LettereLettere alPRESIDENTEUN AIUTO PER ASSISTERE MIA MOGLIE MALATASono un medico pensionato di 90 anni, che durante la carrieraprofessionale ha ricoperto la carica di direttore pressouna casa di cura privata. Per vent’anni ho avuto anche unincarico di consulenza internistica ambulatoriale. Vivo conmia moglie di 85 anni, semplice casalinga che non gode enon ha mai goduto della pensione e che è ora in condizionicardiocircolatorie molto precarie. Purtroppo durante l’arcodella mia vita non ho mai richiesto alcun riscatto e la miapensione è di circa mille euro al mese. Mi rivolgo all’Enpamper sapere se è possibile far fronte alle esigenze della miafamiglia: avrei bisogno di assistenza per mia moglie ma nonposso permettermelo! Chiedo e spero in un aiuto per questiultimi sprazzi della nostra vita.Con fiducia e cordialitàLettera firmata, VeronaGentile collega,il regolamento delle prestazioni assistenziali del Fondodi previdenza generale prevede la possibilità diconcedere un contributo mensile di 551,67 euro (indicizzatiIstat) per il pagamento delle spese di assistenzadomiciliare al pensionato, al coniuge conviventeo ai superstiti che si trovano in condizioni fisicheo psichiche tali da non poter provvedere autonomamenteai propri bisogni in modo permanente.La domanda deve essere presentata all’Ordine deimedici di appartenenza, dove la Commissione provincialeaccerterà le condizioni di non autosufficienza.Sempre l’Ordine si occuperà di inoltrare la domandaalla Fondazione Enpam.Per ottenere il sussidio, il reddito complessivo familiaredell’anno precedente alla richiesta non dovràessere superiore a sei volte l’importo del minimo Inps(37.481,34 euro per il 2012 e 36.531,36 euro per il2011), aumentato di un sesto per ogni componentedel nucleo familiare, escludendo il richiedente.È possibile inoltre richiedere un sussidio una tantum(per un massimo di due volte l’anno) per le spesemediche o fisioterapiche non a carico del Serviziosanitario nazionale. Anche questa domanda deveessere inoltrata all’Enpam attraverso l’Ordine deimedici, corredata dalla documentazione richiesta.PERCHÉ NON È POSSIBILE INTRODURREUN CONTRIBUTO INTEGRATIVO IN FATTURA?Sono un odontoiatra che esercita esclusivamente la liberaprofessione. La riforma delle pensioni Enpam porterà adun progressivo aumento delle aliquote contributive e, diconseguenza, una proporzionale riduzione del nostro redditoeffettivamente spendibile, in associazione ad un sempremaggior inasprimento delle tassazioni dei redditi.Non sarebbe possibile, in alternativa all’aumento dellealiquote calcolate sul reddito imponibile, introdurre unaaliquota del 3-4 per cento da esporre in fattura pagatadai nostri pazienti, cosa che del resto avviene da sempreper le altre categorie professionali e che porterebbe adun grande vantaggio per noi e ad un sacrificio economicotutto sommato modesto per i nostri pazienti?Roberto Carlo Agliati, Monza-BrianzaGentile collega,una legge dello scorso anno (legge 133/2011) ha datola possibilità alle Casse dei professionisti di introdurreo di alzare (per chi ce l’aveva già) un contributo78
Lettereintegrativo a carico dei clienti. Tuttavia solo a chi applicail comune metodo contributivo per il calcolodella pensione è consentito destinare l’introito peraumentare i montanti individuali degli iscritti. Nel nostrocaso l’Enpam incasserebbe dei soldi ma l’iscrittonon si vedrebbe aumentare la pensione. Infatti laFondazione applica un metodo di calcolo più favorevoleche considera un periodo di riferimento per ilcomputo del reddito pensionabile pari all’intera vitalavorativa, ma con una rivalutazione agganciata all’inflazione,notoriamente sempre in crescita, inveceche al PIL, come quella del contributivo pubblico,che può avere anche un andamento prossimo allozero (come accaduto nel 2011) o addirittura negativo(come previsto per il 2012).La questione è stata comunque oggetto di valutazionee dibattito all’interno dell’Enpam: la Consulta del Fondodi previdenza della libera professione, fra l’altro, ha evidenziatoche l’effetto immediato di un contributo integrativosarebbe il rincaro della prestazione professionaleper il paziente. Inoltre alcuni temono che, in questi casi,i pazienti possano chiedere al professionista di non fatturareper pagare un prezzo inferiore.In ogni caso sono d’accordo con te nel ritenere che unariflessione su possibili forme alternative di contribuzionevada fatta. Il mondo delle professioni sta cambiando econ la sempre maggiore diffusione del lavoro in formasocietaria, in alcuni casi le attuali modalità di contribuzioneindividuale potrebbero rivelarsi superate.FLESSIBILITÀ E GRADUALITÀPER IL PENSIONAMENTO ANTICIPATOSono un medico chirurgo di circa 54 anni, radiologo ospedalieroda circa 22 anni. Nello scorso numero del Giornaledella Previdenza è stato presentato l’encomiabile esempiodel collega di medicina generale che andrà in pensione a70 anni. Ritengo che questo caso non possa essere preso aparadigma del futuro lavorativo e previdenziale di tutta lacategoria dei medici in Italia. Non nego che esistano delle"isole felici" ove la professione medica sia rappresentatadalla “tranquilla normalità” della medicina del territorio,ma come lei ben sa la realtà dei medici è molto più variegatae complessa. Infatti l'aumento della speranza di vita anagraficanon porta necessariamente ad un aumento della capacitàlavorativa del medico. In ospedale purtroppo la “normalità”non certo “tranquilla” è fatta di stress, turnazionimassacranti, carenza di personale, ingerenza della politicanelle Asl, perdita del potere di acquisto dei salari e patologiesul lavoro come il fenomeno del mobbing.In conseguenza di ciò, ritengo che la riforma delle pensionidebba coraggiosamente andare, almeno per alcuni anni, innetta controtendenza a ciò che la riforma legislativa e lafilosofia del “restare di più al lavoro per avere più vantaggieconomici” si propone di attuare. Nella mente dei legislatoridovrebbero entrare parole d’ordine come flessibilità e gradualità:pensionamenti dei medici, su base volontaria, almenodai 59-60 anni, con 35-36 anni di contributi. Se questosignifica avere pensioni più basse, ciò non toglie chealcuni medici potrebbero accettare una pensione più leggera,ma guadagnandoci in salute, in riposo fisico e psichico, perché“si lavora per vivere, non si vive per lavorare”.Nicola Foti, Orvieto (TR)Gentile collega,la tranquilla normalità della professione medica, in unsereno rapporto con i pazienti, è quella che tutti noiabbiamo sognato fin dai tempi dell’università. La realtàè spesso diversa e non sono pochi i colleghi che sentononecessario lasciare il lavoro prima del tempo. Perquesto “non vogliamo obbligare i medici e gli odontoiatriad andare più tardi in pensione” e “vorremmolasciare l’attuale sistema di opzione della data di quiescenza”(Giornale della Previdenza n. 5/2011). Infatti,scrivevamo un anno fa che il medico sarebbe rimastolibero “di pensionarsi a partire dai 58 anni di età” (Giornaledella Previdenza n. 9/2012). Nel frattempo è arrivatoun nuovo ministro del lavoro che ci ha impostodi alzare l’età del pensionamento anticipato. L’Enpam,grazie alla sua autonomia, è riuscita a presentare unariforma graduale che innalza l’età minima di sei mesiall’anno fino a raggiungere i 62 anni nel 2018. Nessunadelle nostre norme però si applica ai dipendenti pubbliciiscritti all’ex-Inpdap. È vero: gradualità e flessibilitàdovrebbero essere parole chiave per tutti. nAlberto OlivetiLe lettere al presidente possono essere inviate per postaa: Il Giornale della Previdenza dei Medici e degli Odontoiatri,via Torino 38, 00184 Roma; oppure per fax (064829 4260) o via e-mail: giornale@enpam.it.Questa rubrica è pensata per dare risposta a quesiti diinteresse generale. La redazione, per ragioni di spazio,si riserva di sintetizzare il contenuto delle lettere.79