Etudes par pays volume 2, PDF, 346 p., 1,4 Mo - Femise

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11873_2002 Study D2: Poverty, Informal Sector, Health and Labour Il tasso di disoccupazione negli ultimi anni ha iniziato a scendere. Nel 2001 le persone disoccupate erano 2.267.000 (9,1% in meno rispetto al 2000) e il tasso di disoccupazione era del 9,5% (10,6% nel 2000, dati Istat). Nel 2002 i disoccupati sono 2.163.000 (4,6% in meno rispetto al 2001) e il tasso di disoccupazione è del 9%. Tuttavia, il tasso di disoccupazione tocca livelli preoccupanti al Sud, dove è ancora del 18,3% nel 2002 (al Nord e al Centro è rispettivamente del 4% e del 6,6%, secondo dati Istat). La disoccupazione riguarda le donne più degli uomini: nel 2002 il tasso di disoccupazione femminile è del 12,2%, rispetto al 7% degli uomini, e al Sud Italia è addirittura del 26,4%. I lavoratori indipendenti sono nel 70,8% dei casi uomini e i lavoratori dipendenti di alto livello (dirigenti e direttivi-quadri) sono ugualmente, nel 70,7% dei casi, uomini (Istat 2002). Il tasso di disoccupazione giovanile in Italia è del 27,2%, 31,4% tra le donne e 24% tra gli uomini. Anche in questo caso le differenze regionali sono notevoli: al Sud i giovani tra 15 e 24 anni sono disoccupati nel 49,4% dei casi (Istat, 2002). Si può tuttavia osservare negli ultimi anni una tendenza decrescente del tasso di disoccupazione giovanile: nel 1999 era infatti del 56,6%, nel 2000 del 55% e nel 2001 del 50,8% (Istat). La spesa pensionistica per i lavoratori dipendenti ha raggiunto nel 2001 i 138.015 milioni di euro (nel 2000 l’importo era di 130.846 milioni di euro). La pensione media annua è di 17.250 euro (nel 2000 era di 16.500 euro) ma esistono differenze a seconda delle tipologie di lavoratori: il fondo pensioni lavoratori dipendenti dell’Inps dà diritto in media a soli 8.000 euro l’anno mentre l’istituto giornalisti a 44.000 euro l’anno (dati del Nucleo di valutazione spesa previdenziale). Per quanto riguarda i lavoratori autonomi e i professionisti, la spesa nel 2001 ammonta a 26.161 milioni di euro (25.043 milioni nel 2000) con una pensione media annua di 5800 euro l’anno (dati del Nucleo di valutazione spesa previdenziale). FONDAZIONE CENSIS 203
11873_2002 Study D2: Poverty, Informal Sector, Health and Labour 3.5. Phenomenology La crisi che dagli anni ‘70 si è sempre più configurata nei termini di una rottura dell’equilibrio che la protezione sociale, attraverso la sua continua espansione, garantiva nei decenni precedenti caratterizzati da una fotre espansione economica. Questa crisi sembra avere, in linea di principio, due ordini di cause: a) il problema della crisi fiscale dello Stato, dello squilibrio tra le entrate e le spese delle istituzioni; b) l’unificazione dei mercati delle monete e del credito e l’accelerazione dell’innovazione tecnologica ed organizzativa Entrambe queste cause hanno ridotto i margini di manovra a disposizione degli Stati nazionali per trasformare i vincoli generati dall’economia mondiale in opportunità di sviluppo da cogliere localmente. I nuovi scenari sembrano inoltre minare gli equilibri storici del mercato del lavoro e produrre nuova incertezza per quote sempre più ampie della popolazione locale, anche nelle asce medie tradizionalmente al riparo da regimi di incertezza sconosciuti negli ultimi 50 anni. Lo stesso mercato del lavoro premia la soggettività personale, declinata in termini di individualismo e di flessibilità, in un contesto che appare contraddistinto da una crescita esponenziale della competitività, il cui effetto è un sempre più accentuato declino delle coscienze collettive e delle solidarietà di classe, dei corpi intermedi e di tutti gli organi di rappresentanza, con una segmentazione molecolare dei gruppi sociali che esprimono domande e bisogni sempre più spesso diversificati, se non addirittura opposti, e la creazione di una fascia di “nuova povertà” formata da esclusi spesso incapaci di, o impossibilitati a, far sentire la propria presenza sullo scenario della politica sociale. L’effetto di tale crisi è dirompente e trascende l’impressione di un semplice malfunzionamento. I fattori di crisi più sopra richiamati sembrano avere l’effetto di svuotare di contenuti la stessa concezione di Welfare. L’Italia è entrata in un’epoca di transizione perpetua, nella quale il cambiamento non è più immediatamente interpretabile in termini di progresso, di sviluppo dell’individuo e della società, ma è piuttosto generatore di incertezza, di confusione, di insicurezza, di disintegrazione sociale. La fase di crisi, che si è acuita dagli anni ‘90, non riguarda soltanto l’ambito dei diritti sociali, ma investe anche le dimensioni dei diritti politici con una spirale che coinvolge e si alimenta nello svuotamento di contenuti della partecipazione politica. Persino i diritti civili, a causa dell’aumento dell’incertezza personale in tutti gli ambiti FONDAZIONE CENSIS 204
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