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numero 3/2010 - Collegio Universitario Lamaro Pozzani

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150 anni di Unità d’Italiafu anche la storia del territorio. Nel corsodei secoli le regioni meridionali si eranocaratterizzate per la presenza massicciadei latifondi. In tale contesto si rafforzòmaggiormente un sistema gerarchico patriarcaleche permise il dominio di pochefamiglie sul territorio, spesso in lotta fradi loro. Ciò che distingueva, e distinguetuttora, gli appartenenti alle cosche mafioseda tutti gli altri criminali è il fattoche i picciotti si vantavano della proprianotorietà, continuavano a svolgere vitaattiva all’interno della società e usavanola propria immagine e i propri mezzi perfar apparire legali azioni che invece talinon erano. Per poter esercitare le loro attivitàillecite e il loro potere gli esponentidella mafia si servono tutt’ora di una fittarete di amicizie e conoscenze, senza laquale non potrebbero coprire e proteggereil loro operato criminale. Furono due ifattori che rafforzarono e svilupparono ilegami fra politica e criminalità organizzata:l’importanza dei lavori pubblici e lapossibilità, con l’ampliamento del suffragioa tutti gli uomini (1919) e poi anchealle donne (1946), di pilotare il voto dellemasse per far eleggere personaggi viciniagli interessi mafiosi.Ci siamo rivolti al professor Nicasoper approfondire il ruolo che l’unità d’Italiaha svolto nella nascita e formazionedella criminalità. Antonio Nicaso, nato inCalabria, giornalista e scrittore, è fra i piùimportanti esperti di ‘ndrangheta a livellointernazionale e autore di diversi best seller,ben noti al pubblico di tutto il mondo.Note sono le sue collaborazioni con l’attualeprocuratore aggiunto della Repubblicapresso il Tribunale di Reggio CalabriaNicola Gratteri, con il quale ha scritto libricome Fratelli di sangue e, recentemente,La malapianta. Il professore Nicaso insegnaStoria della questione meridionalee Storia delle organizzazioni criminali incorsi estivi post lauream presso il MiddleburyCollege nel Vermont (Usa).La prima domanda è d’obbligo: l’Unitàd’Italia ha favorito la nascita dellemafie e quale nesso esiste con il fenomenodel brigantaggio?Sono indispensabili innanzitutto alcuneconsiderazioni preliminari molto importantiper inquadrare gli spazi entro i qualici moviamo. Il brigantaggio e la mafiasono due cose distinte. Il primo è un movimento“partigiano” non sovrapponibilecon le organizzazioni criminali di stampomafioso, che mostra un forte attaccamentoalla cultura locale e quindi alla suavalorizzazione. Parlare di mafia vuol direparlare d’altro, perché uno dei suoi caratterifondanti principali è lo stretto rapportoche crea con la politica. Si tratta di unrapporto malato, che molto spesso portaalla sopraffazione delle cosche mafiosesulla politica, che ne diventa vittima. Giànei primi anni di vita dello stato italiano,in Sicilia si crearono contatti fra i politicie i primi gruppi mafiosi, ma andando ancorapiù indietro, fino alla spedizione deiMille, si trova che molti picciotti sicilianisi unirono alla spedizione. Possiamo direche la mafia è un fenomeno che coniugavecchio e nuovo, senza i rapporti con lapolitica non sarebbe mafia.Dal 1861 ad oggi cosa è cambiato nelmicrocosmo delle organizzazioni criminalidi stampo mafioso e quale criticapossiamo fare dal punto di vista dellalegalità?Unificare l’Italia era un gesto che indubbiamenteandava fatto, ma di certo ilprocesso fu molto discutibile e più che diunità bisogna parlare di unificazione. Lapolitica sabauda aveva l’obiettivo di piemontesizzarela penisola senza mostraresegni d’attenzione alle variegate diversitàdel paese. Un esempio su tutti: lo StatutoAlbertino, elaborato da diciassette nobili,scritto in francese, pensato in origine peruna popolazione di sei milioni di abitanti,fu esteso di colpo a un territorio che di abitantine contava circa il triplo. La culturadel Sud è stata a dir poco sottovalutata e lasua ricchezza di grandi menti e pensatoricon un forte senso di appartenenza e affettoverso il territorio – un nome su tutti:Filangeri – venne screditata e zittita.Lo scrittore Pino Aprile, nel suo librorecente Terroni, afferma che è statomolto più facile unificare la Germaniadopo il crollo del muro di Berlino indieci anni che l’Italia in centocinquanta.Quanto l’Italia è unita dal punto divista criminale e quanto dal punto divista della lotta alla mafia?La Germania, così come l’Italia, subì unprocesso di unificazione fra il 1870 e il1871. La differenza fu che lo stato tedescofu soggetto a un processo di unità graduale,è stato unificato prima dal punto divista economico, poi politico. Mettendoi due modelli a confronto, quello tedescorisulta sicuramente vincente rispettoa quello italiano, poiché in Italia si cercòda subito solo un’unità politica. Dal puntodi vista criminale c’è stato un movimentodal Sud al Nord del paese, anche se nonsemplicemente nel senso per il quale cisarebbe una zona felice e sana (il NordItalia) che è stata “contagiata” dalla vicinanzae dall’unione con la terra maledetta(il Sud Italia). La linea di palma di cuiparlava Sciascia è stata anche l’incontroterribile fra criminali senza regole del Sude pescecani della finanza privi di scrupolidel Nord.Sembra quindi che la criminalità organizzataper vivere abbia bisogno diunità, intesa sotto diversi punti di vistae a più livelli. Quanto la formazionedell’Unione Europea ha influito sulladiffusione della mafia?La formazione dell’Unione Europea hacertamente favorito la diffusione dellemafie e proprio per questo dico che cisarebbe bisogno di uno spazio giuridicocomune in tutta Europa, poiché la frammentazionegiuridica rallenta il processodi lotta alle cosche. Ad esempio, alcuneleggi previste in Italia per la lotta allacriminalità organizzata, quali il regimedi carcere duro (41 bis), non sono validein altri paesi, così come è molto difficilela confisca dei beni all’estero. Lì dove lemafie si uniscono, la giustizia internazionalesi divide.Fra altri cinquant’anni, quando l’Italiacompirà duecento anni, secondo lei siparlerà ancora di lotta alla mafia?Non si smetterà di parlare di mafie finchénon si aggredirà il rapporto mafia-politica.Se dal 1861 ad oggi la mafia è rimastaforte vuol dire che non siamo stati capacidi affrontarla a dovere. Bisogna concentrarel’attenzione sul nodo cruciale delrapporto fra il crimine organizzato e lapolitica, che costituisce la spina dorsaledi tutto il sistema. Non basta la sola lottagiuridica, bisogna parlarne nelle scuole,perché la mafia si vince non con il sacrificiodi pochi, ma con l’attenzione da partedi tutti.panorama per i giovani • 27

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