27.06.2024 Aufrufe

PS_1981-1982_009

Sie wollen auch ein ePaper? Erhöhen Sie die Reichweite Ihrer Titel.

YUMPU macht aus Druck-PDFs automatisch weboptimierte ePaper, die Google liebt.

' Orchestra

Haydn

Orchester

r XXII. Stagione 1981/82 Saison

14.1.1982

ore 20.30 Uhr

15.1.1982

ore 21

16.1.1982

ore 21

BOLZANO - BOZEN

Conservatorium

TRENTO

Sala della Filarmonica

ROVERETO

Teatro Zandonai



PROGRAMMA - PROGRAMM

STRAWINSKY

Suite Nr. 1, per piccola orchestra/für kleines Orchester

Andante neapolitana

Espanola

Balalaika

/io

Suite Nr. 2, per piccola orchestra/für kleines Orchester

Marsch

Walzer

Polka

Galopp

BRITTEN -

Serenata, per tenore, corno e archi

Serenade, für Tenor, Horn und Streicher

Prologue

Pastoral (Cotton)

Nocturne (Tennyson)

Elegy (Blake)

Dirge (Anonymous, 15. secolo/Jahrhundert)

Hymn (Ben Jonson)

Sonnet (Keats)

Epilogue

CASTIGLIONI

//T72 ^^

Zweihundertfünfzig Jahre

(prima assoluta-Uraufführung)

nel 25O.O anniversario della nascita di Haydn / im 250. Geburtstag Haydns

HAYDN

Sinfonia n. 101 in re magg. (L’orologio) T r

Symphonie Nr. 101 D-dur (Die Uhr)

Adagio-Presto

Andante

Menuette

Finale (Vivace)

Tenore-Tenor

CLAES-HAAKEN AHNSJÖ

Cornista-Hornist

JIRI SEDLAK

Direttore-Dirigent

HERMANN MICHAEL


Hermann Michael

nato a Schwäbisch Gmünd nel 1937, ha studiato tra il 1956-60 presso la scuola superiore di

musica di Stoccarda, frequentando in seguito i corsi di direzione d'orchestra di Hans Swarowsky

a Bruxelles, di Herbert von Karajan a Berlino e il corso internazionale di interpretazione

di Rafael Kubelik. Contemporaneamente ha frequentato le facoltà di musica, germanistica

e filosofia al l'Università di Berlino.

Nel 1961 ha partecipato al Concorso di direzione d’orchestra «G. Cantelli», ottenendo il primo

premio assoluto. Dal 1962 al '64 è stato assistente di Karajan all’Opera di Stato di Vienna,

nel 1965 è stato nominato direttore del Teatro dell’Opera di Francoforte e nel 1968 primo direttore

del Teatro dell'Opera di Brema.

Dal 1976 ha la cattedra di direzione d’orchestra alla scuola superiore di musica di Monaco.

Dal 1971 dirige le più importanti orchestre europee.

Dal 1977 è direttore stabile della «Haydn».

1937 in Schwäbisch Gmünd geboren, studierte 1956-60 an der Stuttgarter Musikhochschule

und nahm später an einem internationalen Dirigentenkurs unter Hans Swarowsky in

Brüssel, an zwei Dirigentenpraktika unter Herbert von Karajan in Berlin und an einem internationalen

Interpretationskurs für Orchesterdirigenten unter Raphael Kubelik teil. Dazwischen

liegen Jahre des Dirigentenstudiums am Städtischen Konservatorium sowie des Studiums

der Musikwissenschaft, Germanistik und Philosophie an der Freien Universität Berlin.

1961 wurde Michael erster und alleiniger Preisträger beim internationalen "Cantelli-Wettbewerb"

für Orchesterdirigenten. Von 1962-64 war er Kapellmeister und Assistent Herbert von

Karajans an der Wiener Staatsoper, 1965 wurde Dirigent an der Frankfurter Oper und 1968

Generalmusikdirektor in Bremen.

1976 erhielt Michael eine Berufung an die Münchner Musikhochschule als Professorfür Dirigieren.

Seit 1971 dirigiert er die wichtigsten Orchester Europas.

Seit 1'977 ist er ständiger Dirigent des "Haydncrchesters".


Claes H. Ahnsjö

è nato a Stoccolma nel 1942. Si è diplomato alla facoltà di magistero nel 1966 e ha seguito

poi gli studi di canto lirico presso la Regia Accademia di Musica della sua città natale fino al

1969. Debuttò in questo stesso anno al Reale Teatro dell'Opera di Stoccolma nella parte di

Tamino nel «Flauto Magico» e fu scritturato da questo teatro fino al 1963. Fu ospite nel 1972,

dell’Opera di Stato Bavarese a Monaco, su invito di Günther Rennert e Wolfgang Sawallisch,

dove fu ingaggiato a partire dal 1973 e nominato Cantante da Camera Bavarese nel 1977.

Ha studiato con Louis Condé, Erik Saedén, Max Lorenz e Hanno Blaschke. Ha interpretato

lieder con Aksel Schiötz e Gerald Moore al pianoforte. Ha collaborato fra l’altro coi seguenti

direttori d’orchestra: Celibidache, Dorati, Hager, Jochum, von Karajan, Kubelik, Leitner, Metha,

Pritchard, Sawallisch, Tennstedt e Varviso. Ha partecipato a tourneés (opere liriche e

concerti) in Europa, America e Giappone.

geboren in Stockholm, Schweden 1942. Abitur 1963. Nach Examen von der Lehrerhochschule,

Studien bei der Opernklasse an der Königlichen Musikakademie in Stockholm

1966-69. Debüt 1969 an der Königlichen Oper von Stockholm (Tamino in „Zauberflöte"), wo

er bis 1973 engagiert war. Wurde 1972 von Günther Rennert und Wolfgang Sawallisch an

der Bayerischen Staatsoper in München als Gast geholt. Festes Engagement dort seit 1973.

Wurde 1977 zum Bayerischen Kammersänger ernannt. Gesangsausbildung: Louis Condé,

Erik Saedén, Max Lorenz und Hanno Blaschke. Liederinterpretation: Aksel Schiötz und Gerald

Moore. Hat unteranderem mit folgenden Dirigenten gesungen: Celibidache, Dorati, Hager,

Jochum, von Karajan, Kubelik, Leitner, Metha. Pritchard, Richter, Sawallisch, Tennstedt

und Varviso. Gastspiele (Oper, Konzert): Europa, U.S.A., Japan.

Schallplattenaufnahmen auf: Philips, EMI, DECCA, DGG, VOX und Swedish Society.


Jiri Sedlak

è nato a Ivancice (CSSR) nel 1944. Ha studiato presso il Conservatorio di Praga dove '

si è diplomato nel 1967. Dal 1969 è primo corno dell’Orchestra «Haydn». Ha fatto parte

del «Quintetto a fiati di Bolzano», con il quale ha partecipato a fortunate tournée in Italia

e in America.

1944 in Ivancice (CSSR) geboren, studierte am Musikkonservatorium in Prag wo er 1967

sein Diplom erwarb. Seit 1969 ist er 1. Hornist des Haydn-Orchesters.

Er war Mitglied des “Bozner Bläserquartetts” mit dem er an sehr erfolgreichen Tourneen

in Italien und Amerika, teilgenommen hat.


NOTE AL PROGRAMMA

Igor Strawinsky: Suites n. 1 e 2 per orchestra da camera

Il 1982, nella vita musicale internazionale, sarà l’anno di Igor Strawinsky, di lui ricorrendo il

4 centenario della nascita. E nel nome di Strawinsky si apre questo concerto, con duefra le sue

pagine più limpidamente e genuinamente geniali nella loro apparente semplicità. Fu nel

. 1921, allorché il compositore risiedeva a Parigi, che un music-hall gli chiese un pezzo di musica

per illustrare un piccolo spettacolo. In men che si dica, strumentando quattro pezzi scritti

* sei anni prima per pianoforte, Strawinsky compose quella che nel suo catalogo sarebbe divenuta

la seconda Suite per orchestra da camera, formata di quattro pezzi assai brillanti e di

sapido carattere ironico e parodistico: nell'ordine «Marcia», «Valzer», «Polka» e «Galop».

Nelle intenzioni dell’autore infatti in sede di concerto questi brani dovrebbero essere preceduti

dalla prima Suite, composta quattro anni dopo, nel 1925, ma pensata per essere eseguita

al primo posto: il che conferma appunto la numerazione. Anche in questo caso, come

nel precedente, si tratta della strumentazione per orchestra da camera di precedenti pezzi

pianistici, di un carattere però più pensoso e intimo, «alquanto serioso» (Manzoni): «Andante»,

«Napolitana», «Espanola» e «Balalaika». Ciò spiega perché questa Suite debba precedere

nell'esecuzione la scintillante seconda serie, in modo da costituire nel suo complesso

una sorta di unica suite di otto brani dal carattere contrastante eviavia sempre più concitato

nel susseguirsi delle danze genialmente reinventate da Strawinsky, fino allo sfrenato «Galop»

finale.


Benjamin Britten: Serenata op. 31 per tenore, corno e archi

Concepita nel 1943 per due solisti di prestigio quali il tenore Peter Pears e il cornista Dennis

Brain, la Serenataop. 31 è forse l'opera da camera più importante e affascinante del grande

musicista inglese recentemente scomparso. Essa fonde, in una formazione inconsueta trattata

con suprema maestria, le istanze romantiche del corno con una linea vocale di solare

purezza ispirata al modello, amatissimo da Britten, di Purcell, il massimo compositore inglese.

Alle due.parti solistiche si affianca il complesso dei soli archi, utilizzato con estrema economia

ma nello stesso tempo con appropriata efficacia espressiva. I tre piani sonori sui quali

si svolge l’opera si intersecano per dare vita a tre zone timbriche diverse ma strettamente

connesse ai fini del risultato finale, che appare insieme eclettico, assai fantasiosi, e rigorosamente

unitario. La scelta stessa dei testi, recuperando preziosi filoni della poesia inglese secondo

quel gusto e quella cultura umanistica cosi tipici di Britten, tende ad estendere questa

unità alla forma stessa della composizione, con straordinaria varietà di accenti e sottigliezza

di particolari. Aperta e chiusa dal prologo e dall'epilogo affidati al corno solo, basati su uno

stesso motivo quasi a contrassegnare la ripetizione ineluttabile di un ciclo, l’opera si articola

in sei episodi ognuno su testi di autori diversi: «Pastorale» (da Cotton), «Notturno» (da Tennyson),

«Elegia» (da Blake), «Dirge» (ossia Canto funebre su testo anonimo del Quattrocento, il

momento di più alta ispirazione del lavoro), «Inno» (da Ben Jonson) e infine «Sonetto» (da

Keats).

Franz Joseph Haydn: Sinfonia n. 101 in re maggiore «L’orologio» (“die Uhr”)

Questa Sinfonia, composta da Haydn a Londra nel 1794, è una delle gemme più preziose di

quell'altissimo ciclo delle dodici Sinfonie cosiddette «londinesi» con le quali Haydn, spinto

dall'esempio degli ultimi capolavori di Mozart, getta un ponte verso il titanico sinfonismo

beethoveniano e anticipa modi addirittura romantici, rivelandosi artista di smisurata grandezza

inventiva. Accolta a Londra con trionfale successo, la Sinfonia in re maggiore deve

gran parte della sua popolarità a un fortunato sottotitolo affibbiatole all’inizio dell’Ottocento,

«L’orologio» appunto o «La pendola» che dir si voglia, a causa del movimento ritmico regolare

che accompagna le entrate del tema nel secondo tempo («Andante»), dove lo staccato

dei fagotti e il pizzicato degli archi sembrano imitare il ticchettio di una pendola (Beethoven

riprenderà questo effetto nel secondo tempo della sua Sinfonia più classica, l’Ottava). Ma,

come ben scrive il Manzoni, «non c’è assolutamente nulla di banalmente descrittivo o di superficialmente

imitativo in questa Sinfonia, che risulta invece una costruzione ampia e solida,

dai possente alito già quasi beethoveniano».

Questa urgenza espressiva messa al servizio di un rinnovato rigore formale risulta in modo

evidente già nel mirabile primo tempo, dove l'Introduzione in minore («adagio» in re minore),

che anticipa straordinariamente le aspre tensioni di quella dell'oratorio La creazione, prepara

l’ininterrotto, serrato svolgersi dell'elaborazione tematica del «Presto», con una varietà e

ricchezza di contrasti inaudita. Come scrive il Della Croce, «mai la musica di Haydn aveva rivelato

un fuoco simile, mai egli aveva saputo guidare in un primo tempo il pensiero musicale

su sentieri così avanzati: praticamente siamo già nel territorio di Beethoven. Non è l’immagine

musicale o concettuale ciò che conta, ma il suo divenire, il puntare ad una mèta, la conquista

di essa a ondate successive».

Il secondo e il terzo tempo («Minuetto. Allegretto») oppongono alla forza e alla vivacità ritmica

dei due movimenti estremi una calma più contemplativa, distesa, fluente, dolcemente

cantabile e di magica suggestione sonora. Sono pagine ridenti, di pura fantasia, talvolta ironiche

o scherzose (il Minuetto è concepito nello stesso spirito dell'Andante essendo la rielaborazione

di un brano per «Floetenuhr» — bizzarro orologio musicale — composto da Haydn

l'anno precedente); di particolare pregio è il Trio, ricco di «sorprese» e di invenzioni musicali

coloritissime. Il «Vivace» finale nella forma del rondò a variazioni conclude la Sinfonia in modo

ampio e grandioso, tra il divertimento e la serietà, in un clima di elettrizzante imprevedibilità

che, dopo la severa, autoritaria fuga a due soggetti della seconda parte, tocca il vertice

della fantastica coda, apice entusiasmante del maturo virtuosismo strumentale haydniano.

Sergio Sablich


Niccolò Castiglioni

è nato a Milano nel 1932. Si è diplomato in composizione e pianoforte al Conservatorio di Milano

nel 1953 e 52. Dal 1968 ha frequentato i Ferienkurse für neue Musik di Darmstadt.

Nel 1961 ha vinto il Premio Italia della Rai con l'operina radiofonica Attraverso lo specchio

tratta da Lewis Carroll. Dal 1966 alla fine del 1970 è dimorato negli USA insegnando composizione

nelle Università di Michigan ad Ann Arbor, di Washington a Seattle e di California a

San Diego. Ha ricevuto tra l’altro la commissione per una composizione cameristica dalla

Koussewitzky Foundation.

Attualmente insegna composizione al Conservatorio di Milano.

Niccolò Castiglioni: Zweihundertfünfzig Jahre

Dei cinque frammenti di cui si costituisce questa composizione soltanto il primo presenta un

motivo haydiano chiaramente percepibile: è il tema di un’Arietta tratta dall’Oratorio Le Stagioni.

La sua evocazione ha quasi paradossalmente un carattere di ironia mahleriana, che

può richiamare giustamente alla memoria il clima dei Lieder Des Knaben Wunderhorn.

Negli altri quattro frammenti il discorso musicale è viceversa rigorosamente contemporaneo

senza nessuna indulgenza o nostalgia del passato: la materia timbrica e coloristica si fà più

friabile, quasi aerea, e tutto tende a confondersi in un magico pulviscolo sonoro.

Nel penultimo frammento la serie dodecafonica rigorosamente impiegata è ricavata dal tema

di un Canone di Haydn: è uno di quei dieci Canoni che Haydn aveva composto sui dieci

Comandamenti e questo per l’appunto è contrassegnato dalle parole Du sollst nicht töten

= non uccidere. L’inciso haydiano consta qui di soli sei suoni che capovolti generano una

serie di dodici suoni dimodoché si può dire che tutta la serie è direttamente generata da

Haydn.

L’impiego di questa tecnica seriale dodecafonica rigorosamente e classicamente intesa

può far pensare ad una sorta di nostalgia che il compositore ha per la Scuola di Vienna: rievocazione

dell'ultimo e più recente passato glorioso della Vienna musicale, di quella Vienna

che aveva trovato precisamente Haydn agli inizi della sua era gloriosa.

Niccolò Castiglioni


ANMERKUNGEN ZUM PROGRAMM

Igor Strawinsky: Suiten für Kammerorchester Nr. 1 und 2

1982 jährt sich zum hundersten Mal der Geburtstag Igor Strawinskys: Das Jähr wird also im

internationalen Musikleben diesem Komponisten gewidmet sein. In seinem Namen beginnt

auch dieses Konzert, und zwar mit zwei Kompositionen, die in ihrer scheinbaren Einfachheit

zum Genialsten zählen, was der Meister geschrieben hat. Sie entstanden 1921 — Strawinsky

lebte damals in Paris — im Auftrag eines Varietétheaters, welches ein Musikstück zur Illustrierung

eines kleinen Schauspiels brauchte. Strawinsky griff auf vier Stücke zurück, die er

sechs Jahre vorher für Klavier geschrieben hatte, und schuf daraus, durch Instrumentierung,

im Handumdrehen jene Komposition, welche im Verzeichnis seiner Werke als zweite Suite

für Kammerorchester aufscheint: ein aus vier äußerst brillanten, geistvoll ironischen und parodistischen

Stücken — Marsch, Walzer, Polka und Galopp — bestehendes Werk.

Dieses ist, wie gesagt, im Strawinskyschen Werkverzeichnis als zweite Suite angeführt, weil

es nach der Absicht des Autors in Konzerten erst an zweiter Stelle zur Aufführung gelangen

sollte, nach der anderen Suite, die, obwohl erst später, 1925, entstanden, .als erste aufsnt.

Auch beim letztgenannten Werk handelt es sich um eine Transkription für Kammerorchester,

welcher bereits vorliegende Klavierstücke zugrundelagen, doch unterscheidet

sich dieses vom anderen durch seinen mehr verinnerlichten, laut Manzoni “recht ernsthaften"

Charakter: Die vier Stücke sind hier mit Andante, Napolitana, Espanola und Balalaika

überschrieben. Damit ist auch erklärt, weshalb diese Suite bei Aufführungen die erste Stelle

vor der schillernden zweiten Serie einnehmen sollte: Insgesamt entsteht so gewissermaßen

eine einzige Suite aus acht Teilen von kontrastierendem und in der Abfolge der von Strawinsky

genial nachempfundenen Tänze zusehends lebhafterem Charakter, wobei der entfesselte

Galopp den Abschluß bildet.

Benjamin Britten: Serenade Op. 31 für Tenor, Horn und Streicher

Die im Jahr 1943 fürzwei so angesehene Solisten wie den Tenor Peter Pears und den Hornisten

Dennis Brain konzipierte Serenade Op. 31 ist vielleicht das bedeutendste und faszinierendste

kammermusikalische Werk des unlängst verstorbenen großen englischen Komponisten.

Dieser vereint darin in einer ungewöhnlichen, aber mit großer Meisterschaft gehandhabten

Formation einen Hornpart, in dem die romantischen Klangeigenschaften dieses

Instrumentes voll und ganz zur Geltung kommen, mit einer Singstimme, die er nach dem ihm

so lieben Vorbild Purcells, des größten englischen Komponisten, mit äußerster Klarheitführt.

Außer den beiden Solostimmen sind nur noch Streicher vorgesehen, und diese werden

überaus sparsam eingesetzt, doch ist die Ausdruckswirkung überraschend. Die drei Klang-


ebenen, auf denen sich das Werk entfaltet, überschneiden einander und schaffen so, was

die Klangfarbe betrifft, drei verschiedene Zonen, welche jedoch im Hinblick auf das Ergebnis

eng miteinander verbunden sind — ein einerseits eklektisches und sehr phantasiereiches,

aber dennoch streng einheitliches Ergebnis. Schon durch die Wahl der Texte — Britten hat

dabei, seinem besonderen, durch eine reiche humanistische Bildung bedingten Geschmack

folgend, auf manches wertvolle Gut in der englischen Literatur zurückgegriffen —,

schon durch die Wahl dieser Texte also erscheint jene Einheitlichkeit auch auf die Form der

Komposition übertragen, so reich an Details und vielfältigen Akzenten diese auch sein mag.

Das Werk wird durch einen Prolog eingeleitet und durch einen Epilog beschlossen, welche

beide dem Horn allein übertragen sind und, gleichsam als sollte durch die Wiederholung der

zyklische Aufbau des Ganzen betont werden, auf einem und demselben Motiv aufbauen.

Zwischen Prolog und Epilog liegen sechs Episoden nach Worten verschiedener Autoren.

“Pastorale" (von Cotton), “Notturno” (von Tennyson), “Elegie” (von Blake), “Grabgesang” (von

einem unbekannten Autor des 15. Jahrhundert: Es ist dies der Höhepunkt des Werkes),

“Hymne” (von Ben Jonson) und "Sonett” (von Keats).

Franz Joseph Haydn: Symphonie Nr. 101 in D Dur, “Die Uhr”

Diese 1794 in London entstandene Komposition ist eines der wertvollsten Kleinodien im

prächtigen Zyklus der zwölf sogenannten “Londoner” Symphonien, in denen der Rohrauer

Komponist, vom Beispiel der letzten Mozartschen Meisterwerke dieser Gattung angeregt,

die ganze Größe seiner Erfindungsgabe zeigt: Stellen doch diese Werke den Brückenschlag

zur titanischen Symphonik Beethovens dar, ja bisweilen klingen darin sogar ausgesprochen

romantische Töne an. Die Symphonie, welche in London begeisterte Aufnahme fand, verdankt

ihre Popularität zu einem guten Teil der Bezeichnung, welche man ihr zu Anfang des

neunzehnten Jahrhunderts beilegte: "Die Uhr”. Sie ist auf die Untermalung des Themas im

zweiten Satz (“Andante”) zurückzuführen, ein gleichmäßig rhythmisches, ans Ticken eines

Pendels erinnerndes Stakkato in den Fagotten und Pizzikato in den Streichern (Beethoven

bedient sich desselben Ausdrucksmittels im zweiten Satz seiner “klassischsten” Symphonie,

der Achten). Es liegt jedoch, wie Manzoni schreibt, “ganz und gar nichts banal Beschreibendes

oder oberflächlich Imitierendes in dieser Symphonie, die in ihrem wuchtigen Aufbau

vielmehr bereits an Beethoven gemahnt.

Dieses in den Dienst strenger Formgebundenheit gestellte Bemühen um den Ausdruck läßt

sich eindeutig bereits im wundervollen ersten Satz erkennen, wo die Einleitung, ein “Adagio”

in d Moll, die Spannungen vorwegnimmt, welche diejenige des Oratoriums “Die Schöpfung”

kennzeichnen, und auf die ununterbrochene, dicht gedrängte thematische Verarbeitung

des "Presto” vorbereitet, das durch den geradezu unglaublichen Reichtum an Kontrasten

auffällt. Della Croce schreibt hierzu, "Haydns Musik habe sich nirgendwo so feurig

erwiesen, und nie zuvor habe der Komponist so völlig neue Wege beschritten wie hier: Praktisch

befänden wir uns mit diesem Satz bereits auf Beethovenschem Boden. Ist es doch bei

dieser Musik nicht mehr die musikalische Gestalt als solche, die zählt, sondern ihr Werden,

das Zustreben auf ein Ziel, das nach nach erobert werden will.”

Der schon genannte zweite der dritte Satz (“Minuetto. Allegretto”) stellen der Kraft und

rhythmischen Lebendigkeit der beiden äußeren eine beschauliche Ruhe entgegen. Die

Musik fließt hier entspannt dahin, entfaltet ihren Klangzauber mit lieblicher Kantabilität. Der

Phantasie wird freier Lauf gelassen, und es fehlt auch nicht an scherzhaften, ja sogar ironischen

Anklängen, so im Menuett, das gewissermaßen an das “Andante" erinnert (es handelt

sich um die Überarbeitung eines Stückes, das der Komponist im Jahrzuvorfürein mechanisches

Musikwerk, die sogenannte Flötenuhr, geschrieben hatte). Besonders reizvoll wegen

seines Reichtums an überraschenden Wendungen und bunten Einfällen ist das Trio. Den

Abschluß der Symphonie bildet ein "Vivace" in der Form eines Rondos mit Variationen, ein

weitgespannter, wahrhaft großartiger Satz, dessen Stimmung in ständigem, überaus anregendem

Wechsel zwischen Ernst u nd Heiterkeit begriffen ist. Nach einer ernsten, wuchtigen

Doppelfuge im zweiten Teil klingt er in einer phantastischen Coda aus, welche zum Mitreißendsten

gehört, was Haydn auf dem Höhepunkt seiner Schaffenskraft geschrieben hat.

Sergio Sablich


Niccolò Castiglioni

ist 1932 in Mailand geboren. Er erwarb sein Diplom in Komposition und Klavier am Konservatorium

seiner Heimatstadt in den Jahren 1953bzw. 1952. Ab 1958 besuchte erdie Darmstädter

Ferienkurse für neue Musik. 1961 gewann er mit einer kleinen Rundfunkoper

nach Worten von Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (= Durch den Spiegel gesehen),

den Italienpreis der RAI. Von 1966 bis Ende 1970 lebte er in den Vereinigten Staaten,

wo er an veschiedenen Universitäten, von Michigan bis Ann Arbor, von Washington bis

Seattle und von Kalifornien bis San Diego Komposition lehrte. Dabei erhielt er u. a. von der

Kussewitzky-Stiftung den Auftrag, ein kammermusikalisches Werk zu schreiben. Zur Zeit

unterrichtet er am Mailänder Konservatorium.

Niccolò Castiglioni: Zweihundertfünfzig Jahre

Von den fünf Fragmenten, aus denen sich diese Komposition zusammensetzt, hat nur das

erste ein klar erkennbares Haydn-Motiv zur Grundlage, und zwar das Thema einer dem Oratorium

“Die Jahreszeiten” entnommenen Ariette. Diese Reminiszenz weist in fast paradoxer

Weise den Charakter Mahlerscher Ironie auf: Man fühlt sich nicht zu Unrecht in die

Atmosphäre der Lieder aus “Des Knaben Wunderhorn” versetzt.

In den übrigen vier Fragmenten hingegen ist die musikalische Sprache streng zeitgenössisch,

frei von nostalgischen Rückblicken auf die Vergangenheit oder Zugeständnissen an

deren Stil: Das timbri sehe und koloristische Material zerbröckelt, ja es verflüchtigt sich zusehends,

und das Ganze neigt dazu, wie zauberhaft in einer Fülle kleinster Klangpartikeln zu

verschwimmen.

Im vorletzten Fragment ist die Reihe — die strenge Anwendung der seriellen Zwölftontechnik

Ist für das Werk charakteristisch — dem Thema eines Haydnschen Kanons entnommen,

eines jener zehn Kanons, welche der Rohrauer Meister über die Zehn Gebote komponiert

hatte, und zwar desjenigen über das fünfte: Du sollst nicht töten. Von Haydn stammen hier

nur sechs Töne, doch ergibt deren Umkehrung weitere sechs, so daß eine Reihe von zwölf

Tönen entsteht. Es darf so mit Fug und Recht gesagt werden, daß die gesamte Serie direkt

auf Haydn zurückgeführt werden kann.

Die Tatsache, daß der Komponist hier die serielle Zwölftontechnik so streng, ja im schlechthin

klassischen Sinne zur Anwendung bringt, mag nicht zu Unrecht die Vermutung nahelegen,

daß er gewissermaßen nostalgisch an die Wiener Schule zurückdenkt und in seinem

Werk die jüngste glorreiche Vergangenheit Wiens als Stadt der Musik wieder aufleben lassen

möchte, jenes Wien, dessen beispiellosen Triumphzug auf musikalischem Gebiet kein

anderer als eben Haydn eingeleitet hatte.

Niccolò Castiglioni


SERENADE (testo originale - Urtext)

Pastoral (Cotton)

The day's grown old; the fainting sun has but a little way to run, and yet his steedes, with all his

skill, scarce lug the chariot down the hill. The shadows now so long do grow, that brambles

like tall cedars show; mole-hills seem mountains, and the ant appears a monstrous elephant.

A very little, little flock shades thrice the ground that it would stock; whilst the small stripling

fol lowing them appears a mightly Polypheme. And now on benches all are sat, in the cool ai r

to sit and chat, till Phoebus, dipping in the West, shall lead the world the way to rest.

Nocturne (Tennyson)

The splendour falls on castle walls and snowy summits old in story: the long light shakes

across the lakes, and the wild cataract leaps in glory: blow, bugle, blow, set the wild echoes

flying, bugle, blow; answer, echoes, answer, dying, dying. O hark, o hear! How thin and clear,

and thinner, clearer, farther going! O sweet and far from cliff and scar the horns of Elfland

faintly blowing! Blow, let us hear the purple glens replying: bugle, blow; answer, echoes,

answer, dying. O love, they die in yon rich sky, they faint on hill orf leid or river: our echoes roll

from soul to soul and growfor ever and for ever. Blow, bugle, blow, set the wild echoes flying;

and answer, echoes, answer, dying.

Dirge (Anonymous, 15th Century)

This ae nighte, this ae nighte, every nighte and alle, fire and fleet and candle-lighte, and

Christe receive thy saule. When thou from hence away art past, every nighte and alle, to

whinnymuir thou com’st at last; and Christe receive thy saule. If ever thou gav'st hos’n and

shoon, every nighte and alle, sit thee down and putthem on; and Christe receive thy saule. If

hos’n and shoon thou ne’er gav’st nane, every nighte and alle, the whinnes sail prick thee to

the bare bane; and Christe receive thy saule. From whinnymuir when thou may'st pass, every

nighte and alle, to brig o’ dread thou com’st at least; and Christe receive thy saule. From brig

o'dread when thou may'st pass, every nighte and alle, to Purgatory fire thou com’st at last;

and Christe receive thy saule. If ever thou gav'st meat or drink, every nighte and alle, the fire

sail never make thee shrink; and Christe receive thy saule. If meat or drink thou ne'er gav'st

nane, every nighte and alle, the fire will burn thee to the bare bane; and Christe receivé thy

saule thisae nighte, this ae nighte, every nighte and alle, fire and fleet and candle-lighte, and

Christe receive thy saule.

Hymn (Ben Jonson)

Queen and huntress, chaste and fair, now the sun is laid to sleep, seated in thy silver chair,

state in wonted manner keep: Hesperus entreats thy light, Hesperus entreats thy light, goddess,

goddess, goddess, excellently bright. Earth, let not thy envoius shade dare itself to

interpose; Cynthia’s shining orb was made, heav'n to clearwhen day did close: bless usthen

with wished sight, bless us then with wished sight, goddess, goddess, goddess excellently

bright. Lay thy bow of pearl apart, and thy crystal shining quiver; give unto the flying hart

space to breathe, how short soever: thou that mak'st a day of night, thou that mak'st a day of

night, thou that mak'st, thou, goddess, goddess, execellently bright.

Sonnet (Keats)

O soft embalmer of the still midnight, shutting with careful fingers and benign our gloompleas'd

eyes, embower’d from the light, enshaded in forgetfulness divine: 0 soothest sleep!

If so itpleasethee, close in midst of this thine hymn my willing eyes, or wait the "amen" ere thy

poppy throws around my bed its lulling charities. Then save me, save me, or the passed day

will shine upon my pillow, breeding many woes, save me, save me from curious conscience,

that still lords its strenghth for darkness, burrowing like a mole; turn the key deftly in the oiled

wards, and seal the hushed casket of my soul.


SERENATA

Pastorale (Cotton)

Volge alla fine il giorno, e poca è ormai la strada chea Febo resta da percorrere, ma gli stanchi

suoi cavalli, per quanto abilmente guidati, trascinano a stento il pesante carro. Le ombre

si fanno via via più lunghe, talché i rovi sembrano slanciati cedri, elefanti le formiche ed alti

monti i mucchi sollevati dalle talpe. All’ombra del minuscolo gregge un altro ben più numeroso

troverebbe di che saziarsi, e il mingherlino pastorello che lo segue ha l'aspetto del feroce

Polifemo. E' l’ora in cui giovani e vecchi, seduti alfresco dopo il travaglio diurno, stanno conversando

in lieta compagnia. Fra poco sarà il tramonto, e ciascuno tornerà alla propria

dimora.

Notturno (Tennyson)

La pallida luce della luna inonda le candide cime nevose e i ruderi del vecchio castello, erra

irrequieta in superficie al lago e si riflette in una miriade di scintille nelle acque della cascata.

Ascolta! Il suono di corni giunge all'orecchio, e debole risponde, in lontananza, l'eco. Sono i

corni del paese degli elfi che si odono: nella profonda quiete notturna il dolce suono, superando

rocce e dirupi, giunge lontano, e dai prati e dalle colline, dalle purpuree valli e dalle forre

torrentizie torna, potente all'inizio, poi via via più debole, la voce dell’eco. Essa si perde infine

nell’oscura immensità del cielo notturno, ma continua, e continuerà per sempre, a risonare

nel nostro cuore.

Canto funebre (di anonimo dei secolo 15.o)

In questa notte, in questa stessa notte

Dio ti chiamerà a sé.

E quando avrai lasciato il mondo, giunto in un orrido spineto, se potrai dire di avere, in vita, dato

di che vestirsi ad un poverello chete ne chiedeva, nulla avrai datemere dal le acute spine;

ma se la beneficienza avrai negato, a sangue ti pungeranno.

In questa notte, in questa stessa notte

Dio ti chiamerà a sé.

Dallo spineto, attraverso il ponte dei mille terrori, la tua strada ti condurrà laddove arde, fuoco

perenne, il Purgatorio. E se potrai dire di avere, in vita, dato da mangiare e da bere a un poverello

chete ne chiedeva, nulla avrai datemere dalle fiamme; ma se la beneficienza avrai negato,

esse ti bruceranno fino all’osso.

In questa notte, in questa stessa notte

Dio ti chiamerà a sé.

Inno (Ben Jonson)

Regale cacciatrice, casta e bella, ora che il Sole si è coricato, assisa sull’argenteo tuo trono,

esercita nel modo consueto il potere! Espero infatti brama la tua luce, o Diva dal volto splendente.

Che la terra, invidiosa, non osi interporre la sua ombra per oscurarti: il tuo astro, o Cinzia,

è creato espressamente per i lluminare il mondo durante la notte. Deponi il tuo arco guarnito

di perle assieme alla faretra cristallina, e lascia che il cervo cui stai dando la caccia interrompa

la sua fuga, sia pure per un attimo, e si riposi, o Diva dal volto splendente!

Sonetto (Keats)

Tu che balsamica rendi la notte econ leggere dita chiudi gli occhi nostri che, stanchi della luce

e di quanto hanno visto di giorno, agognano il buio e l'oblio —, tu, dolce sonno, se tale è il

tuo desiderio, offusca la mia vista nel mentre scrivo; se invece lo preferisci, lascia che finisca

il mio inno. Ma poi il papavero non tardi ad avere il suo effetto, perché il giorno passato non

continui a rischiarare la notte, tutt’intorno, di luce foriera di pensieri. Proteggimi dalla curiosità

della mia coscienza che, simile alla talpa, trova la sua strada anche al buio; gira la chiave nella

toppa e serra lo scrigno, rifugio della mia anima.


SERENADE

Pastorale (Cotton)

Der Tag ist alt geworden, und kurz die Strecke Weges, die noch vor dem Sonnengott liegt;

doch sind die ermatteten Rosse, so geschickt er sie auch lenken mag, kaum noch imstande,

seinen Wagen zu ziehen. Die Schatten werden länger, so lang, daß Brombeerbüsche hoch

wie Zedern erscheinen, als Berge die Maulwurfshügel und riesig wie ein Elefant die kleine

Ameise. Eine winzige Herde beschattet mehrfach den Grund, den sie zu decken vermag,

und gewaltig wie Polyphem folgt ihr der schmächtige Hirte. Auf Bänken sitzt nun jung und alt,

beim Plaudern die Kühle zu genießen, bis Phöbus' Gespann im Meer versinkt und Schlummer

die müde Welt umfängt.

Notturno (Tennyson)

Bleich fällt des Mondes Licht auf schneebedeckte Gipfel und alter Burgen Gemäuer; des

Waldsees Wasserfläche erzittert in seinem Schein, und tausendfach glitzernd spiegelt ihn

wider der Wasserfall. Horch ! Wie von Hörnern klingt's nun ans Ohr, und schwach, aus weiter

Ferne tönt’s zurück. O süßer Klang! Des Elfenlands Hörner sind es, die da blasen; weit über

Fels und Abhänge trägt des Windes Hauch den Ton, und von Feld und Hügel, aus purpurnen

Tälern und wilder Bäche Schluchten antwortet, erst mächtig, dann zusehends leiser, der Widerhall.

Er erstirbt zuletzt an jenes fernen Himmels dunklem Zelt, doch tief in uns klingt er fort,

auf immer fort.

Grabgesang (von einem unbekannten Autor aus dem 15. Jahrhundert)

In dieser Nacht, in dieser selben Nacht

nimmt Gott deine Seele zu sich.

Hast du diese Welt hinter dir gelassen, so wirst du hinausgelangen in ein Dorngestrüpp, und

kannst du dann sagen, du habest je ein Beinkleid gegeben oder Schuhe dem, der dich darum

bat, so werden die Dornen dir nichts anhaben; gabst du dem Bittenden aber nichts, so

werden sie dich stechen bis aufs Blut.

In dieser Nacht, in dieser selben Nacht

Nimmt Gott deine Seele zu sich.

Vom Dorngestrüpp wird dich dein Weg über die Brücke des Grauens führen, dorthin, wo das

Fegefeuer brennt, und kannst du dann sagen, du habest je zu essen oder zu trinken gegeben

dem, der dich darum bat, so wird dir das Feuer nichts anhaben; gabst du dem Bittenden

aber nichts, so werden die Flammen dein Fleisch verzehren bis auf die Knochen.

In dieser Nacht, in dieser selben Nacht

nimmt Gott deine Seele zu sich.

Hymne (Ben Jonson)

Königliche Jägerin, du tugendhafte und schöne, nun, da die Sonne sich zur Ruhe begeben,

nimm Platz auf deinem silbernen Thron, um in gewohnter Weise zu herrschen! Sehnt doch

Hesperus dein Licht herbei, du strahlende Göttin, das Licht, das der Erde neidischer Schatten

nicht hindern möge, weil dein, Cynthias, Gestirn ja geschaffen wurde zu leuchten mach

des Tages Ende. Lege deinen perlenbesetzten Bogen beiseite samt dem kristall’nen Köcher

und gönn dem Hirsch, den du jagst, eines Augenblicks Rast auf seiner Flucht, du strahlende

Göttin!

Sonett (Keats)

Der du die Nacht mit süßem Duft erfüllst und sanften Fingers unsere Augen schließt, die Augen,

die sich licht- und erlebnismüde nach Dunkel sehnen und Vergessenheit —, lieblicher

Schlaf, wenn es dein Wille ist, so drücke die meinen zu, noch während ich schreibe; ziehst du

es aber vor, so laßt mich die Hymne beenden. Dann aber möge des Mohnes Kraft an mir seine

Wirkung tun, damit der vergangene Tag nichtfortwirke und, auf meine Kissen scheinend,

Leid bringe über Leid. Bewahre mich vor der Neugier meines Bewußtseins, das sein Ziel

auch im Dunkeln findet, einem Maulwurf gleich; dreh den Schlüssel im Schloß und versiegle

meiner Seele stillen Schrein.



Haydn.

Orchester

; XXII. Stagione 1981/82 Saison

14.1.1982

ore 20.30 Uhr

BOLZANO - BOZEN

Conservatorium

15.1.1982 TRENTO

ore 21

Sala della Filarmonica

16.1.1982 ROVERETO

ore 21

Teatro Zandonai

^jllliTliillillillllililllllliilillilriiiiin^

seno

r “i

3ISSV13 J9>paq9J0|CD

siuqqeo

Hurra! Ihre Datei wurde hochgeladen und ist bereit für die Veröffentlichung.

Erfolgreich gespeichert!

Leider ist etwas schief gelaufen!