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numero 3/2010 - Collegio Universitario Lamaro Pozzani

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Il futuro della terza etàSi è molto dibattuto sull’effettivo numerodi italofoni nel periodo immediatamentesuccessivo all’unificazione italiana,in quanto il numero varia notevolmente aseconda dei dati presi in considerazione.Secondo gli studi del De Mauro (1970),gli italofoni erano circa 600.000 su unapopolazione di 25 milioni di individui,ovvero appena il 2,5%. Questi dati furonoottenuti calcolando, però solo il numerodella popolazione scolarizzata, trascurandoaltri elementi importanti, consideratiinvece nei calcoli del Castellani. Egli infattiattesta come il numero di italiani conpossibilità di accesso all’istruzione e allacultura fosse più alto, aumentando così di390.000 il numero di italofoni. Inoltre ilCastellani calcola come italofoni anchetutti gli abitanti della Toscana e, dal 1871,quelli del Lazio (analfabeti e non), perchélinguisticamente prossimi al toscano. Ilconto sale così a 2.220.000, il 9,5% dellapopolazione. A queste stime bisogna ancheaggiungere chi aveva la competenzapassiva dell’italiano, ovvero lo comprendevasenza parlarlo: basti pensare che neipaesini del Sud e anche in qualcuno delNord, era indispensabile capire l’italianoper avere rapporto con i notabili del paese(il medico, il farmacista e l’avvocato), disolito gente istruita che non sempre usavail dialetto. Dialetto che, comunque, avevaancora una forte influenza e un forteutilizzo anche nelle classi più colte. Testimonianzedirette del Manzoni riportanoche esso era utilizzato anche in conversazionidi alta cultura e che comunquegià esistevano variazioni regionali diitaliano, come il “parlar finito” milanese(così chiamato perché consisteva generalmentenel concludere le parole, che per lamaggior parte neldialetto milanesevengono troncate).Il Manzonitestimonia ancheuna delle debolezzedell’italiano,ovvero la mancanza in esso di terminispecialistici e tecnici, facendone emergerel’insufficiente diffusione sul piano qualitativoe quantitativo.All’inizio del Novecento l’unità culturalee linguistica dell’Italia era ancora benlontana, nonostante i grandi progressi comunqueavvenuti. Contemporaneamente,si ha in questo periodo un grande sviluppodell’industrializzazione, con conseguenzeabbastanza rilevanti, quali una crescenteurbanizzazione (migrazione interna) euna sempre maggiore emigrazione versol’estero, con picchi di partenze annue superiorial mezzo milione.Con lo scoppiare della Prima GuerraMondiale si ha un’ulteriore spinta versola creazione di un’identità nazionale e diun’identità di lingua: si vengono a trovarea contatto uomini delle più diverse partid’Italia, obbligati a vivere esperienzetraumatiche fianco a fianco nella vita diUna prima forma di italiano veroe proprio è la koinè delle cortirinascimentali, di base fiorentinama influenzata dai vari dialetti.trincea. Questa comunione di sofferenzemette per la prima volta in contatto gentemolto distante culturalmente e geograficamente,rafforzando l’idea di essere,prima che del proprio paesino, italiani,con una lingua che non è il dialetto, mal’italiano, indispensabile per capirsi lontanoda casa.Dopo la fine della guerra, con l’avventodel fascismo, si ha un ulteriore raffor-panorama per i giovani • 19

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