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numero 3/2010 - Collegio Universitario Lamaro Pozzani

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150 anni di Unità d’ItaliaFoto: iStockphoto/HultonArchivecivile degli italiani. Il “primato” oggettodello studio di Gioberti era quello derivanteall’Italia dall’essere sede del papato edi averne condiviso nel corso dei secoli lamissione di civiltà. Proprio in ragione diciò Gioberti proponeva una confederazionedegli stati italiani presieduta dal Papa eun grande movimento politico, avente allabase gli antichi valori cristiani, che avrebbedovuto raccogliere varie forze partiticheper un progetto unitario: un “partito”cattolico, italiano, nazionale e moderno.Di qui i molti e diversi giudizi sulla suaprospettiva. Gioberti, viene detto da molti,è il padre dell’ideologia federalista. Giobertipredisse lucidamente l’avvento dellaDemocrazia Cristiana, si premurano di affermarealtri. Gioberti, rilanciano altri ancora,voleva un Italia decentralizzata e cheavesse il federalismo (politico? fiscale?)come nucleo fondante della sua identità.È evidente e forse superfluo far notarecome queste siano semplificazioni, talvoltafatte in buona fede, talaltra realizzatecolpevolmente per “aggiudicarsi” illustriprecedenti storici. Senz’altro, sono tutteosservazioni che, nella loro tensione allo“slogan”, si macchiano di superficialità enon osservano la teoria e il pensiero politicogiobertiano nella sua ampia e piùcompleta accezione.Partiamo prima di tutto da alcune osservazionibasilari. L’intero edificio concettualedi Gioberti(si legga questamia affermazionee quelle che seguirannocome riferiteprincipalmente allateoria politica cosìcome è espressanel Del primato) èpoco solido almenoper ciò che riguardadue aspetti, entrambidi carattere pragmaticoe fattuale.In primo luogoGioberti trascura ilproblema della presenzaaustriaca nelLombardo-Veneto– che sarebbe dunquerimasto esclusoda qualsivogliaprogetto unitario– ed è questo unproblema immensoe molto grave, sesi pensa a quantole questioni delleterre irredente peserannosulla politicasabauda primaAlcuni dei principali protagonisti delRisorgimento. Dall’alto, in senso orario:Vittorio Emanuele II, Giuseppe Mazzini eCamillo Benso, Conte di Cavour. In bassoa sinistra: Giuseppe Garibaldi a Caprera inuna foto dell’epoca.e italiana poi per lungo tempo, nel XIXsecolo come nel XX. In secondo luogoGioberti non è così chiaro (come ad alcunipotrebbe apparire) su chi debba guidare ereggere – e con che forma istituzionale –l’ipotetico stato federale italiano, soprattuttose si pensa che nel momento in cuiGioberti vergava le sue pagine infuocateera Papa Gregorio XVI, sicché sarebbedovuto essere “presidente” dello stato unPapa dichiaratamente reazionario e che,nell’enciclica Mirari Vos, condannavaogni sorta di pensiero liberale.Vincenzo Gioberti, in ultima analisi,viene visto come il “padre” del pensierofederalista in Italia. Questo è, in parte,innegabilmente vero, dato che l’elementofederalista rappresenta al contempo ilpiù netto e più innovativo della sua opera.Pure, il federalismo giobertiano è caratterizzatoda tratti marcatamente antistorici.Non è il federalismo di un nuovo stato, diuna nuova epoca storica, di un rinnovamento.Guarda al passato più che al futuro.Il nome della corrente politica chefonda e in cui ricade attinge per il nomeal repertorio medievale (“neoguelfismo”)e la sua ipotesi è in fondo quella di una restaurazionedi qualcosa (in prima istanzail primato del cattolicesimo e del papato)Foto: iStockphoto/PaoloGaetano6 • n. 3, settembre-dicembre 2010

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