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numero 3/2010 - Collegio Universitario Lamaro Pozzani

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150 anni di Unità d’ItaliaFoto: iStockphoto.com/snemO’ mare canta...Libero Bovio e l’anima popolare della poesia in musica che ha unitol’Italia.di Selene FavuzziLa voce roca di Mino Reitano che cantaItalia e l’aspro sarcasmo di Ma il cieloè sempre più blu; L’italiano di Toto Cutugnoe Viva l’Italia di Francesco De Gregori,pur essendo canzoni forti, colme dipassione e amore per il nostro paese, sonoin un certo modo prive di quell’originariaingenuità e hanno nei testi un sottile velodi retorica.Sono passati cento anni dai ritratti diLibero Bovio e della sua Italia poverama con la forza di vivere e ricominciaresempre e le sue parole sono estremamenteattuali ancora oggi: la canzone d’amorecome espressione di forza; urlo malinconico,talvolta amaro, ma sempre così intenso...il canto come filo che unisce il Paese...e il riscatto che sale dal Sud di quest’Italiache ha sempre bisogno di qualcosa che netenga assieme le multiformi coste.La canzone di Napoli è ambasciatrice dipace nel mondo.È voce d’Italia in terra straniera.È grido d’amore, ma è segno di forza:è sempre profumata di malinconia, anchequando è allegra.(Libero Bovio, Don Liberato si spassa,Prismi, Edizioni de Il Mattino, 1996)Certe volte, poche parole, appena condensatenello spazio breve d’una poesia,possono rappresentare qualcosa di benpiù vasto dei confini della pagina che lecontiene arginandone la forza espressiva.Il verso poetico ha un’enorme potenzialità:quella di legarsi a un’immagine, afferrandosistretto alla maglia dei ricordi, pervenire evocato anche solo da un suono efatto rivivere in tutto il suo splendore, accogliendoogni volta nuovo significato.Se togliessi alle parole le cadenze, ipensieri, i sospiri, le lacrime, i sorrisi, nonresterebbe null’altro che una pagina biancamacchiata d’inchiostro... priva di voce.Se invece a darle voce è il canto e unamelodia a darle corpo, allora sì che dellesemplici parole potrebbero rappresentareuna nazione intera.Questo è quello che è accaduto conl’epoca d’oro della canzone napoletanagrazie a un connubio inscindibile di grandipoeti, come Salvatore di Giacomo, FerdinandoRusso, Murolo, Giovanni Capurro estraordinari compositori, fra cui Costa, Ernestode Curtis, Gaetano Lama, VincenzoValente, Di Capua, Gambardella e De Gregorio;cantanti infine come Mario Abbate,Caruso, o Massimo Ranieri, solo per citarnealcuni, diedero a essa la loro voce, rendendole sue creazioni opere immortali.Libero Bovio (1883-1942) nacque aNapoli dal filosofo e uomo politico puglieseGiovanni Bovio e dalla pianistaBianca Nicosia e presto venne avvicinatoall’amore per la musica dalla madre, chegli suonava Beethoven, cui subito egli dimostròdi preferire Gambardella e Di Capuae la tradizione partenopea.Questo è solo uno degli elementi che loavvicinano al sentire popolare; uno dei pensieriraccolti nel suo libro di aforismi DonLiberato si spassa recita infatti: “Napoli haavuto due poeti del popolo, due grandi poeti:un povero guantaio morto di tisi a venticinqueanni e un garzone di osteria di campagna,spentosi nella più squallida miseria:l’uno si chiamava Vincenzo Russo e l’altroGiuseppe Capaldo. Ai maestri, no: a questidue popolani invidio qualche poesia”.Il rimpianto per una giovinezza perdutadi Signorinella, il sofferto canto d’amoredi Tu ca nun chiagne, Reginella e Passione,la riflessione sulla morte di Chiove,l’amarezza dell’emigrato di Lacreme napulitane,il canto alla luna capace di commuovereanche i “guagliune ‘e malavita”di Guapparia e il paesaggio napoletano diSilenzio Cantatore, sono solo alcune dellecanzoni di questo straordinario poeta chefanno parte dell’eredità d’ogni italiano.Molti cantautori dopo di lui hannoscritto musica dedicata al nostro paese,ma difficilmente hanno raggiunto livellisimili di spontaneità e freschezza.Chist’è ‘o paese d’’o soleTutto, tutto è destino…Comme putevo fà fortuna a ll’esteros’io voglio campà ccà?GIOVANNI BOVIOIl libero pensiero non vuole martiri,vuole ugualiGiovanni Bovio nacque a Trani (Bari)il 6 Febbraio 1837 nella numerosafamiglia d’un modesto impiegato.Sin da giovanissimo mostrò unastraordinaria memoria, che esercitòsu testi del mondo classico, filosofi coe giuridico; si manteneva infatti dandolezioni private di diritto, letteratura efi losofi a, quando nel 1872 ottennealla Federico II di Napoli la cattedra diStoria del Diritto e, successivamente,la libera docenza di Filosofi a.Quattro anni più tardi entrò nellaCamera dei Deputati per il collegiodi Minervino Murge e, essendouomo d’estremo rigore e rifi utandoil trasformismo, rimase tutta la vitafra i seggi dell’ala repubblicana,come deputato della sinistra storica,adoperandosi strenuamente per“costruire” l’Italia. Fu inoltre il relatoredel codice penale suo omonimo, cheprevedeva fra le altre cose l’abolizionedella pena di morte e il diritto disciopero (non contenendo articoli chelo vietavano).Giovanni Bovio, con la sua rifl essionefi losofi ca d’una vita e la straordinariaeloquenza che riusciva talvoltaa unire le frange più estreme, hacontribuito a fare dell’Italia il paese checonosciamo.40 • n. 3, settembre-dicembre 2010

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