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numero 3/2010 - Collegio Universitario Lamaro Pozzani

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150 anni di Unità d’Italialibri di un trattato post bellico, tanto che gliatleti raramente potevano entrare in contattoal di fuori di allenamenti, gare e cerimonie.La bandiera della squadra tedesca unificatafu quella tradizionale della Germania, nerorosso e oro, con i cinque cerchi olimpici alcentro e l’Inno alla Gioia di Beethoven fecele veci dell’inno nazionale.Il comitato organizzativo di Romaseppe però prevedere e gestire molto benequeste difficoltà di natura extra-sportiva,mentre la magia della città eterna fece ilresto... Al loro arrivo, gli atleti si trovaronoimmersi in un clima di grande speranzae positività. Roma era infatti il fiore all’occhiellodi una nazione che viveva il momentoforse più bello di una storia che toccavaproprio allora il limite dei cento anni:quella era l’Italia del miracolo economico,con un Pil che cresceva a un ritmo paragonabilea quello dei moderni paesi Bric(Brasile, Russia, India, Cina), della DolceVita, dei grandi miti dello sport (proprionel 1960 moriva tragicamente il Campionissimo,Fausto Coppi). Il comitato organizzatoresi propose l’intento di renderei Giochi un unicum con la città; si scelsequindi come cornice delle gare di pugilatola Basilica di Massenzio – dove iniziaronoa far parlare di sé due tra i più grandiboxeur di tutti i tempi, l’italiano Nino Benvenutie l’americano Cassius Clay, aliasMuhammad Alì – mentre i fori imperialifurono teatro della maratona, con la commoventevittoria dell’etiope Abebe Bikila,capace di battere il precedente record delmondo correndo a piedi nudi sui sampietriniromani. I Giochi di Roma, inoltre,consacrarono definitivamente lo sportfemminile, grazie alle imprese nell’atleticaleggera della leggiadra Wilma Rudolph(vincitrice dell’oro nei 100, 200 e nellastaffetta 4x100) e delle altre Tigerbelles,le atlete statunitensi di colore. L’Italia, dalcanto suo, colse risultati sportivi inimmaginabili,riuscendo a classificarsi al terzoposto nel medagliere, dietro le sole Urss eUsa: spiccò su tutte l’inattesa e straordinariavittoria, con record del mondo, di LivioBerruti nei 200 metri piani. In definitiva,le Olimpiadi di Roma 1960 mostraronoal mondo uno Stato, l’Italia, che avrebbefesteggiato un secolo di vita l’anno successivo,affrancatosi definitivamente daidisastri della Seconda Guerra Mondiale epronto a svolgere un ruolo importante sulloscacchiere internazionale. E oggi, nelsesquicentenario dell’Unità?Foto: iStockphoto.com/naphtalinaSa vida pro sa PatriaDalle trincee dell’altopiano di Asiago alla sabbia dell’Afghanistan:uomini e imprese di una tra le più valorose e particolari unità dell’esercitoitaliano.di Fabrizio GrussuPrimo marzo 1915: mancano poco più ditre mesi all’entrata in guerra dell’Italianella Prima Guerra Mondiale. In Sardegnaviene fondata una brigata di fanteriadestinata a essere protagonista del conflittoe della storia dell’esercito: la “Sassari”.È composta di due reggimenti, il 151° e il152°, e ha una caratteristica unica che ladifferenzia dalle altre brigate dell’esercitosabaudo: è formata da soli sardi.All’inizio delle ostilità contro l’Imperoaustro-ungarico viene schierata lungol’Isonzo. Sarà la prima unità a essere citatanel bollettino di guerra e l’ultima a ritirarsi(per giunta in ordine) dietro il Piave,facendo saltare l’ultimo ponte e chiudendodefinitivamente l’accesso alla pianurapadana al nemico. I suoi reggimenti sonogli unici, nella storia delle forze armateitaliane, a essere stati entrambi decoratidue volte nell’arco di una sola guerracon la medaglia d’oro al valore militare.All’indomani della battaglia sul Piavecosì si esprimerà il presidente del consiglioVittorio Emanuele Orlando: “Quandovidi i valorosi della Brigata Sassarisentii l’impulso di inginocchiarmi dinanzia loro, perché vidi riassunte in Essi tutte levirtù dell’Esercito”.Al di là del coraggio individuale deidiavoli rossi (così i nemici chiamavano isassarini per via dei colori delle mostrine),altri due fattori contribuirono alla riuscitadelle imprese di cui la Sassari fu protagonista.Innanzitutto anche i non militari diprofessione sapevano sparare. Si trattavadi una rarità, poiché, a causa della frettacon cui i soldati dovevano essere inviatial fronte, non vi era tempo per addestrarele reclute prima di mandarle a combattere.I sardi però, in massima parte contadinio pastori, sapevano ben maneggiarele armi, che avevano imparato a usarefin da piccoli per difendere i raccolti e legreggi da lupi e faine. Molto importantefu anche la lingua: ogni esperto dell’artemilitare sa quanto sia importante, ai finidella vittoria, intercettare le comunicazionidel nemico. Nell’esercito austriacoesistevano sicuramente addetti alle intercettazioniche conoscevano l’italiano, manessuno che conosceva il sardo. Fu cosìche nelle trincee sull’altopiano di Asiagodove era di stanza la brigata, il comandomilitare fece esporre dei cartelli con suscritto “chi sesi italianu fuedda in sardu”(se sei italiano parla in sardo). Più i fantidella Sassari avrebbero parlato nella lorolingua d’origine, meno possibilità ci sarebberostate per gli austriaci di venire aconoscenza degli spostamenti e dei pianidel regio esercito. Non importava che sitrattasse del campidanese, del barbaricinoo di qualsiasi altro ceppo della lingua sarda:l’importante era parlare in sardo.Al temine della guerra moltissimi reduciaderiranno al Partito Sardo d’Azione.Dopo la salita al potere di Mussoliniuna parte di essi seguirà Emilio Lussu nelsuo impegno antifascista.Durante il secondo conflitto mondialela Sassari combatté in Jugoslavia, dacui fu richiamata dopo l’8 settembre perprendere parte alla difesa di Roma. Fusciolta dopo la battaglia.Il 152° fu ricostituito nel 1958, il 151°nel 1962.Dal 1992 è divenuta una brigata meccanizzata.I suoi soldati hanno partecipatoalle principali missioni all’estero cui l’Italiaha contribuito, sia nei Balcani sia inMedio Oriente.Per la partecipazione alla missione“Antica Babilonia” in Iraq entrambi ireggimenti sono stati decorati con un’ennesimamedaglia d’oro: quella al valoredell’esercito.42 • n. 3, settembre-dicembre 2010

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