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12 Dossier La honte DOSSIER: ??? La honte PSYCHOSCOPE X-X/200X 4/20<strong>11</strong> L’emozione della vergogna nei bambini Origini, sviluppo, conseguenze ed interventi Nicoletta Businaro, psicologa (Università di Milano-Bicocca), Francisco Pons, professore di psicologia dello sviluppo (Università di Oslo) e Antonio Roazzi, professore di psicologia cognitiva (Università Federale di Pernambuco) riesaminando la letteratura inerente l’emozione della vergogna, ne presentano le caratteristiche, le funzioni positive, gli esiti psicopatologici e gli interventi che possono essere proposti ai bambini per gestire tale emozione. Già dal primo anno di vita possiamo riconoscere nel bambino le emozioni definite «di base», dato il loro fondamento biologico, quali la gioia, la tristezza, la rabbia, la paura, la sorpresa ed il disgusto, nel secondo e terzo anno emergono poi le emozioni «sociali» o «autocoscienti», l’imbarazzo, il senso di colpa, l’orgoglio e la vergogna, in cui la consapevolezza di sé ed il giudizio delle altre persone sono elementi determinanti nel suscitare tali emozioni. In particolare per quanto concerne la vergogna, negli ultimi vent’anni, psicologi e psichiatri hanno riscoperto l’importanza di tale emozione nella formazione della personalità, nella regolazione dei rapporti sociali e nello sviluppo di disturbi psicologici (cfr. Anolli, 2002; Izard e Buechler, 1979; Pons, de Rosnay e Doudin, 2010).
Photo: Vadim Frosio 13 Agli inizi del ‘900, Freud riconduce l’origine della vergogna all’esperienza di essere visti nudi e all’esplorazione delle zone genitali, azione giudicata negativamente dai genitori e vissuta dal bambino come qualcosa di sbagliato, di cui vergognarsi. Intorno al 1960, Erikson individua le prime esperienze di vergogna nei rimproveri che i genitori attuano nei confronti dei tentativi di esplorazione ed autonomia del bambino. Se infatti alcune limitazioni devono essere imposte per la sua sicurezza ed incolumità fisica, un’eccessiva disapprovazione può contribuire ad alimentare nel bambino un senso di inadeguatezza e di sfiducia verso le proprie capacità e a percepire i propri tentativi di autonomia come qualcosa di cui vergognarsi. Per tale motivo la disapprovazione dei genitori dovrebbe essere mostrata al bambino senza che egli abbia l’impressione che essi stiano disapprovando lui in quanto persona ma solo la sua azione. Questo gli permetterebbe di comprendere le regole dei genitori senza provare vergogna verso se stesso (Lewis, 2000). Il bambino prova vergogna quando crede di non essere all’altezza degli standard personali/sociali o fa’ qualcosa di incoerente rispetto a ciò che sarebbe corretto fare. È possibile dire che ci si può vergognare di qualunque cosa riguardi in qualche modo se stessi e ci si può vergognare anche di essersi vergognati. Inoltre, perchè il bambino provi vergogna non è necessario che siano presenti fisicamente altre persone, ovvero che sia sottoposto ad una disapprovazione pubblica, dato che può provarla anche quando è da solo. Molti autori sono concordi nel ritenere che centrale per la vergogna sia la valutazione negativa di sé. A questo proposito in letteratura, sembra emergere che la sostanziale differenza tra quest’emozione ed una affine, ovvero il senso di colpa, sia proprio nell’oggetto della valutazione negativa: nella vergogna è il sé mentre nel senso di colpa è il proprio comportamento. La vergogna è un’emozione dolorosa, tipicamente accompagnata dal tentativo di ritirarsi, da un senso di incapacità, di scarsa autostima ed implica una preoccupazione per l’opinione altrui. I bambini quando si vergognano sono portati a nascondersi, a cercare di «fuggire» dalla situazione e sono meno inclini ad ammettere ciò che hanno fatto. Per quanto concerne il legame con la psicopatologia, ricordiamo che esperienze traumatiche subite nell’infanzia, quali abusi sessuali e maltrattamenti, possono condurre ad una vergogna disadattiva, che può portare a conseguenze negative nello sviluppo psicosociale (disturbi dissociativi, depressione e scarsa autostima). Il bambino infatti può giustificare l’abuso subito pensando: «Ho fatto qualcosa di sbagliato e per questo vengo punito», provando dunque vergogna per se stesso invece che attribuire la colpa all’abusante (Lewis, 2000). Dunque, la vergogna è la risposta ad una reale o presunta valutazione negativa di sé da parte di altri presenti fisicamente o a livello mentale (Stipek, 1983). Fasi della vergogna In una prospettiva evolutiva, possiamo delineare alcune fasi di sviluppo della vergogna, a partire da quando i bambini iniziano ad esprimere tale emozione a quando comprendono le cause che la possono determinare. I bambini verso i 2–3 anni manifestano la propria vergogna mostrando alcuni segnali espressivi tipici quali l’arrossire, il mettersi le mani sul volto per «nascondersi», abbassare gli occhi ed evitare lo sguardo altrui. Con lo sviluppo del linguaggio, le emozioni diventano oggetto di riflessione e già all’età di 4–5 anni, i bambini riferiscono che la vergogna è un’emozione a valenza negativa che provoca sensazioni spiacevoli. Tuttavia i bambini non sono ancora capaci di considerare il ruolo della responsabilità personale e degli standard normativi. Dai 6 agli <strong>11</strong> anni si riscontra uno sviluppo consistente verso la comprensione degli antecedenti situazionali che possono scatenare tale emozione. In alcune ricerche (cfr. Harris et al., 1987; Ferguson et al., 1991) è emerso che all’età di 9–10 anni i bambini sono in grado di elencare le cause situazionali che possono suscitare vergogna e che vengono indicate anche dagli adulti (ad es. trasgressioni sociali, comportamenti non moralmente corretti). Dal punto di vista evolutivo è importante considerare
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