nel 1999, quando è morto nostro padre, acui eravamo legati nella condivisione deiprincipi fondamentali e che aveva sempreseguito con passione questa grande vocazionedella mamma, abbiamo pensatodi istituire la Fondazione. I valori che laispirano vengono dagli insegnamenti ricevuti,che ci hanno portati a continuarea studiare, a collezionare, a produrre libri,senza considerare ciò un patrimonio privatoe personale ma anzi impegnandoci arendere fruibili le opere con mostre o prestiti.L’esempio più valido è forse quantorealizzato con i Musei Capitolini.Parliamo allora di quanto è offerto inmostra negli ambienti dei Musei Capitolini.Si tratta di una ricca collezione dipietre dure, gemme, sigilli. Come nasce?Come Fondazione abbiamo concesso lanostra intera raccolta di glittica in comodatogratuito per 10 anni ai Musei Capitolinie abbiamo curato, in accordo conla direzione scientifica dei Musei, l’allestimentoe la produzione del materialedidattico. La raccolta comprende oltre600 opere che spaziano nell’arco di cinquemillenni ed è quindi piuttosto rara nelpanorama mondiale. Professori giovani ecompetenti hanno collaborato con noi esi sono occupati della schedatura e dellapubblicazione, preparando l’esposizionee un filmato che illustra le tecniche di lavorazionedella glittica. La collezione èospitata in due aule contigue al museo e cisiamo preoccupati di far riaprire una porta,che prima era chiusa, per valorizzare ilmedagliere e una parte del museo che sitrovava a essere isolata per le difficoltà diaccesso e a mancare dunque di visibilità.Quanto è stata importante la sua esperienzadi imprenditrice nella creazionedella Fondazione e perché la scelta diappoggiarsi ad un’istituzione pubblicae non di costituire un museo proprio?panorama per i giovani • 41


Primo pianoSe noi avessimo avuto una tradizione familiarein una piccola città, si sarebbe potutopensare di costituire un museo dellafondazione ma nella Città Eterna, piena digrandi e piccoli musei (e in cui la mediadel soggiorno dei visitatori non italianiè di tre giorni ed è incentrata sulla visitadi pochi luoghi significativi), abbiamoritenuto più valido integrare e ampliarele raccolte già presenti nei musei pubblicicon opere della nostra Fondazione.Il “museo della famiglia”, in fondo, è unpo’ autocelebrativo. Oltre alle collezioniartistiche, nella sede della Fondazione, ilCastello della Cecchignola, c’è una bibliotecaaperta al pubblico che custodisceoltre 7.000 volumi di scultura e glittica, dicui alcuni sono copie uniche. Siamo fieridi aver costituito un fondo così ampio ecoerente e di averlo messo a disposizionedegli studenti e dei professori che desideranosvolgere ricerche approfondite incampo artistico.Un desiderio, insomma, di “aprire porte”come abbiamo visto, di rendere fruibilequesto patrimonio al più ampio pubblicopossibile, dialogando con la città.La glittica è una materia molto complessaper storia e tecnica. Aver costruito unpercorso coerente e con didascalie chiarepermette anche a chi non ha approfonditotali studi di godere pienamente di quantoofferto dalla mostra. So che l’esposizioneè visitata da molte scuole e questo cifa piacere. Sono felice della riuscita delprogetto anche perché, in modo del tuttocasuale, i due ambienti che accolgono lacollezione affacciano su Piazza dell’Aracoelie si vede l’angolo del palazzo dovela mia mamma è vissuta prima di sposarsi:si crea uno sguardo contiguo fra quelloche è stato, quello che è e quello che sarà.Parliamo ora dell’altra grande mostraorganizzata dalla sua Fondazione, le“Sculture delle Collezioni Santarelli eZeri”.Foto: Fondazione SantarelliLa mostra si è conclusa da pochi giorni alMuseo Roma, a Palazzo Sciarra, proprietàdella Fondazione Roma (una delle istituzionipiù efficaci e organizzate che abbiamoin Italia, che svolge un lavoro egregio),che da molto tempo ci chiedeva di organizzareuna mostra di scultura. Ero all’inizioun po’ reticente, proprio per quanto le hodetto prima, circa il mostrare solamente lacollezione di famiglia. Mi è sembrato allorapiù appropriato proporre un confronto costruttivofra opere che dialogassero tra loroe che avessero uno spirito comune; così hoaccettato proponendo di fare una selezionedelle opere della Fondazione Santarelli unitea quelle della famiglia Zeri. Questa collaborazionetra noi è nata nel momento in cuiil nipote ed erede del grande critico d’arte,Eugenio Malgeri, ha sottoscritto con la nostraFondazione un comodato ventennaleaffinché noi potessimo gestire le opere discultura di proprietà del compianto professore.Alcune statue avevano bisogno di unrestauro, essendo state conservate all’apertonella villa di Mentana, ed era necessarioapprontare una catalogazione e una documentazionescientifica.Dunque non c’erano stati in precedenzaparticolari contatti fra i suoi genitori (o42 • n. 2, maggio-agosto <strong>2012</strong>


Primo pianola Fondazione) e il professor Zeri quandoegli era ancora in vita? Come si è venutoa creare allora questo incontro?I miei genitori avevano conosciuto il professoreoltre 30 anni fa e c’erano stati inseguito vari incontri, dato che avevanomolti amici in comune. Non si era però maicreato un particolare legame. Il contatto èavvenuto in seguito, poiché il prof. AndreaDe Marchi, che era il pupillo di Zeri, è tra icuratori della nostra Fondazione e assiemeall’architetto Dario Del Bufalo ci è statod’aiuto nella scelta delle opere al fine divalutarne l’ingresso nella nostra collezione.Entrambe queste persone, in specialmodo Andrea, conoscevano molto da vicinoil professor Zeri ed essendo anche legatialla nostra Fondazione hanno permessoche si creasse una relazione, una sintonia.Sono loro che mi hanno presentato EugenioMalgeri, grazie alla cui sensibilità abbiamoiniziato questa collaborazione.Il filo conduttore della mostra mi pareessere l’esperienza romana, dal nucleoantico fino al barocco. Credo si possaparlare di una collezione “romanocentrica”,intendendo questa espressionein senso positivo, ovvero come indicazionedi un filo conduttore molto nitidoe forte.Roma è stata storicamente il “centro” dellaproduzione artistica in quanto legata primaagli imperatori romani, poi ai papi (cheerano anche principi e offrivano perciò anchecommissioni private). L’arte ha Romacome suo centro fino alla fine del Settecento.Possiamo dire in effetti che le opere siano“romanocentriche” nel senso della “romanità”,non tanto del collegamento fisicocon la città. Sono rappresentati in mostramolti autori non romani, che però hannolavorato nella capitale. Si parte da opere ditradizione ellenistica e tolemaica per arrivareall’Ottocento e sono rappresentate varietipologie artistiche, tra cui ad esempiol’arte federiciana. Per parte nostra, l’allestimentoè stato costruito con un sistemapiuttosto innovativo, con luci dinamicheche illuminano variamente le opere. Si possonoquindi (cambiando l’intensità delleluci o facendo ruotare alcune statue, comeabbiamo fatto) leggere meglio le opere e dadiverse angolature, nella loro completezza.Quali sono le pubblicazioni e le operescientifiche che la vostra Fondazionecura e quali iniziative avete in programmaper il futuro?Sopra (da sinistra): il Cavaliere del LavoroPaola Santarelli; un manico di sistro, unantico strumento musicale, risalente all’etàtarda dell’antico Egitto; un intaglio sucorniola, con alcuni simboli: cratere, gallo,ramo di palma, spiga (I sec. d.C.); unastatua romana della tarda età repubblicana.Nella pagina precedente, in basso: bustodel cardinale Marzio Ginetti (1673),eseguito da Alessandro Rondone.Abbiamo dato la nostra disponibilità a PalazzoValentini per il progetto che stannorealizzando, comprendente un allungamentodel percorso sotterraneo fino allacolonna di Traiano, passando per i mercatitraianei e mettendo dunque in comunionequest’offerta museale e artistica che primaviveva tre dimensioni distinte. Stiamodefinendo un progetto di collaborazioneche permetta ai turisti di godere della rappresentazionedella vittoria di Traiano suifregi della colonna, poiché la Fondazionepossiede la serie completa dei disegniche di questi fece Vincenzo Camuccini (inmodo piuttosto rocambolesco); ci siamoresi disponibili a offrire queste immaginiin comodato, a completamento di questonuovo museo in corso di realizzazione.Oltre a ciò, stiamo portando avanti variepubblicazioni: alcune su una dimora storicaappartenuta a Antonio Canova (che haal suo interno opere di Thorvaldsen), nonconosciuta fino ad oggi e che stiamo valorizzando.Inoltre con Eugenio la Rocca eil prof. Massimiliano Papini della Sapienzastiamo catalogando la scultura classicae il primo volume sarà pronto per l’annoprossimo. Quando ci impegniamo in questeiniziative cerchiamo di non trattare invia esclusiva i pezzi della Fondazione, madi mettere a confronto varie opere appartenentiad uno stesso periodo, entrando piùnell’epoca che nella collezione privata.Questa è una grande passione per ilpassato storico e antico, per il passatoprossimo (che è la famiglia e i genitoriche ci hanno preceduto) e per il presente,che cerchiamo di vivere come atto dicollaborazione e amore per la nostra cittàe per i giovani.panorama per i giovani • 43


Primo pianoFoto: iStockphoto.com (Danielrao; darvikk)Studiare fisica a Roma:un percorso di stimoli, passionee abnegazioneA <strong>Lamaro</strong> <strong>Pozzani</strong> student’s experience. Studying Physics at “LaSapienza” University in Rome: pros and cons of a five-year academiccourse in the Enrico Fermi department.di Giovanna Chiara RodiL’atmosfera di un polo di ricercainternazionale è ricca di stimoli:la pecca è nell’organizzazione deitempi.“In questo istituto [] insegnò e studiò EnricoFermi. Qui investigò la struttura dellamateria scoperse la radioattività provocatadai neutroni aprendo nuove vie nelmondo al sapere e al potere dell’uomo.”La targa occupa la parete che si incontraappena entrati nell’edificio Marconi delDipartimento di Fisica dell’Università“La Sapienza”; i brividi provati nel leggerlala prima volta, ormai quasi cinqueanni fa, sono il primo ricordo di questamia esperienza universitaria.Fisica: una scelta non molto ragionata,quanto piuttosto dettata dall’entusiasmoper la scienza, quale la sognavoappena concluso il liceo, dalla passioneper i numeri e dalla curiosità di una giovaneforse ingenua. E l’università “LaSapienza” era per me la scelta più naturale:a Roma, dove altro studiare fisica?Quasi al termine di questa esperienzae accompagnando ancora i colleghipiù piccoli, compagni in collegio, già dadiversi mesi mi trovo a ripensare questicinque anni, soppesando un percorsolungo, stancante, ma complessivamentesoddisfacente: ho studiato tante cose,ne ho imparate forse un po’ meno, masicuramente ho ricevuto tanti, tanti stimoli,come dalla passione dei docentiche ho incontrato e degli altri studenti.E proprio l’atmosfera che ho respiratoe vissuto in dipartimento mi ha sempreentusiasmato: né così grande da esseredispersivo e spersonalizzante, né cosìpiccolo da diventare monotono e poverodi spunti nuovi, l’ambiente è quellodi un polo di ricerca a livello internazionale,con il fare scienza percepibilenella quotidianità della didattica e nonsolo. Anche la disponibilità di professorie ricercatori contribuisce a crearerapporti mai eccessivamente formali,con i docenti sempre pronti ad aiutarestudenti in difficoltà, salvo eccezionidavvero rare.I rimpianti maggiori riguardano sicuramentel’organizzazione del tempo:poco, troppo poco per gustare le materie,impossessarsene sviluppando spiritocritico e alimentando la curiosità.Decisamente insufficiente, per me, permaturare conoscenze lucide e durature:complice (o forse prima responsabile)l’organizzazione del corso di laureacome 3+2, gli anni della triennale sonoun continuo inseguimento di lezioni, laboratoripomeridiani ed esami.Con una media di quattro corsi asemestre, uno dei quali è sempre associatoa un’attività laboratoriale, dopo iprimi tre anni ci si ritrova fisicamentestanchi, con tante conoscenze accumulate(delle quali rimangono spesso peròsolo idee indistinte) e poche abilità pratichesviluppate. È l’inerzia a spingertiavanti con gli esami, la voglia di finiree di avere finalmentedel tempoda gestire diversamente,magariper approfondirespunti particolarmenteinteressantio semplicemente per riordinare leinformazioni acquisite. Solo pochi deimiei compagni sentivano al terzo annol’ardore e la passione dell’inizio; l’interosistema organizzativo sembra noninteressarsene, attento quasi unicamenteai tempi della laurea, allettando convari incentivi la conclusione rapida, anchese sofferta, del percorso di studio.Un esempio è nella politica dell’appellounico a sessione quando sono presentiesoneri durante il corso, diffusa tra idocenti, i quali, se mediamente mostranouna disponibilità estremamente elevataverso le esigenze degli studenti, spessonon sembrano comprendere la difficoltàoggettiva che creano loro, quando magariappelli di corsi dello stesso anno risultanosovrapposti o concentrati in pochigiorni. E il semestre è fin troppo occupatodalle lezioni frontali e dalle attivitàassociate perché sia possibile essere alpasso con tutti i corsi, mantenendo luciditàe concentrazione. Dei primi tre anninon ho un ricordo spensierato, ma piuttostoconfuso e soffocante: con il tempoche scivolava nelle giornate in università,nelle notti china su libri ed esercizicercando di non perdere il filo delle lezioni,rileggendo convulsamente gli appuntianche durante il viaggio quotidianotra il <strong>Collegio</strong> e il dipartimento – un’oradi mezzi pubblici, pesante quando rubataal sonno del mattino per partecipare allelezioni delle otto, ma spesso per me l’unicapreziosa ora per percepire la gentee la città.Più volte mi sono chiesta se era cosìche pensavo sarebbe stata l’università,più simile a un “esamificio” che all’immagineingenua e idealizzata che avevoin mente durante gli anni di scuola,ma il confronto con compagni di altrefacoltà e università è stato sempre diamaro conforto. Più volte ho anche dubitatodell’effettiva utilità di un sistemadel genere, nel quale curricula brillantie voti elevati si scontrano spesso con lapercezione della propria formazione,non equivalentemente brillante perchépoco lucida e consapevole. Perché,forse più delle effettive conoscenze acquisite(quanto davvero queste possonoessere valutate in un’ora di colloquioorale?), a Fisica sono premiati lo studioe la (spesso abnegante) resistenza el’umanità, che sembra mancare nell’organizzazionepratica dei tempi e dellamole di conoscenze da acquisire, nonmanca nella fase della valutazione.La situazione è fortunatamente miglioredurante il percorso magistrale. Ilmio dipartimento offre <strong>numero</strong>si curriculadiversi, con ampia scelta di corsinegli ambiti principali di Fisica teorica,particellare, della materia e Astrofisica(mentre l’offerta va riducendosi nel44 • n. 2, maggio-agosto <strong>2012</strong>


Primo pianocampo biofisico, geofisico, elettronicoe didattico), al punto da poter distrarrechi non ha da subito le idee chiaresulle proprie preferenze. Il ritmo è piùflessibile alle esigenze di studio e diorganizzazione per la tesi, e finalmentec’è un po’ più di tempo per apprendere,a patto di essere comunque veloci, nonindugiare su esami e corsi, col rischioaltrimenti di incorrere in effettive penalizzazionisul voto di laurea...Informazioni più dettagliate sull’organizzazionedel percorso, sia triennalesia magistrale, possono essere trovatesulla pagina web del dipartimento(www.phys.uniroma1.it) sempre aggiornata,facile da consultare e ben organizzata:si trovano informazioni sulmanifesto degli studi, sulle procedureper l’immatricolazione e sui corsi attivatiper il prossimo anno, nonché informazionisulle attività seminarialiospitate. Ad essa rimando anche per leindagini sullo stato occupazionale deilaureati, un’informazione che certo aiutaa dare una valutazione complessivae oggettiva dell’intero percorso. Ancorainfatti mi è impossibile dire quantoquesti cinque anni mi abbiano davveroformata, aldilà delle percezioni personali,e quante competenze io abbia sviluppato.Certo scopro, iniziando a guardareciò che ilmercato del lavorooffre, che hopoche e basilariabilità praticheda poter sfruttarenell’immediato,esclusivamente di tipo informatico, e laprosecuzione con il dottorato di ricercasembra la strada più naturale, quasi obbligata,dopo un percorso quale quelloche sto per concludere. E forse è questal’unica vera remora che oggi non mi permettedi affermare con certezza: “se tornassiindietro certo sceglierei di nuovofisica”. Ma sono sicura che nessun’altraSopra: alcune formule fisiche.Durante il percorso magistrale ilritmo è più flessibile e permette diimparare di più, a patto di esserecomunque veloci.facoltà avrebbe potuto alimentare la miacuriosità, farmi apprezzare la meravigliadella natura e dei suoi fenomeni e lastraordinaria immaginazione dell’uomoche cerca di descriverla e prevederla ein questo scopre i suoi limiti e continuamentesi sfida per superarli. E ancora,scopro finalmente in questi anni quantolo studio della fisica mi permetta di nonisolarmi dal resto del mondo, ma di farneoggetto di studio, anche quantitativo,per complesso che esso possa apparire.Se si percepisce la bellezza dello studiodei fenomeni, allora fisica è davvero ilpercorso giusto.panorama per i giovani • 45


RecensioniFoto: iStockphoto.com (Danielrao; darvikk)Everybody wantsto party with youMadonna, the undisputed Queen of pop and a master in the art of massentertainment, was in Rome on 12 th of June for her MDNA WorldTour. Her shows with stunning visual effects, choreographic settings,marvelous costumes and breath-taking acrobatics have been a dream forme since I was a little girl. This time, after years of waiting, I was therewith a couple of friends and this is a review by a long-time fan.di Elisa GiacaloneAspettavo questo giorno da anni e finalmenteil 12 giugno <strong>2012</strong> è arrivato ilmomento di vedere dal vivo Madonna.La regina del pop, 54 anni (e non li dimostra!),è al suo nono tour mondiale, ilMDNA Tour (iniziato a fine maggio <strong>2012</strong>a Tel Aviv e che in Italia, oltre alla capitale,ha toccato Firenze e Milano), per promuovereil dodicesimo album dell’artista.Per me e per altri quattro “compagni diviaggio”, più che un concerto è un evento,qualcosa di cui parlare ai nipoti; le aspettativesono alte anche se la nostra curiositàha avuto la meglio e abbiamo già vistoqualche video della tappa di Tel Aviv.Nel tragitto verso lo stadio incontriamouna fiumana di gente – età dai 15 ai50 anni –, molti in attesa dalle prime lucidel mattino per riuscire a ottenere un postosotto il palco. Entriamo all’Olimpicoe veniamo accolti dal momento dancecurato da Martin Solveig, che dà inizioalle danze e mette subito le cose in chiarourlando a gran voce: “Madonna is theonly queen” (grazie per il reminder, Martin!).Dopo una buona mezz’ora di dj set,le 42.000 anime dell’Olimpico iniziano aspazientirsi: reclamano la Queen. A nullaservono le ola, i fischi, le urla: Madonna,da Regina qual è, compare sul palco versole 22, con un’ora di ritardo (su Twitter c’èchi ironizza “All’Olimpico un ritardo dellaMadonna”). Quando la speranza ormaista per lasciare il posto al malcontento generale,ecco che sul palco fanno la loroentrata in scena quatto frati incappucciatiche fanno suonare le campane e oscillareun turibolo per l’incenso, avvolgendo lostadio in un’atmosfera gotica. FinalmenteMadonna arriva sul palco, all’internodi una teca di vetro. Invocando “Oh, myGod”, squarcia il tempio che si apre al suopassaggio e dà inizio al concerto con l’ultimosingolo del nuovo album: Girl GoneWild. Allacciamo le cinture: si parte!Madonna: una piccola biografiaIl 16 agosto 1958 inuna piccola cittadinaamericana nei pressidi Detroit viene allaluce Madonna LouiseVeronica Ciccone, laterzogenita di otto fratelli.Dopo un’adolescenzaturbolenta, la nostra siavventura verso la GrandeMela con soli 37 dollari intasca e una grande vogliadi “sfondare” nel mondodello spettacolo. Per lapubblicazione del suoprimo album Madonnadovrà attendere il 1983:anno in cui lancia laraccolta da cui vengonoestratti cinque singoli fracui le hit Holiday e Luckystar. Inizia a imporre ilsuo look fatto di magliettestrappate, calze alginocchio, improbabilipermanenti e accessorireligiosi.Un anno dopo, nel 1984,Madonna partecipa alleriprese del film CercasiSusan disperatamente,per il quale scrive il branoInto the groove, chefarà parte del secondoalbum – Like a virgin – esegna la consacrazionedella cantante. Il 1985è un anno di grandisoddisfazioni: primo tour(il Virgin Tour), matrimoniolampo con Sean Penn(destinato a naufragarepochi anni dopo) e ilrecord di vendite disingoli e album. L’annodopo tocca all’albumTrue Blue, che doppia ilsuccesso di Like a Virgin,raggiungendo i 20 milionidi copie vendute. Nel1987 parte il primo tourmondiale per promuoverel’album Who’s That Girl,ma bisognerà attendereil 1989 per la svoltadefinitiva: pubblical’album Like a prayer.Insieme al successoarrivano le critiche acausa del contenutoblasfemo e trasgressivodei suoi testi.Anno dopo anno sisusseguono successi,nuovi record mondiali enel 1992 un contratto conla Time-Warner che lefrutta 60 milioni di dollari.Nel 1993 la camaleonticaartista cambia di nuovolook e veste i panni diuna trasgressiva femmefatale per pubblicizzarel’album Erotica e il libroSEX. Un altro cambio dirotta nel 1994, anno in cuiIl fil rouge che unisce le diverse sceneè quello di un viaggio intrapreso daun peccatore in cerca di redenzione. Ilprimo “girone” del concerto è uno spudoratoomaggio a Quentin Tarantino, frapistole, fiamme, sangue e violenze inuna camera di albergo e, ovviamente, gliimmancabili crocefissi come sfondo sulmaxischermo. Dopo il momento dark,Madonna ci regala un tuffo nel passatodalle sonorità decisamente più pop,intonando una rilettura di Papa don’tPreach, Open your Heart ed Expressyourself, quest’ultima “mixata” provocatoriamenteinsieme a Born this way diLady Gaga e infine – per mettere le cosein chiaro una volta e per tutte – She’snot me, mentre brandisce un bastone damajorette. Il concerto prosegue con altripubblica Bedtime stories,in cui collabora anche conBjork. Dopo tanto penare,nel 1996 anche sul frontecinematografico arriva ilsuccesso: veste i pannidi Evita Peron e vince unOscar per il miglior branooriginale You Must LoveMe e il Golden Globe.Vittorie a cui si aggiungeanche il lieto eventoper eccellenza: diventamamma di Lourdes Maria.Gli anni Novanta sichiudono con l’albumRay of Light, forse il piùmaturo.Il terzo millennio la vedeancora protagonista dellascena musicale mondialefra premi, sperimentazionidance, collaborazioni conle “nuove leve” (diventacelebre il duetto conBritney Spears e ChristinaAguilera agli MTV VideoMusic Awards), nuoveavventure (fra cui ancheuna collana di storie perbambini) e tour in giro peril mondo. E a giudicaredalla grinta che hamostrato nelle tappe delMDNA Tour non sembraancora voler metterela parola fine alla suatrentennale carriera!46 • n. 2, maggio-agosto <strong>2012</strong>


Recensionipezzi dal nuovo album, che a livello divendite sta dando qualche grattacapo allaregina, fra cui I’m a sinner e Turn up theradio in cui la cantante si avventura anchea strimpellare una chitarra elettrica.Continuano anche i momenti di auto-celebrazione:al termine di I don’t Give A lapop star si eleva su un piedistallo e tendela mano verso un crocefisso.Lo spettacolo prosegue fra momentilive (pochi), qualche stonatura qua e là,playback necessari visto l’impegno fisicoa cui si sottopone la cantante (chearriva addirittura a fare l’equilibrista sucorde sospese in aria), cori di supportoe videoclip a scandire le diverse sezionidel concerto. Quando per un attimo lanoia sembra far capolino ecco che dopola proiezione del video Justify my loveci si ritrova catapultati in un ammiccantegirone dei lussuriosi. Madonna, fasciatain un bustier stile anni Novanta, dichiara:“Non sapevo cosa sarebbe successo aRoma, ma arrivata qui sapevo che avreivissuto pericolosamente”. Ed ecco lenote sensuali di Vogue (quanti pomeriggipassati a cercare di imitare la coreografiadavanti allo specchio!) e Human Nature.A fine canzone Madonna si tira giù i pantalonineri e mostra al pubblico adorantela schiena con su tatuata la scritta “NOFEAR”. Di nuovo un momento revivalcon una dimessa rivisitazione di Like aVirgin. Il momento della redenzione siavvicina e così la fine del concerto. Madonnain vesti sacerdotali si lancia in unaversione gospel di Like a prayer (forseunica canzone in cui sfodera qualchevirtuosismo vocale), già portata in scenadurante l’esibizione al Super Bowl, perpoi lasciare spazio a giganteschi cubicolorati e ballerini saltellanti: è tempo diCelebration.Su questo concerto molto è statodetto; certo è che si è assistito a dueore di spettacolo puro, condito dagliimmancabili riferimenti religiosi, dalleprovocazioni (forse ormai un po’ ripetitivee superflue in certi casi), ben ottocambi d’abito in cui domina la presenzascenica che non teme rivali di questa testardaragazzina di 54 anni che sembranon stancarsi mai di provocare, stupire,ammiccare, auto-celebrarsi. “La gentenon sa ancora quanto io sia brava, malo scoprirà presto. Nel giro di qualcheanno tutti lo sapranno. Ho progettatodi diventare una delle star più grandidi questo secolo”, diceva Madonna aJ. Taraborrelli del libro Madonna: anintimate biography) nel lontano 1983.Quasi trenta anni dopo si può dire chela material girl non scherzava di certo:con oltre 75 milioni di album vendutinei soli Stati Uniti d’America e 300milioni in tutto il mondo, Madonna èla quarta artista al mondo in termini divendite. Anche sul fronte dei live hasbaragliato tutti: nel 2010 lo Sticky andSweet Tour ha incassato 408 milionidi dollari dopo “sole” 85 tappe e si èpiazzato al primo posto nella US MusicVideo Chart per ben nove volte. Nel2008 fa il suo ingresso nella prestigiosaRock and Roll Hall of Fame e per unache non può certo contare su doti canoreeccezionali non è poco. Il punto diforza di quest’artista è la sua capacitàdi reinventarsi, di stupire i suoi fan aogni album; pazienza se non ha la vocedi Ella Fitzgerald, le mancanze canoresono colmate da altro. A noi comunimortali rimane lo stupore per aver assistitoa uno spettacolo irripetibile e unacertezza: there is only one queen andthat’s Madonna.Sopra: la copertina di MDNA, l’ultimoalbum di Madonna.Discografia1983 - Madonna1984 - Like a Virgin1986 - True Blue1989 - Like a Prayer1992 - Erotica1994 - Bedtime Stories1998 - Ray of Light2000 - Music2003 - American Life2005 - Confession on a Dance Floor2008 - Hard Candy<strong>2012</strong> - MDNA** MDNA non è altro che la versionecontratta di Madonna, ma sul webcircola anche l’ipotesi che il titolooriginario dovesse essere MDMA,acronimo di una droga sintetica.panorama per i giovani • 47


Il futuro Recensioni della terza etàLa tempesta gemellaSuoni del nostro tempoLa Tempesta is one of the most important music labels in Italy. On the23 rd and 24 th of June, at Piazzale del Verano in Rome, Enrico Molteniand his label organized La Tempesta Gemella. Not only a musicfestival, but also the best chance to discover the state of the art of theItalian independent music system. A big crowd supported Il Teatro degliOrrori, Tre Allegri Ragazzi Morti, The Zen Circus and the other bandsof the roster performed in a wonderful sunny weekend.di Livio GhilardiSopra: un’immagine dal video dipresentazione del festival “La tempestagemella”.Un palco a Piazzale del Verano, Roma,quartiere San Lorenzo, il fulcro della vitagiovanile capitolina. Intorno una miriadedi stand e di zone ristoro. Ogni giorno,dal calar del sole fino alla mezzanotte,spettacoli musicali, teatrali e letterari diogni tipo, molto spesso gratuiti. Questoè stato Supersanto’s San Lorenzo, sicuramenteuna delle migliori rassegne dieventi che la Capitale ha ospitato durantel’estate. Tra i concerti di Nouvelle Vague,Calibro 35, Offlaga Disco Pax e tantissimialtri gruppi musicali della scena italianae straniera, certamente ha avuto massimarilevanza il duplice evento de “La TempestaGemella” nelle giornate di sabato23 e domenica 24 giugno. A capo dell’organizzazionedella due giorni di concertiEnrico Molteni, talentuoso bassista deiTre Allegri Ragazzi Morti, una delle piùaffermate band italiane indipendenti,nonché fondatore e principale responsabilede La Tempesta, di certo una delle piùimportanti etichette discografiche che sioccupano di musica alternativa in Italia.Un ragazzo dalla grande passione per lamusica, affascinato dal piacere della scopertadi nuovi talenti e dal sogno di dareattenzione e fornire aiuti concreti a chi,con la propria arte, quotidianamente cercadi superare quella frontiera che impedisceancora alla musica di poter essere un veroe proprio lavoro a tempo pieno, almenoper quanto riguarda lo Stivale.Il festival “La Tempesta Gemella” hasicuramente rappresentato la migliore occasione,per artisti, fan e addetti ai lavori,di fare un po’ il punto della situazionesullo stato dell’arte della musica italianadei nostri tempi. Sul palco si sono esibitealcune delle migliori realtà del paese,su tutti Il Teatro degli Orrori, i Tre AllegriRagazzi Morti e i The Zen Circus, maanche astri nascenti della scena, tra cui ifriulani Mellow Mood o i lombardi Iori’sEyes. Giusto spazio anche a chi ha fattogrande il rock italiano negli anni Novanta,come Giorgio Canali, esibitosi coi suoiRosso Fuoco a cui si deve una delle paginepiù belle degli ultimi decenni di musicanel nostro paese, i Csi (Consorzio SuonatoriIndipendenti), o a nuovi progetti divecchie glorie, come i Sick Tamburo, chevedono nella loro formazione, tra gli altri,due terzi dei noti Prozac+, passati allastoria per il singolo di successo “Acida”del 1998.La risposta del pubblico non è assolutamentemancata. Sin dalle primissimeore del pomeriggio di entrambele giornate, infatti, sotto il cocente soleromano, tantissimi ragazzi hanno affollatoil Piazzale del Verano di Roma perassistere alle esibizioni dei loro beniaminie incontrarli per scambiare quattrochiacchiere oppure scattare una semplicefoto-ricordo. E nonostante la concomitanzaserale di Italia-Inghilterra, partitavalida per i quarti di finale degli Europeidi calcio, il pubblico ha resistito fino atarda sera sostenendo le esibizioni degliartisti de La Tempesta, magari dandooccasionalmente un’occhiata furtiva almaxi-schermo allestito per l’occasione.Tra gli avventori non solo romani o studentifuorisede, ma anche tanti giovaniprovenienti dalle parti d’Italia più disparateper godersi un sano weekend dimusica e relax. Un clima di festa ha accompagnatole due giornate de La TempestaGemella, a testimonianza di quantogrande sia la fame di musica e concerti inItalia. Tutti i musicisti esibitisi sul palcodi Supersanto’s, tra l’altro, sono statiestremamente disponibili con tutti, a dimostrazionedi come dietro tante storiedi gossip delle star più blasonate vi siauna miriade di gruppi e artisti che portanoavanti i loro progetti spinti dalla passione,senza paura della gavetta e capacidi creare una vera e propria scena, fattadi rispetto, sostegno reciproco e, perchéno, collaborazioni artistiche. Un mondomusicale che sicuramente meriterebbemaggiore attenzione da parte dei massmedia più grandi, ma che nonostante tuttoriesce a brillare di luce propria e adattirare sempre grandi schiere di fan chevivono per e con la musica. L’augurio èche realtà come quelle de La Tempestae di Supersanto’s possano continuare aesistere e ad arricchire il panorama culturaleitaliano con i loro prodotti artisticie i loro eventi. Ne abbiamo bisogno.48 • n. 2, maggio-agosto <strong>2012</strong>


www.cavalieridellavoro.itNotizie e informazioni aggiornate settimanalmenteI CavalieriUn archivio con l’elenco di tutti i Cavalieri del Lavoronominati dal 1901 a oggi e più di 550 schede biografichecostantemente aggiornateLa FederazioneChe cos’è la Federazione Nazionale dei Cavalieri delLavoro, la composizione degli organi, lo statuto e leschede di tutti i presidentiI GruppiLe pagine dei Gruppi regionali, con news, eventi e tuttele informazioni più richiesteLe attivitàGli obiettivi della Federazione, la tutela dell’ordine, ipremi per gli studenti e i convegniIl <strong>Collegio</strong>Il <strong>Collegio</strong> <strong>Universitario</strong> “<strong>Lamaro</strong>-<strong>Pozzani</strong>” di Roma e inostri studenti di eccellenzaLe pubblicazioniI volumi e le collane pubblicati dalla Federazione, larivista “Panorama per i Giovani” e tutti gli indici di“Civiltà del Lavoro”L’onorificenzaLa nascita e l’evoluzione dell’Ordine al Merito del Lavoro,le leggi e le procedure di selezioneLa StoriaTutte le informazioni su più di cento anni di storia...e inoltre news e gallerie fotografiche sulla vita dellaFederazione.


È QUANDO TI SENTI PICCOLO CHE SAI DI ESSERE DIVENTATO GRANDE.A volte gli uomini riescono a creare qualcosa più grande di loro. Qualcosa che prima non c’era. È questo che noi intendiamo per innovazioneed è in questo che noi crediamo.Una visione che ci ha fatto investire nel cambiamento tecnologico sempre e solo con l’obiettivo di migliorare il valore di ogni nostra singolaproduzione.È questo pensiero che ci ha fatto acquistare per primi in Italia impianti come la rotativa Heidelberg M600 B24. O che oggi, per primi in Europa,ci ha fatto introdurre 2 rotative da 32 pagine Roto-Offset Komori, 64 pagine-versione duplex, così da poter soddisfare ancora più puntualmenteogni necessità di stampa di bassa, media e alta tiratura.Se crediamo nell’importanza dell’innovazione, infatti, è perché pensiamo che non ci siano piccole cose di poca importanza.L’etichetta di una lattina di pomodori pelati, quella di un cibo per gatti o quella di un’acqua minerale, un catalogo o un quotidiano, un magazineo un volantone con le offerte della settimana del supermercato, tutto va pensato in grande.È come conseguenza di questa visione che i nostri prodotti sono arrivati in 10 paesi nel mondo, che il livello di fidelizzazione dei nostri clientiè al 90% o che il nostro fatturato si è triplicato.Perché la grandezza è qualcosa che si crea guardando verso l’alto. Mai dall’alto in basso.

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