150 anni di Unità d’ItaliaFoto: iStockphoto/labsas“L’Italia è lunga”ovvero un viaggio nella rete stradale eautostradale italiana dal 1860 ad oggiL’unità nazionale passa anche attraverso la rete sempre più fitta di strade eautostrade che, insieme con quella ferroviaria, ha accorciato le distanze frauna città e l’altra dello stivale. La prima fase fu inevitabilmente quella dellacostruzione. Oggi il problema principale è quello dell’ammodernamentoe della manutenzione.di Claudia Macaluso14 • n. 3, settembre-dicembre 2010
150 anni di Unità d’ItaliaRicordo che quando, da bambina, d’estatepassavo alcune settimane dai nonni in unpiccolo paese del centro della Sicilia, nonera raro ascoltare i racconti degli anzianiche rievocavano le loro esperienze trascorsee soprattutto i periodi passati nell’esercito,che spesso erano l’unica occasioneper loro di “vedere il mondo”. E se qualcheragazzo passava, lo zaino in spalla, l’ariaabbattuta di chi parte per la leva (allora ancoraobbligatoria), ecco fioccare gli augurie le domande, nonché l’inevitabile commentoall’udire la destinazione: “Vai, vai...ché l’Italia è lunga”. Questa “lunghezza”dell’Italia è rimasta nella mia memoria e,probabilmente accentuata dalla consapevolezzadi vivere a una delle estremità diquesta lunga penisola, mi ha sempre accompagnatanei miei viaggi.Certo lo spiccato sviluppo longitudinaledello stivale non è l’unico mito che accompagnala storia dei trasporti italiani: le vicendedi strade e autostrade, infatti, si sono intrecciatealla vita quotidiana come alla letteraturae, se non possiamo vantare leggendecome la route 66, di certo un mito nostranocome l’autostrada Salerno-Reggio Calabriafa ormai parte del patrimonio nazionale. Pernon parlare delle strade ferrate che, oltre aessere fonte di ispirazione artistica (pensiamoa canzoni come Il fischio del vapore, Lalocomotiva o a Conversazione in Sicilia diElio Vittorini, per metà ambientato in treno),hanno per anni trasportato i poveri delmeridione verso il Nord del paese, in cercadi una vita più dignitosa. Addentriamoci,dunque, in questa storia piena di fascino: lastoria delle strade italiane, che è storia delpaese e dei suoi cittadini.Le originiNel 1861, all’indomani dell’Unità d’Italia,le differenze economiche e culturali tra ilNord e il Sud del paese si fanno evidentianche nella dotazione della rete stradale.Secondo i dati dell’Anas, infatti, nel1864, mentre perla Lombardia sicontavano 6 km distrada ogni 1.000abitanti, in Campaniase ne avevano0,8 e nelle isolesolamente 0,2. Uno dei primi compiti delneonato governo italiano fu quindi quellodi riordinare la rete stradale e muovere iprimi passi per uniformare la rete dei trasportilungo la penisola: nel 1865 venneistituito il Ministero dei Lavori Pubblici, siiniziò il riordino delle strade ferrate e si stabilironole regole in materia di espropriazioneper cause di utilità pubblica. Nellostesso anno le strade vennero classificate innazionali, provinciali, comunali e vicinali.Fino al 1870, tuttavia, la realizzazione di unefficiente e vasto sistema viario passò in secondopiano rispetto allo sviluppo della reteferroviaria nazionale, più che altro a causadel pesante deficit di bilancio che non permettevainvestimenti statali adeguati; infatti,fino a quando non furono i dirigenti delleferrovie stesse a domandare un maggioresviluppo della viabilità minore per agevolarei commerci, lo Stato scaricò sugli entilocali l’onere della costruzione di nuovestrade e della manutenzione di quelle esistenti.Come possiamo immaginare, però,nel neonato stato unitario province e comuninon avevano la forza economica peradempiere a questo compito e lo sviluppodella rete stradale ne risultò compromesso,fino a una serie di provvedimenti (varati trail 1868 e il 1870) che posero le redini delsistema viario di nuovo nelle mani del governocentrale, che sempre in quegli anni,si incaricò anche dell’allacciamento dei sistemistradali preunitari.Il NovecentoDopo questi primi incerti passi, la retestradale italiana raggiunse, nei primi annidel Novecento, i 138.097 km, contro gli89.765 km del 1864. I primi anni del Novecentovidero anche l’adozione di unapolitica detta di “collegamento”: venivanoindividuati alcuni snodi principali, stazioniferroviarie, porti postali e capoluoghi,attorno ai quali costruire una rete stradalea raggiera, che li collegasse tra loro e coni comuni più isolati della penisola. Primoesempio di politica dei trasporti autenticamentenazionale furono appunto leleggi sul “collegamento” del 1904-5, cheportarono a uno sviluppo sostenuto dellaNel 1864, mentre per laLombardia si contavano 6 kmdi strada ogni 1.000 abitanti, inCampania ce n’erano 0,8.rete viaria. Quando, nel 1919, con l’annessionedella Venezia Tridentina e dellaVenezia Giulia, il patrimonio stradale italianosi accrebbe di 4.000 km, la rete necontava ormai ben 170.000.panorama per i giovani • 15