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numero 3/2010 - Collegio Universitario Lamaro Pozzani

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150 anni di Unità d’ItaliaPetrolio e assenzioQuando la requisitoria si fa poetica e il dissenso è una cifra stilistica.di Giuseppe FasanellaPetrolio e assenzio. La ribellione in versi(1870-1900) è un bel libro, pubblicato dapoco da Salerno nella collana Faville, acura di Giuseppe Iannaccone, docente diLetteratura italiana contemporanea pressol’Università di Roma Tre.Si tratta di una sorprendente silloge diautori normalmente ignorati dalla criticaufficiale, esponenti di una generazione diartisti arrabbiati, nell’Italia del secondoOttocento. Normalmente nelle antologieletterarie compare soltanto l’esaltazionepiù o meno pomposa delle battaglie diquegli anni gloriosi, o tomi dall’intentopedagogico, come le pagine deamicisianedi Cuore. Ebbene, grazie alle ricerche diIannaccone, apprendiamo che non c’è soloquesto: ci troviamo infatti dinanzi una riddadi poeti che espressero una profonda insoddisfazioneper la realtà politica, socialeed economica scaturita dal Risorgimento.“Pur odio, e fortemente odio, ed anèlo/ A la riscossa e ho fretta… / Come aspiranle pie anime al cielo, / L’aspiro a te,santissima Vendetta!”, scrive per esempioGiacinto Stiavelli nella sua Invettiva.Evidentemente non è rimasto moltodello slancio di gioia sincera e immediatache illuminava la canzone del Monti Per laliberazione d’Italia: la musicalità e la compostezzaformale dei tempi passati non hannosenso per i ribelli e per il loro impeto.Dall’insofferenza contro la mediocritàdella borghesia (ma anche contro un’unificazionedel paese realizzata tenendo inpoco o nessun conto il contesto e i disagisociali) germina la rivolta di molti scrittori,che si muovono tra forme di populismoromantico alla Victor Hugo e classicismoalla maniera di Carducci. In verità la matricestorica fa semplicemente da collante aun gruppo tutt’altro che omogeneo di autori,alcuni semplici bestemmiatori, altri verseggiatoriimprovvisati o intellettuali dellaprovincia, altri ancora veri e grandi poeti.Già il titolo della raccolta, ispirato auna poesia di Domenico Milelli, lasciapresagire il contenuto: il petrolio richiamaalla memoria la leggenda delle pétroleusesdella Comune di Parigi; l’assenzioil liquore dei poeti maledetti francesi.Una letteratura, dunque, impegnata e ribelle,che annovera una copiosa schieradi poeti, dalla produzione rovente e accanita.“All’odio affilo, come lama, ilverso”, dice Guarnerio (Recto), mentreLorenzo Stecchetti tuona contro gli aguzzinidi oggi: “Non sperate pietà dunquene’l santo / giorno de l’ira eterna. / Trop-Il mio paeseIl mio paese è fatto di sassiche scivolano fra l’onde,sgretolati in sabbia a formare coste nuove.È terra rossa mischiata a neveche non si scioglie in un istante, lasciando una gocciacalda d’acqua là dove prima era il gelo.Il mio paese è fatto d’indifferenza e banalità,unite al silenzio di chi non sente il mare gemere e urlare,né il terremoto spaccare la terrasenza che i lembi si possano unire.È terra dove l’argento compra le emozionirichiudendole dietro fredde pareti,oltre le quali c’è il nulla.E nulla fa più rumore qui.Ma se a una parola o un cantose a un sasso un altrose a un’onda la sua eco nel mare s’aggiunge,nuova voce allora sfiderà l’orizzonte.Selene Favuzzipo, dinanzi a voi, troppo abbiam pianto”(Iustitia).Il canone stilistico che potremmo definiredell’“enfasi dell’invettiva” raccogliein realtà una vera e propria galleriadi poeti: dai satanici Carducci e Rapisardia Giovanni Pascoli, colto prima che inventassela sua poetica del fanciullino,passando per Filippo Turati e Ada Negri,molto prima che diventasse la sola donnadell’Accademia mussoliniana. Ricordiamoancora, tra i meno noti, gli scapigliatiAntonio Ghislanzoni, quando non scrivevalibretti d’opera, e Ferdinando Fontana,insieme ai veristi come Olindo Guerrieri.Troviamo anche, in Petrolio e assenzio,un folto gruppo di anticlericali bastardi ebestemmiatori, che scagliandosi contro laChiesa inneggiano a Satana o a Epicuro.Non si tratta – è importante sottolinearlo– di una contestazione circoscritta a pocheregioni. Troviamo infatti poeti del Nord,testimoni di una spietata società industriale,e letterati del Sud, spettatori di una crudarealtà contadina: è un vero continente sommerso,testimonianza di un’Italia asfittica edura, che poco aveva da spartire con quellasognata da Mameli e dai grandi patriotiidealisti. Nel verso non c’è spazio per ledelicatezze. Ci sono solo il risentimento e larabbia riassunti nei versi di Girolamo RagusaMoleti, che Benedetto Croce ironicamentedefinì “ribelle dei ribelli”: “Addio, fiori,acque lucenti, / Carezzevoli all’orecchio, /Addio, valli, aeree cime; / Come groppo diserpenti / Vo’ lanciar nel mondo vecchio /Nuovamente le mie rime” (Congedo).46 • n. 3, settembre-dicembre 2010

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