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numero 3/2010 - Collegio Universitario Lamaro Pozzani

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EditorialeLa Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro hapubblicato nel mese di novembre il Terzo Rapporto suglistudenti eccellenti. L’indagine, realizzata in collaborazionecon l’Istituto Carlo Cattaneo, ha lo scopo di verificareil profilo sociale e le scelte universitarie dei candidati al Premio“Alfieri del Lavoro”, cioè degli studenti segnalati ogni anno dallescuole italiane per il loro eccezionale curriculum. Nella ricercaè stato inserito quest’anno un capitolo dedicato al sentimentodi appartenenza e di orgoglio nazionale di questi giovani, cherappresentano idealmente i talenti, la capacità di impegno e leconcrete speranze di successo dai quali continuerà a dipendere inprimo luogo il futuro del paese. Siamo così in grado di metterea fuoco la percezione di aspetti cruciali dell’identità italiana inun segmento qualitativamente molto significativo almeno dellenuove generazioni e mi sento di proporre i risultati come premessae insieme chiave di lettura di luci e ombre del percorsoattraverso i 150 anni dell’unità nazionale al quale dedichiamoper intero questo fascicolo.Gli studenti più bravi – questo è il primo dato – non si vergognano“nel complesso” di essere italiani. Su una scala da 1a 5, solo il 6% ha optato per i due punteggipiù bassi, mentre oltre il 20 per cento si è dichiarato“molto orgoglioso” del proprio passaporto.Scomponendo questo sentimento neidiversi fattori che, per dirla con Hegel, contribuisconoal “patriottismo” come coscienzaquotidianamente vissuta che il proprio benecresce insieme a quello di tutti gli altri cittadini,la prospettiva – tuttavia – cambia. E nondi poco. Sembra inevitabile concludere che igiovani amano la storia dalla quale veniamoe le bellezze che abbiamo ricevuto, ma nonsono affatto fieri di ciò che oggi, concretamente,siamo e facciamo. Di fronte all’arte, alla natura e alla culturaitaliane si dichiara abbastanza o senz’altro molto orgogliosocirca il 90% del campione, ma siamo sotto il 25 per il benessereeconomico e la capacità di organizzarsi per il bene comune ela percentuale crolla addirittura a poco più del 10% quando sichiede ai giovani cosa pensano del trattamento degli immigrati.Sembra la fotografia di una generazione che davvero, anchequando scende in piazza per protestare contro una riforma delsistema di governance dell’università, come è accaduto in questiultimi mesi, lo fa per far sfilare davanti a tutti il proprio disagiodi figli che rischiano di avere meno dei padri e che già paganoun prezzo pesante per il basso livello di disponibilità al sacrificioper la “cosa pubblica”, troppo spesso spacciato per quella virtuosaarte d’arrangiarsi nella quale gli stessi giovani dichiaranocomunque di riconoscersi più che nella tradizione della nostraricerca scientifica e perfino dei nostri successi sportivi. TommasoI giovani dimostranodi non voler cedereall’amarezza.Sono proprio glistudenti eccellenti,insomma, che ciaiutano a sentirciun po’ più italiani.Padoa Schioppa era una delle personalità che più hanno contribuitoa tenere alto il prestigio dell’Italia all’estero. Le tasse – disseuna volta in un’intervista – sono una cosa bellissima, perchéconsentono appunto a un paese di organizzarsi per il bene comune,rendendo disponibili quei servizi che altrimenti resterebberoprivilegio di pochi e favorendo così la promozione della dignitàe delle capacità di tutti. Molti italiani sorrisero. Qualcuno riuscìperfino a scandalizzarsi...Dagli studenti “capaci e meritevoli”, secondo l’attualissimaformula dell’articolo 34 della Costituzione, non viene solo la richiestadi crescere di più. In loro è acuta anche la sensibilità perle forme delle relazioni sociali, per gli esiti della distribuzione delpotere, per i cortocircuiti di modelli e stili educativi che hannomesso quasi “fuori corso” il vocabolario del dovere, dell’integritàpersonale, della capacità di interpretare e promuovere scopi condivisi.Le differenze, in Italia, ci sono sempre state e anche gliarticoli che proponiamo cercano di non edulcorare la realtà di unpassato che in fondo solo da poco è diventato unitario. Già Danteconosceva e distingueva “l’arzanà de’ veneziani”, “la vipera che‘l melanese accampa”, il “bel paese là dove il sì suona”, il “gallodi Gallura”, anche se è altrettanto vero chepossiamo leggere e comprendere Dante ancoraquasi senza vocabolario e questa continuità èsconosciuta a popoli che pure hanno una plurisecolareesperienza di unità politica. Forti diquesta consapevolezza, non dobbiamo eluderel’evidenza delle differenze che ci sollecitanooggi a ripensare il nostro modello istituzionalee che vanno affrontate con concretezza di metodoe di prospettive. In che modo, per esempio,il federalismo potrà contribuire a ridurrela forbice, impietosamente evidenziata dalleindagini comparative svolte anche a livellointernazionale, nel reddito pro capite delle diverse regioni, nellaqualità della filiera dell’istruzione, nell’accesso ai servizi sanitari?I lamenti sui mali dell’Italia sono una consunta litania e accompagnanoogni celebrazione che si rispetti: “Tutto cade. Ogni idealesvanisce. I partiti non esistono più, ma soltanto gruppetti e clientele.Dal parlamento il triste spettacolo si ripercuote nel paese”.Questo il giudizio di Giuseppe Prezzolini alla vigilia del cinquantenariodel 1911. I giovani dell’indagine dei Cavalieri del Lavorodimostrano di non voler cedere a questa amarezza. Solo il 12%si dichiara piuttosto o completamente sfiduciato nei confronti deiconnazionali (e quasi l’80% ritiene un dovere la solidarietà fra learee più ricche del paese e quelle meno fortunate). In una ricercadel 1999, curata sempre dall’Istituto Cattaneo su un campione piùvasto, la percentuale sfiorava il 25%. Sono proprio gli studentieccellenti, insomma, che ci aiutano a sentirci un po’ più italiani.Stefano Semplicipanorama per i giovani • 3

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