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numero 3/2010 - Collegio Universitario Lamaro Pozzani numero 3/2010 - Collegio Universitario Lamaro Pozzani

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Come fare l’Italia?Le forme dello StatoL’Italia è stata una monarchia, è una repubblica. Ma queste erano solodue delle possibilità nel momento in cui il nostro Stato si formò, 150anni fa. Analizziamo il dibattito piemontese sulle “forme dello Stato”durante il Risorgimento e il tema del federalismo.di Donato Andrea SambugaroFoto: iStockphoto/PaoloGaetano“Ogni Stato d’Italia deve rimanere sovranoe libero in sé; [non si può] conservarela libertà se il popolo non vi mette le manisopra, sì, ogni popolo in casa sua, sottola sicurezza e la vigilanza di tutti gli altri.Perché dunque l’efficacia della Costituentesi faccia sentire, è necessario cheabbiano valore popolare i Parlamenti diogni Stato [all’interno dell’Italia]. [Poi] le“Le nazioni europee devonocongiungersi... Avremo pace veraquando avremo gli Stati Unitid’Europa” (C. Cattaneo).nazioni europee devono congiungersi, colprincipio morale dell’eguaglianza e dellalibertà. Avremo pace vera quando avremogli Stati Uniti d’Europa”.Sono, queste, parole di sconcertanteattualità, che a pieno titolo potrebberoessere ascritte al dibattito presente sullequestioni nazionali e internazionali. Potrebberoessere state pronunciate, verrebbeda ipotizzare, da un ideologo leghistad’ampia cultura e vedute per quanto si dicenella prima parte, circa la necessità di unoStato italiano federalista. O potrebberoapparire le paroledi un lungimirantepolitologo, attentoalle questioni europee,per quantosi afferma nellaseconda parte. Invero,un’ipotetica Ansa che le riportasserecherebbe il nome di Carlo Cattaneo, e ladata sarebbe il 1849. Quanto ho riportatoè estratto dal testo Dell’insurrezione diMilano nel 1848 e della successiva guerra,scritto dal patriota lombardo all’indomanidel fallimento dei moti milanesi.Le riflessioni che ho portato ad esempioben evidenziano, nella pregnante attualitàche le caratterizza, il fatto che ildibattito sulle forme e sulle istituzioni politichedi uno “Stato italiano”, fosse esso,com’era allora, ipotetico, o sia, com’èoggi, realizzato compiutamente, non ècerto cosa recente, ma affonda le radici intempi ben lontani.Tenteremo qui dunque di analizzare,per sommi capi, quali correnti di pensierosi fronteggiavano in campo politico almomento di quell’Unità da cui decorronoi centocinquant’anni, osservando come lasoluzione poi realizzatasi, quella di unoStato nazionale, centralista e monarchico,fosse solo una fra le molte possibili. Sarà4 • n. 3, settembre-dicembre 2010

dunque di una qualche utilità ricostruirelo scenario storico del dibattito, che – ègiusto ricordarlo – si svolse principalmentesotto l’azione e la spinta di intellettualipiemontesi e (in parte) lombardi. Ciònon deve stupire, né si intende in questomodo affermare un presunto “predominioculturale” di questa zona d’Italia. È peròevidente che, se la parte nord-orientaled’Italia era esclusa da questo dibattito inquanto sottoposta a un dominio straniero,oltretutto oltremodo repressivo verso lespinte nazionaliste, altrettanto non potevache valere per l’Italia meridionale, lontanadalle novità culturali e dal fresco confrontodella prima parte del XIX secolo,politico quanto letterario.Nel corso degli anni Quaranta, infatti,in coincidenza con un relativo risvegliodell’economia e della società civile, il dibattitopolitico italiano si arricchì di nuovevoci, con il prepotente e fondamentaleemergere di un orientamento moderato,che si distingueva nettamente sia dal tradizionalismoconservatore sia dal radicalismorivoluzionario mazziniano, proponendosoluzioni graduali alla questioneitaliana e tentando di conciliare la causaliberale-patriottica con il fronte cattolico.Nasce così lacorrente di pensieropoi battezzataneoguelfa, il cuiprincipale esponentefu VincenzoGioberti. Nato nel1801 e ordinato sacerdote nel 1825, Giobertisi interessò alla politica del regnosabaudo pur conducendo una vita ritiratae mai (si direbbe oggi) “sotto i riflettori”;Sopra: il monumento a Goffredo Mameli,patriota e autore del testo del nostro innonazionale, presso il cimitero del Verano(Roma).Mentre il neoguelfismo, inPiemonte, conosceva il maggiorsuccesso, in Lombardia nascevail federalismo di Cattaneo.vita che lo portò però anche a dover sopportareforti contrasti per motivi politici,che lo costrinsero a vivere parte della suaesistenza come esule, ramingo per l’Europa(Parigi, Bruxelles…) e a morire insolitaria ma dignitosa povertà. Propriodurante un soggiorno a Bruxelles scrisse,nel 1843, il libro Del primato morale epanorama per i giovani • 5

Come fare l’Italia?Le forme dello StatoL’Italia è stata una monarchia, è una repubblica. Ma queste erano solodue delle possibilità nel momento in cui il nostro Stato si formò, 150anni fa. Analizziamo il dibattito piemontese sulle “forme dello Stato”durante il Risorgimento e il tema del federalismo.di Donato Andrea SambugaroFoto: iStockphoto/PaoloGaetano“Ogni Stato d’Italia deve rimanere sovranoe libero in sé; [non si può] conservarela libertà se il popolo non vi mette le manisopra, sì, ogni popolo in casa sua, sottola sicurezza e la vigilanza di tutti gli altri.Perché dunque l’efficacia della Costituentesi faccia sentire, è necessario cheabbiano valore popolare i Parlamenti diogni Stato [all’interno dell’Italia]. [Poi] le“Le nazioni europee devonocongiungersi... Avremo pace veraquando avremo gli Stati Unitid’Europa” (C. Cattaneo).nazioni europee devono congiungersi, colprincipio morale dell’eguaglianza e dellalibertà. Avremo pace vera quando avremogli Stati Uniti d’Europa”.Sono, queste, parole di sconcertanteattualità, che a pieno titolo potrebberoessere ascritte al dibattito presente sullequestioni nazionali e internazionali. Potrebberoessere state pronunciate, verrebbeda ipotizzare, da un ideologo leghistad’ampia cultura e vedute per quanto si dicenella prima parte, circa la necessità di unoStato italiano federalista. O potrebberoapparire le paroledi un lungimirantepolitologo, attentoalle questioni europee,per quantosi afferma nellaseconda parte. Invero,un’ipotetica Ansa che le riportasserecherebbe il nome di Carlo Cattaneo, e ladata sarebbe il 1849. Quanto ho riportatoè estratto dal testo Dell’insurrezione diMilano nel 1848 e della successiva guerra,scritto dal patriota lombardo all’indomanidel fallimento dei moti milanesi.Le riflessioni che ho portato ad esempioben evidenziano, nella pregnante attualitàche le caratterizza, il fatto che ildibattito sulle forme e sulle istituzioni politichedi uno “Stato italiano”, fosse esso,com’era allora, ipotetico, o sia, com’èoggi, realizzato compiutamente, non ècerto cosa recente, ma affonda le radici intempi ben lontani.Tenteremo qui dunque di analizzare,per sommi capi, quali correnti di pensierosi fronteggiavano in campo politico almomento di quell’Unità da cui decorronoi centocinquant’anni, osservando come lasoluzione poi realizzatasi, quella di unoStato nazionale, centralista e monarchico,fosse solo una fra le molte possibili. Sarà4 • n. 3, settembre-dicembre 2010

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